FRA GJROLAMO SAVONAROLA
 
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FRA GIROLAMO SAYOMROLA
 E
 NOTIZIE INTORNO IL SUO TEMPO
 P B R
 ANTONIO CAPPELLI
 ©
 MODENA
 COI TIPI DI CARDO VINCENZI
 1869.
 
Eitratio dal Voi. IV degli dfli « Mtmori* dalla RR. Dapufosient di Sfone ftotrio
 *
 par la prorinrta modanaai a pAmiaiMi.
 
ÌTIi scritti più importanti e lodali intorno a fra Girolamo Savonarola,
 quali sono quelli di recente usciti in luce e dellnti dai cliiariss. Padre
 Vincenzo Marchese, Bartolomeo Aquaronc e Pasquale Villari (1) offrono
 un degno ritratto del nostro domenicano, sia col riscontro della sua vita
 pubblica colla privata, sia coll’ analisi fedele delle molte opere lasciate da
 lui, sia in fine coll' esame accurato e critico di nuovi documenti e dei
 fatti storici. Sebbene da questo complesso apparisca con quanta rettitudine
 e santità di principj si fosse egli assunto di procurare la riforma, cosi
 come fece del suo convento di S. Marco c di una gran parte della città
 di l-'irenzc, anche della Chiesa universale; riforma quest’ ultima che, non
 essendo stata abbastanza felice nei mezzi, incontrò troppi ostacoli e lo fece
 cader martire; ciò non ostante i 
vari giudizi corsi su Ini non possono
 dirsi per anche ridotti al suo vero punto di vista, specialmente fuori
 d' Italia: e I' ingiusta accusa eh’ egli sia stato un precursore della riforma
 (I) .Sfono rfi S. Marra del P Viiiornio Marche** dri predienlori. Si»
 deir aulore. Fimiie
 Sfritti tarii
 ritlampati con a|jgiutit* in 3 to) net iSUtt. 
— Al eh. P. Marche**
 «iatno pare debitori della «eguente pubhlìciitioiie: Le/fere intdtte di fra Girolamo Savonorota t
 documénti eonftrnénli lo $lééio ( 
V. Archicio ttorico, App. voi. Vili, Firenze ISoV ).
 Vita di Fra Jfronimo Soronarolo *crìlla da Barlolomen A<^ii«rone. Alr^^endrh I$57*58, voi S.
 Lo éloria di (ìirolamo Snronnmta c dé' vuoi feoipi, narrala da Pavrfiiale Villari con l'aiuto
 di nuovi doeumeiiiì. Firenze 18.*»9*Slf voi. 2.
G
 proleslanlc veniva poco fa sgraziatamente rinverdita col inonumento a
 Lutero innalzalo a Worms, ove il 
Savonarola fu posto accanto di Giovanni
 llus, di Valdo c di Wiclef per rappresentarvi le quattro nazioni, Italia,
 Germania, Francia c Inghilterra (1).
 Indotto dunque da tale motivo, ho stimato far opera non aflTatto inu
tile col raccogliere c pubblicare parecchie lettere, tuttora inedite del Savo
narola c nuove testimonianze che in favore del metlesimo ci sono porte
 da persone autorevoli state seco lui in assai intima relazione, le quali
 avendoci altresì tramandate alcune sue confidenziali parole, gioveranno,
 io spero, a farci convinti ognor più della sincerità e fede del suo operato,
 e che noti è dato poterlo sorprendere in quelle intenzioni nascoste che
 taluno vorrebbe attribuirgli. A maggior corredo della cosa ho poi pensato
 di aggiungere non poche notizie circa i 
principali c più gravi fatti di
 quel tempo, con attingere alle relazioni dell’ Oratore Estense a Firenze
 Manfredo de’ Manfredi e col riportare varie lettere di Ercole 1 duca di
 Ferrara tanto al Manfredi quanto al Savonarola, insieme a qualche altro
 documento illustrativo ulTertumi anch'esso dall’Archivio Estense di Modena.
 E perchè la storia della giovinezza di Girolamo ci è rimasta scono
sciuta, e solo sappiamo che l’ avo di lui Michele Savonarola fu il 
suo
 primo istitutore, mi farò a premettere l'esame di alcune operette ascetico
morali composte da quest’ultimo, nè mai stampate e pressoché ignote;
 operette che essendo state probabilmente delle prime venute alle mani
 del nipote, potrebbero pure aver influito a svolgere il suo intelletto c
 disporlo all’ indirizzo che prese.
 Michele Savonarola nato a Padova di nobile famiglia, c salito in fama
 di valente medico, fu nel 14-iO chiamato dal March. Niccolò 111 a Ferrara,
 ove dopo avere per dicci anni insegnato medicina, rinunciò la cattedra
 por attendere al compimento di vari suoi scritti, seguitando però ad essere
 al servigio degli Estensi come medico di corte anche ai tempi di Lionello
 c di Borso figliuoli e successori di Niccolò, da’ quali ottenne assegnatnenti
 e investiture di terre nel comune di Medclana (i2). Essendo prima cava
(t) Yeggaii Jéróme SaconoTole et la itatue de Luther à Wormt, pir le révérend Pére Tr. Pie
 Marie Rouard de Cord, Provinciel de« frère* prècheuri, docirur en théologie. Loavain el Part«,
 1967. È Ulta dej'iia proletia che 1' itlusire Padre Profiueisle
 in oma^'gio del *uo «litico
 cuiifreiello per dìmotirare con irrefragabili «utoriià I' ingiutliiie del tDonumenlo di Wortn*.
 (S) Nelle Cronica in rima di Cora d’ Ette, scriita da Ugo Cslefinì e de me «teiiipete io
 queiti Atti al eoi 11, p. 298. parlandoti delli Doni farti jter lo Dura Borio, ai legge: A tjuelto
 medico più dolce che mele, <— CAe »$ chiamò maeetro Michele, 
~ Di medici la fontana, 
— L'ha
 habuto la braja da Mtdelana. E il Caleffiui vi aitegiia il valore di qualirouiila ducali.
 
7
 liorc gprosollniUano, consegui dal Papa dispensa dagli obliglii religiosi, e
 condusse moglie, da cui ebbe quel Cesare Niccolò che fu padre del nostro
 Girolamo. Michele compose parecchie opere mediche divulgate per le
 stampe, e il .Muratori pubblicò ancora un suo lavoro storico Pe lauHihiis
 Palava nel voi. xxiv fìrr. ilal. >crip., facendosi nella prefazione a indicare
 quattro opuscoli inediti dello stesso autore da lui veduti nella Iliblioteca
 Kstense di Modena c che distinse col titolo di 1“ 0/>uk ascelicum, 2° Con
fvtsionale, 3“' Fte aqua ardente, 4” Dialogus moralis, de Xiipliii.
 — Il Tirabo
schi nella /.cHer. iVa/. ( 
VI, 4bo ) dice clic dc’quattro opuscoli citati non trovò
 in Biblioteca che quello De aqua ardente in medicinae um, ma che ben
 ve n' erano due altri egualmente inediti e dal Muratori non ricordati, i
 quali sono: 1° De vera rqmhìica et digna eecatari militia, 2“ De felici pro
grentu illustrimi. Borsii Eslensis ad marchionatum Ferrariae (1). Degli opu
scoli citati dal Muratori debbo osservare che quello De aqua ardente fu
 trascritto da un’ edizione del I!i32 (2), e che i tre altri esistono cITettiva
mcnte nella Biblioteca Kstense. Sono scritti in lingua italiana, c il 
primo
 ehiamato dal Muratori Ojìm ascelicum è un trattato della Confessione,
 i
 (t) Il f'* di quegli codici comincia: Ad Uluftrtm equildm domiHHm .Vìro/awm yarchioiitm
 Kttentem. diri Leontlli MarckionÌ$ Enentit et Feirttriae domtat ùlim primogeniturn. De vera
 Mepublien et dignit /enthri militia, Miekaelie Sartmarollae phieiei ani /ibe/fm incipit frfieiter.
 Naila leUera capitale «ta tnitiialo il rilralto del ({ioTÌne Niccolò, li tu*. *i compone di due trat
lali: nel primo l'autore, dopo aver premetto che repubblica non è raro qu.'mdo a capo della
 medetiina non lia un principe, ai difToude a dare buoni e liberi contigli al principe «lrt«o.
 Sventuratamente inveendo ronlro la «nonio della Caceiaf per la quale taluni principi tro»enrano
 doveri loro, il codice rie«cf mutilo 11 difetto ti etiende anche tul •nttegnenle Iraiiato che
 ai divideva in due capitoli: Delta milizia armata eeeolar» e Della milizia inerme terolare, e
 ciò che rimane del primo cap. dimotira come I' autore trovava molli militi gloriati e pochi
 degni militi: il 
«erondo è abba«laiiia tingoiare per le propodc che in quello «i contengono.
 ( 
Cod. Diembr. ìii>8*, del tee. XV, in cat. lai. al n.° CXIV }.
 L'altro codice porla in lettere maiutcole a vari colori il titolo; De felici progrettu illa
ttrisfimi Sortii Ettentit od Marrkionatam Farrortor, .Ifutinor et Regii Dneatum, Comi'to/um^ue
 tìodigii, MicAoelit Saronarolle libellut incipit feliciter. La leitera capitale delta «iedicatoria ha il
 ritrailo di Bomo miniato, uè mancano pure in questo helli*vimo ma. altri oiuamenii in colori
 ed oro. Si divide in tre parti; nella 1.* parla dell’ avvenimento di Bono al niarcbionaio, nella 3.*
 di quello al ducato e contea, nella S.*. divita in 9 capitoli. I' outore offre docunieniì morali.
 In flne ti legge: Explicit oput ifichoclit Saeonarolte Patarii, gnod principum gualitotet aperii
 et eorvm bentrivendi moduin. ( 
Cod. membr. in«4®, tee XV, in cal. lai. al n. CCXV ).
 La Biblioteca Clataente di Ravenna conserva una Iradutione italiana auonima di que
st' opera, «opra cod, membr. in-4** del tee. XV, con iniaiali in oro e colori, e con due ri
traili di Borto in miniatura, uno da' quali lo rappreietila tn allo di ricevere il battone del
 comando di Ferrara, e I* altro in atto di giurar fedeltà all' imperatore Federico Jil che lo
 creò primo duca di Uodena e Reggio.
 (B) Vi tì legge in fine: flagen., per ratenlem Kob, anno UDXXXI!, «nrnsa icpftmòrts, che
 fa la tccooda edisioue di quest' opuscolo, impresso la prima volta io Pisa uel liti iu-i^.
 
8
 iiiancuiilc in principio del lilolo e di una parte del proemio (I); il
 secondo è un lavoro conforme al suddetto ma espresso in modo diverso,
 col titolo di Confensionaìe diretto alli Monaci della Certosa di Ferrara (à):
 c in entrambi (piesli trattali abbiamo conferma di ciò clic narra Giu.
 Francesco Pico della Mirandola (3), essere l’ autore uomo molto religioso e
 pieno di carità si che volea medicare i 
poveri senza mercede; nò qui
 infatti, giunto alla rubrica di non ammuzzure alcuno, omette di ricordare
 I’ importanza e rispnnsabilità grande, eli’ egli certo poneva, c che viene
 raccomandando nell' esercizio della sua professione, scrivendo: « e tu,
 « medico, nota se per tua imperizia cosi è morto lo infermo dandogli la
 « medicina a ventura.... o per volerlo in ogni suo appetito contentare....
 « se sofTocuto hai la creatura ec. »; ma sopratutto sentendo altamente della
 dignità del monaco, cui incombe farsi degno dell' edilicazionc del pros
simo, gli rammenta i 
maggiori suoi obblighi a non cadere in alcuna
 colpa, la quale giudica sempre essere più grave che nel laico.
 Quanto all’ ultimo opuscolo, che il 
Muratori dice Diatogus moratis, è
 questo un lungo ragionamento (non in dialogo ) diretto al medico .Niccolò
 tf
 (I) È coinpotlo di tei Capìtoli »ul modo dì h«ii confricarli, ed al leno, ove inno le
 ruòricAf de' peccati, T auioce dichiara di es»er»i servito delle n dodici regole le quali ha date
 (( iu iscriuo, se è lecito a dire» la saulità di quello venerabile padre Frale Jacopo delU Uarca,
 n pur in breritA date, le quali ei hanno parse satisfare al proponito del nostro volumetto,
 rendendo a quello qualche odore di santità. M» chi vorrà di tal cosa Farsi più abbondante,
 it
 <1
 legga il CcnftiiionuU dell' Arcivescovo di Firenze frate Minore { 
doveva dire d«i Predicatori )
 Maestro Autonino. o lu (ine si legge: «È compita l'opera di Mesa. Michele davunarola
 u iilosofo e tisico clarìssiino e cristianissimo, a laude dell* onnipotente Dio e della sua gloriosa
 roivf/mi Saronaro/ae ferraricntit. Ord Praedicatorum, aulkore iU. d.
 Joan. Frane. Pico eie. ( 
cum additionibus Frale. Jacubi Quetif ). Parisiis, 1(74, cap. 1.
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Varo e intilolato De Nupliis liallibecco el Serrabvcca (I) ove sotto questi
 due allegorici nomi si fa da una parte una vivace critica dell' ozioso cian
ciatore, presuntuoso c ignorante, ora mellifluo lodatore ed ora fraudolente
 aej^usatore, clic vive nelle corti de’ principi e s’ introduce ancora ne’ luo
ghi de’ religiosi, chiedendo sempre e ottenendo molto senza mai averne
 abbastanza; mentre dall’altra parte si fa un giusto elogio all' uomo grave,
 dabbene e di rispetto degno, il quale apre solo la bocca fruttuosamente e
 con gran prudenza, nè ad onta di ciò gode in corte del favore che ha il
 primo. Descritte poscia le nozze di Kattibecco con madonna Loquacità sua
 sorella, che «avendo gran dimestichezza coi Cardinali ed essendo tenuta dal
 « Papa in un torsello, supi;ra con una dispensa gli ostacoli della paren
« tela a, e così le nozze di Scrrabocca con madonna Taciturnità, ove sono
 convitali gli amici che ad entrambi si addicono ; I’ autore chiude il suo
 ragionamento eon invitare i 
principi ad eleggere un clcinosinicro d’incor
rotta fama, che ricerchi le contrade delle città sovvenendo ai poveri, anzi
ché servirsi di tali llaltibeccbi, i 
quali con somma ignominia di chi in
 essi confida le ripongono invece nel ventre loro c de’ loro benevoli.
 In questo quadro della trista condizione delle corti, cui l’illustre me
dico vorrebbe trovar rimedio, è a varii tratti rappresentata la corte Estense
 al tempo di Dorso, sia perchè vi si trovano de' consigli che I' autore dà
 in altri suoi scritti allo stesso principe (i), sia perchè vi si nota che a il
 « donare delle vesti, eavalli, possessioni c denari a bufloni e a uomini
 < indegni, diminuisce I’ 
amore dei popoli > (:}): parole che accennano
 senz'altro alla mal regolata profusione che Dorso di continuo faceva dei
 beni confiscati a sudditi tenuti per ribelli in prò di coloro che gli stavano
 intortio, compresi gli stessi bulToni (i).
 fi
 ri
 (1) Comincia: Ad •ptetabilém virum ar/ium et menfiVine doctorem iruignem dominum Strolaum
 Varo, dt Nupliis Batlibteeo tì Serraboeea, lUiekattis Saronarala libtUus incipit feliciter. Finisce
 colie parole: Bona tale. Vare, et rate cere. ( 
Cod. carL iu*4°, di carie il, ferine in assai miaulo
 caraiiere e con correiioiti ed aggiunte marginali di pugno dell' autore; in calai, ital. al u.° CV ).
 (2) Nella tersa parte dei ricordato codice De fetiei profjreseu illuafrùs. Bortii Etlentis etc.
 (3l A queste parole l'autore aggiunge: n E qui pure ricorderò la risposta che Dante fece
 fi a uno hulFoiie il quale per tuo buffoneggiare avetnlo avuto dal signore Della Scala di Verona
 una bella e graiiosa festa, gli disse, niostraudogli quella; Tu eou tante tue lettere e tanti
 n tuoi sonetti e libri fatti, non bai inai ricefalo in dono nna tale. Rispose: Tu dici ben il
 fero; e questo l' è ìiitenrcnoio, e non a me, perchi trotalo hai de'tuoì, e io non ho trovato
 n ancora de’ mìei.
 — Basta, sono intaso la L'arguta risposta A anche attribniti a Marco da
 Vinegia nel Cuinmanto a Dante di un Anonimo floreuliiio che si stampa a Bologna, come
 trovo nel Libro di Nocelle antiche tratte da direrei lesii del 6uon secolo della lingua, per cura
 del eh. comin. Francesco Ztmbriui. Bologna, 1898, pag. 800.
 (4) Nella citata Cronaca del Calennl ti ricorda un Vendeghiiii rcgaUlo per buffonerie e un
 Cesare Orbolulì che giunge alto ttesso inteuio co' tuoi ai/wppi ed intbralli.
lU
 Non è ben nolo I' anno preciso in cui accadde la morte di Michele,
 che però sembra doversi fìssare al 1-Kil circa (1), con impedirgli certa
mente d' avviare P istruzione del nipote alle cose mediche, come fu detto
 ne avesse il pensiero : 
e perchè è a ritenere che il nostro Girolamo, do
lente di una tal perdila c mantenendo sempre una soave memoria del
P amore e de’ primi precetti deli’ avo, ricorresse spesso col volger del
 tempo alla lettura di questi scritti religiosi e morali ove parcvagli tornare
 al bramato conversare di lui, cosi è probabile che giovassero a destargli
 quel forte impulso alle cose di pietà, quel sentimento doloroso de’ mali
 della società c quel desiderio della vita monastica, che fu poi avvaloralo
 e deciso dall’ ammirazione eh’ egli ebbe per le o|)cre di S. Tommaso.
 Girolamo Savonarola nato in Ferrara il
 settembre
 cazione, fu nel
 dopo una
 giovinezza passata in un' abituale malinconia e ritiratezza, la manina del
 ÌA aprile abbandonò all’ insaputa di lutti la casa paterna e s’ incamminò
 a piedi (ino a Bologna ove il 
giorno seguente, prescnlalosi al convento
 de’ frali domenicani, dimandò e ottenne di vestirvi l’abito religioso. Scrisse
 allora a suo padre, che la miseria del mondo e P iniquità degli uomini
 P aveano indotto a quel passo da cui mai si sarebbe rimosso; che non
 P aveva manifestato prima per non essere impedito dal dolore de’ suoi,
 e terminava invocando la benedizione paterna, pregando che fosse con
fortala sua madre, e raccomandandogli i 
suoi fratelli e sorelle. Dimorò
 sette unni nel convento di Bologna in una vita di studi, di preghiere e di
 astinenze, ed ebbe incarico d' istruire i 
novizi. Destinato quindi alla predi
mandato prima a Ferrara nel convento di S. Maria
 degli Angeli, poi a Firenze in quello di S. Marco; e nell’anno seguente
 cominciò con semplice e sana dottrina a predicare nella chiesa di S. Lo
renzo: ma a motivo della sua pronunzia lombarda, c mancandogli ancora
 quell’ arte di porgere che nell' esercizio si acquista, ebbe pochi uditori,
 mentre in Santo Spirilo fra .Mariano da Genazzano dell’ordine di S. Ago
stino, già usato al pulpito e con maniere di dire eleganti, attirava concorso
 rt
 (i) Il cb, cav. Loigi CìltadelU nelle aue ài$mor%$ antologiche incorno io i»p6t/e famiglia
 Savonarola (Ferrara 1867 ) lo h aueor rireiite nel luglio del l46& per a?eiÌo vedulo «otto
 qticeia data notato ìu ua libro de' etipeudieii ducali e»i»teiite nell' Arebirio Csteuae di Modena.
 Ma la partita rimasta aperta io dello libro dice aoltanlo, che n Mei». Michele da la Savonarola
 «per conto delle tue paghe dell'anno 1456 dere dare L. 119. ». 4, d. 6. per il quale Ce»are
 M Niccolò Hglioolo del detto Mei». Michele è rimaito d'accordo, lecendo che appare da iu»tru
mento per mano di Bonaventura Smagrabò nolaro. dì 16 di giugno Ii6i n: ed ora »e il tiglio
 venira a riconovcere il debito del padre, ciò induce a credere ebe que«r ultimo era
 morto
 
Il
 il
 jjrnndissimo, poiché essendo altresì favonio dal Magnifico Lorenzo de' Me
dici capo della Hepuldilica di Firenze, non mancavano i 
suoi cortigiani
 ' aveva a rinnovare. Che Dio darebbe prima un gran flagello. Che
 giiesle rose sarebbero presto. N’ ehhe ottimi frutti che lo posero in rive
renza delle genti, ed anzi il 
famoso Giovanni Pico della Mirandola, il
 quale I’ udì in un Capitolo generale de’ frali Predicatori tenuto a Heggio
 dell’ Emilia parlare intorno i 
danni della stremata disciplina, venne in
 tanta ammirazione e amicizia di lui, che volendo averlo vicino, persuase
 Magnifico Lorenzo a farlo richiamare dai conventi di Lombardia a
 quello di S. Marco, come accadde nel U8!) (I), anno in cui lo troviamo
 (1) Il eh. Padre Marchese, coti henemerUn nell* ordinare la crunolo^ia della viU del
 S«TOiiaro)a, lo flaaerehbe a Virente anllsrilo i‘•lllln aegiienle. dopo arar predicala U QDare«ìma
 a Genova, appofi^iandottì ad ana lederà di
 data di Pavia
 rr
 Girolamo eh' egli piihMieù per la prima volta con
 gemi. Ii90, dalla quale appariace eh' eraiti tolto da un lungo soggiorno fatto a
 Brescia e %' incamminava a Genova pel dello qtiaresinialr. t^aciando che altri giudichi come e in
 qual data sia corso errore, riferisco quanto sul proposito scrìveva il eh. Padre Ceslao Btfonne
 cui vado debitore di altre cortesi coirmuìrationi : 
o..... Bisogna mantener la data del 1489.
 che dànno lutti gli antichi biografi del .Savonarola, e che vieit confermala dal suo Campendium
 o rereftr/inttUfn. Egli lo dice espressamente anche nel Sermone de’ S5 agosto Ii9fi, pag. 304,
 Media, di Vetietia |54fi: .Vet re/ninriommo nel nat'ontn a ditti quetU rose, btntki nnfom ntUtt
 M ottanta nove aretnìmo dtito gualchi rota: ma quetto fa un preemOu/e;
  Ora il Benìvieui i»ou
 
iì
 pure nominalo Vicario generale de' Conventi Rirurmaii della provincia
 romana (I).
 Ritornato fra Girolamo a Firenze, e riguardando la sua venuta in
 ipiesla eillà polla in tne:zo la llnlia quasi un disegno della Provvidenza
 clic gli comandava d’ annunziare grandi verità, usci egli in que’ sermoni
 che chiamava terribili, con farsi a comhattcre il 
male ovunque lo vedeva,
 massime nelli capi ecclesiastici e secolari, non risparmiando fra questi ultimi
 lo stesso Lorenzo de' Medici, E cosi toccando direttamente gl' interessi
 del suo uditorio , 'e mostrando commoversi alle sventure del medesimo,
 diventò ben presto I' idolo del popolo, il 
quale ogni giorno raddoppiava
 d' entusiasmo verso di lui.
 ,\vendo il Magnifico tentalo invano per diverse maniere di guada
gnarsi I’ 
animo del Savonarola, pensò scemargli riputazione con incaricare
 fra .Mariano da Genazzano d' impugnare dal pulpito le sue profezie : 
ma
 fra Mariano si lasciò talmente trasportare dal suo furore di avversario
 in accuse ingiuste e insolenti, che disgustò il proprio uditorio ed ebbe
 molto a scapitare della stima acquistala in addietro per la sua eloquenza (2).
 iM
 poteva commettere un errore coiì flagrante, come quello di «tahilire che il Savonarola pre>
 ff dieò la quaresima del 1490 iii Firente quando rerauiente I' ave«»« predicata a Getiora. Vi
 n rammento che lo alile comune e ’l floreuiino concordano dal flf di marzo al !ti dicembre;
 «quindi la data del 1.^ aprile 1 489 poata dal Savonarola e dal Betiirieni non al può IraaFor
o Riare in quella del 90- Il che prova: 1.* che la seconda venuta del Savonarola a Firenze
 o ebbe luogo nel I&K9. 2.** che, alando al Benivieiii, la quareaiuia del 90 predicò a Firenze, «•
 a non a Genova »
 (f) Queali Conventi Formavano verao la met4 dei aec.
 JoHuariat (
 W una Congregazione distinta da
 quella di Lombardia ( Mìsitti, Jfonumenta et AntiguitaUi etc., Romae, |86Ì, voi. I, pag. 38' )
 (S) Oi Fra Mariano non ai conoscono a alampa che due opuscoli che sono: I.*' Ornlin
 habita dominiea tertia odeeiUuiy eoram ìnnocentio Pont, Ifaximo, SiCCCCLXXX Vlt, sur kat
 due edizioni s i. a. e tip., ma uscite iu Roma net tee. XV ). 2.** Ordito de
 aionz /e*u Chriiti dieta Ale^andro VI Pont J#a.r. frequènti Senalu, eidi6w« Aprilit MIID (edi
zione come sopra, fatta in Roma ). 
Dichiarando il eh, Villari di non aver potuto, malgrado
 multe ricerche veder coaa alcuna di questo competitore del Savonarola, riferirò il 
brano fìttale
 del secondo Sermone per dar saggio dello stile caldo e tinmaginoso dell' autore e far conoscere
 insieme il destro modo col quale, mostrando di attribuir lodi al Papa, gii insinuava ciò eh' era
 da farsi per rendersene degno:
 Est, et aliud egregium atque insigne in tua vota refe
nrendum: Quorum sii integriias spectata: perpurgatì more»: gereiidaritm eiperienlia rerum:
 u celebrata uhiqtte auctoritas: et probata senechis: eoi-um te consuetudine deleclari: eos in
 n coiisulialione magnarnm reruui admiliere: itique deliberaudis causis eos audire, et diligenter
 <( aiiemtere. Sic tlel, ut non solum ex re bene gesta: sed etiam quia iudicio clarorum vìronim
 » usus sis: laudem magnam in ecclesia consequaris. Apud te laui mea ti» eeelesia magna. Ini'
 n becillilaiem deinde conira potenliam, inopiam centra divìttaa lucri, ut cuoi lotam cccle»iam
 n regendam susceperia. quod iiifìrmius est: id maiore praesidio turare, ut in urbitim moembun
 « fìeri aolel: ubi quae minus munita sunt et pressìora ìacent: forlius defendiinlur: hoc pacto
 n esurienlibus fiiiis Chrisli panem le pastore, te palre, gemina frangrnte menu edenl paupercs
 r< et saiurabunlur, el laiidahuiit dominuni qui requìruiil eum, vivenl corda eorum in saeculurn
 
15
 Il giorno 8 aprile 14!>i mori il Magnifico Lorenzo, cui successe nel
 governo di Firenze Piero suo figliuolo, il quale Tu a gmn iiezza lontano
 dall' avere I’ accortezza politica c I’ 
ingegno del padre. A’ 2S dello stesso
 mese occorse pure la morte di papa Innocenzo Vili, c il 
conclave pre
sentò allora quel mostruoso mercato in cui furono venduti i 
voli a chi
 meglio si offri di pagarli con denari ed uffici, c cioè al card. Koderigo
 Bolgia che assunse il 
nome di Alessandro VI. Kniramhe le moni mede
sime erano state più o inen chiaramente annunziale dal Savonarola come
 prossime a verificarsi; e queste, oltre ad accrescer fede alle sue predizioni,
 dovevano mostrargli sempre più agevole la riforma civile e politica di
 Firenze, sempre più necessaria quella della Chiesa universale a motivo
 della nianifesla corruzione del clero.
 Fletto fin dal luglio del IWI a Priore del convento di S. Marco,
 ma temendo di poter essere per altrui malevolenza traslocato in altra
 sede mediante qualche ordine facile ad ottenersi da’ suoi su|>criori, seppe
 si Iteti maneggiarsi che nel 22 maggio
 consegui un hreve da Roma
 che gli accordava la separazione da lui chiesta e hramaia della Congre
gazione toscana dalla lombarda. E in tal modo reso il 
Priore di S. Marco
 indipendente c sicuro, si pose tosto a introdurre nel convento F antica
 disciplina scaduta, c spogliandolo de' fieni mondani per arricchirlo solo
 di virtù, potè con esito felice veder realizzata nella sua famiglia religiosa
 una delle salutari riforme che tanto stavangli a cuore.
 Proseguendo nell’ apostolato della sua generale missione morale,
 politica e religiosa con invitare i 
fiorentini a penitenza e coll’ annunziare
 che un nuovo Ciro destinato dal cielo sarebbe venuto a flagellare F Italia,
 occorse che nell’ agosto del 1494 Carlo Vili re di Francia, il 
quale van
tava diritti su Napoli derivatigli dalla casa d' Angió, ed era stato invitato
 da laidovico il 
Moro, dopo molte esitanze varcava le Alpi c calava in
 Toscana, occupando senza trovar resistenza i 
luoghi per dove passava.
 Piero de’ Medici cui il pericolo cangiò d’ un tratto di nemico in favo
revole, corse incontro a re Carlo, e imprudentemente, senza udire il
 er farlo come simoniaco deporre.
 La cacciata dei Medici fu pure accompagnata dalla sollevazione di
 Pisa, che alle voci di libertà c indipendenza toglievasi dalla soggezione
 de’ fiorentini, presente e assenziente Carlo Vili giunto allora nella città.
 Fattavi breve sosta e lasciatovi un presidio, prosegui egli la sua marcia a
 Firenze ove in segno di conquista entrò colla lancia sulla coscia il 
giorno
 17 novembre, ed ove i 
sindaci nominati dalla Signoria cercarono presto
 (li venire con lui agli accordi. Ma il 
Re che voleva favorire il ritorno del
 .Medici, da cui molto gli era slato promesso, dettava patti troppo gravi
 quali credeva appoggiare colle minaccie; se non che venendogli questi
 arditamente stracciati in faccia da Pier Capponi, uno de’ sindaci stessi, fu
 concluso alla fine un trattato che assicurava la libertà lìorentiiia sotto la
 protezione del Vaicsio che promise restituire le fortezze compiuta l' impresa
 di (Napoli, ottenendo per altro a titolo di regalo la 
somma di 120 mila
 fiorini. E poiché Carlo Vili, ricaduto nella consueta sua inerzia, non si
 dava premura di partire e sgomberare la città di quel dannoso e pericoloso
 suo esercito, si ricorse al Savonarola il quale lo persuase a proseguii’c
 senza indugio il 
cammino assegnatogli dalla Provvidenza, come avvenne
 nel 28 novembre.
 Mutate le cose in Firenze, il 
Parlamento, cui spettava proporre la
 nuova forma di governo, perdendosi in vane discussioni che a nulla
 
15
 approdavano, nienlrc anzi i 
contrari umori che andavano appalesandosi
 niinacciavanu una guerra civile, fu necessario che per la salute del paese
 fra Girolamo entrasse nel campo della politica; onde postosi d' intesa colla
 Signoria a predicare delle faccende di Stato con tale una saggezza e pru
denza che destava ammirazione, istituì e fondò quel largo governo popo
lare, col Consiglio Maggiore, giudicato il più huono clic mai avesse Firenze,
 dandovi principio con una legge di perdono generale per opinioni o fatti
 politici, c prornovenduvi fra gli altri utili ordinamenti il 
Monte di Pietà.
 Soddisfatto il 
Savonarola di aver ottenuto clic I’ istante tremendo
 del jiassarc dalla servitù alla libertà si uper,issc pacificamente, senza dar
 luogo a vendette, e scorgendo il 
popolo unito nell’ amore del nuovo
 governo da lui procurato allo scopo dì poter meglio combattere ptr /'onore
 di Dìo e per la salute delle anime, si prefisse ancora di compiere in Fi
renze con una forza di volontà indescrivibile la riforma morale e cristiana
 che in sommo grado vedea necessaria. K cosi annunziando la divina parola
 ad una moltitudine che ornai più non capiva nella cattedrale e che tutta
 pendeva dal suo accento passionato e sincero, non tardò a conseguire
 stupendi frutti di pietà e buon costume, richiesti a foudamento del suo
 edilìzio politico-religioso.
 Ma la riforma di Firenze doveva essere soltanto il preludio di quella
 che il Frate voleva estendere alla Chiesa e che stava in cima di tutti i
 suoi dcsidcriì: per la qual cosa seguitando dal pergamo a lamentarsi con
 asseveranza maggiore de’ cattivi costumi del clero e della corte di Roma
 che richiedevano di essere radicalmente migliorati, si trovò in lotta non
 solo colla fracida chierica ( 
cioè la parte degenere di essa ), liensì ancora
 con tulle le sette lìe' Palleschi, degli Arrahhiali c de’ Cowi/iaj/nace/ (I), che
 sorsero a turbare la Repubblica; lotta che doveva finire colla rovina di
 lui c con quella de’ suoi seguaci, chiamati col nome di Piagnoni.
 Carlo Vili frattanto era giunto senza ostacoli ad impadronirsi di
 Napoli abbandonalo dagli .\ragonesi; ma la sua fortuna minacciava assai
 presto di cadere al basse, perocché lutti in Italia, governi c popoli,
 malcontenti de’ Francesi, ornai vergognavano di lor codardia; e dució venne
 che lo stesso Lodovico il Moro, che fu primo a chiamare re Ciarlo senza
 ottenere quanto gli era stalo promesso, ordinò e si fece capo dì una
 (1) I
 PatUtehi voleTBtio I 
Medici, gli Arrabbiali una repubblica ii-ittocrilica, i 
Compu^nurci
 ( 0Ìoraiiì Ttfioii e sfacciali ) 
abbatlere nel Frale la sua lustera rifurtna, oeuibraitdo loto ebe
 U cilU ft’ 
iucammiuasM ad eosere gOTcrnaU Alla guisa di un conveuio.
16
 lega fermala il 31 marzo U91> con Venezia, il 
Papa, l’Imperatore e il 
Re
 di Spagna per cacciare i barbari. Firenze invitata con larglii vantaggi a con
corrervi, non preoccupandosi d'altj-o clic del riacquisto di Pisa che ogni
 giorno con inganno le veniva promesso , si mantenne sciaguratamente
 pc' consigli del Savonarola nell’ alleanza francese. Conoscendo Carlo Vili
 il pericolo ebe gli sopraslava, lasciale poche guarnigioni in Napoli e nelle
 terre fortilìcatn incamminò il 
suo esercito verso le frontiere di Francia;
 ma temendo di non poter passare, fu dal Savonarola assicuralo prima per
 mezzo di F'ilippo Comines, poi a voce andandolo ad incontrare a Poggi
bonzi, clic sarebbe sortilo di questo [lericolo, il quale eragli mandato da
 Dio per avvisarlo delle grandi sventure ebe lo attendevano quando segui
tasse a mancar di fede ai Fiorentini senza restituire le loro fortezze, e
 quando lasciasse abbandonata la riforma della Chiesa per cui era stalo
 mandalo. Il Re tornò a ripetere le solile fallaci promesse ; e giunto a For
novo sul Taro s’ incontrò coll’ esercito della lega comandalo da Francesco
 Gonzaga marcii, di Mantova. Si diò battaglia il 6 luglio; c quantunque i
 Francesi ne soffrissero maggior danno, ciò non ostante guidati da Iacopo
 Trivulzio riescirono a far valida punta e passare: la qual cosa probabil
mente non sarebbe avvenuta ove pure i Fiorentini si fossero uniti alla
 il
 lega. Un mese dopo Ferdinando II d’ Aragona rientrava in Napoli e
 ristabiliva il 
governo caduto.
 Non restavano in questo tempo le fazioni avverse al Savonarola di
 procurarne la caduta ; 
cd avendo gli Arrabbiati fatto intendere a Lodovico
 Moro come il Frale lo prendesse di mira nelle sue prediebe, si propose
 egli di vendicarsi del medesimo, tanto col mezzo del card. Ascanio suo
 fratello mollo in grazia del Papa, quanto con quello de’ suoi agenti in
 Firenze e in Bologna, con ottenere al tempo stesso di ambairsi il partito
 degli .\rrabbiati e degli altri malcontenti nelle ben nutrite aspirazioni
 di estendere il suo dominio in Toscana.
 Il Pupa cominciò dal mandare alla metà di marzo 1495 un'inibizione
 al Savonarola di predicare; ma la Signoria avendo impedito clic un tal
 breve fosse presentato, pensò più lardi ( 
21 luglio ) d’ invitarlo benigna
mente a portarsi in Roma per discorrere delle cose che diceva procedere
 da Dio. Gli amici dei Frale dubitando che avesse a capitar male, lo pre
garono a non moversi di Firenze: cd egli che pochi giorni prima aveva
 manifestalo dal pulpito clic sos|icndeva le sue prediebe per non essere
 ancor bene ristabilito di una infermità solTerla c trovarsi molto rilìnitu di
 forze, rispose al Ponlefìce di essere obbligato a ritardare la sua partenza,
 con aggiugnerc die intanto poievasi pigliar cognizione di ciò ebe aveva
 
17
 predetto (In un libro clic stava per dare in luce, e cioè dal suo Compendio
 delle rivelazioni, [lubblicato il 
SO agosto 1495. Il Pupa sembrò accogliere
 di buon animo queste scuse, poi agli 8 di settembre spedi inaspettata
mente un altro breve ( 
diretto ai frali di Santa Croce perebè fosse senza
 ostacolo presentato ) nel quale dichiarando il Savonarola seminatore di
 falsa dottrina, gli intimava con minaccic di portarsi subito a noma. Era
 scopo del breve favorire Piero de’ Medici, clic avendo fatto lo sforzo di
 assoldare alcune gemi si .aceusiava a Firenze per tentare d’ impadronirsene;
 e ognun vede quanto alla buona riuscita dovesse importare che si allonta
nasse dalla città il principale fondatore c mantenilore del governo popolare.
 Ma le mosse ncmielie non lardarono a scoprirsi, c il Savonarola invece
 di partire verso Roma si posi! nuovamente a predicare contro la tiran
nide c contro i 
.Medici; onde animali i 
cituadini a prender forti provve
dimenti per la difesa della patria, andò a vuoto I’ impresa di Piero, cui
 era d’ altronde mancato il 
soccorso clic dagli alleali sperava, .Adirato il
 Pontelicc per questi fatti fulminò un quarto breve in principio di novem
bre col quale fu sospesa assolutamente la predicazione a fra Girolamo,
 assunta invece da fni Domenico da Pescia suo degno discepolo.
 Per le istanze della Signoria di Firenze fu però ottenuto al Savona
rola il 
permesso di risalire il pulpito nella quaresima del 1490, e venne
 pure da Roma un frate domenicano, ebe disse aver commissione di offe
rirgli il cappello cardinalizio, e così guadagnarne I' animo creduto da
 taluno ambizioso. 1/ austero Frate per altro non fu lusingalo da siffatti
 onori, c nella sua prima predica continuando a lagnarsi della corte di
 Roma dichiarava, che, non avendo nulla da ritrattare, non bramava altro
 cappello rosso che quello del martirio.
 Un nuovo breve del Papa de’ primi di settembre 1496 tornò a vietare
 qualunr/ue predicazione pubblica o privata al Savonarola, ed impose di riu
nire San Marco alla Congregazione lombarda. Fra Girolamo mandò il 
29
 dello stesso mese una lunga e riguardosa lettera in sua difesa al Pontefìce,
 da cui ottenne che i 
brevi antecedenti rimanessero sospesi, purché si aste
nesse dal predicare: ciò non ostante trovandosi la Repubblica minacciata
 dagli Alleati e dagli Imperiali, e la Signoria movendogli preghiera che non
 restasse dal confortare e incoraggiare il popolo colla sua parola, non seppe
 esimersi dal farvi due sermoni che insieme a qualche soccorso venuto di
 Francia, ed entrato quasi miracolosamente nell’assediata Livorno, apporta
rono I’ effetto bramato, ma gli promossero tostamente da Roma un altro
 breve del 7 novembre e diretto a lutti i 
Domenicani di Toscana, chiamali
 a far parte di una nuova Congregazione Jbsco-thinana la quale andavasi
 3
18
 a fondare. Diveniva cliiaro clic nella difTieuIlù di ridurre con cerle/;:a il
 Savonarola al silenzio, voicvasi ad ogni modo levarlo di Firenze: ed egli
 accorgendosi di ciò, e supponendo il l’apa ingannalo da false informazioni
 noi pretendere un' unione che stimava dannosa e contraria alla carità,
 jiinltoslo che ubbidire si mise a scrivere V Apologia detta Congrcgaziofie di
 San Marco, e si trovò da capo in aperto conflitto con Alessandro VI.
 .Non polendosi vincere i 
propositi del Savonarola, nè distogliere i
 Fiorentini dai consigli di lui c dall’ amicizia culla Francia, gli alleali ri
solsero fare un ultimo colpo decisivo per rimollcre in patria Piero de’ Medici,
 c cioè assalire al difuori la Hepubblica distratta dalla guerra di Pisa, com
muorc internamente i 
partigiani dei Medici, e far scomunicare il 
Savona
rola. Doveva Piero condurre le milizie della lega, Bernardo del .Nero,
 crealo cunfalonicre di giustizia nel marzo ed aprile del 1497 preparare
 la rivolta della cititi, fra Mariano da Genazzano, salilo al provincialato del
 suo Ordine, incitare il 
Papa alla scomunica. Le fila erano ben disposte, c
 non appena fra Mariano si crcdetlc, in un sermone tenuto davanti al
 Papa, di averlo persuaso di abbruciare lo strumento del Diavolo e lo scan
dalo di tutta la Chiesa, com’ egli per odio forsennato cbiamava il 
Savo
narola, corse a Firenze per aiutarvi la congiura. Se non che i 
tentativi
 di Piero furono nuovamente spiati in tempo, e il 
popolo correndo
 all' armi salvò anche questa volta la sua libertà, c impedì che I’ in
terno ordinato movimento osasse manifestarsi, .\rrestatu poco dopo un
 Lamberto dell’ Amelia c trovategli lettere che rivelavano per intiero la
 congiura nella quale si trovarono compromesse con stupore di lutti pa
recchie delle prime famiglie di Firenze, vennero fra gli altri arrestati il
 confaloniere Bernardo del Nero, Niccolò Ridolfi, Lorenzo Tornabuoni,
 Giaiinozzo Pucci e Giovanni Gambi, che dietro processo ebbero tronca la
 testa. Fra Mariano fu pure scoperto de’ più rei, ma essendo fuggito, non
 potè avere altra pena che l’esilio perpetuo (I). Tornalo a Roma sollecitò e
 ottenne la scomunica contro il Savonarola, sottoscritta dal Pontefice il dì
 18 maggio 1497, indirizzala circolarmente ai vari sodalizj religiosi, c che
 venne letta con grande solennità ed affissa nelle chiese principali (3).
 (1) Del «uo ifnmì*chiar«i in questa congiura e della di»i«lima in Cut renne in Firenze, è
 parlalo anche nel doeum. eh* io pongo «olio il n. 125: e dagli antceedenii ai uumeii 7 a 9,
 Il e 12 può rilevar»! che flit del geim 1193, non volendo moverai dalla bIcsm ciuà ad onta
 degli ordini del Papa e degli iiirili del Duca di Ferrara. •! apparecchiava a far lunga e ine*
 •orabile guerra al Savonarola. De' contraiti con fra Domenico da Ponzo è toccalo ai doc. 35 e 48.
 (2) La lezione originale di questo Breve di •comunica fu per la prima volta pubblicata
 dal eh. prof. Isidoro del Lungo, con altri A'Nort dorumrntt intorno il Savonarola, uell’ Archivio
 •torico ital., Nuova serie, T. XVitI, P. I ( 
Firenze 1963 ).
 
19
 Fra Girolamo fu amareggiato, non avvilito, a silTalla notizia; scrisse
 lettore al Papa ed a’ suoi seguaci all’ oggetto di purgarsi delle accuse
 ond’ era stalo incolpalo; nè gii mancarono amici stimabili, quali un
 Benigno, un Nesi, un Benivieni, un Pico che presero a difenderlo con
 dotte apologie 
, 
quantunque niuna possa dirsi migliore di quella eh’ egli
 stesso dettò c mandò fuori di questi giorni col libro intitolato Tritmfo
 rìel/a Crnce, monumento incontestabile della verità della sua dottrina, che
 mai si parte da quella della Chiesa Romana.
 I magistrati della Repubblica non tralasciarono frattanto di porgere le
 maggiori istanze al Papa in favore del Savonarola, ma poiché la scomu
nica non veniva levata e questa dava sempre maggiori indizi d' essere
 stata carpita all’oggetto di far novità in Firenze, la quale era lacerata dalle
 parli, negletta dalla Francia e ridotta in grave pericolo, alcuni fra i 
più
 autorevoli cittadini furono alla cella del Frate c lo sollecitarono di tornare
 alla predicazione, c salvare colla virtù della sua parola il 
governo eh’ era
 opera sua. Fra Girolamo lasciossi vincere da queste considerazioni, c nel
 giorno 11 febbraio 1498 ascese nuovamente il 
pergamo, profeta terribile
 dell’ ira del Signore contro chi voleva gettar per terra il 
ben vivere. E
 avendo egli negata la validità della scomunica c chiamalo Alessandro VI
 ferro rollo, il 
Papa sommamente irritato minacciò la città d’ interdetto,
 da durare sin eh’ essa seguitasse a prestar favore a quel suo mostruoso
 idolo: per la qual cosa la Signoria deliberò finalmente d’inibire a fra
 Girolamo il predicare; ed egli il dì 11 maggio prese con un ultimo ser
mone commiato dal popolo che con tanto amore era corso alTollatamente
 otto anni continui per udirlo, ed a cui promise di fare colle orazioni ciò
 che più non polea colle prediche.
 Soverchialo nella lotta col Papa c condannato al silenzio da quella
 stessa Repubblica che a lui tutto doveva, non era credibile che il .Savona
rola quietasse I’ animo ardente senza esporsi a qualche altro tentativo, egli
 che nell’impeto di progredir sempre volea troppo ad un tratto, nè s’ac
corgeva che il 
mondo resiavagli addietro. E intendendo di operare a solo
 lettere i
 scopo di bene, si accinse al passo ardito c pericoloso d' invitare con sue
 Re di Francia, Spagna, Inghilterra, Ungheria, e l’Imperatore di Ger
mania a radunare in luogo atto e libero un Concilio per rimediare ai mali
 della Chiesa, non solo col migliorare la disciplina ecclesiastica, ma col deporre
 altresì il 
Rorgia, sostenendo eh’ ci non era vero papa c neppure cristiano (1).
 (I) Si h« da T*rj biogrifl del Sevoiiarola eh' egli contiiicìitse d«l mandare le tenera direna
 a Carlo Vili «speiidolo il più hvorevole el Concilio ed i*ligalo di eonliiiao dal card della
ÌO
 Oramai errori e mancale speranze da una parlo, insidie e Iradinienli
 dall’ altra congiurano insieme per trascinare il Savonarola all' ultima
 ruina. Predicando il 
padre Francesco da Puglia de’ frati .Minori in Santa
 Croce con attaccare violentemente il 
Savonarola, lo slìdò nel bollore
 della disputa ad entrare seco lui nel fuoco all’ oggetto di provare se la
 sua dottrina era falsa o vera. Fra Domenico da Pcscia appena n' ebbe
 notizia, acccitò la slìda in luogo del suo maestro, il 
quale fece tutto il
 possibile per impedire clic la cosa disapprovata da lui sortisse ad effetto :
 ma persistendo fra Domenico nella sua risoluzione con piena fiducia di
 buon esito, c il Francescano ritirandosi pentito, scusandosi che aveva
 sfidato fra Girolamo e non altri, propose per altro in sua vece il 
con
fratello laico chiamalo Giuliano llondinelli ; 
e questi davanti la Signorìa,
 clic teneva mano a si indegne pratiche, dichiarò di accettare, sebbene
 credesse di ardere, ma lo faceva per la salute delle anime. Il giorno 7 di
 aprile fu slahililo che avesse luogo I’ esperimento del fuoco nella piazza
 di Palaz.zn Vecchio, in mezzo la quale sorgeva un gran palco coperto di
 cataste di legna. Immensa folla di popolo traeva ansiosa a vedere il sin
golare spettacolo. Molli fanti della Repubblica guardavano la piazza, e
 molti Compagnacei e Piagnoni erano pronti ed in armi, chi per offen
indi i
 dere e chi per difendere il Savonarola, già venuto nella persuasione che
 Dio avrebbe aiutato il 
suo discepolo. Comparvero prima i 
frati .Minori,
 Domenicani in numero di presso duecento con fra Domenico alla
 lesta che teneva in alto una croce e seguitalo dal Savonarola con in
 nano il
 Sacramento. Fra Domenico era impaziente di entrare nel fuoco;
 perù in mezzo ai Francescani non vedevasi il suo com|>elilore trattenuto
 in Palazzo dalla Signorìa a suscitare cavillaziuni e litigi. I Francescani
 cominciarono dal pretendere che fra Domenico scambiasse gli abili con
 un altro frale, temendo d’ incantagioni, poi che deponessc il crocifisso: e
 perchè egli allora prendeva in mano il Sacramento, ecco sorgere nuova c
 più giusta opposizione, la quale non essendo risulta c facendo perdere gran
 tempo, la Signoria mandò bando che I’ esperimento non aveva più luogo.
 Rovere, oltre a teiitirlo nuovameute voloiilrroso dì pnstare in Italia; e che mentre alava in
 a«pella del Lungo, sotto la data però del ili agosto l49i.
 
21
 i
 li popolo vedendosi privo dello sibililo spellocolo dopo essere sluto
 sì luiigniiienle a disagio, cominciò a lurmilliinrc e imprecare contro i
 frali e in parlicolar modo conlro il 
Savonarola, da cui ognuno avrebbe
 preteso clic a conronderc i 
suoi avvei'sari fosse ciiiralo aiicbe solo nel
 fuoco per mostrare il miracolo; c poicliè la plebe Istigala dui malevoli
 minacciava di venire alle prese, a gran fulica furono i 
Domenicani difesi
 e ricondotti salvi ni convento.
 Il giorno appresso gli Arrabbiali e i 
Compagnacci, approlìllando del
 mal umore della città conlro fra Girolamo, si decisero a fare le ultime
 vendette, e mossero nel dopo pranzo in buon numero ed armata mano
 verso la piazza di S. Marco, uccidendo per via alcuni Piagnoni. Kssendo
 stale in gran fretta abbai-rate le porle della chiesa c del convento, la
 rea turba si accinse ad assalire quelle mura, ove dalle lìnesire e dai letti
 frali stessi, distribuiti da Francesco Valori c aiutali da alcuni altri
 de’ più caldi loro partigiani, si trovarono pronti a sostenere lunga e ga
gliarda difesa. Appiccalo il fuoco alle porte, una quantità di furibondi
 |>olè quindi penetrare nella chiesa c nc' chiostri, depredando o guastando
 a proprio talento ; 
ma venendo essi respinti, e il cunflilio seguitando a
 durare fino a sera con dolore del Savonarola, il quale avrebbe voluto im
pedire che i suoi frali spargessero sangue, la Signoria ottenne, dietro
 replicati ordini, che i 
Savonaroliani cessassero dalle armi, e che fra Gi
rolamo, fra Domenico da Pescia c fra Silvestro .Mariidi fossero presi e
 condotti in Palazzo. Fra Girolamo soffri nel cammino ogni sorta di minuc
cie e d’ insulti con trovarsi più volte ad ini punto di perdere la vita,
 come accadde purtroppo a Francesco Valori, il più prestante cittadino di
 Firenze, che fallosi calare giù dalle mura del convento, e ridottosi a casa,
 fu dal popolo ucciso unitamente alla moglie e ad un piccolo nipote.
 Dell’arresto del Savonarola e de’ suoi due autorevoli compagni il 
Gon
faloniere scrisse tosto gradita notizia al Pontclìcc da cui bramava ottenere
 facoltà d’ imporre una decima su gli ecclesiastici per sostenere la guerra di
 Pisa, e il Pontclìcc promettendo ogni favore, lodando l’operalo e mandando
 assoluzione d’ogni peccalo commesso nel tumulto, chiese che i 
tre frati fos
sero consegnali in sue mani. La Signoria decise che per suo decoro si esami
nassero e giudicassci-o in Firenze da una commissione, presenti due cano
nici del Duomo; e questa immaginandosi di ottenere importanti rivelazioni,
 non rifuggi di sollopurli allo strazio crudele della tortura. Gonfessioni
 miste di vero e di falso furono strappate al Savonarola in mezzo a dolori
 insopportabili, e sopra risposte assurde c bene spesso contradditorie venne
 oumpilato il suo processo, il quale essendo dato subito a stampa, riesci
Ì2
 iul onta (li tre successive allerazioni praticatevi in pritna dal noinrn ser
 Occone, tanto vituperoso alla Signoria e con tanti clementi per ricono
scervi I’ innocenza del Frate, da ordinare die fosse ritiralo c distrutto (I).
 Delle varie disamine estese a molti altri testimoni religiosi c secolari, c
 tulle più 0 meno falsale, si trasmise un sunto al Pontefice che ne resti)
 poco soddisfatto; e premendogli scoprir meglio quali erano i 
Cardinali
 fninccsi compromessi nell’ affare del Concilio, spedi due commissari
 apostolici in Francesco Roinolino auditore di rota c in Cioacchino Tor
riano generale dei domenicani. Giunti in Firenze, rinnovarono all’infe
lice vittima i 
tormenti della tortura; ma non potendo cavar nulla di più
 manifesto, decisero per altro che lutti Ire fossero condannali al capestro
 ed al fuoco quali rei di nefande scellcralesze, come parla la sentenza
 finale puhhiicala il 
22 maggio. Fra Girolamo avendo in carcere un mese di
 solitudine in attesa de’ Commissari apostolici, non pensò a stendere le
 sue difese, non a lagnarsi de’ suoi giudici, ma ahbandonando senza ran
core ogni spcnmza negli uomini per confidare unicamente nel Signore,
 espose e cottimentò il Sahtto In le. Domine, speravi, scrisse una Medita
zione sul Misererò, e volendo lasciare ttn ricordo al suo carceriere che
 spesso ne lo aveva richiesto, vergò in mancanza di carta sulla coperta
 di un libro una breve Regola del ben vivere; operette che essendo state
 con gran devozione ennservalc c stampale, danno prova della sua dot
trina pitramente cattolica, professala con sincerità di animo fino agli
 itllìmi istanti.
 Letta ai condannali la sentenza, fra Girolamo cbiesc di poter vedere
 e rivolgere alcune parole ai suoi due compagni d’ infortunio; c com’ essi
 gli furono dinanzi, li abbracciò, li incuorò a morire cristianamente, e li
 benedisse. Passata la notte in continue orazioni, e confessali da un mo
naco di S. Benedetto, i 
Ire frali tornarono ad incontrarsi la mattina nella
 cappella di Palazzo Vecchio ove ascoltarono la messa ed ove il 
Savona
rola ollennc di poter amministrare ai compagni e a sè stesso la comu
nione, facendovi sopra una piena ed esplicita dichiarazione di fede: poi
 cosi confortali si avviarono al supplizio. Vedcviisi nella piazza un gran
 palco all’ estremità del quale sorgeva un’ antenna in forma di croce cui
 erano stali raccomandali tre capestri c tre catene per soffocare i 
condan
(I) I Ire proeeit«i iipocrifl Hel SuTonaroU, ìntìetne al reto e bino proce«so dì fri Domeuiro,
 a quello in veri punti allenilo dì fra Silve«tro c a dìciannoTe etamine di «ilri acciinati,
 1e|*f*on«i con inolio inieretse ne‘ docoinentì onde va adorna la S/oria di Girolamo Soeonaroìa
 ecritla dal di. Patquala Villari, Voi. Il, pag. ccatii a c».
 *
 
23
 1.
 2.
 nati c icnerli sospesi inciKrc cnino divorali dalle fiamme, clic dovevano
 sorgere da on moine solUislante di malerie accensibili, .\llesi in diversi
 Iribunali dalle uulurilà ecclesiasliche e civili, il generale dei l’redicalori
 li fece spogliare dell' abilo domenicano, eli' essi prima baciarono e copri
rono di lagrime, il 
vescovo di Vasoiia li degradò, il 
Romolino oITcrsc loro
 per mandalo del Papa I’ indnlgenna plenaria , 
die accolsero con rive
rcn/a, c (ìnalinenlc consegnali al braccio secolare, i 
Ire |iazienli udirono
 rinnovarsi dagli Olio di Guardia la semenza di iiiorlo. Al Marulli loccò
 |ier il 
primo di salire la scala del palibolo, poi al Honvidni, poi al
 Savonarola, e I' orrendo scempio fu consummalo il 
23 maggio 1398 fra
 il dirullo piamo di una parie e gli oltraggi feroci di un' altra. Le ceneri
 de' cadaveri vennero d'ordine della Signoria raccolte e geliate in Arno;
 ma ciò non potè impedire die i 
residui di quelle fossero da molli ricer
cali con amore c custoditi come cosa sacra a maniener viva lungo tempo
 la fede nel Savonarola, il 
quale nell’ essere tratto a morie confermò lu
minosamente le sue convinzioni catlulidie, e nierilò di avere nel bel
 numero di quelli die preslarongli cullo un San Filippo .Veri ed una
 Sania Caterina de’ Ricci; meritò die ad onore di lui e de’ suoi compagni
 fosse scrino nel sec. XYI secondo il riio domenicano un Officio proprio,
 per essere recitalo da’ suoi devoti come a martiri degni di venerazione (I).
 .Vcccnnali così i 
principali falli intorno al Savonarola c al suo tempo,
 da servire d' introduzione e corredo ai ducunienli clic qui per la prima
 volta vengono pubblicati per ordine cronologico, si Iroveninno in essi;
 ® Sci lettere del nostro Frate che ora lo mostrano inteso a procurar
 favore in Venezia alla separazione da lui diìesla della Congregazione
 lombarda dalla toscana, ora ad agevolare con qualche mezzo umano il
 buon esito delle speranze di’ egli nutriva sul Re di F'rfincia, ed ora a
 confermare la sua missione profetica, e porgere avvertimenti religiosi (2).
 ® .Molte relazioni di Manfredo de’ .Manfredi oratore F.slense in Firenze,
 le quali olTrono di frequente con interesse storico le notizie minute ed
 annedute della giornata, come per esempio le promesse di denaro, di
 bcnelìcj c di olTici onde il card. Roderìgo Uorgia si agevolò la salila al
 papato (3); i 
sagaci ragionamenti di Piero de’ .Medici sulla venuta di
 (1) Qu««r Of^cio fu pubblicato per cura del benemerito rotile Carlo Capponi con proemio
 del cb. Cesare Guattì. Prato ISSO c lb63. aecouda edii. aueretciuia di docuni.
 (i) Veggaiiki ì 
docunt. I. 10. 13. lOS, MS e ISI. E fòrte chi copiò ìl 
primo di quetli
 non eolo lette due Tolte oelie data li93 per 1193, ma anche nel potcrilto o eAo/or di giugno
 in luogo dì o ehaltn di giugno.
 (3> Ooc. S a 6.
u
 Carlo Vili in Italia e sull’ inilola de’ l’iorcnlini (1), per condursi poi cosi
 male c guadagnarsi 1’ obbrobriosa cacciala (2); la conferma delle praticlie
 di Alessandro VI con Hajazei II granturco, di vendergli il fratello Xizim
 che teneva prigioniero in Roma, c cosi avere aiuto c favore contro il 
Re
 cristianissimo (S) oc., oltre a non pochi particolari riferibili al Savona
rola, verso il 
quale il IHaufredi professava amicizia c singolare estima
zione per lutto quanto operava a benefìcio morale c civile di Firenze,
 ricordandolo spesso, accennando a varie lettere di lui andate smarrite, e
 riportando i colloqui conndenziali passati col medesimo (4). 3.° Parecchie
 lettere del Duca di Ferrara al .Manfredi c al Savonarola, che mostrano
 il vivo interesse che il detto Duca pigliava de’ felici successi del celebre
 Frale nato no’ suoi dominj, c ebe gli fu largo di salutari ricordi; la lì
ducia che aveva nelle sue predizioni, salvo il dubitare che potessero ve
rificarsi per mezzo del Re di Francia ; 
la stima grande in clic teneva le
 opere di lui ricevute in dono; le prolTerle infine d’ ogni favore sulle
 quali il
 Savonarola faceva assegnazione (o); ma giunto il 
momento del
I’ estremo bisogno, e quando già fra Girolamo era in prigione, non trovo
 che si adoperasse a tentar di salvarlo presso la Signoria di Firenze o
 presso il 
Papa, c veggo che solo avea scritto a quest’ ultimo per dichia
rare il suo risentimento contro Giovanni Francesco Pico reso colpevole
 della dedica all’ Kstcnso di un libro ch’egli disapprovava, e che tratta del
1’ ingiusta scomunica di Fra (ìirutamo (C). 4.° 1 documenti si compongono
 ancora di alcune notizie correnti cavate in sommario da lettere di Firenze;
 di varie relazioni dell’ Oratore milanese a Lodovico il 
Moro dettale sempre
 da animo avverso al Savonarola ; 
e si chiudono all’ incontro con due let
tere dell’illustre Pandulfo Colicnuccio al Duca di Ferrara, le quali chia
mano il nostro Frale « uomo veramente divino, maggiore ancora in pre
senza che per scrittura. »
 (I) Doc. Il e IC. 
— (t) Doc. IS a i2. 
— (3) Doc. il.
 (t) Le parole dello dal Savonarola in diverae occasioni aaraimo aenipre conlrastegnale da
 vir0oleUe in principio di i-i({a, 
come pure ad agevolare il riiiveniincitlo do' pa»BÌ che toccano
 del medeainio, il *uo nome verià distinto in carattere majuscolctto.
 (5) Due. 92.
 (6) Due. i45 e Ii6. E notisi che il 
Duca ofFerivasi ài ronftnno porafo ad o^nt bentplacUo
 sebbene il
 dvl Savonarola anche dopo che questi Fu colpito dalla scomunica, come ai ha al doc. 120. 
—
 Nun era più nulla a sperare dal re Carlo Vili, cuorlo iiuprov«i»aineiile il *1 aprile 1498: a
 nuovo re di Francia Luigi Xli ai affrellasse a anpplieare la Signoria di Firensc in
 favore di fra lìiroUmo, la sua lettera è in data del 4 giugno, pochi giorni dopo ohe la sen*
 lenza fatale era stala eseguita.
 
2:>
 DOCUMENTI
 TRATTI DALL' ARCHIVIO ESTENSE IN MODBN'A
 RELATIVI
 A FRA GIROLAMO SAVONAROLA
 ED ALLA STORIA DE’ SIGI TEMPI
 CO:i SII I.F.TT£lti INEDITI DI ESSO FUllTC
 Fra CrVoIflmo S«t>onar<>/rt
 (1 fra Ballista da Fiorenza, Vicario in Sun Marco (I).
 I. ren«/fl, 16 mayyio
 — Vcncrabilis Puier, salutcm in Clirislo Jesu.
 Questa per avisarvi che noi stiamo bene per grati» di Dio, et speriamo di fare
 in ogni nostra cosa bene per lo Convento, se le oralioni non mancheranno, perchè il
 padre Vicario con li diflinitori molto sono rimasti li<‘dincati et consolati della nostra
 miioiie e ci hanno dato bona risposta con grande hilarità, dimostrando che faranno
 il nostro volere. Sì che cxortate li fratelli da mia parte che stiano uniti in eliarilù.
 acciochè le loro orationi siano piti efllcaci, le (inali debbono continuare iusioo ebe
 noi starno in Convento; si tamen io tornerò, che pur mi pare intendere che Torsi
 accadrò io purghi li mia pechali in questo odìlio: et spelialiter rachomandaiemi alli
 nostri fìgluoli, et spctiale a Fra Granduccio e Fra Ruberto Sahiati, li quali confortate
 da mia parte alla pcrseveraniia.
 Non posso più scrivere perchè il messo ha fretta. Valete.
 Ex VcncUis, 16 Maj U'J2.
 (P. S.) Credo che torneremo a chalar di Giugno, non innanzi. Orate, orate, per>
 che il diavolo non dorme; ma le orationi saranno più forti di lui: e siale certo che
 (I) Tonto queua quanto la lettera che ai Irtseri |>ià avanU al n. 10 furono rinvenute dal Conto Carlo
 Cap]>oni io un codice della Palatlfta di Firenze e mandale In rupia al cb. e ree. padre Cesleo Beyonne de’ frali
 Prodicalori. dal quale a me vennero poi fentiloieote comunicale.
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2C
 quelle hanno cosi exposic le memi di questi Padri, le quali se manchassino ogni cesa
 si dissolveria.
 A Fra Domenico e a Fra Silvestro che mi rachomandiate non dico nulla.
 Ex Veneliis, 16 Maj Ii92 (i).
 
(1) E a dubbiose che la date ripetute del 1492 sia stata trascritta esattamente,
poiché dicendo il Savonarola che non credeva di tornar a Firenze innanzi giugno,
si farebbe già stato fin dal 22 dello stesso mese di maggio,
come apparisce dalla lettera che scrisse a fra Stefano da Codiponte.
Portandola all'anno 1493, troverebbe appoggio in quella che si produce sotto il n. 13.
 Frater Hiebomysiis Prior.
 fForti) Veserablli ia ChrtUo Patri, Fral. BaptiUtP, ord. prvd.. Patri ratbi bonerando.
 la $. Marco <11 Fireue. 
Manfredo de' Manfredi Oratore Estense in Firenze ad Eleonora d' Aragona duchessa di Ferrara (2).
 
(2) Il Duca di Ferrara Ercole I marito di Eleonora, era andato da quasti giorni a Roma a visitare (come 
dice) quetti luorhi santi per salute dell’anima; ma specialmente per ottenere, come gli fa agevole, al figlio 
Ippolito d’anni 13 il cappello cardinalizio.
 2. Firenze, ... 
agosto 1492.
— Ill.ma et Ex.ma Madama mia, 
— Scrive lo Ambassatore del Mag.co 
Piero de' Medici come questo giorno, che è di XI ad hore XI, el fu ereato Pontefice 
et publicato el Vice-Canzelleri, denominato poi Alexandro sexto, et cum totale satisfatione 
del sacro Collegio de' Cardinali aprobato unitamente. Che, se così è, el non se 
ha ad credere, Ill.ma Madama mia, considerato alle pratiche che se erano facte, eh' el 
non sii creato veramente Spiritus Sancti, et tanto più quanto che de omni altro se 
stimava, salvo che de prelibato Vice-Canzelleri.....
 3. Firenze, 
16 agosto 1492. 
— Se ben fino a domenica prossima passata io ricevesse per le poste 
di Milano una del Rev. Vescovo de Modena a V. Excell., quale, per quanto me scripse, 
conteneva lo adviso della creatione del Pontefice, nondimeno non gli la ho mandata se 
non hora, essendo epsa advisata per mie lettere del tutto, et expectando havere qualche 
altro da Roma da significargli, sì come la intenderà per li infrascripti advisi. Quali 
herisira al tardi hebbemo questi Signori dallo Orator suo da Roma, li quali fece 
comunicare el Mag.co Piero a nui tutti Ambassatori, che è la distributione de tutti li benefitii 
et offitii che havea facto el Pontefice alli Rev.mi Cardinali quando el fu creato papa.
 Prima dice come el Revmo Card. Aschanio havea havulo la Canzellaria, la casa
del Vice-Canzelleri cum tutte le spoglie et suppellectile: havea similiter havuto Neppi
et la Chiesa de Acria in Hungaria che vale Xmila ducati.
 El Card. Orsino la Rocca Soriana et Monticelli, la Chiesa de Cartagonia in Spagna,
che vale Vmila ducati, denari contanti, et la legation della Marcha.
 El Camerlengo in Spagna benefitii per IVmila ducati et la casa dove stava Monsig.
Aschanio, che la rende alli flglioli che forno del conte Hyeronimo, et lo offitio suo
del Camerlingato, capitulato che ne haverà l’administratione libera.
 El Colonna la Abbadia de Subdiaco con XX Castella, che rende Illmila ducati, della
quale Badia et Castella ne ha facto padroni Colonensi in perpetuo, et ha havuto el
Vescovato de Pavia da Aschanio.
 Savello la legatione di Perusa, et Civita Castellana.
 El Sanseverìno ha havuto promessa che Frachasso serà condocto cum la Chiesa
cum cento homini d’arme et XVmila ducati de soldo, et la casa che fu del Cardinale
de Milano.
 El Doria restarà alla guardia per qualche mese.
 Sancia Nastasio, benefitii in Spagna, et restarà in palazzo alla segnatura.
 Castellano de Sancto Angelo, el Vescovo Argentino spagnolo.
 Secretario del Papa, el Vescovo de Capaza.
 Dicese che Mons. Aschanio ha scripto una bona lettera de sua mano al Mag.co
Piero, con sottoscriptione de man del Pontefice, per la quale li fa intendere del bon
animo et dispositione nella quale se ritrova Sua Beatitudine verso lui et la città sua,
tenendogli per cari et benivoli. El simigliante ha scripto el Rev.mo Card. de' Medici
suo fratello, de sua man propria, et sottoscripta de mane pur del Pontefice. Quale
lettere non se sono anchora publicate, nè intese per ognuno, se ben io per bona via
ne habbia el certo.....
 4. Firenze, 
17 agosto 1492.
— De novo non se ha poi altro da Roma, se non che N. S. ha 
promesso de fare moltissime cose a reformatione della Corte: cassare li Secrctarii et
 molti offitii tirannici, et tener gli figlioli fuora de Roma, et far promotione laudevoli,
 el dicesi che sarà glorioso pontefice, et che non haverà bisogno di curatori. Domenica
 ad oeto farà la sua coronatione on ail intronizzatione, dove si mette ad ordine de
 farla cum gran trionfo et pompa, forsi più che facessi mai niun altro pontefice.
 Post scripta: Perché nella comunicatione che ne fece el Mag.co Piero dello adviso
 havuto da Roma per la distribuitione delli offitii et benefitii che havea facto el Papa
 non se conteneva quantità alchuna di denari che la havesse promessa a certi Cardinali
(forsi per non volere sua Mag.co esserne autore), et havendo dopoi io de buon
 luocho come lo havea dato Sua Santità, on promesso, al Cardinale Ursino, ultra li benefitii
XXmila ducati, al Collona XVmila ducati, al Savello XXXmila ducati, il mi è
 parso significarlo a V. Excell., acciochè la intenda che la praticha non se poteva tirare
 a questi Signori dove la è conducta senza grande obligatione et promesse; per il che
 è stato necessario ad devenire alli termini antedicti: chè quando et Collona, Savello
 et Orsino non havessero inclinato, la cosa portava pericolo. La E. V. sapientissima,
 parendogli, tenerà in sè questo adviso della promissione delli denari.
 5. Firenze., 
22 agosto 1492. — ..... Questi Signori novamente, per quanto intendo, hanno advisi
 da Roma dallo Orator suo, come lo è stato presa ad instantia del Papa uno mess.
 Jeronimo Calegrano che era camarero primo del pontefice passalo, et uno altro pur
 camarero. Dicese per essergli imputato che hanno tolto et trafugato gioglie et denari
 de somma de 100mila ducati de quelli che havea papa Innocentio. 
 El Papa pare che habbia mutato sententia per non volere observare certe promesse 
facte a' Cardinali, che è lo essersi disposto de non dare Civita Castellana, nè
 la Legatione de Perusa al card. Savello. Similiter nè Monticelli al card. Ursino, si
 come gli havea promesso, la qual cosa ha dato non piccola admiratione alle brigate,
 considerato che cussi presto devenga Sua Santità a questi termini; per il che se 
iudica che lo habbia ad essere Pontefice che se gubernarà in le actioni sue secondo el
 suo parere, et senza respecto di persona, si come alle giornate se ne potrà fare 
migliore iuditio. El se intende similiter che Sua Santità ha pagato et promesso gran
 quantità de denari, forsi de somma de 150mila ducati, delle quali gran parte se hanno
 a pagare al bancho de' Spanochi depositarii de S. S.ta, li quali, per quanto se intende,
 se trovano mal forniti a pagarli al presente, et bisogna che gli accattino allo impresto
 et interesso, che li serà di gravissimo danno, el forsi la ruina loro. 
 El Papa similiter ha richiesto a certi Cardinali denari in presto, fra li quali gli
 è Sancta Maria in Porto, che, per quanto se intende, lo ha servito della quantità
 ch' el gli ha richiesto. 
 Tutti quelli che si 
ritrovorno 
nel conclavio alli servitii delli Rev.mi Cardinali son
 stati premiati da N. S., che, per quanto intendo, ha dato a quelli che erano cum el
 Patriarcha venetiano ducati VImila contanti, et dicese che per mezzo loro se dispose
 epso Patriarcha ad dargli la voce sua, che prima stava pertinace ad favorirlo. 
Ha dato
 similiter a Ser Nicolò de Michelozzo, che era cum el Card. de' Medici, IImila ducati
 per comperare una scriptoria; ad l'altro suo el piombo che li vale da circa 300 
ducati l'anno, et successive a tutti gli altri; salvo che a quelli de San Piero in Vincula,
 Sancta Maria in Porto, Lisbona, Recanati, Siena et Napoli. 
 El se intende similiter che alla coronatione de Sua Santità, che se farà domenica
 prossima futura, vuole creare Cardinale uno nepote suo che è Vescovo de Monreale,
 et persona de pretio et virtuosa. 
 El figliol suo Vescovo de Pampalona, che era al studio a Pisa, 
herimattina se parti di là de commessione del Papa, et è ito nella Rocca di Spoleto. 
 El Rev.mo card. Aschanio pare che sii mutato de non volere dare el Vescovato de Pavia al card. Collona, si come gli havea promesso. 
 Al sig. Virginio et a tutto el resto delli Orsini è stato facto per el Papa amorevole accoglientie et carezze assai, 
Heri sira el giunse qua la Mag.co Madonna Magdalena moglie del sig. Franceschetto et sorella del Mag.co Piero, quale se ne ritornava da Roma.
 6. Firenze, 
3 settembre 1492. — ..... 
Venerdì proximo passato se fece concistoro, nel quale
 N. S. fece cardinale el Rev.mo Vescovo de Monreale suo nepote, el quale, come altra
 volta scripsi a V. E., se havea a publicare nel giorno della sua coronatione. Hagli
 dato le stantie in palazzo per haverlo appresso, essendo homo prestantissimo et da
 fare faccende. 
 Ha in decto concistoro Sua Santità confirmato tutti li benefitii che la havea 
promesso nel tempo della electione sua alli signori prelati el alle famiglie loro..... 
Ercole I duca di Ferrara al Manfredi.
 Ferrara, 1 1 
gemwio U93. — Mess. Manfredo. 
— Havendo nui grandissimo desiderio che ’l vcn.
 frale Mariano (da Gennazzano ) predichi qui a Ferrara in questa quadragesima pro
xima che viene, el sapendo che li pari suoi sono mollo richiesti alla Santità del Pupa,
 nui per satisfare a questo nostro immenso desiderio, scrivessimo a Sua Beatitudine
 die volesse commettere ad epso Maestro Mariano che cus>) li havessc ad {iredicare,
 et ti mandussciDO uno nostro cavallaro a posta. Il quale ritornato cum il breve, il
 portassimo ad epso M.'* Mariano che se trovava qui; ma lui fece scusa cum nui de
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 non potere venire, cum dire che lo ha promesso al Mag.” Pietro de’ Medici de pre
dicarli, et die cum honore suo non potria venire qua
 H. Ferrara, Ì9 gentiaio 1495. 
— Per la vostra lettera de’ xxv del presente babiamo inteso come
 el Mag.** Pietro graziosamente è restalo contento chc’l ven. M.'* Mariano venga qua
 u predicare questa quadragesima proxima, per fare cosa ebe ni sia de piacere et con
tento, si come per nostra parte li havele richiesto, non ubsiante che lo havesse pro
messo de predicare lie
 poleli
 Yoleuio ebo nomine nostro Lo ringraiiaii quanto più
 et cussi vui 'ymi:s Prior.
 (Fuori) andò in Cbrìtto Patri Fralri RjpUtUr de Plorenli* ord. S. Oomtniri Conrcnlui S. Marci, Vicario
 bearmcrìlo etc.
 (I) 6 it bellla^nia e (unga Ullera più roUe «UmpaU e direUa da ùolov"* *i Irati di S. Marco de nod«
 bene citendi rt tendmdi tn Deum, cfae certaoieBie fa icrilia ua poco prima del 1ù febb. 1493 ( |491 itile bbovo),
 oel qoal (tinrne cadeva la domeaiea della Quinqaa|eiime, aUBle ebe la detta lettera parla del Vaofelo della
 domenica rtke era proatioia aUa Qutaqaageaime sle»a.
 (S) Siile uuovo.
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30
 *
 Il ,1/anfredi al Duca.
 ,
 II* Firenze. 3 febbraio U93. — Io non potovo per modo alehuno credere che havendo facte tante
 et gagliarde scaramuzzc cum M.** Mariano, come io ho facte per quei che vederà la
 Ex. V. per I' altra mia del di de beri, et novamcnle datagli la battaglia per et seri
vere gagliardo che quella ha facto ad sua paternità et a me, eli* io non lo facesse
 rendere et desponersi totalmente a satisfare alla promessa ctf egli gli ha facto ....
 il
 non fu mai possibile che potesse cavare altro da luì, se non che '1 non era possi
bile ch*cl potesse venire; pure dicendo che quando cum honeslo modo el potesse
 fare ìutendere a V. Exc. le ragione el cause che a ciò lo strengono, eh' el se ren
deva certo che la staria contenta de non Io aggravare nè strengerlo ad venire
 Et
 più me disse che forsi el se disponerà de mamlart: frate Iacopo da Lainpognano cum
 un altro compagno suo a V. Exc. per in tutto fargli intendere le cagione et ragione
 che lo necessitano a rimanere qua
 1^. Firenze, U febbraio 1493. 
— lo sono stalo cum M.** Mariano et faclogli intendere quanto me
 cornette la Ex. V. per lettera de nove del presente cìrcha alta mala satisfaclione in
 la quale la resta de luì per non essere venuto questa quadragesima ad predicare là
 olirà, liavcndo lui promesso de venirgli omni Hata che 'I Mag.*‘ Piero se contentasse.
 cum dirgli che mai più in alchun tempo la Ex. V. cl rechiederìa
 Rimase molto
 sconsolato cl de una mala voglia, intendando cl dispiacere che quella dimostrava
 bavere, cum dire che 't non poteva |>er alehuno modo stimare, che havendo diman
dalo di gratta a prelibala V. Ex. cum tanta vehementia che la el compiacesse per
 questa quadragesima de lassarlo predicare in questa terra, essendo necessitato per sue
 faccende et interesso proprio, che quella non nc restasse contenta, parendoli che la
 fede el servitù eh’ cl porla a quella la dovesse disponere a satisfargli
 Fra GiroUimo ^vonarota
 a Mona Barlalomca che fu di Nicolò di Zambiyliazi
 in Fiorenza (1).
 13. fiologna, 3 aprile 1495. 
— La eharitate et pace di Jesù con voi sempre, dclectissima in
 \.‘* Jesù Madre mia.
 — Perctiè el tempo sempre me strenge per le oceupatione.
 non posso scrivere a voi nè a altri, come io vorrei, per satisfare al vostro desi
derio, essendovi molto obligalo per le fatiche le quali voi portate per me: queste
 poche parole vi ho voluto scrivere in fretta, perchè tuttavia sona 1' ultimo segno de
 la predica, e per questa dunque pregho che voi faciale orationc, che Dio mi inspiri
 se io debbo ritornare a Firenze innanii al Capitolo (2), perché ho gran desiderio dì
 ritornare, ma vorria che fusse con la volunià di Dio. Altro non mi accade a scrivere,
 se non che voi nc faciale oraiione per me, che Dio non mi abbandoni per lì 
mia
 (1) Cavala dal ConvenU» domcnìcaito di S. Romano in {.ucca. e irova») in un codiro conlrneole la Vita del
 Savonarola dei Raeit, io fonde al quale fo iraarriUa nel ITI» da frale rilippo del Buono ebe avvertiva con
ftcrvarsi V aomerafo prevao di lui. lo ne ebbi copia dal lodalo padre Baynnne.
 (S) ài Capitolo provinriale della Congrrsaziooe lombarda rbe dov«a tenervi io Tenetia alla Penleeokle.
 Mtrondo V HM> donieniraoot di che vefcgasl la lederà al n. 1 e la imta in flne della medevima. Ma aembra ebe
 il Savonarola lorna»e almeno prima a Firente, come dichiarò aeir uliirai predica falla a Bologna.
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51
 pechati, g per le nostre cose che Lui si degni di mandarle a pcrfciionc, c per li nostri
 fìglioli accìochè il 
demonio non habia forza sopra dì loro. La gralia di Jesù con voi. Amen.
 In Bologna, a di 3 di Aprile 1493.
 Fr. Hieronykus.
 Il Manfredi al Duca,
 i4, Firenze,^ gennaio 1494. 
— Havendo io inteso come questi Signori haveano havuto Icuere
 deir Oratore suo ebe hanno in Pranza, et volendo intendere qualche cosa di novo,
 fui cum cl Mag.** Piero, et dimandatogli quel che '1 sentiva di Pranza, el me disse
 che non bavea altro, se non che pure el se ra^onava che quel Christiauiss. Re con
tinuava in la opinione de volere fare la impresa ( già divulgala ) in Italia, et che ri
tornalo eh" el fusse di Bertagna ( dove era ito Sua Maestà ad fare le feste dì Natale )
 dovea venire a Lione: similiter che *1 se era dato bon principio de annata per questa
 impresa a Genoa, havendo Sua Maestà mandalo a soldare el nave et galee in bona
 quantità, come se è inteso là olirà a Genoa. 
— Albora io dissi a Sua Mag.: Lo è
 adoneba da credere che aproxìroandose Sua Maestà alla Italia (venendo a Lione) et
 havendo dato quel principio all" armata, che la impresa sortirà effcclo? per il che Torsi
 V.'* Mag. comenzarà a mutare proposito el tenere che le gente di Franzo pur passa
ranno in Italia?
 — Epso me rispose, che nè anco per questo se voleva rendere, anzi
 voleva essere in questo consimile a San Thomaso, et che Ano a tanto che non li
 vederà passati in Italia non lo crederà mai, dcduccndo molte cause et ragione che ad
 ciò lo desponeno
 et tra le altre una ne allega potissima, che è, che '1 non lì pò
 capere che lì potentati de Italia ciò permettano, consideralo el pericolo universale che
 ne seguirla a tutta Italia, però che el non è da stimare, che quando Sua Maestà havrssc
 eonqitisiaio il 
Reame di Napoli ( come lo ha designalo ), 
che la siaesse contenta de
 quello; resolvendosc che 'I glie pareva a lui che la cosa fusse de tal momento,
 che per conto veruno la non debba sortire effecto.
 — Hor ben, dissi io, vedo clic
 V. .Mag. vorrà cum questo vcrifìcare quanto a questi giorni la me disse, che fu, che'I
 non passarla 1* unno che me recordarebbe che la Maestà del Re de Napoli anchora
 havea a essere quella che liavea ad dare norma a tutta Italia, considerato che cpsa
 sarà quella che haverà a provedere et trovar riparo a questa pralicha che la non
 habbia cITecio.
 — A questa parte el me rispose, che lo baverà gratissimo che de
 questa cosa io non glie ne parli sino al tempo designalo, perchè el stimava che
 anche innanli se nc vederia tal segni evidenti, che confessalo essere cl vero tutto
 quello che '1 me havea predicio. El me fece però dui presuposti a coroboraiione de
 ciò: r uno oii che ’l 
Re de Pranza on sue genti passeranno in Italia; on non. Se li
 passaranno, habbiamo a stimare che ’l farà un tanto sforzo de validissimo exercito
 per passare, eh’ el non starà contento, conquistalo che lo habbia el Reame di Napoli,
 a quello, ma vorrà mollo più oltra, per el che lo è da pensare che la Italia imìver
salroentc tutta se ne riscnterà
 onde che me pare che sìa necessario ad fare capo
 alla Maestà del Re de Napoli, al quale per omni conio se lì ha a deferire per el resto
 de' potentati de Italia, essendo epso solo mcnazzalo da’ Franzosi, et havendo facto le
 spese et provigiooe tanto gagliarde, come se intende che lo ha facto, et che tuttora
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Zi
 li attende, de gente d’ arme et armata per defendme da tanta impreso. Et »c mi di>
 cesti: or come se potrà obvìorgli che non passino, hnvendo Io adito che li 
haveranno
 libero et expediio, et venendo tanto forti, come se dice? lo ti rispondo, clic se pnre
 se lasseranno passare in Italia, forsì el se potrà fare per ricliiuderii poi in questa rete,
 la quale è situata et tessuta per modo, per li passi Street! clic vi sono, che facilmente
 intrandovi ne rimaranno prexi per non se ne potere exire; et cussi ne rq>orleraimo
 de quelle victorie el iionori die hanno facto per d passalo, quando vi sono venuti,
 quantunque a quel tempo le cose de Italia non stacsseno nel modo et termine che
 bora le stanno
 15. Ftre$tze^ iZ gennaio 1494.
 — De novonon intendo altro, per non se potere liavere copia
 dal Mag.** Piero il quale è lutto dedito et coiiUniie occupato nel provarsc nella giostra,
 et maxime al presente per essersi bandito due giostre a demenino che se hanno a
 fare questo carnasciale. Et a tulle, per quanto intendo, voi correre prenominato >1.*‘
 Piero, et scranno parecchi a lui giostranti, come cederà V. E. per la copia della Usta
 qui inclusa. Quando d paresse a prelibata V. E., et che la bonesià d comportasse,
 che lo ili.* sig. Don Alfonso li venesse a vederla, credo eh* d farla cosa grata ni
 Mug.** Piero, d quale ha già havuto qualche ragionamento de do cum me.
 Li giorni deputali per la giostra scranno el ^obin di berlingazzo et In domenica
 di carnasciale. E( zobia dì correranno a laniere et daranno c* dui primi honpri, die
 sono due elmetti gueriiUi, dì pregio de 100 ducati V uno. La domenica correranno a
 riscontro, et duramio li altri dui lionori, cìoà doe celate de 50 r acconzarc el Mag.*“ Piero el fucio suo et cum prelibate Maestà et E.s.“* el
 non hnhhia respccto a fare cosa che sii de gravezza et danno ella città, essendose
 partito de qua a parlare, come dicono, dospcrato el senza consultare dieta andata ad
 persona dei mondo, se non alla donna sua et al Canzelleri pur suo, che in verità,
 lllumu sig. mio, vedo questi cittadini stare mal contenti, baveiido parlato sopra ciò
 ad longum questa inallinn cum el Mag.*** iMcolò Ridulfì et questa sera do poi cum el
 Mug. Bernardo del Nero, botiiini prestantissimi el delli primi dello Stato, li quali lar
gamente se sono condoluti cum mi del modo che ha tenuto el Mag.** Piero in questo
 suo guherno, demostraiido che 'I tutto è passalo, non perchè ’l 
non li sia stato ricor
tlaio alli tempi quello che lui harea ad fare per conscrvationc del Stato suo cum sa
tisfactionc della città; ma per essere lui staio sempre pertinace a volere tirare alla
 \oUa del Re di Napoli, non havendo rispecto all' odio et mala dispositionc eh* et se
 generava, el meritamente, dallo Ili.* sig.' Duca de Milano, che non passava solum per
 la iiiciiiiatione che lui havea a favorire epso Re Alfonso, ma asireclo per siigeslione
 et persuasione hiclc da qualche altri de questi dello Stalo che tiravano a quel cam
mino, et per compiacere a diclo Piero et per qualche altro rispccto che non sta bene
 a loro ( disseno cpsi ) ad publicarlo. Amaritudine et passione assai dimostravano bavere
 cum mi de questa cosa, cum dire che cpsi vedevano manifestamente non solum la
 ruiua de Piero et loro, ma etiaiii quella della città, quando che non siano subvcnuli
 a questo suo caso dalla clemcniia et bona gratin che cpsi sperano bavere dallo 111.“
 sig. Duca de Milano, dimostrando conlldarc mollo in Sua Exc., che come è suo
 consueto, non liavcmto rispccto allo errore commesso contro quella, li rcceverà in
 (|uclla bona gratin et amore ebe se conviene alla tanta benevolentia et amicilia antiqua
 stata tra quella illuslriss. casa e la città sua; cum subiongere che epsi non credeno
 che *1 faza per Sua Exc. che ’i sia minato questo Stato, del quale se ne pò promettere
 el valersene per qualunque suo beneplacito come ha facto per el passalo, et mollo più
 bora, per bavere maggior obligo la città quando la sii soveuuta in questo caso. El ad
 ciò che la pralicha sii piò facile ad condurre al desiderato clTccto, cum inslanlia pregano
 V. E.XC. clic se voglia operare appresso lo ili." sig. Duca de Milano ad desponerio
 eh* el non vogti abbandonare questo Stato, anzi favorirlo a questi suoi urgenti bisogni....
 Vedo questo populo prò malori parte baver concepulo qualche indegnatioiic contro
 e! Mng Piero: parlasi di S. Mag. con charicho el gravezza senza alchun rispeclo, che
 iiiditio meo panne segno molto cattivo per lui. Ogni homo scaricha la soma sopra
 
lui; per il che dubito di qualche suo periculo, se la opera del sig. Duca de Milano
 non li subviene. Assai odio e iodignatione li 
ha concepulo questo suo essere ilo alla
 despernta a getlarse in braze del Re di Pranza et consignni-li le fortezze che luì lia
 facto senza licentia et participntione de alcun altro della ciuA, et qiiam peiiis esse
 per non pigliare la volta del sig. Duca de Milano in condurre In praticha dello ac
cordo per suo mezzo, quale speravano che seria passalo con più honore et satisfntionc
 sua et delle brigate, che bora non se è facto. Et eh’ el sii el vero che qua cl popolo se
 stii io qualche suspeclo che ’l 
Mag. Piero babbi facto qualche cosa che sii a charico et
 gravezza della cittò per acconzare el facto suo, come ho diclo, quantunque domenica
 passata lo andasse a Pisa con quelli octo on x dclli primi cittadini de Fiorenza |>er
 honorarc la M.** Regia, non di meno, non se conOdando cl populo de cpsi per essere
 alcbuni delli dieli di quelli che hanno tenuto el Mag.^ Piero disposto et ben hedifìnato
 alla volta del Re di Napoli, el se è vinto et obtenulo questo giorno per cl Consiglio
 qua de eleggere cinque altri Ambassatorì alti quali se è daui libera potcslù el com
missione de Imctare lutto quello che vogliono cum la M.'* del Re |)or honore et co
modo de questa sua libertà, per la cui conservalionc sono contenti clic possino fare
 lotto quello che parerà el piacerà a dicli Oratori suoi noviier clecti, delli quali uno
 ne è frale llmBOMMo da Ferrara dclF ordine delli Angeli nosiri da Ferrara, cl quale
 ha tanto credito in questa città, che non sciò ebe maggiore se potesse dcsidei'are. Cum
 C|)so va Pier Capponi, Tana! de Ncrii cl dui altri cittadini et homini de bona extima
tione nella città, la qual cosa non piacerà punto a questi dello Stato, dico alti princi
pali, parendoli che questi Oratori non li possin dare se non cliaricho et gravezza. Pur
 io son uno de quelli che stimo che nariti che epsi iungano alla
 del Re, che quelli
 altri primi Oratori insieme cum el Mag.** Piero haveranno acconzo et asscUnto cl facto
 loro per tal forma, che pocho haveranno a dubitare de questa andata delli altri no
vnmcntc elccti; el maxime perchè io ho veduto lettere de uno Gran Maestro che
 stava qua, come cl se persuade che le cose del Mag.** Piero siano assettale cum la
 M.** del Re di Pranza, haveudoii offerto de fare prestare a questa Signoria SCO mila
 ducali et che anche li serva delle gente d'arme pagate sino a guerra Unita: la qual
 promessa ( dclli dinari maximamente ) credo che sarà mollo difìcile da observnrsi,
 perche vedo tutti questi cittadini mal disposti ad volere slmrsare un denaio per questo
 conto, havendo pur parlalo cum molti de epsi, quali dicono che paiiriano nanti omni
 exterminio che servire il 
Re de denari quando li sinno promessi per el Mag.** Piero
 Per il che concludo, lllus. sig. mio, che polria essere che questa cosa faccia prciudiiio
 assai al conservare cl Mag.** Piero nel grado el bon stato che Io ha havuto per el
 passato nella città.
 Domaiina partono dicli cinque Ambassatorì che stimo troveranno la Maestà del
 He a Pisa, dove se li 
debba ritrovare venerdì proximo venturo.
 Qua sono venuti suoi forerì, che al modo nostro, come debbe sapere V. Exc., sono
 provcdiiori per cl trovare li alloggiamenti, li quali attendono cum ogni dilìgcniia ad
 provedere a questo bisogno.
 De novo non ho altro, se non che ho veduto lettere da Roma questa sira de’ ii
 del presente, ebe contengono la venuta a Roma del Rev."* Cardinale Aschanio chiamato
36
 dal Papa. A Marino dove era prelibato Aschanio è ito per obsido el Card, de Monte
 Reale el Card, de Valenza che li staranno sino alla ritornata de dicio Card. Aschanio.
 Stimase che dicto Card.' cuna San Severino habbiiio a venire de certo a queste
 bande de Toscana per venire incontra al Christian. Re de Pranza, che è segno che 'I
 Papa, se non ha fatto el salto schiavonescho, lo fani de proximo
 '
 Firenze, 8 novembre 1494. 
— llavcndo questa mattina inteso del ritorno a Fiorenza che
 liaverà ad fare el Mag." Piero, et essendo a ragionamento cum el Mag. Nicolò Ridolfì
 per intendere quello che havea operata dieta andata del Mag.** Piero alla Maestà del
 Re, el me disse che non ne liaveva per anchora potuto intendere nulla, et che a lui
 pareva che nullo bon cffeclo ne potesse succedere senza cl mezzo et boa opera dello
 III.* sig. Duca de Milano, parendogli che da $. Exc. dependa omni bene et riposo de
 questa Rcpublica et del Mag." Piero; concludendo che quando prenominato Mag. Piero
 non habbii facto el fondamento suo in prelibato sig. Duca de Milano, che ’l 
non |H).
 sperare che lì succeda elTcclo alcliuno, nè successo bono: et questo (disse, se era ab
 trìrnenti, non Io exprimessi ) perchè ’l se vedeva questo populo tutto sublevalo cl mal
 disposto, haveiidose pigliato delli parliti per la Signoria de bora et per alchuni altri
 cittadini, che non servono in proposito alchuno nè a benefitio del Mag. Piero nè delli
 altri dello Stato, volendo in effeclo operare et condurre pralicha, che questa città
 se reduca ad venire in libertà et non patire che le cose se conducano più et gubernino
 come se è facto por el passalo
 MI. Firenze» 12 nouemòre 1494. 
— Questa mattina son venuti a mi a casa molti cittadini de
 questa città ad farme inlondere, come questi Ex.'^ Signori desideravano de parlare cum
 mi per conferirme aleliunc loro occurcntic. Et cosi accompagnato da epsi me presen
tai a Sue Signorie, le quali me fecerno intendere, come essendo occorso a questa
 Republica, per divina gratia et benefìtìo che hanno conseguito, de essere sublevati dalla
 tirannide el servitù in la quale sono stati soiTochaii sino a quest' bora per bavere
 cazzalo della terra quelli che tenevano in servitù dieta città, li è parso de comuni
care cum mi questo loro contento el iubilatione, rallcgrandosc cum me de dicto suo
 felice successo, ad line clic io Io faza intendere a V. Exc., persuadeiidosc che quella
 per la benivolcniia et longa amicitia che è stala et è fra V. III. Sig.*‘* et epsa Repu
blica, ne receverà non mancha consolationc che hnbbino facto epsi; oflerendose sem
pre ad omni suo beneplacito parati, suhiungendo che quella ha a sperare poterse pro
mettere più da epsa Republica che la non poteva da quello tiranno. Resposi a Sue
 Sig.'" cum quelle accomodale parole che mi parve havesserno a servire a questo pro
posito, fazendolì intendere el desiderio che continue ha havulo quella che le cose de
 questa città passino con quello lionore el riposo che la vorria che facesseno le suo,
 cum dirgli che per questo eftecio la Exc. V. non havea mai mancato de fare tutte
 quelle opere bone che li sia stalo possibile, et che la ha conosciuto bavere a servire
 a questo proposito; et per coroboralione de questo li fece intendere quanto me havea
 scripto V. Exc. per una sua de' 4 del presente beri sira ricevuta (t), la quale non po
(I) Kob bo potuto rìnTonirc la oilnuia di quella lellera del Duca, ebe forte tarà itala dìiltuiia quando 1
 Medici lornaroDO a] potere
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 leva venire a tempo meglio a proposito et disposto che la fece, ha qual lettera tanto
 satisfece alle loro Signorie et a molti altri cittadini che se rilrovomo alla presenlia, che
 più non se potria desiderare
 Et io non maocbai extcodcrme quanto me fu possibile
 ad confirmarc loro Signorie ad stare securì et vivere consolati, perchè V. Exc. non
 li è per manchare de omni suo favore et ad exponere per loro bon fìnc et comodo
 la persona, el Stato, li figlioli et omni sua facoltà
 Firenze, i2 novembre U94. 
— La Exc. V. haverà inteso per 1’ altra mia de' ix (1) la
 partila del Mag. Piero, Cardinale et Juliano da Fiorenza per le cause che io gli signi'
 ficai. De novo non è successo altro, se non che lo è sostenuto in Palazzo della Si
gnoria alchuni utfitiali che servivano alle cose occorrenti in dicto Palazzo, dalli quali
 se spera se habbia a cavare bona somma di denari per li 
mal modi et rubane che
 hanno facto nelli olDtii loro. Per la Sig.'" similitcr è stato levalo io oflhlo delli Ceto
 della Praticha, Octo de Balla, consigli del Cento et del Settanta, cuin alchuni altri
 oflìlii che havea trovati la bona memoria del Mag.** Lorenzo, facendose in effccto prò
vigione resolutiva, che le cose de questa Republica se habbiano a rediirre al guberno
 et consuetudine antique, et che omni cosa se reduce a quello che ordinerà la Sig.~
 cum XXXVI cittadini deputati ad questo. Questi cittadini che gubernavano el tutto al
 tempo de Piero, tutti sono stali deposti
 Domani se crede che farà la intrada la M.** del Re, quale ha soprasediito per
 polcrsc meglio mettere ad ordine per faro dieta intraia tanto pomposa et solcnissima
 quanto sia possibile a desiderare.
 Questa sira similiier è gionto qua el Canzcilcrc de Reggio con el pavaione che
 ha designato V. Exc. donare a questo Chris. Re. Provederasse tno ad farlo desieiidere
 in qualche loco adciocchè la M.‘* Sua el possa vedere bene
 (2).
 93. Firenze, 14 novembre 1494. 
—
 El conte Ioanne della Mirandola, che se retrova in
 questa terra infermo già fanno xv giorni di febre et nitri accidenti, sta molto grave,
 in modo che beri sira fu despcrato da' medici, havcndolo trovato stare da circha i
 bore senza ritrovargli el polso
 Iddio lo agliuli che'l bisogna, chè invero scria
 gran danno che 'I mancliassc un homo della qualità che è dicto gentilhomo
 (3).
 94. Firenze^ 24 novembre 1494. 
— lo stimava di potere per questa mia significare a V. E. la
 rcsolutione dello appuntamento per lo accordo pratichato tra el Chrisi. sig. Re et
 questi Excel). Signori, havendo inteso essere rimesse tutte le cause che dificultavano
 dicto apptiniamcnio: ma per quel che io intendo omni bora se mette a campo per
 la M.^ del Re parliti novi, clic sono de qualità come intenderà V. E., che rendono le
 cose più dilficili ad pigliare conclusione veruna. La conditionc delli Capitoli, per quel
 {iodio eh' io ne hnhbia potuto relraherc sino al presente, è che la M.** del Re, veduta
 (I) Anche la lettera qui eitata cninra nella Blia del carief^io Manfredi.
 (S) >ella CVonam matlentte di Iacopino LancilloUo edita da quella Depulatione di Storia patria a cura dei
 tocio aif. eav. Carlo Uorfbi ( 
Parma IMI, p. tS7 ) lefge^i ebe detto padlgUone panando il 91 ottobre N9I per
 Modeaa fu dbtcM> In CaMetio, « che era « io forma di una cara, con ula, camera ed altre dcnlroe della bellexta
 e della riccbciza non Mria oarrare. e quanti miara de ducbali el rena, non lo ao. a Indi aggiuogoi c Adi ditto
 veane novella romo li Fiorenliiu li 
r erano Mtllopoeii al He ( di Francia ) et ebe dbenperMno come li Veitiiiani
 il devano trabuto a dktU rUnenUni a ciò oUeniMccio la pugna contro la Maestà del Be che non paHaiae. •
 (9) Morì tl 17 dello iteifro mete di novembre, giorno dell' entrala dei Re di Francia in Fircnac.
 
38
 la disposilione de tulio questo popolo cireba al caso del Mag.** Piero, é stala contenta
 che più el non se habbia a parlare del ritorno suo a Fiorenza, se ben la fama fiisse
 sparla che Sua Muesiù havea mandalo per epso, che fu causa de fare seguire gran
 scandolo nella città, come per altra mia signiilcai a V. E., che ancliora fu più peri
coloso, |>er quel che poi ho iiiirso, che non li scripsi, allesso alle provigione et appa
rali che erano faeti et nella cittò et per quello contado, per non comportare che diete
 Piero ritornassi a Fiorenza. El Palazzo de piazza dove habitano questi Sig.** fo mollo
 ben fornito de gente, viciuaric et artigliarle da defendere et olTendcre chi lo havesse
 voluta molestare oii perturbare. Se adunoriio da cireba 500 cittadini in dicto Palazzo,
 et unanimiler in consiglio dis|)oseno de volere tulli morire per conservare la libertà
 loro, abhnizzandose insieme, dandose la fede de perdere la vita, figlioli et roba, più
 presto che comportare de più essere dominati nè siibiugali da homo del mondo, nè
 die cl Mag. Piero ritorni a Fiorenza. Et cum questo fermo proposito et dcliberatione
 tutti uniti se ne aridornu alia
 del Re per fargli intendere lo animo loro: el quale,
 veduto el periculo euiinentc de gran perlurbaiione che se apparecchiava, et inteso
 forsi per el mezzo del mag. mesa. Galeazzo ( da Sanseverino ) la deliberalìonc presa
 per questi ciuadini, li niccolse cum bona eira, et feccgli gratissima risposta in modo
 che rimasino assai ben snlisfacii.
 Alia parte ddii denari che ha dimandalo Sua Maestà in presto a questa Signoria
 se era devenuto de dargli cento veniimila ducali a pagargli in tre termini, al presente
 30iiiila, per tutto febraro iOmila, a San Zoanne de Zugno 30mila. Pisa cum cl contado
 suo, che se era reducto vivere in libertà, se restituiva alla hobedicntia de’ Fiorentini,
 come era prima, he fortezze autem de Pisa, Livorno, Pictrasanla et Serzana restavano
 in potere della M.^ del Re sino clic lo haverà fìnilo questa sua impresa, prometten
doli poi de restituirgliele. Non intendo ben per anchora quello che sia determinalo de
 Serzana el Pictrasanla, essendo qua li quattro Oratori genoesi che fanno grande instan
Uà cum cl Re che le dia a loro, come pare che ne habbino promessa da S. M.'*
 Hcrisira fui cum lo Iti. sig. Don Ferrando (d'Este) a visitare el Card. S. Pietro
 in Vinculo, cum el quale essendo in ragionamento de questi casi della città, dimostrò
 dispiacergli questi modi che se servano per la M.** del Re, parendogli che sicno de
 qualità che habbino o dare perlurbaiione et disturbo et a questa città el ad epsa H.'*,
 ultra che sono causa de tenere suspcso lo andare a fornire la impresa principiata
 del Reame, maxime ritrovandose le cose ben disposte a conseguire la vicloria. Dice
 Sua Sig.^ Rcv.** che non ha mancap) de ricordare a Sua .M.'* tutte le cose che li
 pare sicno necessarie a proseguire la impresa cum omni prestezza et pruntitudiiie, cum
 dire che da un canto el trova et lassa Sua N.** cum bona dis(>o9ÌLione de fare quanto
 el glie ricorda; ma partito da lui, per sugestione de qualche suo Darone, se mula et
 devene a trovare partiti de qualità che sono in lutto contrari a potere proseguire la
 impresa; in modo che molto grava a Sua Rev."* Sig." che le cose vadano tanto alla
 longa, et tanto più perchè Sua Sig.‘* ne fece vedere una lettera che In quel punto Io
 havea havuio dal sig.' Prcfccto suo fratello de’ xx del presente, per la quale el gli
 significava delli XXXXmila ducali che lo havea preso, che era el tributo che mandava
 cl Turco al Papa. Similiter li remetteva le instructione che havea dato el Papa ad un
 
."9
 mo&s. Giorgio suo Commissario mandoto al Tnrcho; le quale ìnstruciione nllrainenie
 non ne fece vedere Sua Sig/'*: la lettera del sig. Prcfecto conteneva che erano de
 qualità^ che era stupenda cosa et pericolosa alla christianitade, sì come cpso nven
 relracio per lo examino et confessione che havea facto dicto Commissario del Papa,
 cl quale ha destenuio cl in potere suo. Dimostra per dicto scrivere che cl tenesse
 pratiche de vendere el fratello del Turcho, che è a Roma, al Gran Turebo, et recer
cha lo agliulo et favore suo contro questo Chrìsiianiss. Re. El mandato autem del Tur
cho die veiieva cum dicU denari se ne fuggì in Anehona. Scrive dicto Prcfecto che
 scrìa ben facto che la M.'* del He christ. mandasse suo homo a dieta Comunità de
 Anehona a dimandargli dicto homo del Turcho. Sua Sig.'‘* me disse, che cl stimava
 che come el Re intenderà quanto se contene in dieta instriictionc che el piglinrin
 partilo de accellerare T andata verso Roma, el che hoggi lo andaria a trovare Sua
 M.** per questo effeclo, siibiitngendo eliam Sua Sig." che el Papa lì ha mandato uno
 .M.** Gratiano suo confessore el scripioli un breve, pregandolo eh* el sia contento de
 scrivere et fare opera con el sig. Prcfecto suo fratello che li restituisca li ^Ornila
 ducati, et simililcr lo cxorla el prega a volere favorire le cose della Chiesa et de Sua
 Santità per quel modo che *1 pò sperare potergli valere, offerendogli la rclasalione de
 Hostia et molte altre cose eie. Sua Sig."* Rev.** disse havergli risposto che 1 confor
taria de bona voglia el fratello a restituirgli li denari, et quanto sia per el favorire li
 cosi della Chiesa et de Sua Santità, che ’l non li poteva promettere cosa alchuna, per
 governarsc in questo caso secondo el volere el parere del chrìsiianiss.* sig. Re
 Firenzi, 27 novembre !i94. 
— Meri sira da circha le due bore de nocie, a laude de Dìo
 se coDcluseno li capitoli dello accordo praiichnto tra la M.'* del Christ. sig. Re et
 questi Ex.*‘ Sig.^ Questa mattina In la chiesa chattedrale, cantata una messa solenne,
 alla quale intervennero prclib. M.'* et Ex.*‘ Sig.‘ cum alchuiii altri cittadini, se piihli
corno el forno relìncati da ambe le parte dicli capitoli, clic invero è stata una optìma
 et laudabile opera, essendo stale le cose de questa città in gran perìculo de patire
 danno et ruina
 per li 
mali modi che se sono tenuti per questi Franzosi, li quali
 sono stati de qualità clic epsi partiranno cum poca grafia et amore de questa città et
 dominio. Vero è che in demostrationc se è facto gran festa et allegrezza con sono dì
 campane, fochi |>cr la terra et altro, lo ho facto instaniia de bavere la copia de (lieti
 capitoli: in cfTeelo non è stato possibile per non essere aiicliora reducte in quella bona
 forma che debbeno, si come me ha facto intendere questa Signorìa, la quale havea
 ricerchata per dicto elTecio. Pur qualche pariicularc nc ho inteso, et maxime de molte
 imnuniià che lin facto la M.** del Re verso questa milione norcnlina, in volere che
 sieno exempti da ornili gravezza, et non siano mancho priviU>giaii che se fosseno pro
prio nati in Franz»; promettendo de essere proteetore et conservatore della libertà et
 Stato de questi Sig.'S vi defensarli da qualunque lì volesse violentare et fare inìurìa,
 cum hoc, che epsi non possino fare liga nè confederatìone con nullo inimico de Sua
 el finaliler clic sieno obligatì ad bavere lo inimico per inimico et lo amico per
 amico de Sua Maestà; volendo che in ogni liga on confederatìone che hahbia a fare
 per lo innanzi epsi Fiorentini li siano compresi. Pisa cum el contado ritornerà alla
 ubedieniia de questi Sig." come è stata per lo adreto; del che Pisani ne stanno mal
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 contenii, cbe pur speravano potere vivere in libertà. Le fortezze de Livorno, Pietra
santa eie. Sileno in potere de Sua M.^ sino che sarà fornita questa guerra, on sii al
 ritorno che epsa facesse in Pranza: alti quali tempi promette liberamente restituir
gliele; che de questo anche nc rimangano mal satisfacti Genoesi, li quali desideravano
 bavere Serzaiia et Pietrasaiiia, siccome dicono glie ne era stata data inleolione. Dui
 Ambassatori de Sua M.** restano in questa terra, simpliciter ad fare lo offilio come
 nui altri Ambassatori, et non che habbino ad intervenire nelli loro consigli nè acii
 publici nè privali, come se recerchava che stasseno per Gubernalorì on LoeoienenU
 de Sua M.** Questa Sig/'* similiier promellc de mandare dui suoi cittadini ad stare in
 campo |)cr tutto el tempo che durerà la guerra ad accompagnare Sua
 Li 120mila
 ducali se li pagano per questa Signoria nelH tre termini che ho dicto a V. E. nella
 mia de’ xxtv del presente. Circa alli casi del Mag. Piero, per non bavere ben potuto
 intendere lo intero, non me extenderò ad scrìverne altrimenti
 Domane se dice che se ha a partire Sua
 et andare ad alloggiare ad un certo
 palazzo lontano dalla terra da circha un miglio, on poco più. Dicesc che sabato cl se
 voi ritrovare a Siena.
 Intendo che quelli Sig.*‘ Senesi hanno mandato suoi Ambassatori ad otTerirgli la
 città, H porti et ornili loro fortezze, forsi stimando che con queste larghe olTcrU*
 debbano essere meglio traclati che non sono stati Fiorentini, et che non siano gravati
 a prestargli li 30mila ducati che li ha dimandalo Sua M.^‘ Qua sono loro Ambassatori
 con li quali parlando questa sira sopra ciò, mi disscnio, che per niente non volevano
 pagargli un quallrino, allegando bavere dato tante vìciuaric all' armala de Sua
 et
 ad altre gente sue, che so» passate, senza pagamento alchuno, clic ascendono alla ga
gliarda alla somma delli óOmila ducali eh* el glie dimanda. Credese però che e|>si
 anche oCferiscbano alla Sposa siccome hanno facto Lucchesi, Fiorentini el alchuni altri.
 '
 V6. AVrenze, 29 noveinf/re 1494. 
— Meri dopoi desinare, Dio gratin, partì da Fiorenza cl chrìst.
 sig. Re et andò ad alloggiare fuora della terra lontano un miglio. Questo giorno è partilo
 de li, et ito lontano vn miglia ad certa dcvotioiic de una Nostra Donna, loco nominalo
 Saiiclu Maria liiiproneta. Domani se stima liabbia ad andare alla volta de Sena.
 «7. /-Vrenze, 10 dteemòre 1494.
 Questo giorno essendo ito a visitare questi signori Ambassatori
 di Pranza et domandatoli dove se ritrovava la
 del Re crliistianiss., me disseno
 che a quest* bora cl doveva essere giolito a Viterbo per adviso clic hanno da Aqua
peodeote da Sua Maestà
 Queste genti fraiizcse che erano in Romagna et che pas
sano per le terre de questa Exc. 5ìg.‘* continuano pure a fare gran damili el villanie
 per tutti li lochi dove capitano, lleri sera hebbeno lettere questi Sig.” da Cortona,
 come venendo certe some de seta da Napoli de questi mèrcadanli fiorentini el capi
tando a Cortona, li sono stale lolle per Franzesi che passone per quelli lochi
 Intendo che questi Sig.” hanno scripio alli Rettori de Cortona et de Arezzo fazano
 ornai opera et instantia de rchavcrle de bona voglia, et ohe offeriscano a diete gente
 un bon bevcrazzo, cl se pure non gliele vogliono restituire d’ accordo, che fazano dare
 le campane a martello per tutte quelle terre et che gliele levano per forza, non havendo
 rispecto alchuno de tagliarli tulli a pezzi, quando non possino fare cum di mancho.
 Non so mo quel che succederà.
 
41
 Questo nostro frate HiEnoxiyo Savonarola ha Unto credilo et gran concorso in
 questa cittè, che è una stupendissima cosa: ha facto di molle bone provigione per
 subvenire all! poverhomini di questa città et contado, che molti et inflniti ve ne sono.
 Ha trovalo cliroosine da questi Signori tra di dinari, grani et altre cose che ascen
dono el valore de cinque on sei milia ducali. Lo è adoralo et riverito come sanclo;
 et invero le bone opere sue li fanno bavere questo bon credito in questa città
 UH, Firenze, 1!) dicembre 1494. 
—
 Questo nostro fra Jbroniso Savonarola beri fece una
 predica alla quale intervenne questa Exc. Sig.‘* et tutti li altri ofIUìi et magistrati de
 questa cituli, la quale in cfTeclo fu contenente el modo el la forma che se havea a
 pigliare in gubemare bene questa città, exorlando le brigale a pigliare la forma che
 tengono signori Venetiani nel suo vivere et guberno del suo Stato, volendo però che
 in qualche parte cl se habbia a rcsechare dieta forma de' Venetiani. Stimo, per quanto
 ho inteso, el se exeguirà per la maggior parte quanto ha rieordato dicto fra Jbronimo
 a questi Sig.'\ et non solo quanto a questa reforma, ma molle altre cose che lo ha
 dato il
 ricordato, havendo il 
bon credito che epso ha in questa città. 
— A questi di fu man
bando delle confine dato al Mag.** Piero de" Medici delle 100 miglia lontano
 dalle confine de questo Stato. El se attende a fare lo inventario et descrìptione delli
 beni che se ritrovano de epso M.** Piero, se bene el se dica che per Franzesi el fusso
 tolto robe de casa sua de valuta da circha 50 mila ducati, et tutte robe de pretto et de
 exlima assai, tra le quale ve era un corno de Alicorno iongo da circha trea braza....*
 W. Firenze, 20 dicenìbre 1494.
 — Le cosede questa città circha al reformare el Stalo et
 guberno anchora non sono resoluic, per non essere ben d" accordo questi ciliadini et
 Signori, chè in vero fa stare tutto questo popolo sublevato: et maggior dcmoslratione
 se è facto hoggì, et meglio se è inteso le loro discordie che si sia facto per onchora.
 Dubitasi, non se pigliando forma resoluUva, questa nocie ( essendo stati tuli" lioggi li
 Signori ciim li magistrali et oflllìali restrccli insieme in Palazzo per questo cunio), che
 se divenirà a qualche grande el pericoloso disordine, essendomi stato referito come li
 cittadini et homini della terra attendono a fare gran provigione de arme in le loro
 case. El palazzo aimililer della Signoria questa sìra è ben fornito de homini et arme,
 come se axpectasscno el campo on li inimici. Le dilTerentie loro, per quanto ho potuto
 intendere, sono nel ponere le gravezze nella città, similiier nel punire on liberare in
 tutto quelli cittadini che erano a) guberno della città. Iddio li illumini a pigliar bon
 partito per riposo cl pace de questa Hepublica. El nostro fra IIieromuo se affaiicha
 ^quanto el pò con ricordi et opere amorevole per el desiderio che el tene che la città
 pigli bona forma in questo suo guberno: al quale è dato mollo credilo, ma non tanto
 quanto bisognarla universalfnenle da omni homo. Epso non tende se non al bene
 universale, cerchando la unione et pace, parendogli, come è el vero, che la città al
tramente non possi vivere in tranquillità et riposo. Quel che mo seguirà circha ciò
 presto se ha a vedere, perchè la cosa non pò più star sospesa, essendo el popolo
 sublevalo et con Tarme in mano
 30. Firenze, 21 dicembre 1494. 
—
 Le differentie che difiicultavano alquanto cl compo
nere le cose de questa città circha allo assetto et forma del governo in tulio ( per
 quanto hoggi ho inteso ) 
sono levate, per essere accordate le brigate nel pooere le
 0
 
gravezze a tolti li beni temporali ci spiriluali, domroodo habbino licentia dal Papa
 de imponcrle a' beni de' religiosi: similiter nel dare li ofDlii et nel perdonare alli cit
tadini che erano benivolì alla casa de' Medici, cum hoc tamen che se nullo se trova
 che liabbia tolto roba del Comune sia astrecto a restituirla: quali cose tutte possono
 jper opera et ricordo del nostro frale Jebonimo. Credo che per la maggior parte se
 guberoerà questa città secondo li ordini de' Venctiani, et ogni homo se ne starà pri
vatamente et eguale con gli altri cittadini
 31. Firenze, 23 dicembre 1494. 
— Per la mia de xxi la Ex. V. Laverà inteso come el se era
 messo ben ordine allo assetto del guberoo de questa città; el perchè el tutto se bavea
 a confermare et aprobarc per el Consiglio del populo et Comune, gli notifico ora per
 questa come beri et hoggi forno convocati et adunali dici! Consigli, nelli quali fu pro
posto li anlcdicti parlili et ballolloni li quali tulli passoruo .senza contradiclione, cum
 lauta unione et aprobalione universale de quelli che vi erano, che fu una deinostra
tionc et segno evidentissimo della bona iniclligenlia et unione che bora se trova in
 questa città. Vero è che per alchuiii del populo se è facla qualche mala impressione
 eontra Francesco Valori, Pier Capponi, Mess. Guidantonio Vespucci et Rrazo Martelli,
 li quali, per quanto me è riferito, havevano facto certa pratìcha insieme de veiidicarsc
 qualche priorità el maioranza in la città, la quale forsi è stata causa de fare andare
 questa praiicba alquanto retcnuta et suspesa al concludersi: il che inteso per alcbuni
 altri, li fu monsiraio il viso et factoli intendere cum dextro modo che attendessiuo
 ad altro, cum sit che '1 disegno suo non li era per reuscirc, perchè al tutto cl se era
 concluso che omni homo stacsse eguale, et che le cose della città passassino cum
 unione a benefiiio universale del populo et del Stato: in modo che dopo! li dicli sono
 venuti insieme cum li altri ad consentire alla forma del gubertio novamenie preso,
 in modo che possine restare senza nota et cbnrico. Oedo perù die li ^xiriamenii sui
 saranno tali, conoscendoli prudenti et savi, che se accomoduraniio al vivere popuiarc,
 come ne pare che sia necessario a questo tempo
 33. Firenze, 28 dicembre 1494. 
—
 El Mag. Piero pur anchora se trova cum cl Card, suo
 fratello a Città de Castello. Intendo che questi Sig.” hanno mandalo Commissani et
 faiilaria a quelle terre loro che sono a quelle confine. Dubito che non se levando
 Piero di là porta pcriculo de capitare male, perchè se li ordinarli una taglia de qualità
 clic non scio come se potrà salvare che 1 non sia morto
 33. Firenze, 31 dicembre 1494. 
—
 Lo Ambassatorc francese che andò a Pisa a questi
 giorni per disponerc Pisani che rilornassino alla obedieniia de" Fioreniioi, se è parlilo
 di là senza alcliuna conclusione per bavere trovato la materia indisposta, el Pisani
 in tutto alieni de volere venire a compositione on accorda alchuno, volendo conser
varsi in libertà; che invero fa stare questo populo de mala voglia
 34. Firenze, 14 gennaio 1493. 
—
 •
 Li advisi che hanno haviito questi Sig.^ dalli Oratori
 suoi che sono a Uoma, per lettere de' xi del presente, contengono la prniicha dello
 accorilo tra cl Papa et el Re christ mnnegiarse cl strengerse alla gagliarda; et pare
 che '1 se sia dcvenulo a qualche apponlamcnio circlia alle dimande che faceva la
 M.^ del prelibalo chrisi. sig. Re al Papa, che è: che Castel $. Angelo resti in potere
 del Pontefice liberamente, cl che a Sua M.'* sia concesso et dato la terra et fortezza
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de Civitavecchia et la Roecha de Spoleti« et passo libero et victuarie alle genti del Re
 per tutto el dominio della Chiesa. Itcm, che '1 sia messo el fraiel del Ttircho presso
 a persone non suspecle, le quale per anchora non sono denominate, hae lege et con
ditione, che faccndose per el chrìst. sig. Re la impresa eonira el Turche, eh* el sia
 liberamente restituito et dato in potere de Sua M.** El Papa ctiam è contento de in
vestire prefata Regia M.** del Reame de Napoli; similiter acconsente de dargli et man
dare cum Sua M.'* el Rev.** Card.* de Valenza suo fìgliolo con auctoritò et titolo de
 legalo apostolico, si come fu recerchato. Come ho dicto, la praticha non è per anchora
 resoluta nè conclusa, se ben el se siii io speranza che la liabbia a sortire bon c(Tecto..«.
 El se intende similiter che per li desordini che luthora sorgevano in Roma con pericolo
 grande che la terra non facesse novità, la M.'^ del christ. sig. Re havea facto mandare
 bendi et cridc gagliarde et mollo aspere per obviarc alli pericoli che facilmente po
leano sorgere; in modo che essendosi per alcliuno dclli suoi contrafacto a dicti bandi,
 Sua
 ad terrorein aliorum ne ba facto impiccare publicc da circha xxv
 do. Stefano Casliglionì oratore milanese m Firenze,
 a Lodovico il Moro Duca di Milano.
 35. Fh'enze, !2i gennaio 1495. 
—
 Frate Domenico Ronzone è qua, et predica, el è de con
traria opinione de frale lltEROMYMO D\ Ferrara circha lo assetto de questa Republiea,
 et maxime che frale Hieroxymo vorria che se levassi la aiitoritalc delle 6 fave, cioè
 alla Signoria, et frate Domenico è de contraria opinione: et così avanti la Signoria et
 molti altri cittadini epsi Frali son stati in disputaiione de questo. Ilo facto instantia al
 diete frate Domenico Ronzone, eh’ el se voglia expedire et ordinare per forma eh’ el
 possa venire questa quadragesima ad predicare presso la Celsitudine Vostra. .Non sciò
 corno farà. Lui voleniiem restarla qua, allegando dui rcspecii: R uno per recuperare la
 fama et honore suo per la deientionc che li fu facla ad Sarezana alli di passali; V altro
 per non mancharc ad questa Republiea nel principio de questa sua reformationc
 Manfredo de’ Manfredi al Duca di Ferrara.
 30» Firenze, 2 fibrato 1495. 
—
 Havendomi in quest’ bora 5.* di nocic facto vedere
 Jacopo de’ Neri! amico et affectionaiiss.” a V. E. una lettera del primo del presente
 che scrive Nicolò Martelli che se trova a Roma, el me è parso dare a quella adviso
 de quanto se contcne in dieta lettera, che è la partita del christ. s/ Re da Roma con
 tante demostratione de amore che glie fece el Papa, che da ogni homo fu iudicato
 gran cosa; el come se ne menò el Turcho { 2izim ) et el Card. Valenza seco. Suc
cessive, come sino adì xxi del passato cl Re Alfonso in Napoli nel vescovato, congre
gatovi tutto el popolo, renonzò la corona al fìgliolo con molle bone et accomodale
 parole, et li presente el populo se inginocchiò et basolli la mano, dopoi cavalcbò per
 la terra dretoli: et, observate tutte le cerimonie regale, dopoi se partì cl Re Alfonso
 cum uno frale che è dell’ Ordine de Monte Olivclo, de casa notabile, con dui altri in
 compagnia; et dicese se ne ha portato bona parte del tesoro, et ito verso Ispagnea.
 Molte et varie interpretatione se dà a tale atto. Et dicese de uno parenlato di Spagna
 et di Borgogna, et dato et tolto. Alcuni dicono che dicto Re Alfonso è venuto a Ter
u
 racina, et che V Aquila se è ritomaUi al novo Re de Napoli et partitasi dalla devo
tìone de Franzosi. Sobiongese in dieta lettera, che appena questa nova se è finita de
 dire, che beri noclc comparse a Roma cl Card.* Valenza ad bore 3 di nocte, fuggitosi
 dal Re de Franza, et ad bore octo la medesima nocte cl sig. Carlo Orsino andò armata
 mano a casa del s.' Jubba ebe novnmcnic havea comparato dal Re de Franza certe Ca
stella che forno de quelle che comparò el s.* Virginio lOrsino) dal s.' Francescbeito (Cibo),
 clic diceva dicio sig. Jubba appartenersc a lui. Pare ebe dicto s.* Curio bavesse preso
 diclo Jubba cum gli figlioli et menatolo fora de Roma, et sacbeggiatoli la casa: nè
 pare ebe per N. $. se ne fuecsse segno alchuno de un tal insulto in una città a
 questo modo. Scrive lo amicho che questo acto fa pensare alle brigale, con la gionla
 della fuga vie Valenza, qualche novo misterio; con dire che anche el se aspectava a
 Roma el s/ Paulo Orsino con gente et qualche altro conduclore per la guardia de
 Roma: et a questo modo, dice epso, bora in facli et bora in suspictione, Roma noti
 se pò posare, et che dubita poi alla fine quella città non babbi un bori grattacapo
 39. Firenze, 6 febbraio 1493. 
—
 La nova della partita del Re Alfonso da Na|K>li per con
tinuati advisi pur se vcrifìca, facto prima la renonza della corona al figliolo, come ad
 plenum nc advisui V. E. fier altra mia. Vero è che per fortuna del tempo nella partita
 fo trasportato a Gaieia, dopoi facto vela cum le quattro galee, prese la volta de Cicilia
 per andare in Spagna. Ha portato cum secho tra robe et zoglie per valuta de 70mila
 ducali. £l Re novo ha relassato tutti li Baroni imprigionati, et restituitoli el Stato
 loro, facendo inoltre immunità et cxenptionc alli populi suoi. Ha simililcr dato denari
 alle sue gente d' arme et molte fanterìe ebe *1 se ritrova liavcre al presente, aiicii
dendo ad fame quante cl nc pò bavere: per el clic se iudica che '1 Re de Franza
 trovarà resistenza el contrasto de qualità, che ’l bisogoarù andar adasio
 Quel D. Bartolomeo Jubba che fu preso in Roma da Carlo Orsino, el quale in
seme cum Piero de' Medici fu cavato de casa etc., è stato relussato. Non se intende
 anebora quello che babbi ad essere delle terre che li dette el cUrìsi. sig. Re, de cui
 commissione fu liberalo detto Jubba
 Lo ili.* sig. Duca de Milano ha mandalo in questa terra un suo zoielere nominato
 Caradosso perchè el veda ( secondo che me è referilo ) le qualità et quantità delle
 zoglie che se trovano del Mag.** Piero. Jeronimo Martelli, al quale bo facto intendere
 quanto me scrive V. E. cireba alla resolutione facta de non volere de le robbe el
 zoglie de diclo Mag.** Piero, se non le medaglie d' oro el d' argento eie., me dice che
 le medaglie d' argento possono essere da cireba 4mila, quelle antem de oro sono da
 circha 400, che sono de prclio de duo mila ducati. Credo che M serà el meglio, volendo
 V. E. cosa alcbuna, che la mandasse on Jeronimo Ziliolo on qualche altro ebe habbia
 cogniiione de tal cosa, perchè la serà informata ad plenum de tutto quello che vi è
 9H, Firenze, 14 febbraio 1495. 
—
 Lo è venuto un messo a me del Vescovo de' Pazzi
 con una lettera de' xi del presente da Roma, che li scrive un suo fratello, el tenore
 della quale è inter alia: Come Hons. di Bressa, venuto a Roma come sa V. E., bavea
 facto grande instaotii con li Oratori spagnoli, che sono stati rimandati dal Re chrisL
 mollo mal satisfacli eie., ebe epsi se volessino trovare inscme con lui alla presentia
 del Papa adcioccbè epsi intendano da Sua S.** che la non è dcvenuia ad accordo
 
alebuno ctim el Re cbris. se non per bona voglia ei non per forta nè per paura de
 minazzc, come se è diclo. Pare che li dieli Oratori non se li siano voluto trovare;
 siÌDiase per commissione oii persuasione del Papa. La qual cosa iudieando Mona, di
 Bressa essere cosi, havendo conosciuto el tracio, ba mostralo non la estimare; maisl
 beo ha facto querela assai della parlila del Card, de Valenza, dimostrando che ’l 
Re
 Ile fazì gran caso et inslantin de volerlo: et che quando non lo possi bavere, dimanda
 Sua N.** al Papa che li dia una altra terra con la fortezza ultra quelle che è obligato
 a dargli per capitoli, quale vole per sua sccurezza in schambio del Card, fuggito;
 protestandoli che non lo facendo, pigliato che baverà Sua Maesiè qualche terra forte
 del Reame de Napoli dove possi far pede et stare sccuro, che '1 verrà ad fare et
 adimpicre tutto quello che epso huvea designalo de fare quando lo intrò in Roma
 contro Sua Beatitudine: della qual cosa cl Papa ne sta mollo suspcso, et se ragionava
 che epso volea andare a Perugia, et che per questo cfTeclo Perugini baveano mandato
 a Sua S.‘* mess. Buglione. Scrive eliam che pure el sig. Paulo Orsino facca fanti, et
 che el Card. Orsino con li altri della parte guelfa persuadevano cl Papa ad andare
 on a Perugia ossia ad Orvieto
 El Papa pare che habbia richiesto Nons.' di Bressa con un certo dentro modo,
 cb" el faza iustaniia che 'I sia dato cl Cappello al gubematore de Spoleli ( che credo
 sia V altro suo figliolo ), 
parendogli che ricerchando questa cosa in nome del Re cbhst.
 la gli babbi a reuscire scnaa alcbun cbarico et con poeba diflicultà: il che non ba
 voluto fare dicto Mons. di Bressa
 Piero de" Medici anche se trova a Brezzano,
 benché el se sia dicto che "1 sia venuto a Siena
 El dicto Piero non ha per anebora
 bavuto nulla delle cose che U forno tolte di casa alla venuta del Re a Fiorenza
 Non se meravigli V. E. se io non li scrivo particulare alcliuno della praiicha che
 se maneggia tra el Card. San Malò et questi cittadini, perchè invero la se conduce
 tanto secreta quanto se possa dire u pensare; el stimo che nulla se intenderà se non
 concluso che sia el tutto. El nome de quelli vi cittadini che hanno dieta jM^ticha
 con el Card, sono: Mess. Guido Ani. Vespuzzo, Francesco Valori, Tanai de’ Nerli,
 Guglielmo de’ Pazzi, Paolo Antonio Soderino, Lorenzo de Pier Francesco de' Medici.
 Sto. Firenze, 16 febbraio 1495.
 — Essendo ito questo giorno a visitare el presidente del Del
Gnato, che è uno delli dui Oratori del cbris. sig. Re qui residente, essendo V altro
 partito per andare a Milano, devenissimo a longo ragionamento inseme sopra la im
presa del Reame de’ Napoli, et maxime circha el facto del Re di Spagna per el pro
testo che se dice che epso ha facto fare al Re cbris. per li suoi Oratori, et del modo
 che se serve per el Papa io favore de epso Re de Spagna: le quali cose sono de
 qualità, secondo che me concluse dicto Oratore, che daranno materia al prefalo Re
 ebrist. de fare praUcha con qualche Cardinale, come già se fece, de chiamare Sna
 Santità a Coneifi'o, dicendomi che el credeva che non passariano molti giorni che ’I
 se ordinaria dialo Concilio, et de farlo a Ferrara, dove pare che se debba fare per
 Omni rispecto. Et a questo gli è molto inclinata prefau Regia M.^ 
— Mons. Card.* de
 San Piero ad Viocuia è mandato a questo effccto a Grotlaferrala, adcioccbè più como
damente el possa fare dieta praiicha con li altri Cardinali, secondo che dice dicto
 Oratore. Il quale dimostra non exiimare molto questo pratiche che se dice volere fare
46
 el Re de Spagna c
 tìculare de accordo per cl Re Ferrante et per epso Don Federico, ofTcrendogU de dare
 stato honorevole et bono in Pranza quando che M voglia rcnonzarc a Sua M.** le ra
gione che ’l 
pretende de bavere in diete Reame de Napoli, et anche prestargli favore
 ad conquistare qualche stalo in Italia. Et sopra questo me disse lo amico, che non
 10 facessi auctore, perchè pochi erano quelli che havessino inteso questa offerta de
 llalia,....
 La M.** del Re ha sgravato quel populo et Reame de Napoli de colte et gravezze
 che pagavano prima per 250mila ducati, per il che è molto amato, imo adorato tb*
 dicti populi
 49. Firenze^ 17 marzo 1495. 
^ ..... El Re Ferrante non ha voluto accepiare cl partito che
 11 liavca proposto el Re di Franza de dargli stato in Pranza de intrnia de 50mila
 ducati et bona condictionc et soldo ctc., et cl sig. Don Federico non ha anche epso
 voluto acceptarc partilo alchuno da prelibata Regia
 rcsolvendose che'l voleva
 stare alla fortuna, on bona on rea che fusso, del nepote.
 Castel deir Ovo se bombarda tutthora da quella parte che se li pò trarre: siimasc
 che presto anche epso se arrenderà
 Piero de' Medici alli xi de questo gionse a Napoli, andatoli su un brigantino con
 un Cancellieri del sig. Virginio Orsino) et con certi delti suoi; non se intende a
 quale effecto
 48* Firenze^ 25 marzo 1495. 
—
 In questa terra vi predica fra Jerondio Savonarola
 nostro ferrarese et fra Domenico da Ponzo (1) dell’ordine della obscrvaniia di S. Fran
cesco, tutti dui valcnthomini che hanno gran concorso de populo: ti quali, per essere
 nato fra epsi qualche invidia (che nasce, juditio multorum. da ambilione ), se deirahcno
 et mordeno spesso nel loro predicare, secondo che me è referito da chi ode V uno et
 r altro. Fra Jkronixo, per bavere tirato la posta delle vi fave et della pace ctc., ha
 gran credilo nella città: quell' altro, che dissuadeva cl levare la auctorìtà alla Signoria,
 ha concorso assai anche lui. Dubito che scrà ncoessarìo a provvedere che uno de
 epsi lasse cl predicare, quando veglino continuare in toccare el facto del Stato et del
 giiberno della città.
 (I) V. docuiTi, 35
 
49
 40» Firenztt 7 afwiU 1495.
 ~ Questo Rev.'* Vescovo de^ Pazzi, hcrisira me fece vedere
 una lettera de* 4 del presente da Roma, che conteneva come già era giunto a Roma
 da circha 30U cavalli del Re di Franse, che erano la maggior parte falconcri suoi,
 et che di man in mane giongevano altre genie, ei che el Papa, più bora che mai,
 era in proposito de levarse de Roma et andare a Padoa
 jftO. Firenze, 13 aprile 1495.
 —
 La N.** del Re ha electo Mons. de Miolans per mandarlo
 a Venelin, similiter Mons. de la Tramoglia per Milano, et si ragiona che con epso
 veniva el Conte de Cayazzo, et che li Venetiani hanno de novo replicato a sua chris.
 M.** come la Lign pratichota era conclusa, non per altro eflecio, se non per defensione
 et obstarc a qualunque volesse offendere nullo delli potentati compresi in dieta Liga
 Il Dura di Ferrara al Manfredi.
 Al. Ferrara, \Z maggio 1495.—
 I
 Iiiiendemo pure che quello ven.* frate Hii-ro.nymo tu la
 Savo.narola cittadino nostro ferrarese, quale se ritrova lie a Fiorenza, ha dicto cose
 assai publicamcnte et tuttavia ne dice in le prcdicationc sur. le quale cose sono per
tinente alle presenti occurcnlic de Italia, et pare che minacci li Signori de Italia. Et
 perché, come sapeti, io è persona virtuosa et bon religioso, desideraressìmo grande
mente de intendere quello che lo ha dicto et dice, et le pariicularìlà che *1 toceba:
 voicmo che siati cum lui et che da parie nostra il pregati che 1 vi voglia dire qual
*
 che cosa sopra queste occureutic el quello il crede habbia a succedere, et maxime
 sopra delle cose nostre: et de quanto intcndcrcti ce ne dareti avviso cum diligcntia.
 Et rendemose certi clic voluntieri il satisfarà a questa nostra rcchiesia per amor nostro
 et per la boutade sua, et eliam per respecto de la patria, la quale pur H debbe es
sere a cuore: et il lutto ne sarà gratissimo.
 Post scripta. Olirà il scrivere vi facemo per la tetterà, ve diccmo che vogliali
 vedere de inlendere el cum diligcntia quello che 'I p.^ frate Hiero.nysio predice, et
 le minacce che 1 fa, et quello il crede delle cose nostre, el cxhortarlo che 'I voglia
 pregare Nostro Signore Dio per nui et per questi nostri populi, acciò che sua divina
 MaiesUi habhta misericordia alli nostri errori, perchè s|)cremo assai in le sue sanclc
 oroUone; et ad epso ne ofTerireti per ogni suo beneplacito.
 A9. Firenze, li maggio 1495. 
—
 U Manfredi al Duca di Ferrara.
 El mag. Iacopo Pondolfìno mi ha mostrato una lettera da
 Roma de' XI de! presente, la quale in effccto contene: Come essendo venuto un Ora
tore del Re di Pranza alla S.** de N. S. a dimandargli per commissione de Sua M.**
 el passo et victiiarìe per Roma et la investitura del Reame de Napoli, et inteso Sua
 Beat.* la cxpositionc, se remesse ad fargli risposta al giorno seguente: et così facto
 Concistorio, fece introdurre dicto Oratore in Collegio, quale facta la expositìone. li fu
 risposto: Che quanto era per la investitura el dovesse dare in scrìptis la domanda sua,
 la quale consultata, eodem modo se li responderia in scrìptis, secondo che compor
tasse la ragione et iusiilia, essendo la maleria della ìmportanlia che la è. Alla parte
 del passare per Roma, apertamente li fu risposto, che per niente el non parca nè al
 pupillo di Roma nè al Collegio che a Sua M.'* se concedesse el passare per Roma, et
 7
 
50
 questo per fuggire li perìculi et molli desordeni che potriano seguire iolraodo Sua
 M." in Roma; resolvendosì che quando quella voglia passare per allrì lochi et terre
 de S.** Chiesa, che volentieri el se gli darà cl passo et provederasse de viciuarie per
 cl bisogno de Sua M.'*
 Non dubito punto, per quel che io sento da questi principali cittadini, che se
 vedessioo con qualche avantaggio de essere assicurali a Roma; dico quando se fusse
 fucto provigione de qualità che se potesse fare rcsistcntia cl obviarc alla M.'* del Re;
 che mo se seria facto demostraiione, che Fiorentini fusseno boni ilaiiani
 %3. Firenze» IG maggio 1495.
 Alti x del presente partì da Na|)olÌ el Rcv.”* Cardinale
 di San Dionisio et Mon.' de Bressa, mandali alla Santità di N. S. dal christ. sig. Re
 )ter Oratori. El Rcv. Card. San Piero ad Vincula parti inscme con li antedicti per
 andare a Grotta Ferrala. Alli xiv dovea partire Sua M.** per venirsene pure alla volta
 di Roma con inienlione de inlrarvi, persuadendosi che la andata de diclo Card.* el
 Mons. de Bressa babbi ad operare questo cffcclo. Quel che mo succederà, presto se
 dovcrà intendere. La M.'* del Re novamentc ha cunducto al soldo suo Camillo Vitelli
 con ti altri dui fratelli, con sti|>cndio di XXKinila ducati, el bagli dato stato che li
 frucla Illmila ducali. ludicasc che Sua
 se habbia a valere tanto de' dìcti Vilelli
 quanto de altri italiani che la habbia al soldo suo. Questi nostri signori et potentati
 de Italia non pare che se riscntiiio de queste cose, volendole gubernare con pratiche
 cl rcpulalione; et non se avvedono che li temporali presemi rcccrchano altro che
 parole, come alla fine se ne avvederanno meglio. Piero de' Medici parti anche lui da
 .Napoli inscme con Mons. de Brc.ssa per venirsene a Roma
 Lo Oratore francese qui residente hoggi è ilo a Mootepulzano con lettere della
 M.** del Re ad quelli homini et con bona et gagliarda ooroessione che epso ha da pre
fato sig. Re de protestare a' Moniepulzanesi cUe debbano ritornare alla obedieolia de'
 Fiorentini: il che non facendo Sua M.** intendeva de pigliare partito che per ogni modo
 li ritornino, dimostrando che a questo è obligaio per la confederalione che quella ha
 con questi Signori de Fiorenza. Se li eCTecti mo corresponderanno alle bone parole,
 Sua M.'* assai acquisterà con questo popolo, el quale sin qui pocho se ne pò laudare.
 Li dicti de Montepulzano luni proximo passato preseno alcuni fanti fiorentini con certi
 balestrieri che erano ili ad fare carne presso alla terra; delli quali fanti selle, presi
 che fumo et conducli in Montepulzano, li fecerno impiccare et per più vituperio voi
serno. che un fiorentino che era in quel loco fosso cl manigoldo ad impiccarli. Alcuni
 de dieti fanti che erano fuggiti sul terreno de’ Senesi, stimando de essere salvi, forno
 presi et dati nelle mane a Montcpulzancsi. Per anchora non se ó inteso quel che sia
 successo de loro.
 I
 Iferisira fumo facli per il Consiglio grande li 
X de libertà: la qual elcctione, facta
 de homini che pocho ne cognosco io, essendo gente nova lutti che hanno pocha expe
irieniia de Stato per non se essere travagliali per el passato se non io lor trafichi el
 iiiercaniic, lasso mo pensare a V. E. se le cose de questo Stato saranno ben guber
nate a questi tempi maximameote: et così a pocho a pocho el populo sarà quello che
 farà tutte le cose occoiTcnii nella città, et li cittadini che erano usilati ad attendere
 a simili pratiche et cxcrcilii seranno necessitati a levarsi dalle imprese, non potendo
 
51
 millo de €|isi obtenere in quello Consiglio de popolo nè ofRlio nè bcncfilìo: che Dio
 voglia che la cosa passi bene a questo modo, vedendo de molli animi gonfiati, ti
 quali con diOicuità suporlano tal cosa. Et se non fusscno asirecli per propria neces
sità, per el pertcìilo et scandalo che vedono eminente quando se volessino rescniire a
 questo tempo, stimo che in breve seguirla qualche gran desordine.
 Firenze, 18 nmgrjio 1195.
 (
 ..... El Re chrisL alti xii de questo cavalchò per Napoli
 andando alti seggi con le cerimonie che sono consuete fare lì Regi quando lianno con
quistato il Reame. Alti .xviii havea deliberato omnino partirsi da Napoli con intenlione.
 pur di venire alla volta de Roma. Delli successi de Roma non ho che scrivere altro
 a V. E., se non che el Papa sta in dubio de partirse o restare, per non se vedere
 sectiro per le poche provigionc et debili che vi sono faclc per la liga. Alti xiv de
 questo gionsero a Roma San Dionisio et Mons. de Bressa: Sua Santità perù in parole
 se fa mollo gagliarda.
 Sabato di nocte fumo presi (in Firenze) dui cittadini de assai bona casa de quelli
 deir Amelia; dicese per nlchune parole che haveano osato dire, che erano de volere
 mutare questo gubemo che bora regge: uno dclli quali toccliò de molla fune, 1* altro
 per essere prete fo riguardalo.
 ~ El Signore de Piombino tandem è conduclo con
 Sanesi con soldo de 130 homini d’arme et stipendio de Wlllmila ducali de carlini.
 Ilo etiam inteso de bon loco come questa Sig.'^ è in praticha de recondurre el Mag.*”
 nipss. IlannibaI Benlivoglio
 Firenze, i8 maggio 1495. 
— Meri io fui ad longum cum el venerabile fra IIieronimo S.wo
.VAROLA, facendoli intendere el desiderio che ha la
 vostra de intendere parliciilar
menle quelle cose che lui ha predicato et continue predica publicamenle circhi alle
 occurentìe che sono al presente in Italia, secondo che quella me comanda per la sua
 de' XIII de questo, pregandolo in nome de quella che 'I voglia fargli intendere qualche
 cosa sopra queste occurcnlic, et quel che M crede habbia a succedere, et maxime sopra
 le coso de V. E\.*‘* Inteso che hebbe el lutto, sua Paternità el me rispose, « che de queste
 « cose el non era conveniente respondere cosi absolute, risolvendosc chcM farla un poebo
 « de penseri circha ad ciò, facendone oratione a nostro $.' Iddio che lo illuminasse a
 « poter fare intendere alla Ex.“* vostra quelle cose che habbino ad essere a salute del
« r anima de quella et conservatione del Stato suo cum salisfaclionc deili siibdili: et
 « che facto questo, epso de sua ninno Io signilìcarà a la Ex.*^ vostra, essendo debitore
 < de ricordare amorevolmente quelle cose che possioo portare lo antediclo eITccio, sì
 c per la servitù et amore clie’l porla a V. Ex.*^* si etiam respeetu patria: alla quale è
 < obligato jiirc natura:: persuadendose, mediante la gratia de Iddìo, de fare intendere a
 « V. Ex.'^ cose che li piaceranno et sahsfaranno universalmente alli populi suoi, sapendo
 « maxime quanto quella è devota el de sancia vita, et assae più che nullo altro Signore
 « de Italia. » Ad altro particiilarc il 
non se volse extcndcrc circha a questo, rcmcttcndosc
 a quel che ’l scrivcria a vostra Ex.*^ Devenessimo poi a qualche pariicularc delle cose
 de questa città, havendo la manina facto una predica consolatoria a questo popolo el
 quale li lia tanta reverentìa el tanto li creile che non scio se a Hyeremia on altro
 profeta che resuscitasse novameiUc se potesse dimostrare de dargli maggior feste: al
 quale popiilo ha dato ferma speranza che le cose de questa città haveran bon successo,
 
I
 se ben qualche caso sinistro li habbia ad venire in tempore. Tenelo disposto, a quel che
 se dice, alla volta de Pranza, dimostrandogli che questo Re chrisiianissimo omnioo
 habbia a reformare la Chiesa et essere victoriosissioio in questa sua impresa, attestando
 per molli modi che omnino el sarà cum elTecto quanto el promette a questo populo. Et
 quel che U dice del Re di Pranza se li presta fede, per essere successo sino a questa
 bora molle altre cose che havea prcdiclo in questa terra. Credo che questa septimana
 cl scriverà alla Ex.*'* vostra, el io lo terrò cxhortalo ad farlo. Lo è homo de sancia
 vita ognimodo, per el che se inchinano le brigale ad credere ciò che 'I dice.
 Fireiue, 21 maggio 1495. 
— Hcri sira hebberno adviso questi Signori X de libertà da
 uno loro cittadino ebe habiia io Lucca, come lunedi ad bore xxi se perse Librafracta,
 essendosi arresi quelli che la tenevano per Fiorentini asirecli da ncccssitade, poiché
 non lì era facto provigìoiic de succorso, dandosi a quelli fanti frnnzosi el guasconi
 mandati per el Re de Pranza a questi giorni a Pisa salvo le persone: ma nulla vi ò
 stato observaio, però che inirati che forno dìcti Francesi in la fortez/à li fecerno tutti
 prigioni et maxime el Castellano..... Hanno messo fora le bnndere del chris. sig. Re.
 Scrive el diete da I^icca che el stimava, consumate che fusscro le victuaric che erano
 in dieta fortezza per li Pranzosi, che poi la darinno in potere de' Pisani, el dubitava
 che andariano a fare prova de guadagnare in altro loco de' Fiorentini. Questa cosa ha
 dato altcratioue assae a questo populo per el dubio che hanno de peggio, vedendo
 che per anchora d non sia venuto risposta delle lettere die spazzorno per siafecta
 alli Oratori loro a Napoli. Io dubito che se 'I 
non fusse li conforti che prendono questi
 cittadini delle prediche de fra Hieroxivo, che come despcrati soriano mo dcvcnuii ad
 pigliare qualche,partilo de qualiUi che potria dare da pensare a qualche brigala, quan
tunque d fusse pericoloso. Invero, a parlare per d dovere, questi son pure acti et
 dcmoslraiione da fare risentire le brigaU\ Intendo da uno de questi X che la andata
 dello Oratore francese a Moniepiilzano et a Sena è stata senza alchuno boa effecto.
 Expcctasc questa sira che ’l ritorni a Fiorenza.
 Questa Signoria ha elecio x cittadini per honorare la II.'* del Re a questa sua
 venuta a Fiorenza, et ad provedere alle victuarie et cose necessarie adciocchè disor
ilìne non segua. Ha similiicr mandalo ad fare la descrìpiione de tulle le arme da of
fendere el defendere che sono in Fiorenza. Stimasc, per quel che ho potuto imendere,
 che a quest' bora el se ritrovi in la città più che \intimila corazzine et altre sorte de
 arme, che ad un tracio se compariria armali de circha XXXmila persone, tanta c
 stata la diligenlia et provigioue bona che se è facta in far condurre arme de ogni
 sorte dentro della terra. Ogni nocte sono deputati ducenlo homìiii della terra clic
 vanno per guardia delta città; et questo se fa, per quel che io intendo, per qualche
 siispccto che se ha dopo! che forno presi quelli dui cittadini dell’ Aniella sabato sira,
 come per altra mia significai a V. E..... Iddio proveda al bisogno de questa città,
 come ne pare necessario. El non se nianclia de far fare ognidì oralione a questi de
voti monasierii in pregare N. S. Dio che soccorra a questo populo el quale se trova
 in gran perlurbalioue el Iravugliu
 Questa sira el se è obienuto nel Consiglio grande che se è facto de mettere un
 novo balzello alli cittadini de Fiorenza de 50mila ducati. A questi di se ne pose un
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 altro pur de lOOmila ducati per li bisogni occurreoU alla città. Sino a quest' bora
 non se lia lettere da Napoli nè adviso alchuoo della partita del Re clirìsu da Napoli
 Firenze., ‘it maggio U95.
 Questo giorno io sono stato a visitare questo Mag.” Oratore
 francese quale è ritornato da Monlepulzaoo mandato per la
 del Re christ. a Gne
 che 'I confortasse quelli homini ad ritornare alla obedientla et guberno de questa Si
gnorìa etc. £1 diete Oratore me disse che ha trovato quelli homini mal dis|H)sti ad
 fare lo antcdicto cITecto, alligando cpsi molte cause che sono stati necessitati ad levarsi
 da questa obedientla, et potissime inter ceetera essendoli voluto essere imposte gravezze
 et facle innovaUoni contro li Capitoli che hanno cum prefata Signoria; resolvcndo<^'
 però che de questa et de omni loro differentia sempre faranno quanto comanderà et
 desponerà la M.'* del Re
 E1 dicto Oratore dopol mi dimandò del boa stato della E. V., et come la se gu
bernava in questi casi occurentL Li risposi cite quella se ne stava neutrale et che
 la attendeva alle cose del Stato suo, non se volendo per modo alcliiino travagliare in
 queste pratiche che hora occorreno, essendo quella horamai di eiade che rccerclia
 riposo più che altro, et successive per essere amica et benivola alla M." del Re christ.
 et allo ill.‘ sig. Duca de Milano parente et amico, et simile de Signori Ycnclìani. pa
rendo a me che questo suo stare neutrale non li possa se non servire a ben propo
sito suo per tutti li casi ohe potessioo occorrere. La Mago, sua in vero cbmendò molto
 questo partilo preso per la Exc. V-t subiungeudo che 'I sapeva die la M.'* del Re por
tava amore et alTeclione grande a quella: per il che el iudicava che essendo cpsa
 neutrale et benivola de Sua
 et del Duca de Milano, che M non seria fora de pro
posito che quella, come persona de mezzo, se iniramellesse ad accordare qualche
 differentia, non de gran momento, a suo iudieio, che ò sorta tra epsi Signori, persua
dendosi che la E. V. ne farìa buon fructo, del che le Italia ne baverà a vivere in
 pace et quiete; altrimenti (disse lui) vedo che la porta pericolo di gran travaglio et
 disturbo per lo gran numero de genie che concorrcno alla volta de Italia, le quale,
 quando siano conducie in Masti, se ha a dubitare grandemente clie reparo non vi sarà
 de poterle fare ritornare adreto, venendo per salvatioiie del christ. sig. Re suo. Io H
 risposi che stimava che tra la M.** del sig. Re et Duca de Milano non bisognava mezzo
 alchuno ad componerli insieme, essendo ciaschuno dì loro prudentissimi et che ben
 cognoscono el fatto loro; et se U serve in loro proposito devenire a termine alchuno
 de qualità che li habbia a dare disturbo nè alteratione, cum pericolo forsi de devenire
 a qualche parlilo, che se ne poiriano pentire molto bene: et che io mi persuadeva*
 quando la E. V. non conoscesse quanto ho dicto per el componerli insieme, che la
 farìa omni opera per conseguire lo antcdicto cffccto. purché li fusse prestato fede et
 dato credilo, dicendo che ’l 
mi pareva gran perìculo ad potere condurre praiicha al
ehuna cum la 1A.** del sig. Re ad mollo bon effccto, intendendosc che li Ministri
 che la ha intorno se gubcrnano in le loro occureotie cum passione et non eum
 quelle ragione che tendono al bene del sig. Re, come scrìa necessario; bc*nchè la
 M.’* sua fusse el sia sempre ben disposta a devenire a tutti li partili ragionevoli et
 boni.
 — El che sciò lo ( dissi a lui ) che se il Sig. mio facesse qualche praticha de
 questa natura, che li circonstanii a Sua M.** lo havessino per bene, e che non cer
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cliassino di fnrglienc pocho bonore, in(cndendosi maximamcnle che molli ve ne
 80II
 0 cbc poriano odio grande al sig. Duca de Milano, come molte fiale sa la Mag.
 vostra che habbiaroo sopra questo bavuto ragionamento et domesticamenteT
 —
 quale me rispose: che lo è il vero quanto io ho dìeto; ma che in questo caso et
 temporale el non dubitava punto che oinni persona non bavesse piacer singolare che
 le cose se componcsseoo tra' prefati Signori, conoscendo che 'I non serve a profitto
 alcinino né del Re nc delli Baroni et gente che sono con Sua M.'* che queste cose
 non se assettino, tanto è il desiderio che luinno de ritornarsene in Pranza alle loro
 musone; et che se bene ulcimni ve ne sono della sorte clic io dico che portino qual
che odio al sig. Duca de Milano, che anche molli vi sono che hanno gran credilo con
 el Re che lo amano e desiderano ogni suo contento et bene. Ma lasciamo stare questi
 extrinsechi: come ho diete, la è tanta la voglia che se ha de repatriare, che ciaschuno
 condesceiiderà ad exhoriarc la M.** del Re che dcvcnga a tutti li partili che li saranno
 Sua naturalmente se disponerà ed fare el tutto, però
 proposti et recerchaii; et la
 che sapemo nui Francesi, clie mai se poiressimo accomodare cum Italiani, essendo
 molto disforme cl vivere nostro da vui altri, et maximamcnle per le insoleuiie et mal
 modi che se tengono nel nostro conversare cum vui, che tutto procede dalla superbia
 che regna in niii, parendo a’ Franzosi che omni altra nazione li sia inferiore et che
 li habbia a stare soggetta et sotto hobedieniia loro: che me pare (disse cpso) che
 siamo ingannali el in grosso.
 Et con questo ponessimo fine al nostro ragiona
mento
 In vero eì dimostra bavere gran dcspiaccrc delli modi che se usano et
 tengono per Francesi cum Italiani, parendoli che non siano se non cum charico della
 naiionc franeesc et anche del ebrìsL sig. Re, clic pare sia quello che coiiiportì et
 consenti a tanti varii disordini che se fanno. Et se pure io huvessi errato in questo
 mio parlare apcrlumente, prego la £. V. clic mi perdoni, però che cl tutto ho facto
 a bon fine.
 Firenze^ 25 maggio
 — Questa mattina se hanno lettere da Napoli de' xx et xxi de
 questo, come la M.^ del sig. Re era partilo da Napoli alli xx et quel giorno andava
 ad Aversa, cl giorno seguente a Capua et V altro a Gaeta, dove se intendeva che se
 fcrmnria per qualche giorno cxpectando sentire la rcsoluiione del Papa circha ai pas
sare per Roma, come avea disegnalo Sua M.“ Dicono ctiam che a Napoli era adviso
 cl Re Ferrante bavere recuperalo Reggio con cl Castello dove erano smontati da cir
eha vii mila persone, che seria facil cosa de fare sublevarc quelle terre della Puglia,
 el tanto piu quando che H se intenderà la partita del Re ebrist. da Napoli
 li Duca di Ferrara al Manfredi.
 59* Ferrara, 25 iHOQffio 1495.
 —Havessemo la vostra de' 18 del presente, per la quale ne signi
ficasti bavere parlalo cum el ven. frate HicnoxYMO Savoxarula iuxta la commissione
 nostra, el poi havemo havuio un' altra vostra de* xxi insieme cum una che a Nui
 scrive il prefato frate Uìeiionyho (1), et per risposta ve diccmo che grandemente vi com
(I) UUera •odala »marrUa «Tanti che Cm»q pHlillcalai e cioTera Sfere la data del Sd o SI iBaggin II9S.
 
S5
 mendemo che ne babbiali mandato dieta lettera, la quale ni è ((tata grata; et per
 un' altra cavalcata rUpondereaio una bona lettera al prefaio frate IIieromho, et drìz
zarcmola in mane vostre, et tiaveremo caro che stampale ehc siano quelle sue pre*
 iliclione, facciati opera che le habbUmo, come scriveU.
 Il medetimo a fra Girolamo Savonarola (1).
 OO. Ferraroy 26 maggio 1495. 
— Veoerabilis et religiose dilectUsime noater. 
— Havemo liavuto
 la vostra lettera, et per epsa havemo mollo bene inteso quanto voi ne haveti scripio et
 racordato sopra quelle cose ebe desideravamo intendere da voi; et havemo notato li
 remedii che voi ne porgeti cum carità et amore.
 qual vostra lettera ni è stata
 gratissima et ve rengraliamo assai del scrivere vostro et rcslainoni con bona satisfac
tione, parendoni che li racordi vostri siano pieni de prudentia et carità. Et se bene
 se cognoscemo essere peccatori, non di meno se forzaremo per quanto poteremo de
 adhcrirc a li racordi vostri et usare quelli remediì che ni proponcii: et voi et per amor
 nostro et per rìspeclo di la patria non manchareii di porgere oraiione al nostro Signore
 Idio aciochè ni presti gratia di potere fare tutte quelle bone opere che siano accepte
 a la soa divina Maestà et a conservaiione nostra et a benefìcio de U nostri populi.
 Nè serà eliam mollo grato quello libretto che diccli de volerai mandare (2); et cassi
 ve pregamo che. compito lo babiali, cc Io vogliati mandare, perchè lo cxpcclamo cum
 desiderio. Et bene valete.
 Il Manfredi al Duca di Ferrara.
 4il« Firenze, 28 maggio 1495. 
~ Questa mattina li signori X de libertà hanno comunicalo al
 Mag. Oratore de Milano ci a me lo adviso che cpsi hanno havulo da Roma dello apiin*
 lamento facto in Concistoro con el Card, de San Dionisio et Mona, de Bressa circha
 alla venuta del clirist Re a Roma. El quale apuotamenlo fu facto alli xxv de questo
 per lo infruscriplo modo, videlicet: che 'I 
Re cbrisl. venga con la guardia sua, non
 latrando in Roma, ma solum nel Borgo de San Piero et in palazzo aposlolioo. a$se>
 gurando Sua M.** el populo Romano che non se offenderà nc farà danno. El Papa è
 contento de parlare con Sua M.** ad Onieto, dove Sua S.“ debbe andare ad expeeiarlo
 con li Cardinali in quel loco. Gredese che questa sua parlila da Roma non sia se non
 con misierio et arte
 er placare Iddio che se dimostra adirato contro tutta la Italia. Li tre
 Oratori clceti per questa Signoria per mandarli alla Maestà del Re, credo partiranno
 domani, li quali sono Mess. Domenico Bonsi, Julian Salvinli et Andrea de* Pazzi, che
 è quello che ritornò con le galee che vennero a questi di de Provenza a Livorno,...
 04. Firenze, 3 giugno 1493. —*
 El Mag.^ lovanni de Pierfruncesco de* Medici questa sira me
 ha dicto bavere veduto lettere de Neri Capponi de* xxx del passato, che si ritrova presso
 al Re, per le quali cl scrìve bavere parlato con Sua Maestà, non come Oratore fio
rentino ma privato, et factoU intendere clic li termini et modi che se tengono per
 Sua Maestà in non oliservarc quanto V è obligato per li capitoli al pojniio fiorentino,
 in non restituirgli Pisa et le altre (erre cbe 'I tiene, cl fa stare malcontento et di mala
 voglia; parendogli che per li 
bon portamenti de epso populo verso Sua Maestà et per
 la devotìone et fede sua non meriti de essere si mal tractato da quella. La quale li
 rispose: clic el gli parca che non fosse conveniente alli amici ( nelli tempi che se
 cognosce el bisogno dell' altro amico ) volerlo ricerchare et gravarlo de quelle cose
 che a questo tempo li potesscno dare charico et gravezza, sapendo maxìmameiUe la
 inclìnatione et hon animo che se ha de consolarlo: resolvcndosc Sua .Maestà, che alla
 venula sua di qua el dimoslraria al populo fìorcntino se ha caro de conservarlo in
 aniicitia et benevolenlia. Alle quali parole prenominato Neri non fece altra replica, se
 non clic '1 rispose, eiie quello che liavca dicto era stalo da sè et non ppr commis$ioni*ro di Ferrnra.
 90. Firenze, 10 i^fti^no 1495. 
—
 £1 facto de Pier de' Medici par die sia molto rafrcddalo
 per el scrivere che fonno li Oratori, li quali ragionando di questo caso con el He et
 nitri Baroni trovano la cosa non bavere fondamento de qualità clic se ne hobbin a
 dubitare. CI dicto Piero ehe era a Viterbo se ne è rilomalo a Brazzano, et lin lassato
 uno suo Ganzdleri alla corte. Stimnse che se nc vada destiiuto de omni speranza,....
 Intendendosi qua della bona provigionc che se è facia per el sig. Duca de Milano
 de annata, et anche per terra haver mandalo per la via de Ponlrcmiiio verso Sarzana
 el Conte de Caiazzo con boti numero de fami, et mess. Io. Alovisio dui Firsclio essere
 venuto alla Spella, diibiiase die el ballo non se habbia a fare in casa de’ Fiorentini,
 quando che d succeda lo effccU) delle gagliarde provigione che se dice bavere facto
 prelibalo s.* Duca de Milano et Venetiaiii
 9I« Firenze, 12 ^wjno 1495. 
—
 Dicese de certi disordini che hanno facto Pranzesi alle
 Toscanellc, loco vicino a Viterbo, quale hanno messo a saccho et morto de molla
 gente
 Hcri nocte fu preso a San Cassano uno stafferò de Piero de’ Medici con lettere
 sue che ’l scrivea a Piero Corsìno, per le quale el gli significava la bona speranza che
 lo havea de ritornare a Fiorenza mediante el favore del ehris. sig. Re, per cl che lo
 confortava a voler pralichare con alchuni altri cìUadini che se disponessino de essere
 contenti del dicto suo ritorno, che sono de quelli cittadini che forno causa de c&z>
 /urlo da Fiorenza. £l benché la lettera sia de sua mano propria facta per colorire
 meglio el facto suo. non di meno, non havendo maggior fondamento de quello ehe la
 è iudtcala, non se ne è tenuto gran conto, parendo a queste brigate ehe In sia stata
 farla per dare caricho a dicto Piero Corsine cl ad li altri compresi in dieta lettera.
 99. Firenze, 15 giugno 1495. 
—
 I>a nova de Novara, che se è inteso qua essere rcbel
lata al Re de Pranza, et ìntralovi genie francese, ha dato et dà tanta alleraiioiic et
 petlurbatione a questo popiilo, che lo vedo tanto sbigolilo, che non se sa dove bat
tere el capo. Et benché el se sia facto et continue el se attenda a bone provigione per
 dcfensionc della città, nondimeno irovnndose le brigate nel termine che sono, non
 polendo intendere le dispositione del Re verso questa città per «ochora; et duhitan*
 dose che questo caso de Novara non sii de qualità che habbia a dare pcrtuibaiione
 assai al sig. Duca de Milano, et per modo che dove lo havea designato de venire con
 lo exercito In parmegiaua cl non sia necessitato a volgerse altrove. Maggior suspecto
 auchora é intrato a queste brigale per esserle inteso come 500 lance francese erano
 
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 venule ad allogaiarse a Poggihonei senza cssersc inlcso altrimente, et maxime allog
giando, come se dieo, a descritione. In questa terra se fanno gran guardie di nocte,
 et più se è farla questa passala per la venula de dicli Francesi a Poggibond che
 prima. Iddio voglia che le tante dcmoslralione de arme et de altre provigionc facte
 in questa terra non li noca. Invero cognoseo che se 'I 
non fusse el nostro fra jEaoxmu
 che tene el populo ‘confortato promettendogli bene essai, et al quale è prestato gran
 fede uuiversalroente da ogni honio, che anchora staria peggio de quel che fa
 73. Firenze, 16 giugno U9S. 
— A quest' bora x lo è stato a mi in casa uno amico el quale
 mi ha facto intendere come questa nocte vi furono lettere dclli Oratori fìorenlini da
 Siena del di de beri de bore xxi e xxiii, le quali contengono, come havendo consul
talo la M.'* del Re cum el suo Consiglio e Baroni el caso della rcstilutione de Pisa
 CI Livorno a* Fiorentini, post multa bine inde dieta, se è concluso che Sua M.** non
 intende aliquo paelo rcsliluirgbe nulla di quel che lene da questa Signoria sino che 'I
 non sia giorno in Hasti, allegando che vuol invece dieta terra per sua securezza per
 Omni caso che li potesse accadere, per bavere dove potersi securamenle ritirare. Li
 Amhassatori dolendose molto di tal delibcratione et conclusione facta, parendogli che
 la fede loro verso Sua M." non meritasse questo et per altri rispecti infiniti che de
dneevano, non poterono altro cavare da Sua M.'* se non ut supra, in modo che questo
 populo ne sta molto de mala voglia et in gran travaglio
 Sommario di lettere da Firenze.
 74. Firenze, 20 ghigno H9S. —
 Che ’l
 Re ha dato la cura et governo delle cose de
 Siena a Mona." de Ligny, el Senesi se sono obligali dare a lui ^Ornila ducali l’ anno,
 et lui li 
ha misso uno Vice-governatore con 500 fanti; el già quello populo se accorgie
 deir errore suo et ne pare mal contento.
 Che 'I 
He venne mercordl, che fu alli 17, a Poggibonzi, et zobia a' i8 partito a
 20 bore, doveria essere a Castello Fiorentino, a’ 19 a S. Miniato, a’ 20 a Cessina el
 domenica a Pixa; benché alcuni cxlimano che fonti li arrìvarà prima.
 Che Francesi hanno preso et sacchezzalo parecchie fortezze de S." Fiorentini, et
 bcnc'hè se dichi che '1 costume de’ Francesi è de volere le fortezze dove vanno, tamen
 se crede che ne retenerà alcune de queste, el forsi darà a Pixani.
 Che Fiorentini rodano la cathena, ma non sanno che fare vedendo tarde le pro
vixione della l-cga. Che ’l se può mal intendere li consilii de’ Francesi perchè proce
dano sagacemente, et alcuni lencno che tentarà le cose de Genua ; 
alcuni che ’l se
 adviarà a Pontremulo, altri che cercharà de fare la via de Pistoya et passare a Fiu
malbo in modenese et Serczano, invitandoli la debelilà de Pistoya, alla quale fanno
 penserò de mandare 500 fanti.
 Come el Re ha domandalo a' Fiorentini Mess. Francesco Secco con la compagnia,
 quale deve essere de 100 bomini d’arme..,., et recercha li 
SOmila ducali quali rc
.stano per li Capitoli
 Come Mess. Zoanne Benlivoglio et lo Reggimento de Bologna con continue olTerle
 confortano Firentini ad lassarsc intendere con la Lega: et il 
medesima ha mandala
 N. S. a fare da M. Alberto da Orvelo; el lo Oratore ducale simililer insta che Firentini
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 seguano li recordi quando vedessero potere essere soccorsi dalla Lega, havendo loro
 000 lioinini d’ arme e pareccliic miliara de fami.
 Alcuni dicono seria bene che la Lega reducessc 1’ exercito suo al piano de Ssr
zana, jierchè questo faria resolvere Firentioi vedendo vicino el subsidio, et che '1 Papa
 (piale bora è sicuro del Re. mandasse in Lombardia le gente sue, dove porriano ser
vire: et che la ili.* Slg.” de Venetia mandasse uno suo Signore a Firenze come ha
 facto el Pontefice, perchè con questo se reduriano Firentini cum la Lega
 Come questo giorno Zoanne Fraure eh' è stalo Ambassatore in Fiorenza alcuni
 mesi per el Re, andando verso Pisa fu assalito da Pistoriesi, morto uno famiglio et
 rubali li carriagi.
 Come Francesi sono tanto odiati, che se non vanno più che in grosso, scranno
 tagliati in pezzi.
 Non fu vero che I' 
armaut regia venesse a Livorno, ma solo una galeazza de spo
glie da Napoli de’ rubameoti de' Francesi.
 •
 Come alli IO el Re de Pranza fece la via de sotto da S. Miniato, et fece più
 longa giornata che non se pensava, et alloggiò fra le Capanne el Pontbedera
 Se ha avviso come Mons." de Bressa era a Lucha el ti Cardinali de S.'* Pedro in
 Vincula, Genua et S. Malò con M. Hibielto sono andati a Pelrasanta, et I' anliguardo
 del Re era za a Mazzarosa de qua da Lueha, et per la eelerità grande quale se usa,
 è bisogno che le provixione siino preste et a Pontremulo et alla CarHgnana.
 Come cl Re ha mondato alcuni Italiani insieme con alcuni Francesi per vedere
 tulli li loci ove possano passare, et come sono fomiti, el de examinare il tutto,
 H Manfredi al Duca di Ferrara.
 75. Firenze, 20 giugno I49S. 
— La NacsiA del Re la quale dovea herisira alloggiare a San
 .Minialo del Tedesco, secondo I' ordine designalo, era cavalcala molto in fretta, non se
 fermando a San Minialo, ma andò ad alloggiare tra Pisa el Cessina
 Intendo che
 la Haeslè del Re havea dato bonissima intentiooe de volere restituire le terre a questa
 Signoria, et questo fu alli xviii de questo parlalo a Pozzibonzo a lungo con fra Jebu
Nuio nostro sopra ciò. Dopoi pare che ieri cl se mutasse de proposito, dicendo che
 non lo polca al presente per novi casi occorsi, confortandoli ad stare di bona voglia,
 che presto li fnria cosa che li seria grata et de piacere, facendo nova inslaotia de
 bavere li 
XXXmila ducati.
 Ci'o. Stefano Catliglioni oratore milaneee in Firenze,
 a Lodovico il Moro Duca ili .Vilano.
 70. Firenze, 21 giugno H9!>. 
— Il Re beri disnò a Cessina lontano da. Pisa vii miglia el
 beri sira deve essere giorno a Pixa. Ce è anchora avviso come la antigoardia era a
 Pelrasanta, perchè se vede chiaramente che Sua MaeslA non mira più alla via de
 Bologna; onde non seria male a mandare a distribuire quelle gente che sono in Bolo
gnese nelli loci dove vcrisimilmente el possa fare designo de passare, corno seria a
 Pontremulo et in altri loci dove cl poterla bavere adito de passare, et cosi per la
 via de Carfignana per le terre dell' ili.* sig. Duca de Ferrara. Anche per la via de
 
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 Fievezzano et (>4>r lo via de Massa sono ceno che la Cels. Vostra haveWl provvisto
 |)cr lutto, et previsto tutti li loci dove el Re possi entrare,
 certo anchora che la
 F\.'^ V.'* haverà le spie per intendere lutti ti andamenti del prefato Re. Veruni est
 che se intende per certo che questi Francesi non aggiungono a XMroila persone da
 facti, et male ad ordine e assai impauriti, per modo che questi Signori hauno avviMj
 che beri, essendo partilo et Re de uno loco che se domanda el Ponleadcra, el quale
 li soldati et fanti Fiorentini havevano abliandonato per la intrata del Re, et essendo
 partito el Re, subito li rctornareno con qualche tumulto: il elio sentendo il 
Re se du
bitò c mostrò molto beo de bavere paura, c subito mandò a vedere e intendere la
 cosa, perchè se dubitava che non li 
venesseno gente alla coda.
 Questi Signori se sono pur resoli! de dare Mess. Francesco Secco al Re con le
 gente el compagnia sua, quale può e^^sere da circha a /O bomlui d' arme. Epso Mess.
 Francesco è qua et expecia che *| Re mandi per lui.
 97, Firenze^ 22 ownm I i95. 
—
 Intendo da uno amico clic la M.‘* del Re havea rccer
chato questa Signoria, che fusse contenta de acceptarc un homo suo per gubernatorc
 della gente d' arme che hanno. Al quale è stato risposto che non hanno de bisogno,
 bastandogli a loro gubemarle con li suoi conduetori.
 A mess. Francesco Secco è
 stato dato commissione che *l vadi ad ritrovare la M.** del Re havendolo addimandalo
 a questi Sig." RI se sta in f|ualchc siispecto qua che Piero de' Medici non sia passato
 sconosciuto da S. Minialo del Todescho per seguitare e! Re. Allondese con ogni dili
gentia ad investigarne el certo.
 El nostro fra Jerommo, ritornalo dal Re, beri fece una predili alla quale inter
venne cl sig. Duca de Urbino, promettendo a questo populo che indubiiataineoie li
 succederia in efifeclo lutto quello che ’l gli ha promesso et predicto alti giorni passati
 a suo bencfilio, mostrando bavere trovato la M.^ del Re ben disposta verso questa
 città. Di che epso populo ne vive con optima speranza
 7H. firmze, 24 giugao 1495. 
—
 A Pisa se è facto una consulta per la M.** del Re et
 suo Consiglio circha alla rcslitiitione de Pisa etc., el che in efìfecio la maggior parte
 de epsi consiglieri, inimici che sono de' Fiorentini, se sono resohiti in pregare $. M.**
 che vogli lassare Pisani in libeiià, offerendosi de prestargli le cadene loro et argenti
 per far denari per bisogno de S. M.’*
 Questo mag. Oratore de Milano |>er commissione dello 111 * Sig. suo è stato con
 questi Sig.’* et factogli instantia che se voglino resolvere de inirare nella Liga. mo
strandogli che bora ne è c! tempo, allegando che loro Sig.'^ debbono ben pensare che
 se la Liga fiisse superata dalle forze de' Francesi, che anche sue Signorie se rilrova
riano a mal termine de essere da cpsi Francesi subiugati, et perdere la libertà: quand'
 anebe la Liga obleiign la impresa contro epsi ( 
come se ba a credere indubitatamente
 per le provigione et gagliardi preparamenti clic se sono facti ). 
Sue Signorie debbono
 ben stimare clie epsa Liga non rimarria con quella bona satisfaclione de epsi, come
 se li convenerin, iudicandosi che per loro non fosse manchato che tutta balia non
 fussc subiogala el rcducta in potere de gente barbare; confortandoli con vehementia
 et presto a eoneordarse con la Liga. promettendoli molte cose a benefitio loro in nome
 della Liga, con sicurargli che non debbono dubitare de patire danno alcbuno, perocché
 
65
 PKscndo la Liga potente, come la è, haverà ben modo de defensarli el de operare
 con efTcclo che recuperaranao lutto el Stato loro che li è tenuto per el Re di Fran
jrn.
 — A diclo Oratore fo risposto che questo era caso de grandissima importaolia
 qual reccrcliava bona consulta, per il che lo e\ortorno de ture intendere alla Exc.
 del Sig. suo. clic non li gravasse a volere risposta cosi subita, desiderando epsi consiib
 tare bene el caso ad fìne che possino fare quelle bone resolulione che se eonvene
 70* Firenze, 27 giugno U95. — ..... Qua se è divulgalo per tutta la città che V. E. se c
 scoperta alla volta della Liga, et che Venetiani gli hanno restituito el Polesine et facto
 ('.apitanio generale de dieta Liga. Credo bavere bevuto meglio ebe cento persone a
 casa che son venute a dimandarme de tal cosa, alli quali ho facto intendere non ne
 sapere nulla
 HO. Firmze, 50 giugno 1495. 
—
 Essendo beri sira ito a visitare el novo Confalonero iti
 nome della E. V. per servare le cerimonie etc., et deveot^ndo a qualche ragionamento
 delle cose de questa città con el Re di Pranza, per essere epso Confalonero homo da
 bene et che se travaglia in queste cose ebe sono al presente, essendo stato della
 muda delti X de libertà passati; el me concluse clic questo populo per uicnte non se
 descosiaria dalla voluiità del Re ebrisu, el ebe ben el po fare pratiche el Duca de
 Milano,. Papa el Venetiani che piglino la volta della Liga, che perdeno tempo, perchè
 el punto è fermalo con Sua Mat5Stà
 HI. Firenze, 15 luglio 1495. 
—
 El mag.” mess. Marino Tomacelto me ha facto vedere
 una lettera che li scrive da Napoli un suo parente de 7 del presente, la quale dice*
 « In questa mattina Napoli ha chiamalo el Re Ferrando, et intrato gloriosamente. Semo
 fora della signoria de' Francesi, quali non con poca dinicultà portavamo; Gene tantam
 nd predai nata, el eum omnes homine* kotni»um cauta nateuntur. Galli soli ad homi
nutii pernilìem. Risveglisi Italia, el vogliasi recordare che non solum questa gente ce
 ha mai signorcxzala, ma è stala subiugala più volte da Italia. La cosa è co:>Ì; Dio sia
 laudalo! Mai si vide un concorso in ricevere Signore, come è stato de' Napoletani
 verso lo signore Re Ferrando
 •
 Post scriptum. Questa sira lo Oratore del Papa, quale anebora é qui, se è pre
sentato alli Signori X et de novo Eactoli instanlia che se voglino resolverc a scoprirse
 per la Liga, u.sando per questo eReclo parole mollo gagliarde et de qualità ehc '1 de
mostra, che quando non lo faxino el in breve, che se rceogiwsceranno dello errore suo.
 Da epsi, per quel che lo ho inteso, non ba cavato se non parole generale, iustifìcan'
 dose cum molle ragione che non vedono poterlo fare per conto veruno. El dìcio Ora
tore è venuto sino a ragionaiueulo cum epsi Signori, che fra Hicau.vimo è quello che
 li lene disposti et volti in questa sua opinione, mordendoli destramente che ’l 
non
 passa senza charico de una tanta Republica qual’ è questa a gubernarsi per ricordi
 et SQgcstione de uno Frate el quale sarà causa de gran loro danno et vergogna. f.a
 risposu che ba bavuto sopra questa pratica di fra Hieromimo non la ho potuta in
tendere per anello. Ben scio che gran credilo et fede li è prestalo per questo populo,
 et che mal se accorderanno questi cittadini ad fare più olirà de quello che lì sarà ri
cordato per epso Frale, El dicto Oratore pare che li 
habbia ben cariebato li panni alle
 spalle presso ni Pape, confortando Sua Santità a chiamarlo a Roma, conoscendo che
 
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 da questo popolo non se cavtri altro che quel che per lui scrù consigliato; ^er cl
 che potria seguire che *1 sia chiamalo a Boma. Il cito succedendo non scio come ne
 rimarranno salisracli questi cittadini et popolo.
 Sommario di letlert da Firenze.
 89. Firenze, 20 luglio 1495. 
— Come M. Alberto de Orvelo quale fu mandalo dal Papa per
 confortare quelli cittadini ad unirsc con| la Lega, non ha facto fructo, stando fermi
 sopra Frate Hibro.vymo d.v Ferrara. Et lo Vescovo de Volterra fratello de Paulo An
tonio Soderioi, mandato per questa causa, se diffìda de potere fare fructo, se bene li
 sono delli principali che hanno bona voluntA.
 Come staranno a vedere quello reporteranno li Oratori suoi dal Re de Pranza cir
cha la restitutione delle cose loro; onde è da credere che restituendo et havendo animo
 alle cose de Italia, vorrft delle promissione dalle quale Fiorentini non porranno destor«c.
 Come non restituendo Pisa, se designa bavere tutte le genti a Ponteadera per hire
 uno grande proforzo contro Pisa.
 Come se ritrovino in gran penorìa de dinari, et se bene mettono li balcelli non
 se possine sedere.
 H3. Firenze, 22 luglio 1495. 
—
 Il Manfredi al Duca di Ferrara.
 Cl Re Ferrando ha baviito d’ accordo Castel Capoaoo.
 et quelli che sono in Castel-novo non cessano el di e la nocte de trarre nella terra;
 ma li fanno poebo danno per li boni ripari che vi sono facti. RI Re ha preso Saocto
 Hereroo
 El Papa ha mandato Sforzino con 150 cavalli leggieri al Re Ferrando a Napoli.
 Piero de" Medici, qual se trova a Roma, se fa mollo gagliardo sopra cl Re Ferrando,
 dimostrando che con el favore suo el poirA ritornare in casa sua: ohe a me pare
 ehe 'I fondamento sia debile, ritrovandosi Sua Maestà nel termine che la è. El Papa
 ha dato la Badia de Monte Cassino, che teneva cl Card, de" Medici, al Card, de Va
lenza, che non è troppo bon segno per epsi fratelli
 84. Firenze, 26 luglio 1495.
 — Juliano Condì ha havulo lettere de xviii del presente
 le quali contengono che la M.** del Re Ferrando va acquistando ogni giorno delle terre
 del Reame, ma Castel-novo con le altre fortezze si tengono per Francesi, li quali non
 cessano de trarre continue nella terra. Auendese a fare ripari el cavar fossi intorno
 a diclo Castel-novo per metterlo in isola. De Don Federico non se ha altro adviso,
 ma slimase che "I sia in Puglia el che lo attenda a recuperare quelle terre di là. Es
sendosi presentato el fratei del Marchese di Peschara verso el molo, forno scaricati
 per quelli del Castello certe artigliarle, et fu ferito el diclo io un genocchio in modo
 che se dubita clic "t 
non mora de spasimo. Dicese che "1 Re Ferrante havea havuto
 adviso da Piero de" Medici da Roma come el campo del Re de Pranza era stato rotto
 in parmesana, et che Sua Maestà era stata presa; del che se ne era facto gran festa
 a Napoli
 El generale de Lioguadocha, che è el fratello del Card, de San Malò, che era e
 aerale, con dirgli che per trovarsi questo populo smembrato del Stalo suo, come lo
 è, el ritenuto per el Re de Pranza, non sanno vedere modo de potersc scoprire contro
 Sua M.**, nè con quale hooestà debbano manehare di fede a quella, essendogli liga et
 confederatione, come é tra epsi. Intendo che non ne polendo cavar altra conclusione,
 cl prenominato Oratore del Papa fra pochi giorni se ritornarà a Roma. Con el quale
 rclrovandome anche io bcrisira alla presentia dello Oratore de Milano, senza altro prò*
 posilo 0 ragionamento che se bevesse circha alta antedicia materia, cl se volse verso
 mi et disse; « Ambassalorc, el se vorrìa che tu facessi opera con la Exc. del Signore tuo»
 che volesse horamai scoprirse in tutto alla volta della Liga, adciocchè el non li potesse
 essere dato gravezza alchuna dalli potentati de Italia che M non voglia essere migliore
 italiano che francese; el che facendo gliene rcsullarìa maggior laude et bcnchtio presso
 a tutta Italia, che non farà volendo stare neutrale come lo ha facto fino a qui, per
chè qui non esl mecum cantra me est. > Al quale gli risposi, che ’l 
non nc parca neces
sario fare tal ricordo a V. Exe. perocché cognosccndo quella sapientissima, me rendo
 certo che la habbia havuto bona consideratione al facto suo, persuadendomi che nou
 senza iusta et bona causa quella se ne è voluta star di mezzo, et forsi non senza
 seicntia el voluiUà dello ili.* sig. Duca de Milano el de qualchuo altro de potentati
 de Italia, per servirgli a qualche miglior proposito in starsene cosi neutrale, che non
 seria facto quando in tutto quella se fusse scoperta alla volta della Liga. Et sopra ciò
 altro non se disse
 Hft. Firenze, 26 luglio 1495.
 — Questo Oratore del Papa me ha facto vedere questa sira
 un breve che ha scrìpto Sua Santità al nostro venerabile fra Hieronimo, quale Ji co
manda che 'I se transferischa a Roma ad ciò che Io intenda de quel che li è stato
 scriplo de qua, che sua Paternità ha predicalo che tutto quel che ’l dice lo ho da
 Nostro Signore Iddio el se verifica intieramente. Non scio mo qual parlilo el pigliarà,
 perocché a me ha dicto a questi gionii che ’l non era in apiitudine de andarvi per
 molli rispedì et capi. Quel che ’l dcliberarà vedrò de intenderlo el notificarlo alla E.
 V. (1). El dcclo fra Hierommo me ha dido che ’l fa scrìvere le sue prediche in bona
 carta per mandarle a V. Exc.
 (I) A qocAlo Mronda br*Te del Fepe lo date SI losllo IIM il Seronerole fece Hipoali dJ acute eoo IcUeca
 dell’ultimo di dello me«e ed aono: docomeolt che furono enlranbi piA volle elampall.
 Il primo breve del Capa il SavonoroU |hin*e * Fireote pro«io 11 IS mano I49A, come •< ha da un SoMtoono
 di Ulttrr che ora rinvcmii « che qui riporloi « Leltere da' 18 del correlile cooleateoo: .... Come ae ba dubio
 « ebe Fiorcnaa non fata novità per le dlacordie qoale ba raesao frate Hiuomiao oel popolo, dUirihuendo U
 « magiiirati et oBiii a »uo modo; et veooode alle mane m teme che la parte del Frale, per eatere li due tcni
 « delia clUà, viocerà.
 — Come eaaendo mandato U uno cavallaro poollflcio per prcaeotare noe lohibUioue a
 « frale BiMottiao che ooo habbia pM a predicare, non H è lauala preieiilare. et frate Hiuontao ha dieto io
 a pubUco predicaodo, che qaaodo el Foolidce iolerdiceaie el celebrare delle mease^ come »e dubita che l’ habbia
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GG
 m. Firenze^ 13 agosto 1405.
 — Htsri maUina io fui a ritrovare el venerabile frate Hibro.xuio
 S.wo.NAaoLA per fargli intendere el desiderio cbe ha la Exc. W de bavere quel suo libretto
 de predicatioiic quale promesse mandargli. Sua Paternità me rispose, che '1 non lo
 liaver mandato ne è stato causa cl non se essere per anehora fìniio de gittarlo in
 forma, c che ‘I siciirava cbe de quest' altra septimana futura cl sarà compito del
 tutto, et cbe ora cpso havea preveduto cbe 'I se ne fazi uno pur a stampa, ma in
 carta bona per Vostra Excell. Fornito appena ebe '1 sia me promesse mandarlo: et
 dice, che se prima lo havesse inteso questo suo alTectato desiderio de haverlo prima,
 che lo baveria provveduto de farlo trascrivere a mano; ma che ora che lo è per for
nito, el glie pare che quella habbia ad cxpectare questo che se fa io suo nome a
 stampa. Intenderò la spesa delle carte, e satisfarolla si come me comanda Vostra
 Excell.''*
 — Questo giorno per opera de dicto fra Uierommo cl se è obtenuto nel
 Consiglio grande qua de levare cbe '1 non se possa fare per tempo alcbuoo mai Par
lamento in questa città, che è un acto che se costuma fare quando el se voi mutare
 cl Stato per darli nova forma, come se fece al caso de Piero di Medici. Et questo
 ha facto ad ciò clic '1 giibemo de questo Stato se conservi nel populo, dubiiandose
 che quando qualche cittadino havesse voluto mutare questo guberno del popolo, lo
 era facii cosa ad condurlo omni volta clic se facesse Parlamento, dove iDter>'Coe ornai
 persona della città in piazza, et proponese cl partito che se vote, et le brigate, ma
xime vulgare, che son cupide de cose nove, inconsideratamente consentono alla pro
posta et partito preposto, lo vero la è stata gran cosa da condurla cum la unione et
 satisfactìonc delle brigale come la è. In effccto questo nostro Frate conduce ornai pra
tiche che '1 vole senza coniradictione, et questo è per el credito mirabile cl inaudito
 clic epso ha in questa città. Tuli' homo concorre a lui a consultare li casi privati
 et publici.
 H7» Firenze^ 20 agosto 1495. 
~
 El venerabile nostro frate Hieao.viuo S.tvoNAROLA mi ha
 mandato in questa bora dui libretti sciolti, che sono quelli cbe desiderava bavere la £. Y*
 del Sommario delle sue prediche et visione etc. (1), li quali li 
mando per la presente
 cavalchaia cum le qui alligale sue lettere (2). Uno ve ne è della S. V., che è quello
 che è in carta bona; l'altro se manda allo Excelleniiss. Maestro I^dovico da Carri me
dico benemerito de quella, la quale se dignarà farglielo consignare cum la lettera che
 epso gli scrive (3). Io ho fatto inslanlia di pagargli la spesa delle carte de quello che'i
 • • Ture per I’ impe4im«nlo facto •! cavallaro luo, non la dcl>tHano olrtcrrarv, perchè non vaie, per non Mtere
 < vero Papa
 « Come la pefif in la rcralMUone della luna ae è aroperla In at e»**, et ae dithila de pecfio per »] poro
 • ordine li è, andando li infecU per la (erra lolem cani una benda biancha per estere dlffereoUati dalli altri.
 V. in Isiaoao obl L«koo. fVa Girolatito Sutfonafila • .Vvori- { Arrbivio Storico Italiano. Kaota
 Serie. T. XVilt, P. I, ), la lellera del raareilierr Paolo SoDaeoti al buca di Milano, toUn la lieaaa data, e da col
 sembra arer avuto ori|(in« il 
Sommario suddetto.
 (I) Il rompendio dette rivelazioni ora per ia prima ralla ttarapatn in lingua ilBliana.
 (1) Lettera perduta. Vegetasi la risposta del I>uca di Ferrara qui preMO. al o.* 8B.
 ^8} Il medico Lodovico da Carri era in molla atokitia c relaiione epHlolare col Savonarola, come rilevasi
 anche da una lettera di quest* ultimo al Duca di Ferrara in data It gennaio ItBS fra le pubblicale dal Capponi
 I. c. e dal Villarì, Sforio di Girolamo Savonarola e de" tuoi fmpi; Fireoie iSCi, T. II. Ma laoio la lettera sape
riormeele ricordala quanto le altre scrilie da Fra Cìrolaovo al da Catti souo andate amarrile.
 
fi7
 manda a V. Exc., perocché nuUo altro me pare che ve ne sia de quella sorte: per
 niente el non ha voluto. Stima che la nc piglierà consolalionc spirituale pur assai,
 per contenere materie molto al proposito el convenienti alla salute dell' anima.
 !l Duca di Ferrara ai Manfredi.
 O^mficcAi'o, 25 agoeto 1495. 
—
 Havemo havuto li dui libretti del vcn. frate Hiero.nyhì>
 che ne haveti mandali, uno de' quali, ed è quello in charta bona, lo havemo ritenuto
 per Nui, et 1’ altro lo havemo mandato a Maestro l.udovieo da Carri. Il quale libretto Io
 havemo ledo et motto ne piace la contenenlia de epso, parendone che la sia opera
 dignissima, et volemo che in nome nostro il rengraziati grandemente, cum dirli che
 ne pare che cum la virtù et bontà sua cl fa onore a sé et alla patria, de che .Nui
 nc recevemo singolare contento: et II 
so^ongereii che Nui se sforzaremo de seguire
 li boni el sancii ammaistramenti de dicto suo libretto più che poteremo; ma che es*
 sendo pur peccatori, come siamo, il pregamo assai che il voglia {>er Nui et per In
 patria fare oraiione et pregare Nostro Signore Dio per Noi, acciochc Sua Divina Maestà
 nc hnbbia in protctionc: come speremo che epso frate HtEno.vYMo farà votuiiieri et
 de boQO animo, et farà cosa che ne serà gratissima. Et a lutti li soi piaceri ne offe
rireti paratissimi, el etiam li 
dardi la qui alligala che li scrivemo.
 H Duca di Ferrara a Fra Gìralamo Savonarola.
 89* Contacehio, 23 agotlo 1495. 
— Yen. in Chrìsto dilect."* nostro. 
— Il libretto che nc avete
 mandato Io havemo ricevuto, el bavendolo Nui transcorso, la lectiooe de epso ni è tanto
 piaciuta et saiishicla, che niuna altra cosa più ne haverìa potuto piacere, per essere com
posto cum grande gratia cl ordine. Cosi ve rengratiamo siimmamcnte che ce lo habbinte
 mandato, et ve ne sentimo nbligo: et non bisognava che facesti scusa della tardità,
 perchè il libretto è di tale boutade et cxcelleniia, che facilmente fa com}>ensare ogni
 tardità. Ben vi pregamo sireciamente che vogliali pregare Nostro Signore Dio per Nui
 cl per la patria, acciocbè mediante le vostre bone et sancie oraiioiii in le quali ha
vemo optima speranza, et mediante quello ehe se sforzatilo et sforzaremo de fare ad
 honore de Dio. le cose nostre et della patria habbiano a passare bene, et essere sotto
 la protectione della Maestà divina. Et a tutti li piaceri vostri ne olTerimo paratissimi.
 // Manfredi al Duca di Ferrara.
 90. Firenzcy 12 oUohre 1495. 
—
 El SIg. Virginio Orsino el Piero de’ Medici se sono levali
 da Brezzano pigliando el cammino de Narni et Todi: dicese per venire alla volta de
 Sena a danno de' Fiorentini. Con epsi conducono 200 bomini d' arme el duemila fanti,
 et più oe faranno in quelle terre de Spoleto et Perugia, et meterannose inseme con
 Julio el Paolo Orsino; in modo che, secondo se dice, haveranno da circha 350
 bomini d' arme. Questa Signorìa ha designato mandare 150 homini d' arme al ponto
 a Yaliano, che è un loco posto al contine de Sena verso Montcpiilzano: mandarannoli
 altri mille fanti ultra quelli vi sono. In Arezzo el Cortona cl Monte S. Savino et in
 altri luocbi suoi a quelle bande hanno provveduto de artiglierie et fanti per guardia
 de epse terre, liavendo adviso da Roma, che Piero de' Medici ha havuto a dire che
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 prescmandosi n Corlona o Arezzo, per la inielligentia bona die 'I tene con quelli de
 epse terre, ci gli entrerà a sua posln. In questa terra non se sta senza siispccto.
 benché in npparcniia le brigate dimostrino tenere poco conto de Piero de’ Medici. £1
 campo de questi Signori, che era alloggialo su le porte de Pisa, se è levato di là et
 tiratosi ad certa Ahbacia de San Severino che è tra Pisa et Cassino: il quale per tro
varse in disordine ( per quanto intendo ), stimo che sarà necessitato ad andare alle
 stantie senza fare la impresa de Cassino, come se era ragionato. Lì Corrcri fìorentini
 clic portano lettere de qua a Roma sono stati presi due fiate da Orsini, et levatoli le
 lettere et Icctc, hanno lassalo quelle che le sono parse aperte et remesse a Roma,
 tra le quali intendo esservene stale di quelle de V. E. El Capitano francese che è
 nella Cittadella de Pisa non solum non ha voluto restituire dieta Cittadella a' Fiorcn*
 tini per le commissione che novamente li 
ha facto la Maestà del Re, ma non ha vo*
 luto accepiere le lettere che li sono state mandale de campo per lo eraldo de Sua
 Maestà: del che questi Signori ne stanno de mala voglia, non sapendo dove proceda
 tanta pertinacia et obstinationc de dicio capiianio
 // Duca di Ferrara al Manfredi.
 111. MHum, 25 of/of/re 1495. 
— Intendeste come chiamali dal sig. Re de Pranza et da questo
 ili.* sig. Duca de Milano quando se stringeva la conclusione della pace, se trasferissemo
 a queste parte: bora ve dicemo come Nui prima fossimo col pref. sig. Duca in campo
 et dipoi andassimo al sig. Re, et deinde se ne starno venuti qua a questo sig.' Duca.
 Et essendosi loro convenuti insieme che in le mane nostre se habbin a deponere il
 Castelletto de Gcnua, et havendoni I* 
uno et V altro de loro pregali che vogliamo ac*
 ceptare questo deposito, Nui per fare cosa grata che piacio alla S. M.^ et Ex.'*,
 anchora che tale assumpto ce sia de incomodo et disconzo, siamo stati contenti de
 accepiarlo
 Perù volemo che siali con quelli M.*‘ Sig.'* Deci, el che in nome nostro
 faciali intendere il tutto a Sue Sig.'^ perchè la benivoleniia che è tra cpsi et Nui,
 recercha che ogni nostra aciione gli sii nota.
 P. S. 11 ni è sta scripto da Ferrara che 1 Pontefice ha bìnibito a frate Hieronymo
 i>.\ i.A SAVoNAnoLA U prcdicarc, el che epso frate Hieroxymo se trova in qualche pe
riculo. Et perchè Nui insino qui non ni havemo adviso alcuno da voi, ni è parso de
 signiflr.arvì quanto havemo inteso, et haveremo caro-che subito ni advisati se lo é
 vero quanto havemo diulo de sopra on se pure la è una zanza, per modo che inten
diamo la verità (I).
 Il Manfredi al Duca di Ferrara.
 Firenze^ 26 ottobre 1495.
 — Se io non ho dato adviso alchuno alla E.x. V. che ’l sia stalo
 interdiclo al vener. frate Hif.rumho Savoxarola el predicare et che H siano stati usali
 termini de qualità che lo habbia a patire ebarìcho et damno alchuno, come pare clic
 hahbia scrìplo el Confessore do V. S. a quella, è proceduto perocché avendo epso
 (I) Nel seilNibrc di qneft’ «nno era 5laio preteiUato al Savonarola un tarso breve del Papa thè fl'iiili>
 ai««a con miiuctie di porlarri labilo a Roma.
 
C9
 predicato omnioU di festa a questi ^orni passali, non stimava eh' el fusse stato interdicto;
 come invero cl non è, sì come questa mattina me ha chiarito sua Paternità: anzi me
 disse,
 che lo expeclava io dìes de bavere un breve dal Pepa della suspcnsiooe che
 « hnvea facia Sua Santità, che 'i 
non se proceda contra lui come se era principiato per
 « le informaiìonc sinistre che erano stale porte a Sua Beatitudine de facti suoi: il quale
 « per cssersc iustiOcato molto bene cum quella, se stima ( per li advisi che lui ha ha*
 « vuti da amici suoi de Boma ) 
che M se imponerà silenlio al tutto. El me ha diclo sua
 « Uever.'** che quando pur la cosa fusse ita p'ù avanti contro lui, et che '\ Papa fusse
 « continualo in non volere admeliere le iuslificaiioiie sue come bone et vere, che lo liavca
 « designalo de recercUare et favore et agliuto della Exc. V.** come de quella nella quale
 « confida mollo che la non li seria roanchalo de prestarglielo caldo et bono in le cose
 « honesie come questa sua presso alla Saniilà del Papa. Et ad ciò che quella sia in*
 « formata delie iusiifìcaiionc sue, el gli è parso de mandargli la copia della risposta
 • clie'l fece a Nostro Signore sopra ciò, la quale sarà alligata cum questa mia (1). El
 dice bene che '1 Confessore de V. E. li 
può bavere scripto quanto la me significa per
 « essergli stalo persuaso dalli frati dclli Angeli de Ferrara che lo è stato cxcomunicato
 € et statogli interdicto il 
predicare ete., come epso ha inteso
 »
 El se intende che Piero de' Medici cum el sig. Virginio vengono aproximandosi
 a Perugia, el che la S.** de Nostro Signore fa orani insianiia cum Perugini clic voglino
 prestare agliuto et favore a dìclo Piero de' Medici, ti quali per anco non se intende
 che sìcno resoiuli ad exeguire quanto li è ricordato. Stimase però, che per essere li
 Baglioni amicissimi del sig. Virginio et de casa Crsina, che forsi se inclinaranno ad
 prestargli qualche favore
 Cum questa sarà alligala una de) prenominato fra Hiero.viho all'Exc. V. (3).
 1KI* Firenzey i8 o^/oòre 1495. 
^ Questi Signori, secondo che io ho inteso, hanno lettere de xxjv
 del presente da Turino dallo Oratore loro, el quale li significa come la M.'* del Re di
 Pranza era passalo i 
monti el che se ne ritornava in Pranza, et che nanti la parlila
 da Turino epsa bavea havuto sinistre parole cum Mons. de Ligny, dicendogli che la
 era stata presumtione grande la sua a lenire le pratiche che lo ha facto in nuo las*
 sare restituire la cittadella de Pisa a' Signori Fiorentini, come el sapea che era sua
 inlentione et che havea epso ordinato. Pare che il dicto Mona.** se rcmetlesse
 molto con exeiisaiiooe assai debile. Intendo la M.** sua bavere electo un homo suo
 perchè venesse ad fare dicto effcclo, dandogli quelle commessionì et ordini che sono
 necessarii ad ciò
 Scrìve diclo Oratore che se a questa fiata el non le è restituita
 Pisa, che non crederà che mai più la se rehabbi per commissione del Re, veduto li
 ordini et partiti che se sono presi questa volta. Domanda però la
 del Re Xllmila
 ducati a questi Signori quali vole che siano pagali al sig. Virginio Ursino che pare
 che sia conducto cum epsa per mandarlo alla impresa del Reame cum li Vilcliesohi et
 sig. Perfecto ( Gio. della Rovere ), 
che dubito non scranno a tempo, essendo le cose di
 (1) M«nca •irtilalamefile al carlpf|io del Menfredi la lettera del Savnaarola al Papa, «d iva Torae la riypotta
 al leno brere del di S aetlembre 149».
 (2) l.elttra perduta.
 
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 là mollo innanti |>cr cl Re Ferrando. Dimanda siaiiliter a questi Signori li 
mandino
 quattro obslalìoi, et volo un figliolo de Pier Capponi, un figliolo de Paulo Antonio
 Sodcrini, el nipote de Francesco Valore et el Mag.** Joanni de Pier Francesco de* Me
dici. Per anchora cl non se è terminato nè preso partito de quel che vogliono fare:
 stimasc però che se li mandaranno. Della permuiatiooe che ha facto la M.** del Re
 de Pranza con el ducalo de Urbino per bavere llasti et dargli contraccambio in Pranza,
 non me extenderò altrìmcnli a significarne a V. Exc., perchè stimo che la lo intenda
 meglio che nui quo
 Ol* Firenze, I 
nouemòre 1495. 
—
 Questa mattina è intmta la Signoria nova. El nome
 dclli Priori et Signori non specifico oliramente a V. Exc., perchè stimo che non li
 conoscendo io per essere gente nova, che manco epsa li conoscerla, salvo che Lorenzo
 de mess. Diolesaivi, quale ho visitato con el Confaloneri et qualche altri de epsi Si
«
 gnori ( secondo el consueto delle ceremonic presenti ) in nome della S. V. Epso Lo
renzo, tutto pnrtegiano el perfcciissimo amico de quella, me pregò con insianlia che
 io glie Io oITcrissc et raccomandasse. Questi principali cittadini non vivono troppo
 contenti, \*eduto che non sono cxlimaii per questi del populo come vorriano, et come
 li pare che meritasscno. Non sono mai, on ben pochi di loro, clecti alli oflllii nè ad
 bencfilii per questo Consiglio del populo, che è quello delle octocenio persone che se
 ordinò per ricordo de fra lltEnoMMO. Dubito che alla fine non potranno stare queste
 cose nclli termini de bora, del clic ne potria nascere qualche desordine et sellandolo
 pemitioso alla città. Li animi sono sgonfiati quanto possono: pur el se tene la briglia
 in mano expectando tempo più disposto el npto. Queste cose de Pisa, et anche el ri- '
 trovarsc Piero de* Medici dove lo è, sono causa de fare andare le brigale retenute et
 suspcse, come anche è necessario in verità. Sono io de parere che se costoro se possono
 reintegrare in amore et bcnivolentia cum lo ili.** sig. Duca de Milano, come intendo
 che nc fanno praticha strccia, el che la sii de qualità che se possine confidare T un
 deir oUro, come recercha la vera amicitia, che se devenirin più presto ad fare qnalclio
 praticha de levare el maneggio et governo della citta de mane al populo, che anche
 non scio come sera cosi facile ad condur la praticha senza qualche scandolo et di
sturbo. Iddio lassi correre quel che è el meglio per salute de questa città. Ben prego
 V. E. che sii coulcnia tenere in sè quanto ho scripio per crani bon rispceio.
 95, Ferrara,
 Il Duca di Ferrara a Fra Girolamo Savonarola.
 novembre 1495.
 — Vener. et religiose diloclissimc noster.
 —Il lilirelto vostro
 in lingua latina (1), quale nc haveti mandato, lo havemo avuto ligato el lionc accunzo:
 et siccome vedevamo et leggevamo voliinticri il volgare clic prima ne mandaste, con hi
 medesima atientione faremo el simile di questo, perchè tutte le cose vostre ne sono
 gratissime. Et cussi ve rengraiiamo grandemente de diete libretto et deirafTectione che
 lìc portati, et offerìmosc parati a tutti li vostri piaceri.
 (I li rompcttrfium mW
 .\lla parie che desidera intendere V. Exc. de quel che ’l sente de queste occur
rentic presente, cl me concluse come questa mattina ha rafTcrmalo in la prediclia:
 « Che la Italia ha ad patire exierminio el gran ruma, et similitcr che la Chiesa se
 « ha a reformare indubiiaiamcnie, et se bene el non vencssc el Re di Franzo, perchè
 «COSI è la voluntà de Iddio.* El dicendoli io: Ma Fiorentini et quelli altri che sono
 vivuti sotto la speranza del ritorno del Re clirisl. in .Italia come hanno a fare? Ri
sposeme: « Che quelli tali non hanno ad essere mal contenti de bavere vixo con questa
 « expectatione B, volendo inferire (ben che a me non lo exprcsse) clie’l passarla om
nino. Li dimandai poi in particulare come se havea a gubernare V. 111. Sig. a questo
 tempo. El me disse: « Che M non mancava de pregare Iddio continue che illuminasse
 10
 
74
 < quella a pigliare quel salulifcro partito che fusse ad Jionore et comodo de epea el
 • del Stato suo; et infine me concluse che ’l volea scrìvere anche lui a V. Exc. •, el
 cussi ha facto, corno la sederà per la sua qui inclusa (I). Io solicitarò de fare traa
scrìvere la prediche che ha facto sua Paternità questa mallina, et manderolla subito
 a V. Exc. ad ciò che la intenda meglio la conclusione che epso ha facto de queste
 cose de Italia.
 lOI. Firenze, ì maggio 1496. 
— Lettere havute da Lione delti Oratori fiorentini de'xxvm del
 passato contengono la M." del Re bavere pur voluto accompagnare in persona la M.''
 della Regina sino a Roano dove quella se havea da imbarchare per andare a Torsi ad
 fare el parto. Parti sili xxv del passato, et dovea essere tornato per tutto il di ultimo
 del dicto per sollicitarc la expiditione per inviare el Duca de Orlieiis in Uasti, ebe si ra
giona sarà alti 
vm on x del presente; havendo prima mandato mesa. do. Jacopo da Triulzi
 et inviato quelli v Capitanii con le loro Compagnie et Sviceri, si come notificai a V. E.
 per altra mia. Scrìveno che indubitatamente passarà personalmente Sua M.'‘, et figu
ravasi per tutto el mese presente. Parte de li Generali, on sia suoi Tesaurerì, erano
 gionti alla corte con gran quantità de denari, et tuthora la 11.“ sua sollicitava che li
 altri venissino senza dimora.
 El Rev." Card.'* San Piero ad Vincola era giorno a Lione, el quale era molto
 caldo che la impresa se faza con prestezza. El simigliante fa Mons. di Belchaere.
 Uno di questi S.“ X de Libertà me ha facto vedere una lettera che epso ha in
 privato dalla Corte, pur de' xxvm, che contenc el somigliante che è dicto di sopra:
 et più che el se era in bona opinione che lo habbia a succedere accordo tra lo Im
peratore e la M.“ del Re christ. per essere la praticha mollo strecta et innnnli: simi
liler tra el Re di Spagna el Franza.
 Questo Nicolao Alamanni, homo dello antedicto Christ.**, me ha faeto vedere let
tere che epso ha dal Card.'* de San Malò de' xxvm, quale havea comunicato con li
 antedicti sig.*' 
X insieme con la copia della deliberalione che ha facto la H.“ del Re
 in dichiarare Veneliani, Gcnoesi (et pur anche qualche cosa dice di Milano) per ini
mici suoi; havendo facto mandar bandi publici, che nessuno delle terre di Veneliani,
 Genoesi on Milano ardiseba on presumi andare nelle terre di Sua M.“ nè ad arccbarli
 mcrcantic de nulla sorte on qualità, non obslante che havessino havuto salvo con
duclo on altra segurczza da epsa, alla quale intendeva che per questo bando li fusse
 derogalo, comandando simililer a ciaschuna persona delle aniedicte tre potentie on
 naiione, ebe in fra certo tempo habbino sgombralo tutto el dominio di Sua Maestà con
 le persone et robe; alias, passato el termine, che se intendano essere perdute et con
fiscale eie. Alla natione fiorentina solo è concesso el portare et condurre mercantie
 de qualunque sorte se sia per tutto il dominio et Stato del Re de Franza, facendosi
 menlione in dicto bando espressamente, che Sua M.“ concedeva questo benclilio
 a* Fiorentini per esserli epsi stali fideli amici et confederali; toccando qualche cosa
 ''del modo che ha tenuto el sig. Duca de Milano contro la fede et capitoli facli con
 (I) AMbe qunU l«llerf
 SavooarolB fa leviti dii cerlec|k> del Minfredii e ledò perdale.
 
75
 Saa H.“, facendo fondamenlo sopra li casi di Genoa et anche dedncendo qualche cosa
 dal favore et patrocinio prestato al Re Ferrando, che non me pare bon sogno per
 Sna Exc.
 El se è condiicto per questa Signoria alti serviti! suoi Mesa. Astorre Baglioni con
 conducta di 70 homini d' arme et xx balestrieri a cavallo. Intendo che vogliono ba
vere al soldo suo sino al numero de 1000 homini d’ arme per servirsene sili bisogni
 suoi et dell! amici. Hanno offerto all' homo mandato per il Hag.** Giberto da Corezzo
 qua 60 bomini d' arme ( et xx balestrieri a cavallo ): expeclase mo intendere se lui
 li Torri acceptare, chi invero epsi se sono inchinati a dargli dicto soldo per gratificare
 et compiacere a V. Exc.* alla quale remetto alchune lettere che me ha mandato el
 nostro Ira Hioto.vtxo (I) ad ciò che a salvamento io gliele remetta.
 Il Duca di Ferrara a Fra Girolamo Savonarola (2).
 lOS. Ferrara, 17 maggio H96. 
— Ven. et Religiose in Cliristo nobis dilect.“ 
— A’ giorni
 passali havesscmo la lettera vostra per la quale ne faeevati intendere il piacere
 havevati ricevuto in bavere inteso le provvisione per noi novamente facte a fine di
 purgare la eliti più che se puole de' vitii et reformarla al vivere christiano. El siccome
 tutte le lettere et recordi vostri ce sono grati, cusi anche il scrivere che ce havele
 facto per dieta vostra lillera ne i stato gratissimo, sapendo che in tulle le vostre cose
 procedete cum amore et cariti; e tanto più ne piace bavere (atto diete provvisione,
 quanto che intendemo quelle essere da vni laudale, el per quanto seri in Nui se sfor
zaremo de non manchare perchè le cose habbiano a passare bene et cum li debiti
 termini. Rengraliandove assai delti boni et santi vostri ricordi, sili beneplaciti vostri
 ne offerimo paratissimi.
 Il Manfredi al Duca di Ferrara.
 t03. Firenze, I givgno 1496. 
—
 Qui se è inteso come Veneliani hanno inviato per la
 via di Pontremulo da circa 400 StradioUi che mandano a Pisa, che par segno che
 veglino pigliare la impresa alla gagliarda per difesa de' Pisani, el che pocho stimino
 el passare che se dice valere fare la M.** del Re di Pranza in Italia.
 Questi Signori altendeno a condurre omni di gente; ma non vedo che habbino
 molti denari da dargli per farli cavalchare. Questo ho dicto perchè anchora non hanno
 spazzalo el Conte Albertin Buschctla, nè anche el Conte Ghirardo Raogone
 la nova che io dccli a V. Ex. della rotta data per quel Consalvo spagnolo a
 quelli Baroni el gente che erano a scrvitìi del Re di Pranza in Calabria, se è verifi
cala per queste ultime lettere.
 (1) Non
 conotcone leltere d«l $iTOB*roli Kritt« (m I« 8iw di aprile e il priariplo di m»m>o UM, e
 tene da meUersi fra le perdete. Una ara diretta al DncJ Ercole 1 ( 
come rcdraail dalla rirpotta ebe quatti el
 fece (oUo il n.* ie|ueote ), e I’ altre foree al eaDcelliere doeale Loderico Pillorio e al medico di corte Lodorico
 da Carri in Ferrara.
 (3) Di qoetta rwpoala ai rilara che il Sireearola lodare II 
Onci di Ferrara di arar aefniti qnc* baoni e
 tanti ricordi i 
quaH credè bene ripetergli colla lettera del IO gennaio 1497 fra le pebblleale dal Capponi e
 dal Viilarì.
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76
 Un Joanni Gallo, che era el primo homo de Viterbo« é sialo taglialo a pexzi ad
 certo csslello vicino a Viterbo: el quale per csaerc stalo inimico del Papa et per Irò
varse tra denari et argenti de valsente di 50mila ducali, se dice a Roma clic ’l 
Papa
 lo ha facto amazzare.
 flCM* FirenzCy 28 IuqUo 1496.
 Questi Signori X lianno advbo da uno suo ohe tengono a
 Roma per lettere de' xxv, come li era veuuta nova Francesi essersi abbocchati con la
 M.** del Re Ferrando ad Alella per devenire a compositione de accordo, asirecli ad
 ciò da necessità per la penuria delle viciuarie; et tandem hanno concluso inscme et
 piglialo tempo dal Re Ferrando di xxx di per |>olere andare in Pranza ad signiGcare
 al chrisU sig. Re el stato nel quale se trovano et addimandarc soccorso, con fargli
 intendere, che se in fra diete termine di xxx di non scranno succorsi, che sono con
venuti de partirsc salvo lo bavere et le persone, el relassare liberamente el Reame
 in le mane de cpso Re Ferrante. Evpeciavasi de di in di la forma delli capitoli facti
 per le parte, benché cl se intenda che in fra gli altri ve n* è uno che contene che
 epsi Francesi non se liabbino a partire da Atella se non passalo el diclo tempo, el
 a dì per di li sia provvisto de viciuarie per el bisogno loro. Sobiunge che el Rev.**
 Card. Legato dovea partire alli xxvii del presente per andare incontro al Re de'
 Romani, el che faria la via di Romagna, indirizzando el cammino verso Milano.
 Questo
 Vescovo de’ Pazzi me ha facto vedere questa sira una lettera che epso ha
 havuto dal fratello che è a Roma, cl quale gli scrìve come Mons. de Monpensere
 havea addimandaio de abboccharsì con el Re Ferrando per devenire a qualche com
posilione de accordo; al che se era convenuto de parlarsi conducendo ciasehuno de
 cpsi XX homini d'arme per parte: el cosi affrontati inscme devenerno alla composi
(ionc dello accordo aniedicio. Suhiiinge, che faza qual previsione se voglia el Re de
 Pranza, che M non serà a tempo de soccorrere alle gente sue che ha nel Reame.
 Scrìve similitcr la partita del diclo Legalo, el quale vene con commissione del Papa
 de astringere cl Mag.** mess. Jo. Bcniivoglio che venga a danno de’ Fiorentini; al che
 dice cl dicto, che non dubita punto che cl prenominato mess. Joanni non exeguisca
 dieta commissione, mostrando che el suprasinre che epso ha facto sin qui è causalo
 per vedere lo cxUo clic haveriano le cose del Reame de Napoli. Queste lunghezze
 de' Francesi et li successi non prosperi del reame de Napoli per la Maestà del Re
 chrìsl. danno da pensare mollo a queste brigale, parendogli che le cose loro stiano
 male et in pericolo de ruina; del che ne stonno de mala voglia, cl maxime perché
 non vedono de potere pigliare parlilo alcliuno bono, trovandosi tanto innanti come
 sono. Pure sperano in Dio che non li vorrà abbandonare: el pur che io la città fussc
 miglior unione che non è, le cose loro a mio iudicio passariano più sccure.
 loft. Ferrara^ 17 nooemòre 149G.
 il Duca di Ferrara al Manfredi.
 Havemo veduto quanta ne significati de quello amico (!)
 che è stato in cusi lungo ragionamento cum el ven.* frale Hiero.xtmo nostro, del che
 (t) TorfK-ri chiaro pei «locumctilt 197 e fSB. ch« H Sarosarola allDdc rollo nome di omiro *1 Re d< FraocU»
 Rj* qui pare dorerai inleodore che U rasionamcoio paaeò tri H Freie e ua imbaaciatore di eaao Re.
 
77
 havcmo faclo qualche iuditio: et per lo amore et alTectione che portiamo ad cpso frate
 Hibro.xymo ni pare che li habbiaii a ricordare io nome noelro (»e bene credemo che
 per essere prudente, come è, non crederà cusì facilmente ogni cosa ), 
che V babbii
 bona adverlentia acciò non sia circuravenulo, perchè molte simulatìoDO et flctione se
 fanno assai (late per tirare altri al suo disegno, et dalia longa se meilooo le rete per
 condurre il pesce alla ripa.
 ^
 Il Manfredi al Duca di Ferrara.
 106, Firenze, 26 dicenìbre 1496.
 —
 Uno de’ Signori X me disse che questo giorno
 hanno lettere de' xxi del presente da Lione dalli loro Oratori, li quali inter alia li
 signilìcano la expedilionc presa del fare la impresa et de Genoa et anche de Hasii,
 come per altre hanno anche siguifìeato. Et similiter come alla prescntìa della Maestà
 del Re è venuto el Card.* de San Malò cum ci Marcsclialclio de Belchaire a sinistri
 ragionamenti et parole criminose che hanno faclo resenlire in tal mancra la M.** del Re
 che lo ha liovuto a dire: che bora lo è certificalo dove è causalo la perdita del Reame
 de Napoli el la morie de lauti valenthomini che sono morti et periti io dirlo Reame,
 per bavcrgli aperto marte facto intendere Belchaire el tutto essere proceduto da San
 Maio, el quale continue se è sforzato de persuadere a Sua Maestà che '1 non se poteva
 riparare nè remediare alle cose del Reame per alchnn modo, per la difDcultà che se
 liavea de mandargli soccorsi neeessarii et opportuni; persuadendosi con questo ohe,
 levatogli la speranza del Reame il Re anche non bavessc più a pensare alle cose
 de Italia: in modo che Sua Maestà ha tocche cum mane che San Malò è stato causa
 de lutti li 
mali occorsi sin qui et in damno et gravezza de prelibala Maestà. Per il
 che el se stima clic cum et tempo la M.** Sua ne farà tal demostrationc che 'I chiarirà
 le brigale che '1 non sia mancato da lui che ’l 
non se sii facto tulle le provigione che
 siano stale necessarie per irianienerse el Reame de Napoli, et anche de observare
 ,
 quanto Io è obligalo et a' Fiorentini el ad altri italiani, concludendo che bora lo è per
 dimostrare com effeclual opere a tutto il 
mondo, che '1 non è per manchare de fede
 et promissione a quelli a' quali è obligaio, monslrando che la cosa li rcuscirà el cum
 facilità poiché lo ha messo d' accordo el Duca de Orliens et el Duca de Borbone, H
 quali sin qui sono stati di contrari pareri del fare la impresa de Italia, alla quale se
 sono risoluti et accordali che la se fazi et gagliarda, veduta la disposiiione et grande
 inclinalione che li ha la M.“ del Re, et meritamente, per conservaiione dell’ bonorc suo.
 Sobiungono dieti Oratori che alla M.^ del Re erano stati dui Ambassatori del
 Duca di Savoja quali volevano da Sua Maestà alcliunc cose che ad epso non è parso
 di farle, et clic stimano che fussc qualche pratiche per beuelllio del sig. Duca de
 Milano. Ei se è però resoluta la M.'* del Re de mandare ad epso Duca de Savoja dui
 gran personaggi, uno ne è mons. di Prenes, V altro non me seppe nominare dicto
 de’ X. El pure che *1 se intenda che se ’l se trovasse mezzo de assicurare el Duca de
 Milano cum el Re de Pranza, che ’l 
non seria diffìcile che devenisseno a qualche
 composiiione de accordo insieme; ultra che io intendo che ’l Duca de Milano se di*
 sponcria ad rclassare Genoa liberamente in potere de Sua Maestà quando cl se potesse
 assecurarc cum quel mezzo del resto del Stato suo
 
78
 107. Firenze^ 7 marzo 1497. 
— H«rì maUina, Jevato cbe fui, me ne andai ad IroTare el
 nostro vcD. frate Hieronimo el quale visitai per nome de V. Exc., facendoli intendere
 la alTeclione et amore che quella li portava et la fede cbe la poruva alle cose diete
 et predicate per sua Patemitade, exortaodolo ad tare V. Exc. ricomandalo a Iddio
 nelle sue devote et accepte oralìone. Et ultimamente pregandolo per parte sua cbe ’l
 se contenti fare intendere a quella qualche particularc adviso della opinione sua circa
 alli successi di queste occurrentic di guerre, et anche dare a V. III. S. qualche tono
 ricordo come quella se ha a gubernare a questi temporali presenti, andando le cose
 come vanno, per quel cbe se intende e conosce ; 
demonsirandogli che farà cosa molto
 grata et acccpla alla pretib. V. Exc. per la confìdentia che la ha in sua Paiemitade:
 alle quale cose me rispose: Et prima «che mollo rengraiiava V. S. dello amore che
 < quella li portava, con dire cbe li recordi che la glie faceva de tenerla ricomandata a
 « Nostro Signore Iddio non erano molto necessari perocché per debito el ne è obbligato,
 < et fallo continuamente, el tanto più voluniieri quanto cbe lo intende pregare per
 « persona che voluniieri se opera nelle cose spirituali et che vive catholicha et chri
« slianamcnte, del che ne piglia contento et tubilo assai, et cusi la prega ad volere
 « continuare; el lui promette pregare Iddio cbe gli fazi grada de perseverare usque ad
 « Cnem. > Alla parte aulcm del desiderio che quella ha de intendere qualche suo paren*
 circa a queste occuireniìe, el ine rispose: « Cbe farìa oraiione a Nostro Signore Iddio
 c che lo inspirasse ad potergli dare qualche lume che avesse a consolai'e V. 111. $. et
 « satisfare al desiderio suo, cum dire, che bavendo inspiratione alcuna, glie lo farla in
c tendere on per sue lettere proprie, oo vero per megio mio. Et cosi questa sira ha
 < mandalo per me, et ditlome avere sadsfacto al bisogno, mostrandomi una sua poiicc
 facla de sua mane, la quale me ha data affinchè la rimetta alla Exc. V. a salvamento,
 « supplicando quella, che voglia tenere secretissimo questa sua inspiratione la quale li
 « la Intendere sub sigillo confessionis >. Cust a me ha facto, et io lì 
ho promesso et
 per la Exc. V. et per me, cbe altra persona non lo baverà a intendere. La polìce sarà
 qui inclusa, la quale V. S. salverà cum quella diligentìa che rccrrcha el bisogno; et
 parendole de fare quelli elTccli che ’l scrìve, non credo che fusscno fuora de proposito:
 et Qiaximamenle perchè pure el se intende per li advisi conienuaii die vengono di
 Pranza, la Maestà chrìstianissima non se essere mai mutata de openione di non volere
 omnino fare la impresa de Italia et de passarle in persona, benché U Ministri suoi
 fazioo ciò che possine per levarlo da questa disposìlione. Or pur dependendo queste
 cose da Iddio, lui sa come vote che passino et se habbino a gubernare; benché anche
 el non se vole roanchare de fare le provvigione umane secondo li bisogni: et però
 parendo alla Exc. V. di mandare qualche persona religiosa, ma saputa, ad sollicìtare
 lo Q/meo, come recorda el Frale, credo che sia bene, et potria fare bono fructo. Pur
 de questo me oc remcilo al sapientissimo iudicio et parere di V. Exc.
 Se io scripsi alla S. V. della qualità et conditione de questo Confaloneri, et suc
ecssive delli altri Signori novamentc creali, li scripsi la pura verità, come meglio a
 questo mio reiorno (1) me ne sono cerliGcato el per el longo ragionamento avuto
 (i) Seacbi ub’ •ii«nxa del Neufredi da Flreou po«M fKiUiOcarc U lacHoa cb« nel auo carlotsk» ti tlailene
 
79
 domeslictmente con epso, et anche per la relatione havula da qualche altri. Quest’
 homo inestato scrìa de parere de levare presto el guberno de ' 
questa terra de mane
 dei populo et rcdurlo in poche persone quando lo havesse la apritudine ; 
che non vedo
 come li possi reuscirc tal desegno, bavendo de molti contrarii et bomini de autorità
 che ciò non comporteranno mai. La città è io maggior divisione che la fusse mai, per
 cl che se dubita cbc non nasca qualche gran desordine, che, succedendo, scria perni*
 tioso et de gran periculo alla città. El Frate attende ad obviarlo quanto el pò ; 
ma ha
 de' contrarli, el direi adversarìi assae, et maximamenle da poi che se intese de questa
 benedetta tregua, havendo H emuli suoi levata la cresta cl devenuti in un parlare
 tanto iicentioso, che non pouia essere peggio. El non renunzla però de parlare epso
 Frate animosamente contro qualunque che %ivc male, et che intende voler guastare el
 Consegno, quale predica essere opera facta da Iddio. Ha audientia grandissima et con*
 corso meraviglioso alla predicha, come nc farà bora testimonio el sig. M. Giulio da
 che li
 Este et Gasparo Dalle Frutte al ritorno loro a Ferrara.
 Quello Andrea Gambini che venne a V. Exc. per el fruclo de'grani é tutto del Mag.
 Francesco Valori. Stimo che *1 verrà novamenle cum qualche parliculare commissione
 sua a V. Eie., et anche da epso la intenderà molti particularì de queste cose della città
 potranno essere grati. Ma ben la prego che la mostri non bavere cogniiione
 alcuna di tal cose nè da me nè da altri ; 
come sono certo che la oc serà adverlita ad
 parlarne. Et de quanto succederà, nc farò advisata di mano in mano V. Eie. .....
 Fra Girolamo Savonarola al Duca di Ferrara (1).
 tOA* (rtren2e,7 marzo 1497). 
— Non è riprobbato 1* amico, ma è ingannato dalli sol, et se
 vorrà farà anchora gran cose, et spacìarà ogniuno; et però è coca pericolosa lassarlo.
 Non credo però, et questo dico da me, che fossi male usare qualche asiutia con li
 adversarij per non intrare in qualche periculo, in sino che Dio H apprìrà li occhi. Noi
 aiuiaremo la cosa con le oralione. Seria dall' altra parte buono aiutarla con la pru*
 dcniia, con qualche fidalo che li potesse parlare securamente et apprirli li ochi. Vorria
 essere persona religiosa et sappuia, che credesse queste cose. Questo non si vuole
 conferire a persona, perchè non mi sono allargato qui in questa cose anchora con
 alchuno. Ma la fede vostra ha meritato questo secreto dal Signore, nel quale solo vi
 dovete c'ui in le vostre saocle cratiooe: et a lutti li vostri beneplaciti
 ne ofTerimo paratissimi (1),
 fi }/anfredi al Duca di AVrraro.
 Ito. Firenze, 7 aprile 1497. 
—
 Questi Signori beri hebberno nova come in Pisa erano
 intratc lx barche cariche di grano, quali li ha mandato Venetiani, accompagnate da
 V galee sutiile, ben armale, su quale erano da 1500 fanti, che per la maggior parie
 hanno ad restare alla custodia de Pisa. Et havciido( prima che giongessino diete barche
 et galee in porto ) sentore el Commissario di Livorno de dieta cosa, fece mettere ad
 ordine un galeone et una fusUi con dui brigantini bene armati, et mandolle ad inve
stire diete barche et galee, et francamente vennerno alle mane insieme, facendo bat
taglia crudele, del che ne vennerno morti da 50, el feriti gran numero de questi:
 de’ Fiorentini morti vm el feriti gran quantità. Havea dicto galeone conquistalo due
 galee et conducevale in porlo di Livorno; ma sopragiungendoli le altre adesso, et non
 luivendo gente da potere mettere su diete galee, fu necessitato ad lassarle. Solo preseno
 una barcha charìca de orzo et eira.
 Questa cosa è molto dispiazula a questi Signori, la quale stimano assae, paren
dogli clic pure el se habbia ad verificare quello di che sempre nc hanno dubitato, che
 c' Venetiani pur voglino farse Pisa la sua, e cognosoono che le oITcrte che le erano
 facte per et Papa et Duca de Milano con le condilionc et obligationc che ha inteso
 V. Exc. erano senza fondamento veruno, persuadendosi che nullo efTecto ne havesse
 a succedere se prima Venetiani non sì disponevano in questo, quanto che intendono
 che hnmio fornito al lor nome la fortezza et terra de Vico-pisano et che anche hanno
 mandato le sopranominale fanlarie in Pisa per fornire de sue gente le fortezze de
 dieta terra et cosi di Cassino, che è cosa che molto li pesa: in modo che, per quanto
 10 sento ragionare da homini gravi et che sono del giibemo, che poiché vedono che
 11 potentati d' lulia sono disposti ad volere fare Venetiani signori de Fiorenza (che è
 in lasciargli dominar Pisa ), 
dicono che loro anche se confurmni‘»nno a questo, vedendo
 non potere da se riparare a questa cosa, et che forsi saranno li 
primi a furare le
 mosse per fare cpsi Venetiani non soli signori de Fiorenza ma de tulla Ualia: che in
 ( 1 ) 
QiieMa ritpo«iB leiicfi pur? à p*f. 85 Srl r*rn « ricnnltto Oputrolo liMo fuori dal conte Carlo Copponi,
 runieueote otctoir ItUert di Fra Girvtamo Savonarola,
 
81
 vero dubito che, andando le cose come le vanno a danno loro, et non se li facendo
 altra provigione di quello che mi veda per el Duca de Milano in riparare a questo,
 che epsi come disperati la faranno alla peggio che potranno. Cito questo serva in
 proposito de epso sigtiore Duca de Milano, et successive delti altri, la E. V. sapien
tissima lo saprà molto bene iudioarc: vedete che se fa ciò che si pò ad ciò ebe lo
 antcdecto efTccto succedo.
 Inlendando questi Signori per advisi clic novamcntc
 hanno da Roma, come Piero de* .Medici se nc veniva alla volta di qua, partito da
 Roma con alcune gente che lo havea facte de* deoarì accoltati in presto; della qual
 cosa, se ben se nc tenga pocho conto, stimando podio dieta venuta, per essere le cose
 della città in tal termine et unione ohe pocho ne habbiiio a dubitare, non di meno
 stimano lo aclo, causandolo procedere da quelli che si persuadono potere, con questo
 mezzo de far comparire Piero de’ Medici, tirare le brigate alle voglie loro; clic a mio
 iuditio credo che lo intendano male, perchè vedo che non sono questi cittadini per
 calare per conto veruno ad fare cose che habbino designale quelli tali, ma soluin più
 presto per patire ogni danno et extcrmimo, quantunque forse el sig. Duca de Milano
 0 altri che ciò permettono et tentano siano in altra opinione, che in vero, come ho
 dieio, se ne ingannano et in grosso
 Ili, Firenze, tl nprUe 1497.
 —
 lo ho inteso quanto me scrive V. E. per la infor
matione che desidera bavere da me delle cose de Pisa etc., el per risposta dico, che
 10 nc farò ogni opera per satisfargli, usando circha ciò bona diligentia, benché cognosca
 la impresa essere dilllcilo da reuscire, havendola a maneggiare come da me, non pa
rendo a quella che io mi scopra con persona che ciò sia desiderio de V. £
 La praiicba della impresa de Pier de' Medici, per advisi che se hanno freschi da
 Roma, non solum è raffreddata, ma ita io fumo, se ben, quando la fusse proceduta
 avanti, qua se ne fosse tenuto pocho conto
 Il Duca di Ferrara a Fra Girolamo Savonarola.
 fl9. Ferrara, 2G aprile 1497. 
— Vencr. in Christo nobis dilectissiiue.
 Quando a* dì pas
sati ne scrivesti di quello fìolo dei quondam Antonio Gondi, quale è intrato iu quello
 convento de S. Marco, el quale vi dette noliiìa de' molti trancili faci! per il patre suo
 cum Kui etc., vi rispondessemo, che non sapevamo berne le particularilà delle cose
 successe tra Nui et li Gondi, per non essere albera a Ferrara Antonio M.' Guarniero
 nostro generale factorc, quale è informato et insiructo del tutto, et che ritornato che '1
 fusse vi faressemo poi intendere il tutto (1). Mora ve dicemo, ebohavendo Nui mostrato
 11 scrivere vostro al prefato nostro Factorc, lui per una sua lettera, la quale vi luau
damo qui inclusa ni dà informaiione et instructionc de tutte le cose traetate cum lì
 Gondi, et de quale natura le sono state, come potrelì vedere per dieta IcUera (2). Vui
 adunque poireti considerare il lutto, et fare intra ciò quello iuditio che vi parerà. Et
 a tutti li vostri beneplaciti nc offerìmo paratissimi.
 (1) Si allude alla lellera del Savonarola del 4 mano 1497 ed alla prima ri«poiU che r{ fece il Duca di
 Ferrara, riportai* al doc. 109.
 (9) Il raliore Cutnirro elernT* a pl4 iDlfliala di dncati il credilo del Duca eonlro i 
Gondi i 
del ^ual credilo
 bramandoai oUenern «foietaet* eraoo «tati oOcrtl per parte dei debitori mIì 404 duoaU.
 Il
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82
 H Manfredi al Duca di Ferrara,
 113. Firenze^ 4 nìoggio 1497 (1). 
~ Sappi V« E. che '1 Mag.** Francesco Valori et Paulo
 Antonio et qualche altri rastare la erubescenlia che epso ha de ritornarsene, poi che el disegno non li era
 rcuscito come el sperava.
 La E. V. intese per V altra mia del caso occorso zobin proxima passala qui in
 la terra per el predicare de fra JiiRO.xtMO de. Et benché sin qui non sia sorto altro,
 non di meno vedo li animi dell' una factione et dell' altra tanto sgonfiati et in alte*
 raiionc, che io dubito, se Iddio per sua clemcntia non gli ripara, eh' el sia per nascere
 qualche gran disordine el scandolo, et maxime per essere el magistrato della Signoria
 diviso et li cittadini maggiormente, volendo una delle parte omnino che 'I 
Frat£ se
 abscnli dalia città per qualche mesi, et F altra non volere comportare per niente
 (I) fi
 all
 staecMo che Tenne rbiiHo eniro t* l»Ufrt ora prvduia del 4 n*cnio I4B7 In
 (fuile dnTe*a conlenere un minuta ed eMllo racoonlo del frave tumulto procurelo dai nemiri del Satonarola
 duraolc la predica cfae queUi uel MiUeilo fieruo fece in S. Maria del Fiore par la aoleootU dell' AireuMoike.
 
ohe '1 se habbia a partire. Or pure el potria succedere, che astenendosi cl Frate del
 predicare, come a me ha questo di promesso di fare, eh’ el si trovar^ qualche bono
 expedicnte ad componere diete differcntie, mediante anche le bone opere et amorevoli
 ricordi de prcfaio fra HiEnoNTMO, quale trovo disposto al bene et uuione de questa
 eittà, quantunque altri siano di contrario parere. A me bisogna usare arte et destrezza
 in gubernarme in questo caso per non me fare suspecto nè all* una nè all* altra
 parte. Se ben me^sia voluto dare cbarico, con dire che io favorisca la parte del
 Frate, attenderò a deporlarme per quel modo che io cognosarò far bene, et gubcr>
 nanne senza passione.
 Mcolò Alamanni homo del Re de Pranza, on sia de San Malò, qui residente, me
 ha dicto che lune proximo venturo se voi partire de qui per ritornarsene in Pranza,
 et cosi questa città rimarrà senza segno aluhuno del Re christianissimo, essendosi
 partito più di fanno lo Arciveschovo che era imbassatorc de Sua Maestà
 lift* Firenze, 12 vxmjgio 1497.
 —
 De novo non intendo per lioru cosa di momento
 da poter significare a V. E. per non ve nc essere da banda alcliunn, se non che Piero
 de* Medici è giorno a Roma et troppo non se lassa vedere, benché si dica che Vene*
 liani non siano per mancargli di favore, volendo per il 
mezzo suo tenere i Fiorentini
 in suspecto et spesa.
 Qui se alleode con ogni diligcntia ad assettare le cose della
 città, ché in vero la ne ha de bisogno per le discordie et dissensione sorte a questi
 di fra questi cittadini..... le quali, quando non si asseltassino ( eh' io pur stimo che
 si ) potcriano produrre gran disordine con pcriculo grave della città.
 La Ec. V. huverà alligata con questa una epistola consolatoria composta per el
 ven. fra Hikro.nimo, poiché el predicare li é proibito (1). Se altre el ne componcrà
 (come credo che si) tutte le manderò a V. 111. S
 Ittt. Firenze, 16 maggio 1497.
 — Sebenda Roma questi Signori habbino adviso come
 Piero de* Medici é ritornalo là oltre, el quale poco se dimostra, pur se intende che
 epso et el Cardinale suo fratello attendono a la pratieba già principiata cum el Papa
 de relaxare a Sua Santità la Abaiia de San Gertnauo, et epsu li serve de XV miiìa
 ducali, delli quali dicto Piero monstre volersene servire per fare di novo impresa di
 ritornare a Fiorenza. Et benché qua se ne tenga poco conto, parendo che non havendo
 altro mezzo di favore et siibvenlione da fare dieta impresa, eh* el non sia per expe
dirla, nè farne se non quel che ’l fece I* altra fiala, nondimeno se mettono all’ ordine
 de dare la prestanza sili suoi soldati por potersene servire più a tempo et meglio
 che non fecerno quando Piero si presentò alla porta qui de Fiorenza. El anche sono
 in proposito, per quel che intendo, de non comportare più per niente che 1 Cardinale
 de' Medici habhia da bavere le iiitrate de’ beuefilii che ’t tene in questo dominio de'
 Fiorentini, chè invero quando gli levino dieta iniraia, che ò assai bona, vedo che ’l
 starà male insieme con li fratelli, li quali pur vivevano de diete intrate assai hono
revol mente
 Intendese per advisi da Roma come cl Rcv. M.'* Mariano (da Gennazzano ) c
 stalo eleclo,Generale dell’ ordine de Sancto Augustino.
 \
 (I) i l« leiirra che fu «ubilo lUoiptia, dtrciu a tutti p/i (Itili di Diot ftdtìi Criiffont, in dola I ma|{io 1497.
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84
 Le cose qui della cillà pur se auendono a raaseltarsi, benché con qualche diffi
culli per Irovarse li 
animi deilc brigale non molto ben disposti per li suspecli che
 sono nati, che una delle parli non fasi pralica, on sii in disposilione de opprimere
 laliuenle I’ olirà, che la fati ruioarc. Aliendese mo a fare opera per mezzo di cilladini,
 die questi suspeeli se levino, ohe a me pare dìQicile, inteso la disposilione et animi
 dell' una parte et I’ altra. In conclusione la parte che è contraria a fra IIieromxu
 .
 I
 i
 male se pò assettare ad devenire a nullo termine bono, se e|iso Fratb non se leva da
 Fiorenza: al che la parte adversa non lo vale nullo poeto comportare, rìcordandu a
 V. E. che quelli cittadini che furono detenuti in Palazzo alla venula che fece Pier
 de' Medici alle porte de Fiorenza per el suspeclo che se hebbe de loro, indicati
 parlegiani et amicissimi della casa de' Medici, se sono rcscntili talmente de quella
 nota che li fu data, che alla discoperta, vedute queste di0crrnlic sorto tra citta
dini, se sono demonstrati volergli essere anclse loro per la parte sua ; 
inclinandosi
 però più alla pane del Frate che all' altra, perchè se reputano la iniuria da dieta
 parte contraria ol Frate: et' perchè sono bon numero de cilladini et de bone case,
 donno da pensare assai a chadauna delle parte; ma più alla facilone contraria al
 Frate, |u:r dimostrarsi, come ho dieta, più inclinati a quella volui che all' altra.
 Iddio sia quello ebe li dispona tutti a pigliare quel buon parlilo che è salutifero et
 honorcvole allo universale de questa eillè, che io vero ne ha bisogno
 117. Firenze^ 1 agosto H97. — ..... Lo liavcrc detenuto quel frate Ludovico Mondello,
 dicono Sue Signorie, clic essendo lui sempre stato operatore di mali nelli casi di Fisa
 contra questa Republica, et liavendo mal tractato alcliuni Fiorentini che se trovorno
 in Pisa al tempo della rebellione, dove che capitando a questi dì a Pozaibonzo fu
 recognosciuio da uno quale era sialo offeso et da epso ferito: et che intendendo loro
 Signorie, gli |iarve de farlo condurre a Fiorenza: de che nacque che reirasscno per
 molli riscontri che hebberuo. che epso venia per operare cose de mala natura a ma
Icfìtio de questa Republica, et maxime essendo epso molto intrinseco del ilev.”* Car
dinale de San Severino, quale, come è noto ad ogni persona, è staio sempre fautore
 in tutto quello che lo ha potuto de Piero de' Medici: ondechè venendo dicto frate
 Ludovico da Roma, trovorno che '1 veniva con qualche commissione de pratichare cose
 che facilmente baveriano potuto dare alteralionc et disturbo alla città et al Stato. Le
 quali cose quanto siano da vigilare per quelli che li 
hanno interesse, dicono loro
 Signorie questo lassarlo iudioare a V. E., et anche considerare se questi modi tenuti
 per dicto Frale meritaranno altra puuitione che quella che li è data sin qui, quale è
 stala in haverlo con diligenlia facto curare et havulosegli dell! rispedì che non si
 scriano havuti ad altri che non fussino delli subdiii dello rll.*sig. Duca di Milano
 Sono advisati questi III.' Signori che Vcoelianì a quest' bora debbono bavere preso
 la possessione di tutte le fortezze de Pisa, la qual cosa quanto la sia de momento et
 importaniia a tutta Italia, se nc remeitooo al prudentissimo iudiiio de V. E., subion
geudo che epsi non sono bastanti da potere remediarc a tal disordine, resolvendosi
 alla line che cpsi sono necessitali ad pigliare partito al facto loro, che scrii de qualità,
 che quando bene perdano Pisa, se persuadeno che altri anche liabbino a giuchare del
 suo, el forsi più in grosso,....
 
85
 Fra Girotamo Savonarola a met*. Ijodovico PUiorio (1).
 liti* Firenze» 3 agosto 1497. 
— Amalissiino in Cbrìato Jesu. 
— Non biaogiM del digiuno
 servar T bora di nona cosi a punto, ma s' intende largamente, cioè ehe non si anti«
 dpi notabilmente. Vero è che secondo gli antichi 1’ bora di nona era dopo mcao di;
 et la Chiesa, consideralo che gli buoniini all’ bora comunemente mangiavano a meso
 giorno, cioè all' bora sexta, volea che diferissiiio il mangiare iofino all' bora di nona,
 quando si digiunava, acciochè in quello diferirc Y huomo facesse qualche abstinentia.
 Bora bavendo gli huomini ridotto in consuetudine di desinare ad altra bora che non
 facevano gli antichi, hanno eliam mutato consuetudine non solo nell’ bora del digiuno,
 ma anchora l'ordine dclli offllii; onde la Quaresima si solca mangiare doppo vespro,
 per fare anchora maggior penitenza che nclli altri tempi. Bora, si sia stato per gola
 0 per debilità dei corpi, il vespro è stato ridotto alla mattina la Quaresima, per parere
 di servare la norma data. Et perchè questa eonauetudiiie è prevaluta, sendo il statuto
 deir bora del digiuno more de jure positivo» a me pare, che al presente 1’ bora di
 nona circa al digiuno sia da servare secondo la consuetudine della città, cioè dopo
 r bora nella quale comunemente si desina, quando non si digiuna, dico di poi un' bora
 0 due, 0 più 0 meno, secondo la consuetudine della città, maxime quando si costuma
 sonata nona nella Chiesa : 
la quale bora anchora essendo prevenuta dall' huomo nota>
 bilmcntc per qualche causa ralionabile, non giudico peccato alcuno; ma senza causa
 chi prevenisse, non in fraude del digiuno nè in dispregio, ma per qualche compagnia
 0 per ignoranza o inadvertenza, giudicherei peccato veniale. Dunque voi havendo pre
venuto, per essere in casa d’ altri et haver havulo rispetto di non dar noia al padrone
 0 alla famiglia, secondo il 
mio iudicio non havete perso il merito del digiuno, et non
 vedo in questa vostra cosa peccato alcuno expressamente, né anche veniale. E per
 lo avvenire, non potendo voi fare altrimenti senza perturbazione dove siete, la quale
 ctiam vi inquicteria lo spirito, ludico sia meglio fare come havclc fatto, maxime per
 dispensatione del vostro confessore o dell' ordinario, quando si può bavere et servare
 la pace dell' anima, che star a inquietar voi et altri. Circa al ritardare troppo il 
man
giare, non credo sia peccato, perchè il digiuno è fatto per penitenza, et quanto più
 r huomo indugia, tanto più macera il corpo.
 Circa la risposta data per voi a quelli Frali, piacemi che habbialc ri«|M>sto bene;
 et aggiungete anchora queste parole: che non solamente per questo le prophetie non
 vanno per terra, anzi si adempiono, havendo già sei anni fa ammoniti questi Frali
 che si apparecchiassino, poiché di loro si baveva a morire uua buona parte: et di
 questo loro ne sono teslimonii, et anche il popolo. Et ditegli clic hanno male studiate
 le scritture, perchè ic cose di Cbrìslo et de' suoi servi non si debbono iudicarc se
condo il bene et il 
male cb' è comune aili buoni et alli cattivi, ma secondo quello
 (t) IM una ropia del priarlpin del MC. XTI e«i«lenle nHla SiblìAlrea Cnteunalr di Ferrara, e ne rado debi
tore alt* amietwToie premura dt Mnnt. Giuseppe AnloneUl Bibliotectrio merito ie detia cMtè.
 Il Piltorio era oomo «eraale nelle beone leitere. e mi oceorre vedere nell* Areblrlo
 che Irorandiwl
 set lisi cancelliere di KiMtUia in Rnrifo dirigerà al Otic^di Ferrara degli epigrammi Ialini per dimoilrargli la
 aua grande territb e derotione.
 
8G
 *
 eh’ è proprio a ciascheduno» cioè secondo la vita buona et la vita cattiva. Quia, ut
 dicit Auyustinwi, moia mors putanda non e» quam bona vita profcegsìC. A'on enim
 facit malam tnortem, nisi quod sequUur mortem. Et dite che pensino, se Dio di queste
 pene temporali cosi ha comincialo a flagellare li servi suoi, che sarà di quelli che
 non vivono bene? T«mpus est, ut inquit Petrus, ut judicium incipiat a domo Dei: si
 aiUetn pritnum a nofris, quis finis eorum, qui non credant Evangelio? Et si jusius in
 Urrà vix salvabilur, impius et peccalor ubi parebunt? Sicché le nostre cose vanno
 per r ordine suo, et quando fìa tempo Dio dimostrerà la gloria. Vale.
 Florentim, 5 Augusti 1497.
 Raccomandatemi al S.' Hercole et alla sua consorte.
 Fa. HiEno:fYMUs Savoxarola.
 Il Manfredi al Duca di Ferrara.
 Ilo. Firenze, 5 agosto 1497. 
—
 De Pranza vi sono lettere de' xxix del passato dalla
 Corte del Re, che contengono la Maestà Sua essere partita da Ans alli xxvt pure del
 decto, et essere ito a Perafìcta, discosto da Ans sepie lighc, et per quanto se era
 inteso diceva di ritornarsene a Molincs. Dopoi par che habbia mandato a dire al
 Cardinale de San Alò che ’l vole ire a Mombrisono et di là alla Bastia, sino a tanto
 che a Lione fazi bona stanza. In Ans era restato el Cardinale et la gente de fìnaiiza
 sino a diclo di xxii, perchè essendo sul fare conclusione delle ordinanze degli Stati
 bisognò che restasse: el di seguente senza manclio dovea partire el prenominato Card,
 con li altri per andare dove se trova la Maestà del Re, el quale dimostra quanto el pò
 bavere gran voglia de ritornare in Italia; cl che non se pò iudicare se non dallo
 elTecU), c a di per di
 Meri per questi Signori se messe ordine de mandare a pigliare un l(»ro cittadino
 nominalo Lamberto dell’ Antella el quale havea bando de rubello per certa praticha
 de tractalo che ’l 
tenca con Piero de’ Medici : 
el el meschino, senza rispecto et con
sideratione, era venuto a certo suo podere presso alla terra a in miglia, dove fu preso
 et conducto qui a Fiorenza, et subito fu con diligontia examinaio per alchuni delli
 Signori X con li Vili de Balia, che per quanto ho potuto intendere sino a quest’ bora
 par che ’l vencsse con qualche ordine de Piero de’ Medici de parlare a qualche cit
tadino, el che el dimostrò, perchè cxaminato che ’l fu el se ordinò per la Signoria,
 che nullo ( fussc di che condiiione on sorte se volesse ) potesse uscire delle porte de
 Fiorenza se non havea la police delli Signori X, el a quest* bora Intendo che hanno
 preso alchuni della terra, che Torsi sono stali accusali per lo aniediclo rubello
 H Duca di Ferrara a Fra Girolamo Sdvotiaro/a.
 IM. Modena, 8 agosto 1497. 
— Veo. el religiose dilectissime noster.
 ,
 Per una vostra
 del primo del presente (1) iie scriveli, che havendo vui inteso Nui isbigottirsi alquanto
 (I) rabblirala dal Maaii orli* ìiMìzì.ibì al Salireto. C JoblHamo alle aa|acl dnlHlaiioni mi (renio del Re
 di Fraorla meaie io rampo dal Duri di Ferrara io qaeiU riapoUa no' altra lettera del Saronarela io data 29
 agMlo USi7 ctM farà citata pid aranti.
 
87
 per la tardità delle cose che baono a venire, vi è parso, cum lo ragione che se con
tengono in epsa vostra lettera, amorevolmente confortami a stare fermi et costanti
 nella fede, cum dire che le cose che se sono predicte se appropinquano forte et vanno
 per r ordine suo eie. Ad che per risposta dicemo, che grandemente et quanto più
 polcmo vi rengraiiamo dello amorevole officio che faceti cum Nui et dell! boni ra
cordi che cum carità nc porgati, perché vedemo che sono dignì della bontà vostra
 et coQveiiicuti allo amore che ne portali, et de ciò ve ne havemo obligo non vulgare.
 che 1
 Maisi per contento vostro ve certificamo che Nui mai sin qui habbiamo dubitalo che
 non debbano seguire quelle cose che sono state predicte da vui, et più che mai siamo
 de questa ferma opinione et fede, che non se habbia a preterire uno jota de quello
 haveti prcnunliato. Lo è ben vero, che vedendo Nui la tardità et negligcnlia del Re
 de Franza et la poca cura che V ha bavulo delf honore suo et de) bene delti soi,
 havemo dubitato et dubitemo assai che lui non habbia ad essere quello che habbia a
 fare alcuno notabile et reicvalo cffecto; et questo nostro dubio non è alieno dalla fede
 et credulità nostra verso le cose vostre, perché in le opere vostre non havemo veduto
 Re de Franza de necessità habbia ad essere quello che faccia le cose che hanno
 a seguire, chè quando anche questa cosa fusse stata prcdicta da vui, et che 1* havessemo
 intesa, non sercssemo eliam in epsa manchali de crederla gagliardamente, come faccmo
 le altre: et dopoi che ne haveti voluto visitare cum questa vostra dolce littera, bave
remo piacere, et cussi vi pregamo assai, che vogliali aprire et cerlifìcarne quello che
 sentili et che sia la opinione vostra circa le cose del prefato He de Franza, et che
 proficio r habbia a fare, perché la è tale la esiimalione che facemo de vui, che lutto
 quello clic ce prenuntiarcti sarà per Nui creduto come cosa certa; et anche, quando
 cussi sia la volontà vostra, ne faremo tale bona massarilia, che non passarà a notitia de
 alcuno quello che nc scrivereti, et Nui per più nostro contento ne receveremo incre
dibile piacere, et liaveremovi obligalione grande. OlTerendose de continuo parati ad
 ogni vostro beneplacito, pregnmovi che appresso Nostro Signore Dio vogliali essere
 per Nui booo oratore.
 Il Manfredi al Dura di Ferrara.
 191» Fiexole, 9 agosto Li97. 
— Signifìcai per F altra mia a V. E. della captura de quel
 ribello facta per questi Signori: dopoi intendo per lo exainino facto epso bavere ac
cusalo alehuni cittadini et altri delia terra, li quali sono anche epsi detenuti, et atten
dese allo cxamino, che per quanto me è referito si trovano delinquenti in tener pra
licha cum Piero de' Medici
 La qualità del caso è di più importaniia che non se
 stimava nel principio, sì come de bora in bora se intende per te confessione delti
 antedeeli detenuti.
 Hanno deputato per guardia della piazza trecento fanti, de* quali ne è capo il
 sig. Piero dal Monte loro Contestabile.
 Questo dì é stalo detenuto per lo antedecto caso Bernardo del Nero homo molto
 saputo, quale pochi mesi sono fo Gonfalonieri de lustiiia; Nicolò RidolQ che ha in
 casa maritata ad un suo figliolo una sorella de Piero de' Medici; Lorenzo Tomnboni
 giovane multo richo et de bon parentado, pure parente de dicto Piero; Galeazzo
 
88
 Sassella homo de bona casa, li quali tulli sono detenuti per comtnessione della Si
gnoria in Palazzo, et separali. Sabato passato fu preso Giaiinozzo Pucci, giovane de
 bon parentado e assai ricche, quale nel tempo che Piero era io Sialo era mollo amalo
 da lui, et questo con vi altri pure ciitadioi sono stati con diligentia examinati et con
 tormcnli; per il 
che se fìgtira ebe nella confessione loro babbino aecusalo li antedicii
 questi giorni dcleouU. Vedesi, come ho dicto, la cosa essere de mollo morocnlo et
 non de piccola imporlantia, havendoso messo le roane adosso a questi ciiiadini che
 sono ei di famiglie bone cl homini de bono ingegno el aulorilÀ in la città; che è da
 stimare non siano siali detenuti senza iusta causa, el che anche così facilmente non
 saranno relaxali, come a di per di meglio se ne potrà dare iudilio.
 Li \ii cittadini depulatì sono li sigg. Odo de Balia, it cittadini de' sigg. de Col
legio, Il de' sigg. X, che sono el Mag. Francesco Valori el Bernardo Bucellai. Dui altri
 poi cittadini che non sono in magistrato alchuno vi sono adiuncti: uno ne è Guglielmo
 de' Pazzi, V altro Pier Corsini, li quali tutti unitamente intervengono allo examino,
 gubeniandosi io epso mollo maturamente. El se è per commissione della Signoria
 facto ritornare nella terra tulli li cittadini che stavano fuori per suspedo della peste,
 con ordine che non possino partire senza licenlia de cpsa Signoria, che se aliina che
 non oc potranno uscire sintanlo non sia deliberalo quello che se haverà a fare delli
 aoiedccli detenuti. Quello ebe mo più ultra intenderò de questa materia, ne farò
 advisaia V. E.
 Intendo che havendo scripto questi Signori al Duca di Milano dclli mal porta
menti che facevano cl Rev.** Card, de San Severino d Aloisio Bacchetto a meleQeio
 de questa città in favorire in tutto quello che possono li casi de Piero de’ Medici eie.,
 che per S. E. li è sialo risposto
 che ’l
 ria eie
 non crede che per li anledccU, et maxime
 de sua scientia, eglino se intromettano ad fare praticha alchuna contro questa Signo
che ha scripto, et molto caldamente, alli antedecli Cardinale d Aloisio,
 che a sua complacentia vogliano posar V animo et non tentare cosa alchuna che habbìi
 Fiesole, 12 agosto ÌÌ97.
 a porgere allerationc a questa cittiL Similiter scrive S. E. bavere facto intendere alla
 Signoria de Venetia por mezro del suo Ambnssaiorc, che vogli admcllcrc le iustiflca
tione deducie per Fiorentini eircha al charico che li era dato de bavere conirafacio
 alli capitoli della tregua per li casi de Pisa
 La peste da dui di in qua se è scoperta in altre vm on x case, et tra le altre
 in una che è allo riscontro della casa di V. E. dove io habito, et per questo me ne
 sono venuto questa sira a Fesuii
 Ueri ed oggi sono stalo in Fiorenza per intendere il suc
cesso de quelli ciuadini deicuuii, de’ qiioli per altra mia de' ix del presente notificai
 a V. E. Meri, ultra li primi antedicti sustenuti, è stalo preso Francesco de Ruberto
 Martelli, Piero di mess. Luca Pitti e Tomaso Corbinelli, tutti boni cittadini et de pa
rentado. Una sorella de Piero de' Medici, che è maritata a Jacopo Salviaii, beri fo
 conducU a Fiorenza in casa di Guglielmo de' Pazzi al quale epsa è nipote et della
 moglie, et li fo examinata sopra questo caso de traetaio per dicto Guglielmo et Pier
 Corsini che sono ddii deputali allo examine generale, el examinata che la fu, se ne
 ritornò con dicto Guglielmo in villa ove al presente la habiia. Altri ciuadini pure di
 
89
 bonu caso s« ne sono foggiti, ira* quali è urto figliolo dol q. mess, Boniovanni de
 (ìianfigliazii. Qoesio di hanno dato la fune a Bernardo del Nero, et asperantenle ior>
 menaato, dal quale non hanno ritiacto ( per quello ohe io intendo ) cosa nkhunn de
 momento; In modo elio, veduto li molli riscontri et inditii sutUcicniissinn die hanno
 che '1 eia in nianehamento, se crede die con el mezzo de altri tormciiU lo faranno
 oonfessare la verità. Nicolò Ridolli pare che pure liabbia confessmu; ma non nd
 plenum, come se recercha, d quale anche se crede serà tormentato. Hi se procede
 al continuo alla examinationc de ep«i detenuti con tanta maturità quanto sìa iwssibile,
 li
 et sopraluilo cuni grandissima unione et concordia delti «b'puiati al dieto examine,
 essendosi accresciuto altri iv de* principali ciliadini della terra ad ciò ohe k) cxomine
 so faza con più siiioerilà che se possi. Vedese d popolo per la maggior < 
(mrlc desi
derare che la ìuttitia se faza et senza alehun rispecto, alla quale so procederò ma
turamente, et, inteso la verità, con quella luodilicalione et misericordia che parerò
 allo brigato. Fer anche non intendo el fondamento de questo caso, perdiè, come lio
 dicto, lo examino se fa secreiissimo..*..
 (Imsii Signori, por quanto intcndò, hanno adviso da Roma |icr lettere de* viti dd
 presente, el Papa sollidlare el mettere inscme In sue gente d' arine, diè non passa
 senza qualche gelosia delli Orsini, li quali dubitano de Sun Santità, et maxime Barto
lomeo dal Viano al quale pare ohe se imputi la mono dd Duca de Candin. El Papa
 ha facto formare un processo cantra per bavere preso et saccheggiato un Castella
 delia ChH‘sa vicino a Livuoo e( dopo! oomciizalo a farvi una fortezza
 El Papa ha facto (figliare su la porla de Roma uu certo Proposto del Reame de
 Napoli el quale venia de Pranza: stimasi sia quello che alli giorni passati arrivò a
 Livorno sul brigantino con qud Capitnnio Siinone che venne a questi giorni qua, come
 ne advisai V, E. RI famiglio de dieto Proposto, che bave» la bolgetta con le sue
 scri(iturc. se ne fuggi. Pure dicto Proposto ha confessato che andava nel Reame ad
 confortare li Baroni purché In Maestà chrisiianiss.* volea in breve pcrsonuliter venire
 allo acquisto de dieto Reame? del ohe el Papa pare che se sia ahpiatiio turbato.
 Da Milano dìctmo questi .Signori lìavere dallo Oratore suo adviso che la Excdl.
 de quel Signore mostrava credere per cena la passuUi dd Clirìstiuniss.% et maxime
 da poi che a Milano cm gkmio lo ili.*' sig. Don Ferrante (ìgliol vostro, perchè, per
 quanto intendono Sue Signorie, el parla mollo apertamente el aftirmu dieta passala.
 Itt3. /'«ranze, iO cif70fffo H97. — Questo di ho havuio lettere da un amico mio da Roma
 c) 'quale me scrive, come el ae era dulibcnito per el Papa et per li sei Cardinali de
putati prò rcformalionc, ohe ulto paclo non se dassc la absolulione che addiniandava
 questa Signoria per fni Hteaomsio noairo, itisi prius parerei mandalis del suo Generale
 el del Papa, non se attendendo alli ragionamenti faeti per li Bntedicli Cardinali de
 suspcndero le censore per duos menies ut h.** interim I’ andasse a Roma aui parerei:
 per el che lo amico sobjunge che M dubita che ’l se procederò ad ulleriura in inter
dire la città. La qual uifsa facendo intendere per mio lettere a dicto fra Hieronimo,
 et me ha risposto (I): c che del tulio lui era ben informulo, et che lo era paralo defen
(I) Lelter« {Mriiula, come lo »ooo lutl« quelle dlreUc dal Sivuoarola al Manfredi.
 12
 
90
 « dere la causa de Iddio, benché ipse Deus cani defendet, allesando: quod Dominus
 • mihi adìniOTy non tùneòo quid faciei mifU caro; pregandome ad scrivere allo amico,
 « che Dio el libcrarà ad omni modo perchè questa è opera sua. Et se alchuni bomtai
 quando hanno facto una impresa vogliono che ad omni modo la habbia c0ecto et
 « vadi innanzi per salvar 1’ bonore suo, pensino che Iddio vorrà questo medemo per
 « suo bonore : et cosi questa volta ha a combattere V bonore de Dio cuoi quello deili
 € homeni : 
bora si vederà qual sera più potente ; 
dicendo che lui è puro ministro in
 «questa cosa, et che lassarà fare lui: et ipse faeiet, nullusque ei resistere poteriu >
 Seria pur ito a parlargli, ma el me scrive, « ohe ultra li Frati che sono morti a questi
 « di de peste ne) suo mooasterio, anche novlter se oe era ammalato un altro che stava
 « quivi > ; 
però me son absteuuio de andarvi, chè son certo, quando li parlassi, se aliar*
 garia cum mi de più cose che non se debbono scrivere, nè possono per ornai rispetto.
 Expectaremo quel che seguirà da Roma, et succedendo cosa che babbii a perturbare
 la mente el quiete de dicto fra Hiero:«ino, soo certo che ’l pigliarà delle vìe et devi
uirà a termini ch*el farà obstupire le brigate a Roma et altrove anche. Quello che
 ino succederà, intendendolo, lo notifìcarò a V. E. La lettera a sua Paternità che quella
 me indirizzò (1), glie la mandai a salvamento, et epso me scrive che come el farà la
 risposta che me la mandarà.
 lo intendo che questi Signori hanno terminato de mandare un loro cittadino allo
 Imperatore cum bone et larghe commissione, quale ( per quanto ho de buon loco )
 non lo mandaranno che tutto non cooferUebano cum V. E., et fursi termioaranno che
 alla partila el venga a ritrovare quella per conferirgli le commissione che li daranno
 et per bavere il parere, consiglio el favore de quella, persuadendosi che '1 non li sia
 se non per valere ad ornai bon proposito per loro bonore et beneCtio conferire questa
 luro pralicha cum Vostra lllustr. Signorìa, rendendosi certi che quella non li sii per
 mancare de recordargli cum amore et fede quello che la intenderà bavere a servire
 al bisogno della città. Et perchè anchora el non se è facto resolutione ferma de questa
 cosa, credo che sia bene a tenerla secreta: chè stimo ne sia stala causa questa no
vità sorti de questi cittadini detenuti, la quale dà da pensare assai alle brigate, e
 Iddio voglia ebe la non produchi qualche bumori cattivi nelle città, pigliasi pure qual
 via se vote, perchè il se è misso le mane io case nobili et delli principali parentadi
 che sicno in Fiorenza
 ^
 Firenze^ 17 agosto U97. — Per l’altra mia delli xii del presente signiGcava a V. E*
 quanto era successo sino a quell' bora de quelli ciliadini detenuti eie. Dopoi è seguito’
 che ultra alla tortura data a Bernardo del Nero, sono li altri stati examinati senza
 alcliun rispecto con tortura, et tandem cavatone el dicto loro et confessione, se è
 fornito lo esamino et facto cl proeessso contra loro secuodum formam jurìs eie. El
 quale per anche non se è publicato, perchè prima el se è ordinato de consultare bene
 el caso per deliberare quid ageoduoi. Et cosi questo giorno se è facto pratiche dove
 sono intervenuti da circha 200 cittadioi, alli quali se è leclo lo examino et confes
(I) V. dortin. Iti.
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 sìone factc per dìcti detenuti; et per essere la materia longa et della importantia che
 la è, per insino a quest' bora tu de nocte per anche non era nsctla la praiieha de
 Palazzo, la quale se comenzò stamani ad bore xii, et per ordine della Signoria se
 deliberò che nullo ne potesse uscire, provvedendosi el desinare a tutti li antedecli
 eìlladini in Palazzo. Vedesi, per quello poebo che io ho potuto intendere, li aniedecU
 detenuti non essere senza gran colpa : 
et perchè sono pure de' principali cittadini et
 parentali della terra, se presume eh' el se onderà pesato in procedere contra ad epai,
 se ben comprendo che siano in gran perìcolo, vedendo la maggior parte del populo
 inclinalo contra epsi, quando habbino errato
 Crisiofano da Casale, già Canzellicri
 della bona memoria del conte ioanni della Mirandola, fu preso per ordine della Signoria
 domenica nocte a Bontà, dove se era reduclo ad habiiare pvr suspecto della peste, et
 condueto a Fiorenza prigione.....
 del ritornare in Italia
 Intendo che questa praticha ( del che nc sono presi li aniedeeti cittadini ) se
 maneggiava per mezzo de un certo frate de San Gallo dell' ordine de Sancio Atigustino,
 et anche p(*r uno M.'* Agnolo da Tivoli che è allevo deili Orsini, el quale a questi
 mesi possali soprasieltc in questa terra più giorni.
 Questi Signori hanno lettere da Lione de' xi, che contengono la Maestà del Re
 essere ritornata a Moiines per essere stalo persuaso a non se condurre a Lione per
 la peste che se li era scoperta in più lochi, et tutto se era faeto per ordine de quelli
 snoi che continue usano ogni arte per condurre Sua Maestà a torsi dell' opinione ferma
 Et per questo effcclo Sua Maestà ha mandato M.** Theodoro
 suo medico con un altro de easa a Lione ad (ine eh' el faza tutte quelle provigione
 cb’ el eognoscc essere necessarìc per liberare della peste dieta terra de Lione per vo«
 terne omnino ritornarvi, eon fermo proposito de passare in Italia; et pare che dicto
 M.~ Theodoro, che se trova in Lione, habbta rescrìpto a Sua Maestà, che nella terra
 non è tanto male che epsa non li possa tornare seouramentc a suo piacere, havendo
 provvisto a tutte le cose necessarie per neclare et purgare la terra da ogni infeclione
 de peste.
 195. Fiesole, 19 agosto Ii97.
 — Della praticha longa che se fece zobia proxima passata,
 se concluse unitamente tra li ducenlo cittadini che si riirovorno in la consulta, che
 a cinque delli cittadini detenuti se daessc bàndo de rubcllo et del capo, et che tutti
 li loro beni fossioo confiscati alta Camera del Comune: el nome de’ quali è prima
 Bernardo del Nero. Nicolò Ridoifi, Lorenro Toraaboni, Zanozzo Pucci e Joan Cambi,
 che tutti sono delle principali famiglie et parentali di Fiorenza. A dui altri cittadini
 che se trovano a Roma assai ricchi, fo similiter deliberalo che havessino el bando
 antedicio, con conftscaiioiie de' loro beni, per bavero epsi tenuto praticha con questi
 detenuti per el iraclato che maneggias'ano de rcmetterc (secondo che se dice) Piero
 de' Medici in Fiorenza, al quale subvenirono di denari per ordine di questi di qoa per
 fere la impresa de ritornare in casa; uno de' quali si addimanda Nofrio Tornaboni
 parente di Lorenzo anledicto, 1’ altro è Lionardo Bartolini. El processo per anche non
 è publicato, se non tra quelli ducenlo cittadini della praticha, li quali preseno iura>
 mento de non conferire con persona particularc alchuno che se contenesse in dicto
 processo, con pena di pagare 500 ducali a chi conirafacessc. Così me riferì beri el
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*
 196.
 Francesco Valori, dal qaalo reoerohai de intendere qualche particulare de questo
 examine. Credo, per quello che lio potuto> retrahere, che tal silenlio che se fa non sia
 senza gran cosa et mcsieriosamefite facto, essendovi in cpso denominate persone, che
 per aoehc non è l>ene publicarie. Ileri mattina se mandò un bando publioo per tutte
 le oiltà per parte dulia Signoria, ehe qualunque bevesse on sapesse dove fusscno beni
 delli aniedicU vii cittadini li dovessino manifestare per tutto el di de boggi, alias se
 procederia conira de epsi come rubelli etc. La executiooe auiem deJli antedicU v con*
 dannati per anche non s' è fucta, liavendo epsi appellato al Consiglio grande, la qual
 appellalìoiic dicono non se li potere denegare per li ordini et statuii die luono io la
 ciiiè de questo appello, allegando che e.^sendo auditi in diclo consìglio talmente iusti*
 fiehcranno li casi loro, che non dubitano punto con ragione patere essere condanoatì
 co modo qiiod supra. El sopra questo oggi se è stalo in disputa, el per essere el caso
 dubioao et de momento assai, per quello che me è facto intendere, per ooclte non
 se li è preso resoluUone. lo pure ho inteso da un homo da bene, tra U altri cite se
 adoperava in questo iractato, eh' cl nostro M/* Mariano da Zinaztano se li era molto
 bene meschiato, et maxime nel tempo eh' el stelle in questa terra, che fu questo anno
 passalo: che in vero lo ha perso assac in questa terra.
 [>a Roma Itanno adviso questi Signori, come olii x di questo (b coronato cl Re
 Federico a Capoa, dove non intervennero se non pochissimi delli suoi Baroni. Tra li
 allrì non li fu el principe di Salerno, nè '1 principe di Bisignano, imo nullo do casa
 San Scverìuo: dello qual cosa se ne fa caso assae, et vedese che pure ci se affronta
 questo con quello ohe io seripsi a V. E. per V altra mia eircha a quello che reporiava
 in Franzo quello Abate de San Severino ehe era capitalo a Livorno. Qui liabbiamo
 gran earesUa de ogni cosa, et maxime de grano, chè siamo su la ricolta, el com*
 prese cl staio del grano a questa oiesura, che è assai minore che la nostra de Fer*
 rara, bolognini 30; in modo che io mi vedo a mal partito questo anno per cl mio
 vivere con la famiglia in queste bande la quale ho grave, in modo che se io non son
 sobvenuto da V. E. me vedo in tutto essere disfarlo, et ali' hospitale maturo
 P. S. ])eili altri cittadini susieouii per aoebe non s' è preso altro partilo, foni
 l>er non se trovare in tanto errore quanto li altri condannali, et anche per ooo mei*
 lere tanta rame ad un tracio al foco.
 i
 Fra Cir^ìkano Sivonarola a fra JUarc' Anlmio Fieintme
 I
 ÌM yenezia (1).
 Firmizey 28 agn*io U97. — Venerabili in Cbrìsio frater. 
^ Pliirimum deleolaveruni
 me littrrs tu» que le cnìhi ad amicitia* cuniuUm addiderunt, nihii cnim jucundius
 quam amari. £a auiem vera amiettia est quani non solum virtutis speeies, aed Cbriili
 choriias indissolubili vinoulo eopulavii. Cum iiaqiie pervulgala remm noslrarum fama
 le ad scrìbendum compuUeril, cumqne vero nos visendi desiderio lenearig, doleasqitc
 id ex oondiUone temporum ob smvieaiem Ilio pestom libi denegarì, majorem in modutu
 m XiV, t«d. CCLXVr, pag. 36ii e a’ ebl» copi* dall* corteti* del
 prpfalo pa(Ue Ka^oone.
 
95
 libi i)ebiere fau«pr oh, amoria et lOSìou
me iiu abuadamiam nco est qiiod tardila*
 toprt tuam ip soribendo axcuseni nulla enìoi debitio est, ubi nulla prmotiseii obliga*
 lio. Quid({uid autem ioodo.ifipondìaU aa bumaniialu t4ia provenìlf graiiasquc Ubi ago
 PMximas* aique suffunopore lAtor noo triviaiem aiit vulgarem nmioum cooiperasso,
 snd soraphictt rcligionis /Cl ihcologifiiB vsriuiUs professorem qualcm lo scrìbis; cumque
 do rebus nosuis lo {rie senUro falcaris boote mentis argiimeniom est, quooiani, ut
 iiosti, fides pnBcipuum Dei donum est, mngisqiie bene agendo et operando quaip subt
 liliter disputando acqiiiriiur, oujluRiqiio iìrinius argumentum iu iis quse, Deo inspirante
 et jubente, pi^tulimus aderrì potea^^quani ut quisquis iniBorUis est, bene vWai iBcn*
 lemque ab oaini noia purget, iugn' domum Domini veraoi jllusiraUoiem suscipioL
 Posiquam autem ros i 
eveoorint, non ampUus fìdem sed ceriiiudùiein paricnt, nibil
 quippe aliud nostra maneat qiiam ut bomincs resipiscant, et .scetenun suoruoi porci*
 ludinom agendo ad verunh Deuin eoBVCflaaiur. Hoc qui abhorret aut negligit, seipsum
 condemnol. Qfudquid int^'r de om bommos seoUani, parure reilii cura est, et quo*
 niam vilem et inutilem servucn m« csse.fatoor dumniodo soli I>eo iionor tribuaior
 ejusque fides in cordibus hotnioum reviviscai, prò quo certo usque od mortelo. Tu
 ergo ora prò me, ci muiuais dilectiooem oerva cure frouis reei vetus tecum bcncvo
lentia qoam scribis prò atnpiiore pignore acoidit, nec in amore unquaio tibi cedam.
 Bene vale.
 Ex Couventu S.“ Marci de Florentia
 2$ Aug. U97.
 f
 .
 , t
 '*
 «
 ;
 Fcrist Vcwrakpi ri cradilbkJiBO SrrrM Tb«oln|iia« Profeiiore,
 fiAtfl Marco Anlonio ririncn«i in Cltriaio amalWairao.
 I * ordinii Slii»«tifO.
 Fa. HlEftOXVNUS DE Febraria
 *
 '
 Il ManfrtiU al Duca di Ferrara,
 Ord. Praed.
 ^
 IO. Firma, 29 agilthi 1497. 
— ..... Beri niatUnt io bebbi uni di V. E. de’ xxiti del
 presento la quale stelle mollo in camiaino, benché uebe la non fosse poluU essere
 a tempo per eseguire quanto quella me comandava, ebe io havesse ad ricordare a
 questi Signori amorcvolmeole quel che li Decorreva per el procedere verso quelli
 cittadini detenuti (1), perchè gié erano dccapiltli. Nondimeno intendendo la salisfaclioiie
 che se era bevuta del scrivere del sig. Duca de Milano, et consideralo aoclie inscme
 li elTecli, baveri» preso per partilo de porgere questo adviso amorevole con quel boti
 modo che me fiisse parso conveniente in solisfaelione delti dieli cittadini, li quali,
 come ho dicin, liavevano bavuto poco grato et acceplo el ricordo del sig. Duca de
 Milano, el anche stimo che '1 fusse causa de fare morire dicli meschini cilladioi prima
 che non haveriano belo. Questi son imnporali ( a mio iudilio ) che bisogna sapere
 luvicare cnm questo Stato populare altramente che non se faceva prima. Et sappia
 T. E. che piu fiate som stalo demandatodell' iuditio ohe ne ha farlo quella de queste
 (I)
 U tot b1 Cecilia. iSS,
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 cieculione (acte ctc., alti quali ho risposto ohe quella non sapria se non comendare
 Omni partito el deliberatione presa per questo populo, conoscendo in epso regnare
 molla prudentia, per il che non se po credere che Io havessc ad procedere in le
 actione sue se ‘non maturaiamente et cum consideratione: del che V. E. ne è sialo
 assai più comendaio che M Duca de Milano, che dicono lui volerse impazzare in le
 occorrentie loro del Sialo, come quello che pare li voglia dare legge come se fossino
 loro rìcomandati in subdiii
 19(4. Firmxe, i nttemìfre 1497.
 «
 Qui sono advisi per lettere de' xxix del passato da Roma,
 come in Hostia se era scoperto un iractalo, che, per quanto se ragionava, se prati*
 chava per li Orsini eon el Castellano della roecha, el quale è stalo impiccato alle
 mura de dieta fortezza. Per el die se dubita che se babbia ad fare impresa per el
 Papa conira dicii Orsini, non ratiae qxKrunlur u/ dtaeedomu# u6 amko. El se ha qual
die opinione che questa non sia stata praticha mossa per Yeneliani, li quali, non sC
 volendo epsi scoprire, hanno usato el mezzo de Orsini: cl che meglio se vederà quando
 che e) Papa se scopri a danno loro, come se nc vede qualche segno ; 
perchè sestima
 che Vcnctiani li vorranno favorire.
 Inlendesc similitcr che epsi Vcnctiani alla aperta dicMino volere mantenere Pisani
 in libcrladc, che è segno che podio stimano li altri Signori et potentati de Italia nè
 di fuori. Dicese a Roma che Fiorentini tengono praticha de condurre el sig. Marchese
 de Mantoa al loro stipendio, el che tutto fanno per ordine del Re de Pranzo: la qual
 cosa credo che farinno el da se, se trovassino cl modo del danaro de fare la spesa.
 El Papa se dimostra ben disposto et inclinato verso questa excelsa Republica,
 parlando de epsa mollo honorcvoimcnte, et più deli’ usato che qua se ne stia de bona
 Italia :
 voglio. Deochè d pare alle brigale che in Sua Santità non sia da fare mollo funda
mcnlo, pur è meglio bavcrlo per amico per ogni rìspecto, che per el contrario.
 Della Corte sono venuti advisi dallo Ambassaiorc fiorentino, et de Lione anche
 da mcrchodanii, che dimostrano la M.** del Re pur %'olere exeguire la impresa de
 et dicono de qualche provisione facta più dell' usato per diclo effeclo. Adducono
 che lo Adiniraglio, il quale sempre è stato contrario a dieta impresa, bora moslrase
 disposto ad exeguire le voglie del Re, per il che Sua Maestà che per io adreto non
 li
 ha |M>rtato molto ben stomndio, al presente li fa bona cera et carezzalo assae.
 Quello die mo habbia a succedere meglio se iudicarà per li effecti che alla giornata
 succederanno. Intendo che a questi Signori la Maestà Sua se offerisce de fare tal
 provigionc per conservNtionc del Stato loro, che eognosceranno el bon capitale che
 sempre lia facto de questa Kepubtica el d desiderio che epso ha de gratificarla et
 >
 beneficarla.
 Hanno questi Signori eleclo Ambassaiorc per Roma cl mag.*” Pauloantonio Sode*
 rini, che stimo sia facto per dimostrare al Pa|>a el bon capitale che se fa de Sua
 Santità, et quanto stimano d conservarselo per amico et bonivolo
 Questa mattina è intralo la Signoria nova la quale fo deela nel tempo che la
 città era in qualche più divisione cl parte che la non è ora: et pur se vede die tutti
 questi Signori sono delli divotì el inclinati a fra Hieuom.uo
 Lo è parso a questi Signori per el meglio della città de non dare bando de
 
rubello a molli ciiiadini che se erano fuggiti per suspecio dot tractato scoperto, del
 che d’ è successo la morte delli cinque decapitali a questi di; et però li 
hanno dato
 le confine per la maggior parte nel dominio et stato de questa Signoria.
 Crislofano da Casale che fo anche epso detenuto, come ne advisai V. E., è stalo
 relassato per non se bavere trovato in errore alehuno, se ben per la città se divul*
 gasse per la plebe che lui fosse stato preso (>er bavere avvenenato la bona memoria
 del conte Jovanni della Mirandola suo patrone, clic punto per questo el non fu preso,
 nè anche stimo sopra questo sia stato eiaroinato. El dicio Crislofano rcngralia V. E.
 el restagli eleroalniente obligato del boa favore ebe io in nome de quella li bo pre
stalo per farlo liberare, si come la me commesse che io facesse.
 Sforaa Bettino anche lui è dcleiuito, ma non se crede che sia per cosa dì molto
 momento per la quale ne babbla a patire. Stimo die più presto sia per qualche parole
 inconsiderote die epso baverà dioto a gravezza della Signoria un di qualche altro
 cittadino, essendo lui mollo lieentioso in parlare et senza liavere rispeclo de persona
 veruna.
 La peste se vede in dies andare declinando, non intcodando che da qualche giorni
 in qua la babbia facto molto danno, che in vero è segno che Iddio, et io questo el
 in altre demostratione facle a benefllio de questa città, la vole conservare: el intendo
 da homo digno de fede et de grande auctorità che se è trovato allo examioe de quelli
 cittadini decapitali, ebe è cosa stupendissima intendere le pratiche che se maneggia
vano a malefiUo el ruìna de questa misctiioa città, omsiraodo che se non per opera
 divina la se è conservala sin qui nel termine die la se ritrova: el diceme ebe ’l vede
 pontino seguire tutto quello che lia predicto et predicato gli anni passali el nostro fra
 HtEUONiMu, allegando tra V altre cose quello che in pergamo el disse la quatragesima
 passata, « delli Cani che erano lìgaii io catena, U quali volendo mordere con impeto
 correano; ma non se poteano extendere ad exeguire el line et desiderio loro, per
 essere reteuuti dalle catene. »
 La Exc. V. haverè con questa alligata una lettera che questo di me ha mandato
 fra Hieroniuo (t). El me ha facto intendere che la è per risposta de quella ebe li
 scrìpse quella a questi dL
 t!in. Firenze^ 5 ètUen^re 1497. 
—
 Questo di ho veduto lettere del Rev.** CardJ* de
 San Maìò in merchadandi qui, et dì altri anche, che scriveno dalla Corte che è a Mo
lioes, le quali cootengono la Maestà del Re pure continuare la rubrìca del voler pas
sare in Italia, et mostra San Maio ittenderse a fare provigione per diclo effecto, et
 maxime in Marsiglia, de una grossa armata.
 intendese che lo Ambassalore Veneliano che è a Roma non resta de fare omni
 opera per levare la Santità de Nostro Signore dalia bona inclinalione che epso ha verso
 questa exc. Republìca, et aperte divulgare la sua Signoria volere per ogni via et
 modo conservare Pisani in libertà, et a questo elTeclo bavere mandato un provveditore
 M) É U lellera ia
 i$ afofta I49T pabòllcala dal Capponi « dal Villari, lochi eilali: e riapoodo a avella
 del Uvea al Setonarala che Icffcei al dee. IN.
96
 a Fisa, el che quella molle ad ordine de mandargli 600 cavalli leggieri con qualche
 squadre de gente d' arme.
 Qui se attende con ogni diligoniia a rasctuii*c la città et anehe de trovare modo
 de fare denari per pagare le sue genio d" arnie per potersene servire ad ogni suo
 bisogno, essendo menazMii da mila Italia.
 130. Firenze, 9 setteinbre U97. ^ Questi Signori 
X hanno lettere de x del presente da
 Roma per le quali sono advisati che facendo invtantia lo Qratore de Milano cou lu
 Santità de N. S. alla prescntia dell! altri .àmbassatori della
 che^l so provedessc
 ad fare provigionc de trovare XXmiln ducati per dargh al Duca tte Savoja adoiò che
 el facesse opera de intrattenere cl Re de Pranza dal fare la imfrrcsa in Italia,' sì eoftie
 el dimostra profalo Sig. Duca de Milano credere che Sua Maestà habbia omniuo a
 pa&sare; et trascorrendo prenominato Oratore de Milano in dicto ragionamento, pare
 che lo Ambassatore Veneto animosamente cavasse una lettera che 11 scriveva la sua
 Signoria, clie conteneva che ad epsa Signoria parca che ad volere provedere a questo
 bisogno era necessario de trovare expedienti de sorte, che se havesse a diminuire el
 levare le forze dclli ribelli de Italia, dimostrando che c^'Fiorentim et cl sig. Duca de
 Ferrara siano iudicdli li 
HbeHi antcdicti. Al che juire che consenta el sig. Duca de
 Milano, confessando che se V. E. ha qualche inclinaitotie al Re de Pranza la non è
 naturale, ma per satisfare a* Piorcnimi, li 
quali continue non restano de lenirla solle*
 citata et importunata a continuare in la devotione del Re de Pranza. A Roma ac parla
 publicameiiie della unione et intrinseehi'zza che *è' tra lo Oratore Veneto et de Milano,
 et delle parole che usano apertamente a dannò et gravezza de' signori Fiorentini et
 de V. ili, Sig.~, con dire die epsi sono causa della ruina de Italia, essendo loro soli
 che tengono in speranza cl Re cbrisi. iti pensare alTè cose de Italia.
 131. Firenze^ 10 selieinbre 1497.
 — ^*..4 Questi S?grtorì nw hanno facto intendere bavere
 deliberalo de relaxare el marchese Tomiiso de Vilfafrancha el quello frale Eudovico
 .Mondello, volendo satisfare interamente al desiderio dello HI.** sig. Duca de Milano,
 iudicando essere ben fatto di compiacergli..... '• ••''•'•t» t 
.n 1
 .»
 .
 /
 131fe. Firenze^ 22 gettemhre 1497.
 —
 Da Romai 
hanno questi Signori |H*r lettere de xvii
 del presente, come la Santità de N, S. havea facto prendere et rticuare in Castel
 Sanclo Angolo lo Arcevescoto de Cosenza suo |»rimo secretarlo, che era cl più caro
 che lo havesse, per essere selioperto de molte fulsUà che 'I faceva per bavere spazzalo
 infinità de brevi per denari, PoniiKee inscio, et dubitasi Che 1 non capiti male. El Re
 et Regina de Ifispagua pare cìie hahbinno seo|Téito ipK'ste falsità. SoUo ctiain presi
 quattro scriplori apostolici spagnoli che sono stati con lui a spazzare faccnde in
 Hispugna, che non se crede che questi siano con:reii de dieta' falsità
 /f Ddca di Ferrara u( .Vonfredi.
 •
 .
 133. Fcrrar(t, 7'nò essere
 a memoria che al principio dcllii estate passata le soc gente d' arme che erano a
 Ravenna corsero suxo quello de Bagnocavallo et depredarono bestiame et case, et
 
97
 ferirono et «maziarono dell! nostri homini. Et poi heendo grande inslentia pur epta
 Signoria de volere mettere le oonlìne tra Ravenna, Bagnacavallo et Fusigoon|, vole
vano fare a suo modo per terne grandisainia parte del nostro indubitato modo. Dal
 canto nostra non era a resistere, exeeplo che in bnmiliarne et in farli intendere elle
 eravamo et volevamo essere bona figliolo di quella ili.' Signoria, come cliandio ni era
 reeordato per alcuni nostri nmiei: et cosi con questi dolci modi temperassimo quello
 sceellerare delle confine. Comeniorono a fare instantia che volessimo andare a Ve
nelia come eravamo solili. Respondesaimo non poterlo fare cum nostro houore insin
 durava il deposito del Castelletto ( di Gentva ); poi essendo venuto lo ilL*‘ Don Ferrante
 nostro figliolo di Pranu et approxiaMudosi il 
tempo della restitutione del Castelletto, et
 essendo gii electo per lo ili.** sig. Duca de Milano il mag.** mess. Francesco Bernar
dino per venire a domandare dieta realitutione, fossemo pregati da epsa Signoria de
 mandare a Venetia epso Don Ferrante, dimoslrandose bavere grandissima desiderio
 de vederlo, et cosi lo mandassimo quasi in quello tempo ebe dicto mess. Francesco
 Bernardino era qui, parendoni poterla fare, esseodo gii certa la restitutione del Castel
letto et proxima ; 
ma havevamo bene questa inlentionc che l' andata soa fosse secreta
 perchi lo mandassimo travestito cum uno famiglio solo, et lo inlroducto alla Signoria
 sceretamente, et in quello modo se ne ritornò. Se gli è ma piaciuto de publìcare
 questa andata, Nui non ni potvnio altro. Et perebò per il passato habbiamo dicto de
 andare a Venetia quando sia restituito il Castelletto, ni seri fona andarli. Ha siate certo
 che per questa nostra reconcilialione in questa nostra andata, la quale tende solo
 ad un fine, che non ni sia nociuto ni buio peggio di quello che è sin qui, non si è
 per remettere nè minuire parte aleuoa della nostra optima dispositione verso quella
 exccisa Signoria de Fiorenza nè verso li altri nostri amici et benevoli. Haverao voluto
 che intendali questo discorso acciocché poUati rendere rasane et bon compio a quell'
 cxcclsi Signori del tutto.
 134. Firenze, 13 nouemòre U97. 
—
 U Manfredi oJ Duca di Ferrara.
 Sabato proximo passato se elesse per el Consiglio
 grande li Signori X de Liberti che hanno a sedere post prcsentes, li quali, per quanto
 intendo, tulli sono delli afleclionati al nostro fra Hiebovimo; et in vero pur son tutti
 bomini da bene.
 La peste da qualche giorno in qua ha facto pocho danno qui nella terra, et
 spcrase che andandosi conira el freddo che in tutto la cessari.
 135. Firenze, 19 novemòre 1197. 
— Persintendo io omni di el parlare che se faceva per
 la città ( 
quantunque non fosse per homeni de molta auctorità nè gravità ) a qualche
 gravezza della E. V., sì per bavere quella facto la restitutione de Genoa allo ili.'*
 sig. Duca de Milano, dopoi per la delibernlione che quella bavea facto dello andare a
 Venetia, el non potendo a simili in universale iustillcare le cause che haveano inducto
 V. S. ad fare I' 
uno et I’ altro effeclo; pigliai partilo de andarmene al nostro fra Hie
aoitiMo, con el quale fui a longo ragionamento in dichiararli le iusliUcale cagione et
 imo necessitate che haveano mosso quella, prima ad fare la restiltilìone del Castel
letto, secondario dello andare a Venetia; et ciò feci ad fine che essendo lui informalo
 13
 
98
 del lallo poteese chiarire la caente de molti ehe haveono (helo sloìitro juditie de dieta
 andatala Venetia,'parendo a imro che quella ad ciò fime derenuta per bavere aeconzo
 li faeti soi et aecordatoai oum la liga, senza haverlo eainuoioato a questa Signoria,
 alla quale essendo in bona amìeitia et benevolealia con la E. V. se li dovva pur
 hir intendere tal pratiche, ad ciò ebe anche epaa havesse potuto pensare al taeto
 suo; dicendosi da molti altre parole, quale per non essere da notare molto le pas
sarò cum silentio. Et in elToclo, declorato che io htbbi el tutto a sua Patemilade,
 me rispose : < Che molto li era stato grato et aoccplo haScrlo inteso, rispondendo sUa
 « prima porte della reslitutione, che epso naa sapeva per qual modo la E. V„ essendo
 devmuta al termine de fare dieta reatitulioae, potesse denegare de farla nè sopri
atare, et tonto più quanto ehe ’l se vedeva non polersc fare fondamenta tale della
 • passala de' Francesi al presente, ehe sotto loro ombra se havèsse ad «xpaacre a
 « pericolo, et maxime quante ohe la ili.** Big. V. come justissima non haveva con
> trafaclo allo oMigo per non violare la fede; aobiungendo che anche el oomendava
 • quella del prudente partilo de la 
& V, in eonservarse io amore et bcnevolentia cum
 « li vicini suoi : 
benché anche a lui pareva che ’l non fusse male a interlenersi anche
 • in bcnevolentia cum Francesi quando cum honore et comodo el se possa fare, ille
« gando che ’l 
non vedeva che el Re de Franza per anche fosse reprobalo da Iddio,
 > come altre Tute el ne disse haverlo significala alla Esc. Vostra ; 
resolvcndose che
 € havea hnvuto earissimo intendere la causa dell' andata a Venelia che quella havea
 • a fare, per levare molli della falsa impressione ohe haveano faela, che dieta andata
 • non fusse per partorire se non mali effeeti a maleRtio di questa ciltè et in prciuditio
 < de epsB. > Et benché ’l sia da lontre pocho conto della impressione sinistra che se
 era facta in popolo, haveodo io chiarito la mente di questi principali del guberno, non
 di meno inlendando li progressi della cillé per el guberno hodierno, el ine pare ch’el
 fosse per servire in proposito per el mezzo de diclo Fkate nastro ( quale pure ha el
 credito et seguito consueto in questa città ) farlo advertito del bisogno, ad ciò che
 universalmente quella fusse judicala amica et benivola de questa Republica come lo
 è stala per lo adreio, adduoendomi però diclo Psate che cum destro modo porgesse
 questa jusliflcalionc de V. E. per omni bon rispecto a quelle persone ehe li parerà
 necessario.
 i
 El dìcto fra llienoMMO me disse, « che in questo giorno lo era stato a lui un
 « fiorentino nominalo Nicolò 4e Cesare, homo odoperato per la Maestà dello Imperatore
 « in Italia, el quale lo havea visiuio per parte de prenominata Naealà, extendendoae
 « poi in persuaderli per parte de epsa, che la Paternità Sua faria bona opera et molto
 • utile a questo popolo quando la confortasse queste brigale a pigliare la volta dello
 • liga et non se confidare più nelle vane promesse de' Pranzasi. Ai quale el me disse
 «che'lglie havea risposto: che'l non se travagliava de queste cose de Stato el che ’l
 • cognoseeva Fiorentini de prudeotia tale che ben ( senza suo ricordo ) saperiano pi
< gliare quel bon partita al fncie loro ohe conoseerenno essere necessario al bisogno
 • et raso toro; dicendomi ctiam che ’l cognoseeva che questa tal homo era mandato
 « per chiarirse se lui se travagliava in queste cose de Stato, forse per appuntarlo per
 < qualche modo cum gravezza el charico suo. > El spera sua Paternità che presto sarà
 
99
 acDOBZ* el fleto suo oun et Pi^a, irovindoM U milerii ben disposta et !fua Santità
 inclinata ad farlo; el che auccedeBdc K serè di gran landa' et oomendatione, eo' ma
xime ma se bsvondo vafauo inclinare ad fare qaclle cote Che K hatei reeerchate Sua
 Santità ohe 'I faceaae. Quel ehc più oltra^ne intenderò, ne hrrò advhata la Exe. V. la
 quale mi rendo certo par la alfeetieoe che la porta .a sua Paternità haverà piacere
 intendere oraoi suo felice al bon sueoesso.
 ISA. fVrnue, 29 nouemàrc 1497. 
—'
 La gante de’ Pisani lianno a questi lU scorso sul
 territorio de questi Signori di verso 'Vollerra, el hanno predato da oirdia ISOO capi
 di bestie grosse, per quanto intendo, et hannole conducte senza alchuno impedimento
 a Pisa.
 •
 I
 Di verso Roma non se ha altro se non che Piero de' Medici fa el gagliardo, di
mostrando far gran fondamento su la conduota de Orsini con Venetiani quando la se
 loncluda, come se stima che lo Isrà; benché queste brigale dimostrino lenirne pocho
 conto.
 ' 1
 ' ' ''i
 ‘
 1
 I
 Dclli successi di Napoli non se intende altro, se non che ’l 
Re Federico prosegue
 puro la impresa centra el principe de Salerno, benché per anche el non habbii presa
 la terra de Diano dove è stato, molti giorni alla obstdione.
 Di Franzo sono più giorni che non se ho bevuto adviso alchuno, che fa stare le
 brigate qui in ndmìralione; le quale trovo (come piò fate ho facto intendere a V. E.)
 continuare pure in quella stia usitata malo diopooitiene verso h> Amico ( >f Ite di
 Francia), parlando apertamente delli mali partamonll et'Sinistri modi che ’l serva a
 malefitio de questa Rcpublica, et per qnosto dicono parole In essere neeessitati a pen
sare al bolo loro in pigliare deHi partiti che foni altri non li pensano, et che potriano
 non solo essere de preìuditio a loro ma ad altri anche.
 139. Firenze, 18 dicembre 1497. 
— Questi mag.'* Signori X hoggi hanno mandato per me
 per fare la risposta a quello che a questi 'di li exposi in nome di V. E. eirclia al
 ricordo che quella gli facea per el tentare qualche praticba con Venetiani etc., el nel
 discorso che mi fecerno, dissento che tomo grato II era stata disto ricordo amorevole
 cote sue proprie
 che li era facto per V. E. quanto se potesse desiderare, ringratiandola influite volte,
 consideraado maximomente ' 
che quella in omnem eventum el caso suo non cessa de
 operarse per bcnefitio de questa sua Repnhiica el non mancho che la se fsza delle
 el che quanto al tentare qualche pralicba de accordo con la ili.'
 Signoria de Venelia, non saranno mai per deviare da oiun parere et recordo amorevole
 che li è facto per la E. V., con dire ohe quella liberamente se pò promettere tutto
 quello che li parerà de questa cillà, la quale non serà mai' per manchare de obser
vare tutto quanto che la designerà de epsa, rendendosi certi che in le cose che la
 habbii a tractarc el pratichare per questa Repobliea, che sempre la haverà rispecto
 all' honore et comodo de epsa et maxime alla i 
conseniallone della loro libertà et
 reinlegrolione delle cote che li 
sono occnpole iniostamente, cosi ricordare alla S. V.
 che quando la se persuada de potere condurre pralicba alchima della quale ne posti
 resultare lo antcdicto suo affeelato desiderio et eh' el gli para che qua per dieta efecto
 se habbia a tenere una via pib che un’ altra, quando quella glici bza inundere, sc
ranno sempre ( 
come hanno diclo ) 
prompti ad exequire quanto amorevolmente li serà
 
100
 per quella ricordato
 lo mi rendo certo che quando quella faza impresa alcbnna
 a benclllio de questo popolo, et maxime dove eompreoda de poter recuperare salteoi
 Pisa, che non seranno queste brigate per naanchare de br tutta quello che prometlerd
 V. E. per questa Republica, tanto è il desiderio che se ha de rebavere le cose sue et
 precipue Pisa. Et benché se dia piena lede al scrivere che ha facto V. E. cireba al
 tentare la dieta praticlia de accordo con Venetiani
 nondimeno intesosi aleune
 parale usate per lo Oratore Venetiano residente a Roma che hanno qualche correspoe
dentia con el scrivere de Vostra Signoria, se spera che movendosi per prelibata V. E.
 la praticha a dicto elTecto ne halibii a resultare optimo successo. Et perchè forse la
 S. V. non haveré inteso ie parole usate per dicto Oratore Venetiano a Roma, el me
 è parso notifìcargliele secondo che questa sira le me sono state porte da un bon cit
tadino de qui; «I quale referisce che in certo discorso facto a questi dì per lo ante
dicto Oratore sopra el caso de Pisa, el disse che ‘1 non seria impertinente che volendo
 Fiorentini rehavere Pisa la togliessino per quel modo che se tene Ferrara per la Exc.
 Vostra; volendo inferire che ’l oon scria de chariclio che Venetiani li tenessino un
 Vicedomino, od vero recognoscerla nel grado che fa lo ill.° sig. Duca do Milano Genoa.
 Et benché el non se comportasse per cosa del mondo per queste brigate de soporlare
 simile peso oo gravezza in veruna delle terre sue, non di meno liavendo mosso pre
nominato Oratore le antcdicte parole, se persuade che le siano con qualche fonda
mento diete; et maxime tentandosi qualche pratiche, la fusse per reuscire con bona
 satisbetione el contento de questo populo
 Questi Signori hanno eleeto dui Ambassatori, uno per Roma, F altro per Franza.
 Quello che è designato per Roma è mesa. Domenico Bonsi, F altro mesa. Guidantonio
 Vcspiicci
 i38. Firenze, il dicembre li97. 
— De novo, per quanto intendo, se ha qua advisi da
 Roma, per lettere de' xvii del presente, el Papa liavere novilcr ricordato in concistoro
 che 'I scria bene a pensare a reintegrare Fiorentini delle cose sue, dimostrando ciò
 desiderare per el beneRtio che ne rcsuileria universalmente alla Italia. Al che si ac
cordavano lutti li Oratori della liga, salvo che el Veneto, cl quale all' usato aperta
mente el coniradiceva. Vedese el Pontefice essere molto inclinalo el dispostissimo verso
 questa cxcelsa Republica; cl che, quando con elleoto succeda, è bona cosa per questa
 eillé. Sperase ebe nell’ andata de questo Ambasaatore noviter designato a Sua Beati
tudine Rabbia a succedere bon effecto a questo proposito, andando con le bone com
missione che se stima li saranno date per questi Signori.
 El Papa pur de nuovo dimostra resenlirse delia praticha che tene Venetiani con
 Orsini, gravandosi che contro le conventione et forma de' capitoli nullo colligato
 temi de condurre alcbuno delli Baroni della Sede Apostolica alli loro servitii, et ma
xime contra la voglia del Ponlelice. Pare che più dell' usato la Santità Sua se sia
 scoperta ad imputare epsi Orsini che habbino morto el Duca de Candia suo figliola,
 per el che se stima che quella sia in dispositione de vendicare dieta iniuria et mone
 del figliolo.
 3*. Firenze, 28 dicembre 1497. 
— Questi Signori hanno lettere da Roma de’ xxiv del
 presente per le quali sono advisati essere pure successo lo accordo del Principe de
 
 .
101
 '
 Satemo con la M.“ de) Re Federico, relassando tutte le terre et stato suo a Sua M."
 et epao parlirae del Reame securo et libero; et per caulione sua, ultra le promesse
 et secureua che li fanno el Pontelìce, Veneliani et el sig.' Duca de Milano, Ita voluto
 che le terre sue restino in potere del Principe de Bisignano suo parente sintanto che
 a salvamento el se sii coodocto nelle terre del Prefecto dove ha destinato de andare,
 se el poteri, securamente. Questo dico perché io ho veduto lettere de un homo de
 antoritit da Roma, che scrive estimare che el non se li condurrà salvo, per essere
 epso Principe homo della importanlio che lo è al Re de Napoli. Quello che mo ne
 succeder! presto se dover! intendere.
 Intendo etiam che questi Signori sono esortati dn homo de grande aiictorit! presso
 el Pontefice ad pigliare partito al facto loro, mostrandogli che ’l 
non se ha piu a stare
 in speransa de' Francesi che hahbino a fare la impresa de Italia de questi parecchi
 mesi, intendendosi la dispositione de' Signori et Baroni che sono presso al Re chrisl.
 de non volere consentire che dieta impresa se faaa, essendovi molti de epsi principali,
 et potissime el Cardinale de San Malò, che, tributato da alehuni de questi potentati
 de Italia, persuade alla N.'* del Re che per anche el non è el tempo del fiire dieta
 impresa, difflcultandola per più capi, et maxime per non vi essere ci modo del denaro,
 che est nervus belli
 140. Firme, 30 dicembre 1197. 
— Da Roma se ha come Colonnesi hanno scorso io certe
 terre de Orsini, et tcnese che sia stato per ordine del Pontefice el quale non porta
 molto hon stomaco ad epsi Orsini per le cause che altrevolte ho significato a V. E.
 Cosi se vede che 'I se è tenuto poco conto della provigione della tregua puMicata
 per bolla in concistoro etc.
 La E. V. haverà qui incluso la nota della Signoria noviter creata et publicata, la
 quale è de homini de ingegno et de bone case et famiglie de questa citi!, et quasi
 tutti affectionati al nostro fra IliESonnio:
 •
 Sunto Spirito: Nicol! de Tbomaso Antinori 
— Francesco de Filippo del Pugliese.
 Santa Croce; Bencdecto de Lìonardo Mini
 — Francesco Salvetti.
 Santa Maria Novella: Scholaio de Agnolo Spini 
— Alexandro di Donato Azaglioli.
 •
 .Sm Gtovomù; Battista Pandolfini 
— Luca de Antonio degli Albixxi.
 Confaloniere de Juetitia: Zuliano de Francesco Salvìati.
 I-II. Firenze, Il gennaio l!9S.
 —
 Intendcse qua che Venetiani hanno designato che
 la Cittadella nova de Pisa minata se refaxi et redueasi nel primo termine. Rem de
 mandare al presente a Pisa 200 balestrieri, SOO provigionati el 100 schiopiteri; ultra
 che da Genoa tutthora è mandalo victuarie per mare a subrentione de epsi Pisani:
 le qual cose, quando siano, dimostrano conlrarii effecti de quello che se sperava qua
 eonseguire della pralicha maneggiata per V. £., et comprendo che alla One, veduta
 queste brigate non poterse assicurare della fede del sig. Duca de Milano, per non
 vederne segni nè effecti de qualità che se possine interamente confidare de epso,
 seranno necessitati ad gettarsi alla disperata a quella volta che li parerà servir meglio
 loro proposito; non liarendo rispeelo nè alla preservatrone de amico on bcnivolo che
 bobbino, nè ad benofltio comune per la quiete de Italia
 I-M. Firenze, i febbraio 1498. 
—
 La E. V. se debbe recordare dello interdicto et
 
I«ìi'
 cxcwmumca che (eoe publiearc qua el Papa eaotra el nostro fra IIikrokiiuv et per
chè cpso è stato più mesi et giorni che pubticamenle el oon ha celebrato nè measa
 nè altro divino oDUio. sperando pure che Sua . 
Santità ( inteso le sue iuslifìcalioae-et
 cause deductogli ) che lo dovesse absolvere, et; veduto che «psa oon se è masaa ad
 volergli levare dicto ioterdiclo per modo alohuoo. nè per intcrceteione oho se li 
sono
 faetc, se dispose a qursta festa della Natività proxkna patsataipublieamente celebrare
 la messa grande, et dupoi propriis manibus comunicare lutti li. frati del convento Beta
 et gran numero de secolari in utrusque segus. Or tandem proximandosi lonqindra
gesima, et essendo lui electo a predicare In Saneta Reparata, chiesa prinoipale di
 questa città, se è dieta lui bavere deliberato de predicare alcuni giorni nauti la qua
dragesima, et cosi cum omni studio se è attesa a racconiare le banobe e tribunali ia
 quantità per le brigate ebe audarauuo alla predica; la qual cosa Ita dato aileratione
 a molle brigate de questi della terra, et potissiuie a quelli che sono oontrarii a dieto
 Peate, in modo che de molte male parole vaono de: intorno, per el che boilmonle
 ne polrìa nascere scandalo ol qualche disordine. Ondo ohe volendo io cbiarirme se
 epso fra liiEnoaiMO era pure disposto al predicare, come se ragionava, et del tempo
 che lo bavea a fare, deliberai beri de andarlo ad ritrovare 
;
 fora de Fiorcsua ad un
 monastero, suo, el cosi feci: et parlato con lui a lungo sopra questa materia delpre
dioare, el me fece una oonclusioac: • che pmuiao lo era disposto et resolulo ad volere
 • predicare quesui quadrageslian, et forai prima quando el gli fusae accennato da quelli
 « qhc' li possioo comandare. > Al quale rispundendOk per meglio cbiarirmi, se lo espec
tava oauissione dal PonleOee on. dalla Signoria qui, al me disse: «che el non se
 < moverla a pigliare tal provintia per comissione della Signoria,, nè anche del Papa,
 < vedutolo continuare nel modo del vivere cbe'l fa, ultra che 'I coaoace manifesta
< meau; essere disposto a.non volergli levare la excomunica, resolvendosi che epio
 • expcctava comissione da supcriore del Papa el dalle altre creature; ma ohe nè a me.
 • nè ad altra'persona del mondo poteva dedarare el dì certo ette lo havea a predi
scare; sublongcndo. eh’ el non teneva eonto alebunn della scomunica promulgata
 • cantra cpso, aul lit.abe la era fasta contra omni ragiona et debito, sperando alla
 € line che chiaranicnte el se intenderà essere la verità, a Et alla porte ebe io li dissi
 del mormorare che si fazeva nella citlà de questo suo predicare per respeeto della
 exeornuuieo, videlieet et del scandalo che ne potria . 
nascere ; 
el me rispose, eame di
 sopra; vicbe quando el cognoscesse che la «xcamunica fosse facta iustificata, servata
 «.servandis, ebe lo averla gran rispecto a non eonuafarb, et simililer se ’l 
non fuste
 ,
 • più che certo che per el predicar suo non habbia a nascere nè seaudalo nè desor
« dine alla citta. > Quello che mo seguirà ne adviserù laiE. V.
 Ueri el gloasc in questa terra el Mag. Paulo Vitelli, el quale ba mandate a me
 questa sira mess, Corrado od excusarse se personalmente el non è venuto ad visitarini
 per nome de V, E>. allegando che per non essere stato per anche a visitare questi
 Signori e| non li parve di venire a me. Uollo riogralialo con quelle accomodate pa
rale ebe m' è parso fussino necessario a.
 questo,proposito. Intendo la venuta sua essere
 (benché chiamalo da questi Signori) per resoivcrsi, con laro della conduota el ati
peadio quando lo vogliauo alli servilii suoi; et {parati eh’ el sia in proposito de volere
 Dini:i'“i by Google
105
 Il oondncla et «lipemli» che lo ha dal Re de Pnmza eon tlhilo de Capitano de questa
 Signoria. Al che non vedo per anche, per quello ehc io ne intenda, disposte a Tarlo
 queste brigate. La pratioha se maneggia; la rcsolutione della quale me storzari de
 intendere per notificarla a V. E.
 l-tS. A'rrenza, 8 febbraio 1408. 
—
 >
 La Regina de Ispagna per li advisi avuti se intende
 essere gravata de infirmiti pericolosa, in modo che se dubita della morte, la quale
 sueoedendo servirla mollo a proposito al Re de Pranza per la impresa de Italia.
 Varii ragionamenti se fanno, per quello ehe se sente da Roma, del Cardinale de
 Valenza, ehe vagli deporre el cappello, et dicese che in questo carnasciale se ne ha
 a vedere lo clTcoto, che sori cosa de admiratione.
 El Mag.** Paulo Vitelli anchora non è expedito do questi Signori per el facto della
 sua conducta. La cosa i dlfllcile da condurse, stando epso in opinione de volere el
 titulo del capitaniato et el soldo de 300 homini d' arme con el stipendio dell! 40 mila
 schndi che lo ha dalla Maesti christianiss. Fra due giorni se inienderi la rcsolutione.
 El nostro vener. fra flicaonma ha pure determinalo de predicare domenica prò
xima ventura, secondo ehc se i publiealo. Qualche contradiclione se intende ehe sono
 tra queste brigale, et maxime non essendo levatogli la excomunica el interdicto dal
 Papa. Expeclaremo el successo et fine della cosa, per el quale se potrà meglio indicare
 el fondamento che ha epso fra HlEioitiMO, se ’l sari divina on humano
 •44. Firenze^ 13 febbraio 1498. 
—
 El Mag." Paulo Vitelli ha concluso la pratieba della
 conducta con questi magnifici Signori X
 El nostro fra lliEao.siMO pure predicò domenica proxima, et hebbe grandissima
 audientia, el quale tra le molle altre notabile et memorande cose eh' el disse, de
chiarò, per molle ragione vhc che lo addusse. • non essere valida la exeomunica on
 < sia interdecto die li ha facto el Papa, eh’ d non possi predicare, eomprobando
 « tulle le cose predecte hoverse absolute a verificare. » Procurarò de bavere la copia
 de dieta predica, se la se polii bavere, et mandarolla alla E. V. Vedese in omni modo
 gran varietade, el farse ragionamenti sinistri per questo predicare per rispetto dello
 interdicto, maxime per li Canonizi et preti della chiesa ohatledrale qui, el altre della
 città. Vedrasse mo come se risentirà el Papa de questo predicare, el maxime essendo
 esso fra Hiinoxiao in fermo proposito de predicare tulle le feste occorrente sino alla
 quatragesima, et dojxii continuare sino alla Pasqua. Qud che ma succederà ne farò
 advisala la E. V.
 Il Duca di Ferrara a Felino Sandei
 a Roma (I).
 145. Ferrara, 26 marzo 1498. 
— Reverende in Chrislo pater nobis dilcclissime. 
— M. Zanluca
 nostro consiglierò ni ha comunicato lo riso di vostra Paternità in la causa del censo,
 el similmente il parere suo circa quella excusalione di frale Hieiio.xniu eomposla per il
 (t) F«)too &nnJel, autore ét varie opere di (lui Icfale e caaooko, fu Secretarlo del Papa» Refereudario
 Apotlolieo e Vetcovo di Peeoa, d’ Atri, e poKta «U Lucca, ove mori nel IS03. Era nato a Fellina sei Recfiaao.
 
104
 figliolo del nug.** mess. Goleolo da la Mirandola et inlitulata a noi (I). La rengratiamo
 grandeiDCDle di I’ 
uno et I’ alito, conoscendo in ogni occorrenlia la vostra reverende
 Paternità operare quanto la pò ad bonorc et benefitio nostfo: et per seguire li ricordi
 sol serìvemo la alligata a la S.** de nostro S.”, ccrtiDeaadola che mai non dimandassimo
 al conte Zaofraiiccsco che ni chiarisse di I’ effeeto et efllcatia di la cxcomunicatione
 del Pontefice contro frate UiEaoMino, perche mai non dubitassimo di la podestà di
 Soa Santità: et quando lossemo stati io qualche exitatione, havemo consiglieri et ho
mini doclissimi cum li quali se seressimo consultati et da epsi seressimo stati chiariti:
 et veramente lo adviso di vostra Paternità è stato il primo. Paterno intendere a chi è
 in colpa che non ni nomini et monebo ni metta in scriplo in simile cose, et che
 revochino dieta iosoriptione; se bene per essere stata questa cosa stampata et venduu
 a diverse persone serà difficile et quasi impossibile satisfare al desiderio nostro. Pre
gamo la pretata reverenda vostra Paternità che voglia presentar la nostra lettera a
 nostro S." et parlar in conformità, concludendo, che li siamo bono figliolo et servitore,
 et che mai non fossemo nò saremo per lo advenire auctorc nè conseiitiente a cosa che
 fosse centra I’ 
bonorc et dignità. A la parte del censo non diciamo altre perchè om
 dehbe essere giorno Alexendro da Fiorano il quale lo (torta. Et ipsam bene valeaL
 H medesimo a Pupa Afeaenndro 17.
 146. Ferrara, 26 mnrao U9S. 
— Sanctissimae Pater. 
— Nuntiatum fuit mibi nudiiis ter
tius. Beatissime Pater, joannem Frsnciscuni Mirandulam libcllum in fratria HienoMut
 Savo.vabolae cxcusatioiiem a se editum mibi inscripsissc et voluti consulenti in co
 rcs|iondcre: quod adeo commovit et od justam iram provocavi! ut dissimulare non
 (luluerim, increpui liiteris quos oporluit et vehemcnler accusavi quod rem humeris
 suis imparem et a cujuslibet fidelis officio alienam aggrcssi fuerint, quod de potestate
 et auctoritate pontificis negare aliquid seu detrabi temere presumpserim, quod me
 hujus Icvitatis penitus Ignarum auctocem fccerint: qui Deo teste nuiiquam a Joanne
 Francisco qusesivi in boc negotio mibi aliquid declarari, cum de summi pontificis
 auctoritate ac (totestate nunquam dubitaverim. Quod si abqua mibi difficultas occur
risset, babebam quos consulerem viros doctrina et gravitate excellentcs quorum re
sponsa Sanctitalem vestram minime olTendissent. Persuadeat sibi Beatitudo vostra. Pater
 Sanctissime, Joannem Frnncitcum in hoc aut fiiixisse aut mcniitum esse: me vero
 filìum SancUe Matris Ecclesie de sede apostolica et de Sanctitatc vestra optirae et
 rectissime sentire et honcstissime palam loqui nec levìbus et aliter opinantìbtis con
sentire. Cujus pedibus me etiam atque etiam commendo.
 il meitsimo al Manfredi.
 144. Ferrara, 50 aprile U98. — Vui sapeti quanto per altre nostre lettere ne bavemu
 (l)T« froal« alla priiaa adixloaa ai iawe t 
UitTùnva^i Satr«nliae, pér /jXMrfntium de iforgianit I iSW, i»-l* 
— Qunila rfifria, cb« itoti fu mai pnMhua,
 «enne aacbe riprndolla dal P. goiiTir nella Addizioni alla Vita del davonarola aerina dal Middello autore (Pdn’iiiJ
 l«7l. Tol. Il ), col litolui Àpnlngia F. IFeronvmi Savfmantfte, per loaa. Panne. Picca de Mirandùta Camitem ;
 ad lìtradem Bdeiuem I Ferrariae et Uydinae Duerni Dt injusta In F. aieroni/mumexe*mmaHÌeatioHe,libri duo.
 
i05
 commesso, che dobbiatì tenerci advisaii de) successo de frale Hiebondio SAVo.'iAnoLA:
 cusì di novo ve replicamo che cum diligeoUa ce ne advisali, perché desidcraoM)
 ioienderc quanto accade
 // Manfredi al Duca di Ferrara.
 14®# Firenze, 5 mtggìo li98. 
—
 Del nostro fra Hh-rommo poche se parlo al presente,
 eh' c' non sanno che partito se babbi a pigliare de’ facti suoi, per non se essere fucia
 deiiberationc alchuna. Li suoi Frali usano omni diligcniia per conservarsi nclli loro
 monasterìi cum le sue prerogative, et fanno ciò che possono per non se unire con la
 CoDgregaiione de Lombardia, vivendo calholicanienle et con gran devolione secondo
 cl consueto loro. El processo vederò pure de bavere, essendomi stato promesso da
 questi Signori, quale havulo, subito io mandarò a V. E.
 U Duca di Ferrara al Manfredi.
 119. Firenze, 18 nutggio li98.
 Havendo questi die inteso per ei scrivere che ne facesti
 de quale iiiuiitione se trovavano quelli Signori quando se bavessc potuto fare qualche
 opera che Pisa gli fussc stola restituita senza guerra, et essendo Nili, come sempre
 siamo stali, desiderosi del bene et conservationc de quella eccelsa Republica, se siamo
 sforzali de tentare per la via de Vcnctia cum quelli modi che ne sono parsi conve
nienti, per vedere se cum quella ili.** Signoria se poteva fare qualche bona opera
 circa dieta restitulionc de Pisa, acciò che per questa via quella exc. Repub. havesse
 lo inlcnU» suo senza guerra, el le cose de Italia havessino a passare cum più quiete
 et pace. Et circa lalu pratica non havemo manchato de diligentin in ricordare tutte
 quelle cose che ce sono parse servire in proposito: ma in somma ni è stato risposto
 che una volta la ili.** Signoria ha data la fede a’ Pisani de mantcnirli in liberiade,
 et che deliberano al tutto observarli quanto gli è stalo promesso; et per consequens
 non comporiariano che Pisa fusse restituita a* Signori Fiorentini; cura dire, che, quando
 facessero altramente, mancheriano della fede cl fariano cosa centra il loro honorc: per
 modo che Nui circa ciò non havcino potuto cavare altro, se bene nostro desiderio
 seria stalo che de ciò ne fusse reuscilo qualche bono efTecto. Ni è parso del tutto darvi
 advìso, el volemo che siali cum quelli mag.** Signori X, et che da parte nostra comu
nicati a sue Signorie la opera che cerchavamo de fare et quello che ni è stato risposto.
 H Manfredi al Duca di Ferrara.
 tuo, Firenze, 
H maggio 1498. 
— lo ho comunicato a questi Signori X quanto me scrìve
 la Exc. V. per la sua de xvin del presente, hcri ricevuta, circha la opera che quella
 ha facta io vedere se con la ìli.* Sig.*'* de Venetia se poteva fare qualche bon effecio
 per la resUtuiione de Pisa in benefìlio de questa Hepublìca eie. Inteso che hebbemo
 sue Signorìe el discorso et la diligenlia che circha ciò havea usata V. III. Sig. et la
 risposta bavuia da’ Venetiaiii con te amorevole et ampie olTerie ehc quella gli fa eie.,
 mi rìsposeno che io la ringraliasse infinite volle per lor parte, mostrando liaver havulo
 grato intendere el tulio; maravigliandosi non dimeno che quella ili.* Sig.*** se voglia
 attribuirne essere stata epsa sola che ba dato la fede a* Pisani da mantenergli in
 libertà, sapendosi che anche altri sono concorsi a simile promessa
 U
 
ioti
 151. Firenze, 30 maggUì 1498. 
—
 Questa mattina è partito el mandatario del Papa
 die venne per la execuiione de fra Hiekonimo et delli altri, el quale è stalo molto
 onorato da questi Signori et anche presentato, per forma che *1 se ne ritorna molto
 ben satisfacto. Spcrase con el mezzo suo [loierc oblenere dal Papa de imponere certe
 iuqHisle et gravezze a* preti, il che se stima che li habbia a succedere facilissimamente,
 parlicipando Sua Santità del guadagno anclior epsa. Oltra le altre cxorbiianiic che ha
 facto diclo commissario del Papa, ha ordinalo adniooilionc sub pena cxconimumralionis,
 che qualunque che ha delle oliere composte per dieta fra IIiero.nimo, le debba bavere
 presentate et consignate alli Parociiiani delle contrade per farle tutte abbrugiarc; clié
 invero per molti si danna dieta dcliberationc, et maxime che in generale el se babbi
 a spegnere et cxtirparc tante devote et salutifere opere che epso ha composte. Intendo
 che gran numero de brigale se trovano in Fiorenza che sono in fermo proposito de
 non volerle consigliare, vengano sebumuniche et quello che sì voglia.
 E) Mag.*” Paulo Yitegli debbo giongere a Fiorenza, el quale se è ordinato de
 hoiiorarlo grandemente nella entrala ch^ el faiii nella terra. Hanno questi Signori ordinalo
 che lo alloggi in casa di Juliano Goiidi, dove li 
hanno fuclo apparare sompuiosamenie
 La |icsie va pur continuando, ma non con tanto impeto
 Firenze^ 6 givgno 1498. 
—
 El Papa el el sig. Ducn de Milano che a questi di
 exliorlorno questi Signori che voicssino concorrere alla spesa de condurre cl sig. Duca
 de Urbino con la Liga, pare, per quello che io ne intendo, che se li accordariano
 quando che cl Papa li conceda de potere imponere la decima et gravezza a' preti.
 Al clic pare che sia inclinata Sua Santità, quando el glie ne sia daUi la rata sua de
 decima: el queste brigate havendo a concorrere alla spesa del Duca d' Urbino sono
 in proposito de volere che la porlionc che vorria Sua Beatitudine sia quella che habbia
 a supplire a questa spesa. Expeclase mo la risposta da Roma
 I&3. Firenze, 7 luglio 149S. 
— Da Roma hanno questi Signori la gionta del mag.** mess.
 Francesco GunlteroUo suo oratore, quale è stato ben veduto et accarezzato dalla
 Santità de. N. S., dalla quale lia obtenuto, secondo eh’ el scrive, de potere imponere
 la gravezza a’ preti, etsì altri religiosi del dominio fìoreutino per quattro anni, alla
 quale se accordano volontarie dieti preti et religiosi. Ha trovalo Sua Santità ben volta
 et inclinata a favorire questa città nelle oecurrentic et bisogni suoi dove cl possa....
 154. Firenze, 21 luglio 1498.
 — La il).*' S. V. stimo haverà inteso della morte di frate
 Angustino da Lucca mollo adoperato per cl signor Duca de Milano, el quale da un
 suo fratccello è stalo veoenalo a Lucca.
 I&5. Fireiìze, 2 ngoeto 1498. 
—
 El Papa è molto sollieitaio per el rev.*' card. Ascha*
 Ilio a roniperse con Vcncttani poiché non se vogliono disponere ad relassare Pisa
 a’ Fiorentini et unire Italia eie. Sua Santità promette molle cose in parole, che io
 facto non riesce; che è cosa che dà alteralionc assae el disturbo ad pigliare delli
 parlili che iion se pigiiariano per questo caso de Pisa. Compreiidcse che Sua Santità
 devonoria ad fare omnì cosa che li è ricordata quando el seguisse el |>areniado del
 Card.* de Valenza con la lìgiiola del Re Federico
 156. Firenze, 7 agoeto 1498. Questa sira al lardi questi mag.*^ Signori \ hanno mandalo
 per me per conferirmi la ellectione delli dui Ambassatori che hanno focto per mandarli
 nigitized b“
107
 a VcDelìa, ad (ine die lo per lor parte el noiìGchi a V. E., con dire die a questo
 nclo sono devenuli volonterì, mossi prìncipalmcnle dalli amorevoli et fedeli ricordi
 che quella li ha facto alli giorni passali in fargli intendere» che quando d se trovasse
 qualche expediente da componersi con Veoetiani per li casi de Pisa che *1 scria bene
 a pensarvi ad ciò che Italia posasse et che la se bavesse ad unire per resìsiere u
 qualunque pensasse de volerla olTcndcrc
 Stimano fra pochi di meuere a cammino
 dicti Ainbassalori, li quali faranno capo oinuino ( in questa loro andata a Veneiin )
 a V. E. per conferirgli le commessione che liaveranno et consultarle con quella per
 audare meglio instructi el informali: ma desiderariaiio che epsa (nauti la loro partita
 de qua ) li daesse qualche lume sopra che se hanno a fondare nella pclitioue che
 baveranno a fare a Venetia. El nome ddii Ambassatori ellecli è d mag.** mesa. Gui
danionio Yespuzzo et Bernardo Rticdiai» due de’ principali cittadini di questo gubemo
 Firenze, 12 agoUo U98. — Qui se intende et per advisi da Roma el de Pranza el
 Papa bavere assettate le cose sue con el Re dirist, el in modo che se dubita che ’i
 non tenda a gran malcfìtio de Italia, non havendo rispccto Sua Santità a cosa alchuna
 per assettare cl fatto suo de condurre el parentado ( tanto desiderato ) 
cum d Re
 Federico, che pare sia a termine che si po mettere per facio, della figliola che è in
 Pranza; del che se cxpecia che in fra pochi di el Card, de Valenza deponga et Cap
pello et dopoi se conduca al Re de Pranza
 fSS* Firenze, 2 ottobre 1498. 
—
 Di Roma se ha questo adviso per lettere de' xxix
 del passato, come lune proxime passato dovea metlerse a cammino Mons. de Valenza
 per andare in Pranza, el quale, per quanto se intende, mena con sè una bella com
pagnia de geniilhomini romani, che tutti sono ben ad ordine. Iniendcsc che dìcto
 Valenza porta con se d Cappello |ier Mons. de Roano et In dispensa del matrimonio
 tra d Re christ. et la Regina che fu moglie del Re passalo; el per questo elTeclo è
 mollo desiderata da’ Francesi dieta andata, et vedese una pcrfecia inlclligcniia tra d
 Papa et el Re ebristianissimo
 APPENDICE ("
 il Manfredi al Duca di Ferrara,
 159. Firenze, 21 maggio 1495. 
— Qui inclusa scrà una lettera del nostro ven. fra IIiero
xiMO (2) la quale roc ha mandata ad ciò che la mandi alla E. V., facendomi intendere
 che la è per risposta de quanto lo reecrchai in nome di quella, circa al desiderio che
 la teneva de intendere da sua Paternità quel che la sentiva delle cose occorrente al
 presente io Italia, similitcr della patria nostra etc. Peccmi pregare che io la mandasse
 (I)
 pM !• minrtor parie iteli* Ribiieiera EMente In Mndrn* dopo il 
Hlerno bellnmeite rhietio
 e rnn^etililo Se’ rndlri che Toropo *sp«r<*lt nel I86S e depo»l(*U nella Biblioteca Imperiale di v;eaiia.
 (3) V>|{|ati il doc. SS e la noia appnMari.
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108
 a salvamento in mane de V. E. essendo desideroso che la non sii publicala. Se la
 E. V. remarrù saiisfiicia del scrivere suo, ne haverò conicnto assai: et se la vorrA
 che io faza altro circha ad ciò, eseguirò quanto la me comaodarù. Sua PatemitA,
 dalle feste in fora, se ne sta a qualche monastero fiiora della terra per bavere mag*
 gior comodiiA da attendere al spirito, et anche da ordinare le prediche sue che lo ha
 facte questo anno per farle stampare, al fìne che *1 so intenda le cose che lui ha
 predicato et le promesse che lo ha facto a* Fiorentini de tanto bene et exaltaiione
 della citlA sua, se se vcriticaranno. Ordinate et stampale che le scranno, procumrò
 de haverle, et manderolle alla E. Y. (1).
 lo ho inteso per la risposta che quella me ha facto circha al stare on non stare
 qui per la venula del christ. sig. Re, che è che quella me assccura a non me partire
 • eie. Rìngralio infinite volle la V. E. dello adviso et parere che la me ha dato, quale,
 come per V altra mia li scripst, sino ad exponerc la vita sempre serò promplo et
 disposto a servirgli et obcdirla. Nondimeno perchè la donna min vive mal sicura qua
 venendo prelibalo sig. Re in questa terra, cum licentia de Y. E., advenrmio el caso
 della venuta, la manderò a Ferrara con li dui (Igliolini. lo ne dimandai parere al
 vener. fra HiEnoMNO el quale me exorlò ad farlo, non porche 'I dubiti che 'I glie
 habbia ad essere qua periculo veruno, ma per fuggire affanno e passione; chè non
 può essere che qualche coselia non se fazi che poiria dar qualche alierationc alle
 brigate, lo vedo alchuni de questi buon mercadanti star in qualche penseri di levare
 li miglioramenti loro et persone per mandarli fuora de qui, el de già me hanno ri>
 chiesto de indrìzzarle a Ferrara. Non intendo se lo fazino por el dubio del Re di
 Franzo, on sia per qualche suspcclo che habbino delle cose della città, la quale non
 se vede essere troppo secura che non succeda qualche desordine, non essendo quella
 unione e inieHigoniìa fra li cittadini che seria necessaria per fuggire perìcolo et scan
dolo. Iddio lassi correre el meglio.
 160.
 firmze, 8 luglio 1495. 
— La presente cavalchata se spaza per mandare alla Exe. Y.
 le qui alligale liavuie questa sira mollo de nocte da Roma. Qua non se ha nova al
 momento, se non che questa mattina per lettere del mag.*” mess. Jo. Bcnlivoglio el se
 intese del facto d' arine crudelissimo facto sul fiume del Taro tra le gente francese
 cl italiane, secondo lo adviso che li 
havea dato el mag.** mess. HnnnibaI suo figliolo,
 dove el narra de molti signori et homcni de cuiiio italiani che sono stati morti in
 dieto facto d' arine. El perchè sino a questa sira cl non era venuto altro adviso de
 questa cosa come la sii passata, le brigale stanno mollo sospese che Italiani non hab
bino hnvuto el peggio; unde che da molli son stato dimandato se nullo adviso ne ho
 liaviito dalla E. Y., parendoli che essendo quella a Reggio, come si è inteso, che la
 debba bavere pontino come sia questa cosa; rendendosi certi clic quella scrivendo
 non diria se non le cose come le sono passale a punto, non havendo passione in la cosa.
 (t) Le Prediche felle del Sarnnarola nella
 dei fÌ9S Tenoero ylatnp»le a Tirein# «li i»lan>i di Ser
 t.orenio Violi e finbhlicale addi È di febbruio I4M. in fot., con dedica •! Dare di Fcfrnra. Il Violi dice «veri»
 raccolle d«ll« *iv* *nee di fr« f.irnUmo} ma per ^uoiia leUtra poaUamo argomentare che I* Aolore *le«K> con
eoiac ad agciolare una late raccolta.
 
<09
 Questi Signori hanno mandalo a fare levare cl sig. Duca de Crbino dalla ohsi
dione de Montepulzano, parendoli ebe M stare suo con le altre gente d' arme che vi
 hanno Fiorentini non sii a proposito, havendosc noUiia come in dicto locho de Monte
pulzano sono entrate gente et de Senesi et el Ggliolo del Conte de Pitigliano et el
 sig. Paulo Ursino. Lassano fornite alchune bastie a ponte Valiano, et vogliono ebe
 tulle quelle genie d' arme se condueano in quel de Pisa. Li Franzesi che sono a Li
vorno hanno cazzato el Capilanio che li teneva Fiorentini, et pare che li 
abbino me&so
 in dicto luocho un Pisano, che in vero dà perturbatione assai a questo popiilo. El
 credo che sc’l non fusse le persuasione et conforti che li dà el nostro fmie llisao
\jiio,-che debbano portare in patientia omni cosa, che havertano mo transcorsi in
 qualche disordine. In vero questi son pur mmli da fare rcsentirc le brigate sino sul
 vivo. Questo Oratore dei Papa usa oroni diligeiuia in significare al Papa li mali modi
 che tene questo Frate in questo suo prediehare a dnmno el gravezza de Sua Santità
 et del resto de Italia. Anche el sig. Duca de Milano pare che se ne sia r«*senlito per
 quanto ho retratio da questo suo Oratore. Da Roma se ha adviso come el Re Fer
rante è stato rotto in Calabria, in modo che appena ha pollilo salvare la persona.
 I6t. Firenze, 13 agonto li95 
—
 De novo per bora non intendo altro, se non che
 da Roma son venuti diversi advisi qua, come el Papa hn mandalo uno suo Corsore
 cum un breve al chrisi. Re per cl quale el glie comonda vigore sanclc hobcdicniiae
 et sub pena cxcommunicationis, che 'I debba levare le gente sue de Italia et condurle
 in Pranza, cl non le tenere per molestare nè alterare le cose di Italia. Similiter ad
 restituire alla Sede apostolica Ilostia che'l tene in suo potere el maxime patendo in
comodo et sinistro grandissimo la città de Roma de victuarìe, essendo perturbato da
 quelli suoi che sono in Ilostia che le victuarìe non se li conducano.
 Altre lettere che io ho lecte dicono che *1 breve contene una simplicc citalione on
 monitoria, che Sua Maestà non debba perturbare cl Stato di Milano et restituire Hosiia,
 alias el se li procederà per via di censure ctc.
 L'Oratore miianeie al fJucn Ijìdovico il Moro.
 I記載日
 2025年4月18日