Fra Girolamo Savonarola e notizie intorno il suo tempo

著者
Antonio Cappelli
出版
1887年
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FRA GJROLAMO SAVONAROLA jV FRA GIROLAMO SAYOMROLA E NOTIZIE INTORNO IL SUO TEMPO P B R ANTONIO CAPPELLI © MODENA COI TIPI DI CARDO VINCENZI 1869. Eitratio dal Voi. IV degli dfli « Mtmori* dalla RR. Dapufosient di Sfone ftotrio * par la prorinrta modanaai a pAmiaiMi. ÌTIi scritti più importanti e lodali intorno a fra Girolamo Savonarola, quali sono quelli di recente usciti in luce e dellnti dai cliiariss. Padre Vincenzo Marchese, Bartolomeo Aquaronc e Pasquale Villari (1) offrono un degno ritratto del nostro domenicano, sia col riscontro della sua vita pubblica colla privata, sia coll’ analisi fedele delle molte opere lasciate da lui, sia in fine coll' esame accurato e critico di nuovi documenti e dei fatti storici. Sebbene da questo complesso apparisca con quanta rettitudine e santità di principj si fosse egli assunto di procurare la riforma, cosi come fece del suo convento di S. Marco c di una gran parte della città di l-'irenzc, anche della Chiesa universale; riforma quest’ ultima che, non essendo stata abbastanza felice nei mezzi, incontrò troppi ostacoli e lo fece cader martire; ciò non ostante i vari giudizi corsi su Ini non possono dirsi per anche ridotti al suo vero punto di vista, specialmente fuori d' Italia: e I' ingiusta accusa eh’ egli sia stato un precursore della riforma (I) .Sfono rfi S. Marra del P Viiiornio Marche** dri predienlori. Si» deir aulore. Fimiie Sfritti tarii ritlampati con a|jgiutit* in 3 to) net iSUtt. — Al eh. P. Marche** «iatno pare debitori della «eguente pubhlìciitioiie: Le/fere intdtte di fra Girolamo Savonorota t documénti eonftrnénli lo $lééio ( V. Archicio ttorico, App. voi. Vili, Firenze ISoV ). Vita di Fra Jfronimo Soronarolo *crìlla da Barlolomen A<^ii«rone. Alr^^endrh I$57*58, voi S. Lo éloria di (ìirolamo Snronnmta c dé' vuoi feoipi, narrala da Pavrfiiale Villari con l'aiuto di nuovi doeumeiiiì. Firenze 18.*»9*Slf voi. 2. G proleslanlc veniva poco fa sgraziatamente rinverdita col inonumento a Lutero innalzalo a Worms, ove il Savonarola fu posto accanto di Giovanni llus, di Valdo c di Wiclef per rappresentarvi le quattro nazioni, Italia, Germania, Francia c Inghilterra (1). Indotto dunque da tale motivo, ho stimato far opera non aflTatto inu tile col raccogliere c pubblicare parecchie lettere, tuttora inedite del Savo narola c nuove testimonianze che in favore del metlesimo ci sono porte da persone autorevoli state seco lui in assai intima relazione, le quali avendoci altresì tramandate alcune sue confidenziali parole, gioveranno, io spero, a farci convinti ognor più della sincerità e fede del suo operato, e che noti è dato poterlo sorprendere in quelle intenzioni nascoste che taluno vorrebbe attribuirgli. A maggior corredo della cosa ho poi pensato di aggiungere non poche notizie circa i principali c più gravi fatti di quel tempo, con attingere alle relazioni dell’ Oratore Estense a Firenze Manfredo de’ Manfredi e col riportare varie lettere di Ercole 1 duca di Ferrara tanto al Manfredi quanto al Savonarola, insieme a qualche altro documento illustrativo ulTertumi anch'esso dall’Archivio Estense di Modena. E perchè la storia della giovinezza di Girolamo ci è rimasta scono sciuta, e solo sappiamo che l’ avo di lui Michele Savonarola fu il suo primo istitutore, mi farò a premettere l'esame di alcune operette ascetico morali composte da quest’ultimo, nè mai stampate e pressoché ignote; operette che essendo state probabilmente delle prime venute alle mani del nipote, potrebbero pure aver influito a svolgere il suo intelletto c disporlo all’ indirizzo che prese. Michele Savonarola nato a Padova di nobile famiglia, c salito in fama di valente medico, fu nel 14-iO chiamato dal March. Niccolò 111 a Ferrara, ove dopo avere per dicci anni insegnato medicina, rinunciò la cattedra por attendere al compimento di vari suoi scritti, seguitando però ad essere al servigio degli Estensi come medico di corte anche ai tempi di Lionello c di Borso figliuoli e successori di Niccolò, da’ quali ottenne assegnatnenti e investiture di terre nel comune di Medclana (i2). Essendo prima cava (t) Yeggaii Jéróme SaconoTole et la itatue de Luther à Wormt, pir le révérend Pére Tr. Pie Marie Rouard de Cord, Provinciel de« frère* prècheuri, docirur en théologie. Loavain el Part«, 1967. È Ulta dej'iia proletia che 1' itlusire Padre Profiueisle in oma^'gio del *uo «litico cuiifreiello per dìmotirare con irrefragabili «utoriià I' ingiutliiie del tDonumenlo di Wortn*. (S) Nelle Cronica in rima di Cora d’ Ette, scriita da Ugo Cslefinì e de me «teiiipete io queiti Atti al eoi 11, p. 298. parlandoti delli Doni farti jter lo Dura Borio, ai legge: A tjuelto medico più dolce che mele, <— CAe »$ chiamò maeetro Michele, ~ Di medici la fontana, — L'ha habuto la braja da Mtdelana. E il Caleffiui vi aitegiia il valore di qualirouiila ducali. 7 liorc gprosollniUano, consegui dal Papa dispensa dagli obliglii religiosi, e condusse moglie, da cui ebbe quel Cesare Niccolò che fu padre del nostro Girolamo. Michele compose parecchie opere mediche divulgate per le stampe, e il .Muratori pubblicò ancora un suo lavoro storico Pe lauHihiis Palava nel voi. xxiv fìrr. ilal. >crip., facendosi nella prefazione a indicare quattro opuscoli inediti dello stesso autore da lui veduti nella Iliblioteca Kstense di Modena c che distinse col titolo di 1“ 0/>uk ascelicum, 2° Con fvtsionale, 3“' Fte aqua ardente, 4” Dialogus moralis, de Xiipliii. — Il Tirabo schi nella /.cHer. iVa/. ( VI, 4bo ) dice clic dc’quattro opuscoli citati non trovò in Biblioteca che quello De aqua ardente in medicinae um, ma che ben ve n' erano due altri egualmente inediti e dal Muratori non ricordati, i quali sono: 1° De vera rqmhìica et digna eecatari militia, 2“ De felici pro grentu illustrimi. Borsii Eslensis ad marchionatum Ferrariae (1). Degli opu scoli citati dal Muratori debbo osservare che quello De aqua ardente fu trascritto da un’ edizione del I!i32 (2), e che i tre altri esistono cITettiva mcnte nella Biblioteca Kstense. Sono scritti in lingua italiana, c il primo ehiamato dal Muratori Ojìm ascelicum è un trattato della Confessione, i (t) Il f'* di quegli codici comincia: Ad Uluftrtm equildm domiHHm .Vìro/awm yarchioiitm Kttentem. diri Leontlli MarckionÌ$ Enentit et Feirttriae domtat ùlim primogeniturn. De vera Mepublien et dignit /enthri militia, Miekaelie Sartmarollae phieiei ani /ibe/fm incipit frfieiter. Naila leUera capitale «ta tnitiialo il rilralto del ({ioTÌne Niccolò, li tu*. *i compone di due trat lali: nel primo l'autore, dopo aver premetto che repubblica non è raro qu.'mdo a capo della medetiina non lia un principe, ai difToude a dare buoni e liberi contigli al principe «lrt«o. Sventuratamente inveendo ronlro la «nonio della Caceiaf per la quale taluni principi tro»enrano doveri loro, il codice rie«cf mutilo 11 difetto ti etiende anche tul •nttegnenle Iraiiato che ai divideva in due capitoli: Delta milizia armata eeeolar» e Della milizia inerme terolare, e ciò che rimane del primo cap. dimotira come I' autore trovava molli militi gloriati e pochi degni militi: il «erondo è abba«laiiia tingoiare per le propodc che in quello «i contengono. ( Cod. Diembr. ìii>8*, del tee. XV, in cat. lai. al n.° CXIV }. L'altro codice porla in lettere maiutcole a vari colori il titolo; De felici progrettu illa ttrisfimi Sortii Ettentit od Marrkionatam Farrortor, .Ifutinor et Regii Dneatum, Comi'to/um^ue tìodigii, MicAoelit Saronarolle libellut incipit feliciter. La leitera capitale delta «iedicatoria ha il ritrailo di Bomo miniato, uè mancano pure in questo helli*vimo ma. altri oiuamenii in colori ed oro. Si divide in tre parti; nella 1.* parla dell’ avvenimento di Bono al niarcbionaio, nella 3.* di quello al ducato e contea, nella S.*. divita in 9 capitoli. I' outore offre docunieniì morali. In flne ti legge: Explicit oput ifichoclit Saeonarolte Patarii, gnod principum gualitotet aperii et eorvm bentrivendi moduin. ( Cod. membr. in«4®, tee XV, in cal. lai. al n. CCXV ). La Biblioteca Clataente di Ravenna conserva una Iradutione italiana auonima di que st' opera, «opra cod, membr. in-4** del tee. XV, con iniaiali in oro e colori, e con due ri traili di Borto in miniatura, uno da' quali lo rappreietila tn allo di ricevere il battone del comando di Ferrara, e I* altro in atto di giurar fedeltà all' imperatore Federico Jil che lo creò primo duca di Uodena e Reggio. (B) Vi tì legge in fine: flagen., per ratenlem Kob, anno UDXXXI!, «nrnsa icpftmòrts, che fa la tccooda edisioue di quest' opuscolo, impresso la prima volta io Pisa uel liti iu-i^. 8 iiiancuiilc in principio del lilolo e di una parte del proemio (I); il secondo è un lavoro conforme al suddetto ma espresso in modo diverso, col titolo di Confensionaìe diretto alli Monaci della Certosa di Ferrara (à): c in entrambi (piesli trattali abbiamo conferma di ciò clic narra Giu. Francesco Pico della Mirandola (3), essere l’ autore uomo molto religioso e pieno di carità si che volea medicare i poveri senza mercede; nò qui infatti, giunto alla rubrica di non ammuzzure alcuno, omette di ricordare I’ importanza e rispnnsabilità grande, eli’ egli certo poneva, c che viene raccomandando nell' esercizio della sua professione, scrivendo: « e tu, « medico, nota se per tua imperizia cosi è morto lo infermo dandogli la « medicina a ventura.... o per volerlo in ogni suo appetito contentare.... « se sofTocuto hai la creatura ec. »; ma sopratutto sentendo altamente della dignità del monaco, cui incombe farsi degno dell' edilicazionc del pros simo, gli rammenta i maggiori suoi obblighi a non cadere in alcuna colpa, la quale giudica sempre essere più grave che nel laico. Quanto all’ ultimo opuscolo, che il Muratori dice Diatogus moratis, è questo un lungo ragionamento (non in dialogo ) diretto al medico .Niccolò tf (I) È coinpotlo di tei Capìtoli »ul modo dì h«ii confricarli, ed al leno, ove inno le ruòricAf de' peccati, T auioce dichiara di es»er»i servito delle n dodici regole le quali ha date (( iu iscriuo, se è lecito a dire» la saulità di quello venerabile padre Frale Jacopo delU Uarca, n pur in breritA date, le quali ei hanno parse satisfare al proponito del nostro volumetto, rendendo a quello qualche odore di santità. M» chi vorrà di tal cosa Farsi più abbondante, it <1 legga il CcnftiiionuU dell' Arcivescovo di Firenze frate Minore { doveva dire d«i Predicatori ) Maestro Autonino. o lu (ine si legge: «È compita l'opera di Mesa. Michele davunarola u iilosofo e tisico clarìssiino e cristianissimo, a laude dell* onnipotente Dio e della sua gloriosa roivf/mi Saronaro/ae ferraricntit. Ord Praedicatorum, aulkore iU. d. Joan. Frane. Pico eie. ( cum additionibus Frale. Jacubi Quetif ). Parisiis, 1(74, cap. 1. Digilized by Goo^le Varo e intilolato De Nupliis liallibecco el Serrabvcca (I) ove sotto questi due allegorici nomi si fa da una parte una vivace critica dell' ozioso cian ciatore, presuntuoso c ignorante, ora mellifluo lodatore ed ora fraudolente aej^usatore, clic vive nelle corti de’ principi e s’ introduce ancora ne’ luo ghi de’ religiosi, chiedendo sempre e ottenendo molto senza mai averne abbastanza; mentre dall’altra parte si fa un giusto elogio all' uomo grave, dabbene e di rispetto degno, il quale apre solo la bocca fruttuosamente e con gran prudenza, nè ad onta di ciò gode in corte del favore che ha il primo. Descritte poscia le nozze di Kattibecco con madonna Loquacità sua sorella, che «avendo gran dimestichezza coi Cardinali ed essendo tenuta dal « Papa in un torsello, supi;ra con una dispensa gli ostacoli della paren « tela a, e così le nozze di Scrrabocca con madonna Taciturnità, ove sono convitali gli amici che ad entrambi si addicono ; I’ autore chiude il suo ragionamento eon invitare i principi ad eleggere un clcinosinicro d’incor rotta fama, che ricerchi le contrade delle città sovvenendo ai poveri, anzi ché servirsi di tali llaltibeccbi, i quali con somma ignominia di chi in essi confida le ripongono invece nel ventre loro c de’ loro benevoli. In questo quadro della trista condizione delle corti, cui l’illustre me dico vorrebbe trovar rimedio, è a varii tratti rappresentata la corte Estense al tempo di Dorso, sia perchè vi si trovano de' consigli che I' autore dà in altri suoi scritti allo stesso principe (i), sia perchè vi si nota che a il « donare delle vesti, eavalli, possessioni c denari a bufloni e a uomini < indegni, diminuisce I’ amore dei popoli > (:}): parole che accennano senz'altro alla mal regolata profusione che Dorso di continuo faceva dei beni confiscati a sudditi tenuti per ribelli in prò di coloro che gli stavano intortio, compresi gli stessi bulToni (i). fi ri (1) Comincia: Ad •ptetabilém virum ar/ium et menfiVine doctorem iruignem dominum Strolaum Varo, dt Nupliis Batlibteeo tì Serraboeea, lUiekattis Saronarala libtUus incipit feliciter. Finisce colie parole: Bona tale. Vare, et rate cere. ( Cod. carL iu*4°, di carie il, ferine in assai miaulo caraiiere e con correiioiti ed aggiunte marginali di pugno dell' autore; in calai, ital. al u.° CV ). (2) Nella tersa parte dei ricordato codice De fetiei profjreseu illuafrùs. Bortii Etlentis etc. (3l A queste parole l'autore aggiunge: n E qui pure ricorderò la risposta che Dante fece fi a uno hulFoiie il quale per tuo buffoneggiare avetnlo avuto dal signore Della Scala di Verona una bella e graiiosa festa, gli disse, niostraudogli quella; Tu eou tante tue lettere e tanti n tuoi sonetti e libri fatti, non bai inai ricefalo in dono nna tale. Rispose: Tu dici ben il fero; e questo l' è ìiitenrcnoio, e non a me, perchi trotalo hai de'tuoì, e io non ho trovato n ancora de’ mìei. — Basta, sono intaso la L'arguta risposta A anche attribniti a Marco da Vinegia nel Cuinmanto a Dante di un Anonimo floreuliiio che si stampa a Bologna, come trovo nel Libro di Nocelle antiche tratte da direrei lesii del 6uon secolo della lingua, per cura del eh. comin. Francesco Ztmbriui. Bologna, 1898, pag. 800. (4) Nella citata Cronaca del Calennl ti ricorda un Vendeghiiii rcgaUlo per buffonerie e un Cesare Orbolulì che giunge alto ttesso inteuio co' tuoi ai/wppi ed intbralli. lU Non è ben nolo I' anno preciso in cui accadde la morte di Michele, che però sembra doversi fìssare al 1-Kil circa (1), con impedirgli certa mente d' avviare P istruzione del nipote alle cose mediche, come fu detto ne avesse il pensiero : e perchè è a ritenere che il nostro Girolamo, do lente di una tal perdila c mantenendo sempre una soave memoria del P amore e de’ primi precetti deli’ avo, ricorresse spesso col volger del tempo alla lettura di questi scritti religiosi e morali ove parcvagli tornare al bramato conversare di lui, cosi è probabile che giovassero a destargli quel forte impulso alle cose di pietà, quel sentimento doloroso de’ mali della società c quel desiderio della vita monastica, che fu poi avvaloralo e deciso dall’ ammirazione eh’ egli ebbe per le o|)cre di S. Tommaso. Girolamo Savonarola nato in Ferrara il settembre cazione, fu nel dopo una giovinezza passata in un' abituale malinconia e ritiratezza, la manina del ÌA aprile abbandonò all’ insaputa di lutti la casa paterna e s’ incamminò a piedi (ino a Bologna ove il giorno seguente, prescnlalosi al convento de’ frali domenicani, dimandò e ottenne di vestirvi l’abito religioso. Scrisse allora a suo padre, che la miseria del mondo e P iniquità degli uomini P aveano indotto a quel passo da cui mai si sarebbe rimosso; che non P aveva manifestato prima per non essere impedito dal dolore de’ suoi, e terminava invocando la benedizione paterna, pregando che fosse con fortala sua madre, e raccomandandogli i suoi fratelli e sorelle. Dimorò sette unni nel convento di Bologna in una vita di studi, di preghiere e di astinenze, ed ebbe incarico d' istruire i novizi. Destinato quindi alla predi mandato prima a Ferrara nel convento di S. Maria degli Angeli, poi a Firenze in quello di S. Marco; e nell’anno seguente cominciò con semplice e sana dottrina a predicare nella chiesa di S. Lo renzo: ma a motivo della sua pronunzia lombarda, c mancandogli ancora quell’ arte di porgere che nell' esercizio si acquista, ebbe pochi uditori, mentre in Santo Spirilo fra .Mariano da Genazzano dell’ordine di S. Ago stino, già usato al pulpito e con maniere di dire eleganti, attirava concorso rt (i) Il cb, cav. Loigi CìltadelU nelle aue ài$mor%$ antologiche incorno io i»p6t/e famiglia Savonarola (Ferrara 1867 ) lo h aueor rireiite nel luglio del l46& per a?eiÌo vedulo «otto qticeia data notato ìu ua libro de' etipeudieii ducali e»i»teiite nell' Arebirio Csteuae di Modena. Ma la partita rimasta aperta io dello libro dice aoltanlo, che n Mei». Michele da la Savonarola «per conto delle tue paghe dell'anno 1456 dere dare L. 119. ». 4, d. 6. per il quale Ce»are M Niccolò Hglioolo del detto Mei». Michele è rimaito d'accordo, lecendo che appare da iu»tru mento per mano di Bonaventura Smagrabò nolaro. dì 16 di giugno Ii6i n: ed ora »e il tiglio venira a riconovcere il debito del padre, ciò induce a credere ebe que«r ultimo era morto Il il jjrnndissimo, poiché essendo altresì favonio dal Magnifico Lorenzo de' Me dici capo della Hepuldilica di Firenze, non mancavano i suoi cortigiani

  • ' aveva a rinnovare. Che Dio darebbe prima un gran flagello. Che giiesle rose sarebbero presto. N’ ehhe ottimi frutti che lo posero in rive renza delle genti, ed anzi il famoso Giovanni Pico della Mirandola, il quale I’ udì in un Capitolo generale de’ frali Predicatori tenuto a Heggio dell’ Emilia parlare intorno i danni della stremata disciplina, venne in tanta ammirazione e amicizia di lui, che volendo averlo vicino, persuase Magnifico Lorenzo a farlo richiamare dai conventi di Lombardia a quello di S. Marco, come accadde nel U8!) (I), anno in cui lo troviamo (1) Il eh. Padre Marchese, coti henemerUn nell* ordinare la crunolo^ia della viU del S«TOiiaro)a, lo flaaerehbe a Virente anllsrilo i‘•lllln aegiienle. dopo arar predicala U QDare«ìma a Genova, appofi^iandottì ad ana lederà di data di Pavia rr Girolamo eh' egli piihMieù per la prima volta con gemi. Ii90, dalla quale appariace eh' eraiti tolto da un lungo soggiorno fatto a Brescia e %' incamminava a Genova pel dello qtiaresinialr. t^aciando che altri giudichi come e in qual data sia corso errore, riferisco quanto sul proposito scrìveva il eh. Padre Ceslao Btfonne cui vado debitore di altre cortesi coirmuìrationi : o..... Bisogna mantener la data del 1489. che dànno lutti gli antichi biografi del .Savonarola, e che vieit confermala dal suo Campendium o rereftr/inttUfn. Egli lo dice espressamente anche nel Sermone de’ S5 agosto Ii9fi, pag. 304, Media, di Vetietia |54fi: .Vet re/ninriommo nel nat'ontn a ditti quetU rose, btntki nnfom ntUtt M ottanta nove aretnìmo dtito gualchi rota: ma quetto fa un preemOu/e; Ora il Benìvieui i»ou iì pure nominalo Vicario generale de' Conventi Rirurmaii della provincia romana (I). Ritornato fra Girolamo a Firenze, e riguardando la sua venuta in ipiesla eillà polla in tne:zo la llnlia quasi un disegno della Provvidenza clic gli comandava d’ annunziare grandi verità, usci egli in que’ sermoni che chiamava terribili, con farsi a comhattcre il male ovunque lo vedeva, massime nelli capi ecclesiastici e secolari, non risparmiando fra questi ultimi lo stesso Lorenzo de' Medici, E cosi toccando direttamente gl' interessi del suo uditorio , 'e mostrando commoversi alle sventure del medesimo, diventò ben presto I' idolo del popolo, il quale ogni giorno raddoppiava d' entusiasmo verso di lui. ,\vendo il Magnifico tentalo invano per diverse maniere di guada gnarsi I’ animo del Savonarola, pensò scemargli riputazione con incaricare fra .Mariano da Genazzano d' impugnare dal pulpito le sue profezie : ma fra Mariano si lasciò talmente trasportare dal suo furore di avversario in accuse ingiuste e insolenti, che disgustò il proprio uditorio ed ebbe molto a scapitare della stima acquistala in addietro per la sua eloquenza (2). iM poteva commettere un errore coiì flagrante, come quello di «tahilire che il Savonarola pre> ff dieò la quaresima del 1490 iii Firente quando rerauiente I' ave«»« predicata a Getiora. Vi n rammento che lo alile comune e ’l floreuiino concordano dal flf di marzo al !ti dicembre; «quindi la data del 1.^ aprile 1 489 poata dal Savonarola e dal Betiirieni non al può IraaFor o Riare in quella del 90- Il che prova: 1.* che la seconda venuta del Savonarola a Firenze o ebbe luogo nel I&K9. 2.** che, alando al Benivieiii, la quareaiuia del 90 predicò a Firenze, «• a non a Genova » (f) Queali Conventi Formavano verao la met4 dei aec. JoHuariat ( W una Congregazione distinta da quella di Lombardia ( Mìsitti, Jfonumenta et AntiguitaUi etc., Romae, |86Ì, voi. I, pag. 38' ) (S) Oi Fra Mariano non ai conoscono a alampa che due opuscoli che sono: I.*' Ornlin habita dominiea tertia odeeiUuiy eoram ìnnocentio Pont, Ifaximo, SiCCCCLXXX Vlt, sur kat due edizioni s i. a. e tip., ma uscite iu Roma net tee. XV ). 2.** Ordito de aionz /e*u Chriiti dieta Ale^andro VI Pont J#a.r. frequènti Senalu, eidi6w« Aprilit MIID (edi zione come sopra, fatta in Roma ). Dichiarando il eh, Villari di non aver potuto, malgrado multe ricerche veder coaa alcuna di questo competitore del Savonarola, riferirò il brano fìttale del secondo Sermone per dar saggio dello stile caldo e tinmaginoso dell' autore e far conoscere insieme il destro modo col quale, mostrando di attribuir lodi al Papa, gii insinuava ciò eh' era da farsi per rendersene degno: Est, et aliud egregium atque insigne in tua vota refe nrendum: Quorum sii integriias spectata: perpurgatì more»: gereiidaritm eiperienlia rerum: u celebrata uhiqtte auctoritas: et probata senechis: eoi-um te consuetudine deleclari: eos in n coiisulialione magnarnm reruui admiliere: itique deliberaudis causis eos audire, et diligenter <( aiiemtere. Sic tlel, ut non solum ex re bene gesta: sed etiam quia iudicio clarorum vìronim » usus sis: laudem magnam in ecclesia consequaris. Apud te laui mea ti» eeelesia magna. Ini' n becillilaiem deinde conira potenliam, inopiam centra divìttaa lucri, ut cuoi lotam cccle»iam n regendam susceperia. quod iiifìrmius est: id maiore praesidio turare, ut in urbitim moembun « fìeri aolel: ubi quae minus munita sunt et pressìora ìacent: forlius defendiinlur: hoc pacto n esurienlibus fiiiis Chrisli panem le pastore, te palre, gemina frangrnte menu edenl paupercs r< et saiurabunlur, el laiidahuiit dominuni qui requìruiil eum, vivenl corda eorum in saeculurn 15 Il giorno 8 aprile 14!>i mori il Magnifico Lorenzo, cui successe nel governo di Firenze Piero suo figliuolo, il quale Tu a gmn iiezza lontano dall' avere I’ accortezza politica c I’ ingegno del padre. A’ 2S dello stesso mese occorse pure la morte di papa Innocenzo Vili, c il conclave pre sentò allora quel mostruoso mercato in cui furono venduti i voli a chi meglio si offri di pagarli con denari ed uffici, c cioè al card. Koderigo Bolgia che assunse il nome di Alessandro VI. Kniramhe le moni mede sime erano state più o inen chiaramente annunziale dal Savonarola come prossime a verificarsi; e queste, oltre ad accrescer fede alle sue predizioni, dovevano mostrargli sempre più agevole la riforma civile e politica di Firenze, sempre più necessaria quella della Chiesa universale a motivo della nianifesla corruzione del clero. Fletto fin dal luglio del IWI a Priore del convento di S. Marco, ma temendo di poter essere per altrui malevolenza traslocato in altra sede mediante qualche ordine facile ad ottenersi da’ suoi su|>criori, seppe si Iteti maneggiarsi che nel 22 maggio consegui un hreve da Roma che gli accordava la separazione da lui chiesta e hramaia della Congre gazione toscana dalla lombarda. E in tal modo reso il Priore di S. Marco indipendente c sicuro, si pose tosto a introdurre nel convento F antica disciplina scaduta, c spogliandolo de' fieni mondani per arricchirlo solo di virtù, potè con esito felice veder realizzata nella sua famiglia religiosa una delle salutari riforme che tanto stavangli a cuore. Proseguendo nell’ apostolato della sua generale missione morale, politica e religiosa con invitare i fiorentini a penitenza e coll’ annunziare che un nuovo Ciro destinato dal cielo sarebbe venuto a flagellare F Italia, occorse che nell’ agosto del 1494 Carlo Vili re di Francia, il quale van tava diritti su Napoli derivatigli dalla casa d' Angió, ed era stato invitato da laidovico il Moro, dopo molte esitanze varcava le Alpi c calava in Toscana, occupando senza trovar resistenza i luoghi per dove passava. Piero de’ Medici cui il pericolo cangiò d’ un tratto di nemico in favo revole, corse incontro a re Carlo, e imprudentemente, senza udire il er farlo come simoniaco deporre. La cacciata dei Medici fu pure accompagnata dalla sollevazione di Pisa, che alle voci di libertà c indipendenza toglievasi dalla soggezione de’ fiorentini, presente e assenziente Carlo Vili giunto allora nella città. Fattavi breve sosta e lasciatovi un presidio, prosegui egli la sua marcia a Firenze ove in segno di conquista entrò colla lancia sulla coscia il giorno 17 novembre, ed ove i sindaci nominati dalla Signoria cercarono presto (li venire con lui agli accordi. Ma il Re che voleva favorire il ritorno del .Medici, da cui molto gli era slato promesso, dettava patti troppo gravi quali credeva appoggiare colle minaccie; se non che venendogli questi arditamente stracciati in faccia da Pier Capponi, uno de’ sindaci stessi, fu concluso alla fine un trattato che assicurava la libertà lìorentiiia sotto la protezione del Vaicsio che promise restituire le fortezze compiuta l' impresa di (Napoli, ottenendo per altro a titolo di regalo la somma di 120 mila fiorini. E poiché Carlo Vili, ricaduto nella consueta sua inerzia, non si dava premura di partire e sgomberare la città di quel dannoso e pericoloso suo esercito, si ricorse al Savonarola il quale lo persuase a proseguii’c senza indugio il cammino assegnatogli dalla Provvidenza, come avvenne nel 28 novembre. Mutate le cose in Firenze, il Parlamento, cui spettava proporre la nuova forma di governo, perdendosi in vane discussioni che a nulla 15 approdavano, nienlrc anzi i contrari umori che andavano appalesandosi niinacciavanu una guerra civile, fu necessario che per la salute del paese fra Girolamo entrasse nel campo della politica; onde postosi d' intesa colla Signoria a predicare delle faccende di Stato con tale una saggezza e pru denza che destava ammirazione, istituì e fondò quel largo governo popo lare, col Consiglio Maggiore, giudicato il più huono clic mai avesse Firenze, dandovi principio con una legge di perdono generale per opinioni o fatti politici, c prornovenduvi fra gli altri utili ordinamenti il Monte di Pietà. Soddisfatto il Savonarola di aver ottenuto clic I’ istante tremendo del jiassarc dalla servitù alla libertà si uper,issc pacificamente, senza dar luogo a vendette, e scorgendo il popolo unito nell’ amore del nuovo governo da lui procurato allo scopo dì poter meglio combattere ptr /'onore di Dìo e per la salute delle anime, si prefisse ancora di compiere in Fi renze con una forza di volontà indescrivibile la riforma morale e cristiana che in sommo grado vedea necessaria. K cosi annunziando la divina parola ad una moltitudine che ornai più non capiva nella cattedrale e che tutta pendeva dal suo accento passionato e sincero, non tardò a conseguire stupendi frutti di pietà e buon costume, richiesti a foudamento del suo edilìzio politico-religioso. Ma la riforma di Firenze doveva essere soltanto il preludio di quella che il Frate voleva estendere alla Chiesa e che stava in cima di tutti i suoi dcsidcriì: per la qual cosa seguitando dal pergamo a lamentarsi con asseveranza maggiore de’ cattivi costumi del clero e della corte di Roma che richiedevano di essere radicalmente migliorati, si trovò in lotta non solo colla fracida chierica ( cioè la parte degenere di essa ), liensì ancora con tulle le sette lìe' Palleschi, degli Arrahhiali c de’ Cowi/iaj/nace/ (I), che sorsero a turbare la Repubblica; lotta che doveva finire colla rovina di lui c con quella de’ suoi seguaci, chiamati col nome di Piagnoni. Carlo Vili frattanto era giunto senza ostacoli ad impadronirsi di Napoli abbandonalo dagli .\ragonesi; ma la sua fortuna minacciava assai presto di cadere al basse, perocché lutti in Italia, governi c popoli, malcontenti de’ Francesi, ornai vergognavano di lor codardia; e dució venne che lo stesso Lodovico il Moro, che fu primo a chiamare re Ciarlo senza ottenere quanto gli era stalo promesso, ordinò e si fece capo dì una (1) I PatUtehi voleTBtio I Medici, gli Arrabbiali una repubblica ii-ittocrilica, i Compu^nurci ( 0Ìoraiiì Ttfioii e sfacciali ) abbatlere nel Frale la sua lustera rifurtna, oeuibraitdo loto ebe U cilU ft’ iucammiuasM ad eosere gOTcrnaU Alla guisa di un conveuio. 16 lega fermala il 31 marzo U91> con Venezia, il Papa, l’Imperatore e il Re di Spagna per cacciare i barbari. Firenze invitata con larglii vantaggi a con corrervi, non preoccupandosi d'altj-o clic del riacquisto di Pisa che ogni giorno con inganno le veniva promesso , si mantenne sciaguratamente pc' consigli del Savonarola nell’ alleanza francese. Conoscendo Carlo Vili il pericolo ebe gli sopraslava, lasciale poche guarnigioni in Napoli e nelle terre fortilìcatn incamminò il suo esercito verso le frontiere di Francia; ma temendo di non poter passare, fu dal Savonarola assicuralo prima per mezzo di F'ilippo Comines, poi a voce andandolo ad incontrare a Poggi bonzi, clic sarebbe sortilo di questo [lericolo, il quale eragli mandato da Dio per avvisarlo delle grandi sventure ebe lo attendevano quando segui tasse a mancar di fede ai Fiorentini senza restituire le loro fortezze, e quando lasciasse abbandonata la riforma della Chiesa per cui era stalo mandalo. Il Re tornò a ripetere le solile fallaci promesse ; e giunto a For novo sul Taro s’ incontrò coll’ esercito della lega comandalo da Francesco Gonzaga marcii, di Mantova. Si diò battaglia il 6 luglio; c quantunque i Francesi ne soffrissero maggior danno, ciò non ostante guidati da Iacopo Trivulzio riescirono a far valida punta e passare: la qual cosa probabil mente non sarebbe avvenuta ove pure i Fiorentini si fossero uniti alla il lega. Un mese dopo Ferdinando II d’ Aragona rientrava in Napoli e ristabiliva il governo caduto. Non restavano in questo tempo le fazioni avverse al Savonarola di procurarne la caduta ; cd avendo gli Arrabbiati fatto intendere a Lodovico Moro come il Frale lo prendesse di mira nelle sue prediebe, si propose egli di vendicarsi del medesimo, tanto col mezzo del card. Ascanio suo fratello mollo in grazia del Papa, quanto con quello de’ suoi agenti in Firenze e in Bologna, con ottenere al tempo stesso di ambairsi il partito degli .\rrabbiati e degli altri malcontenti nelle ben nutrite aspirazioni di estendere il suo dominio in Toscana. Il Pupa cominciò dal mandare alla metà di marzo 1495 un'inibizione al Savonarola di predicare; ma la Signoria avendo impedito clic un tal breve fosse presentato, pensò più lardi ( 21 luglio ) d’ invitarlo benigna mente a portarsi in Roma per discorrere delle cose che diceva procedere da Dio. Gli amici dei Frale dubitando che avesse a capitar male, lo pre garono a non moversi di Firenze: cd egli che pochi giorni prima aveva manifestalo dal pulpito clic sos|icndeva le sue prediebe per non essere ancor bene ristabilito di una infermità solTerla c trovarsi molto rilìnitu di forze, rispose al Ponlefìce di essere obbligato a ritardare la sua partenza, con aggiugnerc die intanto poievasi pigliar cognizione di ciò ebe aveva 17 predetto (In un libro clic stava per dare in luce, e cioè dal suo Compendio delle rivelazioni, [lubblicato il SO agosto 1495. Il Pupa sembrò accogliere di buon animo queste scuse, poi agli 8 di settembre spedi inaspettata mente un altro breve ( diretto ai frali di Santa Croce perebè fosse senza ostacolo presentato ) nel quale dichiarando il Savonarola seminatore di falsa dottrina, gli intimava con minaccic di portarsi subito a noma. Era scopo del breve favorire Piero de’ Medici, clic avendo fatto lo sforzo di assoldare alcune gemi si .aceusiava a Firenze per tentare d’ impadronirsene; e ognun vede quanto alla buona riuscita dovesse importare che si allonta nasse dalla città il principale fondatore c mantenilore del governo popolare. Ma le mosse ncmielie non lardarono a scoprirsi, c il Savonarola invece di partire verso Roma si posi! nuovamente a predicare contro la tiran nide c contro i .Medici; onde animali i cituadini a prender forti provve dimenti per la difesa della patria, andò a vuoto I’ impresa di Piero, cui era d’ altronde mancato il soccorso clic dagli alleali sperava, .Adirato il Pontelicc per questi fatti fulminò un quarto breve in principio di novem bre col quale fu sospesa assolutamente la predicazione a fra Girolamo, assunta invece da fni Domenico da Pescia suo degno discepolo. Per le istanze della Signoria di Firenze fu però ottenuto al Savona rola il permesso di risalire il pulpito nella quaresima del 1490, e venne pure da Roma un frate domenicano, ebe disse aver commissione di offe rirgli il cappello cardinalizio, e così guadagnarne I' animo creduto da taluno ambizioso. 1/ austero Frate per altro non fu lusingalo da siffatti onori, c nella sua prima predica continuando a lagnarsi della corte di Roma dichiarava, che, non avendo nulla da ritrattare, non bramava altro cappello rosso che quello del martirio. Un nuovo breve del Papa de’ primi di settembre 1496 tornò a vietare qualunr/ue predicazione pubblica o privata al Savonarola, ed impose di riu nire San Marco alla Congregazione lombarda. Fra Girolamo mandò il 29 dello stesso mese una lunga e riguardosa lettera in sua difesa al Pontefìce, da cui ottenne che i brevi antecedenti rimanessero sospesi, purché si aste nesse dal predicare: ciò non ostante trovandosi la Repubblica minacciata dagli Alleati e dagli Imperiali, e la Signoria movendogli preghiera che non restasse dal confortare e incoraggiare il popolo colla sua parola, non seppe esimersi dal farvi due sermoni che insieme a qualche soccorso venuto di Francia, ed entrato quasi miracolosamente nell’assediata Livorno, apporta rono I’ effetto bramato, ma gli promossero tostamente da Roma un altro breve del 7 novembre e diretto a lutti i Domenicani di Toscana, chiamali a far parte di una nuova Congregazione Jbsco-thinana la quale andavasi 3 18 a fondare. Diveniva cliiaro clic nella difTieuIlù di ridurre con cerle/;:a il Savonarola al silenzio, voicvasi ad ogni modo levarlo di Firenze: ed egli accorgendosi di ciò, e supponendo il l’apa ingannalo da false informazioni noi pretendere un' unione che stimava dannosa e contraria alla carità, jiinltoslo che ubbidire si mise a scrivere V Apologia detta Congrcgaziofie di San Marco, e si trovò da capo in aperto conflitto con Alessandro VI. .Non polendosi vincere i propositi del Savonarola, nè distogliere i Fiorentini dai consigli di lui c dall’ amicizia culla Francia, gli alleali ri solsero fare un ultimo colpo decisivo per rimollcre in patria Piero de’ Medici, c cioè assalire al difuori la Hepubblica distratta dalla guerra di Pisa, com muorc internamente i partigiani dei Medici, e far scomunicare il Savona rola. Doveva Piero condurre le milizie della lega, Bernardo del .Nero, crealo cunfalonicre di giustizia nel marzo ed aprile del 1497 preparare la rivolta della cititi, fra Mariano da Genazzano, salilo al provincialato del suo Ordine, incitare il Papa alla scomunica. Le fila erano ben disposte, c non appena fra Mariano si crcdetlc, in un sermone tenuto davanti al Papa, di averlo persuaso di abbruciare lo strumento del Diavolo e lo scan dalo di tutta la Chiesa, com’ egli per odio forsennato cbiamava il Savo narola, corse a Firenze per aiutarvi la congiura. Se non che i tentativi di Piero furono nuovamente spiati in tempo, e il popolo correndo all' armi salvò anche questa volta la sua libertà, c impedì che I’ in terno ordinato movimento osasse manifestarsi, .\rrestatu poco dopo un Lamberto dell’ Amelia c trovategli lettere che rivelavano per intiero la congiura nella quale si trovarono compromesse con stupore di lutti pa recchie delle prime famiglie di Firenze, vennero fra gli altri arrestati il confaloniere Bernardo del Nero, Niccolò Ridolfi, Lorenzo Tornabuoni, Giaiinozzo Pucci e Giovanni Gambi, che dietro processo ebbero tronca la testa. Fra Mariano fu pure scoperto de’ più rei, ma essendo fuggito, non potè avere altra pena che l’esilio perpetuo (I). Tornalo a Roma sollecitò e ottenne la scomunica contro il Savonarola, sottoscritta dal Pontefice il dì 18 maggio 1497, indirizzala circolarmente ai vari sodalizj religiosi, c che venne letta con grande solennità ed affissa nelle chiese principali (3). (1) Del «uo ifnmì*chiar«i in questa congiura e della di»i«lima in Cut renne in Firenze, è parlalo anche nel doeum. eh* io pongo «olio il n. 125: e dagli antceedenii ai uumeii 7 a 9, Il e 12 può rilevar»! che flit del geim 1193, non volendo moverai dalla bIcsm ciuà ad onta degli ordini del Papa e degli iiirili del Duca di Ferrara. •! apparecchiava a far lunga e ine* •orabile guerra al Savonarola. De' contraiti con fra Domenico da Ponzo è toccalo ai doc. 35 e 48. (2) La lezione originale di questo Breve di •comunica fu per la prima volta pubblicata dal eh. prof. Isidoro del Lungo, con altri A'Nort dorumrntt intorno il Savonarola, uell’ Archivio •torico ital., Nuova serie, T. XVitI, P. I ( Firenze 1963 ). 19 Fra Girolamo fu amareggiato, non avvilito, a silTalla notizia; scrisse lettore al Papa ed a’ suoi seguaci all’ oggetto di purgarsi delle accuse ond’ era stalo incolpalo; nè gii mancarono amici stimabili, quali un Benigno, un Nesi, un Benivieni, un Pico che presero a difenderlo con dotte apologie , quantunque niuna possa dirsi migliore di quella eh’ egli stesso dettò c mandò fuori di questi giorni col libro intitolato Tritmfo rìel/a Crnce, monumento incontestabile della verità della sua dottrina, che mai si parte da quella della Chiesa Romana. I magistrati della Repubblica non tralasciarono frattanto di porgere le maggiori istanze al Papa in favore del Savonarola, ma poiché la scomu nica non veniva levata e questa dava sempre maggiori indizi d' essere stata carpita all’oggetto di far novità in Firenze, la quale era lacerata dalle parli, negletta dalla Francia e ridotta in grave pericolo, alcuni fra i più autorevoli cittadini furono alla cella del Frate c lo sollecitarono di tornare alla predicazione, c salvare colla virtù della sua parola il governo eh’ era opera sua. Fra Girolamo lasciossi vincere da queste considerazioni, c nel giorno 11 febbraio 1498 ascese nuovamente il pergamo, profeta terribile dell’ ira del Signore contro chi voleva gettar per terra il ben vivere. E avendo egli negata la validità della scomunica c chiamalo Alessandro VI ferro rollo, il Papa sommamente irritato minacciò la città d’ interdetto, da durare sin eh’ essa seguitasse a prestar favore a quel suo mostruoso idolo: per la qual cosa la Signoria deliberò finalmente d’inibire a fra Girolamo il predicare; ed egli il dì 11 maggio prese con un ultimo ser mone commiato dal popolo che con tanto amore era corso alTollatamente otto anni continui per udirlo, ed a cui promise di fare colle orazioni ciò che più non polea colle prediche. Soverchialo nella lotta col Papa c condannato al silenzio da quella stessa Repubblica che a lui tutto doveva, non era credibile che il .Savona rola quietasse I’ animo ardente senza esporsi a qualche altro tentativo, egli che nell’impeto di progredir sempre volea troppo ad un tratto, nè s’ac corgeva che il mondo resiavagli addietro. E intendendo di operare a solo lettere i scopo di bene, si accinse al passo ardito c pericoloso d' invitare con sue Re di Francia, Spagna, Inghilterra, Ungheria, e l’Imperatore di Ger mania a radunare in luogo atto e libero un Concilio per rimediare ai mali della Chiesa, non solo col migliorare la disciplina ecclesiastica, ma col deporre altresì il Rorgia, sostenendo eh’ ci non era vero papa c neppure cristiano (1). (I) Si h« da T*rj biogrifl del Sevoiiarola eh' egli contiiicìitse d«l mandare le tenera direna a Carlo Vili «speiidolo il più hvorevole el Concilio ed i*ligalo di eonliiiao dal card della ÌO Oramai errori e mancale speranze da una parlo, insidie e Iradinienli dall’ altra congiurano insieme per trascinare il Savonarola all' ultima ruina. Predicando il padre Francesco da Puglia de’ frati .Minori in Santa Croce con attaccare violentemente il Savonarola, lo slìdò nel bollore della disputa ad entrare seco lui nel fuoco all’ oggetto di provare se la sua dottrina era falsa o vera. Fra Domenico da Pcscia appena n' ebbe notizia, acccitò la slìda in luogo del suo maestro, il quale fece tutto il possibile per impedire clic la cosa disapprovata da lui sortisse ad effetto : ma persistendo fra Domenico nella sua risoluzione con piena fiducia di buon esito, c il Francescano ritirandosi pentito, scusandosi che aveva sfidato fra Girolamo e non altri, propose per altro in sua vece il con fratello laico chiamalo Giuliano llondinelli ; e questi davanti la Signorìa, clic teneva mano a si indegne pratiche, dichiarò di accettare, sebbene credesse di ardere, ma lo faceva per la salute delle anime. Il giorno 7 di aprile fu slahililo che avesse luogo I’ esperimento del fuoco nella piazza di Palaz.zn Vecchio, in mezzo la quale sorgeva un gran palco coperto di cataste di legna. Immensa folla di popolo traeva ansiosa a vedere il sin golare spettacolo. Molli fanti della Repubblica guardavano la piazza, e molti Compagnacei e Piagnoni erano pronti ed in armi, chi per offen indi i dere e chi per difendere il Savonarola, già venuto nella persuasione che Dio avrebbe aiutato il suo discepolo. Comparvero prima i frati .Minori, Domenicani in numero di presso duecento con fra Domenico alla lesta che teneva in alto una croce e seguitalo dal Savonarola con in nano il Sacramento. Fra Domenico era impaziente di entrare nel fuoco; perù in mezzo ai Francescani non vedevasi il suo com|>elilore trattenuto in Palazzo dalla Signorìa a suscitare cavillaziuni e litigi. I Francescani cominciarono dal pretendere che fra Domenico scambiasse gli abili con un altro frale, temendo d’ incantagioni, poi che deponessc il crocifisso: e perchè egli allora prendeva in mano il Sacramento, ecco sorgere nuova c più giusta opposizione, la quale non essendo risulta c facendo perdere gran tempo, la Signoria mandò bando che I’ esperimento non aveva più luogo. Rovere, oltre a teiitirlo nuovameute voloiilrroso dì pnstare in Italia; e che mentre alava in a«pella del Lungo, sotto la data però del ili agosto l49i. 21 i li popolo vedendosi privo dello sibililo spellocolo dopo essere sluto sì luiigniiienle a disagio, cominciò a lurmilliinrc e imprecare contro i frali e in parlicolar modo conlro il Savonarola, da cui ognuno avrebbe preteso clic a conronderc i suoi avvei'sari fosse ciiiralo aiicbe solo nel fuoco per mostrare il miracolo; c poicliè la plebe Istigala dui malevoli minacciava di venire alle prese, a gran fulica furono i Domenicani difesi e ricondotti salvi ni convento. Il giorno appresso gli Arrabbiali e i Compagnacci, approlìllando del mal umore della città conlro fra Girolamo, si decisero a fare le ultime vendette, e mossero nel dopo pranzo in buon numero ed armata mano verso la piazza di S. Marco, uccidendo per via alcuni Piagnoni. Kssendo stale in gran fretta abbai-rate le porle della chiesa c del convento, la rea turba si accinse ad assalire quelle mura, ove dalle lìnesire e dai letti frali stessi, distribuiti da Francesco Valori c aiutali da alcuni altri de’ più caldi loro partigiani, si trovarono pronti a sostenere lunga e ga gliarda difesa. Appiccalo il fuoco alle porte, una quantità di furibondi |>olè quindi penetrare nella chiesa c nc' chiostri, depredando o guastando a proprio talento ; ma venendo essi respinti, e il cunflilio seguitando a durare fino a sera con dolore del Savonarola, il quale avrebbe voluto im pedire che i suoi frali spargessero sangue, la Signoria ottenne, dietro replicati ordini, che i Savonaroliani cessassero dalle armi, e che fra Gi rolamo, fra Domenico da Pescia c fra Silvestro .Mariidi fossero presi e condotti in Palazzo. Fra Girolamo soffri nel cammino ogni sorta di minuc cie e d’ insulti con trovarsi più volte ad ini punto di perdere la vita, come accadde purtroppo a Francesco Valori, il più prestante cittadino di Firenze, che fallosi calare giù dalle mura del convento, e ridottosi a casa, fu dal popolo ucciso unitamente alla moglie e ad un piccolo nipote. Dell’arresto del Savonarola e de’ suoi due autorevoli compagni il Gon faloniere scrisse tosto gradita notizia al Pontclìcc da cui bramava ottenere facoltà d’ imporre una decima su gli ecclesiastici per sostenere la guerra di Pisa, e il Pontclìcc promettendo ogni favore, lodando l’operalo e mandando assoluzione d’ogni peccalo commesso nel tumulto, chiese che i tre frati fos sero consegnali in sue mani. La Signoria decise che per suo decoro si esami nassero e giudicassci-o in Firenze da una commissione, presenti due cano nici del Duomo; e questa immaginandosi di ottenere importanti rivelazioni, non rifuggi di sollopurli allo strazio crudele della tortura. Gonfessioni miste di vero e di falso furono strappate al Savonarola in mezzo a dolori insopportabili, e sopra risposte assurde c bene spesso contradditorie venne oumpilato il suo processo, il quale essendo dato subito a stampa, riesci Ì2 iul onta (li tre successive allerazioni praticatevi in pritna dal noinrn ser Occone, tanto vituperoso alla Signoria e con tanti clementi per ricono scervi I’ innocenza del Frate, da ordinare die fosse ritiralo c distrutto (I). Delle varie disamine estese a molti altri testimoni religiosi c secolari, c tulle più 0 meno falsale, si trasmise un sunto al Pontefice che ne resti) poco soddisfatto; e premendogli scoprir meglio quali erano i Cardinali fninccsi compromessi nell’ affare del Concilio, spedi due commissari apostolici in Francesco Roinolino auditore di rota c in Cioacchino Tor riano generale dei domenicani. Giunti in Firenze, rinnovarono all’infe lice vittima i tormenti della tortura; ma non potendo cavar nulla di più manifesto, decisero per altro che lutti Ire fossero condannali al capestro ed al fuoco quali rei di nefande scellcralesze, come parla la sentenza finale puhhiicala il 22 maggio. Fra Girolamo avendo in carcere un mese di solitudine in attesa de’ Commissari apostolici, non pensò a stendere le sue difese, non a lagnarsi de’ suoi giudici, ma ahbandonando senza ran core ogni spcnmza negli uomini per confidare unicamente nel Signore, espose e cottimentò il Sahtto In le. Domine, speravi, scrisse una Medita zione sul Misererò, e volendo lasciare ttn ricordo al suo carceriere che spesso ne lo aveva richiesto, vergò in mancanza di carta sulla coperta di un libro una breve Regola del ben vivere; operette che essendo state con gran devozione ennservalc c stampale, danno prova della sua dot trina pitramente cattolica, professala con sincerità di animo fino agli itllìmi istanti. Letta ai condannali la sentenza, fra Girolamo cbiesc di poter vedere e rivolgere alcune parole ai suoi due compagni d’ infortunio; c com’ essi gli furono dinanzi, li abbracciò, li incuorò a morire cristianamente, e li benedisse. Passata la notte in continue orazioni, e confessali da un mo naco di S. Benedetto, i Ire frali tornarono ad incontrarsi la mattina nella cappella di Palazzo Vecchio ove ascoltarono la messa ed ove il Savona rola ollennc di poter amministrare ai compagni e a sè stesso la comu nione, facendovi sopra una piena ed esplicita dichiarazione di fede: poi cosi confortali si avviarono al supplizio. Vedcviisi nella piazza un gran palco all’ estremità del quale sorgeva un’ antenna in forma di croce cui erano stali raccomandali tre capestri c tre catene per soffocare i condan (I) I Ire proeeit«i iipocrifl Hel SuTonaroU, ìntìetne al reto e bino proce«so dì fri Domeuiro, a quello in veri punti allenilo dì fra Silve«tro c a dìciannoTe etamine di «ilri acciinati, 1e|*f*on«i con inolio inieretse ne‘ docoinentì onde va adorna la S/oria di Girolamo Soeonaroìa ecritla dal di. Patquala Villari, Voi. Il, pag. ccatii a c». * 23 1. 2. nati c icnerli sospesi inciKrc cnino divorali dalle fiamme, clic dovevano sorgere da on moine solUislante di malerie accensibili, .\llesi in diversi Iribunali dalle uulurilà ecclesiasliche e civili, il generale dei l’redicalori li fece spogliare dell' abilo domenicano, eli' essi prima baciarono e copri rono di lagrime, il vescovo di Vasoiia li degradò, il Romolino oITcrsc loro per mandalo del Papa I’ indnlgenna plenaria , die accolsero con rive rcn/a, c (ìnalinenlc consegnali al braccio secolare, i Ire |iazienli udirono rinnovarsi dagli Olio di Guardia la semenza di iiiorlo. Al Marulli loccò |ier il primo di salire la scala del palibolo, poi al Honvidni, poi al Savonarola, e I' orrendo scempio fu consummalo il 23 maggio 1398 fra il dirullo piamo di una parie e gli oltraggi feroci di un' altra. Le ceneri de' cadaveri vennero d'ordine della Signoria raccolte e geliate in Arno; ma ciò non potè impedire die i residui di quelle fossero da molli ricer cali con amore c custoditi come cosa sacra a maniener viva lungo tempo la fede nel Savonarola, il quale nell’ essere tratto a morie confermò lu minosamente le sue convinzioni catlulidie, e nierilò di avere nel bel numero di quelli die preslarongli cullo un San Filippo .Veri ed una Sania Caterina de’ Ricci; meritò die ad onore di lui e de’ suoi compagni fosse scrino nel sec. XYI secondo il riio domenicano un Officio proprio, per essere recitalo da’ suoi devoti come a martiri degni di venerazione (I). .Vcccnnali così i principali falli intorno al Savonarola c al suo tempo, da servire d' introduzione e corredo ai ducunienli clic qui per la prima volta vengono pubblicati per ordine cronologico, si Iroveninno in essi; ® Sci lettere del nostro Frate che ora lo mostrano inteso a procurar favore in Venezia alla separazione da lui diìesla della Congregazione lombarda dalla toscana, ora ad agevolare con qualche mezzo umano il buon esito delle speranze di’ egli nutriva sul Re di F'rfincia, ed ora a confermare la sua missione profetica, e porgere avvertimenti religiosi (2). ® .Molte relazioni di Manfredo de’ .Manfredi oratore F.slense in Firenze, le quali olTrono di frequente con interesse storico le notizie minute ed annedute della giornata, come per esempio le promesse di denaro, di bcnelìcj c di olTici onde il card. Roderìgo Uorgia si agevolò la salila al papato (3); i sagaci ragionamenti di Piero de’ .Medici sulla venuta di (1) Qu««r Of^cio fu pubblicato per cura del benemerito rotile Carlo Capponi con proemio del cb. Cesare Guattì. Prato ISSO c lb63. aecouda edii. aueretciuia di docuni. (i) Veggaiiki ì docunt. I. 10. 13. lOS, MS e ISI. E fòrte chi copiò ìl primo di quetli non eolo lette due Tolte oelie data li93 per 1193, ma anche nel potcrilto o eAo/or di giugno in luogo dì o ehaltn di giugno. (3> Ooc. S a 6. u Carlo Vili in Italia e sull’ inilola de’ l’iorcnlini (1), per condursi poi cosi male c guadagnarsi 1’ obbrobriosa cacciala (2); la conferma delle praticlie di Alessandro VI con Hajazei II granturco, di vendergli il fratello Xizim che teneva prigioniero in Roma, c cosi avere aiuto c favore contro il Re cristianissimo (S) oc., oltre a non pochi particolari riferibili al Savona rola, verso il quale il IHaufredi professava amicizia c singolare estima zione per lutto quanto operava a benefìcio morale c civile di Firenze, ricordandolo spesso, accennando a varie lettere di lui andate smarrite, e riportando i colloqui conndenziali passati col medesimo (4). 3.° Parecchie lettere del Duca di Ferrara al .Manfredi c al Savonarola, che mostrano il vivo interesse che il detto Duca pigliava de’ felici successi del celebre Frale nato no’ suoi dominj, c ebe gli fu largo di salutari ricordi; la lì ducia che aveva nelle sue predizioni, salvo il dubitare che potessero ve rificarsi per mezzo del Re di Francia ; la stima grande in clic teneva le opere di lui ricevute in dono; le prolTerle infine d’ ogni favore sulle quali il Savonarola faceva assegnazione (o); ma giunto il momento del I’ estremo bisogno, e quando già fra Girolamo era in prigione, non trovo che si adoperasse a tentar di salvarlo presso la Signoria di Firenze o presso il Papa, c veggo che solo avea scritto a quest’ ultimo per dichia rare il suo risentimento contro Giovanni Francesco Pico reso colpevole della dedica all’ Kstcnso di un libro ch’egli disapprovava, e che tratta del 1’ ingiusta scomunica di Fra (ìirutamo (C). 4.° 1 documenti si compongono ancora di alcune notizie correnti cavate in sommario da lettere di Firenze; di varie relazioni dell’ Oratore milanese a Lodovico il Moro dettale sempre da animo avverso al Savonarola ; e si chiudono all’ incontro con due let tere dell’illustre Pandulfo Colicnuccio al Duca di Ferrara, le quali chia mano il nostro Frale « uomo veramente divino, maggiore ancora in pre senza che per scrittura. » (I) Doc. Il e IC. — (t) Doc. IS a i2. — (3) Doc. il. (t) Le parole dello dal Savonarola in diverae occasioni aaraimo aenipre conlrastegnale da vir0oleUe in principio di i-i({a, come pure ad agevolare il riiiveniincitlo do' pa»BÌ che toccano del medeainio, il *uo nome verià distinto in carattere majuscolctto. (5) Due. 92. (6) Due. i45 e Ii6. E notisi che il Duca ofFerivasi ài ronftnno porafo ad o^nt bentplacUo sebbene il dvl Savonarola anche dopo che questi Fu colpito dalla scomunica, come ai ha al doc. 120. — Nun era più nulla a sperare dal re Carlo Vili, cuorlo iiuprov«i»aineiile il *1 aprile 1498: a nuovo re di Francia Luigi Xli ai affrellasse a anpplieare la Signoria di Firensc in favore di fra lìiroUmo, la sua lettera è in data del 4 giugno, pochi giorni dopo ohe la sen* lenza fatale era stala eseguita. 2:> DOCUMENTI TRATTI DALL' ARCHIVIO ESTENSE IN MODBN'A RELATIVI A FRA GIROLAMO SAVONAROLA ED ALLA STORIA DE’ SIGI TEMPI CO:i SII I.F.TT£lti INEDITI DI ESSO FUllTC Fra CrVoIflmo S«t>onar<>/rt (1 fra Ballista da Fiorenza, Vicario in Sun Marco (I). I. ren«/fl, 16 mayyio — Vcncrabilis Puier, salutcm in Clirislo Jesu. Questa per avisarvi che noi stiamo bene per grati» di Dio, et speriamo di fare in ogni nostra cosa bene per lo Convento, se le oralioni non mancheranno, perchè il padre Vicario con li diflinitori molto sono rimasti li<‘dincati et consolati della nostra miioiie e ci hanno dato bona risposta con grande hilarità, dimostrando che faranno il nostro volere. Sì che cxortate li fratelli da mia parte che stiano uniti in eliarilù. acciochè le loro orationi siano piti efllcaci, le (inali debbono continuare iusioo ebe noi starno in Convento; si tamen io tornerò, che pur mi pare intendere che Torsi accadrò io purghi li mia pechali in questo odìlio: et spelialiter rachomandaiemi alli nostri fìgluoli, et spctiale a Fra Granduccio e Fra Ruberto Sahiati, li quali confortate da mia parte alla pcrseveraniia. Non posso più scrivere perchè il messo ha fretta. Valete. Ex VcncUis, 16 Maj U'J2. (P. S.) Credo che torneremo a chalar di Giugno, non innanzi. Orate, orate, per> che il diavolo non dorme; ma le orationi saranno più forti di lui: e siale certo che (I) Tonto queua quanto la lettera che ai Irtseri |>ià avanU al n. 10 furono rinvenute dal Conto Carlo Cap]>oni io un codice della Palatlfta di Firenze e mandale In rupia al cb. e ree. padre Cesleo Beyonne de’ frali Prodicalori. dal quale a me vennero poi fentiloieote comunicale. i Digitized bj; Google 2C quelle hanno cosi exposic le memi di questi Padri, le quali se manchassino ogni cesa si dissolveria. A Fra Domenico e a Fra Silvestro che mi rachomandiate non dico nulla. Ex Veneliis, 16 Maj Ii92 (i).

      (1) E a dubbiose che la date ripetute del 1492 sia stata trascritta esattamente, poiché dicendo il Savonarola che non credeva di tornar a Firenze innanzi giugno, si farebbe già stato fin dal 22 dello stesso mese di maggio, come apparisce dalla lettera che scrisse a fra Stefano da Codiponte. Portandola all'anno 1493, troverebbe appoggio in quella che si produce sotto il n. 13.

    Frater Hiebomysiis Prior. fForti) Veserablli ia ChrtUo Patri, Fral. BaptiUtP, ord. prvd.. Patri ratbi bonerando. la $. Marco <11 Fireue.

    Manfredo de' Manfredi Oratore Estense in Firenze ad Eleonora d' Aragona duchessa di Ferrara (2).

      (2) Il Duca di Ferrara Ercole I marito di Eleonora, era andato da quasti giorni a Roma a visitare (come dice) quetti luorhi santi per salute dell’anima; ma specialmente per ottenere, come gli fa agevole, al figlio Ippolito d’anni 13 il cappello cardinalizio.

     2. Firenze, ... agosto 1492. — Ill.ma et Ex.ma Madama mia, — Scrive lo Ambassatore del Mag.co Piero de' Medici come questo giorno, che è di XI ad hore XI, el fu ereato Pontefice et publicato el Vice-Canzelleri, denominato poi Alexandro sexto, et cum totale satisfatione del sacro Collegio de' Cardinali aprobato unitamente. Che, se così è, el non se ha ad credere, Ill.ma Madama mia, considerato alle pratiche che se erano facte, eh' el non sii creato veramente Spiritus Sancti, et tanto più quanto che de omni altro se stimava, salvo che de prelibato Vice-Canzelleri.....

     3. Firenze, 16 agosto 1492. — Se ben fino a domenica prossima passata io ricevesse per le poste di Milano una del Rev. Vescovo de Modena a V. Excell., quale, per quanto me scripse, conteneva lo adviso della creatione del Pontefice, nondimeno non gli la ho mandata se non hora, essendo epsa advisata per mie lettere del tutto, et expectando havere qualche altro da Roma da significargli, sì come la intenderà per li infrascripti advisi. Quali herisira al tardi hebbemo questi Signori dallo Orator suo da Roma, li quali fece comunicare el Mag.co Piero a nui tutti Ambassatori, che è la distributione de tutti li benefitii et offitii che havea facto el Pontefice alli Rev.mi Cardinali quando el fu creato papa.
     Prima dice come el Revmo Card. Aschanio havea havulo la Canzellaria, la casa del Vice-Canzelleri cum tutte le spoglie et suppellectile: havea similiter havuto Neppi et la Chiesa de Acria in Hungaria che vale Xmila ducati.
     El Card. Orsino la Rocca Soriana et Monticelli, la Chiesa de Cartagonia in Spagna, che vale Vmila ducati, denari contanti, et la legation della Marcha.
     El Camerlengo in Spagna benefitii per IVmila ducati et la casa dove stava Monsig. Aschanio, che la rende alli flglioli che forno del conte Hyeronimo, et lo offitio suo del Camerlingato, capitulato che ne haverà l’administratione libera.
     El Colonna la Abbadia de Subdiaco con XX Castella, che rende Illmila ducati, della quale Badia et Castella ne ha facto padroni Colonensi in perpetuo, et ha havuto el Vescovato de Pavia da Aschanio.
     Savello la legatione di Perusa, et Civita Castellana.
     El Sanseverìno ha havuto promessa che Frachasso serà condocto cum la Chiesa cum cento homini d’arme et XVmila ducati de soldo, et la casa che fu del Cardinale de Milano.
     El Doria restarà alla guardia per qualche mese.
     Sancia Nastasio, benefitii in Spagna, et restarà in palazzo alla segnatura.
     Castellano de Sancto Angelo, el Vescovo Argentino spagnolo.
     Secretario del Papa, el Vescovo de Capaza.
     Dicese che Mons. Aschanio ha scripto una bona lettera de sua mano al Mag.co Piero, con sottoscriptione de man del Pontefice, per la quale li fa intendere del bon animo et dispositione nella quale se ritrova Sua Beatitudine verso lui et la città sua, tenendogli per cari et benivoli. El simigliante ha scripto el Rev.mo Card. de' Medici suo fratello, de sua man propria, et sottoscripta de mane pur del Pontefice. Quale lettere non se sono anchora publicate, nè intese per ognuno, se ben io per bona via ne habbia el certo.....

     4. Firenze, 17 agosto 1492. — De novo non se ha poi altro da Roma, se non che N. S. ha promesso de fare moltissime cose a reformatione della Corte: cassare li Secrctarii et molti offitii tirannici, et tener gli figlioli fuora de Roma, et far promotione laudevoli, el dicesi che sarà glorioso pontefice, et che non haverà bisogno di curatori. Domenica ad oeto farà la sua coronatione on ail intronizzatione, dove si mette ad ordine de farla cum gran trionfo et pompa, forsi più che facessi mai niun altro pontefice.
     Post scripta: Perché nella comunicatione che ne fece el Mag.co Piero dello adviso havuto da Roma per la distribuitione delli offitii et benefitii che havea facto el Papa non se conteneva quantità alchuna di denari che la havesse promessa a certi Cardinali (forsi per non volere sua Mag.co esserne autore), et havendo dopoi io de buon luocho come lo havea dato Sua Santità, on promesso, al Cardinale Ursino, ultra li benefitii XXmila ducati, al Collona XVmila ducati, al Savello XXXmila ducati, il mi è parso significarlo a V. Excell., acciochè la intenda che la praticha non se poteva tirare a questi Signori dove la è conducta senza grande obligatione et promesse; per il che è stato necessario ad devenire alli termini antedicti: chè quando et Collona, Savello et Orsino non havessero inclinato, la cosa portava pericolo. La E. V. sapientissima, parendogli, tenerà in sè questo adviso della promissione delli denari.

     5. Firenze., 22 agosto 1492. — ..... Questi Signori novamente, per quanto intendo, hanno advisi da Roma dallo Orator suo, come lo è stato presa ad instantia del Papa uno mess. Jeronimo Calegrano che era camarero primo del pontefice passalo, et uno altro pur camarero. Dicese per essergli imputato che hanno tolto et trafugato gioglie et denari de somma de 100mila ducati de quelli che havea papa Innocentio.
     El Papa pare che habbia mutato sententia per non volere observare certe promesse facte a' Cardinali, che è lo essersi disposto de non dare Civita Castellana, nè la Legatione de Perusa al card. Savello. Similiter nè Monticelli al card. Ursino, si come gli havea promesso, la qual cosa ha dato non piccola admiratione alle brigate, considerato che cussi presto devenga Sua Santità a questi termini; per il che se iudica che lo habbia ad essere Pontefice che se gubernarà in le actioni sue secondo el suo parere, et senza respecto di persona, si come alle giornate se ne potrà fare migliore iuditio. El se intende similiter che Sua Santità ha pagato et promesso gran quantità de denari, forsi de somma de 150mila ducati, delle quali gran parte se hanno a pagare al bancho de' Spanochi depositarii de S. S.ta, li quali, per quanto se intende, se trovano mal forniti a pagarli al presente, et bisogna che gli accattino allo impresto et interesso, che li serà di gravissimo danno, el forsi la ruina loro.
     El Papa similiter ha richiesto a certi Cardinali denari in presto, fra li quali gli è Sancta Maria in Porto, che, per quanto se intende, lo ha servito della quantità ch' el gli ha richiesto.
     Tutti quelli che si ritrovorno nel conclavio alli servitii delli Rev.mi Cardinali son stati premiati da N. S., che, per quanto intendo, ha dato a quelli che erano cum el Patriarcha venetiano ducati VImila contanti, et dicese che per mezzo loro se dispose epso Patriarcha ad dargli la voce sua, che prima stava pertinace ad favorirlo. Ha dato similiter a Ser Nicolò de Michelozzo, che era cum el Card. de' Medici, IImila ducati per comperare una scriptoria; ad l'altro suo el piombo che li vale da circa 300 ducati l'anno, et successive a tutti gli altri; salvo che a quelli de San Piero in Vincula, Sancta Maria in Porto, Lisbona, Recanati, Siena et Napoli.
     El se intende similiter che alla coronatione de Sua Santità, che se farà domenica prossima futura, vuole creare Cardinale uno nepote suo che è Vescovo de Monreale, et persona de pretio et virtuosa.
     El figliol suo Vescovo de Pampalona, che era al studio a Pisa, herimattina se parti di là de commessione del Papa, et è ito nella Rocca di Spoleto.
     El Rev.mo card. Aschanio pare che sii mutato de non volere dare el Vescovato de Pavia al card. Collona, si come gli havea promesso.
     Al sig. Virginio et a tutto el resto delli Orsini è stato facto per el Papa amorevole accoglientie et carezze assai, Heri sira el giunse qua la Mag.co Madonna Magdalena moglie del sig. Franceschetto et sorella del Mag.co Piero, quale se ne ritornava da Roma.

     6. Firenze, 3 settembre 1492. — ..... Venerdì proximo passato se fece concistoro, nel quale N. S. fece cardinale el Rev.mo Vescovo de Monreale suo nepote, el quale, come altra volta scripsi a V. E., se havea a publicare nel giorno della sua coronatione. Hagli dato le stantie in palazzo per haverlo appresso, essendo homo prestantissimo et da fare faccende.
     Ha in decto concistoro Sua Santità confirmato tutti li benefitii che la havea promesso nel tempo della electione sua alli signori prelati el alle famiglie loro.....

    Ercole I duca di Ferrara al Manfredi.

    Ferrara, 1 1 gemwio U93. — Mess. Manfredo. — Havendo nui grandissimo desiderio che ’l vcn. frale Mariano (da Gennazzano ) predichi qui a Ferrara in questa quadragesima pro xima che viene, el sapendo che li pari suoi sono mollo richiesti alla Santità del Pupa, nui per satisfare a questo nostro immenso desiderio, scrivessimo a Sua Beatitudine die volesse commettere ad epso Maestro Mariano che cus>) li havessc ad {iredicare, et ti mandussciDO uno nostro cavallaro a posta. Il quale ritornato cum il breve, il portassimo ad epso M.'* Mariano che se trovava qui; ma lui fece scusa cum nui de Digìtized by Google 20 non potere venire, cum dire che lo ha promesso al Mag.” Pietro de’ Medici de pre dicarli, et die cum honore suo non potria venire qua H. Ferrara, Ì9 gentiaio 1495. — Per la vostra lettera de’ xxv del presente babiamo inteso come el Mag.** Pietro graziosamente è restalo contento chc’l ven. M.'* Mariano venga qua u predicare questa quadragesima proxima, per fare cosa ebe ni sia de piacere et con tento, si come per nostra parte li havele richiesto, non ubsiante che lo havesse pro messo de predicare lie poleli Yoleuio ebo nomine nostro Lo ringraiiaii quanto più et cussi vui 'ymi:s Prior. (Fuori) andò in Cbrìtto Patri Fralri RjpUtUr de Plorenli* ord. S. Oomtniri Conrcnlui S. Marci, Vicario bearmcrìlo etc. (I) 6 it bellla^nia e (unga Ullera più roUe «UmpaU e direUa da ùolov"* *i Irati di S. Marco de nod« bene citendi rt tendmdi tn Deum, cfae certaoieBie fa icrilia ua poco prima del 1ù febb. 1493 ( |491 itile bbovo), oel qoal (tinrne cadeva la domeaiea della Quinqaa|eiime, aUBle ebe la detta lettera parla del Vaofelo della domenica rtke era proatioia aUa Qutaqaageaime sle»a. (S) Siile uuovo. % Digilized by Google 30 * Il ,1/anfredi al Duca. , II* Firenze. 3 febbraio U93. — Io non potovo per modo alehuno credere che havendo facte tante et gagliarde scaramuzzc cum M.** Mariano, come io ho facte per quei che vederà la Ex. V. per I' altra mia del di de beri, et novamcnle datagli la battaglia per et seri vere gagliardo che quella ha facto ad sua paternità et a me, eli* io non lo facesse rendere et desponersi totalmente a satisfare alla promessa ctf egli gli ha facto .... il non fu mai possibile che potesse cavare altro da luì, se non che '1 non era possi bile ch*cl potesse venire; pure dicendo che quando cum honeslo modo el potesse fare ìutendere a V. Exc. le ragione el cause che a ciò lo strengono, eh' el se ren deva certo che la staria contenta de non Io aggravare nè strengerlo ad venire Et più me disse che forsi el se disponerà de mamlart: frate Iacopo da Lainpognano cum un altro compagno suo a V. Exc. per in tutto fargli intendere le cagione et ragione che lo necessitano a rimanere qua 1^. Firenze, U febbraio 1493. — lo sono stalo cum M.** Mariano et faclogli intendere quanto me cornette la Ex. V. per lettera de nove del presente cìrcha alta mala satisfaclione in la quale la resta de luì per non essere venuto questa quadragesima ad predicare là olirà, liavcndo lui promesso de venirgli omni Hata che 'I Mag.*‘ Piero se contentasse. cum dirgli che mai più in alchun tempo la Ex. V. cl rechiederìa Rimase molto sconsolato cl de una mala voglia, intendando cl dispiacere che quella dimostrava bavere, cum dire che 't non poteva |>er alehuno modo stimare, che havendo diman dalo di gratta a prelibala V. Ex. cum tanta vehementia che la el compiacesse per questa quadragesima de lassarlo predicare in questa terra, essendo necessitato per sue faccende et interesso proprio, che quella non nc restasse contenta, parendoli che la fede el servitù eh’ cl porla a quella la dovesse disponere a satisfargli Fra GiroUimo ^vonarota a Mona Barlalomca che fu di Nicolò di Zambiyliazi in Fiorenza (1). 13. fiologna, 3 aprile 1495. — La eharitate et pace di Jesù con voi sempre, dclectissima in \.‘* Jesù Madre mia. — Perctiè el tempo sempre me strenge per le oceupatione. non posso scrivere a voi nè a altri, come io vorrei, per satisfare al vostro desi derio, essendovi molto obligalo per le fatiche le quali voi portate per me: queste poche parole vi ho voluto scrivere in fretta, perchè tuttavia sona 1' ultimo segno de la predica, e per questa dunque pregho che voi faciale orationc, che Dio mi inspiri se io debbo ritornare a Firenze innanii al Capitolo (2), perché ho gran desiderio dì ritornare, ma vorria che fusse con la volunià di Dio. Altro non mi accade a scrivere, se non che voi nc faciale oraiione per me, che Dio non mi abbandoni per lì mia (1) Cavala dal ConvenU» domcnìcaito di S. Romano in {.ucca. e irova») in un codiro conlrneole la Vita del Savonarola dei Raeit, io fonde al quale fo iraarriUa nel ITI» da frale rilippo del Buono ebe avvertiva con ftcrvarsi V aomerafo prevao di lui. lo ne ebbi copia dal lodalo padre Baynnne. (S) ài Capitolo provinriale della Congrrsaziooe lombarda rbe dov«a tenervi io Tenetia alla Penleeokle. Mtrondo V HM> donieniraoot di che vefcgasl la lederà al n. 1 e la imta in flne della medevima. Ma aembra ebe il Savonarola lorna»e almeno prima a Firente, come dichiarò aeir uliirai predica falla a Bologna. # Digitized by Googie 51 pechati, g per le nostre cose che Lui si degni di mandarle a pcrfciionc, c per li nostri fìglioli accìochè il demonio non habia forza sopra dì loro. La gralia di Jesù con voi. Amen. In Bologna, a di 3 di Aprile 1493. Fr. Hieronykus. Il Manfredi al Duca, i4, Firenze,^ gennaio 1494. — Havendo io inteso come questi Signori haveano havuto Icuere deir Oratore suo ebe hanno in Pranza, et volendo intendere qualche cosa di novo, fui cum cl Mag.** Piero, et dimandatogli quel che '1 sentiva di Pranza, el me disse che non bavea altro, se non che pure el se ra^onava che quel Christiauiss. Re con tinuava in la opinione de volere fare la impresa ( già divulgala ) in Italia, et che ri tornalo eh" el fusse di Bertagna ( dove era ito Sua Maestà ad fare le feste dì Natale ) dovea venire a Lione: similiter che *1 se era dato bon principio de annata per questa impresa a Genoa, havendo Sua Maestà mandalo a soldare el nave et galee in bona quantità, come se è inteso là olirà a Genoa. — Albora io dissi a Sua Mag.: Lo è adoneba da credere che aproxìroandose Sua Maestà alla Italia (venendo a Lione) et havendo dato quel principio all" armata, che la impresa sortirà effcclo? per il che Torsi V.'* Mag. comenzarà a mutare proposito el tenere che le gente di Franzo pur passa ranno in Italia? — Epso me rispose, che nè anco per questo se voleva rendere, anzi voleva essere in questo consimile a San Thomaso, et che Ano a tanto che non li vederà passati in Italia non lo crederà mai, dcduccndo molte cause et ragione che ad ciò lo desponeno et tra le altre una ne allega potissima, che è, che '1 non lì pò capere che lì potentati de Italia ciò permettano, consideralo el pericolo universale che ne seguirla a tutta Italia, però che el non è da stimare, che quando Sua Maestà havrssc eonqitisiaio il Reame di Napoli ( come lo ha designalo ), che la siaesse contenta de quello; resolvendosc che 'I glie pareva a lui che la cosa fusse de tal momento, che per conto veruno la non debba sortire effecto. — Hor ben, dissi io, vedo clic V. .Mag. vorrà cum questo vcrifìcare quanto a questi giorni la me disse, che fu, che'I non passarla 1* unno che me recordarebbe che la Maestà del Re de Napoli anchora havea a essere quella che liavea ad dare norma a tutta Italia, considerato che cpsa sarà quella che haverà a provedere et trovar riparo a questa pralicha che la non habbia cITecio. — A questa parte el me rispose, che lo baverà gratissimo che de questa cosa io non glie ne parli sino al tempo designalo, perchè el stimava che anche innanli se nc vederia tal segni evidenti, che confessalo essere cl vero tutto quello che '1 me havea predicio. El me fece però dui presuposti a coroboraiione de ciò: r uno oii che ’l Re de Pranza on sue genti passeranno in Italia; on non. Se li passaranno, habbiamo a stimare che ’l farà un tanto sforzo de validissimo exercito per passare, eh’ el non starà contento, conquistalo che lo habbia el Reame di Napoli, a quello, ma vorrà mollo più oltra, per el che lo è da pensare che la Italia imìver salroentc tutta se ne riscnterà onde che me pare che sìa necessario ad fare capo alla Maestà del Re de Napoli, al quale per omni conio se lì ha a deferire per el resto de' potentati de Italia, essendo epso solo mcnazzalo da’ Franzosi, et havendo facto le spese et provigiooe tanto gagliarde, come se intende che lo ha facto, et che tuttora Digilized by Google Zi li attende, de gente d’ arme et armata per defendme da tanta impreso. Et »c mi di> cesti: or come se potrà obvìorgli che non passino, hnvendo Io adito che li haveranno libero et expediio, et venendo tanto forti, come se dice? lo ti rispondo, clic se pnre se lasseranno passare in Italia, forsì el se potrà fare per ricliiuderii poi in questa rete, la quale è situata et tessuta per modo, per li passi Street! clic vi sono, che facilmente intrandovi ne rimaranno prexi per non se ne potere exire; et cussi ne rq>orleraimo de quelle victorie el iionori die hanno facto per d passalo, quando vi sono venuti, quantunque a quel tempo le cose de Italia non stacsseno nel modo et termine che bora le stanno 15. Ftre$tze^ iZ gennaio 1494. — De novonon intendo altro, per non se potere liavere copia dal Mag.** Piero il quale è lutto dedito et coiiUniie occupato nel provarsc nella giostra, et maxime al presente per essersi bandito due giostre a demenino che se hanno a fare questo carnasciale. Et a tulle, per quanto intendo, voi correre prenominato >1.*‘ Piero, et scranno parecchi a lui giostranti, come cederà V. E. per la copia della Usta qui inclusa. Quando d paresse a prelibata V. E., et che la bonesià d comportasse, che lo ili.* sig. Don Alfonso li venesse a vederla, credo eh* d farla cosa grata ni Mug.** Piero, d quale ha già havuto qualche ragionamento de do cum me. Li giorni deputali per la giostra scranno el ^obin di berlingazzo et In domenica di carnasciale. E( zobia dì correranno a laniere et daranno c* dui primi honpri, die sono due elmetti gueriiUi, dì pregio de 100 ducati V uno. La domenica correranno a riscontro, et duramio li altri dui lionori, cìoà doe celate de 50 r acconzarc el Mag.*“ Piero el fucio suo et cum prelibate Maestà et E.s.“* el non hnhhia respccto a fare cosa che sii de gravezza et danno ella città, essendose partito de qua a parlare, come dicono, dospcrato el senza consultare dieta andata ad persona dei mondo, se non alla donna sua et al Canzelleri pur suo, che in verità, lllumu sig. mio, vedo questi cittadini stare mal contenti, baveiido parlato sopra ciò ad longum questa inallinn cum el Mag.*** iMcolò Ridulfì et questa sera do poi cum el Mug. Bernardo del Nero, botiiini prestantissimi el delli primi dello Stato, li quali lar gamente se sono condoluti cum mi del modo che ha tenuto el Mag.** Piero in questo suo guherno, demostraiido che 'I tutto è passalo, non perchè ’l non li sia stato ricor tlaio alli tempi quello che lui harea ad fare per conscrvationc del Stato suo cum sa tisfactionc della città; ma per essere lui staio sempre pertinace a volere tirare alla \oUa del Re di Napoli, non havendo rispecto all' odio et mala dispositionc eh* et se generava, el meritamente, dallo Ili.* sig.' Duca de Milano, che non passava solum per la iiiciiiiatione che lui havea a favorire epso Re Alfonso, ma asireclo per siigeslione et persuasione hiclc da qualche altri de questi dello Stalo che tiravano a quel cam mino, et per compiacere a diclo Piero et per qualche altro rispccto che non sta bene a loro ( disseno cpsi ) ad publicarlo. Amaritudine et passione assai dimostravano bavere cum mi de questa cosa, cum dire che cpsi vedevano manifestamente non solum la ruiua de Piero et loro, ma etiaiii quella della città, quando che non siano subvcnuli a questo suo caso dalla clemcniia et bona gratin che cpsi sperano bavere dallo 111.“ sig. Duca de Milano, dimostrando conlldarc mollo in Sua Exc., che come è suo consueto, non liavcmto rispccto allo errore commesso contro quella, li rcceverà in (|uclla bona gratin et amore ebe se conviene alla tanta benevolentia et amicilia antiqua stata tra quella illuslriss. casa e la città sua; cum subiongere che epsi non credeno che *1 faza per Sua Exc. che ’i sia minato questo Stato, del quale se ne pò promettere el valersene per qualunque suo beneplacito come ha facto per el passalo, et mollo più bora, per bavere maggior obligo la città quando la sii soveuuta in questo caso. El ad ciò che la pralicha sii piò facile ad condurre al desiderato clTccto, cum inslanlia pregano V. E.XC. clic se voglia operare appresso lo ili." sig. Duca de Milano ad desponerio eh* el non vogti abbandonare questo Stato, anzi favorirlo a questi suoi urgenti bisogni.... Vedo questo populo prò malori parte baver concepulo qualche indegnatioiic contro e! Mng Piero: parlasi di S. Mag. con charicho el gravezza senza alchun rispeclo, che iiiditio meo panne segno molto cattivo per lui. Ogni homo scaricha la soma sopra lui; per il che dubito di qualche suo periculo, se la opera del sig. Duca de Milano non li subviene. Assai odio e iodignatione li ha concepulo questo suo essere ilo alla despernta a getlarse in braze del Re di Pranza et consignni-li le fortezze che luì lia facto senza licentia et participntione de alcun altro della ciuA, et qiiam peiiis esse per non pigliare la volta del sig. Duca de Milano in condurre In praticha dello ac cordo per suo mezzo, quale speravano che seria passalo con più honore et satisfntionc sua et delle brigate, che bora non se è facto. Et eh’ el sii el vero che qua cl popolo se stii io qualche suspeclo che ’l Mag. Piero babbi facto qualche cosa che sii a charico et gravezza della cittò per acconzare el facto suo, come ho diclo, quantunque domenica passata lo andasse a Pisa con quelli octo on x dclli primi cittadini de Fiorenza |>er honorarc la M.** Regia, non di meno, non se conOdando cl populo de cpsi per essere alcbuni delli dieli di quelli che hanno tenuto el Mag.^ Piero disposto et ben hedifìnato alla volta del Re di Napoli, el se è vinto et obtenulo questo giorno per cl Consiglio qua de eleggere cinque altri Ambassatorì alti quali se è daui libera potcslù el com missione de Imctare lutto quello che vogliono cum la M.'* del Re |)or honore et co modo de questa sua libertà, per la cui conservalionc sono contenti clic possino fare lotto quello che parerà el piacerà a dicli Oratori suoi noviier clecti, delli quali uno ne è frale llmBOMMo da Ferrara dclF ordine delli Angeli nosiri da Ferrara, cl quale ha tanto credito in questa città, che non sciò ebe maggiore se potesse dcsidei'are. Cum C|)so va Pier Capponi, Tana! de Ncrii cl dui altri cittadini et homini de bona extima tione nella città, la qual cosa non piacerà punto a questi dello Stato, dico alti princi pali, parendoli che questi Oratori non li possin dare se non cliaricho et gravezza. Pur io son uno de quelli che stimo che nariti che epsi iungano alla del Re, che quelli altri primi Oratori insieme cum el Mag.** Piero haveranno acconzo et asscUnto cl facto loro per tal forma, che pocho haveranno a dubitare de questa andata delli altri no vnmcntc elccti; el maxime perchè io ho veduto lettere de uno Gran Maestro che stava qua, come cl se persuade che le cose del Mag.** Piero siano assettale cum la M.** del Re di Pranza, haveudoii offerto de fare prestare a questa Signoria SCO mila ducali et che anche li serva delle gente d'arme pagate sino a guerra Unita: la qual promessa ( dclli dinari maximamente ) credo che sarà mollo difìcile da observnrsi, perche vedo tutti questi cittadini mal disposti ad volere slmrsare un denaio per questo conto, havendo pur parlalo cum molti de epsi, quali dicono che paiiriano nanti omni exterminio che servire il Re de denari quando li sinno promessi per el Mag.** Piero Per il che concludo, lllus. sig. mio, che polria essere che questa cosa faccia prciudiiio assai al conservare cl Mag.** Piero nel grado el bon stato che Io ha havuto per el passato nella città. Domaiina partono dicli cinque Ambassatorì che stimo troveranno la Maestà del He a Pisa, dove se li debba ritrovare venerdì proximo venturo. Qua sono venuti suoi forerì, che al modo nostro, come debbe sapere V. Exc., sono provcdiiori per cl trovare li alloggiamenti, li quali attendono cum ogni dilìgcniia ad provedere a questo bisogno. De novo non ho altro, se non che ho veduto lettere da Roma questa sira de’ ii del presente, ebe contengono la venuta a Roma del Rev."* Cardinale Aschanio chiamato 36 dal Papa. A Marino dove era prelibato Aschanio è ito per obsido el Card, de Monte Reale el Card, de Valenza che li staranno sino alla ritornata de dicio Card. Aschanio. Stimase che dicto Card.' cuna San Severino habbiiio a venire de certo a queste bande de Toscana per venire incontra al Christian. Re de Pranza, che è segno che 'I Papa, se non ha fatto el salto schiavonescho, lo fani de proximo ' Firenze, 8 novembre 1494. — llavcndo questa mattina inteso del ritorno a Fiorenza che liaverà ad fare el Mag." Piero, et essendo a ragionamento cum el Mag. Nicolò Ridolfì per intendere quello che havea operata dieta andata del Mag.** Piero alla Maestà del Re, el me disse che non ne liaveva per anchora potuto intendere nulla, et che a lui pareva che nullo bon cffeclo ne potesse succedere senza cl mezzo et boa opera dello III.* sig. Duca de Milano, parendogli che da $. Exc. dependa omni bene et riposo de questa Rcpublica et del Mag." Piero; concludendo che quando prenominato Mag. Piero non habbii facto el fondamento suo in prelibato sig. Duca de Milano, che ’l non |H). sperare che lì succeda elTcclo alcliuno, nè successo bono: et questo (disse, se era ab trìrnenti, non Io exprimessi ) perchè ’l se vedeva questo populo tutto sublevalo cl mal disposto, haveiidose pigliato delli parliti per la Signoria de bora et per alchuni altri cittadini, che non servono in proposito alchuno nè a benefitio del Mag. Piero nè delli altri dello Stato, volendo in effeclo operare et condurre pralicha, che questa città se reduca ad venire in libertà et non patire che le cose se conducano più et gubernino come se è facto por el passalo MI. Firenze» 12 nouemòre 1494. — Questa mattina son venuti a mi a casa molti cittadini de questa città ad farme inlondere, come questi Ex.'^ Signori desideravano de parlare cum mi per conferirme aleliunc loro occurcntic. Et cosi accompagnato da epsi me presen tai a Sue Signorie, le quali me fecerno intendere, come essendo occorso a questa Republica, per divina gratia et benefìtìo che hanno conseguito, de essere sublevati dalla tirannide el servitù in la quale sono stati soiTochaii sino a quest' bora per bavere cazzalo della terra quelli che tenevano in servitù dieta città, li è parso de comuni care cum mi questo loro contento el iubilatione, rallcgrandosc cum me de dicto suo felice successo, ad line clic io Io faza intendere a V. Exc., persuadeiidosc che quella per la benivolcniia et longa amicitia che è stala et è fra V. III. Sig.*‘* et epsa Repu blica, ne receverà non mancha consolationc che hnbbino facto epsi; oflerendose sem pre ad omni suo beneplacito parati, suhiungendo che quella ha a sperare poterse pro mettere più da epsa Republica che la non poteva da quello tiranno. Resposi a Sue Sig.'" cum quelle accomodale parole che mi parve havesserno a servire a questo pro posito, fazendolì intendere el desiderio che continue ha havulo quella che le cose de questa città passino con quello lionore el riposo che la vorria che facesseno le suo, cum dirgli che per questo eftecio la Exc. V. non havea mai mancato de fare tutte quelle opere bone che li sia stalo possibile, et che la ha conosciuto bavere a servire a questo proposito; et per coroboralione de questo li fece intendere quanto me havea scripto V. Exc. per una sua de' 4 del presente beri sira ricevuta (t), la quale non po (I) Kob bo potuto rìnTonirc la oilnuia di quella lellera del Duca, ebe forte tarà itala dìiltuiia quando 1 Medici lornaroDO a] potere Digìtized by Google 37 leva venire a tempo meglio a proposito et disposto che la fece, ha qual lettera tanto satisfece alle loro Signorie et a molti altri cittadini che se rilrovomo alla presenlia, che più non se potria desiderare Et io non maocbai extcodcrme quanto me fu possibile ad confirmarc loro Signorie ad stare securì et vivere consolati, perchè V. Exc. non li è per manchare de omni suo favore et ad exponere per loro bon fìnc et comodo la persona, el Stato, li figlioli et omni sua facoltà Firenze, i2 novembre U94. — La Exc. V. haverà inteso per 1’ altra mia de' ix (1) la partila del Mag. Piero, Cardinale et Juliano da Fiorenza per le cause che io gli signi' ficai. De novo non è successo altro, se non che lo è sostenuto in Palazzo della Si gnoria alchuni utfitiali che servivano alle cose occorrenti in dicto Palazzo, dalli quali se spera se habbia a cavare bona somma di denari per li mal modi et rubane che hanno facto nelli olDtii loro. Per la Sig.'" similitcr è stato levalo io oflhlo delli Ceto della Praticha, Octo de Balla, consigli del Cento et del Settanta, cuin alchuni altri oflìlii che havea trovati la bona memoria del Mag.** Lorenzo, facendose in effccto prò vigione resolutiva, che le cose de questa Republica se habbiano a rediirre al guberno et consuetudine antique, et che omni cosa se reduce a quello che ordinerà la Sig.~ cum XXXVI cittadini deputati ad questo. Questi cittadini che gubernavano el tutto al tempo de Piero, tutti sono stali deposti Domani se crede che farà la intrada la M.** del Re, quale ha soprasediito per polcrsc meglio mettere ad ordine per faro dieta intraia tanto pomposa et solcnissima quanto sia possibile a desiderare. Questa sira similiier è gionto qua el Canzcilcrc de Reggio con el pavaione che ha designato V. Exc. donare a questo Chris. Re. Provederasse tno ad farlo desieiidere in qualche loco adciocchè la M.‘* Sua el possa vedere bene (2). 93. Firenze, 14 novembre 1494. — El conte Ioanne della Mirandola, che se retrova in questa terra infermo già fanno xv giorni di febre et nitri accidenti, sta molto grave, in modo che beri sira fu despcrato da' medici, havcndolo trovato stare da circha i bore senza ritrovargli el polso Iddio lo agliuli che'l bisogna, chè invero scria gran danno che 'I mancliassc un homo della qualità che è dicto gentilhomo (3). 94. Firenze^ 24 novembre 1494. — lo stimava di potere per questa mia significare a V. E. la rcsolutione dello appuntamento per lo accordo pratichato tra el Chrisi. sig. Re et questi Excel). Signori, havendo inteso essere rimesse tutte le cause che dificultavano dicto apptiniamcnio: ma per quel che io intendo omni bora se mette a campo per la M.^ del Re parliti novi, clic sono de qualità come intenderà V. E., che rendono le cose più dilficili ad pigliare conclusione veruna. La conditionc delli Capitoli, per quel {iodio eh' io ne hnhbia potuto relraherc sino al presente, è che la M.** del Re, veduta (I) Anche la lettera qui eitata cninra nella Blia del carief^io Manfredi. (S) >ella CVonam matlentte di Iacopino LancilloUo edita da quella Depulatione di Storia patria a cura dei tocio aif. eav. Carlo Uorfbi ( Parma IMI, p. tS7 ) lefge^i ebe detto padlgUone panando il 91 ottobre N9I per Modeaa fu dbtcM> In CaMetio, « che era « io forma di una cara, con ula, camera ed altre dcnlroe della bellexta e della riccbciza non Mria oarrare. e quanti miara de ducbali el rena, non lo ao. a Indi aggiuogoi c Adi ditto veane novella romo li Fiorenliiu li r erano Mtllopoeii al He ( di Francia ) et ebe dbenperMno come li Veitiiiani il devano trabuto a dktU rUnenUni a ciò oUeniMccio la pugna contro la Maestà del Be che non paHaiae. • (9) Morì tl 17 dello iteifro mete di novembre, giorno dell' entrala dei Re di Francia in Fircnac. 38 la disposilione de tulio questo popolo cireba al caso del Mag.** Piero, é stala contenta che più el non se habbia a parlare del ritorno suo a Fiorenza, se ben la fama fiisse sparla che Sua Muesiù havea mandalo per epso, che fu causa de fare seguire gran scandolo nella città, come per altra mia signiilcai a V. E., che ancliora fu più peri coloso, |>er quel che poi ho iiiirso, che non li scripsi, allesso alle provigione et appa rali che erano faeti et nella cittò et per quello contado, per non comportare che diete Piero ritornassi a Fiorenza. El Palazzo de piazza dove habitano questi Sig.** fo mollo ben fornito de gente, viciuaric et artigliarle da defendere et olTendcre chi lo havesse voluta molestare oii perturbare. Se adunoriio da cireba 500 cittadini in dicto Palazzo, et unanimiler in consiglio dis|)oseno de volere tulli morire per conservare la libertà loro, abhnizzandose insieme, dandose la fede de perdere la vita, figlioli et roba, più presto che comportare de più essere dominati nè siibiugali da homo del mondo, nè die cl Mag. Piero ritorni a Fiorenza. Et cum questo fermo proposito et dcliberatione tutti uniti se ne aridornu alia del Re per fargli intendere lo animo loro: el quale, veduto el periculo euiinentc de gran perlurbaiione che se apparecchiava, et inteso forsi per el mezzo del mag. mesa. Galeazzo ( da Sanseverino ) la deliberalìonc presa per questi ciuadini, li niccolse cum bona eira, et feccgli gratissima risposta in modo che rimasino assai ben snlisfacii. Alia parte ddii denari che ha dimandalo Sua Maestà in presto a questa Signoria se era devenuto de dargli cento veniimila ducali a pagargli in tre termini, al presente 30iiiila, per tutto febraro iOmila, a San Zoanne de Zugno 30mila. Pisa cum cl contado suo, che se era reducto vivere in libertà, se restituiva alla hobedicntia de’ Fiorentini, come era prima, he fortezze autem de Pisa, Livorno, Pictrasanla et Serzana restavano in potere della M.^ del Re sino clic lo haverà fìnilo questa sua impresa, prometten doli poi de restituirgliele. Non intendo ben per anchora quello che sia determinalo de Serzana el Pictrasanla, essendo qua li quattro Oratori genoesi che fanno grande instan Uà cum cl Re che le dia a loro, come pare che ne habbino promessa da S. M.'* Hcrisira fui cum lo Iti. sig. Don Ferrando (d'Este) a visitare el Card. S. Pietro in Vinculo, cum el quale essendo in ragionamento de questi casi della città, dimostrò dispiacergli questi modi che se servano per la M.** del Re, parendogli che sicno de qualità che habbino o dare perlurbaiione et disturbo et a questa città el ad epsa H.'*, ultra che sono causa de tenere suspcso lo andare a fornire la impresa principiata del Reame, maxime ritrovandose le cose ben disposte a conseguire la vicloria. Dice Sua Sig.^ Rcv.** che non ha mancap) de ricordare a Sua .M.'* tutte le cose che li pare sicno necessarie a proseguire la impresa cum omni prestezza et pruntitudiiie, cum dire che da un canto el trova et lassa Sua N.** cum bona dis(>o9ÌLione de fare quanto el glie ricorda; ma partito da lui, per sugestione de qualche suo Darone, se mula et devene a trovare partiti de qualità che sono in lutto contrari a potere proseguire la impresa; in modo che molto grava a Sua Rev."* Sig." che le cose vadano tanto alla longa, et tanto più perchè Sua Sig.‘* ne fece vedere una lettera che In quel punto Io havea havuio dal sig.' Prcfccto suo fratello de’ xx del presente, per la quale el gli significava delli XXXXmila ducali che lo havea preso, che era el tributo che mandava cl Turco al Papa. Similiter li remetteva le instructione che havea dato el Papa ad un ."9 mo&s. Giorgio suo Commissario mandoto al Tnrcho; le quale ìnstruciione nllrainenie non ne fece vedere Sua Sig/'*: la lettera del sig. Prcfecto conteneva che erano de qualità^ che era stupenda cosa et pericolosa alla christianitade, sì come cpso nven relracio per lo examino et confessione che havea facto dicto Commissario del Papa, cl quale ha destenuio cl in potere suo. Dimostra per dicto scrivere che cl tenesse pratiche de vendere el fratello del Turcho, che è a Roma, al Gran Turebo, et recer cha lo agliulo et favore suo contro questo Chrìsiianiss. Re. El mandato autem del Tur cho die veiieva cum dicU denari se ne fuggì in Anehona. Scrive dicto Prcfecto che scrìa ben facto che la M.'* del He christ. mandasse suo homo a dieta Comunità de Anehona a dimandargli dicto homo del Turcho. Sua Sig.'‘* me disse, che cl stimava che come el Re intenderà quanto se contene in dieta instriictionc che el piglinrin partilo de accellerare T andata verso Roma, el che hoggi lo andaria a trovare Sua M.** per questo effeclo, siibiitngendo eliam Sua Sig." che el Papa lì ha mandato uno .M.** Gratiano suo confessore el scripioli un breve, pregandolo eh* el sia contento de scrivere et fare opera con el sig. Prcfecto suo fratello che li restituisca li ^Ornila ducati, et simililcr lo cxorla el prega a volere favorire le cose della Chiesa et de Sua Santità per quel modo che *1 pò sperare potergli valere, offerendogli la rclasalione de Hostia et molte altre cose eie. Sua Sig."* Rev.** disse havergli risposto che 1 confor taria de bona voglia el fratello a restituirgli li denari, et quanto sia per el favorire li cosi della Chiesa et de Sua Santità, che ’l non li poteva promettere cosa alchuna, per governarsc in questo caso secondo el volere el parere del chrìsiianiss.* sig. Re Firenzi, 27 novembre !i94. — Meri sira da circha le due bore de nocie, a laude de Dìo se coDcluseno li capitoli dello accordo praiichnto tra la M.'* del Christ. sig. Re et questi Ex.*‘ Sig.^ Questa mattina In la chiesa chattedrale, cantata una messa solenne, alla quale intervennero prclib. M.'* et Ex.*‘ Sig.‘ cum alchuiii altri cittadini, se piihli corno el forno relìncati da ambe le parte dicli capitoli, clic invero è stata una optìma et laudabile opera, essendo stale le cose de questa città in gran perìculo de patire danno et ruina per li mali modi che se sono tenuti per questi Franzosi, li quali sono stati de qualità clic epsi partiranno cum poca grafia et amore de questa città et dominio. Vero è che in demostrationc se è facto gran festa et allegrezza con sono dì campane, fochi |>cr la terra et altro, lo ho facto instaniia de bavere la copia de (lieti capitoli: in cfTeelo non è stato possibile per non essere aiicliora reducte in quella bona forma che debbeno, si come me ha facto intendere questa Signorìa, la quale havea ricerchata per dicto elTecio. Pur qualche pariicularc nc ho inteso, et maxime de molte imnuniià che lin facto la M.** del Re verso questa milione norcnlina, in volere che sieno exempti da ornili gravezza, et non siano mancho priviU>giaii che se fosseno pro prio nati in Franz»; promettendo de essere proteetore et conservatore della libertà et Stato de questi Sig.'S vi defensarli da qualunque lì volesse violentare et fare inìurìa, cum hoc, che epsi non possino fare liga nè confederatìone con nullo inimico de Sua el finaliler clic sieno obligatì ad bavere lo inimico per inimico et lo amico per amico de Sua Maestà; volendo che in ogni liga on confederatìone che hahbia a fare per lo innanzi epsi Fiorentini li siano compresi. Pisa cum el contado ritornerà alla ubedieniia de questi Sig." come è stata per lo adreto; del che Pisani ne stanno mal 40 contenii, cbe pur speravano potere vivere in libertà. Le fortezze de Livorno, Pietra santa eie. Sileno in potere de Sua M.^ sino che sarà fornita questa guerra, on sii al ritorno che epsa facesse in Pranza: alti quali tempi promette liberamente restituir gliele; che de questo anche nc rimangano mal satisfacti Genoesi, li quali desideravano bavere Serzaiia et Pietrasaiiia, siccome dicono glie ne era stata data inleolione. Dui Ambassatori de Sua M.** restano in questa terra, simpliciter ad fare lo offilio come nui altri Ambassatori, et non che habbino ad intervenire nelli loro consigli nè acii publici nè privali, come se recerchava che stasseno per Gubernalorì on LoeoienenU de Sua M.** Questa Sig/'* similiier promellc de mandare dui suoi cittadini ad stare in campo |)cr tutto el tempo che durerà la guerra ad accompagnare Sua Li 120mila ducali se li pagano per questa Signoria nelH tre termini che ho dicto a V. E. nella mia de’ xxtv del presente. Circa alli casi del Mag. Piero, per non bavere ben potuto intendere lo intero, non me extenderò ad scrìverne altrimenti Domane se dice che se ha a partire Sua et andare ad alloggiare ad un certo palazzo lontano dalla terra da circha un miglio, on poco più. Dicesc che sabato cl se voi ritrovare a Siena. Intendo che quelli Sig.*‘ Senesi hanno mandato suoi Ambassatori ad otTerirgli la città, H porti et ornili loro fortezze, forsi stimando che con queste larghe olTcrU* debbano essere meglio traclati che non sono stati Fiorentini, et che non siano gravati a prestargli li 30mila ducati che li ha dimandalo Sua M.^‘ Qua sono loro Ambassatori con li quali parlando questa sira sopra ciò, mi disscnio, che per niente non volevano pagargli un quallrino, allegando bavere dato tante vìciuaric all' armala de Sua et ad altre gente sue, che so» passate, senza pagamento alchuno, clic ascendono alla ga gliarda alla somma delli óOmila ducali eh* el glie dimanda. Credese però che e|>si anche oCferiscbano alla Sposa siccome hanno facto Lucchesi, Fiorentini el alchuni altri. ' V6. AVrenze, 29 noveinf/re 1494. — Meri dopoi desinare, Dio gratin, partì da Fiorenza cl chrìst. sig. Re et andò ad alloggiare fuora della terra lontano un miglio. Questo giorno è partilo de li, et ito lontano vn miglia ad certa dcvotioiic de una Nostra Donna, loco nominalo Saiiclu Maria liiiproneta. Domani se stima liabbia ad andare alla volta de Sena. «7. /-Vrenze, 10 dteemòre 1494. Questo giorno essendo ito a visitare questi signori Ambassatori di Pranza et domandatoli dove se ritrovava la del Re crliistianiss., me disseno che a quest* bora cl doveva essere giolito a Viterbo per adviso clic hanno da Aqua peodeote da Sua Maestà Queste genti fraiizcse che erano in Romagna et che pas sano per le terre de questa Exc. 5ìg.‘* continuano pure a fare gran damili el villanie per tutti li lochi dove capitano, lleri sera hebbeno lettere questi Sig.” da Cortona, come venendo certe some de seta da Napoli de questi mèrcadanli fiorentini el capi tando a Cortona, li sono stale lolle per Franzesi che passone per quelli lochi Intendo che questi Sig.” hanno scripio alli Rettori de Cortona et de Arezzo fazano ornai opera et instantia de rchavcrle de bona voglia, et ohe offeriscano a diete gente un bon bevcrazzo, cl se pure non gliele vogliono restituire d’ accordo, che fazano dare le campane a martello per tutte quelle terre et che gliele levano per forza, non havendo rispecto alchuno de tagliarli tulli a pezzi, quando non possino fare cum di mancho. Non so mo quel che succederà. 41 Questo nostro frate HiEnoxiyo Savonarola ha Unto credilo et gran concorso in questa cittè, che è una stupendissima cosa: ha facto di molle bone provigione per subvenire all! poverhomini di questa città et contado, che molti et inflniti ve ne sono. Ha trovalo cliroosine da questi Signori tra di dinari, grani et altre cose che ascen dono el valore de cinque on sei milia ducali. Lo è adoralo et riverito come sanclo; et invero le bone opere sue li fanno bavere questo bon credito in questa città UH, Firenze, 1!) dicembre 1494. — Questo nostro fra Jbroniso Savonarola beri fece una predica alla quale intervenne questa Exc. Sig.‘* et tutti li altri ofIUìi et magistrati de questa cituli, la quale in cfTeclo fu contenente el modo el la forma che se havea a pigliare in gubemare bene questa città, exorlando le brigale a pigliare la forma che tengono signori Venetiani nel suo vivere et guberno del suo Stato, volendo però che in qualche parte cl se habbia a rcsechare dieta forma de' Venetiani. Stimo, per quanto ho inteso, el se exeguirà per la maggior parte quanto ha rieordato dicto fra Jbronimo a questi Sig.'\ et non solo quanto a questa reforma, ma molle altre cose che lo ha dato il ricordato, havendo il bon credito che epso ha in questa città. — A questi di fu man bando delle confine dato al Mag.** Piero de" Medici delle 100 miglia lontano dalle confine de questo Stato. El se attende a fare lo inventario et descrìptione delli beni che se ritrovano de epso M.** Piero, se bene el se dica che per Franzesi el fusso tolto robe de casa sua de valuta da circha 50 mila ducati, et tutte robe de pretto et de exlima assai, tra le quale ve era un corno de Alicorno iongo da circha trea braza....* W. Firenze, 20 dicenìbre 1494. — Le cosede questa città circha al reformare el Stalo et guberno anchora non sono resoluic, per non essere ben d" accordo questi ciliadini et Signori, chè in vero fa stare tutto questo popolo sublevato: et maggior dcmoslratione se è facto hoggì, et meglio se è inteso le loro discordie che si sia facto per onchora. Dubitasi, non se pigliando forma resoluUva, questa nocie ( essendo stati tuli" lioggi li Signori ciim li magistrali et oflllìali restrccli insieme in Palazzo per questo cunio), che se divenirà a qualche grande el pericoloso disordine, essendomi stato referito come li cittadini et homini della terra attendono a fare gran provigione de arme in le loro case. El palazzo aimililer della Signoria questa sìra è ben fornito de homini et arme, come se axpectasscno el campo on li inimici. Le dilTerentie loro, per quanto ho potuto intendere, sono nel ponere le gravezze nella città, similiier nel punire on liberare in tutto quelli cittadini che erano a) guberno della città. Iddio li illumini a pigliar bon partito per riposo cl pace de questa Hepublica. El nostro fra IIieromuo se affaiicha ^quanto el pò con ricordi et opere amorevole per el desiderio che el tene che la città pigli bona forma in questo suo guberno: al quale è dato mollo credilo, ma non tanto quanto bisognarla universalfnenle da omni homo. Epso non tende se non al bene universale, cerchando la unione et pace, parendogli, come è el vero, che la città al tramente non possi vivere in tranquillità et riposo. Quel che mo seguirà circha ciò presto se ha a vedere, perchè la cosa non pò più star sospesa, essendo el popolo sublevalo et con Tarme in mano 30. Firenze, 21 dicembre 1494. — Le differentie che difiicultavano alquanto cl compo nere le cose de questa città circha allo assetto et forma del governo in tulio ( per quanto hoggi ho inteso ) sono levate, per essere accordate le brigate nel pooere le 0 gravezze a tolti li beni temporali ci spiriluali, domroodo habbino licentia dal Papa de imponcrle a' beni de' religiosi: similiter nel dare li ofDlii et nel perdonare alli cit tadini che erano benivolì alla casa de' Medici, cum hoc tamen che se nullo se trova che liabbia tolto roba del Comune sia astrecto a restituirla: quali cose tutte possono jper opera et ricordo del nostro frale Jebonimo. Credo che per la maggior parte se guberoerà questa città secondo li ordini de' Venctiani, et ogni homo se ne starà pri vatamente et eguale con gli altri cittadini 31. Firenze, 23 dicembre 1494. — Per la mia de xxi la Ex. V. Laverà inteso come el se era messo ben ordine allo assetto del guberoo de questa città; el perchè el tutto se bavea a confermare et aprobarc per el Consiglio del populo et Comune, gli notifico ora per questa come beri et hoggi forno convocati et adunali dici! Consigli, nelli quali fu pro posto li anlcdicti parlili et ballolloni li quali tulli passoruo .senza contradiclione, cum lauta unione et aprobalione universale de quelli che vi erano, che fu una deinostra tionc et segno evidentissimo della bona iniclligenlia et unione che bora se trova in questa città. Vero è che per alchuiii del populo se è facla qualche mala impressione eontra Francesco Valori, Pier Capponi, Mess. Guidantonio Vespucci et Rrazo Martelli, li quali, per quanto me è riferito, havevano facto certa pratìcha insieme de veiidicarsc qualche priorità el maioranza in la città, la quale forsi è stata causa de fare andare questa praiicba alquanto retcnuta et suspesa al concludersi: il che inteso per alcbuni altri, li fu monsiraio il viso et factoli intendere cum dextro modo che attendessiuo ad altro, cum sit che '1 disegno suo non li era per reuscirc, perchè al tutto cl se era concluso che omni homo stacsse eguale, et che le cose della città passassino cum unione a benefiiio universale del populo et del Stato: in modo che dopo! li dicli sono venuti insieme cum li altri ad consentire alla forma del gubertio novamenie preso, in modo che possine restare senza nota et cbnrico. Oedo perù die li ^xiriamenii sui saranno tali, conoscendoli prudenti et savi, che se accomoduraniio al vivere popuiarc, come ne pare che sia necessario a questo tempo 33. Firenze, 28 dicembre 1494. — El Mag. Piero pur anchora se trova cum cl Card, suo fratello a Città de Castello. Intendo che questi Sig.” hanno mandalo Commissani et faiilaria a quelle terre loro che sono a quelle confine. Dubito che non se levando Piero di là porta pcriculo de capitare male, perchè se li ordinarli una taglia de qualità clic non scio come se potrà salvare che 1 non sia morto 33. Firenze, 31 dicembre 1494. — Lo Ambassatorc francese che andò a Pisa a questi giorni per disponerc Pisani che rilornassino alla obedieniia de" Fioreniioi, se è parlilo di là senza alcliuna conclusione per bavere trovato la materia indisposta, el Pisani in tutto alieni de volere venire a compositione on accorda alchuno, volendo conser varsi in libertà; che invero fa stare questo populo de mala voglia 34. Firenze, 14 gennaio 1493. — • Li advisi che hanno haviito questi Sig.^ dalli Oratori suoi che sono a Uoma, per lettere de' xi del presente, contengono la prniicha dello accorilo tra cl Papa et el Re christ mnnegiarse cl strengerse alla gagliarda; et pare che '1 se sia dcvenulo a qualche apponlamcnio circlia alle dimande che faceva la M.^ del prelibalo chrisi. sig. Re al Papa, che è: che Castel $. Angelo resti in potere del Pontefice liberamente, cl che a Sua M.'* sia concesso et dato la terra et fortezza Digilized by Google de Civitavecchia et la Roecha de Spoleti« et passo libero et victuarie alle genti del Re per tutto el dominio della Chiesa. Itcm, che '1 sia messo el fraiel del Ttircho presso a persone non suspecle, le quale per anchora non sono denominate, hae lege et con ditione, che faccndose per el chrìst. sig. Re la impresa eonira el Turche, eh* el sia liberamente restituito et dato in potere de Sua M.** El Papa ctiam è contento de in vestire prefata Regia M.** del Reame de Napoli; similiter acconsente de dargli et man dare cum Sua M.'* el Rev.** Card.* de Valenza suo fìgliolo con auctoritò et titolo de legalo apostolico, si come fu recerchato. Come ho dicto, la praticha non è per anchora resoluta nè conclusa, se ben el se siii io speranza che la liabbia a sortire bon c(Tecto..«. El se intende similiter che per li desordini che luthora sorgevano in Roma con pericolo grande che la terra non facesse novità, la M.'^ del christ. sig. Re havea facto mandare bendi et cridc gagliarde et mollo aspere per obviarc alli pericoli che facilmente po leano sorgere; in modo che essendosi per alcliuno dclli suoi contrafacto a dicti bandi, Sua ad terrorein aliorum ne ba facto impiccare publicc da circha xxv do. Stefano Casliglionì oratore milanese m Firenze, a Lodovico il Moro Duca di Milano. 35. Fh'enze, !2i gennaio 1495. — Frate Domenico Ronzone è qua, et predica, el è de con traria opinione de frale lltEROMYMO D\ Ferrara circha lo assetto de questa Republiea, et maxime che frale Hieroxymo vorria che se levassi la aiitoritalc delle 6 fave, cioè alla Signoria, et frate Domenico è de contraria opinione: et così avanti la Signoria et molti altri cittadini epsi Frali son stati in disputaiione de questo. Ilo facto instantia al diete frate Domenico Ronzone, eh’ el se voglia expedire et ordinare per forma eh’ el possa venire questa quadragesima ad predicare presso la Celsitudine Vostra. .Non sciò corno farà. Lui voleniiem restarla qua, allegando dui rcspecii: R uno per recuperare la fama et honore suo per la deientionc che li fu facla ad Sarezana alli di passali; V altro per non mancharc ad questa Republiea nel principio de questa sua reformationc Manfredo de’ Manfredi al Duca di Ferrara. 30» Firenze, 2 fibrato 1495. — Havendomi in quest’ bora 5.* di nocic facto vedere Jacopo de’ Neri! amico et affectionaiiss.” a V. E. una lettera del primo del presente che scrive Nicolò Martelli che se trova a Roma, el me è parso dare a quella adviso de quanto se contcne in dieta lettera, che è la partita del christ. s/ Re da Roma con tante demostratione de amore che glie fece el Papa, che da ogni homo fu iudicato gran cosa; el come se ne menò el Turcho { 2izim ) et el Card. Valenza seco. Suc cessive, come sino adì xxi del passato cl Re Alfonso in Napoli nel vescovato, congre gatovi tutto el popolo, renonzò la corona al fìgliolo con molle bone et accomodale parole, et li presente el populo se inginocchiò et basolli la mano, dopoi cavalcbò per la terra dretoli: et, observate tutte le cerimonie regale, dopoi se partì cl Re Alfonso cum uno frale che è dell’ Ordine de Monte Olivclo, de casa notabile, con dui altri in compagnia; et dicese se ne ha portato bona parte del tesoro, et ito verso Ispagnea. Molte et varie interpretatione se dà a tale atto. Et dicese de uno parenlato di Spagna et di Borgogna, et dato et tolto. Alcuni dicono che dicto Re Alfonso è venuto a Ter u racina, et che V Aquila se è ritomaUi al novo Re de Napoli et partitasi dalla devo tìone de Franzosi. Sobiongese in dieta lettera, che appena questa nova se è finita de dire, che beri noclc comparse a Roma cl Card.* Valenza ad bore 3 di nocte, fuggitosi dal Re de Franza, et ad bore octo la medesima nocte cl sig. Carlo Orsino andò armata mano a casa del s.' Jubba ebe novnmcnic havea comparato dal Re de Franza certe Ca stella che forno de quelle che comparò el s.* Virginio lOrsino) dal s.' Francescbeito (Cibo), clic diceva dicio sig. Jubba appartenersc a lui. Pare ebe dicto s.* Curio bavesse preso diclo Jubba cum gli figlioli et menatolo fora de Roma, et sacbeggiatoli la casa: nè pare ebe per N. $. se ne fuecsse segno alchuno de un tal insulto in una città a questo modo. Scrive lo amicho che questo acto fa pensare alle brigale, con la gionla della fuga vie Valenza, qualche novo misterio; con dire che anche el se aspectava a Roma el s/ Paulo Orsino con gente et qualche altro conduclore per la guardia de Roma: et a questo modo, dice epso, bora in facli et bora in suspictione, Roma noti se pò posare, et che dubita poi alla fine quella città non babbi un bori grattacapo 39. Firenze, 6 febbraio 1493. — La nova della partita del Re Alfonso da Na|K>li per con tinuati advisi pur se vcrifìca, facto prima la renonza della corona al figliolo, come ad plenum nc advisui V. E. fier altra mia. Vero è che per fortuna del tempo nella partita fo trasportato a Gaieia, dopoi facto vela cum le quattro galee, prese la volta de Cicilia per andare in Spagna. Ha portato cum secho tra robe et zoglie per valuta de 70mila ducali. £l Re novo ha relassato tutti li Baroni imprigionati, et restituitoli el Stato loro, facendo inoltre immunità et cxenptionc alli populi suoi. Ha simililcr dato denari alle sue gente d' arme et molte fanterìe ebe *1 se ritrova liavcre al presente, aiicii dendo ad fame quante cl nc pò bavere: per el clic se iudica che '1 Re de Franza trovarà resistenza el contrasto de qualità, che ’l bisogoarù andar adasio Quel D. Bartolomeo Jubba che fu preso in Roma da Carlo Orsino, el quale in seme cum Piero de' Medici fu cavato de casa etc., è stato relussato. Non se intende anebora quello che babbi ad essere delle terre che li dette el cUrìsi. sig. Re, de cui commissione fu liberalo detto Jubba Lo ili.* sig. Duca de Milano ha mandalo in questa terra un suo zoielere nominato Caradosso perchè el veda ( secondo che me è referilo ) le qualità et quantità delle zoglie che se trovano del Mag.** Piero. Jeronimo Martelli, al quale bo facto intendere quanto me scrive V. E. cireba alla resolutione facta de non volere de le robbe el zoglie de diclo Mag.** Piero, se non le medaglie d' oro el d' argento eie., me dice che le medaglie d' argento possono essere da cireba 4mila, quelle antem de oro sono da circha 400, che sono de prclio de duo mila ducati. Credo che M serà el meglio, volendo V. E. cosa alcbuna, che la mandasse on Jeronimo Ziliolo on qualche altro ebe habbia cogniiione de tal cosa, perchè la serà informata ad plenum de tutto quello che vi è 9H, Firenze, 14 febbraio 1495. — Lo è venuto un messo a me del Vescovo de' Pazzi con una lettera de' xi del presente da Roma, che li scrive un suo fratello, el tenore della quale è inter alia: Come Hons. di Bressa, venuto a Roma come sa V. E., bavea facto grande instaotii con li Oratori spagnoli, che sono stati rimandati dal Re chrisL mollo mal satisfacli eie., ebe epsi se volessino trovare inscme con lui alla presentia del Papa adcioccbè epsi intendano da Sua S.** che la non è dcvenuia ad accordo alebuno ctim el Re cbris. se non per bona voglia ei non per forta nè per paura de minazzc, come se è diclo. Pare che li dieli Oratori non se li siano voluto trovare; siÌDiase per commissione oii persuasione del Papa. La qual cosa iudieando Mona, di Bressa essere cosi, havendo conosciuto el tracio, ba mostralo non la estimare; maisl beo ha facto querela assai della parlila del Card, de Valenza, dimostrando che ’l Re Ile fazì gran caso et inslantin de volerlo: et che quando non lo possi bavere, dimanda Sua N.** al Papa che li dia una altra terra con la fortezza ultra quelle che è obligato a dargli per capitoli, quale vole per sua sccurezza in schambio del Card, fuggito; protestandoli che non lo facendo, pigliato che baverà Sua Maesiè qualche terra forte del Reame de Napoli dove possi far pede et stare sccuro, che '1 verrà ad fare et adimpicre tutto quello che epso huvea designalo de fare quando lo intrò in Roma contro Sua Beatitudine: della qual cosa cl Papa ne sta mollo suspcso, et se ragionava che epso volea andare a Perugia, et che per questo cfTeclo Perugini baveano mandato a Sua S.‘* mess. Buglione. Scrive eliam che pure el sig. Paulo Orsino facca fanti, et che el Card. Orsino con li altri della parte guelfa persuadevano cl Papa ad andare on a Perugia ossia ad Orvieto El Papa pare che habbia richiesto Nons.' di Bressa con un certo dentro modo, cb" el faza iustaniia che 'I sia dato cl Cappello al gubematore de Spoleli ( che credo sia V altro suo figliolo ), parendogli che ricerchando questa cosa in nome del Re cbhst. la gli babbi a reuscire scnaa alcbun cbarico et con poeba diflicultà: il che non ba voluto fare dicto Mons. di Bressa Piero de" Medici anche se trova a Brezzano, benché el se sia dicto che "1 sia venuto a Siena El dicto Piero non ha per anebora bavuto nulla delle cose che U forno tolte di casa alla venuta del Re a Fiorenza Non se meravigli V. E. se io non li scrivo particulare alcliuno della praiicha che se maneggia tra el Card. San Malò et questi cittadini, perchè invero la se conduce tanto secreta quanto se possa dire u pensare; el stimo che nulla se intenderà se non concluso che sia el tutto. El nome de quelli vi cittadini che hanno dieta jM^ticha con el Card, sono: Mess. Guido Ani. Vespuzzo, Francesco Valori, Tanai de’ Nerli, Guglielmo de’ Pazzi, Paolo Antonio Soderino, Lorenzo de Pier Francesco de' Medici. Sto. Firenze, 16 febbraio 1495. — Essendo ito questo giorno a visitare el presidente del Del Gnato, che è uno delli dui Oratori del cbris. sig. Re qui residente, essendo V altro partito per andare a Milano, devenissimo a longo ragionamento inseme sopra la im presa del Reame de’ Napoli, et maxime circha el facto del Re di Spagna per el pro testo che se dice che epso ha facto fare al Re cbris. per li suoi Oratori, et del modo che se serve per el Papa io favore de epso Re de Spagna: le quali cose sono de qualità, secondo che me concluse dicto Oratore, che daranno materia al prefalo Re ebrist. de fare praUcha con qualche Cardinale, come già se fece, de chiamare Sna Santità a Coneifi'o, dicendomi che el credeva che non passariano molti giorni che ’I se ordinaria dialo Concilio, et de farlo a Ferrara, dove pare che se debba fare per Omni rispecto. Et a questo gli è molto inclinata prefau Regia M.^ — Mons. Card.* de San Piero ad Viocuia è mandato a questo effccto a Grotlaferrala, adcioccbè più como damente el possa fare dieta praiicha con li altri Cardinali, secondo che dice dicto Oratore. Il quale dimostra non exiimare molto questo pratiche che se dice volere fare 46 el Re de Spagna c tìculare de accordo per cl Re Ferrante et per epso Don Federico, ofTcrendogU de dare stato honorevole et bono in Pranza quando che M voglia rcnonzarc a Sua M.** le ra gione che ’l pretende de bavere in diete Reame de Napoli, et anche prestargli favore ad conquistare qualche stalo in Italia. Et sopra questo me disse lo amico, che non 10 facessi auctore, perchè pochi erano quelli che havessino inteso questa offerta de llalia,.... La M.** del Re ha sgravato quel populo et Reame de Napoli de colte et gravezze che pagavano prima per 250mila ducati, per il che è molto amato, imo adorato tb* dicti populi 49. Firenze^ 17 marzo 1495. ^ ..... El Re Ferrante non ha voluto accepiare cl partito che 11 liavca proposto el Re di Franza de dargli stato in Pranza de intrnia de 50mila ducati et bona condictionc et soldo ctc., et cl sig. Don Federico non ha anche epso voluto acceptarc partilo alchuno da prelibata Regia rcsolvendose che'l voleva stare alla fortuna, on bona on rea che fusso, del nepote. Castel deir Ovo se bombarda tutthora da quella parte che se li pò trarre: siimasc che presto anche epso se arrenderà Piero de' Medici alli xi de questo gionse a Napoli, andatoli su un brigantino con un Cancellieri del sig. Virginio Orsino) et con certi delti suoi; non se intende a quale effecto 48* Firenze^ 25 marzo 1495. — In questa terra vi predica fra Jerondio Savonarola nostro ferrarese et fra Domenico da Ponzo (1) dell’ordine della obscrvaniia di S. Fran cesco, tutti dui valcnthomini che hanno gran concorso de populo: ti quali, per essere nato fra epsi qualche invidia (che nasce, juditio multorum. da ambilione ), se deirahcno et mordeno spesso nel loro predicare, secondo che me è referito da chi ode V uno et r altro. Fra Jkronixo, per bavere tirato la posta delle vi fave et della pace ctc., ha gran credilo nella città: quell' altro, che dissuadeva cl levare la auctorìtà alla Signoria, ha concorso assai anche lui. Dubito che scrà ncoessarìo a provvedere che uno de epsi lasse cl predicare, quando veglino continuare in toccare el facto del Stato et del giiberno della città. (I) V. docuiTi, 35 49 40» Firenztt 7 afwiU 1495. ~ Questo Rev.'* Vescovo de^ Pazzi, hcrisira me fece vedere una lettera de* 4 del presente da Roma, che conteneva come già era giunto a Roma da circha 30U cavalli del Re di Franse, che erano la maggior parte falconcri suoi, et che di man in mane giongevano altre genie, ei che el Papa, più bora che mai, era in proposito de levarse de Roma et andare a Padoa jftO. Firenze, 13 aprile 1495. — La N.** del Re ha electo Mons. de Miolans per mandarlo a Venelin, similiter Mons. de la Tramoglia per Milano, et si ragiona che con epso veniva el Conte de Cayazzo, et che li Venetiani hanno de novo replicato a sua chris. M.** come la Lign pratichota era conclusa, non per altro eflecio, se non per defensione et obstarc a qualunque volesse offendere nullo delli potentati compresi in dieta Liga Il Dura di Ferrara al Manfredi. Al. Ferrara, \Z maggio 1495.— I Iiiiendemo pure che quello ven.* frate Hii-ro.nymo tu la Savo.narola cittadino nostro ferrarese, quale se ritrova lie a Fiorenza, ha dicto cose assai publicamcnte et tuttavia ne dice in le prcdicationc sur. le quale cose sono per tinente alle presenti occurcnlic de Italia, et pare che minacci li Signori de Italia. Et perché, come sapeti, io è persona virtuosa et bon religioso, desideraressìmo grande mente de intendere quello che lo ha dicto et dice, et le pariicularìlà che *1 toceba: voicmo che siati cum lui et che da parie nostra il pregati che 1 vi voglia dire qual * che cosa sopra queste occureutic el quello il crede habbia a succedere, et maxime sopra delle cose nostre: et de quanto intcndcrcti ce ne dareti avviso cum diligcntia. Et rendemose certi clic voluntieri il satisfarà a questa nostra rcchiesia per amor nostro et per la boutade sua, et eliam per respecto de la patria, la quale pur H debbe es sere a cuore: et il lutto ne sarà gratissimo. Post scripta. Olirà il scrivere vi facemo per la tetterà, ve diccmo che vogliali vedere de inlendere el cum diligcntia quello che 'I p.^ frate Hiero.nysio predice, et le minacce che 1 fa, et quello il crede delle cose nostre, el cxhortarlo che 'I voglia pregare Nostro Signore Dio per nui et per questi nostri populi, acciò che sua divina MaiesUi habhta misericordia alli nostri errori, perchè s|)cremo assai in le sue sanclc oroUone; et ad epso ne ofTerireti per ogni suo beneplacito. A9. Firenze, li maggio 1495. — U Manfredi al Duca di Ferrara. El mag. Iacopo Pondolfìno mi ha mostrato una lettera da Roma de' XI de! presente, la quale in effccto contene: Come essendo venuto un Ora tore del Re di Pranza alla S.** de N. S. a dimandargli per commissione de Sua M.** el passo et victiiarìe per Roma et la investitura del Reame de Napoli, et inteso Sua Beat.* la cxpositionc, se remesse ad fargli risposta al giorno seguente: et così facto Concistorio, fece introdurre dicto Oratore in Collegio, quale facta la expositìone. li fu risposto: Che quanto era per la investitura el dovesse dare in scrìptis la domanda sua, la quale consultata, eodem modo se li responderia in scrìptis, secondo che compor tasse la ragione et iusiilia, essendo la maleria della ìmportanlia che la è. Alla parte del passare per Roma, apertamente li fu risposto, che per niente el non parca nè al pupillo di Roma nè al Collegio che a Sua M.'* se concedesse el passare per Roma, et 7 50 questo per fuggire li perìculi et molli desordeni che potriano seguire iolraodo Sua M." in Roma; resolvendosì che quando quella voglia passare per allrì lochi et terre de S.** Chiesa, che volentieri el se gli darà cl passo et provederasse de viciuarie per cl bisogno de Sua M.'* Non dubito punto, per quel che io sento da questi principali cittadini, che se vedessioo con qualche avantaggio de essere assicurali a Roma; dico quando se fusse fucto provigione de qualità che se potesse fare rcsistcntia cl obviarc alla M.'* del Re; che mo se seria facto demostraiione, che Fiorentini fusseno boni ilaiiani %3. Firenze» IG maggio 1495. Alti x del presente partì da Na|)olÌ el Rcv.”* Cardinale di San Dionisio et Mon.' de Bressa, mandali alla Santità di N. S. dal christ. sig. Re )ter Oratori. El Rcv. Card. San Piero ad Vincula parti inscme con li antedicti per andare a Grotta Ferrala. Alli xiv dovea partire Sua M.** per venirsene pure alla volta di Roma con inienlione de inlrarvi, persuadendosi che la andata de diclo Card.* el Mons. de Bressa babbi ad operare questo cffcclo. Quel che mo succederà, presto se dovcrà intendere. La M.'* del Re novamentc ha cunducto al soldo suo Camillo Vitelli con ti altri dui fratelli, con sti|>cndio di XXKinila ducati, el bagli dato stato che li frucla Illmila ducali. ludicasc che Sua se habbia a valere tanto de' dìcti Vilelli quanto de altri italiani che la habbia al soldo suo. Questi nostri signori et potentati de Italia non pare che se riscntiiio de queste cose, volendole gubernare con pratiche cl rcpulalione; et non se avvedono che li temporali presemi rcccrchano altro che parole, come alla fine se ne avvederanno meglio. Piero de' Medici parti anche lui da .Napoli inscme con Mons. de Brc.ssa per venirsene a Roma Lo Oratore francese qui residente hoggi è ilo a Mootepulzano con lettere della M.** del Re ad quelli homini et con bona et gagliarda ooroessione che epso ha da pre fato sig. Re de protestare a' Moniepulzanesi cUe debbano ritornare alla obedieolia de' Fiorentini: il che non facendo Sua M.** intendeva de pigliare partito che per ogni modo li ritornino, dimostrando che a questo è obligaio per la confederalione che quella ha con questi Signori de Fiorenza. Se li eCTecti mo corresponderanno alle bone parole, Sua M.'* assai acquisterà con questo popolo, el quale sin qui pocho se ne pò laudare. Li dicti de Montepulzano luni proximo passato preseno alcuni fanti fiorentini con certi balestrieri che erano ili ad fare carne presso alla terra; delli quali fanti selle, presi che fumo et conducli in Montepulzano, li fecerno impiccare et per più vituperio voi serno. che un fiorentino che era in quel loco fosso cl manigoldo ad impiccarli. Alcuni de dieti fanti che erano fuggiti sul terreno de’ Senesi, stimando de essere salvi, forno presi et dati nelle mane a Montcpulzancsi. Per anchora non se ó inteso quel che sia successo de loro. I Iferisira fumo facli per il Consiglio grande li X de libertà: la qual elcctione, facta de homini che pocho ne cognosco io, essendo gente nova lutti che hanno pocha expe irieniia de Stato per non se essere travagliali per el passato se non io lor trafichi el iiiercaniic, lasso mo pensare a V. E. se le cose de questo Stato saranno ben guber nate a questi tempi maximameote: et così a pocho a pocho el populo sarà quello che farà tutte le cose occoiTcnii nella città, et li cittadini che erano usilati ad attendere a simili pratiche et cxcrcilii seranno necessitati a levarsi dalle imprese, non potendo 51 millo de €|isi obtenere in quello Consiglio de popolo nè ofRlio nè bcncfilìo: che Dio voglia che la cosa passi bene a questo modo, vedendo de molli animi gonfiati, ti quali con diOicuità suporlano tal cosa. Et se non fusscno asirecli per propria neces sità, per el pertcìilo et scandalo che vedono eminente quando se volessino rescniire a questo tempo, stimo che in breve seguirla qualche gran desordine. Firenze, 18 nmgrjio 1195. ( ..... El Re chrisL alti xii de questo cavalchò per Napoli andando alti seggi con le cerimonie che sono consuete fare lì Regi quando lianno con quistato il Reame. Alti .xviii havea deliberato omnino partirsi da Napoli con intenlione. pur di venire alla volta de Roma. Delli successi de Roma non ho che scrivere altro a V. E., se non che el Papa sta in dubio de partirse o restare, per non se vedere sectiro per le poche provigionc et debili che vi sono faclc per la liga. Alti xiv de questo gionsero a Roma San Dionisio et Mons. de Bressa: Sua Santità perù in parole se fa mollo gagliarda. Sabato di nocte fumo presi (in Firenze) dui cittadini de assai bona casa de quelli deir Amelia; dicese per nlchune parole che haveano osato dire, che erano de volere mutare questo gubemo che bora regge: uno dclli quali toccliò de molla fune, 1* altro per essere prete fo riguardalo. ~ El Signore de Piombino tandem è conduclo con Sanesi con soldo de 130 homini d’arme et stipendio de Wlllmila ducali de carlini. Ilo etiam inteso de bon loco come questa Sig.'^ è in praticha de recondurre el Mag.*” nipss. IlannibaI Benlivoglio Firenze, i8 maggio 1495. — Meri io fui ad longum cum el venerabile fra IIieronimo S.wo .VAROLA, facendoli intendere el desiderio che ha la vostra de intendere parliciilar menle quelle cose che lui ha predicato et continue predica publicamenle circhi alle occurentìe che sono al presente in Italia, secondo che quella me comanda per la sua de' XIII de questo, pregandolo in nome de quella che 'I voglia fargli intendere qualche cosa sopra queste occurcnlic, et quel che M crede habbia a succedere, et maxime sopra le coso de V. E\.*‘* Inteso che hebbe el lutto, sua Paternità el me rispose, « che de queste « cose el non era conveniente respondere cosi absolute, risolvendosc chcM farla un poebo « de penseri circha ad ciò, facendone oratione a nostro $.' Iddio che lo illuminasse a « poter fare intendere alla Ex.“* vostra quelle cose che habbino ad essere a salute del « r anima de quella et conservatione del Stato suo cum salisfaclionc deili siibdili: et « che facto questo, epso de sua ninno Io signilìcarà a la Ex.*^ vostra, essendo debitore < de ricordare amorevolmente quelle cose che possioo portare lo antediclo eITccio, sì c per la servitù et amore clie’l porla a V. Ex.*^* si etiam respeetu patria: alla quale è < obligato jiirc natura:: persuadendose, mediante la gratia de Iddìo, de fare intendere a « V. Ex.'^ cose che li piaceranno et sahsfaranno universalmente alli populi suoi, sapendo « maxime quanto quella è devota el de sancia vita, et assae più che nullo altro Signore « de Italia. » Ad altro particiilarc il non se volse extcndcrc circha a questo, rcmcttcndosc a quel che ’l scrivcria a vostra Ex.*^ Devenessimo poi a qualche pariicularc delle cose de questa città, havendo la manina facto una predica consolatoria a questo popolo el quale li lia tanta reverentìa el tanto li creile che non scio se a Hyeremia on altro profeta che resuscitasse novameiUc se potesse dimostrare de dargli maggior feste: al quale popiilo ha dato ferma speranza che le cose de questa città haveran bon successo, I se ben qualche caso sinistro li habbia ad venire in tempore. Tenelo disposto, a quel che se dice, alla volta de Pranza, dimostrandogli che questo Re chrisiianissimo omnioo habbia a reformare la Chiesa et essere victoriosissioio in questa sua impresa, attestando per molli modi che omnino el sarà cum elTecto quanto el promette a questo populo. Et quel che U dice del Re di Pranza se li presta fede, per essere successo sino a questa bora molle altre cose che havea prcdiclo in questa terra. Credo che questa septimana cl scriverà alla Ex.*'* vostra, el io lo terrò cxhortalo ad farlo. Lo è homo de sancia vita ognimodo, per el che se inchinano le brigale ad credere ciò che 'I dice. Fireiue, 21 maggio 1495. — Hcri sira hebberno adviso questi Signori X de libertà da uno loro cittadino ebe habiia io Lucca, come lunedi ad bore xxi se perse Librafracta, essendosi arresi quelli che la tenevano per Fiorentini asirecli da ncccssitade, poiché non lì era facto provigìoiic de succorso, dandosi a quelli fanti frnnzosi el guasconi mandati per el Re de Pranza a questi giorni a Pisa salvo le persone: ma nulla vi ò stato observaio, però che inirati che forno dìcti Francesi in la fortez/à li fecerno tutti prigioni et maxime el Castellano..... Hanno messo fora le bnndere del chris. sig. Re. Scrive el diete da I^icca che el stimava, consumate che fusscro le victuaric che erano in dieta fortezza per li Pranzosi, che poi la darinno in potere de' Pisani, el dubitava che andariano a fare prova de guadagnare in altro loco de' Fiorentini. Questa cosa ha dato altcratioue assae a questo populo per el dubio che hanno de peggio, vedendo che per anchora d non sia venuto risposta delle lettere die spazzorno per siafecta alli Oratori loro a Napoli. Io dubito che se 'I non fusse li conforti che prendono questi cittadini delle prediche de fra Hieroxivo, che come despcrati soriano mo dcvcnuii ad pigliare qualche,partilo de qualiUi che potria dare da pensare a qualche brigala, quan tunque d fusse pericoloso. Invero, a parlare per d dovere, questi son pure acti et dcmoslraiione da fare risentire le brigaU\ Intendo da uno de questi X che la andata dello Oratore francese a Moniepiilzano et a Sena è stata senza alchuno boa effecto. Expcctasc questa sira che ’l ritorni a Fiorenza. Questa Signoria ha elecio x cittadini per honorare la II.'* del Re a questa sua venuta a Fiorenza, et ad provedere alle victuarie et cose necessarie adciocchè disor ilìne non segua. Ha similiicr mandalo ad fare la descrìpiione de tulle le arme da of fendere el defendere che sono in Fiorenza. Stimasc, per quel che ho potuto imendere, che a quest' bora el se ritrovi in la città più che \intimila corazzine et altre sorte de arme, che ad un tracio se compariria armali de circha XXXmila persone, tanta c stata la diligenlia et provigioue bona che se è facta in far condurre arme de ogni sorte dentro della terra. Ogni nocte sono deputati ducenlo homìiii della terra clic vanno per guardia delta città; et questo se fa, per quel che io intendo, per qualche siispccto che se ha dopo! che forno presi quelli dui cittadini dell’ Aniella sabato sira, come per altra mia significai a V. E..... Iddio proveda al bisogno de questa città, come ne pare necessario. El non se nianclia de far fare ognidì oralione a questi de voti monasierii in pregare N. S. Dio che soccorra a questo populo el quale se trova in gran perlurbalioue el Iravugliu Questa sira el se è obienuto nel Consiglio grande che se è facto de mettere un novo balzello alli cittadini de Fiorenza de 50mila ducati. A questi di se ne pose un Digiiized by Google 55 altro pur de lOOmila ducati per li bisogni occurreoU alla città. Sino a quest' bora non se lia lettere da Napoli nè adviso alchuoo della partita del Re clirìsu da Napoli Firenze., ‘it maggio U95. Questo giorno io sono stato a visitare questo Mag.” Oratore francese quale è ritornato da Monlepulzaoo mandato per la del Re christ. a Gne che 'I confortasse quelli homini ad ritornare alla obedientla et guberno de questa Si gnorìa etc. £1 diete Oratore me disse che ha trovato quelli homini mal dis|H)sti ad fare lo antcdicto cITecto, alligando cpsi molte cause che sono stati necessitati ad levarsi da questa obedientla, et potissime inter ceetera essendoli voluto essere imposte gravezze et facle innovaUoni contro li Capitoli che hanno cum prefata Signoria; resolvcndo<^' però che de questa et de omni loro differentia sempre faranno quanto comanderà et desponerà la M.'* del Re E1 dicto Oratore dopol mi dimandò del boa stato della E. V., et come la se gu bernava in questi casi occurentL Li risposi cite quella se ne stava neutrale et che la attendeva alle cose del Stato suo, non se volendo per modo alcliiino travagliare in queste pratiche che hora occorreno, essendo quella horamai di eiade che rccerclia riposo più che altro, et successive per essere amica et benivola alla M." del Re christ. et allo ill.‘ sig. Duca de Milano parente et amico, et simile de Signori Ycnclìani. pa rendo a me che questo suo stare neutrale non li possa se non servire a ben propo sito suo per tutti li casi ohe potessioo occorrere. La Mago, sua in vero cbmendò molto questo partilo preso per la Exc. V-t subiungeudo che 'I sapeva die la M.'* del Re por tava amore et alTeclione grande a quella: per il che el iudicava che essendo cpsa neutrale et benivola de Sua et del Duca de Milano, che M non seria fora de pro posito che quella, come persona de mezzo, se iniramellesse ad accordare qualche differentia, non de gran momento, a suo iudieio, che ò sorta tra epsi Signori, persua dendosi che la E. V. ne farìa buon fructo, del che le Italia ne baverà a vivere in pace et quiete; altrimenti (disse lui) vedo che la porta pericolo di gran travaglio et disturbo per lo gran numero de genie che concorrcno alla volta de Italia, le quale, quando siano conducie in Masti, se ha a dubitare grandemente clie reparo non vi sarà de poterle fare ritornare adreto, venendo per salvatioiie del christ. sig. Re suo. Io H risposi che stimava che tra la M.** del sig. Re et Duca de Milano non bisognava mezzo alchuno ad componerli insieme, essendo ciaschuno dì loro prudentissimi et che ben cognoscono el fatto loro; et se U serve in loro proposito devenire a termine alchuno de qualità che li habbia a dare disturbo nè alteratione, cum pericolo forsi de devenire a qualche parlilo, che se ne poiriano pentire molto bene: et che io mi persuadeva* quando la E. V. non conoscesse quanto ho dicto per el componerli insieme, che la farìa omni opera per conseguire lo antcdicto cffccto. purché li fusse prestato fede et dato credilo, dicendo che ’l mi pareva gran perìculo ad potere condurre praiicha al ehuna cum la 1A.** del sig. Re ad mollo bon effccto, intendendosc che li Ministri che la ha intorno se gubcrnano in le loro occureotie cum passione et non eum quelle ragione che tendono al bene del sig. Re, come scrìa necessario; bc*nchè la M.’* sua fusse el sia sempre ben disposta a devenire a tutti li partili ragionevoli et boni. — El che sciò lo ( dissi a lui ) che se il Sig. mio facesse qualche praticha de questa natura, che li circonstanii a Sua M.** lo havessino per bene, e che non cer Digilized by Google cliassino di fnrglienc pocho bonore, in(cndendosi maximamcnle che molli ve ne 80II 0 cbc poriano odio grande al sig. Duca de Milano, come molte fiale sa la Mag. vostra che habbiaroo sopra questo bavuto ragionamento et domesticamenteT — quale me rispose: che lo è il vero quanto io ho dìeto; ma che in questo caso et temporale el non dubitava punto che oinni persona non bavesse piacer singolare che le cose se componcsseoo tra' prefati Signori, conoscendo che 'I non serve a profitto alcinino né del Re nc delli Baroni et gente che sono con Sua M.'* che queste cose non se assettino, tanto è il desiderio che luinno de ritornarsene in Pranza alle loro musone; et che se bene ulcimni ve ne sono della sorte clic io dico che portino qual che odio al sig. Duca de Milano, che anche molli vi sono che hanno gran credilo con el Re che lo amano e desiderano ogni suo contento et bene. Ma lasciamo stare questi extrinsechi: come ho diete, la è tanta la voglia che se ha de repatriare, che ciaschuno condesceiiderà ad exhoriarc la M.** del Re che dcvcnga a tutti li partili che li saranno Sua naturalmente se disponerà ed fare el tutto, però proposti et recerchaii; et la che sapemo nui Francesi, clie mai se poiressimo accomodare cum Italiani, essendo molto disforme cl vivere nostro da vui altri, et maximamcnle per le insoleuiie et mal modi che se tengono nel nostro conversare cum vui, che tutto procede dalla superbia che regna in niii, parendo a’ Franzosi che omni altra nazione li sia inferiore et che li habbia a stare soggetta et sotto hobedieniia loro: che me pare (disse cpso) che siamo ingannali el in grosso. Et con questo ponessimo fine al nostro ragiona mento In vero eì dimostra bavere gran dcspiaccrc delli modi che se usano et tengono per Francesi cum Italiani, parendoli che non siano se non cum charico della naiionc franeesc et anche del ebrìsL sig. Re, clic pare sia quello che coiiiportì et consenti a tanti varii disordini che se fanno. Et se pure io huvessi errato in questo mio parlare apcrlumente, prego la £. V. clic mi perdoni, però che cl tutto ho facto a bon fine. Firenze^ 25 maggio — Questa mattina se hanno lettere da Napoli de' xx et xxi de questo, come la M.^ del sig. Re era partilo da Napoli alli xx et quel giorno andava ad Aversa, cl giorno seguente a Capua et V altro a Gaeta, dove se intendeva che se fcrmnria per qualche giorno cxpectando sentire la rcsoluiione del Papa circha ai pas sare per Roma, come avea disegnalo Sua M.“ Dicono ctiam che a Napoli era adviso cl Re Ferrante bavere recuperalo Reggio con cl Castello dove erano smontati da cir eha vii mila persone, che seria facil cosa de fare sublevarc quelle terre della Puglia, el tanto piu quando che H se intenderà la partita del Re ebrist. da Napoli li Duca di Ferrara al Manfredi. 59* Ferrara, 25 iHOQffio 1495. —Havessemo la vostra de' 18 del presente, per la quale ne signi ficasti bavere parlalo cum el ven. frate HicnoxYMO Savoxarula iuxta la commissione nostra, el poi havemo havuio un' altra vostra de* xxi insieme cum una che a Nui scrive il prefato frate Uìeiionyho (1), et per risposta ve diccmo che grandemente vi com (I) UUera •odala »marrUa «Tanti che Cm»q pHlillcalai e cioTera Sfere la data del Sd o SI iBaggin II9S. S5 mendemo che ne babbiali mandato dieta lettera, la quale ni è ((tata grata; et per un' altra cavalcata rUpondereaio una bona lettera al prefaio frate IIieromho, et drìz zarcmola in mane vostre, et tiaveremo caro che stampale ehc siano quelle sue pre* iliclione, facciati opera che le habbUmo, come scriveU. Il medetimo a fra Girolamo Savonarola (1). OO. Ferraroy 26 maggio 1495. — Veoerabilis et religiose dilectUsime noater. — Havemo liavuto la vostra lettera, et per epsa havemo mollo bene inteso quanto voi ne haveti scripio et racordato sopra quelle cose ebe desideravamo intendere da voi; et havemo notato li remedii che voi ne porgeti cum carità et amore. qual vostra lettera ni è stata gratissima et ve rengraliamo assai del scrivere vostro et rcslainoni con bona satisfac tione, parendoni che li racordi vostri siano pieni de prudentia et carità. Et se bene se cognoscemo essere peccatori, non di meno se forzaremo per quanto poteremo de adhcrirc a li racordi vostri et usare quelli remediì che ni proponcii: et voi et per amor nostro et per rìspeclo di la patria non manchareii di porgere oraiione al nostro Signore Idio aciochè ni presti gratia di potere fare tutte quelle bone opere che siano accepte a la soa divina Maestà et a conservaiione nostra et a benefìcio de U nostri populi. Nè serà eliam mollo grato quello libretto che diccli de volerai mandare (2); et cassi ve pregamo che. compito lo babiali, cc Io vogliati mandare, perchè lo cxpcclamo cum desiderio. Et bene valete. Il Manfredi al Duca di Ferrara. 4il« Firenze, 28 maggio 1495. ~ Questa mattina li signori X de libertà hanno comunicalo al Mag. Oratore de Milano ci a me lo adviso che cpsi hanno havulo da Roma dello apiin* lamento facto in Concistoro con el Card, de San Dionisio et Mona, de Bressa circha alla venuta del clirist Re a Roma. El quale apuotamenlo fu facto alli xxv de questo per lo infruscriplo modo, videlicet: che 'I Re cbrisl. venga con la guardia sua, non latrando in Roma, ma solum nel Borgo de San Piero et in palazzo aposlolioo. a$se> gurando Sua M.** el populo Romano che non se offenderà nc farà danno. El Papa è contento de parlare con Sua M.** ad Onieto, dove Sua S.“ debbe andare ad expeeiarlo con li Cardinali in quel loco. Gredese che questa sua parlila da Roma non sia se non con misierio et arte er placare Iddio che se dimostra adirato contro tutta la Italia. Li tre Oratori clceti per questa Signoria per mandarli alla Maestà del Re, credo partiranno domani, li quali sono Mess. Domenico Bonsi, Julian Salvinli et Andrea de* Pazzi, che è quello che ritornò con le galee che vennero a questi di de Provenza a Livorno,... 04. Firenze, 3 giugno 1493. —* El Mag.^ lovanni de Pierfruncesco de* Medici questa sira me ha dicto bavere veduto lettere de Neri Capponi de* xxx del passato, che si ritrova presso al Re, per le quali cl scrìve bavere parlato con Sua Maestà, non come Oratore fio rentino ma privato, et factoU intendere clic li termini et modi che se tengono per Sua Maestà in non oliservarc quanto V è obligato per li capitoli al pojniio fiorentino, in non restituirgli Pisa et le altre (erre cbe 'I tiene, cl fa stare malcontento et di mala voglia; parendogli che per li bon portamenti de epso populo verso Sua Maestà et per la devotìone et fede sua non meriti de essere si mal tractato da quella. La quale li rispose: clic el gli parca che non fosse conveniente alli amici ( nelli tempi che se cognosce el bisogno dell' altro amico ) volerlo ricerchare et gravarlo de quelle cose che a questo tempo li potesscno dare charico et gravezza, sapendo maxìmameiUe la inclìnatione et hon animo che se ha de consolarlo: resolvcndosc Sua .Maestà, che alla venula sua di qua el dimoslraria al populo fìorcntino se ha caro de conservarlo in aniicitia et benevolenlia. Alle quali parole prenominato Neri non fece altra replica, se non clic '1 rispose, eiie quello che liavca dicto era stalo da sè et non ppr commis$ioni*ro di Ferrnra. 90. Firenze, 10 i^fti^no 1495. — £1 facto de Pier de' Medici par die sia molto rafrcddalo per el scrivere che fonno li Oratori, li quali ragionando di questo caso con el He et nitri Baroni trovano la cosa non bavere fondamento de qualità clic se ne hobbin a dubitare. CI dicto Piero ehe era a Viterbo se ne è rilomalo a Brazzano, et lin lassato uno suo Ganzdleri alla corte. Stimnse che se nc vada destiiuto de omni speranza,.... Intendendosi qua della bona provigionc che se è facia per el sig. Duca de Milano de annata, et anche per terra haver mandalo per la via de Ponlrcmiiio verso Sarzana el Conte de Caiazzo con boti numero de fami, et mess. Io. Alovisio dui Firsclio essere venuto alla Spella, diibiiase die el ballo non se habbia a fare in casa de’ Fiorentini, quando che d succeda lo effccU) delle gagliarde provigione che se dice bavere facto prelibalo s.* Duca de Milano et Venetiaiii 9I« Firenze, 12 ^wjno 1495. — Dicese de certi disordini che hanno facto Pranzesi alle Toscanellc, loco vicino a Viterbo, quale hanno messo a saccho et morto de molla gente Hcri nocte fu preso a San Cassano uno stafferò de Piero de’ Medici con lettere sue che ’l scrivea a Piero Corsìno, per le quale el gli significava la bona speranza che lo havea de ritornare a Fiorenza mediante el favore del ehris. sig. Re, per cl che lo confortava a voler pralichare con alchuni altri cìUadini che se disponessino de essere contenti del dicto suo ritorno, che sono de quelli cittadini che forno causa de c&z> /urlo da Fiorenza. £l benché la lettera sia de sua mano propria facta per colorire meglio el facto suo. non di meno, non havendo maggior fondamento de quello ehe la è iudtcala, non se ne è tenuto gran conto, parendo a queste brigate ehe In sia stata farla per dare caricho a dicto Piero Corsine cl ad li altri compresi in dieta lettera. 99. Firenze, 15 giugno 1495. — I>a nova de Novara, che se è inteso qua essere rcbel lata al Re de Pranza, et ìntralovi genie francese, ha dato et dà tanta alleraiioiic et petlurbatione a questo popiilo, che lo vedo tanto sbigolilo, che non se sa dove bat tere el capo. Et benché el se sia facto et continue el se attenda a bone provigione per dcfensionc della città, nondimeno irovnndose le brigate nel termine che sono, non polendo intendere le dispositione del Re verso questa città per «ochora; et duhitan* dose che questo caso de Novara non sii de qualità che habbia a dare pcrtuibaiione assai al sig. Duca de Milano, et per modo che dove lo havea designato de venire con lo exercito In parmegiaua cl non sia necessitato a volgerse altrove. Maggior suspecto auchora é intrato a queste brigale per esserle inteso come 500 lance francese erano 60 venule ad allogaiarse a Poggihonei senza cssersc inlcso altrimente, et maxime allog giando, come se dieo, a descritione. In questa terra se fanno gran guardie di nocte, et più se è farla questa passala per la venula de dicli Francesi a Poggibond che prima. Iddio voglia che le tante dcmoslralione de arme et de altre provigionc facte in questa terra non li noca. Invero cognoseo che se 'I non fusse el nostro fra jEaoxmu che tene el populo ‘confortato promettendogli bene essai, et al quale è prestato gran fede uuiversalroente da ogni honio, che anchora staria peggio de quel che fa 73. Firenze, 16 giugno U9S. — A quest' bora x lo è stato a mi in casa uno amico el quale mi ha facto intendere come questa nocte vi furono lettere dclli Oratori fìorenlini da Siena del di de beri de bore xxi e xxiii, le quali contengono, come havendo consul talo la M.'* del Re cum el suo Consiglio e Baroni el caso della rcstilutione de Pisa CI Livorno a* Fiorentini, post multa bine inde dieta, se è concluso che Sua M.** non intende aliquo paelo rcsliluirgbe nulla di quel che lene da questa Signoria sino che 'I non sia giorno in Hasti, allegando che vuol invece dieta terra per sua securezza per Omni caso che li potesse accadere, per bavere dove potersi securamenle ritirare. Li Amhassatori dolendose molto di tal delibcratione et conclusione facta, parendogli che la fede loro verso Sua M." non meritasse questo et per altri rispecti infiniti che de dneevano, non poterono altro cavare da Sua M.'* se non ut supra, in modo che questo populo ne sta molto de mala voglia et in gran travaglio Sommario di lettere da Firenze. 74. Firenze, 20 ghigno H9S. — Che ’l Re ha dato la cura et governo delle cose de Siena a Mona." de Ligny, el Senesi se sono obligali dare a lui ^Ornila ducali l’ anno, et lui li ha misso uno Vice-governatore con 500 fanti; el già quello populo se accorgie deir errore suo et ne pare mal contento. Che 'I He venne mercordl, che fu alli 17, a Poggibonzi, et zobia a' i8 partito a 20 bore, doveria essere a Castello Fiorentino, a’ 19 a S. Miniato, a’ 20 a Cessina el domenica a Pixa; benché alcuni cxlimano che fonti li arrìvarà prima. Che Francesi hanno preso et sacchezzalo parecchie fortezze de S." Fiorentini, et bcnc'hè se dichi che '1 costume de’ Francesi è de volere le fortezze dove vanno, tamen se crede che ne retenerà alcune de queste, el forsi darà a Pixani. Che Fiorentini rodano la cathena, ma non sanno che fare vedendo tarde le pro vixione della l-cga. Che ’l se può mal intendere li consilii de’ Francesi perchè proce dano sagacemente, et alcuni lencno che tentarà le cose de Genua ; alcuni che ’l se adviarà a Pontremulo, altri che cercharà de fare la via de Pistoya et passare a Fiu malbo in modenese et Serczano, invitandoli la debelilà de Pistoya, alla quale fanno penserò de mandare 500 fanti. Come el Re ha domandalo a' Fiorentini Mess. Francesco Secco con la compagnia, quale deve essere de 100 bomini d’arme..,., et recercha li SOmila ducali quali rc .stano per li Capitoli Come Mess. Zoanne Benlivoglio et lo Reggimento de Bologna con continue olTerle confortano Firentini ad lassarsc intendere con la Lega: et il medesima ha mandala N. S. a fare da M. Alberto da Orvelo; el lo Oratore ducale simililer insta che Firentini Digìtized by Google 61 seguano li recordi quando vedessero potere essere soccorsi dalla Lega, havendo loro 000 lioinini d’ arme e pareccliic miliara de fami. Alcuni dicono seria bene che la Lega reducessc 1’ exercito suo al piano de Ssr zana, jierchè questo faria resolvere Firentioi vedendo vicino el subsidio, et che '1 Papa (piale bora è sicuro del Re. mandasse in Lombardia le gente sue, dove porriano ser vire: et che la ili.* Slg.” de Venetia mandasse uno suo Signore a Firenze come ha facto el Pontefice, perchè con questo se reduriano Firentini cum la Lega Come questo giorno Zoanne Fraure eh' è stalo Ambassatore in Fiorenza alcuni mesi per el Re, andando verso Pisa fu assalito da Pistoriesi, morto uno famiglio et rubali li carriagi. Come Francesi sono tanto odiati, che se non vanno più che in grosso, scranno tagliati in pezzi. Non fu vero che I' armaut regia venesse a Livorno, ma solo una galeazza de spo glie da Napoli de’ rubameoti de' Francesi. • Come alli IO el Re de Pranza fece la via de sotto da S. Miniato, et fece più longa giornata che non se pensava, et alloggiò fra le Capanne el Pontbedera Se ha avviso come Mons." de Bressa era a Lucha el ti Cardinali de S.'* Pedro in Vincula, Genua et S. Malò con M. Hibielto sono andati a Pelrasanta, et I' anliguardo del Re era za a Mazzarosa de qua da Lueha, et per la eelerità grande quale se usa, è bisogno che le provixione siino preste et a Pontremulo et alla CarHgnana. Come cl Re ha mondato alcuni Italiani insieme con alcuni Francesi per vedere tulli li loci ove possano passare, et come sono fomiti, el de examinare il tutto, H Manfredi al Duca di Ferrara. 75. Firenze, 20 giugno I49S. — La NacsiA del Re la quale dovea herisira alloggiare a San .Minialo del Tedesco, secondo I' ordine designalo, era cavalcala molto in fretta, non se fermando a San Minialo, ma andò ad alloggiare tra Pisa el Cessina Intendo che la Haeslè del Re havea dato bonissima intentiooe de volere restituire le terre a questa Signoria, et questo fu alli xviii de questo parlalo a Pozzibonzo a lungo con fra Jebu Nuio nostro sopra ciò. Dopoi pare che ieri cl se mutasse de proposito, dicendo che non lo polca al presente per novi casi occorsi, confortandoli ad stare di bona voglia, che presto li fnria cosa che li seria grata et de piacere, facendo nova inslaotia de bavere li XXXmila ducati. Ci'o. Stefano Catliglioni oratore milaneee in Firenze, a Lodovico il Moro Duca ili .Vilano. 70. Firenze, 21 giugno H9!>. — Il Re beri disnò a Cessina lontano da. Pisa vii miglia el beri sira deve essere giorno a Pixa. Ce è anchora avviso come la antigoardia era a Pelrasanta, perchè se vede chiaramente che Sua MaeslA non mira più alla via de Bologna; onde non seria male a mandare a distribuire quelle gente che sono in Bolo gnese nelli loci dove vcrisimilmente el possa fare designo de passare, corno seria a Pontremulo et in altri loci dove cl poterla bavere adito de passare, et cosi per la via de Carfignana per le terre dell' ili.* sig. Duca de Ferrara. Anche per la via de 62 Fievezzano et (>4>r lo via de Massa sono ceno che la Cels. Vostra haveWl provvisto |)cr lutto, et previsto tutti li loci dove el Re possi entrare, certo anchora che la F\.'^ V.'* haverà le spie per intendere lutti ti andamenti del prefato Re. Veruni est che se intende per certo che questi Francesi non aggiungono a XMroila persone da facti, et male ad ordine e assai impauriti, per modo che questi Signori hauno avviMj che beri, essendo partilo et Re de uno loco che se domanda el Ponleadcra, el quale li soldati et fanti Fiorentini havevano abliandonato per la intrata del Re, et essendo partito el Re, subito li rctornareno con qualche tumulto: il elio sentendo il Re se du bitò c mostrò molto beo de bavere paura, c subito mandò a vedere e intendere la cosa, perchè se dubitava che non li venesseno gente alla coda. Questi Signori se sono pur resoli! de dare Mess. Francesco Secco al Re con le gente el compagnia sua, quale può e^^sere da circha a /O bomlui d' arme. Epso Mess. Francesco è qua et expecia che *| Re mandi per lui. 97, Firenze^ 22 ownm I i95. — Intendo da uno amico clic la M.‘* del Re havea rccer chato questa Signoria, che fusse contenta de acceptarc un homo suo per gubernatorc della gente d' arme che hanno. Al quale è stato risposto che non hanno de bisogno, bastandogli a loro gubemarle con li suoi conduetori. A mess. Francesco Secco è stato dato commissione che *l vadi ad ritrovare la M.** del Re havendolo addimandalo a questi Sig." RI se sta in f|ualchc siispecto qua che Piero de' Medici non sia passato sconosciuto da S. Minialo del Todescho per seguitare e! Re. Allondese con ogni dili gentia ad investigarne el certo. El nostro fra Jerommo, ritornalo dal Re, beri fece una predili alla quale inter venne cl sig. Duca de Urbino, promettendo a questo populo che indubiiataineoie li succederia in efifeclo lutto quello che ’l gli ha promesso et predicto alti giorni passati a suo bencfilio, mostrando bavere trovato la M.^ del Re ben disposta verso questa città. Di che epso populo ne vive con optima speranza 7H. firmze, 24 giugao 1495. — A Pisa se è facto una consulta per la M.** del Re et suo Consiglio circha alla rcslitiitione de Pisa etc., el che in efìfecio la maggior parte de epsi consiglieri, inimici che sono de' Fiorentini, se sono resohiti in pregare $. M.** che vogli lassare Pisani in libeiià, offerendosi de prestargli le cadene loro et argenti per far denari per bisogno de S. M.’* Questo mag. Oratore de Milano |>er commissione dello 111 * Sig. suo è stato con questi Sig.’* et factogli instantia che se voglino resolvere de inirare nella Liga. mo strandogli che bora ne è c! tempo, allegando che loro Sig.'^ debbono ben pensare che se la Liga fiisse superata dalle forze de' Francesi, che anche sue Signorie se rilrova riano a mal termine de essere da cpsi Francesi subiugati, et perdere la libertà: quand' anebe la Liga obleiign la impresa contro epsi ( come se ba a credere indubitatamente per le provigione et gagliardi preparamenti clic se sono facti ). Sue Signorie debbono ben stimare clie epsa Liga non rimarria con quella bona satisfaclione de epsi, come se li convenerin, iudicandosi che per loro non fosse manchato che tutta balia non fussc subiogala el rcducta in potere de gente barbare; confortandoli con vehementia et presto a eoneordarse con la Liga. promettendoli molte cose a benefitio loro in nome della Liga, con sicurargli che non debbono dubitare de patire danno alcbuno, perocché 65 PKscndo la Liga potente, come la è, haverà ben modo de defensarli el de operare con efTcclo che recuperaranao lutto el Stato loro che li è tenuto per el Re di Fran jrn. — A diclo Oratore fo risposto che questo era caso de grandissima importaolia qual reccrcliava bona consulta, per il che lo e\ortorno de ture intendere alla Exc. del Sig. suo. clic non li gravasse a volere risposta cosi subita, desiderando epsi consiib tare bene el caso ad fìne che possino fare quelle bone resolulione che se eonvene 70* Firenze, 27 giugno U95. — ..... Qua se è divulgalo per tutta la città che V. E. se c scoperta alla volta della Liga, et che Venetiani gli hanno restituito el Polesine et facto ('.apitanio generale de dieta Liga. Credo bavere bevuto meglio ebe cento persone a casa che son venute a dimandarme de tal cosa, alli quali ho facto intendere non ne sapere nulla HO. Firmze, 50 giugno 1495. — Essendo beri sira ito a visitare el novo Confalonero iti nome della E. V. per servare le cerimonie etc., et deveot^ndo a qualche ragionamento delle cose de questa città con el Re di Pranza, per essere epso Confalonero homo da bene et che se travaglia in queste cose ebe sono al presente, essendo stato della muda delti X de libertà passati; el me concluse clic questo populo per uicnte non se descosiaria dalla voluiità del Re ebrisu, el ebe ben el po fare pratiche el Duca de Milano,. Papa el Venetiani che piglino la volta della Liga, che perdeno tempo, perchè el punto è fermalo con Sua Mat5Stà HI. Firenze, 15 luglio 1495. — El mag.” mess. Marino Tomacelto me ha facto vedere una lettera che li scrive da Napoli un suo parente de 7 del presente, la quale dice* « In questa mattina Napoli ha chiamalo el Re Ferrando, et intrato gloriosamente. Semo fora della signoria de' Francesi, quali non con poca dinicultà portavamo; Gene tantam nd predai nata, el eum omnes homine* kotni»um cauta nateuntur. Galli soli ad homi nutii pernilìem. Risveglisi Italia, el vogliasi recordare che non solum questa gente ce ha mai signorcxzala, ma è stala subiugala più volte da Italia. La cosa è co:>Ì; Dio sia laudalo! Mai si vide un concorso in ricevere Signore, come è stato de' Napoletani verso lo signore Re Ferrando • Post scriptum. Questa sira lo Oratore del Papa, quale anebora é qui, se è pre sentato alli Signori X et de novo Eactoli instanlia che se voglino resolverc a scoprirse per la Liga, u.sando per questo eReclo parole mollo gagliarde et de qualità ehc '1 de mostra, che quando non lo faxino el in breve, che se rceogiwsceranno dello errore suo. Da epsi, per quel che lo ho inteso, non ba cavato se non parole generale, iustifìcan' dose cum molle ragione che non vedono poterlo fare per conto veruno. El dìcio Ora tore è venuto sino a ragionaiueulo cum epsi Signori, che fra Hicau.vimo è quello che li lene disposti et volti in questa sua opinione, mordendoli destramente che ’l non passa senza charico de una tanta Republica qual’ è questa a gubernarsi per ricordi et SQgcstione de uno Frate el quale sarà causa de gran loro danno et vergogna. f.a risposu che ba bavuto sopra questa pratica di fra Hieromimo non la ho potuta in tendere per anello. Ben scio che gran credilo et fede li è prestalo per questo populo, et che mal se accorderanno questi cittadini ad fare più olirà de quello che lì sarà ri cordato per epso Frale, El dicto Oratore pare che li habbia ben cariebato li panni alle spalle presso ni Pape, confortando Sua Santità a chiamarlo a Roma, conoscendo che 64 da questo popolo non se cavtri altro che quel che per lui scrù consigliato; ^er cl che potria seguire che *1 sia chiamalo a Boma. Il cito succedendo non scio come ne rimarranno salisracli questi cittadini et popolo. Sommario di letlert da Firenze. 89. Firenze, 20 luglio 1495. — Come M. Alberto de Orvelo quale fu mandalo dal Papa per confortare quelli cittadini ad unirsc con| la Lega, non ha facto fructo, stando fermi sopra Frate Hibro.vymo d.v Ferrara. Et lo Vescovo de Volterra fratello de Paulo An tonio Soderioi, mandato per questa causa, se diffìda de potere fare fructo, se bene li sono delli principali che hanno bona voluntA. Come staranno a vedere quello reporteranno li Oratori suoi dal Re de Pranza cir cha la restitutione delle cose loro; onde è da credere che restituendo et havendo animo alle cose de Italia, vorrft delle promissione dalle quale Fiorentini non porranno destor«c. Come non restituendo Pisa, se designa bavere tutte le genti a Ponteadera per hire uno grande proforzo contro Pisa. Come se ritrovino in gran penorìa de dinari, et se bene mettono li balcelli non se possine sedere. H3. Firenze, 22 luglio 1495. — Il Manfredi al Duca di Ferrara. Cl Re Ferrando ha baviito d’ accordo Castel Capoaoo. et quelli che sono in Castel-novo non cessano el di e la nocte de trarre nella terra; ma li fanno poebo danno per li boni ripari che vi sono facti. RI Re ha preso Saocto Hereroo El Papa ha mandato Sforzino con 150 cavalli leggieri al Re Ferrando a Napoli. Piero de" Medici, qual se trova a Roma, se fa mollo gagliardo sopra cl Re Ferrando, dimostrando che con el favore suo el poirA ritornare in casa sua: ohe a me pare ehe 'I fondamento sia debile, ritrovandosi Sua Maestà nel termine che la è. El Papa ha dato la Badia de Monte Cassino, che teneva cl Card, de" Medici, al Card, de Va lenza, che non è troppo bon segno per epsi fratelli 84. Firenze, 26 luglio 1495. — Juliano Condì ha havulo lettere de xviii del presente le quali contengono che la M.** del Re Ferrando va acquistando ogni giorno delle terre del Reame, ma Castel-novo con le altre fortezze si tengono per Francesi, li quali non cessano de trarre continue nella terra. Auendese a fare ripari el cavar fossi intorno a diclo Castel-novo per metterlo in isola. De Don Federico non se ha altro adviso, ma slimase che "I sia in Puglia el che lo attenda a recuperare quelle terre di là. Es sendosi presentato el fratei del Marchese di Peschara verso el molo, forno scaricati per quelli del Castello certe artigliarle, et fu ferito el diclo io un genocchio in modo che se dubita clic "t non mora de spasimo. Dicese che "1 Re Ferrante havea havuto adviso da Piero de" Medici da Roma come el campo del Re de Pranza era stato rotto in parmesana, et che Sua Maestà era stata presa; del che se ne era facto gran festa a Napoli El generale de Lioguadocha, che è el fratello del Card, de San Malò, che era e aerale, con dirgli che per trovarsi questo populo smembrato del Stalo suo, come lo è, el ritenuto per el Re de Pranza, non sanno vedere modo de potersc scoprire contro Sua M.**, nè con quale hooestà debbano manehare di fede a quella, essendogli liga et confederatione, come é tra epsi. Intendo che non ne polendo cavar altra conclusione, cl prenominato Oratore del Papa fra pochi giorni se ritornarà a Roma. Con el quale rclrovandome anche io bcrisira alla presentia dello Oratore de Milano, senza altro prò* posilo 0 ragionamento che se bevesse circha alta antedicia materia, cl se volse verso mi et disse; « Ambassalorc, el se vorrìa che tu facessi opera con la Exc. del Signore tuo» che volesse horamai scoprirse in tutto alla volta della Liga, adciocchè el non li potesse essere dato gravezza alchuna dalli potentati de Italia che M non voglia essere migliore italiano che francese; el che facendo gliene rcsullarìa maggior laude et bcnchtio presso a tutta Italia, che non farà volendo stare neutrale come lo ha facto fino a qui, per chè qui non esl mecum cantra me est. > Al quale gli risposi, che ’l non nc parca neces sario fare tal ricordo a V. Exe. perocché cognosccndo quella sapientissima, me rendo certo che la habbia havuto bona consideratione al facto suo, persuadendomi che nou senza iusta et bona causa quella se ne è voluta star di mezzo, et forsi non senza seicntia el voluiUà dello ili.* sig. Duca de Milano el de qualchuo altro de potentati de Italia, per servirgli a qualche miglior proposito in starsene cosi neutrale, che non seria facto quando in tutto quella se fusse scoperta alla volta della Liga. Et sopra ciò altro non se disse Hft. Firenze, 26 luglio 1495. — Questo Oratore del Papa me ha facto vedere questa sira un breve che ha scrìpto Sua Santità al nostro venerabile fra Hieronimo, quale Ji co manda che 'I se transferischa a Roma ad ciò che Io intenda de quel che li è stato scriplo de qua, che sua Paternità ha predicalo che tutto quel che ’l dice lo ho da Nostro Signore Iddio el se verifica intieramente. Non scio mo qual parlilo el pigliarà, perocché a me ha dicto a questi gionii che ’l non era in apiitudine de andarvi per molli rispedì et capi. Quel che ’l dcliberarà vedrò de intenderlo el notificarlo alla E. V. (1). El dcclo fra Hierommo me ha dido che ’l fa scrìvere le sue prediche in bona carta per mandarle a V. Exc. (I) A qocAlo Mronda br*Te del Fepe lo date SI losllo IIM il Seronerole fece Hipoali dJ acute eoo IcUeca dell’ultimo di dello me«e ed aono: docomeolt che furono enlranbi piA volle elampall. Il primo breve del Capa il SavonoroU |hin*e * Fireote pro«io 11 IS mano I49A, come •< ha da un SoMtoono di Ulttrr che ora rinvcmii « che qui riporloi « Leltere da' 18 del correlile cooleateoo: .... Come ae ba dubio « ebe Fiorcnaa non fata novità per le dlacordie qoale ba raesao frate Hiuomiao oel popolo, dUirihuendo U « magiiirati et oBiii a »uo modo; et veooode alle mane m teme che la parte del Frale, per eatere li due tcni « delia clUà, viocerà. — Come eaaendo mandato U uno cavallaro poollflcio per prcaeotare noe lohibUioue a « frale BiMottiao che ooo habbia pM a predicare, non H è lauala preieiilare. et frate Hiuontao ha dieto io a pubUco predicaodo, che qaaodo el Foolidce iolerdiceaie el celebrare delle mease^ come »e dubita che l’ habbia 9 Digìtized by Google GG m. Firenze^ 13 agosto 1405. — Htsri maUina io fui a ritrovare el venerabile frate Hibro.xuio S.wo.NAaoLA per fargli intendere el desiderio cbe ha la Exc. W de bavere quel suo libretto de predicatioiic quale promesse mandargli. Sua Paternità me rispose, che '1 non lo liaver mandato ne è stato causa cl non se essere per anehora fìniio de gittarlo in forma, c che ‘I siciirava cbe de quest' altra septimana futura cl sarà compito del tutto, et cbe ora cpso havea preveduto cbe 'I se ne fazi uno pur a stampa, ma in carta bona per Vostra Excell. Fornito appena ebe '1 sia me promesse mandarlo: et dice, che se prima lo havesse inteso questo suo alTectato desiderio de haverlo prima, che lo baveria provveduto de farlo trascrivere a mano; ma che ora che lo è per for nito, el glie pare che quella habbia ad cxpectare questo che se fa io suo nome a stampa. Intenderò la spesa delle carte, e satisfarolla si come me comanda Vostra Excell.''* — Questo giorno per opera de dicto fra Uierommo cl se è obtenuto nel Consiglio grande qua de levare cbe '1 non se possa fare per tempo alcbuoo mai Par lamento in questa città, che è un acto che se costuma fare quando el se voi mutare cl Stato per darli nova forma, come se fece al caso de Piero di Medici. Et questo ha facto ad ciò clic '1 giibemo de questo Stato se conservi nel populo, dubiiandose che quando qualche cittadino havesse voluto mutare questo guberno del popolo, lo era facii cosa ad condurlo omni volta clic se facesse Parlamento, dove iDter>'Coe ornai persona della città in piazza, et proponese cl partito che se vote, et le brigate, ma xime vulgare, che son cupide de cose nove, inconsideratamente consentono alla pro posta et partito preposto, lo vero la è stata gran cosa da condurla cum la unione et satisfactìonc delle brigale come la è. In effccto questo nostro Frate conduce ornai pra tiche che '1 vole senza coniradictione, et questo è per el credito mirabile cl inaudito clic epso ha in questa città. Tuli' homo concorre a lui a consultare li casi privati et publici. H7» Firenze^ 20 agosto 1495. ~ El venerabile nostro frate Hieao.viuo S.tvoNAROLA mi ha mandato in questa bora dui libretti sciolti, che sono quelli cbe desiderava bavere la £. Y* del Sommario delle sue prediche et visione etc. (1), li quali li mando per la presente cavalchaia cum le qui alligale sue lettere (2). Uno ve ne è della S. V., che è quello che è in carta bona; l'altro se manda allo Excelleniiss. Maestro I^dovico da Carri me dico benemerito de quella, la quale se dignarà farglielo consignare cum la lettera che epso gli scrive (3). Io ho fatto inslanlia di pagargli la spesa delle carte de quello che'i • • Ture per I’ impe4im«nlo facto •! cavallaro luo, non la dcl>tHano olrtcrrarv, perchè non vaie, per non Mtere < vero Papa « Come la pefif in la rcralMUone della luna ae è aroperla In at e»**, et ae dithila de pecfio per »] poro • ordine li è, andando li infecU per la (erra lolem cani una benda biancha per estere dlffereoUati dalli altri. V. in Isiaoao obl L«koo. fVa Girolatito Sutfonafila • .Vvori- { Arrbivio Storico Italiano. Kaota Serie. T. XVilt, P. I, ), la lellera del raareilierr Paolo SoDaeoti al buca di Milano, toUn la lieaaa data, e da col sembra arer avuto ori|(in« il Sommario suddetto. (I) Il rompendio dette rivelazioni ora per ia prima ralla ttarapatn in lingua ilBliana. (1) Lettera perduta. Vegetasi la risposta del I>uca di Ferrara qui preMO. al o.* 8B. ^8} Il medico Lodovico da Carri era in molla atokitia c relaiione epHlolare col Savonarola, come rilevasi anche da una lettera di quest* ultimo al Duca di Ferrara in data It gennaio ItBS fra le pubblicale dal Capponi I. c. e dal Villarì, Sforio di Girolamo Savonarola e de" tuoi fmpi; Fireoie iSCi, T. II. Ma laoio la lettera sape riormeele ricordala quanto le altre scrilie da Fra Cìrolaovo al da Catti souo andate amarrile. fi7 manda a V. Exc., perocché nuUo altro me pare che ve ne sia de quella sorte: per niente el non ha voluto. Stima che la nc piglierà consolalionc spirituale pur assai, per contenere materie molto al proposito el convenienti alla salute dell' anima. !l Duca di Ferrara ai Manfredi. O^mficcAi'o, 25 agoeto 1495. — Havemo havuto li dui libretti del vcn. frate Hiero.nyhì> che ne haveti mandali, uno de' quali, ed è quello in charta bona, lo havemo ritenuto per Nui, et 1’ altro lo havemo mandato a Maestro l.udovieo da Carri. Il quale libretto Io havemo ledo et motto ne piace la contenenlia de epso, parendone che la sia opera dignissima, et volemo che in nome nostro il rengraziati grandemente, cum dirli che ne pare che cum la virtù et bontà sua cl fa onore a sé et alla patria, de che .Nui nc recevemo singolare contento: et II so^ongereii che Nui se sforzaremo de seguire li boni el sancii ammaistramenti de dicto suo libretto più che poteremo; ma che es* sendo pur peccatori, come siamo, il pregamo assai che il voglia {>er Nui et per In patria fare oraiione et pregare Nostro Signore Dio per Noi, acciochc Sua Divina Maestà nc hnbbia in protctionc: come speremo che epso frate HtEno.vYMo farà votuiiieri et de boQO animo, et farà cosa che ne serà gratissima. Et a lutti li soi piaceri ne offe rireti paratissimi, el etiam li dardi la qui alligala che li scrivemo. H Duca di Ferrara a Fra Gìralamo Savonarola. 89* Contacehio, 23 agotlo 1495. — Yen. in Chrìsto dilect."* nostro. — Il libretto che nc avete mandato Io havemo ricevuto, el bavendolo Nui transcorso, la lectiooe de epso ni è tanto piaciuta et saiishicla, che niuna altra cosa più ne haverìa potuto piacere, per essere com posto cum grande gratia cl ordine. Cosi ve rengratiamo siimmamcnte che ce lo habbinte mandato, et ve ne sentimo nbligo: et non bisognava che facesti scusa della tardità, perchè il libretto è di tale boutade et cxcelleniia, che facilmente fa com}>ensare ogni tardità. Ben vi pregamo sireciamente che vogliali pregare Nostro Signore Dio per Nui cl per la patria, acciocbè mediante le vostre bone et sancie oraiioiii in le quali ha vemo optima speranza, et mediante quello ehe se sforzatilo et sforzaremo de fare ad honore de Dio. le cose nostre et della patria habbiano a passare bene, et essere sotto la protectione della Maestà divina. Et a tutti li piaceri vostri ne olTerimo paratissimi. // Manfredi al Duca di Ferrara. 90. Firenzcy 12 oUohre 1495. — El SIg. Virginio Orsino el Piero de’ Medici se sono levali da Brezzano pigliando el cammino de Narni et Todi: dicese per venire alla volta de Sena a danno de' Fiorentini. Con epsi conducono 200 bomini d' arme el duemila fanti, et più oe faranno in quelle terre de Spoleto et Perugia, et meterannose inseme con Julio el Paolo Orsino; in modo che, secondo se dice, haveranno da circha 350 bomini d' arme. Questa Signorìa ha designato mandare 150 homini d' arme al ponto a Yaliano, che è un loco posto al contine de Sena verso Montcpiilzano: mandarannoli altri mille fanti ultra quelli vi sono. In Arezzo el Cortona cl Monte S. Savino et in altri luocbi suoi a quelle bande hanno provveduto de artiglierie et fanti per guardia de epse terre, liavendo adviso da Roma, che Piero de' Medici ha havuto a dire che Digilized by Google 68 prescmandosi n Corlona o Arezzo, per la inielligentia bona die 'I tene con quelli de epse terre, ci gli entrerà a sua posln. In questa terra non se sta senza siispccto. benché in npparcniia le brigate dimostrino tenere poco conto de Piero de’ Medici. £1 campo de questi Signori, che era alloggialo su le porte de Pisa, se è levato di là et tiratosi ad certa Ahbacia de San Severino che è tra Pisa et Cassino: il quale per tro varse in disordine ( per quanto intendo ), stimo che sarà necessitato ad andare alle stantie senza fare la impresa de Cassino, come se era ragionato. Lì Corrcri fìorentini clic portano lettere de qua a Roma sono stati presi due fiate da Orsini, et levatoli le lettere et Icctc, hanno lassalo quelle che le sono parse aperte et remesse a Roma, tra le quali intendo esservene stale di quelle de V. E. El Capitano francese che è nella Cittadella de Pisa non solum non ha voluto restituire dieta Cittadella a' Fiorcn* tini per le commissione che novamente li ha facto la Maestà del Re, ma non ha vo* luto accepiere le lettere che li sono state mandale de campo per lo eraldo de Sua Maestà: del che questi Signori ne stanno de mala voglia, non sapendo dove proceda tanta pertinacia et obstinationc de dicio capiianio // Duca di Ferrara al Manfredi. 111. MHum, 25 of/of/re 1495. — Intendeste come chiamali dal sig. Re de Pranza et da questo ili.* sig. Duca de Milano quando se stringeva la conclusione della pace, se trasferissemo a queste parte: bora ve dicemo come Nui prima fossimo col pref. sig. Duca in campo et dipoi andassimo al sig. Re, et deinde se ne starno venuti qua a questo sig.' Duca. Et essendosi loro convenuti insieme che in le mane nostre se habbin a deponere il Castelletto de Gcnua, et havendoni I* uno et V altro de loro pregali che vogliamo ac* ceptare questo deposito, Nui per fare cosa grata che piacio alla S. M.^ et Ex.'*, anchora che tale assumpto ce sia de incomodo et disconzo, siamo stati contenti de accepiarlo Perù volemo che siali con quelli M.*‘ Sig.'* Deci, el che in nome nostro faciali intendere il tutto a Sue Sig.'^ perchè la benivoleniia che è tra cpsi et Nui, recercha che ogni nostra aciione gli sii nota. P. S. 11 ni è sta scripto da Ferrara che 1 Pontefice ha bìnibito a frate Hieronymo i>.\ i.A SAVoNAnoLA U prcdicarc, el che epso frate Hieroxymo se trova in qualche pe riculo. Et perchè Nui insino qui non ni havemo adviso alcuno da voi, ni è parso de signiflr.arvì quanto havemo inteso, et haveremo caro-che subito ni advisati se lo é vero quanto havemo diulo de sopra on se pure la è una zanza, per modo che inten diamo la verità (I). Il Manfredi al Duca di Ferrara. Firenze^ 26 ottobre 1495. — Se io non ho dato adviso alchuno alla E.x. V. che ’l sia stalo interdiclo al vener. frate Hif.rumho Savoxarola el predicare et che H siano stati usali termini de qualità che lo habbia a patire ebarìcho et damno alchuno, come pare clic hahbia scrìplo el Confessore do V. S. a quella, è proceduto perocché avendo epso (I) Nel seilNibrc di qneft’ «nno era 5laio preteiUato al Savonarola un tarso breve del Papa thè fl'iiili> ai««a con miiuctie di porlarri labilo a Roma. C9 predicato omnioU di festa a questi ^orni passali, non stimava eh' el fusse stato interdicto; come invero cl non è, sì come questa mattina me ha chiarito sua Paternità: anzi me disse, che lo expeclava io dìes de bavere un breve dal Pepa della suspcnsiooe che « hnvea facia Sua Santità, che 'i non se proceda contra lui come se era principiato per « le informaiìonc sinistre che erano stale porte a Sua Beatitudine de facti suoi: il quale « per cssersc iustiOcato molto bene cum quella, se stima ( per li advisi che lui ha ha* « vuti da amici suoi de Boma ) che M se imponerà silenlio al tutto. El me ha diclo sua « Uever.'** che quando pur la cosa fusse ita p'ù avanti contro lui, et che '\ Papa fusse « continualo in non volere admeliere le iuslificaiioiie sue come bone et vere, che lo liavca « designalo de recercUare et favore et agliuto della Exc. V.** come de quella nella quale « confida mollo che la non li seria roanchalo de prestarglielo caldo et bono in le cose « honesie come questa sua presso alla Saniilà del Papa. Et ad ciò che quella sia in* « formata delie iusiifìcaiionc sue, el gli è parso de mandargli la copia della risposta • clie'l fece a Nostro Signore sopra ciò, la quale sarà alligata cum questa mia (1). El dice bene che '1 Confessore de V. E. li può bavere scripto quanto la me significa per « essergli stalo persuaso dalli frati dclli Angeli de Ferrara che lo è stato cxcomunicato € et statogli interdicto il predicare ete., come epso ha inteso » El se intende che Piero de' Medici cum el sig. Virginio vengono aproximandosi a Perugia, el che la S.** de Nostro Signore fa orani insianiia cum Perugini clic voglino prestare agliuto et favore a dìclo Piero de' Medici, ti quali per anco non se intende che sìcno resoiuli ad exeguire quanto li è ricordato. Stimase però, che per essere li Baglioni amicissimi del sig. Virginio et de casa Crsina, che forsi se inclinaranno ad prestargli qualche favore Cum questa sarà alligala una de) prenominato fra Hiero.viho all'Exc. V. (3). 1KI* Firenzey i8 o^/oòre 1495. ^ Questi Signori, secondo che io ho inteso, hanno lettere de xxjv del presente da Turino dallo Oratore loro, el quale li significa come la M.'* del Re di Pranza era passalo i monti el che se ne ritornava in Pranza, et che nanti la parlila da Turino epsa bavea havuto sinistre parole cum Mons. de Ligny, dicendogli che la era stata presumtione grande la sua a lenire le pratiche che lo ha facto in nuo las* sare restituire la cittadella de Pisa a' Signori Fiorentini, come el sapea che era sua inlentione et che havea epso ordinato. Pare che il dicto Mona.** se rcmetlesse molto con exeiisaiiooe assai debile. Intendo la M.** sua bavere electo un homo suo perchè venesse ad fare dicto effcclo, dandogli quelle commessionì et ordini che sono necessarii ad ciò Scrìve diclo Oratore che se a questa fiata el non le è restituita Pisa, che non crederà che mai più la se rehabbi per commissione del Re, veduto li ordini et partiti che se sono presi questa volta. Domanda però la del Re Xllmila ducati a questi Signori quali vole che siano pagali al sig. Virginio Ursino che pare che sia conducto cum epsa per mandarlo alla impresa del Reame cum li Vilcliesohi et sig. Perfecto ( Gio. della Rovere ), che dubito non scranno a tempo, essendo le cose di (1) M«nca •irtilalamefile al carlpf|io del Menfredi la lettera del Savnaarola al Papa, «d iva Torae la riypotta al leno brere del di S aetlembre 149». (2) l.elttra perduta. 70 là mollo innanti |>cr cl Re Ferrando. Dimanda siaiiliter a questi Signori li mandino quattro obslalìoi, et volo un figliolo de Pier Capponi, un figliolo de Paulo Antonio Sodcrini, el nipote de Francesco Valore et el Mag.** Joanni de Pier Francesco de* Me dici. Per anchora cl non se è terminato nè preso partito de quel che vogliono fare: stimasc però che se li mandaranno. Della permuiatiooe che ha facto la M.** del Re de Pranza con el ducalo de Urbino per bavere llasti et dargli contraccambio in Pranza, non me extenderò altrìmcnli a significarne a V. Exc., perchè stimo che la lo intenda meglio che nui quo Ol* Firenze, I nouemòre 1495. — Questa mattina è intmta la Signoria nova. El nome dclli Priori et Signori non specifico oliramente a V. Exc., perchè stimo che non li conoscendo io per essere gente nova, che manco epsa li conoscerla, salvo che Lorenzo de mess. Diolesaivi, quale ho visitato con el Confaloneri et qualche altri de epsi Si « gnori ( secondo el consueto delle ceremonic presenti ) in nome della S. V. Epso Lo renzo, tutto pnrtegiano el perfcciissimo amico de quella, me pregò con insianlia che io glie Io oITcrissc et raccomandasse. Questi principali cittadini non vivono troppo contenti, \*eduto che non sono cxlimaii per questi del populo come vorriano, et come li pare che meritasscno. Non sono mai, on ben pochi di loro, clecti alli oflllii nè ad bencfilii per questo Consiglio del populo, che è quello delle octocenio persone che se ordinò per ricordo de fra lltEnoMMO. Dubito che alla fine non potranno stare queste cose nclli termini de bora, del clic ne potria nascere qualche desordine et sellandolo pemitioso alla città. Li animi sono sgonfiati quanto possono: pur el se tene la briglia in mano expectando tempo più disposto el npto. Queste cose de Pisa, et anche el ri- ' trovarsc Piero de* Medici dove lo è, sono causa de fare andare le brigale retenute et suspcse, come anche è necessario in verità. Sono io de parere che se costoro se possono reintegrare in amore et bcnivolentia cum lo ili.** sig. Duca de Milano, come intendo che nc fanno praticha strccia, el che la sii de qualità che se possine confidare T un deir oUro, come recercha la vera amicitia, che se devenirin più presto ad fare qnalclio praticha de levare el maneggio et governo della citta de mane al populo, che anche non scio come sera cosi facile ad condur la praticha senza qualche scandolo et di sturbo. Iddio lassi correre quel che è el meglio per salute de questa città. Ben prego V. E. che sii coulcnia tenere in sè quanto ho scripio per crani bon rispceio. 95, Ferrara, Il Duca di Ferrara a Fra Girolamo Savonarola. novembre 1495. — Vener. et religiose diloclissimc noster. —Il lilirelto vostro in lingua latina (1), quale nc haveti mandato, lo havemo avuto ligato el lionc accunzo: et siccome vedevamo et leggevamo voliinticri il volgare clic prima ne mandaste, con hi medesima atientione faremo el simile di questo, perchè tutte le cose vostre ne sono gratissime. Et cussi ve rengraiiamo grandemente de diete libretto et deirafTectione che lìc portati, et offerìmosc parati a tutti li vostri piaceri. (I li rompcttrfium mW .\lla parie che desidera intendere V. Exc. de quel che ’l sente de queste occur rentic presente, cl me concluse come questa mattina ha rafTcrmalo in la prediclia: « Che la Italia ha ad patire exierminio el gran ruma, et similitcr che la Chiesa se « ha a reformare indubiiaiamcnie, et se bene el non vencssc el Re di Franzo, perchè «COSI è la voluntà de Iddio.* El dicendoli io: Ma Fiorentini et quelli altri che sono vivuti sotto la speranza del ritorno del Re clirisl. in .Italia come hanno a fare? Ri sposeme: « Che quelli tali non hanno ad essere mal contenti de bavere vixo con questa « expectatione B, volendo inferire (ben che a me non lo exprcsse) clie’l passarla om nino. Li dimandai poi in particulare come se havea a gubernare V. 111. Sig. a questo tempo. El me disse: « Che M non mancava de pregare Iddio continue che illuminasse 10 74 < quella a pigliare quel salulifcro partito che fusse ad Jionore et comodo de epea el • del Stato suo; et infine me concluse che ’l volea scrìvere anche lui a V. Exc. •, el cussi ha facto, corno la sederà per la sua qui inclusa (I). Io solicitarò de fare traa scrìvere la prediche che ha facto sua Paternità questa mallina, et manderolla subito a V. Exc. ad ciò che la intenda meglio la conclusione che epso ha facto de queste cose de Italia. lOI. Firenze, ì maggio 1496. — Lettere havute da Lione delti Oratori fiorentini de'xxvm del passato contengono la M." del Re bavere pur voluto accompagnare in persona la M.'' della Regina sino a Roano dove quella se havea da imbarchare per andare a Torsi ad fare el parto. Parti sili xxv del passato, et dovea essere tornato per tutto il di ultimo del dicto per sollicitarc la expiditione per inviare el Duca de Orlieiis in Uasti, ebe si ra giona sarà alti vm on x del presente; havendo prima mandato mesa. do. Jacopo da Triulzi et inviato quelli v Capitanii con le loro Compagnie et Sviceri, si come notificai a V. E. per altra mia. Scrìveno che indubitatamente passarà personalmente Sua M.'‘, et figu ravasi per tutto el mese presente. Parte de li Generali, on sia suoi Tesaurerì, erano gionti alla corte con gran quantità de denari, et tuthora la 11.“ sua sollicitava che li altri venissino senza dimora. El Rev." Card.'* San Piero ad Vincola era giorno a Lione, el quale era molto caldo che la impresa se faza con prestezza. El simigliante fa Mons. di Belchaere. Uno di questi S.“ X de Libertà me ha facto vedere una lettera che epso ha in privato dalla Corte, pur de' xxvm, che contenc el somigliante che è dicto di sopra: et più che el se era in bona opinione che lo habbia a succedere accordo tra lo Im peratore e la M.“ del Re christ. per essere la praticha mollo strecta et innnnli: simi liler tra el Re di Spagna el Franza. Questo Nicolao Alamanni, homo dello antedicto Christ.**, me ha faeto vedere let tere che epso ha dal Card.'* de San Malò de' xxvm, quale havea comunicato con li antedicti sig.*' X insieme con la copia della deliberalione che ha facto la H.“ del Re in dichiarare Veneliani, Gcnoesi (et pur anche qualche cosa dice di Milano) per ini mici suoi; havendo facto mandar bandi publici, che nessuno delle terre di Veneliani, Genoesi on Milano ardiseba on presumi andare nelle terre di Sua M.“ nè ad arccbarli mcrcantic de nulla sorte on qualità, non obslante che havessino havuto salvo con duclo on altra segurczza da epsa, alla quale intendeva che per questo bando li fusse derogalo, comandando simililer a ciaschuna persona delle aniedicte tre potentie on naiione, ebe in fra certo tempo habbino sgombralo tutto el dominio di Sua Maestà con le persone et robe; alias, passato el termine, che se intendano essere perdute et con fiscale eie. Alla natione fiorentina solo è concesso el portare et condurre mercantie de qualunque sorte se sia per tutto il dominio et Stato del Re de Franza, facendosi menlione in dicto bando espressamente, che Sua M.“ concedeva questo benclilio a* Fiorentini per esserli epsi stali fideli amici et confederali; toccando qualche cosa ''del modo che ha tenuto el sig. Duca de Milano contro la fede et capitoli facli con (I) AMbe qunU l«llerf SavooarolB fa leviti dii cerlec|k> del Minfredii e ledò perdale. 75 Saa H.“, facendo fondamenlo sopra li casi di Genoa et anche dedncendo qualche cosa dal favore et patrocinio prestato al Re Ferrando, che non me pare bon sogno per Sna Exc. El se è condiicto per questa Signoria alti serviti! suoi Mesa. Astorre Baglioni con conducta di 70 homini d' arme et xx balestrieri a cavallo. Intendo che vogliono ba vere al soldo suo sino al numero de 1000 homini d’ arme per servirsene sili bisogni suoi et dell! amici. Hanno offerto all' homo mandato per il Hag.** Giberto da Corezzo qua 60 bomini d' arme ( et xx balestrieri a cavallo ): expeclase mo intendere se lui li Torri acceptare, chi invero epsi se sono inchinati a dargli dicto soldo per gratificare et compiacere a V. Exc.* alla quale remetto alchune lettere che me ha mandato el nostro Ira Hioto.vtxo (I) ad ciò che a salvamento io gliele remetta. Il Duca di Ferrara a Fra Girolamo Savonarola (2). lOS. Ferrara, 17 maggio H96. — Ven. et Religiose in Cliristo nobis dilect.“ — A’ giorni passali havesscmo la lettera vostra per la quale ne faeevati intendere il piacere havevati ricevuto in bavere inteso le provvisione per noi novamente facte a fine di purgare la eliti più che se puole de' vitii et reformarla al vivere christiano. El siccome tutte le lettere et recordi vostri ce sono grati, cusi anche il scrivere che ce havele facto per dieta vostra lillera ne i stato gratissimo, sapendo che in tulle le vostre cose procedete cum amore et cariti; e tanto più ne piace bavere (atto diete provvisione, quanto che intendemo quelle essere da vni laudale, el per quanto seri in Nui se sfor zaremo de non manchare perchè le cose habbiano a passare bene et cum li debiti termini. Rengraliandove assai delti boni et santi vostri ricordi, sili beneplaciti vostri ne offerimo paratissimi. Il Manfredi al Duca di Ferrara. t03. Firenze, I givgno 1496. — Qui se è inteso come Veneliani hanno inviato per la via di Pontremulo da circa 400 StradioUi che mandano a Pisa, che par segno che veglino pigliare la impresa alla gagliarda per difesa de' Pisani, el che pocho stimino el passare che se dice valere fare la M.** del Re di Pranza in Italia. Questi Signori altendeno a condurre omni di gente; ma non vedo che habbino molti denari da dargli per farli cavalchare. Questo ho dicto perchè anchora non hanno spazzalo el Conte Albertin Buschctla, nè anche el Conte Ghirardo Raogone la nova che io dccli a V. Ex. della rotta data per quel Consalvo spagnolo a quelli Baroni el gente che erano a scrvitìi del Re di Pranza in Calabria, se è verifi cala per queste ultime lettere. (1) Non conotcone leltere d«l $iTOB*roli Kritt« (m I« 8iw di aprile e il priariplo di m»m>o UM, e tene da meUersi fra le perdete. Una ara diretta al DncJ Ercole 1 ( come rcdraail dalla rirpotta ebe quatti el fece (oUo il n.* ie|ueote ), e I’ altre foree al eaDcelliere doeale Loderico Pillorio e al medico di corte Lodorico da Carri in Ferrara. (3) Di qoetta rwpoala ai rilara che il Sireearola lodare II Onci di Ferrara di arar aefniti qnc* baoni e tanti ricordi i quaH credè bene ripetergli colla lettera del IO gennaio 1497 fra le pebblleale dal Capponi e dal Viilarì. Digilized by Google 76 Un Joanni Gallo, che era el primo homo de Viterbo« é sialo taglialo a pexzi ad certo csslello vicino a Viterbo: el quale per csaerc stalo inimico del Papa et per Irò varse tra denari et argenti de valsente di 50mila ducali, se dice a Roma clic ’l Papa lo ha facto amazzare. flCM* FirenzCy 28 IuqUo 1496. Questi Signori X lianno advbo da uno suo ohe tengono a Roma per lettere de' xxv, come li era veuuta nova Francesi essersi abbocchati con la M.** del Re Ferrando ad Alella per devenire a compositione de accordo, asirecli ad ciò da necessità per la penuria delle viciuarie; et tandem hanno concluso inscme et piglialo tempo dal Re Ferrando di xxx di per |>olere andare in Pranza ad signiGcare al chrisU sig. Re el stato nel quale se trovano et addimandarc soccorso, con fargli intendere, che se in fra diete termine di xxx di non scranno succorsi, che sono con venuti de partirsc salvo lo bavere et le persone, el relassare liberamente el Reame in le mane de cpso Re Ferrante. Evpeciavasi de di in di la forma delli capitoli facti per le parte, benché cl se intenda che in fra gli altri ve n* è uno che contene che epsi Francesi non se liabbino a partire da Atella se non passalo el diclo tempo, el a dì per di li sia provvisto de viciuarie per el bisogno loro. Sobiunge che el Rev.** Card. Legato dovea partire alli xxvii del presente per andare incontro al Re de' Romani, el che faria la via di Romagna, indirizzando el cammino verso Milano. Questo Vescovo de’ Pazzi me ha facto vedere questa sira una lettera che epso ha havuto dal fratello che è a Roma, cl quale gli scrìve come Mons. de Monpensere havea addimandaio de abboccharsì con el Re Ferrando per devenire a qualche com posilione de accordo; al che se era convenuto de parlarsi conducendo ciasehuno de cpsi XX homini d'arme per parte: el cosi affrontati inscme devenerno alla composi (ionc dello accordo aniedicio. Suhiiinge, che faza qual previsione se voglia el Re de Pranza, che M non serà a tempo de soccorrere alle gente sue che ha nel Reame. Scrìve similitcr la partita del diclo Legalo, el quale vene con commissione del Papa de astringere cl Mag.** mess. Jo. Bcniivoglio che venga a danno de’ Fiorentini; al che dice cl dicto, che non dubita punto che cl prenominato mess. Joanni non exeguisca dieta commissione, mostrando che el suprasinre che epso ha facto sin qui è causalo per vedere lo cxUo clic haveriano le cose del Reame de Napoli. Queste lunghezze de' Francesi et li successi non prosperi del reame de Napoli per la Maestà del Re chrìsl. danno da pensare mollo a queste brigale, parendogli che le cose loro stiano male et in pericolo de ruina; del che ne stonno de mala voglia, cl maxime perché non vedono de potere pigliare parlilo alcliuno bono, trovandosi tanto innanti come sono. Pure sperano in Dio che non li vorrà abbandonare: el pur che io la città fussc miglior unione che non è, le cose loro a mio iudicio passariano più sccure. loft. Ferrara^ 17 nooemòre 149G. il Duca di Ferrara al Manfredi. Havemo veduto quanta ne significati de quello amico (!) che è stato in cusi lungo ragionamento cum el ven.* frale Hiero.xtmo nostro, del che (t) TorfK-ri chiaro pei «locumctilt 197 e fSB. ch« H Sarosarola allDdc rollo nome di omiro *1 Re d< FraocU» Rj* qui pare dorerai inleodore che U rasionamcoio paaeò tri H Freie e ua imbaaciatore di eaao Re. 77 havcmo faclo qualche iuditio: et per lo amore et alTectione che portiamo ad cpso frate Hibro.xymo ni pare che li habbiaii a ricordare io nome noelro (»e bene credemo che per essere prudente, come è, non crederà cusì facilmente ogni cosa ), che V babbii bona adverlentia acciò non sia circuravenulo, perchè molte simulatìoDO et flctione se fanno assai (late per tirare altri al suo disegno, et dalia longa se meilooo le rete per condurre il pesce alla ripa. ^ Il Manfredi al Duca di Ferrara. 106, Firenze, 26 dicenìbre 1496. — Uno de’ Signori X me disse che questo giorno hanno lettere de' xxi del presente da Lione dalli loro Oratori, li quali inter alia li signilìcano la expedilionc presa del fare la impresa et de Genoa et anche de Hasii, come per altre hanno anche siguifìeato. Et similiter come alla prescntìa della Maestà del Re è venuto el Card.* de San Malò cum ci Marcsclialclio de Belchaire a sinistri ragionamenti et parole criminose che hanno faclo resenlire in tal mancra la M.** del Re che lo ha liovuto a dire: che bora lo è certificalo dove è causalo la perdita del Reame de Napoli el la morie de lauti valenthomini che sono morti et periti io dirlo Reame, per bavcrgli aperto marte facto intendere Belchaire el tutto essere proceduto da San Maio, el quale continue se è sforzato de persuadere a Sua Maestà che '1 non se poteva riparare nè remediare alle cose del Reame per alchnn modo, per la difDcultà che se liavea de mandargli soccorsi neeessarii et opportuni; persuadendosi con questo ohe, levatogli la speranza del Reame il Re anche non bavessc più a pensare alle cose de Italia: in modo che Sua Maestà ha tocche cum mane che San Malò è stato causa de lutti li mali occorsi sin qui et in damno et gravezza de prelibala Maestà. Per il che el se stima clic cum et tempo la M.** Sua ne farà tal demostrationc che 'I chiarirà le brigale che '1 non sia mancato da lui che ’l non se sii facto tulle le provigione che siano stale necessarie per irianienerse el Reame de Napoli, et anche de observare , quanto Io è obligalo et a' Fiorentini el ad altri italiani, concludendo che bora lo è per dimostrare com effeclual opere a tutto il mondo, che '1 non è per manchare de fede et promissione a quelli a' quali è obligaio, monslrando che la cosa li rcuscirà el cum facilità poiché lo ha messo d' accordo el Duca de Orliens et el Duca de Borbone, H quali sin qui sono stati di contrari pareri del fare la impresa de Italia, alla quale se sono risoluti et accordali che la se fazi et gagliarda, veduta la disposiiione et grande inclinalione che li ha la M.“ del Re, et meritamente, per conservaiione dell’ bonorc suo. Sobiungono dieti Oratori che alla M.^ del Re erano stati dui Ambassatori del Duca di Savoja quali volevano da Sua Maestà alcliunc cose che ad epso non è parso di farle, et clic stimano che fussc qualche pratiche per beuelllio del sig. Duca de Milano. Ei se è però resoluta la M.'* del Re de mandare ad epso Duca de Savoja dui gran personaggi, uno ne è mons. di Prenes, V altro non me seppe nominare dicto de’ X. El pure che *1 se intenda che se ’l se trovasse mezzo de assicurare el Duca de Milano cum el Re de Pranza, che ’l non seria diffìcile che devenisseno a qualche composiiione de accordo insieme; ultra che io intendo che ’l Duca de Milano se di* sponcria ad rclassare Genoa liberamente in potere de Sua Maestà quando cl se potesse assecurarc cum quel mezzo del resto del Stato suo 78 107. Firenze^ 7 marzo 1497. — H«rì maUina, Jevato cbe fui, me ne andai ad IroTare el nostro vcD. frate Hieronimo el quale visitai per nome de V. Exc., facendoli intendere la alTeclione et amore che quella li portava et la fede cbe la poruva alle cose diete et predicate per sua Patemitade, exortaodolo ad tare V. Exc. ricomandalo a Iddio nelle sue devote et accepte oralìone. Et ultimamente pregandolo per parte sua cbe ’l se contenti fare intendere a quella qualche particularc adviso della opinione sua circa alli successi di queste occurrentic di guerre, et anche dare a V. III. S. qualche tono ricordo come quella se ha a gubernare a questi temporali presenti, andando le cose come vanno, per quel cbe se intende e conosce ; demonsirandogli che farà cosa molto grata et acccpla alla pretib. V. Exc. per la confìdentia che la ha in sua Paiemitade: alle quale cose me rispose: Et prima «che mollo rengraiiava V. S. dello amore che < quella li portava, con dire cbe li recordi che la glie faceva de tenerla ricomandata a « Nostro Signore Iddio non erano molto necessari perocché per debito el ne è obbligato, < et fallo continuamente, el tanto più voluniieri quanto cbe lo intende pregare per « persona che voluniieri se opera nelle cose spirituali et che vive catholicha et chri « slianamcnte, del che ne piglia contento et tubilo assai, et cusi la prega ad volere « continuare; el lui promette pregare Iddio cbe gli fazi grada de perseverare usque ad « Cnem. > Alla parte aulcm del desiderio che quella ha de intendere qualche suo paren* circa a queste occuireniìe, el ine rispose: « Cbe farìa oraiione a Nostro Signore Iddio c che lo inspirasse ad potergli dare qualche lume che avesse a consolai'e V. 111. $. et « satisfare al desiderio suo, cum dire, che bavendo inspiratione alcuna, glie lo farla in c tendere on per sue lettere proprie, oo vero per megio mio. Et cosi questa sira ha < mandalo per me, et ditlome avere sadsfacto al bisogno, mostrandomi una sua poiicc facla de sua mane, la quale me ha data affinchè la rimetta alla Exc. V. a salvamento, « supplicando quella, che voglia tenere secretissimo questa sua inspiratione la quale li « la Intendere sub sigillo confessionis >. Cust a me ha facto, et io lì ho promesso et per la Exc. V. et per me, cbe altra persona non lo baverà a intendere. La polìce sarà qui inclusa, la quale V. S. salverà cum quella diligentìa che rccrrcha el bisogno; et parendole de fare quelli elTccli che ’l scrìve, non credo che fusscno fuora de proposito: et Qiaximamenle perchè pure el se intende per li advisi conienuaii die vengono di Pranza, la Maestà chrìstianissima non se essere mai mutata de openione di non volere omnino fare la impresa de Italia et de passarle in persona, benché U Ministri suoi fazioo ciò che possine per levarlo da questa disposìlione. Or pur dependendo queste cose da Iddio, lui sa come vote che passino et se habbino a gubernare; benché anche el non se vole roanchare de fare le provvigione umane secondo li bisogni: et però parendo alla Exc. V. di mandare qualche persona religiosa, ma saputa, ad sollicìtare lo Q/meo, come recorda el Frale, credo che sia bene, et potria fare bono fructo. Pur de questo me oc remcilo al sapientissimo iudicio et parere di V. Exc. Se io scripsi alla S. V. della qualità et conditione de questo Confaloneri, et suc ecssive delli altri Signori novamentc creali, li scripsi la pura verità, come meglio a questo mio reiorno (1) me ne sono cerliGcato el per el longo ragionamento avuto (i) Seacbi ub’ •ii«nxa del Neufredi da Flreou po«M fKiUiOcarc U lacHoa cb« nel auo carlotsk» ti tlailene 79 domeslictmente con epso, et anche per la relatione havula da qualche altri. Quest’ homo inestato scrìa de parere de levare presto el guberno de ' questa terra de mane dei populo et rcdurlo in poche persone quando lo havesse la apritudine ; che non vedo come li possi reuscirc tal desegno, bavendo de molti contrarii et bomini de autorità che ciò non comporteranno mai. La città è io maggior divisione che la fusse mai, per cl che se dubita cbc non nasca qualche gran desordine, che, succedendo, scria perni* tioso et de gran periculo alla città. El Frate attende ad obviarlo quanto el pò ; ma ha de' contrarli, el direi adversarìi assae, et maximamenle da poi che se intese de questa benedetta tregua, havendo H emuli suoi levata la cresta cl devenuti in un parlare tanto iicentioso, che non pouia essere peggio. El non renunzla però de parlare epso Frate animosamente contro qualunque che %ivc male, et che intende voler guastare el Consegno, quale predica essere opera facta da Iddio. Ha audientia grandissima et con* corso meraviglioso alla predicha, come nc farà bora testimonio el sig. M. Giulio da che li Este et Gasparo Dalle Frutte al ritorno loro a Ferrara. Quello Andrea Gambini che venne a V. Exc. per el fruclo de'grani é tutto del Mag. Francesco Valori. Stimo che *1 verrà novamenle cum qualche parliculare commissione sua a V. Eie., et anche da epso la intenderà molti particularì de queste cose della città potranno essere grati. Ma ben la prego che la mostri non bavere cogniiione alcuna di tal cose nè da me nè da altri ; come sono certo che la oc serà adverlita ad parlarne. Et de quanto succederà, nc farò advisata di mano in mano V. Eie. ..... Fra Girolamo Savonarola al Duca di Ferrara (1). tOA* (rtren2e,7 marzo 1497). — Non è riprobbato 1* amico, ma è ingannato dalli sol, et se vorrà farà anchora gran cose, et spacìarà ogniuno; et però è coca pericolosa lassarlo. Non credo però, et questo dico da me, che fossi male usare qualche asiutia con li adversarij per non intrare in qualche periculo, in sino che Dio H apprìrà li occhi. Noi aiuiaremo la cosa con le oralione. Seria dall' altra parte buono aiutarla con la pru* dcniia, con qualche fidalo che li potesse parlare securamente et apprirli li ochi. Vorria essere persona religiosa et sappuia, che credesse queste cose. Questo non si vuole conferire a persona, perchè non mi sono allargato qui in questa cose anchora con alchuno. Ma la fede vostra ha meritato questo secreto dal Signore, nel quale solo vi dovete c'ui in le vostre saocle cratiooe: et a lutti li vostri beneplaciti ne ofTerimo paratissimi (1), fi }/anfredi al Duca di AVrraro. Ito. Firenze, 7 aprile 1497. — Questi Signori beri hebberno nova come in Pisa erano intratc lx barche cariche di grano, quali li ha mandato Venetiani, accompagnate da V galee sutiile, ben armale, su quale erano da 1500 fanti, che per la maggior parie hanno ad restare alla custodia de Pisa. Et havciido( prima che giongessino diete barche et galee in porto ) sentore el Commissario di Livorno de dieta cosa, fece mettere ad ordine un galeone et una fusUi con dui brigantini bene armati, et mandolle ad inve stire diete barche et galee, et francamente vennerno alle mane insieme, facendo bat taglia crudele, del che ne vennerno morti da 50, el feriti gran numero de questi: de’ Fiorentini morti vm el feriti gran quantità. Havea dicto galeone conquistalo due galee et conducevale in porlo di Livorno; ma sopragiungendoli le altre adesso, et non luivendo gente da potere mettere su diete galee, fu necessitato ad lassarle. Solo preseno una barcha charìca de orzo et eira. Questa cosa è molto dispiazula a questi Signori, la quale stimano assae, paren dogli clic pure el se habbia ad verificare quello di che sempre nc hanno dubitato, che c' Venetiani pur voglino farse Pisa la sua, e cognosoono che le oITcrte che le erano facte per et Papa et Duca de Milano con le condilionc et obligationc che ha inteso V. Exc. erano senza fondamento veruno, persuadendosi che nullo efTecto ne havesse a succedere se prima Venetiani non sì disponevano in questo, quanto che intendono che hnmio fornito al lor nome la fortezza et terra de Vico-pisano et che anche hanno mandato le sopranominale fanlarie in Pisa per fornire de sue gente le fortezze de dieta terra et cosi di Cassino, che è cosa che molto li pesa: in modo che, per quanto 10 sento ragionare da homini gravi et che sono del giibemo, che poiché vedono che 11 potentati d' lulia sono disposti ad volere fare Venetiani signori de Fiorenza (che è in lasciargli dominar Pisa ), dicono che loro anche se confurmni‘»nno a questo, vedendo non potere da se riparare a questa cosa, et che forsi saranno li primi a furare le mosse per fare cpsi Venetiani non soli signori de Fiorenza ma de tulla Ualia: che in ( 1 ) QiieMa ritpo«iB leiicfi pur? à p*f. 85 Srl r*rn « ricnnltto Oputrolo liMo fuori dal conte Carlo Copponi, runieueote otctoir ItUert di Fra Girvtamo Savonarola, 81 vero dubito che, andando le cose come le vanno a danno loro, et non se li facendo altra provigione di quello che mi veda per el Duca de Milano in riparare a questo, che epsi come disperati la faranno alla peggio che potranno. Cito questo serva in proposito de epso sigtiore Duca de Milano, et successive delti altri, la E. V. sapien tissima lo saprà molto bene iudioarc: vedete che se fa ciò che si pò ad ciò ebe lo antcdecto efTccto succedo. Inlendando questi Signori per advisi clic novamcntc hanno da Roma, come Piero de* .Medici se nc veniva alla volta di qua, partito da Roma con alcune gente che lo havea facte de* deoarì accoltati in presto; della qual cosa, se ben se nc tenga pocho conto, stimando podio dieta venuta, per essere le cose della città in tal termine et unione ohe pocho ne habbiiio a dubitare, non di meno stimano lo aclo, causandolo procedere da quelli che si persuadono potere, con questo mezzo de far comparire Piero de’ Medici, tirare le brigate alle voglie loro; clic a mio iuditio credo che lo intendano male, perchè vedo che non sono questi cittadini per calare per conto veruno ad fare cose che habbino designale quelli tali, ma soluin più presto per patire ogni danno et extcrmimo, quantunque forse el sig. Duca de Milano 0 altri che ciò permettono et tentano siano in altra opinione, che in vero, come ho dieio, se ne ingannano et in grosso Ili, Firenze, tl nprUe 1497. — lo ho inteso quanto me scrive V. E. per la infor matione che desidera bavere da me delle cose de Pisa etc., el per risposta dico, che 10 nc farò ogni opera per satisfargli, usando circha ciò bona diligentia, benché cognosca la impresa essere dilllcilo da reuscire, havendola a maneggiare come da me, non pa rendo a quella che io mi scopra con persona che ciò sia desiderio de V. £ La praiicba della impresa de Pier de' Medici, per advisi che se hanno freschi da Roma, non solum è raffreddata, ma ita io fumo, se ben, quando la fusse proceduta avanti, qua se ne fosse tenuto pocho conto Il Duca di Ferrara a Fra Girolamo Savonarola. fl9. Ferrara, 2G aprile 1497. — Vencr. in Christo nobis dilectissiiue. Quando a* dì pas sati ne scrivesti di quello fìolo dei quondam Antonio Gondi, quale è intrato iu quello convento de S. Marco, el quale vi dette noliiìa de' molti trancili faci! per il patre suo cum Kui etc., vi rispondessemo, che non sapevamo berne le particularilà delle cose successe tra Nui et li Gondi, per non essere albera a Ferrara Antonio M.' Guarniero nostro generale factorc, quale è informato et insiructo del tutto, et che ritornato che '1 fusse vi faressemo poi intendere il tutto (1). Mora ve dicemo, ebohavendo Nui mostrato 11 scrivere vostro al prefato nostro Factorc, lui per una sua lettera, la quale vi luau damo qui inclusa ni dà informaiione et instructionc de tutte le cose traetate cum lì Gondi, et de quale natura le sono state, come potrelì vedere per dieta IcUera (2). Vui adunque poireti considerare il lutto, et fare intra ciò quello iuditio che vi parerà. Et a tutti li vostri beneplaciti nc offerìmo paratissimi. (1) Si allude alla lellera del Savonarola del 4 mano 1497 ed alla prima ri«poiU che r{ fece il Duca di Ferrara, riportai* al doc. 109. (9) Il raliore Cutnirro elernT* a pl4 iDlfliala di dncati il credilo del Duca eonlro i Gondi i del ^ual credilo bramandoai oUenern «foietaet* eraoo «tati oOcrtl per parte dei debitori mIì 404 duoaU. Il Dlgitized by Google 82 H Manfredi al Duca di Ferrara, 113. Firenze^ 4 nìoggio 1497 (1). ~ Sappi V« E. che '1 Mag.** Francesco Valori et Paulo Antonio et qualche altri

  • rastare la erubescenlia che epso ha de ritornarsene, poi che el disegno non li era rcuscito come el sperava. La E. V. intese per V altra mia del caso occorso zobin proxima passala qui in la terra per el predicare de fra JiiRO.xtMO de. Et benché sin qui non sia sorto altro, non di meno vedo li animi dell' una factione et dell' altra tanto sgonfiati et in alte* raiionc, che io dubito, se Iddio per sua clemcntia non gli ripara, eh' el sia per nascere qualche gran disordine el scandolo, et maxime per essere el magistrato della Signoria diviso et li cittadini maggiormente, volendo una delle parte omnino che 'I Frat£ se abscnli dalia città per qualche mesi, et F altra non volere comportare per niente (I) fi all staecMo che Tenne rbiiHo eniro t* l»Ufrt ora prvduia del 4 n*cnio I4B7 In (fuile dnTe*a conlenere un minuta ed eMllo racoonlo del frave tumulto procurelo dai nemiri del Satonarola duraolc la predica cfae queUi uel MiUeilo fieruo fece in S. Maria del Fiore par la aoleootU dell' AireuMoike. ohe '1 se habbia a partire. Or pure el potria succedere, che astenendosi cl Frate del predicare, come a me ha questo di promesso di fare, eh’ el si trovar^ qualche bono expedicnte ad componere diete differcntie, mediante anche le bone opere et amorevoli ricordi de prcfaio fra HiEnoNTMO, quale trovo disposto al bene et uuione de questa eittà, quantunque altri siano di contrario parere. A me bisogna usare arte et destrezza in gubernarme in questo caso per non me fare suspecto nè all* una nè all* altra parte. Se ben me^sia voluto dare cbarico, con dire che io favorisca la parte del Frate, attenderò a deporlarme per quel modo che io cognosarò far bene, et gubcr> nanne senza passione. Mcolò Alamanni homo del Re de Pranza, on sia de San Malò, qui residente, me ha dicto che lune proximo venturo se voi partire de qui per ritornarsene in Pranza, et cosi questa città rimarrà senza segno aluhuno del Re christianissimo, essendosi partito più di fanno lo Arciveschovo che era imbassatorc de Sua Maestà lift* Firenze, 12 vxmjgio 1497. — De novo non intendo per lioru cosa di momento da poter significare a V. E. per non ve nc essere da banda alcliunn, se non che Piero de* Medici è giorno a Roma et troppo non se lassa vedere, benché si dica che Vene* liani non siano per mancargli di favore, volendo per il mezzo suo tenere i Fiorentini in suspecto et spesa. Qui se alleode con ogni diligcntia ad assettare le cose della città, ché in vero la ne ha de bisogno per le discordie et dissensione sorte a questi di fra questi cittadini..... le quali, quando non si asseltassino ( eh' io pur stimo che si ) potcriano produrre gran disordine con pcriculo grave della città. La Ec. V. huverà alligata con questa una epistola consolatoria composta per el ven. fra Hikro.nimo, poiché el predicare li é proibito (1). Se altre el ne componcrà (come credo che si) tutte le manderò a V. 111. S Ittt. Firenze, 16 maggio 1497. — Sebenda Roma questi Signori habbino adviso come Piero de* Medici é ritornalo là oltre, el quale poco se dimostra, pur se intende che epso et el Cardinale suo fratello attendono a la pratieba già principiata cum el Papa de relaxare a Sua Santità la Abaiia de San Gertnauo, et epsu li serve de XV miiìa ducali, delli quali dicto Piero monstre volersene servire per fare di novo impresa di ritornare a Fiorenza. Et benché qua se ne tenga poco conto, parendo che non havendo altro mezzo di favore et siibvenlione da fare dieta impresa, eh* el non sia per expe dirla, nè farne se non quel che ’l fece I* altra fiala, nondimeno se mettono all’ ordine de dare la prestanza sili suoi soldati por potersene servire più a tempo et meglio che non fecerno quando Piero si presentò alla porta qui de Fiorenza. El anche sono in proposito, per quel che intendo, de non comportare più per niente che 1 Cardinale de' Medici habhia da bavere le iiitrate de’ beuefilii che ’t tene in questo dominio de' Fiorentini, chè invero quando gli levino dieta iniraia, che ò assai bona, vedo che ’l starà male insieme con li fratelli, li quali pur vivevano de diete intrate assai hono revol mente Intendese per advisi da Roma come cl Rcv. M.'* Mariano (da Gennazzano ) c stalo eleclo,Generale dell’ ordine de Sancto Augustino. \ (I) i l« leiirra che fu «ubilo lUoiptia, dtrciu a tutti p/i (Itili di Diot ftdtìi Criiffont, in dola I ma|{io 1497. Digiiized by Google 84 Le cose qui della cillà pur se auendono a raaseltarsi, benché con qualche diffi culli per Irovarse li animi deilc brigale non molto ben disposti per li suspecli che sono nati, che una delle parli non fasi pralica, on sii in disposilione de opprimere laliuenle I’ olirà, che la fati ruioarc. Aliendese mo a fare opera per mezzo di cilladini, die questi suspeeli se levino, ohe a me pare dìQicile, inteso la disposilione et animi dell' una parte et I’ altra. In conclusione la parte che è contraria a fra IIieromxu . I i male se pò assettare ad devenire a nullo termine bono, se e|iso Fratb non se leva da Fiorenza: al che la parte adversa non lo vale nullo poeto comportare, rìcordandu a V. E. che quelli cittadini che furono detenuti in Palazzo alla venula che fece Pier de' Medici alle porte de Fiorenza per el suspeclo che se hebbe de loro, indicati parlegiani et amicissimi della casa de' Medici, se sono rcscntili talmente de quella nota che li fu data, che alla discoperta, vedute queste di0crrnlic sorto tra citta dini, se sono demonstrati volergli essere anclse loro per la parte sua ; inclinandosi però più alla pane del Frate che all' altra, perchè se reputano la iniuria da dieta parte contraria ol Frate: et' perchè sono bon numero de cilladini et de bone case, donno da pensare assai a chadauna delle parte; ma più alla facilone contraria al Frate, |u:r dimostrarsi, come ho dieta, più inclinati a quella volui che all' altra. Iddio sia quello ebe li dispona tutti a pigliare quel buon parlilo che è salutifero et honorcvole allo universale de questa eillè, che io vero ne ha bisogno 117. Firenze^ 1 agosto H97. — ..... Lo liavcrc detenuto quel frate Ludovico Mondello, dicono Sue Signorie, clic essendo lui sempre stato operatore di mali nelli casi di Fisa contra questa Republica, et liavendo mal tractato alcliuni Fiorentini che se trovorno in Pisa al tempo della rebellione, dove che capitando a questi dì a Pozaibonzo fu recognosciuio da uno quale era sialo offeso et da epso ferito: et che intendendo loro Signorie, gli |iarve de farlo condurre a Fiorenza: de che nacque che reirasscno per molli riscontri che hebberuo. che epso venia per operare cose de mala natura a ma Icfìtio de questa Republica, et maxime essendo epso molto intrinseco del ilev.”* Car dinale de San Severino, quale, come è noto ad ogni persona, è staio sempre fautore in tutto quello che lo ha potuto de Piero de' Medici: ondechè venendo dicto frate Ludovico da Roma, trovorno che '1 veniva con qualche commissione de pratichare cose che facilmente baveriano potuto dare alteralionc et disturbo alla città et al Stato. Le quali cose quanto siano da vigilare per quelli che li hanno interesse, dicono loro Signorie questo lassarlo iudioare a V. E., et anche considerare se questi modi tenuti per dicto Frale meritaranno altra puuitione che quella che li è data sin qui, quale è stala in haverlo con diligenlia facto curare et havulosegli dell! rispedì che non si scriano havuti ad altri che non fussino delli subdiii dello rll.*sig. Duca di Milano Sono advisati questi III.' Signori che Vcoelianì a quest' bora debbono bavere preso la possessione di tutte le fortezze de Pisa, la qual cosa quanto la sia de momento et importaniia a tutta Italia, se nc remeitooo al prudentissimo iudiiio de V. E., subion geudo che epsi non sono bastanti da potere remediarc a tal disordine, resolvendosi alla line che cpsi sono necessitali ad pigliare partito al facto loro, che scrii de qualità, che quando bene perdano Pisa, se persuadeno che altri anche liabbino a giuchare del suo, el forsi più in grosso,.... 85 Fra Girotamo Savonarola a met*. Ijodovico PUiorio (1). liti* Firenze» 3 agosto 1497. — Amalissiino in Cbrìato Jesu. — Non biaogiM del digiuno servar T bora di nona cosi a punto, ma s' intende largamente, cioè ehe non si anti« dpi notabilmente. Vero è che secondo gli antichi 1’ bora di nona era dopo mcao di; et la Chiesa, consideralo che gli buoniini all’ bora comunemente mangiavano a meso giorno, cioè all' bora sexta, volea che diferissiiio il mangiare iofino all' bora di nona, quando si digiunava, acciochè in quello diferirc Y huomo facesse qualche abstinentia. Bora bavendo gli huomini ridotto in consuetudine di desinare ad altra bora che non facevano gli antichi, hanno eliam mutato consuetudine non solo nell’ bora del digiuno, ma anchora l'ordine dclli offllii; onde la Quaresima si solca mangiare doppo vespro, per fare anchora maggior penitenza che nclli altri tempi. Bora, si sia stato per gola 0 per debilità dei corpi, il vespro è stato ridotto alla mattina la Quaresima, per parere di servare la norma data. Et perchè questa eonauetudiiie è prevaluta, sendo il statuto deir bora del digiuno more de jure positivo» a me pare, che al presente 1’ bora di nona circa al digiuno sia da servare secondo la consuetudine della città, cioè dopo r bora nella quale comunemente si desina, quando non si digiuna, dico di poi un' bora 0 due, 0 più 0 meno, secondo la consuetudine della città, maxime quando si costuma sonata nona nella Chiesa : la quale bora anchora essendo prevenuta dall' huomo nota> bilmcntc per qualche causa ralionabile, non giudico peccato alcuno; ma senza causa chi prevenisse, non in fraude del digiuno nè in dispregio, ma per qualche compagnia 0 per ignoranza o inadvertenza, giudicherei peccato veniale. Dunque voi havendo pre venuto, per essere in casa d’ altri et haver havulo rispetto di non dar noia al padrone 0 alla famiglia, secondo il mio iudicio non havete perso il merito del digiuno, et non vedo in questa vostra cosa peccato alcuno expressamente, né anche veniale. E per lo avvenire, non potendo voi fare altrimenti senza perturbazione dove siete, la quale ctiam vi inquicteria lo spirito, ludico sia meglio fare come havclc fatto, maxime per dispensatione del vostro confessore o dell' ordinario, quando si può bavere et servare la pace dell' anima, che star a inquietar voi et altri. Circa al ritardare troppo il man giare, non credo sia peccato, perchè il digiuno è fatto per penitenza, et quanto più r huomo indugia, tanto più macera il corpo. Circa la risposta data per voi a quelli Frali, piacemi che habbialc ri«|M>sto bene; et aggiungete anchora queste parole: che non solamente per questo le prophetie non vanno per terra, anzi si adempiono, havendo già sei anni fa ammoniti questi Frali che si apparecchiassino, poiché di loro si baveva a morire uua buona parte: et di questo loro ne sono teslimonii, et anche il popolo. Et ditegli clic hanno male studiate le scritture, perchè ic cose di Cbrìslo et de' suoi servi non si debbono iudicarc se condo il bene et il male cb' è comune aili buoni et alli cattivi, ma secondo quello (t) IM una ropia del priarlpin del MC. XTI e«i«lenle nHla SiblìAlrea Cnteunalr di Ferrara, e ne rado debi tore alt* amietwToie premura dt Mnnt. Giuseppe AnloneUl Bibliotectrio merito ie detia cMtè. Il Piltorio era oomo «eraale nelle beone leitere. e mi oceorre vedere nell* Areblrlo che Irorandiwl set lisi cancelliere di KiMtUia in Rnrifo dirigerà al Otic^di Ferrara degli epigrammi Ialini per dimoilrargli la aua grande territb e derotione. 8G * eh’ è proprio a ciascheduno» cioè secondo la vita buona et la vita cattiva. Quia, ut dicit Auyustinwi, moia mors putanda non e menaato, dal quale non hanno ritiacto ( per quello ohe io intendo ) cosa nkhunn de momento; In modo elio, veduto li molli riscontri et inditii sutUcicniissinn die hanno che '1 eia in nianehamento, se crede die con el mezzo de altri tormciiU lo faranno oonfessare la verità. Nicolò Ridolli pare che pure liabbia confessmu; ma non nd plenum, come se recercha, d quale anche se crede serà tormentato. Hi se procede al continuo alla examinationc de ep«i detenuti con tanta maturità quanto sìa iwssibile, li et sopraluilo cuni grandissima unione et concordia delti «b'puiati al dieto examine, essendosi accresciuto altri iv de* principali ciliadini della terra ad ciò ohe k) cxomine so faza con più siiioerilà che se possi. Vedese d popolo per la maggior < (mrlc desi derare che la ìuttitia se faza et senza alehun rispecto, alla quale so procederò ma turamente, et, inteso la verità, con quella luodilicalione et misericordia che parerò allo brigato. Fer anche non intendo el fondamento de questo caso, perdiè, come lio dicto, lo examino se fa secreiissimo..*.. (Imsii Signori, por quanto intcndò, hanno adviso da Roma |icr lettere de* viti dd presente, el Papa sollidlare el mettere inscme In sue gente d' arine, diè non passa senza qualche gelosia delli Orsini, li quali dubitano de Sun Santità, et maxime Barto lomeo dal Viano al quale pare ohe se imputi la mono dd Duca de Candin. El Papa ha facto formare un processo cantra per bavere preso et saccheggiato un Castella delia ChH‘sa vicino a Livuoo e( dopo! oomciizalo a farvi una fortezza El Papa ha facto (figliare su la porla de Roma uu certo Proposto del Reame de Napoli el quale venia de Pranza: stimasi sia quello che alli giorni passati arrivò a Livorno sul brigantino con qud Capitnnio Siinone che venne a questi giorni qua, come ne advisai V, E. RI famiglio de dieto Proposto, che bave» la bolgetta con le sue scri(iturc. se ne fuggi. Pure dicto Proposto ha confessato che andava nel Reame ad confortare li Baroni purché In Maestà chrisiianiss.* volea in breve pcrsonuliter venire allo acquisto de dieto Reame? del ohe el Papa pare che se sia ahpiatiio turbato. Da Milano dìctmo questi .Signori lìavere dallo Oratore suo adviso che la Excdl. de quel Signore mostrava credere per cena la passuUi dd Clirìstiuniss.% et maxime da poi che a Milano cm gkmio lo ili.*' sig. Don Ferrante (ìgliol vostro, perchè, per quanto intendono Sue Signorie, el parla mollo apertamente el aftirmu dieta passala. Itt3. /'«ranze, iO cif70fffo H97. — Questo di ho havuio lettere da un amico mio da Roma c) 'quale me scrive, come el ae era dulibcnito per el Papa et per li sei Cardinali de putati prò rcformalionc, ohe ulto paclo non se dassc la absolulione che addiniandava questa Signoria per fni Hteaomsio noairo, itisi prius parerei mandalis del suo Generale el del Papa, non se attendendo alli ragionamenti faeti per li Bntedicli Cardinali de suspcndero le censore per duos menies ut h.** interim I’ andasse a Roma aui parerei: per el che lo amico sobjunge che M dubita che ’l se procederò ad ulleriura in inter dire la città. La qual uifsa facendo intendere per mio lettere a dicto fra Hieronimo, et me ha risposto (I): c che del tulio lui era ben informulo, et che lo era paralo defen (I) Lelter« {Mriiula, come lo »ooo lutl« quelle dlreUc dal Sivuoarola al Manfredi. 12 90 « dere la causa de Iddio, benché ipse Deus cani defendet, allesando: quod Dominus • mihi adìniOTy non tùneòo quid faciei mifU caro; pregandome ad scrivere allo amico, « che Dio el libcrarà ad omni modo perchè questa è opera sua. Et se alchuni bomtai quando hanno facto una impresa vogliono che ad omni modo la habbia c0ecto et « vadi innanzi per salvar 1’ bonore suo, pensino che Iddio vorrà questo medemo per « suo bonore : et cosi questa volta ha a combattere V bonore de Dio cuoi quello deili € homeni : bora si vederà qual sera più potente ; dicendo che lui è puro ministro in «questa cosa, et che lassarà fare lui: et ipse faeiet, nullusque ei resistere poteriu > Seria pur ito a parlargli, ma el me scrive, « ohe ultra li Frati che sono morti a questi « di de peste ne) suo mooasterio, anche novlter se oe era ammalato un altro che stava « quivi > ; però me son absteuuio de andarvi, chè son certo, quando li parlassi, se aliar* garia cum mi de più cose che non se debbono scrivere, nè possono per ornai rispetto. Expectaremo quel che seguirà da Roma, et succedendo cosa che babbii a perturbare la mente el quiete de dicto fra Hiero:«ino, soo certo che ’l pigliarà delle vìe et devi uirà a termini ch*el farà obstupire le brigate a Roma et altrove anche. Quello che ino succederà, intendendolo, lo notifìcarò a V. E. La lettera a sua Paternità che quella me indirizzò (1), glie la mandai a salvamento, et epso me scrive che come el farà la risposta che me la mandarà. lo intendo che questi Signori hanno terminato de mandare un loro cittadino allo Imperatore cum bone et larghe commissione, quale ( per quanto ho de buon loco ) non lo mandaranno che tutto non cooferUebano cum V. E., et fursi termioaranno che alla partila el venga a ritrovare quella per conferirgli le commissione che li daranno et per bavere il parere, consiglio el favore de quella, persuadendosi che '1 non li sia se non per valere ad ornai bon proposito per loro bonore et beneCtio conferire questa luro pralicha cum Vostra lllustr. Signorìa, rendendosi certi che quella non li sii per mancare de recordargli cum amore et fede quello che la intenderà bavere a servire al bisogno della città. Et perchè anchora el non se è facto resolutione ferma de questa cosa, credo che sia bene a tenerla secreta: chè stimo ne sia stala causa questa no vità sorti de questi cittadini detenuti, la quale dà da pensare assai alle brigate, e Iddio voglia ebe la non produchi qualche bumori cattivi nelle città, pigliasi pure qual via se vote, perchè il se è misso le mane io case nobili et delli principali parentadi che sicno in Fiorenza ^ Firenze^ 17 agosto U97. — Per l’altra mia delli xii del presente signiGcava a V. E* quanto era successo sino a quell' bora de quelli ciliadini detenuti eie. Dopoi è seguito’ che ultra alla tortura data a Bernardo del Nero, sono li altri stati examinati senza alcliun rispecto con tortura, et tandem cavatone el dicto loro et confessione, se è fornito lo esamino et facto cl proeessso contra loro secuodum formam jurìs eie. El quale per anche non se è publicato, perchè prima el se è ordinato de consultare bene el caso per deliberare quid ageoduoi. Et cosi questo giorno se è facto pratiche dove sono intervenuti da circha 200 cittadioi, alli quali se è leclo lo examino et confes (I) V. dortin. Iti. Digilized by Google 91 sìone factc per dìcti detenuti; et per essere la materia longa et della importantia che la è, per insino a quest' bora tu de nocte per anche non era nsctla la praiieha de Palazzo, la quale se comenzò stamani ad bore xii, et per ordine della Signoria se deliberò che nullo ne potesse uscire, provvedendosi el desinare a tutti li antedecli eìlladini in Palazzo. Vedesi, per quello poebo che io ho potuto intendere, li aniedecU detenuti non essere senza gran colpa : et perchè sono pure de' principali cittadini et parentali della terra, se presume eh' el se onderà pesato in procedere contra ad epai, se ben comprendo che siano in gran perìcolo, vedendo la maggior parte del populo inclinalo contra epsi, quando habbino errato Crisiofano da Casale, già Canzellicri della bona memoria del conte ioanni della Mirandola, fu preso per ordine della Signoria domenica nocte a Bontà, dove se era reduclo ad habiiare pvr suspecto della peste, et condueto a Fiorenza prigione..... del ritornare in Italia Intendo che questa praticha ( del che nc sono presi li aniedeeti cittadini ) se maneggiava per mezzo de un certo frate de San Gallo dell' ordine de Sancio Atigustino, et anche p(*r uno M.'* Agnolo da Tivoli che è allevo deili Orsini, el quale a questi mesi possali soprasieltc in questa terra più giorni. Questi Signori hanno lettere da Lione de' xi, che contengono la Maestà del Re essere ritornata a Moiines per essere stalo persuaso a non se condurre a Lione per la peste che se li era scoperta in più lochi, et tutto se era faeto per ordine de quelli snoi che continue usano ogni arte per condurre Sua Maestà a torsi dell' opinione ferma Et per questo effcclo Sua Maestà ha mandato M.** Theodoro suo medico con un altro de easa a Lione ad (ine eh' el faza tutte quelle provigione cb’ el eognoscc essere necessarìc per liberare della peste dieta terra de Lione per vo« terne omnino ritornarvi, eon fermo proposito de passare in Italia; et pare che dicto M.~ Theodoro, che se trova in Lione, habbta rescrìpto a Sua Maestà, che nella terra non è tanto male che epsa non li possa tornare seouramentc a suo piacere, havendo provvisto a tutte le cose necessarie per neclare et purgare la terra da ogni infeclione de peste. 195. Fiesole, 19 agosto Ii97. — Della praticha longa che se fece zobia proxima passata, se concluse unitamente tra li ducenlo cittadini che si riirovorno in la consulta, che a cinque delli cittadini detenuti se daessc bàndo de rubcllo et del capo, et che tutti li loro beni fossioo confiscati alta Camera del Comune: el nome de’ quali è prima Bernardo del Nero. Nicolò Ridoifi, Lorenro Toraaboni, Zanozzo Pucci e Joan Cambi, che tutti sono delle principali famiglie et parentali di Fiorenza. A dui altri cittadini che se trovano a Roma assai ricchi, fo similiter deliberalo che havessino el bando antedicio, con conftscaiioiie de' loro beni, per bavero epsi tenuto praticha con questi detenuti per el iraclato che maneggias'ano de rcmetterc (secondo che se dice) Piero de' Medici in Fiorenza, al quale subvenirono di denari per ordine di questi di qoa per fere la impresa de ritornare in casa; uno de' quali si addimanda Nofrio Tornaboni parente di Lorenzo anledicto, 1’ altro è Lionardo Bartolini. El processo per anche non è publicato, se non tra quelli ducenlo cittadini della praticha, li quali preseno iura> mento de non conferire con persona particularc alchuno che se contenesse in dicto processo, con pena di pagare 500 ducali a chi conirafacessc. Così me riferì beri el Digìtized by Google * 196. Francesco Valori, dal qaalo reoerohai de intendere qualche particulare de questo examine. Credo, per quello che lio potuto> retrahere, che tal silenlio che se fa non sia senza gran cosa et mcsieriosamefite facto, essendovi in cpso denominate persone, che per aoehc non è l>ene publicarie. Ileri mattina se mandò un bando publioo per tutte le oiltà per parte dulia Signoria, ehe qualunque bevesse on sapesse dove fusscno beni delli aniedicU vii cittadini li dovessino manifestare per tutto el di de boggi, alias se procederia conira de epsi come rubelli etc. La executiooe auiem deJli antedicU v con* dannati per anche non s' è fucta, liavendo epsi appellato al Consiglio grande, la qual appellalìoiic dicono non se li potere denegare per li ordini et statuii die luono io la ciiiè de questo appello, allegando che e.^sendo auditi in diclo consìglio talmente iusti* fiehcranno li casi loro, che non dubitano punto con ragione patere essere condanoatì co modo qiiod supra. El sopra questo oggi se è stalo in disputa, el per essere el caso dubioao et de momento assai, per quello che me è facto intendere, per ooclte non se li è preso resoluUone. lo pure ho inteso da un homo da bene, tra U altri cite se adoperava in questo iractato, eh' cl nostro M/* Mariano da Zinaztano se li era molto bene meschiato, et maxime nel tempo eh' el stelle in questa terra, che fu questo anno passalo: che in vero lo ha perso assac in questa terra. [>a Roma Itanno adviso questi Signori, come olii x di questo (b coronato cl Re Federico a Capoa, dove non intervennero se non pochissimi delli suoi Baroni. Tra li allrì non li fu el principe di Salerno, nè '1 principe di Bisignano, imo nullo do casa San Scverìuo: dello qual cosa se ne fa caso assae, et vedese che pure ci se affronta questo con quello ohe io seripsi a V. E. per V altra mia eircha a quello che reporiava in Franzo quello Abate de San Severino ehe era capitalo a Livorno. Qui liabbiamo gran earesUa de ogni cosa, et maxime de grano, chè siamo su la ricolta, el com* prese cl staio del grano a questa oiesura, che è assai minore che la nostra de Fer* rara, bolognini 30; in modo che io mi vedo a mal partito questo anno per cl mio vivere con la famiglia in queste bande la quale ho grave, in modo che se io non son sobvenuto da V. E. me vedo in tutto essere disfarlo, et ali' hospitale maturo P. S. ])eili altri cittadini susieouii per aoebe non s' è preso altro partilo, foni l>er non se trovare in tanto errore quanto li altri condannali, et anche per ooo mei* lere tanta rame ad un tracio al foco. i Fra Cir^ìkano Sivonarola a fra JUarc' Anlmio Fieintme I ÌM yenezia (1). Firmizey 28 agn*io U97. — Venerabili in Cbrìsio frater. ^ Pliirimum deleolaveruni me littrrs tu» que le cnìhi ad amicitia* cuniuUm addiderunt, nihii cnim jucundius quam amari. £a auiem vera amiettia est quani non solum virtutis speeies, aed Cbriili choriias indissolubili vinoulo eopulavii. Cum iiaqiie pervulgala remm noslrarum fama le ad scrìbendum compuUeril, cumqne vero nos visendi desiderio lenearig, doleasqitc id ex oondiUone temporum ob smvieaiem Ilio pestom libi denegarì, majorem in modutu m XiV, t«d. CCLXVr, pag. 36ii e a’ ebl» copi* dall* corteti* del prpfalo pa(Ue Ka^oone. 95 libi i)ebiere fau«pr oh, amoria et lOSìou me iiu abuadamiam nco est qiiod tardila* toprt tuam ip soribendo axcuseni nulla enìoi debitio est, ubi nulla prmotiseii obliga* lio. Quid({uid autem ioodo.ifipondìaU aa bumaniialu t4ia provenìlf graiiasquc Ubi ago PMximas* aique suffunopore lAtor noo triviaiem aiit vulgarem nmioum cooiperasso, snd soraphictt rcligionis /Cl ihcologifiiB vsriuiUs professorem qualcm lo scrìbis; cumque do rebus nosuis lo {rie senUro falcaris boote mentis argiimeniom est, quooiani, ut iiosti, fides pnBcipuum Dei donum est, mngisqiie bene agendo et operando quaip subt liliter disputando acqiiiriiur, oujluRiqiio iìrinius argumentum iu iis quse, Deo inspirante et jubente, pi^tulimus aderrì potea^^quani ut quisquis iniBorUis est, bene vWai iBcn* lemque ab oaini noia purget, iugn' domum Domini veraoi jllusiraUoiem suscipioL Posiquam autem ros i eveoorint, non ampUus fìdem sed ceriiiudùiein paricnt, nibil quippe aliud nostra maneat qiiam ut bomincs resipiscant, et .scetenun suoruoi porci* ludinom agendo ad verunh Deuin eoBVCflaaiur. Hoc qui abhorret aut negligit, seipsum condemnol. Qfudquid int^'r de om bommos seoUani, parure reilii cura est, et quo* niam vilem et inutilem servucn m« csse.fatoor dumniodo soli I>eo iionor tribuaior ejusque fides in cordibus hotnioum reviviscai, prò quo certo usque od mortelo. Tu ergo ora prò me, ci muiuais dilectiooem oerva cure frouis reei vetus tecum bcncvo lentia qoam scribis prò atnpiiore pignore acoidit, nec in amore unquaio tibi cedam. Bene vale. Ex Couventu S.“ Marci de Florentia 2$ Aug. U97. f . , t '* « ; Fcrist Vcwrakpi ri cradilbkJiBO SrrrM Tb«oln|iia« Profeiiore, fiAtfl Marco Anlonio ririncn«i in Cltriaio amalWairao. I * ordinii Slii»«tifO. Fa. HlEftOXVNUS DE Febraria * ' Il ManfrtiU al Duca di Ferrara, Ord. Praed. ^ IO. Firma, 29 agilthi 1497. — ..... Beri niatUnt io bebbi uni di V. E. de’ xxiti del presento la quale stelle mollo in camiaino, benché uebe la non fosse poluU essere a tempo per eseguire quanto quella me comandava, ebe io havesse ad ricordare a questi Signori amorcvolmeole quel che li Decorreva per el procedere verso quelli cittadini detenuti (1), perchè gié erano dccapiltli. Nondimeno intendendo la salisfaclioiie che se era bevuta del scrivere del sig. Duca de Milano, et consideralo aoclie inscme li elTecli, baveri» preso per partilo de porgere questo adviso amorevole con quel boti modo che me fiisse parso conveniente in solisfaelione delti dieli cittadini, li quali, come ho dicin, liavevano bavuto poco grato et acceplo el ricordo del sig. Duca de Milano, el anche stimo che '1 fusse causa de fare morire dicli meschini cilladioi prima che non haveriano belo. Questi son imnporali ( a mio iudilio ) che bisogna sapere luvicare cnm questo Stato populare altramente che non se faceva prima. Et sappia T. E. che piu fiate som stalo demandatodell' iuditio ohe ne ha farlo quella de queste (I) U tot b1 Cecilia. iSS, <• ... j» l,< \ • ' V'c , 1 Digiiized by Google 94 cieculione (acte ctc., alti quali ho risposto ohe quella non sapria se non comendare Omni partito el deliberatione presa per questo populo, conoscendo in epso regnare molla prudentia, per il che non se po credere che Io havessc ad procedere in le actione sue se ‘non maturaiamente et cum consideratione: del che V. E. ne è sialo assai più comendaio che M Duca de Milano, che dicono lui volerse impazzare in le occorrentie loro del Sialo, come quello che pare li voglia dare legge come se fossino loro rìcomandati in subdiii 19(4. Firmxe, i nttemìfre 1497. « Qui sono advisi per lettere de' xxix del passato da Roma, come in Hostia se era scoperto un iractalo, che, per quanto se ragionava, se prati* chava per li Orsini eon el Castellano della roecha, el quale è stalo impiccato alle mura de dieta fortezza. Per el die se dubita che se babbia ad fare impresa per el Papa conira dicii Orsini, non ratiae qxKrunlur u/ dtaeedomu# u6 amko. El se ha qual die opinione che questa non sia stata praticha mossa per Yeneliani, li quali, non sC volendo epsi scoprire, hanno usato el mezzo de Orsini: cl che meglio se vederà quando che e) Papa se scopri a danno loro, come se nc vede qualche segno ; perchè sestima che Vcnctiani li vorranno favorire. Inlendesc similitcr che epsi Vcnctiani alla aperta dicMino volere mantenere Pisani in libcrladc, che è segno che podio stimano li altri Signori et potentati de Italia nè di fuori. Dicese a Roma che Fiorentini tengono praticha de condurre el sig. Marchese de Mantoa al loro stipendio, el che tutto fanno per ordine del Re de Pranzo: la qual cosa credo che farinno el da se, se trovassino cl modo del danaro de fare la spesa. El Papa se dimostra ben disposto et inclinato verso questa excelsa Republica, parlando de epsa mollo honorcvoimcnte, et più deli’ usato che qua se ne stia de bona Italia : voglio. Deochè d pare alle brigale che in Sua Santità non sia da fare mollo funda mcnlo, pur è meglio bavcrlo per amico per ogni rìspecto, che per el contrario. Della Corte sono venuti advisi dallo Ambassaiorc fiorentino, et de Lione anche da mcrchodanii, che dimostrano la M.** del Re pur %'olere exeguire la impresa de et dicono de qualche provisione facta più dell' usato per diclo effeclo. Adducono che lo Adiniraglio, il quale sempre è stato contrario a dieta impresa, bora moslrase disposto ad exeguire le voglie del Re, per il che Sua Maestà che per io adreto non li ha |M>rtato molto ben stomndio, al presente li fa bona cera et carezzalo assae. Quello die mo habbia a succedere meglio se iudicarà per li effecti che alla giornata succederanno. Intendo che a questi Signori la Maestà Sua se offerisce de fare tal provigionc per conservNtionc del Stato loro, che eognosceranno el bon capitale che sempre lia facto de questa Kepubtica el d desiderio che epso ha de gratificarla et > beneficarla. Hanno questi Signori eleclo Ambassaiorc per Roma cl mag.*” Pauloantonio Sode* rini, che stimo sia facto per dimostrare al Pa|>a el bon capitale che se fa de Sua Santità, et quanto stimano d conservarselo per amico et bonivolo Questa mattina è intralo la Signoria nova la quale fo deela nel tempo che la città era in qualche più divisione cl parte che la non è ora: et pur se vede die tutti questi Signori sono delli divotì el inclinati a fra Hieuom.uo Lo è parso a questi Signori per el meglio della città de non dare bando de rubello a molli ciiiadini che se erano fuggiti per suspecio dot tractato scoperto, del che d’ è successo la morte delli cinque decapitali a questi di; et però li hanno dato le confine per la maggior parte nel dominio et stato de questa Signoria. Crislofano da Casale che fo anche epso detenuto, come ne advisai V. E., è stalo relassato per non se bavere trovato in errore alehuno, se ben per la città se divul* gasse per la plebe che lui fosse stato preso (>er bavere avvenenato la bona memoria del conte Jovanni della Mirandola suo patrone, clic punto per questo el non fu preso, nè anche stimo sopra questo sia stato eiaroinato. El dicio Crislofano rcngralia V. E. el restagli eleroalniente obligato del boa favore ebe io in nome de quella li bo pre stalo per farlo liberare, si come la me commesse che io facesse. Sforaa Bettino anche lui è dcleiuito, ma non se crede che sia per cosa dì molto momento per la quale ne babbla a patire. Stimo die più presto sia per qualche parole inconsiderote die epso baverà dioto a gravezza della Signoria un di qualche altro cittadino, essendo lui mollo lieentioso in parlare et senza liavere rispeclo de persona veruna. La peste se vede in dies andare declinando, non intcodando che da qualche giorni in qua la babbia facto molto danno, che in vero è segno che Iddio, et io questo el in altre demostratione facle a benefllio de questa città, la vole conservare: el intendo da homo digno de fede et de grande auctorità che se è trovato allo examioe de quelli cittadini decapitali, ebe è cosa stupendissima intendere le pratiche che se maneggia vano a malefiUo el ruìna de questa misctiioa città, omsiraodo che se non per opera divina la se è conservala sin qui nel termine die la se ritrova: el diceme ebe ’l vede pontino seguire tutto quello che lia predicto et predicato gli anni passali el nostro fra HtEUONiMu, allegando tra V altre cose quello che in pergamo el disse la quatragesima passata, « delli Cani che erano lìgaii io catena, U quali volendo mordere con impeto correano; ma non se poteano extendere ad exeguire el line et desiderio loro, per essere reteuuti dalle catene. » La Exc. V. haverè con questa alligata una lettera che questo di me ha mandato fra Hieroniuo (t). El me ha facto intendere che la è per risposta de quella ebe li scrìpse quella a questi dL t!in. Firenze^ 5 ètUen^re 1497. — Questo di ho veduto lettere del Rev.** CardJ* de San Maìò in merchadandi qui, et dì altri anche, che scriveno dalla Corte che è a Mo lioes, le quali cootengono la Maestà del Re pure continuare la rubrìca del voler pas sare in Italia, et mostra San Maio ittenderse a fare provigione per diclo effecto, et maxime in Marsiglia, de una grossa armata. intendese che lo Ambassalore Veneliano che è a Roma non resta de fare omni opera per levare la Santità de Nostro Signore dalia bona inclinalione che epso ha verso questa exc. Republìca, et aperte divulgare la sua Signoria volere per ogni via et modo conservare Pisani in libertà, et a questo elTeclo bavere mandato un provveditore M) É U lellera ia i$ afofta I49T pabòllcala dal Capponi « dal Villari, lochi eilali: e riapoodo a avella del Uvea al Setonarala che Icffcei al dee. IN. 96 a Fisa, el che quella molle ad ordine de mandargli 600 cavalli leggieri con qualche squadre de gente d' arme. Qui se attende con ogni diligoniia a rasctuii*c la città et anehe de trovare modo de fare denari per pagare le sue genio d" arnie per potersene servire ad ogni suo bisogno, essendo menazMii da mila Italia. 130. Firenze, 9 setteinbre U97. ^ Questi Signori X hanno lettere de x del presente da Roma per le quali sono advisati che facendo invtantia lo Qratore de Milano cou lu Santità de N. S. alla prescntia dell! altri .àmbassatori della che^l so provedessc ad fare provigionc de trovare XXmiln ducati per dargh al Duca tte Savoja adoiò che el facesse opera de intrattenere cl Re de Pranza dal fare la imfrrcsa in Italia,' sì eoftie el dimostra profalo Sig. Duca de Milano credere che Sua Maestà habbia omniuo a pa&sare; et trascorrendo prenominato Oratore de Milano in dicto ragionamento, pare che lo Ambassatore Veneto animosamente cavasse una lettera che 11 scriveva la sua Signoria, clie conteneva che ad epsa Signoria parca che ad volere provedere a questo bisogno era necessario de trovare expedienti de sorte, che se havesse a diminuire el levare le forze dclli ribelli de Italia, dimostrando che c^'Fiorentim et cl sig. Duca de Ferrara siano iudicdli li HbeHi antcdicti. Al che juire che consenta el sig. Duca de Milano, confessando che se V. E. ha qualche inclinaitotie al Re de Pranza la non è naturale, ma per satisfare a* Piorcnimi, li quali continue non restano de lenirla solle* citata et importunata a continuare in la devotione del Re de Pranza. A Roma ac parla publicameiiie della unione et intrinseehi'zza che *è' tra lo Oratore Veneto et de Milano, et delle parole che usano apertamente a dannò et gravezza de' signori Fiorentini et de V. ili, Sig.~, con dire die epsi sono causa della ruina de Italia, essendo loro soli che tengono in speranza cl Re cbrisi. iti pensare alTè cose de Italia. 131. Firenze^ 10 selieinbre 1497. — ^*..4 Questi S?grtorì nw hanno facto intendere bavere deliberalo de relaxare el marchese Tomiiso de Vilfafrancha el quello frale Eudovico .Mondello, volendo satisfare interamente al desiderio dello HI.** sig. Duca de Milano, iudicando essere ben fatto di compiacergli..... '• ••''•'•t» t .n 1 .» . / 131fe. Firenze^ 22 gettemhre 1497. — Da Romai hanno questi Signori |H*r lettere de xvii del presente, come la Santità de N, S. havea facto prendere et rticuare in Castel Sanclo Angolo lo Arcevescoto de Cosenza suo |»rimo secretarlo, che era cl più caro che lo havesse, per essere selioperto de molte fulsUà che 'I faceva per bavere spazzalo infinità de brevi per denari, PoniiKee inscio, et dubitasi Che 1 non capiti male. El Re et Regina de Ifispagua pare cìie hahbinno seo|Téito ipK'ste falsità. SoUo ctiain presi quattro scriplori apostolici spagnoli che sono stati con lui a spazzare faccnde in Hispugna, che non se crede che questi siano con:reii de dieta' falsità /f Ddca di Ferrara u( .Vonfredi. • . 133. Fcrrar(t, 7'nò essere a memoria che al principio dcllii estate passata le soc gente d' arme che erano a Ravenna corsero suxo quello de Bagnocavallo et depredarono bestiame et case, et 97 ferirono et «maziarono dell! nostri homini. Et poi heendo grande inslentia pur epta Signoria de volere mettere le oonlìne tra Ravenna, Bagnacavallo et Fusigoon|, vole vano fare a suo modo per terne grandisainia parte del nostro indubitato modo. Dal canto nostra non era a resistere, exeeplo che in bnmiliarne et in farli intendere elle eravamo et volevamo essere bona figliolo di quella ili.' Signoria, come cliandio ni era reeordato per alcuni nostri nmiei: et cosi con questi dolci modi temperassimo quello sceellerare delle confine. Comeniorono a fare instantia che volessimo andare a Ve nelia come eravamo solili. Respondesaimo non poterlo fare cum nostro houore insin durava il deposito del Castelletto ( di Gentva ); poi essendo venuto lo ilL*‘ Don Ferrante nostro figliolo di Pranu et approxiaMudosi il tempo della restitutione del Castelletto, et essendo gii electo per lo ili.** sig. Duca de Milano il mag.** mess. Francesco Bernar dino per venire a domandare dieta realitutione, fossemo pregati da epsa Signoria de mandare a Venetia epso Don Ferrante, dimoslrandose bavere grandissima desiderio de vederlo, et cosi lo mandassimo quasi in quello tempo ebe dicto mess. Francesco Bernardino era qui, parendoni poterla fare, esseodo gii certa la restitutione del Castel letto et proxima ; ma havevamo bene questa inlentionc che l' andata soa fosse secreta perchi lo mandassimo travestito cum uno famiglio solo, et lo inlroducto alla Signoria sceretamente, et in quello modo se ne ritornò. Se gli è ma piaciuto de publìcare questa andata, Nui non ni potvnio altro. Et perebò per il passato habbiamo dicto de andare a Venetia quando sia restituito il Castelletto, ni seri fona andarli. Ha siate certo che per questa nostra reconcilialione in questa nostra andata, la quale tende solo ad un fine, che non ni sia nociuto ni buio peggio di quello che è sin qui, non si è per remettere nè minuire parte aleuoa della nostra optima dispositione verso quella exccisa Signoria de Fiorenza nè verso li altri nostri amici et benevoli. Haverao voluto che intendali questo discorso acciocché poUati rendere rasane et bon compio a quell' cxcclsi Signori del tutto. 134. Firenze, 13 nouemòre U97. — U Manfredi oJ Duca di Ferrara. Sabato proximo passato se elesse per el Consiglio grande li Signori X de Liberti che hanno a sedere post prcsentes, li quali, per quanto intendo, tulli sono delli afleclionati al nostro fra Hiebovimo; et in vero pur son tutti bomini da bene. La peste da qualche giorno in qua ha facto pocho danno qui nella terra, et spcrase che andandosi conira el freddo che in tutto la cessari. 135. Firenze, 19 novemòre 1197. — Persintendo io omni di el parlare che se faceva per la città ( quantunque non fosse per homeni de molta auctorità nè gravità ) a qualche gravezza della E. V., sì per bavere quella facto la restitutione de Genoa allo ili.'* sig. Duca de Milano, dopoi per la delibernlione che quella bavea facto dello andare a Venetia, el non potendo a simili in universale iustillcare le cause che haveano inducto V. S. ad fare I' uno et I’ altro effeclo; pigliai partilo de andarmene al nostro fra Hie aoitiMo, con el quale fui a longo ragionamento in dichiararli le iusliUcale cagione et imo necessitate che haveano mosso quella, prima ad fare la restiltilìone del Castel letto, secondario dello andare a Venetia; et ciò feci ad fine che essendo lui informalo 13 98 del lallo poteese chiarire la caente de molti ehe haveono (helo sloìitro juditie de dieta andatala Venetia,'parendo a imro che quella ad ciò fime derenuta per bavere aeconzo li faeti soi et aecordatoai oum la liga, senza haverlo eainuoioato a questa Signoria, alla quale essendo in bona amìeitia et benevolealia con la E. V. se li dovva pur hir intendere tal pratiche, ad ciò ebe anche epaa havesse potuto pensare al taeto suo; dicendosi da molti altre parole, quale per non essere da notare molto le pas sarò cum silentio. Et in elToclo, declorato che io htbbi el tutto a sua Patemilade, me rispose : < Che molto li era stato grato et aoccplo haScrlo inteso, rispondendo sUa « prima porte della reslitutione, che epso naa sapeva per qual modo la E. V„ essendo devmuta al termine de fare dieta reatitulioae, potesse denegare de farla nè sopri atare, et tonto più quanto ehe ’l se vedeva non polersc fare fondamenta tale della • passala de' Francesi al presente, ehe sotto loro ombra se havèsse ad «xpaacre a « pericolo, et maxime quante ohe la ili.** Big. V. come justissima non haveva con > trafaclo allo oMigo per non violare la fede; aobiungendo che anche el oomendava • quella del prudente partilo de la & V, in eonservarse io amore et bcnevolentia cum « li vicini suoi : benché anche a lui pareva che ’l non fusse male a interlenersi anche • in bcnevolentia cum Francesi quando cum honore et comodo el se possa fare, ille « gando che ’l non vedeva che el Re de Franza per anche fosse reprobalo da Iddio, > come altre Tute el ne disse haverlo significala alla Esc. Vostra ; resolvcndose che € havea hnvuto earissimo intendere la causa dell' andata a Venelia che quella havea • a fare, per levare molli della falsa impressione ohe haveano faela, che dieta andata • non fusse per partorire se non mali effeeti a maleRtio di questa ciltè et in prciuditio < de epsB. > Et benché ’l sia da lontre pocho conto della impressione sinistra che se era facta in popolo, haveodo io chiarito la mente di questi principali del guberno, non di meno inlendando li progressi della cillé per el guberno hodierno, el ine pare ch’el fosse per servire in proposito per el mezzo de diclo Fkate nastro ( quale pure ha el credito et seguito consueto in questa città ) farlo advertito del bisogno, ad ciò che universalmente quella fusse judicala amica et benivola de questa Republica come lo è stala per lo adreio, adduoendomi però diclo Psate che cum destro modo porgesse questa jusliflcalionc de V. E. per omni bon rispecto a quelle persone ehe li parerà necessario. i El dìcto fra llienoMMO me disse, « che in questo giorno lo era stato a lui un « fiorentino nominalo Nicolò 4e Cesare, homo odoperato per la Maestà dello Imperatore « in Italia, el quale lo havea visiuio per parte de prenominata Naealà, extendendoae « poi in persuaderli per parte de epsa, che la Paternità Sua faria bona opera et molto • utile a questo popolo quando la confortasse queste brigale a pigliare la volta dello • liga et non se confidare più nelle vane promesse de' Pranzasi. Ai quale el me disse «che'lglie havea risposto: che'l non se travagliava de queste cose de Stato el che ’l • cognoseeva Fiorentini de prudeotia tale che ben ( senza suo ricordo ) saperiano pi < gliare quel bon partita al fncie loro ohe conoseerenno essere necessario al bisogno • et raso toro; dicendomi ctiam che ’l cognoseeva che questa tal homo era mandato « per chiarirse se lui se travagliava in queste cose de Stato, forse per appuntarlo per < qualche modo cum gravezza el charico suo. > El spera sua Paternità che presto sarà 99 acDOBZ* el fleto suo oun et Pi^a, irovindoM U milerii ben disposta et !fua Santità inclinata ad farlo; el che auccedeBdc K serè di gran landa' et oomendatione, eo' ma xime ma se bsvondo vafauo inclinare ad fare qaclle cote Che K hatei reeerchate Sua Santità ohe 'I faceaae. Quel ehc più oltra^ne intenderò, ne hrrò advhata la Exe. V. la quale mi rendo certo par la alfeetieoe che la porta .a sua Paternità haverà piacere intendere oraoi suo felice al bon sueoesso. ISA. fVrnue, 29 nouemàrc 1497. —' La gante de’ Pisani lianno a questi lU scorso sul territorio de questi Signori di verso 'Vollerra, el hanno predato da oirdia ISOO capi di bestie grosse, per quanto intendo, et hannole conducte senza alchuno impedimento a Pisa. • I Di verso Roma non se ha altro se non che Piero de' Medici fa el gagliardo, di mostrando far gran fondamento su la conduota de Orsini con Venetiani quando la se loncluda, come se stima che lo Isrà; benché queste brigale dimostrino lenirne pocho conto. ' 1 ' ' ''i ‘ 1 I Dclli successi di Napoli non se intende altro, se non che ’l Re Federico prosegue puro la impresa centra el principe de Salerno, benché per anche el non habbii presa la terra de Diano dove è stato, molti giorni alla obstdione. Di Franzo sono più giorni che non se ho bevuto adviso alchuno, che fa stare le brigate qui in ndmìralione; le quale trovo (come piò fate ho facto intendere a V. E.) continuare pure in quella stia usitata malo diopooitiene verso h> Amico ( >f Ite di Francia), parlando apertamente delli mali partamonll et'Sinistri modi che ’l serva a malefitio de questa Rcpublica, et per qnosto dicono parole In essere neeessitati a pen sare al bolo loro in pigliare deHi partiti che foni altri non li pensano, et che potriano non solo essere de preìuditio a loro ma ad altri anche. 139. Firenze, 18 dicembre 1497. — Questi mag.'* Signori X hoggi hanno mandato per me per fare la risposta a quello che a questi 'di li exposi in nome di V. E. eirclia al ricordo che quella gli facea per el tentare qualche praticba con Venetiani etc., el nel discorso che mi fecerno, dissento che tomo grato II era stata disto ricordo amorevole cote sue proprie che li era facto per V. E. quanto se potesse desiderare, ringratiandola influite volte, consideraado maximomente ' che quella in omnem eventum el caso suo non cessa de operarse per bcnefitio de questa sua Repnhiica el non mancho che la se fsza delle el che quanto al tentare qualche pralicba de accordo con la ili.' Signoria de Venelia, non saranno mai per deviare da oiun parere et recordo amorevole che li è facto per la E. V., con dire ohe quella liberamente se pò promettere tutto quello che li parerà de questa cillà, la quale non serà mai' per manchare de obser vare tutto quanto che la designerà de epsa, rendendosi certi che in le cose che la habbii a tractarc el pratichare per questa Repobliea, che sempre la haverà rispecto all' honore et comodo de epsa et maxime alla i conseniallone della loro libertà et reinlegrolione delle cote che li sono occnpole iniostamente, cosi ricordare alla S. V. che quando la se persuada de potere condurre pralicba alchima della quale ne posti resultare lo antcdicto suo affeelato desiderio et eh' el gli para che qua per dieta efecto se habbia a tenere una via pib che un’ altra, quando quella glici bza inundere, sc ranno sempre ( come hanno diclo ) prompti ad exequire quanto amorevolmente li serà 100 per quella ricordato lo mi rendo certo che quando quella faza impresa alcbnna a benclllio de questo popolo, et maxime dove eompreoda de poter recuperare salteoi Pisa, che non seranno queste brigate per naanchare de br tutta quello che prometlerd V. E. per questa Republica, tanto è il desiderio che se ha de rebavere le cose sue et precipue Pisa. Et benché se dia piena lede al scrivere che ha facto V. E. cireba al tentare la dieta praticlia de accordo con Venetiani nondimeno intesosi aleune parale usate per lo Oratore Venetiano residente a Roma che hanno qualche correspoe dentia con el scrivere de Vostra Signoria, se spera che movendosi per prelibata V. E. la praticha a dicto elTecto ne halibii a resultare optimo successo. Et perchè forse la S. V. non haveré inteso ie parole usate per dicto Oratore Venetiano a Roma, el me è parso notifìcargliele secondo che questa sira le me sono state porte da un bon cit tadino de qui; «I quale referisce che in certo discorso facto a questi dì per lo ante dicto Oratore sopra el caso de Pisa, el disse che ‘1 non seria impertinente che volendo Fiorentini rehavere Pisa la togliessino per quel modo che se tene Ferrara per la Exc. Vostra; volendo inferire che ’l oon scria de chariclio che Venetiani li tenessino un Vicedomino, od vero recognoscerla nel grado che fa lo ill.° sig. Duca do Milano Genoa. Et benché el non se comportasse per cosa del mondo per queste brigate de soporlare simile peso oo gravezza in veruna delle terre sue, non di meno liavendo mosso pre nominato Oratore le antcdicte parole, se persuade che le siano con qualche fonda mento diete; et maxime tentandosi qualche pratiche, la fusse per reuscire con bona satisbetione el contento de questo populo Questi Signori hanno eleeto dui Ambassatori, uno per Roma, F altro per Franza. Quello che è designato per Roma è mesa. Domenico Bonsi, F altro mesa. Guidantonio Vcspiicci i38. Firenze, il dicembre li97. — De novo, per quanto intendo, se ha qua advisi da Roma, per lettere de' xvii del presente, el Papa liavere novilcr ricordato in concistoro che 'I scria bene a pensare a reintegrare Fiorentini delle cose sue, dimostrando ciò desiderare per el beneRtio che ne rcsuileria universalmente alla Italia. Al che si ac cordavano lutti li Oratori della liga, salvo che el Veneto, cl quale all' usato aperta mente el coniradiceva. Vedese el Pontefice essere molto inclinalo el dispostissimo verso questa cxcelsa Republica; cl che, quando con elleoto succeda, è bona cosa per questa eillé. Sperase ebe nell’ andata de questo Ambasaatore noviter designato a Sua Beati tudine Rabbia a succedere bon effecto a questo proposito, andando con le bone com missione che se stima li saranno date per questi Signori. El Papa pur de nuovo dimostra resenlirse delia praticha che tene Venetiani con Orsini, gravandosi che contro le conventione et forma de' capitoli nullo colligato temi de condurre alcbuno delli Baroni della Sede Apostolica alli loro servitii, et ma xime contra la voglia del Ponlelice. Pare che più dell' usato la Santità Sua se sia scoperta ad imputare epsi Orsini che habbino morto el Duca de Candia suo figliola, per el che se stima che quella sia in dispositione de vendicare dieta iniuria et mone del figliolo. 3*. Firenze, 28 dicembre 1497. — Questi Signori hanno lettere da Roma de’ xxiv del presente per le quali sono advisati essere pure successo lo accordo del Principe de . 101 ' Satemo con la M.“ de) Re Federico, relassando tutte le terre et stato suo a Sua M." et epao parlirae del Reame securo et libero; et per caulione sua, ultra le promesse et secureua che li fanno el Pontelìce, Veneliani et el sig.' Duca de Milano, Ita voluto che le terre sue restino in potere del Principe de Bisignano suo parente sintanto che a salvamento el se sii coodocto nelle terre del Prefecto dove ha destinato de andare, se el poteri, securamente. Questo dico perché io ho veduto lettere de un homo de antoritit da Roma, che scrive estimare che el non se li condurrà salvo, per essere epso Principe homo della importanlio che lo è al Re de Napoli. Quello che mo ne succeder! presto se dover! intendere. Intendo etiam che questi Signori sono esortati dn homo de grande aiictorit! presso el Pontefice ad pigliare partito al facto loro, mostrandogli che ’l non se ha piu a stare in speransa de' Francesi che hahbino a fare la impresa de Italia de questi parecchi mesi, intendendosi la dispositione de' Signori et Baroni che sono presso al Re chrisl. de non volere consentire che dieta impresa se faaa, essendovi molti de epsi principali, et potissime el Cardinale de San Malò, che, tributato da alehuni de questi potentati de Italia, persuade alla N.'* del Re che per anche el non è el tempo del fiire dieta impresa, difflcultandola per più capi, et maxime per non vi essere ci modo del denaro, che est nervus belli 140. Firme, 30 dicembre 1197. — Da Roma se ha come Colonnesi hanno scorso io certe terre de Orsini, et tcnese che sia stato per ordine del Pontefice el quale non porta molto hon stomaco ad epsi Orsini per le cause che altrevolte ho significato a V. E. Cosi se vede che 'I se è tenuto poco conto della provigione della tregua puMicata per bolla in concistoro etc. La E. V. haverà qui incluso la nota della Signoria noviter creata et publicata, la quale è de homini de ingegno et de bone case et famiglie de questa citi!, et quasi tutti affectionati al nostro fra IliESonnio: • Sunto Spirito: Nicol! de Tbomaso Antinori — Francesco de Filippo del Pugliese. Santa Croce; Bencdecto de Lìonardo Mini — Francesco Salvetti. Santa Maria Novella: Scholaio de Agnolo Spini — Alexandro di Donato Azaglioli. • .Sm Gtovomù; Battista Pandolfini — Luca de Antonio degli Albixxi. Confaloniere de Juetitia: Zuliano de Francesco Salvìati. I-II. Firenze, Il gennaio l!9S. — Intendcse qua che Venetiani hanno designato che la Cittadella nova de Pisa minata se refaxi et redueasi nel primo termine. Rem de mandare al presente a Pisa 200 balestrieri, SOO provigionati el 100 schiopiteri; ultra che da Genoa tutthora è mandalo victuarie per mare a subrentione de epsi Pisani: le qual cose, quando siano, dimostrano conlrarii effecti de quello che se sperava qua eonseguire della pralicha maneggiata per V. £., et comprendo che alla One, veduta queste brigate non poterse assicurare della fede del sig. Duca de Milano, per non vederne segni nè effecti de qualità che se possine interamente confidare de epso, seranno necessitati ad gettarsi alla disperata a quella volta che li parerà servir meglio loro proposito; non liarendo rispeelo nè alla preservatrone de amico on bcnivolo che bobbino, nè ad benofltio comune per la quiete de Italia I-M. Firenze, i febbraio 1498. — La E. V. se debbe recordare dello interdicto et I«ìi' cxcwmumca che (eoe publiearc qua el Papa eaotra el nostro fra IIikrokiiuv et per chè cpso è stato più mesi et giorni che pubticamenle el oon ha celebrato nè measa nè altro divino oDUio. sperando pure che Sua . Santità ( inteso le sue iuslifìcalioae-et cause deductogli ) che lo dovesse absolvere, et; veduto che «psa oon se è masaa ad volergli levare dicto ioterdiclo per modo alohuoo. nè per intcrceteione oho se li sono faetc, se dispose a qursta festa della Natività proxkna patsataipublieamente celebrare la messa grande, et dupoi propriis manibus comunicare lutti li. frati del convento Beta et gran numero de secolari in utrusque segus. Or tandem proximandosi lonqindra gesima, et essendo lui electo a predicare In Saneta Reparata, chiesa prinoipale di questa città, se è dieta lui bavere deliberato de predicare alcuni giorni nauti la qua dragesima, et cosi cum omni studio se è attesa a racconiare le banobe e tribunali ia quantità per le brigate ebe audarauuo alla predica; la qual cosa Ita dato aileratione a molle brigate de questi della terra, et potissiuie a quelli che sono oontrarii a dieto Peate, in modo che de molte male parole vaono de: intorno, per el che boilmonle ne polrìa nascere scandalo ol qualche disordine. Ondo ohe volendo io cbiarirme se epso fra liiEnoaiMO era pure disposto al predicare, come se ragionava, et del tempo che lo bavea a fare, deliberai beri de andarlo ad ritrovare ; fora de Fiorcsua ad un monastero, suo, el cosi feci: et parlato con lui a lungo sopra questa materia delpre dioare, el me fece una oonclusioac: • che pmuiao lo era disposto et resolulo ad volere • predicare quesui quadrageslian, et forai prima quando el gli fusae accennato da quelli « qhc' li possioo comandare. > Al quale rispundendOk per meglio cbiarirmi, se lo espec tava oauissione dal PonleOee on. dalla Signoria qui, al me disse: «che el non se < moverla a pigliare tal provintia per comissione della Signoria,, nè anche del Papa, < vedutolo continuare nel modo del vivere cbe'l fa, ultra che 'I coaoace manifesta < meau; essere disposto a.non volergli levare la excomunica, resolvendosi che epio • expcctava comissione da supcriore del Papa el dalle altre creature; ma ohe nè a me. • nè ad altra'persona del mondo poteva dedarare el dì certo ette lo havea a predi scare; sublongcndo. eh’ el non teneva eonto alebunn della scomunica promulgata • cantra cpso, aul lit.abe la era fasta contra omni ragiona et debito, sperando alla € line che chiaranicnte el se intenderà essere la verità, a Et alla porte ebe io li dissi del mormorare che si fazeva nella citlà de questo suo predicare per respeeto della exeornuuieo, videlieet et del scandalo che ne potria . nascere ; el me rispose, eame di sopra; vicbe quando el cognoscesse che la «xcamunica fosse facta iustificata, servata «.servandis, ebe lo averla gran rispecto a non eonuafarb, et simililer se ’l non fuste , • più che certo che per el predicar suo non habbia a nascere nè seaudalo nè desor « dine alla citta. > Quello che mo seguirà ne adviserù laiE. V. Ueri el gloasc in questa terra el Mag. Paulo Vitelli, el quale ba mandate a me questa sira mess, Corrado od excusarse se personalmente el non è venuto ad visitarini per nome de V, E>. allegando che per non essere stato per anche a visitare questi Signori e| non li parve di venire a me. Uollo riogralialo con quelle accomodate pa rale ebe m' è parso fussino necessario a. questo,proposito. Intendo la venuta sua essere (benché chiamalo da questi Signori) per resoivcrsi, con laro della conduota el ati peadio quando lo vogliauo alli servilii suoi; et {parati eh’ el sia in proposito de volere Dini:i'“i by Google 105 Il oondncla et «lipemli» che lo ha dal Re de Pnmza eon tlhilo de Capitano de questa Signoria. Al che non vedo per anche, per quello ehc io ne intenda, disposte a Tarlo queste brigate. La pratioha se maneggia; la rcsolutione della quale me storzari de intendere per notificarla a V. E. l-tS. A'rrenza, 8 febbraio 1408. — > La Regina de Ispagna per li advisi avuti se intende essere gravata de infirmiti pericolosa, in modo che se dubita della morte, la quale sueoedendo servirla mollo a proposito al Re de Pranza per la impresa de Italia. Varii ragionamenti se fanno, per quello ehe se sente da Roma, del Cardinale de Valenza, ehe vagli deporre el cappello, et dicese che in questo carnasciale se ne ha a vedere lo clTcoto, che sori cosa de admiratione. El Mag.** Paulo Vitelli anchora non è expedito do questi Signori per el facto della sua conducta. La cosa i dlfllcile da condurse, stando epso in opinione de volere el titulo del capitaniato et el soldo de 300 homini d' arme con el stipendio dell! 40 mila schndi che lo ha dalla Maesti christianiss. Fra due giorni se inienderi la rcsolutione. El nostro vener. fra flicaonma ha pure determinalo de predicare domenica prò xima ventura, secondo ehc se i publiealo. Qualche contradiclione se intende ehe sono tra queste brigale, et maxime non essendo levatogli la excomunica el interdicto dal Papa. Expeclaremo el successo et fine della cosa, per el quale se potrà meglio indicare el fondamento che ha epso fra HlEioitiMO, se ’l sari divina on humano •44. Firenze^ 13 febbraio 1498. — El Mag." Paulo Vitelli ha concluso la pratieba della conducta con questi magnifici Signori X El nostro fra lliEao.siMO pure predicò domenica proxima, et hebbe grandissima audientia, el quale tra le molle altre notabile et memorande cose eh' el disse, de chiarò, per molle ragione vhc che lo addusse. • non essere valida la exeomunica on < sia interdecto die li ha facto el Papa, eh’ d non possi predicare, eomprobando « tulle le cose predecte hoverse absolute a verificare. » Procurarò de bavere la copia de dieta predica, se la se polii bavere, et mandarolla alla E. V. Vedese in omni modo gran varietade, el farse ragionamenti sinistri per questo predicare per rispetto dello interdicto, maxime per li Canonizi et preti della chiesa ohatledrale qui, el altre della città. Vedrasse mo come se risentirà el Papa de questo predicare, el maxime essendo esso fra Hiinoxiao in fermo proposito de predicare tulle le feste occorrente sino alla quatragesima, et dojxii continuare sino alla Pasqua. Qud che ma succederà ne farò advisala la E. V. Il Duca di Ferrara a Felino Sandei a Roma (I). 145. Ferrara, 26 marzo 1498. — Reverende in Chrislo pater nobis dilcclissime. — M. Zanluca nostro consiglierò ni ha comunicato lo riso di vostra Paternità in la causa del censo, el similmente il parere suo circa quella excusalione di frale Hieiio.xniu eomposla per il (t) F«)too &nnJel, autore ét varie opere di (lui Icfale e caaooko, fu Secretarlo del Papa» Refereudario Apotlolieo e Vetcovo di Peeoa, d’ Atri, e poKta «U Lucca, ove mori nel IS03. Era nato a Fellina sei Recfiaao. 104 figliolo del nug.** mess. Goleolo da la Mirandola et inlitulata a noi (I). La rengratiamo grandeiDCDle di I’ uno et I’ alito, conoscendo in ogni occorrenlia la vostra reverende Paternità operare quanto la pò ad bonorc et benefitio nostfo: et per seguire li ricordi sol serìvemo la alligata a la S.** de nostro S.”, ccrtiDeaadola che mai non dimandassimo al conte Zaofraiiccsco che ni chiarisse di I’ effeeto et efllcatia di la cxcomunicatione del Pontefice contro frate UiEaoMino, perche mai non dubitassimo di la podestà di Soa Santità: et quando lossemo stati io qualche exitatione, havemo consiglieri et ho mini doclissimi cum li quali se seressimo consultati et da epsi seressimo stati chiariti: et veramente lo adviso di vostra Paternità è stato il primo. Paterno intendere a chi è in colpa che non ni nomini et monebo ni metta in scriplo in simile cose, et che revochino dieta iosoriptione; se bene per essere stata questa cosa stampata et venduu a diverse persone serà difficile et quasi impossibile satisfare al desiderio nostro. Pre gamo la pretata reverenda vostra Paternità che voglia presentar la nostra lettera a nostro S." et parlar in conformità, concludendo, che li siamo bono figliolo et servitore, et che mai non fossemo nò saremo per lo advenire auctorc nè conseiitiente a cosa che fosse centra I’ bonorc et dignità. A la parte del censo non diciamo altre perchè om dehbe essere giorno Alexendro da Fiorano il quale lo (torta. Et ipsam bene valeaL H medesimo a Pupa Afeaenndro 17. 146. Ferrara, 26 mnrao U9S. — Sanctissimae Pater. — Nuntiatum fuit mibi nudiiis ter tius. Beatissime Pater, joannem Frsnciscuni Mirandulam libcllum in fratria HienoMut Savo.vabolae cxcusatioiiem a se editum mibi inscripsissc et voluti consulenti in co rcs|iondcre: quod adeo commovit et od justam iram provocavi! ut dissimulare non (luluerim, increpui liiteris quos oporluit et vehemcnler accusavi quod rem humeris suis imparem et a cujuslibet fidelis officio alienam aggrcssi fuerint, quod de potestate et auctoritate pontificis negare aliquid seu detrabi temere presumpserim, quod me hujus Icvitatis penitus Ignarum auctocem fccerint: qui Deo teste nuiiquam a Joanne Francisco qusesivi in boc negotio mibi aliquid declarari, cum de summi pontificis auctoritate ac (totestate nunquam dubitaverim. Quod si abqua mibi difficultas occur risset, babebam quos consulerem viros doctrina et gravitate excellentcs quorum re sponsa Sanctitalem vestram minime olTendissent. Persuadeat sibi Beatitudo vostra. Pater Sanctissime, Joannem Frnncitcum in hoc aut fiiixisse aut mcniitum esse: me vero filìum SancUe Matris Ecclesie de sede apostolica et de Sanctitatc vestra optirae et rectissime sentire et honcstissime palam loqui nec levìbus et aliter opinantìbtis con sentire. Cujus pedibus me etiam atque etiam commendo. il meitsimo al Manfredi. 144. Ferrara, 50 aprile U98. — Vui sapeti quanto per altre nostre lettere ne bavemu (l)T« froal« alla priiaa adixloaa ai iawe t UitTùnva^i Satr«nliae, pér /jXMrfntium de iforgianit I iSW, i»-l* — Qunila rfifria, cb« itoti fu mai pnMhua, «enne aacbe riprndolla dal P. goiiTir nella Addizioni alla Vita del davonarola aerina dal Middello autore (Pdn’iiiJ l«7l. Tol. Il ), col litolui Àpnlngia F. IFeronvmi Savfmantfte, per loaa. Panne. Picca de Mirandùta Camitem ; ad lìtradem Bdeiuem I Ferrariae et Uydinae Duerni Dt injusta In F. aieroni/mumexe*mmaHÌeatioHe,libri duo. i05 commesso, che dobbiatì tenerci advisaii de) successo de frale Hiebondio SAVo.'iAnoLA: cusì di novo ve replicamo che cum diligeoUa ce ne advisali, perché desidcraoM) ioienderc quanto accade // Manfredi al Duca di Ferrara. 14®# Firenze, 5 mtggìo li98. — Del nostro fra Hh-rommo poche se parlo al presente, eh' c' non sanno che partito se babbi a pigliare de’ facti suoi, per non se essere fucia deiiberationc alchuna. Li suoi Frali usano omni diligcniia per conservarsi nclli loro monasterìi cum le sue prerogative, et fanno ciò che possono per non se unire con la CoDgregaiione de Lombardia, vivendo calholicanienle et con gran devolione secondo cl consueto loro. El processo vederò pure de bavere, essendomi stato promesso da questi Signori, quale havulo, subito io mandarò a V. E. U Duca di Ferrara al Manfredi. 119. Firenze, 18 nutggio li98. Havendo questi die inteso per ei scrivere che ne facesti de quale iiiuiitione se trovavano quelli Signori quando se bavessc potuto fare qualche opera che Pisa gli fussc stola restituita senza guerra, et essendo Nili, come sempre siamo stali, desiderosi del bene et conservationc de quella eccelsa Republica, se siamo sforzali de tentare per la via de Vcnctia cum quelli modi che ne sono parsi conve nienti, per vedere se cum quella ili.** Signoria se poteva fare qualche bona opera circa dieta restitulionc de Pisa, acciò che per questa via quella exc. Repub. havesse lo inlcnU» suo senza guerra, el le cose de Italia havessino a passare cum più quiete et pace. Et circa lalu pratica non havemo manchato de diligentin in ricordare tutte quelle cose che ce sono parse servire in proposito: ma in somma ni è stato risposto che una volta la ili.** Signoria ha data la fede a’ Pisani de mantcnirli in liberiade, et che deliberano al tutto observarli quanto gli è stalo promesso; et per consequens non comporiariano che Pisa fusse restituita a* Signori Fiorentini; cura dire, che, quando facessero altramente, mancheriano della fede cl fariano cosa centra il loro honorc: per modo che Nui circa ciò non havcino potuto cavare altro, se bene nostro desiderio seria stalo che de ciò ne fusse reuscilo qualche bono efTecto. Ni è parso del tutto darvi advìso, el volemo che siali cum quelli mag.** Signori X, et che da parte nostra comu nicati a sue Signorie la opera che cerchavamo de fare et quello che ni è stato risposto. H Manfredi al Duca di Ferrara. tuo, Firenze, H maggio 1498. — lo ho comunicato a questi Signori X quanto me scrìve la Exc. V. per la sua de xvin del presente, hcri ricevuta, circha la opera che quella ha facta io vedere se con la ìli.* Sig.*'* de Venetia se poteva fare qualche bon effecio per la resUtuiione de Pisa in benefìlio de questa Hepublìca eie. Inteso che hebbemo sue Signorìe el discorso et la diligenlia che circha ciò havea usata V. III. Sig. et la risposta bavuia da’ Venetiaiii con te amorevole et ampie olTerie ehc quella gli fa eie., mi rìsposeno che io la ringraliasse infinite volle per lor parte, mostrando liaver havulo grato intendere el tulio; maravigliandosi non dimeno che quella ili.* Sig.*** se voglia attribuirne essere stata epsa sola che ba dato la fede a* Pisani da mantenergli in libertà, sapendosi che anche altri sono concorsi a simile promessa U ioti 151. Firenze, 30 maggUì 1498. — Questa mattina è partito el mandatario del Papa die venne per la execuiione de fra Hiekonimo et delli altri, el quale è stalo molto onorato da questi Signori et anche presentato, per forma che *1 se ne ritorna molto ben satisfacto. Spcrase con el mezzo suo [loierc oblenere dal Papa de imponere certe iuqHisle et gravezze a* preti, il che se stima che li habbia a succedere facilissimamente, parlicipando Sua Santità del guadagno anclior epsa. Oltra le altre cxorbiianiic che ha facto diclo commissario del Papa, ha ordinalo adniooilionc sub pena cxconimumralionis, che qualunque che ha delle oliere composte per dieta fra IIiero.nimo, le debba bavere presentate et consignate alli Parociiiani delle contrade per farle tutte abbrugiarc; clié invero per molti si danna dieta dcliberationc, et maxime che in generale el se babbi a spegnere et cxtirparc tante devote et salutifere opere che epso ha composte. Intendo che gran numero de brigale se trovano in Fiorenza che sono in fermo proposito de non volerle consigliare, vengano sebumuniche et quello che sì voglia. E) Mag.*” Paulo Yitegli debbo giongere a Fiorenza, el quale se è ordinato de hoiiorarlo grandemente nella entrala ch^ el faiii nella terra. Hanno questi Signori ordinalo che lo alloggi in casa di Juliano Goiidi, dove li hanno fuclo apparare sompuiosamenie La |icsie va pur continuando, ma non con tanto impeto Firenze^ 6 givgno 1498. — El Papa el el sig. Ducn de Milano che a questi di exliorlorno questi Signori che voicssino concorrere alla spesa de condurre cl sig. Duca de Urbino con la Liga, pare, per quello che io ne intendo, che se li accordariano quando che cl Papa li conceda de potere imponere la decima et gravezza a' preti. Al clic pare che sia inclinata Sua Santità, quando el glie ne sia daUi la rata sua de decima: el queste brigate havendo a concorrere alla spesa del Duca d' Urbino sono in proposito de volere che la porlionc che vorria Sua Beatitudine sia quella che habbia a supplire a questa spesa. Expeclase mo la risposta da Roma I&3. Firenze, 7 luglio 149S. — Da Roma hanno questi Signori la gionta del mag.** mess. Francesco GunlteroUo suo oratore, quale è stato ben veduto et accarezzato dalla Santità de. N. S., dalla quale lia obtenuto, secondo eh’ el scrive, de potere imponere la gravezza a’ preti, etsì altri religiosi del dominio fìoreutino per quattro anni, alla quale se accordano volontarie dieti preti et religiosi. Ha trovalo Sua Santità ben volta et inclinata a favorire questa città nelle oecurrentic et bisogni suoi dove cl possa.... 154. Firenze, 21 luglio 1498. — La il).*' S. V. stimo haverà inteso della morte di frate Angustino da Lucca mollo adoperato per cl signor Duca de Milano, el quale da un suo fratccello è stalo veoenalo a Lucca. I&5. Fireiìze, 2 ngoeto 1498. — El Papa è molto sollieitaio per el rev.*' card. Ascha* Ilio a roniperse con Vcncttani poiché non se vogliono disponere ad relassare Pisa a’ Fiorentini et unire Italia eie. Sua Santità promette molle cose in parole, che io facto non riesce; che è cosa che dà alteralionc assae el disturbo ad pigliare delli parlili che iion se pigiiariano per questo caso de Pisa. Compreiidcse che Sua Santità devonoria ad fare omnì cosa che li è ricordata quando el seguisse el |>areniado del Card.* de Valenza con la lìgiiola del Re Federico 156. Firenze, 7 agoeto 1498. Questa sira al lardi questi mag.*^ Signori \ hanno mandalo per me per conferirmi la ellectione delli dui Ambassatori che hanno focto per mandarli nigitized b“ 107 a VcDelìa, ad (ine die lo per lor parte el noiìGchi a V. E., con dire die a questo nclo sono devenuli volonterì, mossi prìncipalmcnle dalli amorevoli et fedeli ricordi che quella li ha facto alli giorni passali in fargli intendere» che quando d se trovasse qualche expediente da componersi con Veoetiani per li casi de Pisa che *1 scria bene a pensarvi ad ciò che Italia posasse et che la se bavesse ad unire per resìsiere u qualunque pensasse de volerla olTcndcrc Stimano fra pochi di meuere a cammino dicti Ainbassalori, li quali faranno capo oinuino ( in questa loro andata a Veneiin ) a V. E. per conferirgli le commessione che liaveranno et consultarle con quella per audare meglio instructi el informali: ma desiderariaiio che epsa (nauti la loro partita de qua ) li daesse qualche lume sopra che se hanno a fondare nella pclitioue che baveranno a fare a Venetia. El nome ddii Ambassatori ellecli è d mag.** mesa. Gui danionio Yespuzzo et Bernardo Rticdiai» due de’ principali cittadini di questo gubemo Firenze, 12 agoUo U98. — Qui se intende et per advisi da Roma el de Pranza el Papa bavere assettate le cose sue con el Re dirist, el in modo che se dubita che ’i non tenda a gran malcfìtio de Italia, non havendo rispccto Sua Santità a cosa alchuna per assettare cl fatto suo de condurre el parentado ( tanto desiderato ) cum d Re Federico, che pare sia a termine che si po mettere per facio, della figliola che è in Pranza; del che se cxpecia che in fra pochi di el Card, de Valenza deponga et Cap pello et dopoi se conduca al Re de Pranza fSS* Firenze, 2 ottobre 1498. — Di Roma se ha questo adviso per lettere de' xxix del passato, come lune proxime passato dovea metlerse a cammino Mons. de Valenza per andare in Pranza, el quale, per quanto se intende, mena con sè una bella com pagnia de geniilhomini romani, che tutti sono ben ad ordine. Iniendcsc che dìcto Valenza porta con se d Cappello |ier Mons. de Roano et In dispensa del matrimonio tra d Re christ. et la Regina che fu moglie del Re passalo; el per questo elTeclo è mollo desiderata da’ Francesi dieta andata, et vedese una pcrfecia inlclligcniia tra d Papa et el Re ebristianissimo APPENDICE (" il Manfredi al Duca di Ferrara, 159. Firenze, 21 maggio 1495. — Qui inclusa scrà una lettera del nostro ven. fra IIiero xiMO (2) la quale roc ha mandata ad ciò che la mandi alla E. V., facendomi intendere che la è per risposta de quanto lo reecrchai in nome di quella, circa al desiderio che la teneva de intendere da sua Paternità quel che la sentiva delle cose occorrente al presente io Italia, similitcr della patria nostra etc. Peccmi pregare che io la mandasse (I) pM !• minrtor parie iteli* Ribiieiera EMente In Mndrn* dopo il Hlerno bellnmeite rhietio e rnn^etililo Se’ rndlri che Toropo *sp«r<*lt nel I86S e depo»l(*U nella Biblioteca Imperiale di v;eaiia. (3) V>|{|ati il doc. SS e la noia appnMari. Digitìzed by Google 108 a salvamento in mane de V. E. essendo desideroso che la non sii publicala. Se la E. V. remarrù saiisfiicia del scrivere suo, ne haverò conicnto assai: et se la vorrA che io faza altro circha ad ciò, eseguirò quanto la me comaodarù. Sua PatemitA, dalle feste in fora, se ne sta a qualche monastero fiiora della terra per bavere mag* gior comodiiA da attendere al spirito, et anche da ordinare le prediche sue che lo ha facte questo anno per farle stampare, al fìne che *1 so intenda le cose che lui ha predicato et le promesse che lo ha facto a* Fiorentini de tanto bene et exaltaiione della citlA sua, se se vcriticaranno. Ordinate et stampale che le scranno, procumrò de haverle, et manderolle alla E. Y. (1). lo ho inteso per la risposta che quella me ha facto circha al stare on non stare qui per la venula del christ. sig. Re, che è che quella me assccura a non me partire • eie. Rìngralio infinite volle la V. E. dello adviso et parere che la me ha dato, quale, come per V altra mia li scripst, sino ad exponerc la vita sempre serò promplo et disposto a servirgli et obcdirla. Nondimeno perchè la donna min vive mal sicura qua venendo prelibalo sig. Re in questa terra, cum licentia de Y. E., advenrmio el caso della venuta, la manderò a Ferrara con li dui (Igliolini. lo ne dimandai parere al vener. fra HiEnoMNO el quale me exorlò ad farlo, non porche 'I dubiti che 'I glie habbia ad essere qua periculo veruno, ma per fuggire affanno e passione; chè non può essere che qualche coselia non se fazi che poiria dar qualche alierationc alle brigate, lo vedo alchuni de questi buon mercadanti star in qualche penseri di levare li miglioramenti loro et persone per mandarli fuora de qui, el de già me hanno ri> chiesto de indrìzzarle a Ferrara. Non intendo se lo fazino por el dubio del Re di Franzo, on sia per qualche suspcclo che habbino delle cose della città, la quale non se vede essere troppo secura che non succeda qualche desordine, non essendo quella unione e inieHigoniìa fra li cittadini che seria necessaria per fuggire perìcolo et scan dolo. Iddio lassi correre el meglio. 160. firmze, 8 luglio 1495. — La presente cavalchata se spaza per mandare alla Exe. Y. le qui alligale liavuie questa sira mollo de nocte da Roma. Qua non se ha nova al momento, se non che questa mattina per lettere del mag.*” mess. Jo. Bcnlivoglio el se intese del facto d' arine crudelissimo facto sul fiume del Taro tra le gente francese cl italiane, secondo lo adviso che li havea dato el mag.** mess. HnnnibaI suo figliolo, dove el narra de molti signori et homcni de cuiiio italiani che sono stati morti in dieto facto d' arine. El perchè sino a questa sira cl non era venuto altro adviso de questa cosa come la sii passata, le brigale stanno mollo sospese che Italiani non hab bino hnvuto el peggio; unde che da molli son stato dimandato se nullo adviso ne ho liaviito dalla E. Y., parendoli che essendo quella a Reggio, come si è inteso, che la debba bavere pontino come sia questa cosa; rendendosi certi clic quella scrivendo non diria se non le cose come le sono passale a punto, non havendo passione in la cosa. (t) Le Prediche felle del Sarnnarola nella dei fÌ9S Tenoero ylatnp»le a Tirein# «li i»lan>i di Ser t.orenio Violi e finbhlicale addi È di febbruio I4M. in fot., con dedica •! Dare di Fcfrnra. Il Violi dice «veri» raccolle d«ll« *iv* *nee di fr« f.irnUmo} ma per ^uoiia leUtra poaUamo argomentare che I* Aolore *le«K> con eoiac ad agciolare una late raccolta. <09 Questi Signori hanno mandalo a fare levare cl sig. Duca de Crbino dalla ohsi dione de Montepulzano, parendoli ebe M stare suo con le altre gente d' arme che vi hanno Fiorentini non sii a proposito, havendosc noUiia come in dicto locho de Monte pulzano sono entrate gente et de Senesi et el Ggliolo del Conte de Pitigliano et el sig. Paulo Ursino. Lassano fornite alchune bastie a ponte Valiano, et vogliono ebe tulle quelle genie d' arme se condueano in quel de Pisa. Li Franzesi che sono a Li vorno hanno cazzato el Capilanio che li teneva Fiorentini, et pare che li abbino me&so in dicto luocho un Pisano, che in vero dà perturbatione assai a questo popiilo. El credo che sc’l non fusse le persuasione et conforti che li dà el nostro fmie llisao \jiio,-che debbano portare in patientia omni cosa, che havertano mo transcorsi in qualche disordine. In vero questi son pur mmli da fare rcsentirc le brigate sino sul vivo. Questo Oratore dei Papa usa oroni diligeiuia in significare al Papa li mali modi che tene questo Frate in questo suo prediehare a dnmno el gravezza de Sua Santità et del resto de Italia. Anche el sig. Duca de Milano pare che se ne sia r«*senlito per quanto ho retratio da questo suo Oratore. Da Roma se ha adviso come el Re Fer rante è stato rotto in Calabria, in modo che appena ha pollilo salvare la persona. I6t. Firenze, 13 agonto li95 — De novo per bora non intendo altro, se non che da Roma son venuti diversi advisi qua, come el Papa hn mandalo uno suo Corsore cum un breve al chrisi. Re per cl quale el glie comonda vigore sanclc hobcdicniiae et sub pena cxcommunicationis, che 'I debba levare le gente sue de Italia et condurle in Pranza, cl non le tenere per molestare nè alterare le cose di Italia. Similiter ad restituire alla Sede apostolica Ilostia che'l tene in suo potere el maxime patendo in comodo et sinistro grandissimo la città de Roma de victuarìe, essendo perturbato da quelli suoi che sono in Ilostia che le victuarìe non se li conducano. Altre lettere che io ho lecte dicono che *1 breve contene una simplicc citalione on monitoria, che Sua Maestà non debba perturbare cl Stato di Milano et restituire Hosiia, alias el se li procederà per via di censure ctc. L'Oratore miianeie al fJucn Ijìdovico il Moro. I

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