Bollettino della Deputazione di storia patria per l'Umbria

初版
1895年
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ANNO III. FASCICOLO I. BOLLETTINO DELLA REGIA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER L'UMBRIA VOLUME III . Ομβρικοί.... τὸ ἔθνος.... πάνυ μέγα τε καὶ ' αρχαίον . DION. D' ALICARN. Ant. Rom. I, 19. PERUGIA UNIONE TIPOGRAFICA COOPERATIVA (GIÀ DITTA BONCOMPAGNI) 1897 NERIO MOSCOLI DA CITTÀ DI CASTELLO ANTICO RIMATORE SCONOSCIUTO 1 Il nome di Nerio Moscoli è rimasto ignoto agli studiosi della letteratura italiana ( 1) . Poeta lirico vissuto tra la fine del XIII e il principio del XIV secolo, non è certamente uno di quelli che abbiano diritto ad un posto molto elevato nel Parnasso italiano, ma non è nemmeno uno degli ultimi, ed ha caratteristiche proprie che meritano di essere segnalate. Centundici sonetti, due canzoni e una ballata, ecco i componimenti che del Moscoli sono giunti sino a noi. Passare in rivista i più importanti di essi ; determinare, per quanto sarà possibile, il tempo in cui furono scritti ; indicare i rapporti che hanno con la poesia di altri rimatori ; renderci ragione delle condizioni di tempo e di luogo nelle quali l'arte di lui si produsse, e della forma onde egli rivesti i suoi concetti ; questi sono i punti che ci proponiamo di trattare, per poi tentare di farci una idea possibilmente adeguata della personalità letteraria di Nerio Moscoli. Il suo Canzoniere ci è conservato nell'unico codice Barberino XLV- 130 (2) . (1) Questo Studio fu da me intrapreso per consiglio del prof. ERNESTO MONACI e da lui mi fu comunicata anche una copia di tutto il codice qui preso in esame. Glie ne rendo, pubblicamente, quelle maggiori grazie che so e posso. (2) Sono lieto di annunciare agli studiosi che il Codice vedrà la luce nel prossimo fascicolo del nostro Bollettino a cura del mio venerato maestro professore Ernesto Monaci e del mio carissimo amico prof. Annibale Tenneroni ; laonde se ne om- mette la descrizione . 15975 1 2 P. TOMMASINI MATTIUCCI In esso si leggono, oltre le rime del Moscoli, trenta sonetti di Cecco Nuccoli ( 1 ), ventisei sonetti, un'epistola latina e due canzoni di Marino Ceccoli (2) , dodici sonetti di Gillio Lelli (3) , sei di Manfredino (4), sei di Ridolfo ( 5) , quattro di Cucco domini Gualfredutij (6) , due di Bandino (7), due di Bosone da Gubbio ( 8 ) , due di Pietro di messer Angelo, (1) Sul Nuccoli vedi a pag. 135 di questo scritto. (2) Sul Ceccoli vedi a pag. 83. A c. 131 del codice si legge : « Hic incipiunt cantilene extense et multa allia | dicta varia et diversa per diversos poteas inventa. | Primo incipit dulcis invitatio ad amorem ad scolas | retorichas magistri Rodulfi de Pedemontis trasmissa | per d. M. Cecholi .... ... » e a. c. 132 : Dulcis invitatio ad amorem vulgari sermone | facta per D. M. Ceccholi de Perusio | ». (3) Per Gillio Lelli vedi a pag. 74 di questo scritto . (4) Di Manfredino non è rimasta alcuna memoria nei documenti perugini a me noti. Soltanto un Baldino de Manfredino è ricordato come uno dei tre ambasciatori che il Comune di Perugia diede nel 1354 a Fra Monreale. ( Cfr. GRAZIANI, Cronaca cit. , pag. 173) . (5) Che sia il magister Rodolfus de Pedemontis, di cui è memoria nella invitatio del Ceccoli ? (6) Cucco di messer Gualfreduccio appartenne alla nobile e potente famiglia dei Baglioni . Nel 1320 fu podestà del Comune di Perugia in Assisi, dove venne dai Ghibellini vittoriosi imprigionato ( Supplemento 1º alla Cronaca del GRAZIANI, pag. 88) ; e nel 1329, in compagnia di Filippuccio Baglioni, di lui fratello, Tinto Michelotti, Agnolello del Riccio, Andruccio de Gocciolo, Pellolo de Labo, Ser Ranaldo de Nino, tutte de Peroscia, fu tra i duecento cavalieri che il Comune perugino mandò il 30 luglio in aiuto del legato di Lombardia ( GRAZIANI, Cronaca cit. , pag. 103) . Come figli di Cucco sono ricordati Colaccio e Pellino che nel 1361 , accusati di voler turbare e subvertire lo stato popolare, sono banditi (GRAZIANI, Op. cit. , pag. 191) ; e al primo dei due fu nel 1363 mozzo il capo insieme ad altri tredici fuorusciti ( Op. cit. , pag. 194) ; mentre il secondo è ancora in vita nel 1389 ( Op. cit. , pag. 236 ) . Secondo quanto si può desumere dal Graziani , si avrebbe il seguente specchietto genealogico : GUALFREDUCCIO BAGLIONI Uccio (pag. 105) Filippuccio Becello Balione Creco (pag. 106) (pag. 98, 99) (pag. 106, 187) (pag. 88, 103) Oddone Guelferio (pag. 209, 238) Galiocto Ruberto (pag. 208) (pag. 106) Colatio o Colaceio (pag. 106, 191 ) Pellino (pag. 191) (7) Vedi pag. 76 di questo scritto . (8) Son. XXXIX del cod. Barberino : « Doi lume son di novo spente al mondo » (porta la notazione dominus Bosone de Eugubio de morte Dantis » e fu edito dall'ALLACCI, P. A. , 112) ; e son. CLXXVI : « Spirito santo di vera profetia »> . Questo è indirizzato a Pietro da Perugia, che gli risponde con un altro : « Addio non fu giamay tanto soggiecto »>, inedito, mentre quello di Bosone si legge in ALLACCI, P. A., 113. NERIO MOSCOLI due di Cino da Pistoia (1) , uno di Marfagnone, di Paolo Giancoschi, di Cola di Alessandro ( 2) , di Simone da Pierile ( 3), di Manuello (4) , di Attaviano (5), di Cione (6 ), di Pucciarello ( 7), di Cionello ( 8 ) , di Ugolino da Fano, di Giraldello , di Lambertino, di Borscia da Perugia, di Trebaldino (9) , e alcuni adespoti. Di più, da carte 121 a 130 si leggono diciotto sonetti di Dante ( 10) e uno del Cavalcanti ( 11 ) ; da c. 133 a 135 un componimento di Fazio degli Uberti ( 12 ), cui tiene dietro, da c. 135 a 140, un poemetto di Bosone da Gubbio (13), e un altro in terza rima di un << Dominicus scolaris studens Perussio » da c. 140 a 147, e un altro ancora, sembra dello stesso Dominicus, fino a c. 165, nel quale trattasi delle condizioni di Perugia e dell'Umbria ; da c . 165 a 167 sei cantilene extense per Antonium de Feraria ; da c. 171 a 188 ( 14) vari componimenti poetici, tra i quali (1) Son. XVI del cod. Barb.: « Io so sì vago della bella luce », e son. XXVI: Per che non fuor da me gli occhie dispente » . Il secondo manca all'edizione del Ciampi e a quella Bindi e Fanfani. Qualcuno l'ha attribuito al Cavalcanti ( cf. l'ediz. dell'Arnone, pag. 50) . Rispetto alla parola finale del verso, un plurale in e, proprio del volgare perugino, si noti che le altre rime sono date da sente (2ª pres. ind . ) tormente, dolente, dispente ( plurali) , che si possono agevolmente riportare alla forma toscana, che dovett'essere alterata dal copista perugino. (2) Vedi pag. 135 di questo scritto. (3) Ibid. , pag. 82. (4) Ibid. , pag. 77 e segg. (5) Ibid. , pag. 94 e segg. (6) Ibid. , pag. 93. (7) Ibid. , pag. 91. (8) Ibid. , pag. 90 . (9) Di Trebaldino nessuna notizia nelle memorie perugine a me note ; e così dicasi di Pietro di m. Angelo, Marfagnone, Paolo Giancoschi, Ugolino da Fano, Giraldello, Lambertino e Borscia da Perugia. -- Un Tribaldino di Manfredino è bandito da Perugia nel 1331 ( GRAZIANI, Cron. cit. , pag. 191 ) . (10) Son. I, ball. I , son. II, ball. II , son. IV , VI-XIII, XVI- XVIII, stanza (pag. 114) e son. XXIII dell'edis . cit. (11) << Vedęsti al mio parere ongne valore ». (12) « O tu che leggie | e sai decreto e leggie » | . (13) Porta la leggenda « C. d. Bosone de eugubio tractans de discordia orta | inter cristianos et turchios », e questo n'è l'incipit : « Spirito santo che dal ciel de- scendi ». (14) Da c. 168 a 170 si leggono le due canzoni del Moscoli. 4 P. TOMMASINI MATTIUCCI uno dello stesso Antonio da Ferrara alla Vergine Maria; da c. 189 a 192 altri sette sonetti di Dante ( 1 ) . E da c. 193 a 196 un atto di vendita di armi e cavalli, rogato il 27 aprile del 1347 in « civitate Perussi in porta Sancti Angeli et parochia Sancti Donati in domo gaicoli [?] et filiorum » . Riguardo al tempo e al luogo in cui il codice fu scritto, par non dubbio che sia da pensare a Perugia, e tutto induce a credere che non si possa andare al di là del 1347. Tacendo dei poeti universalmente noti, quali Dante, il Cavalcanti, Cino e Bosone, noteremo che degli altri soltanto l'ALLACCI diede alcuni saggi (2) nella sua raccolta di Poeti Antichi, e precisamente di Cecco Nuccoli (3 ), di Gillio Lelli, di Cucco, di Cionello, di Cione, di Cola, di Bandino e di Attaviano. Marino Ceccoli, Ugolino da Fano, Marfagnone, Manfredino, Paolo Giancoschi, Simone da Pierile, Manuello, Pucciarello (4) e Trebaldino sono soltanto registrati nell' Indice; mentre per Nerio Moscoli ed altri non fece neppur questo. E ciò è tanto più singolare rispetto a Nerio che, non foss' altro per il numero delle sue poesie, egli tiene nel codice il primo posto . Da parte nostra ci chiameremo abbastanza fortunati se ci verrà fatto di riparare a questa non troppo giustificabile dimenticanza. Nel Canzoniere del Moscoli il tema preferito è l'Amore, come motivo poetico e come espressione sincera dell'animo. La prima volta ch'apparve al nostro poeta, Vestito era de bianco, e fanciul molto Senblava, e li cavèli a oro luciente. (1) Son. XXIV-XXVII, XXIX-XXXI. (2) In tutto cinquantadue, sui duecento e più del codice Barberino . (3) L'ALLACCI ne dà quarantuno, e gli undici in più, che non sono nel Barberino, deve averli tratti da codici Vaticani . (4) E scritto Puccerello. NERIO MOSCOLI 510 La seconda, terza e quarta volta Magiure e poco de più longa etate . . se mostrò contro el bianco e l'oro D'um bello açur ch ' avistava . . d'oro ; E de verde ( 1 ) tenea per su' honestate, For che la testa, on ' altra cosa envolta. Oltre che in verde, in bianco e in azzurro, si mostrò ricoperto d'un drappo roseo, che porta intier fra le soi braccie, sempre Guardando intorno ch' alcun no y dia grappo, e cosi splendido e ricco, che niun tartaresco Paregiar lo porria . . (2). In questa visione d'Amore si ha un mero e vieto motivo poetico ; ma si passa poi a una rappresentazione figu- (1 ) S. BETTI (Postille alla D. C. , in Coll . di op. dant. , n.º 2. Lapi, 1893 ) , al verso << Donna m'apparve sotto verde manto » nota : « La veste verde era anche segno d'amore secondo gli antichi usi cavallereschi. Onde ne' Reali di Francia, lib . II , cap. 5, si dice : La madre allora gli donò un'armatura perfetta e buona, ed ella medesima gli mise una sopravveste verde, la quale significa giovane innamorato ». Dell'Alighieri cfr. anche i versi (Sest. I) : « Io l'ho veduta già vestita a verde Si fatta, ch'ella arrebbe messo in pietra L'Amor (2) DANTE, Inf. XVII, 16-17: Con più color sommesse e soprapposte Non fer mai in drappo Tartari nè Turchi » ; BOCCACCIO, Dec. , Giorn . VII , nov . X : « . . . un suo farsetto . . . di più colori, che mai drappi fossero tartareschi o indiani ». La personificazione dell'Amore fu comune ai poeti dei primi due secoli. Ricorderò per tutti il Cavalcanti , presso cui è un arcier presto siriano, acconcio sol per uccidere altrui, e l'Alighieri, che trasse fuori le sue prime rime colla nota visione ; osservando però che, più comune nei primi seguaci della nuova scuola fiorentina, come in Lapo Gianni e in Dino Frescobaldi, si fa meno frequente a mano a mano che ci avviciniamo a Dante (Cfr. BARTOLI, St. d. Lett. it . , IV , 3 e segg. ) . E, come nota il MORPURGO (Le rime di P. Tedaldi, Firenze , Libr. Dante, 1885, pag. 26 e 57) ; dovette ben presto venire a noia ai poeti stessi ; chè ne ridono l'Orcagna verso la fine del trecento, e il Pistoia nel secolo seguente. 6 P. TOMMASINI MATTIUCCI rata che non procede più dal mondo pagano, attraverso trite reminiscenze di scuola, ma salta fuori dalla vita reale. L'avaro che consuma gl'occhi sulle monete, e il cane che giace sulla paglia, la quale rabbiosamente difende, sebbene per sè non la voglia, ci presentano l'immagine dell'Amore che, abbandonate le sembianze e le caratteristiche di un Dio, pure rimanendo figura, riveste qualità terrene e umane : Quale colui ch'è del suo aver tenace, Lo quale avar s'appella, ben lo saie, Che a se non pro ne face, anç à sol guaie, Nè de donarne altrui ponto li piace : E come el can che ne la palglia giace, Che per se no la vol, né vol giamaie Ch' altre ne tocche, e s'alcum ve se faie , Mostra ei dente con son che li spiace, Tal fa costui verso gli amanti, dei quali tutti il Moscoli distingue tre ordini : E quey che 1 mirano variano in tre fede. Quelli che s'appagano del poco ; quelli che vivono sempre fra la speranza e il timore ; e quelli che disperano d'ottener mai nulla : Alcuno espera quel ben che y concede , Contento come chi piglia e non pilglia . L'altro l'ingiengno e la mente asuttilglia , E sua salute or crede, ora non crede . L'altro despera si che teme e ffugie Mirar con gl'occhie gli occhie ennamorate ; Ma poco val che 1 cor pur se li struggie, Nel quale è si formata sua beltate, Che più propria non fu may semelgliança ; E così cher mercé for de sperança. Quale delle tre fedi segue il nostro poeta? Or l'una or l'altra, tutte. NERIO MOSCOLI 7 Come e perchè ciò avvenga, egli stesso in gran parte ne chiarisce, mostrandoci prima il nascere del suo amore ; e quindi, per mezzo a un graduale procedere, il formarsi e lo svolgersi di quello : Prima vostra beltà , giovane donna, Donò dellecto ai mey occhie guardando ( 1) ; Poi, vostro bel piacer inmaginando , Fermò mia mente a volerve per donna ; Ma poi me parve che vo ' , altera donna , Ve degnate enchinar verso me amando, Amor se venue in me moltiplicando, Si ch'io son vostro sol , non d'altra donna. Però a nulla gli giova il professarsi servo di lei ; chè , mentre dipoi Nel principio • fo si chiara e bella, C'ongne dilecto avea quant ' ella honore, Crudele e dispietata se mostr ' ella. Ma perchè rimproverarle la sua crudeltà, dal momento che egli ne gode e ne mena vanto ? Alegreçça me vene ond ' io più dolglio , E so contento asay ciò soferire , Ch'io volglio ancie per ley ch'amo languire E che d'altrui pietà, da ley orgoglio. A cotesto sentimento, che tradisce il desiderio della lotta e discopre una punta di vanagloria, seguirà presto il (1) G. CAVALCANTI, Son. II : • Li mie' foll'occhi che prima guardaro vostra figura piena di valore fur quei che di voi, donna, m'accusaro nel fero loco ove ten corte amore ». 8 P. TOMMASINI MATTIUCCI timore di non esser corrisposto, la noia dell' attendere, lo sconforto, la fine d'ogni speranza. E c'è da credere che in quell' espressione, che non è sola, e più recise, più crude ne vedremo inanzi, si ritrovi un po' la favola del nondum matura est. Chè prega, sempre prega con anima ripiena di calore e di passione : Contra me site diamante perfecto Con più dureça che null ' altra petra E volete 1 contrar de ciò che ' npetra Meo cor che da voi solo ama dellecto . Più spesso un senso di paura vince il desiderio d'amore ; chè timido si mostra il nostro poeta : Io son colui che temo e moro amando, E non lo ardisco dir for che rimando ( 1) . Ma non si creda che questa timidezza abbia sempre la sua ragione nella mancanza di coraggio, chè, al contrario, è spesse volte artificio per mezzo del quale spera d'indurre la sua donna a più miti pensieri : Ond' io ve chero con pietà perdono S'io fo senblante che d'amor non vengna, Ch'io porto senpre nel cor vostra insengna, E se sol penso de voi ladonqu' io sono , Perciò de trarme a retro fo senblante Credendo poder melgl passare enante. Inoltre, perchè « è più da gradire >>> E de magiur vertute e laude è dengno A li mondani ed a Dio più benengno (1 ) DANTE, Conv. , IV, 2 : « saper si conviene che rima si può doppiamente considerare, cioè largamente e strettamente. Strettamente , s'intende per quella concordanza che nell'ultima e penultima sillaba far si suole : largamente, s'intende per tutto quello parlare che con numeri e tempo regolato in rimate consonanze cade ». Purg. , XXIV, 49-50 : Ma dì s'io veggio qui colui che fuore. Trasse le nuove rime . . . PETRARCA, I , 1 : « Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono »>. NERIO MOSCOLI 9 E · ' n pregio magiure deve salire Quel don che 1 pover vergognoxo mire Che quel ch' en dimandar non prende esdengno ; versi che ricordano molto da vicino questi d'un anonimo trecentista ( 1) : Ma ben sapete, più è grazïoso E più assai lodato da la giente Lo don ch'è fatto al pover vergongnoso, C' a quel che 1 chere affacciatamente. Ne ha durato poco in questo stato : . . . voi savete ben che vergongnando Me son non piciol tenpo queto stato. Però, per quanto abbia voluto nascondersi, a lei non può essere sfuggito il suo soffrire, perchè lei vede, sa e sente tanto, tuttor ch' egli copra il suo desio. Varie, adunque, le cagioni del suo ritegno : la speranza di poter meglio passare inanzi ; il timore di spiacerle ; la buona fama di lei ; e il dubbio che, dichiarandole amore, non lo giudichi bastante. A chi ben guardi, si rivela tutto un sistema di tattica amorosa, che il nostro poeta ha fatto suo. E la preoccupazione che troppo o poco mostri la fiamma del chiaro foco è tale, che infine, rivolto ad Amore, a lui chiede se viva a suo volere, Perch'io son fermo, singnor mio, retrarme Al tuo volere oltr al poder ch ' io tengno. Quanti infingimenti, quante astuzie ; e come dura, faticosa è l'erta del colle che mena ad Amore ! Al solo guardare l'oggetto dei suoi sospiri, il nostro poeta trema e quasi vien meno : (1) Le antiche rime volg. secondo la lez. del cod. Vat. 3793. 10 P. TOMMASINI MATTIUCCI Per ciò che stando en la vostra presentia E mirando piacer ch ' en voi resplende, Tanto dexio nel cor dentro s'aciende, Ch'io perdo alor de parlar la potentia ; versi che ci fanno venire a mente quelli di Dante : E cosi smorto, e d'ogni valor voto, Vegno a vedervi credendo guarire : E s'io levo gli occhi per guardare, Nel cor mi si comincia uno tremoto, Che fa da polsi l'anima partire ( 1) , e questo del Cavalcanti : l'anima sento per lo cor tremare (2) . Ne può vincere questo sentimento di paura infantile, dappoichè la donna sua è cotanto bella e dagl' occhi suoi emanano raggi di cotanto splendore, da abbagliare la vista di chiunque la miri: . per certo demostra Che devina virtù gratia li preste , Qual tanto honora l'umanità nostra, Che de la luce del ciel propria mente Mecte raggi nel cor de chi i tien mente. E gli sembra impossibile che non si pieghi mai a più miti pensieri : Com eser poi che dentro al vostro core Superbia, crudeltà se trove ed ira, Ligiadra donna, che qual fiso mira Vede nelgl' oglie vostre el vero amore ? (3) . (1 ) Son. IX. Cfr. anche quest'altri versi , a tutti noti : « Tanto gentile e tanto onesta pare La donna mia quand'ella altrui saluta, Ch'ogni lingua divien tremando muta E gli occhi non ardiscon di guardare » ; e il cap. XIV della Vita Nuova. (2) Canz. II. (3) UBERTINO GIOVANNI DEL BIANCO D'AREZZO , in Vat. 3793, ediz. cit . , V, n. 803 : « Volesse Dio, crudel mia donna e fella , C'avete da merzé lo cor diviso, Che NERIO MOSCOLI 11 Sarebbe pago anche d'un solo sguardo, d'un solo sorriso ; ma invano il chiede ; tanto che l' anima sua sconsolata Per lo camin sen va. Saggiamente gli antichi figurarono Amore come un fanciullo e cieco ; chè, invero, non sono da questo dissimili coloro che soggiacciono a una forte passione amorosa. Nè il nostro poeta è da più . Ora piange, ora ride ; un momento si lagna della durezza della sua donna, un momento ne loda la severità, fino a goderne. Or ora ne ha lamentato la superbia e la crudeltà, e subito dopo No me piace ciercar nè trovar volglio Che troppo vaccio faccia el mio desire , Se prima la mia fé con più martire Non pruova, e puoy li ne prenda cordolglio . Gran bontà degl' amanti antichi ! verrebbe fatto di esclamare, leggendo questi versi. Però, altro è la scappata d' un momento, o il teorizzare, e altro il desiderio dell' amoroso piacere. Così che, quasi pentito d' avere espresso il suo pensiero troppo francamente, lascia da parte l'espressioni troppo rudi e sonanti quasi disfida, per sottomettersi con umili preghiere : Ma pur pietate te prenderà, amore , Si che nella infortuna io non desmago, Ancie prendo conforto enmaginando La sua beltate e la gram gentilleçça Che fau tuttor piacer sua belleçça. E tanto en gratia, singnor , te dimando, Solo che volta alcuna li recorde De me, come per ley morte me morde. quanto siete buona foste bella E rispondesevi a lo cor lo viso ». CECCO ANGIOLIERI (St. d. Crit. e St. lett. d. A. D'ANCONA, pag. 161 ) : « Or s' tu fossi pietosa, come bella ». CHIARO DAVANZATI: « ladov'è bieltate e piacimento , presgio ed onore e modo di savere, .. ben dé merzé trovarvi umile talento »>. 12 P. TOMMASINI MATTIUCCI Ma anche se non troverà mercè, trarrà conforto nel sapersi virtuoso e saggio, pensando come il valor de vertù, che contra de vitij contende, da lei non vada giammai disgiunto ; della qual cosa è sommamente lieto, dovendo la donna, prima d'ogni altra cosa, essere onesta : Ciercando qual vertute in gioveneçça Sia più presiata per li antichi saggi, Trovo ch'è honestà, de li cui raggi Resplende e adorna la vostra belleça. Questa virtù deve stimare sopra ogni altra il perfetto amatore ; nè merita fede colui il quale mostri di non curarla abbastanza : · s' alcum nel contrario volere Sentir possé per voy en alcun modo, Non è tocato da l'amor ch'io lodo. E se per avventura ci sarà alcuno cosi ardito da tenerla in non cale, nulla di meglio che mortificarlo con un rifiuto : se alcun dimanda cosa endengna, Cortese mente per voi se desdica. Il poeta alla sua volta si rallegra coll' amata, perchè gli ha suscitato nell' anima un affetto che l'indirizza al bene : Ond' io , rengratiando voi, me lodo Che sentit'ò per voi quello là ' ndio tengno Quest'alegreçça nel cor per qual godo . « Ma la virtù non è nemica dell'amore e della pietà, molto più verso un perfecto e puro amor » quale è il suo. Vizio, adunque, è il cadere nell'eccesso opposto, come v'è caduta la donna sua, contro la quale esce di nuovo in lamentevoli preghiere e in parole di fuoco : NERIO MOSCOLI 13 Conicoli solean mangani e pungna ( 1) Valere a debellare onne forteçça ; Ma posto sono a tal che poco appreça Ciascun de questi , e tucto y repungna. Onde 1 poder dal voler mio s'alungna Tanto che cor desperando si specça Tutto suo engenguo, e per la grand'aspreça Già quasi semimorto più non pungna. Quanta efficacia, quanta vivezza in questi otto versi, i primi dall' intonazione severa, quasi minacciosa ; gli altri miti e dimessi ; e che io non esiterei di chiamare artisticamente perfetti, in ispecie l'ultimo, che esprime mirabilmente la sfiducia di chi ha combattuto invano, la prostrazione del vinto. Si rialza però, e come per il Cavalcanti, per Dante, per Cino un sorriso e uno sguardo valgono a mitigare ogni loro affanno, la speranza ridona a Nerio la forza e l'ardire : se favoregiato me sent ' io , Donna, da voi , prendo tanta forteça Che metto e non calere onne dureçça ; ed allora non si dole più • del dolgloxo lago Nel qual s'anega quaxe el debel core ; nè abbandona la speranza « deletevele » , come nave che, solcata l'acqua in tempesta, al porto riposa dolcemente dei corsi pericoli : Onde sto in tucto el velocie mio lengno E acto ad ogne camin che dexire . (1 ) CONTRASTO DI CIELO DAL CAMO (Crest. it. d. pr. sec. , 108) : « En paura non metermi di nullo manganiello ». B. LATINI , Tes. 3, 9 : « Fornisconsi di pietre e di mangani e di saette e d'ogni fornimento ch'a guerra appartiene ». LA CRUSCA : « antico strumento da guerra, da tirare e scagliare » . 14 P. TOMMASINI MATTIUCCI Coy veli al vento e coy reme passando Ongne fortuna ch'è mar corocciato , Gli ancore poi nel dolce pian fermando ; versi che ci fanno ripensare al vascello, nel quale Dante avrebbe voluto navigare insieme a Guido e a Lapo, e ivi « ragionar sempre d'amore » ( 1) . Finalmente sembra che trovi pietà ; ma è la cosa d'un momento ; ed allora, disperato, esclama : O doloroso cadimento amaro Che de più sovran loco e più ligiadro Nel più basso me trovo e nel men caro . Che rimane al povero innamorato ? Morire : contento seria de star nel foco , ma per natura el poder nol deffende. << E si capisce : altro è parlar di morte, altro è morire ; e tutti gl'innamorati, gli scialacquatori, i libertini, i giocatori, i femminieri, che sono tante varietà della gran razza dei disperati, un giorno almeno nella lor vita fan proposito di finirla a un tratto ; e poi manca loro la forza, o la buona congiuntura, o il ramo d'albero che li sostenga, se ( 1) BERNART DE VENTADORN ( BARTSCH , Chrest. prov. , 63) : « Tan n'aten bon'espe- ransa ves que pauc m'aonda, qu'atressi sui en balansa l'onda. lansa cum la naus en del maltrag quem dezenansa no sai on m'esconda : tota noit me vir'em de sobre l'esponda » . G. DA LENTINO ( Crest. it. d. pr. sec. , 53) : « Lo vostro amore ke m'ave, in mare tempestoso è sì como lo nave ca la fortuna gitta ongni pesante E canpane per gietto di loco perilglioso ». PIER DELLA VIGNA (Op. cit. , 56) : « Com omo ch'è in mare ed å spene di gire e quando vede lo tempo ed ello spanna, e giamai la speranza no lo ' nganna » . Cf. anche i v. 27-29 d'una Canz. di RUGGERONE DI PALERMO ( Op. cit. , 77) . G. GUINICELLI ( Le rime d. poeti bolognesi . . . I. 13-21) : « Nave, ch'esce di porto con vento dolze e piano, fra mar giunge in altura ; po' ven lo tempo torto, tempesta e grande affano li adduce la ventura ; allor si sforza molto como possa scampare che non perisca in così l'amor m'ha colto e di bon loco tolto e messo al tempestare ». DANTE, Son. II. ( Ediz. cit . ) ; G. CAVALCANTI, Son. XXVI (Ediz. cit. ) . mare: NERIO MOSCOLI 15 non hanno paura del peccato e dell' inferno » ( 1 ) . Molto più il pensiero della morte doveva far paura al nostro poeta, che non era nè un libertino, nè un femminiero, ma un'anima onesta. Abbandona perciò questo triste proponimento, e convinto che vano è il pregare, si piega a più miti consigli. Dopo aver ricorso ad ogni mezzo che gli suggeriva e gli consentiva amore, senza trovare quella grazia e quella mercede che in principio sperava di ottenere, finisce con una preghiera, di doventar bon mastro perfecto per foggiarsi una donna a suo piacimento. Saggio pensiero, che avrebbe potuto risparmiargli tante preghiere e tanti affanni : Io chero d'eser bom mastro perfecto Per fare intalglio a mio modo de petra. Null'altra cosa lo mio core impetra Che farne una donçella a suo dellecto ( 2) . Longecta la faria, de bello aspecto , Come chere quel dexio che non s'aretra, Nel vixo alegra, nè seria may tetra, Pietosa quanto che con l'alma affecto . Cosi contento me staria poi io , Ciò possedendo che per la mia fede Sovra tutte sormonta el voler mio. Sentiria el bem del mio sommo dexio Lo qual nel meço de me tutto sede (3) . Siffatto è il tipo ideale che il Moscoli ama accarezzare nella sua mente ; tipo che non guadagna punto in precisione e determinatezza di contorni se lo si confronti con ( 1 ) A. D'ANCONA, Cecco Angiolieri da Siena, in STUDI DI CR. E ST. LETT. Bologna, Zanichelli , 1880 ; pag. 172. (2) GIACOMO DA LENTINO ( Crest. it. d. pr. sec. , 43) : « Avendo gran disio dipinsi una pintura, bella, voi somigliante ». (3) II D'ANCONA ( Op. cit. , pag. 185) prendendo motivo dal noto sonetto dell'Angiolieri << S'io fossi fuoco, arderei lo mondo », nota che il tema del voler esser e del voler potere «< è stato trattato in varia guisa da quasi tutti i poeti . . . cominciando da Anacreonte fino al Goethe, all ' Heine e ai canti popolari. Anche Cino ce n'ha lasciato un bell'esempio col sonetto Se conceduto mi fosse da Giove », nel quale esprime il desiderio che la donna sua si cangi in bella faggia, intorno a cui egli si farebbe edera. 16 P. TOMMASINI MATTIUCCI quello di altri poeti. Egli desidera una donzella lunga, di bello aspetto, allegra ; e alta, bella, avenente ce l'aveva già descritta il Guinicelli (1). Ma ben diversa è la donna del Canzoniere, giacchè hanno concorso a formarla più elementi, che si possono ridurre a due principali : l'espressione sincera d'affetto e le reminiscenze di scuola . Nel processo psicologico della passione d'amore la bellezza della donna dona diletto agl'occhi del poeta innamorato e si rivela in quelli di lei : Dentro dai suoi bell'occhie amor se vede • qual fiso mira Vede nelgl'oglie vostre el vero amore. Questo come si trasforma, e quale ne è la via? Dagli occhi al core : Dentro per gli occhi mey passò nel core Lo vago lume de la chiara stella, Passandome per gl'occhie dentro al core , Acese . . . la mente d'amore. Lo stesso concetto ritroviamo espresso dai trovatori del vecchio e del nuovo stile (2) . (1) « Tegnol di foll' enpres' a lo ver dire ». In MAZZEO RICCO DA MESSINA, Contemporaneo di Guittone, si legge « ... alta e gaia ed avenente » . Accennerò appena a cosa notissima ; come, cioè , negli antichi rimatori manchi quasi sempre la descrizione delle fattezze femminili, e tanto più in quelli della nuova scuola fiorentina, che nei predanteschi. Gran cosa se alcuno nomina i capelli biondi più c'auro fino ;` e di tanti poeti che lodano gli occhi, nei quali la bellezza ornata splende, gran ventura se uno ci fa sapere di quale colore essi siano . Veggasi, per tutti, il famoso sonetto del Cavalcanti : « Avete ' n vo li fior e la verdura ». (2) La complicità passiva degli occhi rispetto al cuore, accenno alla genesi dell'amor platonico, notiamo già in Sordello. Cfr. CESARE DE LOLLIS , Vita e poesie di Sordello di Goito. Halle, Niemeyer, 1896 ; pag. 80 e 182. NERIO MOSCOLI 17 Cosi il Notaio risponde a un dubbio del Mostacci : elgl'ogli en prima genera l'amore el core che di ço è concipitore , ymaçina e plaçe quel desio ; e questo amore regna fra la zente ( 1) . Filippo da Messina, contemporaneo di Guittone : Ai, sire ideo , con forte fu lo punto che gli occhi tuoi, madonna, i' sguardai, lasso ! ( 2) Procedendo, s'arriva al Guinicelli : ciò furo li belli occhi pien d'amore che me feriro al cor d'uno disio (3 ) e Di si forte valor lo colpo venne , che gli occhi nol ritenner di neente, ma passò dentr al cor che lo sostenne (4) . Dall'uno si passa all'altro Guido : Per gli occhi venne la battaglia in pria (5) Voi che per li occhi mi passaste al core (6) ; finchè si giunge al duce della nuova scuola: Degli occhi suoi , come ch'ella gli muova, Escono spiriti d'amore infiammati, ( 1 ) E. MONACI, Crest. , 6 ). Altrove, Op. cit. 54, anche più chiaramente : Amore « passa per gli occhi e lo core diparte ». (2) Op. cit. (3) Dolente, lasso, già non m'assecuro ». (4) Tegnol di foll'enpres'a lo ver dire » . (5) Ediz. cit. , son. X. (6) Ediz. cit. , son. VIII. 2 18 P. TOMMASINI MATTIUCCI Che fieron gli occhi a qual che allor gli guati, E passan si che 1 cor ciascun ritrova ( 1) . Adunque, è sempre lo stesso motivo poetico, che dal Notaro Giacomo va fino all'Alighieri ; e da questo, con Cino (2), fino al Petrarca (3). Ma se l'amore, muovendo dagli occhi, si posa nel cuore, trova la sua sede principale nell'anima, cui spesso va unita la mente. Quest'ultima, essendo cagione effettiva del corpo (4) , si ricollega, per così dire, agli occhi, perchè nella faccia si riduce in atto, e in due luoghi di quella più specialmente, cioè negli occhi e nel dolce riso, che ne esprimono la potenza (5) ; è la ragione (6) e va congiunta colla « nobiltà della potenzia ultima » , partecipando << della divina natura a guisa di sempiterna intelligenza (7). E la mente non è altro che parte, fine e preziosissima parte, dell'anima (8 ) , mentre il cuore è l'appetito (9). » Cioè, l'attività erotica ha principio negli occhi ( 10) , si (1 ) Ediz. cit . , canz. II , 51-54. Cfr. canz. XIII, 17-23 e Conv. II , 10 ; III, 8, dove , con similitudine ch'egli dice bella e che a noi oggi non par tale, chiama gli occhi , insieme alla bocca, i balconi della donna. (2 ) Ediz. BINDI e FANFANI, son. X : « Per gli occhi venne la battaglia in pria » ; son. XXXVIII : « Nel tempo, che de' suoi occhi mosse Lo spirito possente e pien d'ardore, Che passò si, che 1 cor percosse ». (3) Son. III : « Ed aperta la via per gli occhi al core ». Ne si fermò al Petrarca. Invero nel Cortegiano si legge che la bellezza « piacevolmente tira a sé gli occhi umani, e per quelli penetrando s'imprime nell'anima ». (4) DANTE, Conv. , III , 6. (5) DANTE, Conv. , III , 8. (6) DANTE, V. N. , XXXIX. (7) DANTE, Conv. , III, 2. (8) Conv. II , 2. E ivi : Nell'anima sono più virtù, la scientifica, la ragionativa ovvero consigliativa, e la inventiva e giudicativa. « E tutte queste nobilissime virtù, e l'altre che sono in quella eccellente potenzia [ cioè l'anima] , si chiama insieme con questo vocabolo, del quale si volea sapere che fosse, cioè MENTE ; per che è manifesto che per mente s'intende quest'ultima e nobilissima parte dell'anima ». (9) V. N., XIX. (10) V. N. , XXXIX: « E che degno sia di chiamare l'appetito cuore, e la ragione anima, assai è manifesto a coloro, a cui mi piace che ciò sia aperto ». NERIO MOSCOLI 19 riflette nel cuore, in cui desta il sentimento, ragiona nella mente, e trova il centro di ogni affezione nell'anima. E di questa dottrina, della quale si ha il primo accenno nel Guinicelli ( 1), sono pieni i poeti del dolce stil nuovo, specialmente Guido Cavalcanti (2) , Dante (3) e Cino da Pistoia (4). Allo stesso modo il nostro poeta fa sapere alla sua donna: come s'acese Ne la mente 1 disio , qual conven cresca Tanto, che l'alma del cor fugiend'esca ; dipoi la prega, gionte ambo le mani, Per la pietà de quel cor ch'è senç'alma , di non volere ch'egli mora · • col core e con la mente, finchè le domanda conforto onde sofrire Poscia la mente e l'alma sbigotita, Si che non faccia del cor departita. Un'altra dottrina erotico- filosofica si trova accennata nel Moscoli, cioè quella degli spiriti o spiritelli, i quali, menzionati appena nei primi seguaci della nuova scuola fiorentina, danno origine nel Cavalcanti a tutto un sistema di rappresentare e descrivere il sentimento dell'amore (5) , finchè di- (1) Dolente, lasso, già non m'assecuro » , cit. dall'ERCOLE, pag. 285. (2) Ediz. cit. , son. X, XI, XII , XIII. (3) V. N. , XXXIX e passim. (4) Ediz. FANFANI, XXIV. (5) P. ERCOLE, Op. cit . , pag. 131 e segg. Chi volesse conoscere l'origine prima di questi spiriti, e il passaggio che essi fecero dagli Egiziani ai Greci, e da questi agli scolastici e ai poeti del nuovo stile, può consultare utilmente il bello Studio di Giulio Salvadori sulla Poesia Giovanile e la Canzone d'Amore di G. Cavalcanti (Roma, Soc. D. Alighieri, 1895) , a pag. 63 e segg. 20 P. TOMMASINI MATTHUCCI vengono, a poco per volta, più che altro, una forma del linguaggio poetico ( 1). Da essi, considerati come principio vitale, deriva ogni atto d'amore ; e spiriti sono lo sguardo e il riso della donna amata, il pallore che deriva dallo sgomento, il dolore, la noia. Ma il nostro poeta ricorre ad essi una volta sola ; e proprio in un componimento dove più l'arte sua si afferma libera dall'influsso e dalla tradizione di scuola ; però non vi ragiona su, non li chiama in aiuto dell'analisi del sentimento ; ma li nomina quasi per caso e soltanto per introdurli a dialogizzare coll' Amore ( 2) . I poeti del nuovo stile, come avevano tolto , in parte dalla scuola del Notaro, e poi da Bologna, di dove par che tucto l senno vegna (3), il problema filosofico, avevano anche ereditato dai provenzali, sia pure indirettamente, le norme o, ( 1 ) A. D'ANGONA, V. N., pag. 101. (2) Ecco i versi di Nerio : « . . . amor che nel cor me demora, Chiascuno spiritello a sé racolse E de lo ardire e del fugir se dolse. Poi reposato alquanto, a lor se volse, Dicendo: andate, chè bem puote ancora De voi mercede aver chi v'enamora ». Si può istituire un raffronto , quantunque imitazione non mi pare doverci riconoscere, coi versi 9-11 del son . XIII del Cavalcanti. Del resto , basta prendere in esame i sonetti di Guido, specialmente il XX, per vedere quanto il Moscoli si tenga lontano da questa maniera di considerare l'essenza dell'amore : cioè dallo spiritismo. In quanto ai confronti cogli altri poeți, vedi, per DINO FRESCOBALDI e LAPO GIANNI, coi quali gli spiriti fan o la loro prima apparizione, la St. d. Lett. it . di A. BARTOLI, IV, 5, 11 e 12 , e il Manuale di V. NANNUCCI, I, 248 ; per l'ALIGHIERI İ son. VII e IX, la canz. II, la st. I e i § XI, XIX e della V. V. per il CAVALCANTI i son. I, VI, VII, XIII , XVI, XVII , XVIII e XX : e per CINO gli esempi citati dal D'Ancona a pag. 106 della V. N. Cfr. anche, del Boccaccio, La Fiammetta, in Op. min . di G. B. (Sonzogno, 1879; pag. 76) questo passo : « . . . perciocché gli piacevoli suoni ascoltando, in me ogni tramortito spiritello d'amore facevano risuscitare » ; e un altro dell'Ameto ( ediz. di Parma, 1802, pag. 77) . « S'incontrano continuamente anche nelle rime di Lorenzo il Magnifico ( F. FLAMINI, Studi di St. lett. it. e stran. Livorno, Giusti, 1895 ; pag. 63) . Inoltre, sugli spiriti, « personificazione di ciò che nella filosofia peripatetica, quale veniva esposta da TOMMASO D'AQUINO , si chiamava modo di vita », vedi le due lunghe e dotte note del D'Ancona a pagg. 2 ) e 101 della cit. ediz. della V. N. (3) BONAGIUNTA DA LUCCA, in un son. di corrispondenza col Guinicelli. NERIO MOSCOLI 21 per meglio dire, le leggi d'amore ( 1) , le quali ogni perfetto seguace era in obbligo di osservare ; come, ad esempio, questa : < Qui non celat amare non potest (2 ). Nuda formola, che ritroviamo diluita in più versi di un insegnamento d'anonimo trecentista : < D'una cosa ti voglio somonire : d'altrui amore non ti fare conosciente , ched'è gran villananza formentire ; e stu vai e stai con altra giente e tu vedi tua donna venire, guardati di non fare nullo sembiante ond'ella possa venire in bassanza ; e questo è vero, ed è fina ciertanza ch'ella te ne vorà majore amore » . » Ma ciò che in principio fu semplice norma d'amore, in seguito, coll'abito di tutto sottoporre alla speculazione filosofica, diventa motivo dottrinale ; e questa trasformazione troviamo nel Canzoniere del Nostro. Invero, mentre il da Lentino espone alla donna la cosa semplicemente qual è, egli trova modo di teorizzarci sopra, considerando il fatto sotto molteplici aspetti. Si ha, per tal modo, il passaggio dal concetto fisiologico al filosofico (3) . (1) Servendomi di questa espressione, non intendo dimenticare che le Leys d'Amors furono un trattato di poetica, essendo l'Amore divenuto presso i provenzali sinonimo di poesia. (2) M. RAYNOUARD, De Cours d'Amor, in Choix des poésies originales des Troubadours. Paris. Didot, 1817, II, CV-CVI, (3) Giacomo da Lentino sente il bisogno di rivelare alla sua donna com'egli nasconda amore ( Crest. , 43) : così altrove ( Op. cit., 15) : com io v'amo a bon core; e non vi mostro amore » ; « non so se lo savete Ka son si vergognoso k'eo pur vi guardo ascoso « .. lungiamente amando non vi volsi mai dire Com'era vostro amante e lealmente amava, e però ch'eo dottava non vi facea sembiante 2226 P. TOMMASINI MATTIUCCI Però, o che il celare amore non fosse sempre facile ad ottenere nella vita reale, o che i poeti si compiacessero nel loro mondo ideale di siffatto infingimento, dalla nuda legge si passò presto all'artificio : El me bixongna mostrà lo contraro De ciò ch'io tengno dentro dal mio core Ch'ey me conven fugir vostro valore E far parvente che me semble amaro, Ma ' n verità ched io 1 tengno più caro. Dal tenere ascoso amore all'ostentare indifferenza, il passaggio era facile e breve. Più artificioso e complesso doveva essere amare una donna, e fingere d'amarne un'altra. Ma pur la novetà che l'alma sente, Quando per ben covrire amor rafrena Volgiendo passo de la via che y mena, Non porria inmaginare alcuna mente. Che non provato e reprovato l'agia ( 1 ) ; E qual più 1 prova n'è talor men sagia (2) . Questi versi sono l'espressione di un motivo poetico, ovvero la rappresentazione di un fatto che ha riscontro nella realtà ? Si deve dedurne che Nerio amasse una donna, e ne cantasse un'altra, come, a credergli, ci obbligherebbe la novità che l'alma sente nel raffrenare amore, novità che non può immaginare alcuna mente che non provato e reprovato l'agia » ? Ovvero dobbiamo particolarmente riconoscervi Si noti anche come qui si abbia a che fare , più che con un canone dell'attività erotica, con un effetto d'amore : vale a dire colla timidità, sentimento che fu comune a tutti i rimatori dei primi due secoli. Ma di ciò diremo in seguito. Il Moscoli, invece, rare volte sente il bisogno di rivelare alla donna il fatto in in sé e l'artificio, che ne è la conseguenza, l'uno e l'altro a lei ben noti ; ma glie ne palesa le ragioni, sulle quali in più e più sonetti s'intrattiene a discutere . Per alcum simel Perchè denançe al ( 1 ) G. CAVALCANTI, canz. I : « imaginar non pote om che nol prova ». (2) Altrove : « De, non ve senble, madonna, el contraro, ched el se convene Mostrar più sengne e sol l'um tener bene ver si' alchum riparo ». NERIO MOSCOLI 23 fu a una mera reminiscenza della «< gentile donna di molto piacevole aspetto » che per alquanti anni e mesi » Dante ischermo della veritade » ? ( 1 ) È ben difficile il darne una risposta sicura. Inoltre, ogni seguace d'Amore deve osservare la giusta misura ; a ciò ne riporta il Moscoli con questi versi : ve piaccia per Dio poner mente E tener meço nel cortexegiare Si che fallo non sia nel vostro usare. Vedremo più oltre come ciò si colleghi alle dottrine scolastiche intorno alla perfezione, che ha sede nel mezzo. Un'altra legge d'amore, alla quale davasi la più grande importanza, era il tenersi dentro all' amorosa voglia. Piccarda a Dante, che la richiedeva se le anime del Paradiso desiderassero più alto loco, rispose la loro volontà quietare virtù di carità, che faceva volere sol quel ch'avevano, e il modo com'erano di soglia in soglia a tutto il regno piacere « Com ' allo re, che in suo voler ne invoglia « (2). Allarghiamo ancora un poco questa dottrina, su cui poggia tutto il sistema beatifico della terza cantica, e ne avremo il vero principio sul quale il Cristianesimo si regge ( 3) . Dalla divinità poetica del Paradiso trasportiamola nel mondo della scolastica, e ne avremo questa proposizione : « Lo più nobile piacere e quello che scritto è fine di tutti gli altri si è contentarsi ; e questo si è essere beato >> (4). (1) DANTE, V. N., V, VI, VII, XII, II D'Ancona ( ediz. cit. d. V. N. , pag, 44) ricorda che fu comunissimo anche ai provenzali << di fingere di amare e celebrare ne' versi altra donna da quella che si aveva in cuore : e ne abbondano le testimonianze nelle vite de' trovatori ». (2) Parad. , III , 64-87. (3) N. TOMMASEO, La prima sfera, in Comm. alla D. C. (4) DANTE, Conv. , III , 8. 24 P. TOMMASINI MATTIUCCI Facciamo ancora un passo, fino a giungere nel regno dell'amore, e un canone de' Provenzali ne dirà : « verus amans nihil beatum credit, nisi quod cogitat amanti placere » (1). Si ha, dunque, lo stesso concetto, che sotto varie forme va dal principio cristiano alla dottrina scolastica ; da questo alla descrizione del regno divino, e infine alle leggi d'amore ; concetto che il popolo ha ripescato di fra i dotti, per formarne uno de' suoi proverbi : Chi si contenta gode (2). E dall' uno e dall' altro campo, cioè dal poetico e dal filosofico, il Moscoli mostra avere attinto nel placido quietarsi ai voleri dell'amata. Comincerà coll' assicurarla di tener sempre a duce il volere di lei: • • io non posso nè voime partire Dal tuo volere • • ; poi : Alegrezza me vene ond' io più dolglio E so contento asay ciò soferire , finchè le dirà chiaramente : Ne me fuoron de ciò (3) may pene amare, Ma dolcissime e care Perché son volontare E dellecto me dà per voi penare. Onde ciò che me ven da cotal loco , Enmaginando el vostro alto valore, Prendo gratia d'amore Per vago molto e dellectevel gioco . (1) RAYNOUARD, Op. cit. Amerigo di Peguilhan ( Testi ant. pror. , pag. 69) ha dei versi che ci riportano a questo canone trovadorico . Amore «< . de dos cors fai un, tan gen los lia ; per qu'om non den ad amor contradir, comensar e finir ». · pus tan gen sap (2) In questo proverbio si è aggiunto dipoi anche l'elemento ironico , che non credo avesse in principio. (3) Cioè dall'amore. NERIO MOSCOLI 25 Ma egli, dall' esposizione individuale di un fatto cotanto semplice, troverà modo di salire alle ignote cause del fatto stesso, e ci darà dei versi che, mostrando in Nerio una mente speculativa, per poco non parranno un trattato morale: Colui che socto a singuoria se trova Non po seguir del tutto el suo volere Ma spesso li convem l' altrui piacere Antiponer al suo, sey noce o giova. E donqua ciascum sua mente mova A quel volere et a quel desvolere Che vole o che desvole chi l'à'm podere, E dilecto nel cor d' onnum li piova. El non se può servir contra de core Perfecta mente may che tal servitio Convem che tengna d'uno o d'altro vitio , E chi mal serve non ben sente amore . Serva donqua chi vole, e con dellecto Porte 1 martir qual chere eser perfecto . Posto che ai seguaci d' Amore non è lecito conoscere altro volere che quello dell' amata, ben si addirà loro il nome di servi. E tali si professano Giacomo da Lentino ( 1), Guittone (2 ) , il Cavalcanti ( 3) e Dante ( 4). Allo stesso modo il Moscoli si compiace dell' ubbidienza cieca, della dedizione completa di se stesso. Parlando alla donna, dichiarasi servo di lei : Son vostro servo nè ad altrui voi darme ; e, non contento di questo, le ripete più e più volte : finchè : Voi servir solo è voler mio ; Sol per servir te viver m'engienguo. ( 1) E. MONACI, Crest. , pagg. 46, 51, 73. (2) Op. cit. , pag. 169. (3) Son. II. (4) Canz. I e X. 26 P. TOMMASINI MATTIUCCI L'umile devozione, il servire, ci riconducono al regno cavalleresco dei provenzali e al loro mondo poetico. E, sia che il nostro poeta le traesse direttamente di là, o che a lui fossero venute per il tramite della vecchia scuola, altre e numerose reminiscenze troviamo nello sfogliare il suo Canzoniere (1). L'amante, a causa dell' inferiorità in cui si trova di fronte a Madonna, dev' essere timido e umile : Che chi ben ama prega asay temente , E che qual prega molto ardita mente Non ten nel cor ciò ch' ey vol far parere ; versi che sembrano una traduzione letterale da Arnaut di Maruelh : Que mielhs ama selh que prega temen, Que no fai selh, que prega ardidamen (2) . Il perfetto amatore deve saper soffrire nè lamentarsene, perchè la mercede, o presto o tardi, non potrà mancargli. Cosi il nostro poeta : . . io volglio . . per ley ch'amo languire E .. d'altrui pietà, da ley orgoglio, come in Gaucelm Faidit : E platz mi mais per leis pena durar Que de nulh ' autr ' aver tot mon talen (3) ; (1 ) Fu già notato da altri come l'umiltà, l'ossequio, la devozione sia nota comune anche alla nostra lirica, dal Cavalcanti al Petrarca, e uno dei legami fra la poesia trovadorica e l'italiana. Cfr. L. CASTELLANI, Di alcuni precedenti della lirica amorosa di F. Petrarca, in Scritti pubbl, da N. ANGELETTI, Città di Castello, Lapi, 1889. Invece che dal Cavalcanti, come fa il Castellani, a me sembra si sarebbe potuto prender le mosse da Giacomo da Lentino . (2) A. GASPARY, La Scuola poet. sic. , pag. 56. (3) Op. cit., pag. 50. RUGGERONE DA PALERMO ( Crest. del MONACI, 77) : « chi vole amor di donna viva a spene, contesi in gran gioia tutte le pene ». NERIO MOSCOLI 27 27 motivo poetico che fu comune anche ai rimatori del vecchio stile ( 1). Del resto, lieve è tale abnegazione, chè . may gran belleçça Non durò contra d'amor la forteçça ; riflessione che all'animo abbattuto del poeta è di non poco sollievo : Per questo modo ancor prendo conforto, Ch' enteso ò dir che chi ben serve atende Bon guiderdone avere e bel conforto , Poi che servir in bon luoco se stende ; versi che ricordano assai da vicino quest' altri del Maruelh : Auzid ai dir, per quem sui conortatz, Que, qui ben sier, bon gazardon aten , Ab quel servirs sia en luec jauzen (2) . Conforto e speranza in Jacopo Mostacci (3) , in Gallo da Pisa (4), in Brunetto Latini ( 5), assumono una forma sentenziosa in Dante col notissimo verso Amor ch' a nullo amato anar perdona (6) . (1) Questo concetto che, come nota il De Lollis, è una modificazione dell'altro più antico, secondo il quale l'amore doveva essere , oltre quello che è in natura, fonte d'ogni bene e virtù, informa le canzoni erotiche di Sordello : « Qu'eu no voill ges nul fruit asaborar, Per que lo dolz me tornes en amar » (XXI) . C. DE LOLLIS, Vita e poesie di S. di G. , pagg. 77-79 e 180. Cfr. anche A. GASPARY, La Scuola, ecc. , pag. 50 . (2) GASPARY, Op. cit. , pag. 55. BEATRICE, COMTESSE DE DIE (BARTSCH, Chr. prov. , pag. 72) : « Meravell me cum vostre cors s'orgoilla, amics, vas me, per qu'ai rason quem doilla ». (3) E. MONACI, Crest , pag. 59. (4) Op. cit. (5) Op. cit. (6) Inf. , V, 103. 28 P. TOMMASINI MATTIUCCI Partendo dalle astrazioni generali per venire al sentimento individuale, il nostro poeta si maraviglia che una donna quale la sua, cotanto leggiadra e virtuosa, sia anche superba e crudele : Com eser poi che dentro al vostro core Superbia, crudeltà se trove ed ira, Ligiadra donna, che qual fiso mira vede nelgl oglie vostre el vero amore ? versi che hanno più di un punto di contatto con questi di Gaucelm Faidit : Meravilh me, pus ab mi dons es tan Pretz e valors, plazers e digz cortes, Com pot esser , que noi sia merces ; Em meravilh de lieis, on es honors, Sens e beutatz, que ja noi sia amors ( 1 ) . Ma il Moscoli ha qualche cosa di più della semplice maraviglia. A questa fanno seguito subito dopo il biasimo e la minaccia profetica, che • vendecta è presa De quel là dove non è stata ofesa ; e altrove espone più francamente questo concetto : La crudel morte . . Sol per doi modi grava el martir mio : L'um per la fim del mio dolce dexio , E l'altro per la colpa in la qual sede Chi ciò comette, che noy val mercede (2) . (1) GASPARY, Op. cit , pag. 72. (2) Questo concetto non si trova presso i provenzali, nè presso i seguaci del vecchio e del nuovo stile , se non in RUSTICO FILIPPI, che sta a cavaliere fra l'uno e l'altro : ‹qualunque bono sengnore a suo servente, ch'ellui à messa tutta sua intensone, non de' sofrire che moja di nejente, che li sarà de grande rimprensione ». NERIO MOSCOLI 29 Un altro motivo poetico, comunissimo ai provenzali, raramente accennato nel vecchio stile ( 1 ) , e che s'incontra assai spesso, ma alquanto trasformato, nel nuovo, è quello della morte, come necessità inevitabile di un lungo soffrire, o come aspirazione di anime tristi e sofferenti. Nerio considera il fatto oggettivamente ; cioè come episodio, l'ultimo, di una lunga storia d'amore ; e sia che si rivolga alla donna, o ne ragioni dentro se stesso, la morte si presenta non invocata, anzi temuta. In ciò il nostro poeta rimane attaccato alla tradizione trovadorica, senza partecipare, se non appena una volta (2) , alla maniera della nuova scuola. In lui è paura : tanto me fiede Temere e dexiare en ciascun canto , Ch'io me sent' amantar de mort' el manto Se non conforto alcun per voi me riede, come in Arnaut Daniel : eu m' esfortz a mains per lei de far e dir plazers qui m'a virat bas d'aut, don tem morir si l'afans nom asoma (3) ; è preghiera : Saver devete ch'el po durar poco En tal cor vita . (4), Più ampiamente è svolto da un altro poeta perugino, da Marino Ceccoli, che ne fa argomento per uno dei suoi sonetti : « Se caso deverà che per te mora, Come tal volta chi ofende s'usa, Ramenterome al singnor nostro ancora, E converaten gire a far tux scusa Perché si concio m'averai alora ». (1) GIACOMO DA LENTINO, in Crest. it. d. pr. sec. , pag. 52. (2) Son. LVII del cod. Barb. · ( 3) K. BARTSCH, Op. cit. , pag. 136.. (1) DANTE, Canz. I : « Se dir voleste, dolce mia speranza Di dare indugio a quel ch'io vi domando, Sacciate che l'attender più non posso ». 30 P. TOMMASINI MATTIUCCI come in Cercalmont : . . . ben pot ma domna saber qu' eu morrai si ganrem tira ( 1 ) ; è scongiuro : Poy che fortuna m'è contraria tanto Quanto vedere aperto, amor mio caro, Convem ch'io mora nel martiro amaro Ch'essa m'à apparecchiato en ciascun canto , Se non ve prende pietà del mio pianto Nel qual gl'occhie mey triste se bangnaro, come in Bertolomeu Zorzi : cum malautes grevatz quier lai socors don pot esser estortz , vos clam merce per dieu et per pietatz que de la mort estorser mi dejatz (2) . Pertanto bene si avverte come nel Moscoli l' invocazione alla morte sia sempre un mezzo artificioso per ottener pietà, mentre nei poeti del dolce stil nuovo la donna scompare quasi del tutto per cedere il luogo alla morte, che prende figura di persona viva e parlante (3 ). Questi i punti di contatto, e alcuni mi saranno sfuggiti, che il Moscoli ha coi rimatori della Provenza ( 4) . Altri, di (1) BARTSCH, Op. cit . , pag. 48. (2) Op. cit. , pag. 278. (3) Vedi il son. XVIII del CAVALCANTI e la lunga nota che vi fa l'ERCOLE (Op. cit. , pag. 299) . (4) Accenno ad alcuni altri pochi, non tralasciando di notare ancora una volta che molte reminiscenze, invece che direttamente dalla Provenza, Nerio può averle tratte dai poeti del vecchio, e alcune anche da quelli del nuovo stile. Il volto mostra abbastanza lo stato interno : « ... cognoscer podete bem mio stato Per la vista de fuor , la qual demostra Come lo cor, la mente e l'alm'è vostra » ; NERIO MOSCOLI 31 carattere più generale, sull' amore e sulla donna, ne vedremo fra poco. Ma se il nostro poeta spesso ricorda quelli, non è mai un imitatore servile. Difatti, nel suo Canzoniere cercheresti invano la rigidità del tecnicismo, l'ornamento esterno, l'affettazione e l'artificio ; come i giochi di parole, che derivano da analogia di suono, non di significato (1 ) ; i paragoni tratti dalla tradizione classica e dai racconti cavallereschi (2) ; allo stesso modo che, riguardo alla forma, manca la replicacio (3) ; e i provenzalismi di lingua sono rarissimi e tutti già entrati nel linguaggio anteriore d'imitazione. Nė il Moscoli dovette sentire il bisogno, tranne forse poche volte, di ricorrere direttamente alla Provenza, giacchè in Italia AIMERIC DE PEGULHAN (GASPARY, Op. cit. , pag. 59) : .... e ma simpla semblansa Podetz saber mon fin cor ses duptansa, E vos, sius plutz, prendetz n'esgardamen ». L'immagine della sua donna sta fissa nell'intelletto , come la scorgesse nello specchio : mia mente s'alegra en lo ntellecto Nel qual voi vede così propria mente, Com nello specchio, se chi cie pon mente » ; AIMERIC DE BELENOI ( Op. cit. , pag. 66) : < ... mon cor m'es miralhs de sa faisso ». Cifr. anche C. DE LOLLIS, Vita e Poesie di Sordello di Goito, pag. 280. L'incertezza e la speranza dell'amante, raffigurate nel nocchiero , che passa sopra il mar corocciato, ci ricordano, come ho già notato, alcuni versi di BERNART DE VENTADORN (BARTSCH, Op. cit. , pag. 63) ; ma ce ne ricordano anche altri di Giacomo da Lentino, di Ruggerone da Palermo, del Guinicelli e di Dante ; il che ci rende sempre più difficile decidere se e quale di questi rimatori il nostro poeta avesse dinanzi. Në starò a moltiplicare gli esempi, perchè non si finirebbe più. (1 ) Non dico che manchino del tutto, come non mancano anche nei poeti maggiori. Invero, troveremo nel Moscoli : « se may l'amo d'amor » ; « vertù splende nel vostro splendore » ; « sor tutte val vostro valore » ; « ma più me dol che quel non se ne dole Del mio dolor » ; me sent'amantar de morte el manto » ; lo bel piager de voi piager m'aduce » ; e pochissimi altri. (2) Il Moscoli talvolta , secondo l'esempio di altri poeti, trae alcuni confronti dall'arte guerresca (Son. cit .: « Conicoli solean , mangani e pungna ») ; ma due volte sole dal mondo dei cavalieri : Si come barda el core e come sprona Ney fianchi amor de qual ten singnoragio E come sença freno onne viagio Cavalca a quella ensengna ch'ey par bona . . . » ; e : « Io non so se la giostra è comenciata dice che m'è dato el guanto ». Ma bem se (3) Cfr. a pag. 55 della Crest. del MONACI : « Lo viso e son diviso da lo viso » . 32 P. TOMMASINI MATTIUCCI s'era formato da tempo, per mezzo della vecchia scuola, un convenzionalismo di espressioni poetiche e fingevasi di dare importanza, se non nella vita reale, certo nella vita artistica ed erotica, a un complesso di regole di etichetta sociale e di buone maniere, che traevano la loro origine dal mondo brillante e poetico della courtoisie e della gentillesse ( 1 ) . L'importazione dell' arte trovadorica la troviamo compiuta di già nella scuola del Notaro ; ma in questa scopriamé anche un altro elemento, voglio dire l'elemento filosofico, che ebbe poi tanta parte nel Guinicelli. Oltre le riminiscenze provenzali e l'indirizzo filosofico, la lirica predantesca aveva manifestato anche un'altra tendenza ; cioè al moralizzare continuo, e su ogni manifestazione della vita interiore ed esteriore. Tale tendenza ritroviamo nel nostro poeta, che di questa maniera si compiace fin troppo ; tanto che in un componimento d'amore trovi sovente un concetto morale, una sentenza, un proverbio, financo un sillogismo. Ha ragione di lamentarsi del suo stato ; ed eccolo prorompere in amari rimproveri contro gli amici, preludendo ai canti sugli amici della borsa, tanto famosi nel secolo decimoquinto (2) : (1) G. PARIS, La litt. franç, au moyen age. Paris, Hachette, 1888 : pag. 18). ( 2) F. FLAMINI, La Lirica toscana del Rinascimento ant. ai tempi del Magnifico. Torino, Loescher, 1891 : pag. 18. Il téma dell'amicizia dovette ai poeti esser comune, perché ereditato dai classici latini e passato nei trattati dei padri e dei dottori della Chiesa, il cui fiore si ritrova negli Ammaestramenti degli antichi. « Nẻ di rado, osserva il Flamini , t'accade d'incontrare ne' mss. del quattrocento ( segno non dubbio della popolarità dell'argomento) i nomi degli amici perfetti tra varie note di materia retorica e mitologica ». E si ha memoria di una gara poetica sull'amicizia : la quale, ideata dall'Alberti e da Piero di Cosimo de' Medici, ebbe luogo in S. Maria del Fiore il 22 ottobre 1441 . Ma su ciò, che del resto esce fuori del nostro argomento, vedi il bel libro del Flamini , da pag. 3 a pag. 55. Lo stesso téma dell'amicizia è svolto anche in due sonetti di PIETRO DE ' FAYTINELLI, poeta lucchese del secolo XIV (Rime . . . pubbl. da LEONE DEL PRETE. Bologna, Romagnoli, 1874. Son. XVIII e XIX) ; e alcuni versi d'uno di essi ( XIX) ci ricordano quelli di Nerio : «< Amico alcun non è che altrui soccorra, Sia quanto vuole in caso di periglio : Se gli vien meno il San Giovanni e 1 Giglio Rimane come un basto senza borra » , — Non mi sfugge che proprio il XIX, stando ai codici, non si può attribuire con tutta certezza al Faytinelli ; m'attengo però all'opinione del suo editore. NERIO MOSCOLI 333 Nel prosperevel tenpo amice molte Quel se retrova che nel sommo sede ; Ma quel cui la fortuna abacte o lede Sol se retrova el più de le volte. Vuol dare un'idea alla sua donna del martirio che lo tormenta ; ed eccolo assomigliarsi a .. colui che per soverchio affanno Non noia sente nè tormento alcuno Nè sa nè poi dolerse, onde niuno De sua pena s ' acorgie o de suo danno ; e nel pregarla che si muova a compassione di lui, non trova di meglio che farle un lungo ragionamento sull' umiltà : • nobeltà e richeça Quant'è magiure e più fa sè parere Più vole en sè d'umilitade avere E più longiar da sè sempre aspreça, Perciò che argolglio el bon pregio despreça De chi nol sa bem contro tenere. Vere e proprie sentenze sono queste ; sulla fama : . · . è la bona fama cosa bella E val via più ch'altro tesaro ; sulla fortuna : O fallace ventura, quand' hom crede Sovra te fermo star, subitto volte ; sulla giustizia e sulla pietà : doy vertute Che senpre ensieme son care tenute ; sulla vanagloria : quey che troppo altier volando vanno Espesse volte al più basso se tranno ; 3 34 P. TOMMASINI MATTIUCCI sul dover salvare le apparenze : en publico falir te sia molt' ordo e : . . se non casto , cauto almeno esser dia Ciascuno en operar senno o follia. Detti morali, che per lo più sono introdotti come esordio e come termine di confronto in sonetti il cui tèma è l'amore ( 1 ). In un componimento erotico, col quale si rivolge all' amata, il linguaggio filosofico tiene il luogo dell' espressione semplice e sincera d'affetto, con quanto guadagno per la vera poesia il senta ognuno : Quel ch'io no ardesco de far col visibele Cierta ve faccia colui che l conduce ( 2) Che tante volte enançe a voi adduce Lo inviso de me quant'è possibile E che nelgl ' occhie mey alcun risibele (3) Non may apparve da poi vostra luce Da lor parti ch'ella mente traluce Per quella enmagen che ven eccorretibele Onde così come giamay nel core Prese vostra beltà singnoril loco Ora per lo penser sel tene amore. Ne sirà may quel cotal penser poco, Ma tanto durerà quanto mia vita Seguendo l'alma ennella sua partita. Scolastico nelle quartine, nelle terzine si riaffaccia il convenzionalismo poetico del vecchio stile ; e ciò t'accade - (1) Questo medesimo fatto riscontriamo talvolta anche nei provenzali ; come in Peire Raimon, Aimeric de Pegulhan, Richart de Berbezilh, Bertolomeu Zorzi. Cfr. K. BARTSCH, Оp. cit. , pagg. 87, 161 , 167, 275. (2) Amore. ( 3) « ... che è ridere, se non una corruscazione della dilettazione dell'anima, cioè un lume apparente di fuori secondo che sta dentro ? » DANTE, Conv. , III , 8. NERIO MOSCOLI 35 di notare più volte. Tanto che, insieme a un inno laudativo della bellezza, a una protesta d'amore e di fedeltà, trovi talvolta un ragionamento sull'anima, che rassembra una parafrasi poetica di Aristotile ( 1 ) ; e tal altra, abbandonato sulla terra l' Amore dagli strali accorti, sei trasportato per la volta celeste, nella quale un mostro ti riempie di maraviglia, e in un tempo in cui • la luce tanto esmonta Che molto li soperchia oscuritate Quel che ten le doi teste entosicate E la coda retorta in su la ponta. Passa quindi a teorizzare sulla morte habundevele e sul tempo absente, e poi sulla vita, che è debole si , che la mente la vencie ligiermente. Fino a qui abbiamo veduto il nostro poeta legato alla vecchia scuola ; ma, per poco che lo guardiamo ancora, lo sorprenderemo a bruciare incenso al nuovo stile : S'el te dellecta saver dir per rima Ballatelle , cançone over sonecte , Elgl'è bexongno ch'en tutto somecte L'alma col core e la mente tua en prima A quel singnore amor, che con sua lima Schiarisse, enbianca, aguça gl'entellecte Col gram dexio che dentro esso ve mette, Lo qual è de vertù principal cima. Ch'ey fa quel servo che gli è ben sogiecto, De cortexia e de piacere adorno, Tanto ch'en ciò non may prende defecto. Così luy ciengie dey soy ragi intorno, (1) Son, CXLI del cod. Barb. 336 P. TOMMASINI MATTIUCCI Poi de parlar gl'ensengna quello stile Ch'è tenuto tra gli altre el più gentile ( 1) . La dedizione da parte di Nerio non poteva essere più completa. Chi non riconoscerebbe in questo sonetto il dialogo fra Dante e Bonagiunta? (2) E il sommetter l'alma col core e la mente ad amore che cosa può voler dire, se non << andar significando a quel modo ch' ei detta dentro ? » Di più , negl' intelletti cosi limati, schiariti, aguzzati chi non ritroverebbe il nodo che ritenne il Notaro, Guittone e Bonagiunta « Di qua dal dolce stil nuovo ch'i' odo » ? Tuttavia, sebbene in questi versi la dichiarazione di passaggio alla nuova scuola fiorentina sia così recisa , cosi esplicita, da parer quasi ostentazione, se, oltre a ciò che si riferisce all'arte, indaghiamo gli effetti d'amore in essi espressi , li vediamo, non divenuti per anco elemento psicologico, rimanere nella vita esteriore ; e il desio continuare ad essere un profumo di cortesia e d'eleganza, non già una passione che sceglie il suo domicilio per entro al cuore (3) . Ma anche se in questo sonetto, col quale il poeta sembra abbia voluto tramandare la sua professione di fede artistica , ritroviamo ancora il linguaggio convenzionale della vecchia scuola, per mezzo di molti e molti altri entriamo in pieno stil nuovo. Alla contemplazione oggettiva della bellezza sensibile tiene dietro la rappresentazione psicologica dei vari effetti (1) La stessa proprietà d'amore ritroviamo accennata in un noto sonetto di Pieraccio Tedaldi ( Op. cit. , pag. 57) : « ... se chi dice sarà d'amor punto dirà più efficace il suo parere » . Cfr. anche G. CARDUCCI, Le Rime di Cino, ecc. , pag. 62. (2) Dirò più oltre come non creda che i sonetto del Moscoli sia stato veramente ispirato dai versi 49-57 del XXIV del Purgatorio ; ma invece dalla canzone XVI. (3) Alcune di queste ultime parole mi furono suggeritè dal THOMAS colla sua opera, non so se più dotta o geniale , intorno a Francesco da Barberino, pag. 55. NERIO MOSCOLI 37 che l'amore produce nell'animo. L'arte si rinnovella, e gli stessi fatti prendono un'intonazione che non è più quella di prima. Cosi, se il celare amore fu in principio una ficelle, dipoi un pretesto a sottilizzare, diventa infine l'espressione di un fatto che ha la radice in uno stato particolare del cuore, e se ne analizzano le conseguenze : Emaginando, polçella laudata, Qual contra voglia mia far me convene, Non se poriam contar le grave pene Che sent el cor con la mente affanata. E se saveste quanto sconsolata Per lo camin sen va, come chi vene Volta per voi, che d'altrui noi sovene, Vedendose longiare ongne fiata , So certo che pietà ch'è nel cor vostro Faria volger la bocca e gl'occhi cari A consolar glie mey penseri amari . In questi versi non un ricordo della vecchia scuola ; niente di artificioso e di falso. Il poeta non va più in cerca affannosamente del motivo, ma s'abbandona a se stesso ; e appunto per questo riesce semplice e naturale. Cosi, mentre presso i più antichi rimatori di Provenza e d'Italia la vista della donna incute riverenza e ammirazione devota, al nostro poeta accende la mente, e per il desio d'amore endexia l'alma. Il rispetto, l'ossequio diventano timidità, tremito, paura; e quantunque questi sentimenti paiano tra loro simili, l'uno trae la sua origine dall' inferiorità in cui si trova l'amante di fronte a Madonna, e l'altro da una disposizione particolare dell'animo ; l'uno proviene dal di fuori, da una circostanza di fatto ; l'altro dall' interiore, cioè dalla natura ingenua, paurosa, quasi infantile del poeta. Natura, la quale fu comune ai trovatori del dolce stil nuovo, che di tremiti hanno, come il Moscoli, cosparse le loro liriche : Per ciò che stando en la vostra presentia E mirando 1 piacer ch'en voi resplende, 38 P. TOMMASINI MATTIUCCI Tanto dexio nel cor dentro s'aciende , Ch'io perdo alor de parlar la potentia ( 1). Dalla glorificazione della bellezza si passa al vagheggiare affannoso d'un ideale di perfezione e di bontà. Alla vista è sostituita la mente, la quale è accesa di tanto amore, che il suo immaginare è solo della donna ; e sempre cerca il suo simile, senza trovarlo (2) . Nè il mirarla sempre, cosa la quale tanto gli piace, Ch'ell'anemo dexio altro non sede E dilecto ciascum, fuor quel, li spiace, presenta agl'occhi suoi scolpita e delineata la figura di lei, ma la vede formata nel cuore .... per l'alto enmaginar che face Sua mente Onde li corporali (3) occhie dellecto An tal de voi quando veder ve ponno, Ch'alcun deffecto alora non onno. E mia mente s'alegra en lo ntellecto Nel qual voi vede così propria mente , Com nello specchio, se chi cie pon mente. Nell'analizzare i sentimenti che l'amore non corrisposto suscita nell'animo, abbandona tutto il vecchio materiale poetico, per esprimere ciò che sente veramente : Io ò nel core de me stesso pietate Temendo forte che 1 valor non menta ( 1 ) DANTE, Son. IX ; V.V. , II ; G. CAVALCANTI, Canz. II . Questo sentimento dai provenziali era già stato elevato a canone d'amore, come si legge nel RAYNOUARD, Op. e loc. cit. , n. 16 : « In repentina coamantis visione cor tremescit ». (2) . . . . 1 suo simel cerco e no l'invegno ». (3) Cfr. , per il significato di corporale, DANTE, Inf. XXIV, 70-71 ; Purg. XXXIII, 124-26. NERIO MOSCOLI 39 A poder sofferir tanto, che venta Sia gioveneça per più longa etate Vedendo che li cresse crudeltate, E humeltà v'è si del tutto espenta, Ch'io sento l'alma che quase s'aventa Del corpo fuor per la grand'anxietate. Ond' io stando cosi oribel mente, Sol per tema de morte me lamento Che non sento vivendo altro tormento , E poi me trovo con tanto pavento, E si desbegotita la mia mente, Che io non so ' n qual parte se consente. O che accenni al tempo nel quale la sua donna fu a lui cortese e benigna : Ligiadra donna col bel vixo chiaro Fratel filgluolo e singuor dolce molto Pietosa me chiamaste, o s'intrattenga nel suo contrario: • la vita del cor se consuma pasciendo amor de se come faciul mamma, fa sempre uso di parole e di frasi, le quali non risentono più affatto lo sforzo . E nei rapporti coll'amata abbandona ogni riguardo officioso, che la tradizionale cortesia imponeva, ogni ammirazione più che terrena ; e dà libero sfogo all'animo suo : Tu sovra tutte ligiadretta e strega, Che sorbe el cor de qual fiso te mira, Non dài dellecto ad altrui , ma grand' ira A ciaschedun che del tuo amor se lega. Più non pate dolor quel che se sega Che sente quel che 1 tuo amor martira, Onde l'anema mia forte sospira Vedendo che per te dal cor se slega. 40 P. TOMMASINI MATTIUCCI Libertà di linguaggio e di pensiero, vigoria e finezza d'espressione ; ecco le doti del poeta originale . E tale si mostra il Moscoli. Nessuno ha meglio e più brevemente di lui descritto l'avvicinarsi e il sopraggiungere della morte : Io sento morte che m'abraçça e morde ; verso che trova degno riscontro in due altri, coi quali vuole rappresentare il suo stato disperato : io sento l'alma che quase s'aventa Del corpo fuor per la grand'anxietate ( 1 ) . Descriva il momento presente : 19 molte volte la bella humeltate T'à facto invito che per ley te guide, E tu alcuna volta glie soride E mostre de voler la su' amistate , Ma poi retorni en magiur podestate De quella crudel . . . che m'ancide ; torni con la mente a un lontano ricordo : Lor ch'io porsi la mano en ver le rose Meschiate dey color che piacion più, Voi solevaste el vixo alquanto su Mirandome coi vostr'occhie sdegnoxe. Onde devener glie mey vergongnoxe Chinando el guardo loro a terra giu, E la mia lengua muta alora fu En domandar mercé de quelle cose , (1) G. CAVALCANTI : « L'anima sento per lo cor tremare » ; DANTE : Son. IX ; CINO : « . . . l'anima ne va di fuor fuggendo » ; CECCO NUCCOLI ( Son. CCXIII del cod. Barb., 236 in ALLACCI P. A.) : « io sento l'alma che lascia le polpe Fredde per dolglia, ond'io le man mi mordo » . Non fa mestieri di rilevare che il Moscoli s'avvicina al Nuccoli , dal quale tuttavia è superato per crudezza d'espressione. Cfr. anche questi versi di RUSTICO DI FILIPPO (Vat. 3793, ediz . cit . , V, n.º 822) : « E spesse volte sì forte sospiro, Che par che 1 cor dal corpo mi schianti ». NERIO MOSCOLI 41 o mostri lo scoramento dell'animo : Poy non leggete, a que per me se scrive ? ci presenta sempre viva e reale l'immagine di se stesso . l'uomo che entra in azione ; che vive, che sente ; che si agita, ama e soffre. L'individuo si afferma, e l'opera prende consistenza artistica. L'amore acquista tutta l'apparenza di verità, e la donna si muove in un campo proprio e ben delineato. Giunti a questo punto, abbiamo ragione di chiedere : Messer Nerio, che intendi tu per Amore? Il fremito dei sensi ; o un sospiro etereo, impalpabile, che, sorto nell'anima tua, nell'anima tua vive e rimane ? Il desiderio intellettuale, che tende a una donna virtuosa e leggiadra, e su lei si posa ; e personifichi in lui la purificazione e la perfezione di te stesso ? « L'amour, ce sentiment mystérieux qui nous fait concentrer nos pensées, nos désirs, notre vie tout entière sur un seul objet, a presque toujours pour résultat d'élever l'âme et en même temps de doubler la puissance de ses facultés. C'est un ferment énergique pour le bien. Afin de se rapprocher de l'objet aimé, afin de lui plaire, de s'en montrer digne l'homme devient capable des plus grands efforts . Plus sa passion est sincère, plus celle qui en est l'objet se divinise à ses yeux, et plus lui-même s'efforce d'atteindre à la perfection » (1 ) . Era perciò naturale, osserva il Thomas, che i trovatori arrivassero a esprimere questa idea ; tuttavia « les premiers troubadours sont encore trop près de la nature pour le penser e le dire sérieusement »> . Al contrario gli ultimi rappresentanti della poesia occitanica < ont pris très sérieusement le change, et, ayant une fois lâché la proie pour l'ombre, ils ne sont acharnés à faire de cette ombre une réalité » . Questa concezione, la quale non ( 1) A. THOMAS, F. da Barberino, pag. 52 e segg. 42 P. TOMMASINI MATTIUCCI vede più nell'Amore se non la passione del bene e la pratica della virtù , si trova « relevée par un parfum de courtoisie et d'élégance » in Italia, « plus affinée, plus éthérée, en quelque sort, au contact des idées platoniciennes de l'école de Bologne » . Per Nerio l'Amore continua ad essere la personificazione del bene. Lo dice chiaramente : . • l'amor ch'io lodo Fa vertute amare e i vitij storna. Ma non basta. Ciò, anche prestando fede alla sincerità di queste parole, era in quel tempo connaturato così nelle rime d'amore, che non poteva venire in mente a nessuno un affetto, il quale avesse per iscopo la soddisfazione brutale dei sensi. Appena Cecco Angiolieri, il poeta più originale del secolo decimoterzo, ci ha lasciato in se stesso un tipo di amante carnale ; ma anch'egli, quantunque desideri essere in braccio a colei, cui ha dato e cuore e corpo, considera l'Amore come fonte di perfezione ( 1 ) . V'erano per i poeti delle linee tracciate, dalle quali non si sentiva nè il bisogno nè la forza di allontanarsi, tanto sembravano fissate su canoni certi e immutabili. Ma chi era agitato da una passione vera, un tempo si trovava inconsciamente a levar grida contro la soverchia onestà e la fredda virtù, cui cominciava ad anteporre l'umiltà e la cortesia. Di qui il contrasto fra il motivo poetico e il momento reale ; contrasto che si scorge cotanto vivo e frequente nell'opera di Nerio, da far di lui come due persone distinte. Loda nella sua donna l'opera di virtù, nella quale s'estende ogni suo atto con degna bellezza, si compiace di languire per lei, nè vuol che troppo vaccio faccia el suo desire ; ma dipoi le dimanda umilmente che per mercè nel cor suo entri pietà e che non le rincresca di volgere verso di lui il suo pensier cortese, finchè le scaglia addosso acerbe parole : (1) A. D'ANCONA, St. di Crit. e St. lett. , pag. 157. NERIO MOSCOLI 43 Contra me site diamante perfecto Con più dureça che null'altra petra Ben è lontan da quel che par l'aspecto Vostro benigno umile, e ben s'aretra Da lume d'umeltade e tenla tetra Caligine de superbia in grande affecto . Il contrasto che abbiamo notato rispetto all'amore si riflette necessariamente anche nella donna dal poeta cantata ; cosi che di questa ancora si hanno come due concezioni, la donna tipica e la donna individuale. La prima non è punto diversa da quella degl'altri poeti. Onesta, leggiadra, umile, pietosa, cortese, la vaghezza le splende ornata nei begl'occhi, l'angelico parlare prende, avvince chiunque la miri ; nel suo portamento si disprezza ogni vizio, perchè a niuno intende ; è piena di valore e di onore. È il fiore, dentro dai cui rami si posa, con se convene, quel piacere Che desia nobel mente e gentil core ; è la stella, e sor tutte avança De beltà, de piacer e de liança E de vertù ciascuna è filglia e porto. E come Beatrice è l'angiola giovanissima venuta di cielo in terra per miracol mostrare, Nerio crede la figura dell'amata esser propriamente Del ciel venut ' angellica verace .... per certo demostra Che devina virtù gratia li preste Qual tanto onora l'umanità nostra, Che de la luce del ciel propria mente Mecte raggi nel cor de chi j tien mente. 44 P. TOMMASINI MATTIUCCI 1 Ma la differenza fra Beatrice e la donna del Moscoli sta in ciò, che quella a grado a grado si trasfigura, finchè diviene << simbolo animato in cui si uniscono e congiungono intimamente la donna e la personificazione » , mentre questa, anche se qualche volta assume caratteri divini, rimane sempre un essere terreno, col quale il poeta s'intrattiene da pari a pari. Cosi, mentre nell'Alighieri si ha la visione della donna gloriosa della sua mente, della beatitudo, e Amore signoreggia l'anima sua, tosto che questa si fu a lui disposata e prende tanta sicurtade e tanta signoria, per la virtù che gli dava la sua immaginazione, in Nerio è la vista della beltà e il bel piacere, che da lei spera, quello che ferma la sua mente a volerla per donna. E di fronte agl'altri poeti del dolce stil nuovo, il Moscoli ci appare spesse volte più disinvolto, più franco, più libero. Chi, fra essi, s'è arrischiato di dare il nome di strega all'amata, e in un componimento nel quale, scevro affatto da stizza e da ira, si diverte a celiare, a ridere ? Chi di ricorrere ai conicoli, ai mangani, alle pugna? e chi, fra essi, si è a quella avvicinato cosi, da dirle, con tutto il disprezzo dei più comuni riguardi poetici : a che vi scrivo, se non mi leggete ? (1) Ma chi fu l'ispiratrice del Moscoli ? e fu veramente un essere reale ? Tutti coloro che ne' primi secoli trovarono d'amore, si compiacquero di tenere la donna della loro mente cosi lontana dagl'occhi de' profani, che ben di rado a noi riesce di scorgerne le linee e di fissarne i contorni. Ma pur tentiamo di sollevare alquanto quel velo, del quale il nostro poeta volle ricoprirla. Provata già da tempo (2) la realtà umana delle donne (1 ) In un altro sonetto, per esprimere il timore che vane riusciranno le sue preghiere alla donna, ricorre a un detto proverbiale : « Sovra de ciò temo çappare in Arno ». (2) Cfr. , per l'identità: 1. R. RENIER, La Vita Nuova e la Fiammetta. Torino , Loescher, 1879. 2. A. NERIO MOSCOLI 45 i del dolce stil nuovo, credo fuori luogo il ripetere qui, per Nerio, i vari argomenti di indole generale ; e mi limiterò pertanto a notare come alcune circostanze di fatto ci mostrino anche nella donna del Moscoli un essere accarezzato nella sua mente, ma vissuto nel mondo reale. Vari e frequenti ricorrono gli accenni all'età dell'amata ; e, se vogliam credergli, Nerio fu a lei per lunga pezza fedele, ché l'accompagna dagli anni della puerizia ai più perfetti : Gli acte ligiadre con dengn' onestate Dei qual ve sete adorno, amor mio caro, Àn lo piagier de voy facto più chiaro Che d'alcun ' altra en puerile etate . Onde molto ve prego che guardiate, Mo che dal dolce se scierne l'amaro, Che non ve piacia de vertù el contraro , Ma ciò seguite ch'en voi sete usate, Si che la fama che donçella honora Non torne arrietro per vostro deffecto , Ma vengua montando d'ora inn ora ( 1 ) Con se convem guardando al vostro aspecto , Nel qual ongne vertù propria se vede ; Ond' io ve miro con devota fede . In un sonetto, il primo del Canzoniere, si maraviglia che la bellezza e la virtù di lei, ancor giovanissima, siano pervenute a cosi alto grado e prevede che ben maggiori risplenderanno nell' età matura : BARTOLI, St. d. lett. it. IV e V. Firenze, Sansoni, 1881. della donna nel medio evo. Ancona, Morelli , 1885. 3. RENIER, Il tipo estetico Per la realtà cfr.: 1. A. D' ANCONA, La Vita Nuova. Pisa, 1884. 2. F. D'OVIDIO, La Vita Nuova di D. ed una recente edizione di essa, in Nuova Antologia, 15 marzo 1884. 3. A. BORGOGNONI, La bellezza femminile e l'amore nell'antica lirica it., in Nuova Antologia, 16 ottobre 1885. 4. F. TORRACA, Donne reali e donne ideali, prima in Rassegna it . 1885 ; poi in Discussioni e Ricerche Letterarie. Livorno , Vigo, 1888. 5. A. D'ANCONA, Beatrice (Opusc. per nozze) . Pisa , 1889. 6. I. DEL LUNGO, Beatrice nella vita e nella poesia del sec. XIII; prima in Nuova Antologia, giugno 1890 ; poi Milano, Hoepli, 1891. (1) DANTE, Inf. XV, 81 : « . . . ad ora ad ora » . 46 P. TOMMASINI MATTIUCCI Me fe , considerando vostra etate, Inmaginar che ne la più perfecta Vera beatitudine voie aspecta. Però quel prego in cui v'è libertate , Che de bono in milglior voy guide e guarde E salutevel fin quanto può tarde. Altra volta ricorda il passato : Se giovenecta ve vesti onestate, El qual vistir devete tener caro, Perciò che ve facea el vixo chiaro Più ch'a null' altra de la vostra etate , Non se convem che del tutto guardiate Gustar lo dolce perdendo l'amaro, Ch' en verità me par gran contraro Odiar ciò che d' amar sete usate. E ci fu un tempo, per quanto fugace, nel quale gli riu sci indifferente il portamento superbo della donna, perchè aveva ottenuto l'amore d' una giovinetta, che a lui era prodiga di sorrisi e di favori. Di più, in un sonetto scritto nel luglio, prega l'amata di essergli cortese anche in questo mese ; ed è certo che, a meno di non riconoscerci una particolare situazione di fatto, apparirebbe alquanto strana l'invocazione del mese come motivo d'amore (1). Adunque è fuori di dubbio che la donna del Moscoli non si può confondere in un ideale unico ed astratto. Ma non ci è dato scoprirne più addentro l'esser suo perchè, se tutti i poeti amarono di nascondere l'oggetto dei loro pensieri, bisogna dire che Nerio li superò tutti nel comune contegno di amante prudente. (1) L'invocazione a un dato mese non credo possa andar confusa con quella, di carattere più generale , della bella stagione, che fu motivo obbligatorio dei trovatori più antichi; giacché questo diede poi origine a una reazione che, cominciata con Rambaut d'Orange , e aperta e insistente con i trovatori del periodo classico , divenne tradizionale, e per la trafila dei trovatori del secolo XIII (Sordello , Falquet de Romans, ecc. ) arrivò fino nella lirica italiana. C. DE LOLLIS, Vita e Poesie di Sordello di Goito, pag. 83. NERIO MOSCOLI 47 E che ciò sia vero, valga il dire che nel suo Canzoniere manca anche il più lieve accenno, da cui si possa indovinare il nome dell' amata, alla quale si rivolge sempre coll'appellativo di Madonna, di Amor mio caro ( 1 ) , di Polçella laudata, e più spesso di Ligiadra donna mia. In quattro sonetti (2) la chiama il fiore ; e, sebbene essi sembrino formar parte da sè, devono certamente riferirsi alla stessa donna. Ma per mezzo di due altri (3) si viene a sapere che il poeta, stanco delle continue ripulse da parte di quella , cui dà il nome di altera, aveva riposto il suo affetto nella fedele, leale e gaia giovinetta ; e che non badava ai dardi che Amore gli gettava colla destra mano, giacchè colla sinistra, con quell' altra ond'è l cor prosimano, gli getta rose, fiori ed altre gioie (4). Così vediamo due donne ispirare la Musa del Moscoli ; l'una, benchè individuale e moventesi in un campo proprio, foggiata spesso sulla falsariga comune ; l'altra, creazione tutta di Nerio, vezzosa, arrendevole e che vale a romper la monotonia della donna superba e onesta. (1) Son. CXXXII del cod. Barb.: « Gli acte ligiadre con dengn'onestate Dei qual ve sete adorno, amor mio caro » ; son . CXXXV : « Ma pur pietate te prenderà, amore » ; son. CXXXVI : « Io non volgl dir de più , dolce mi amore » . Cfr. DANTE, son. III : <« Piangete amanti, poichè piange Amore » ; CAVALCANTI, Son. XIX : « Amore et monna Lagia e Guido ed io » . Il CARDUCCI, V. N. ediz. cit. , pag. 165, chiama questo modo di simboleggiare la donna « una imagine tutta bella, tutta nuova, tutta nel gusto italiano » Cfr. anche l' ERCOLE, ediz . cit . del Cavalcanti, pag. 301. (2) XLVI, XLVII, LXXIV, LCVI del cod. Barb. Nel primo si leggono questi due versi: Ben è valor sopra valor posente Quel che demora nel francesco fiore ». Che s'alluda colla parola francesco (francese) , alla patria della donna ? Intanto però manca alcun altro accenno che a ciò credere conforti. (3) CXLV, CXLVI del cod. Barb. - - (1) Son. CXLV. Un'immagine d'Amore, identica a questa del Moscoli , ritroviamo in Francesco da Barberino. Così il THOMAS, Op. cit. , pag. 75 : « De la main droite il lance des dars ; de la gauche, des roses. Sa monture est un cheval sans mors et sans bride, et c'est ce cheval, symbole de l'amant, qui porte le carquois et le bouquet de roses où l'Amour puise à pleines mains. Le dards symbolisent les peines ; les roses, le joies d'Amour » . Il Thomas aggiunge che cette fantaisie de Barberino » ha goduto d'una certa rinomanza, perchè si trova riprodotta in molti manoscritti, e il Boccaccio l'ha citata nella Genealogia Deorum. Ma questa fantaisie fu proprio im maginata dal Barberino? 48 P. TOMMASINI MATTIUCCI Nella prima riconosci la dama, nella seconda la giovane e gaia donna del popolo. Cosi è il nostro poeta, mentre da una parte non riesce a dimenticare il tipo femminile della generazione che l'aveva preceduto, la donna altera che tiene in distretta il cuore ; nè quella contemporanea, la donna angelicata, che a lui si rivela per l'alto immaginar che fa sua mente ; dall' altra parte, buttato a mare ogni convenzionalismo poetico, dà luogo alla rappresentazione di un essere che vive e si muove in un campo così lontano dalle astrazioni, come vicino al poeta che lo vide e l'amò. Pertanto, nella lirica erotica di Nerio si mostrano più elementi, i quali egli non è riuscito a fondere in un armonico. E questa incertezza, mentre lo tiene avvinto alla tradizione provenzale, più che non si riscontri in alcun altro del suo tempo, lo palesa anche entusiasta di quel movimento poetico che, lui vivente, s' era andato iniziando. Ma ciò è naturale, per poco che si pensi quanto sia difficile a una nuova generazione poetica dimenticare quelle che l'hanno preceduta ( 1) ; e, d' altro lato, qual fascino dovesse esercitare la nuova scuola fiorentina. Per quanto ovvio cotesto fatto, altrettanto degno di attento esame è l'altro, che il nostro poeta si mostri chiaramente e ripetutamente imitatore di Dante. E perchè appare tale in circostanze di tempo che, mentre valgono a darci lume intorno alla elaborazione artistica di Nerio, si riconnettono alla questione, non ancora risoluta, del tempo in cui la Divina Commedia si divulgò, non sarà male che ne discorriamo un po' minutamente. Le imitazioni da Dante, che s' incontrano nel Canzoniere del Nostro, si possono dividere in due gruppi : quelle tratte (1 ) A. THOMAS, Op. cit. , pag. 92 : « . . . la nouvelle génération poétique ne peut pas oublier les générations qui l'ont précédée et dont elle reste, bon grẻ mal grẻ, l'héritière ». NERIO MOSCOLI 49 dalle liriche e quelle tratte dalla Commedia. Anzitutto fermiamoci su due sonetti, legati fra loro e per il vincolo della forma ( 1 ) e per il contenuto. Sono indirizzati a un collega in rima , e dalla solennità grave, quasi timida, alla quale sono informati, si può dedurre ch' egli fosse di bella fama. Infatti il Moscoli, nel dar le ragioni che lo muovono a seguirne le orme, pone il valor di virtù, che in lui discende e che agrada novella etate, l'aspetto che gli luce prudente e giusto, e il verso tenperato e forte ; espressioni che si ritrovano tutte nella canzone sedicesima di Dante ; cioè in quella, notissima, sulla Nobiltà. In essa dice le lodi del valore Per lo qual veramente è l ' uom gentile, ovvero il valor di virtute • che fa l'uom felice In sua operazione . e dà salute, che si ritrova in donne ed in età novella. E come il verso del poeta si palesa a Nerio tenperato e forte, cosi per Dante l'anima è, nella giovanezza, tenperata e forte. Inoltre, i versi del primo : Altro pensier nel cor non se reduce Che voler come voi el bianco e 1 perso ( 2) , (1) Corona a rime obbligate. Son. CXX e CXXI del cod. Barb. Parendomi cosa utile che il lettore abbia sott'occhio, fin da ora, i due sonetti, li trascrivo in APPENDICE , n.º I. a (2) « Il perso è un colore misto di purpureo e di nero , ma vince il nero, e da lui si denomina » . (DANTE, Conv. , IV, 20) . Questa parola si trova spesso ripetuta in Dante (Canz. XVI e XIX ; Inf. , V, 189, VII , 103 ; Purg. , IX, 97) . A me sembra che anche nel verso (Parad. , III , 12) Non si profonde che i fondi sien persi > si debba senz'altro intendere oscuri, non già perduti, come credono la maggior parte dei commentatori ; invero, Dante non usa mai perso col significato di perduto. Altri esempi li abbiamo in Gillio Lelli (ALLACCI, P. A. 355) : « La dolorosa e scura più che persa » , e nel volgarizz. di Boezio ( ediz. MILANESI, pag. 62) : « Quando la notte sopra la terra è persa .. Cfr. BLANC, Voc. dantesco, alla parola perso. 4 50 P. TOMMASINI MATTIUCCI ricordano quest' altri della stessa canzone decimasesta : Dunque verrà, come dal nero il perso , Ciascheduna virtute da costei . Dopo quanto abbiamo notato, a me sembra non sia arrischiato l'affermare che il Moscoli inviò sue rime all'Alighieri ; nelle quali, per mostrargli visibilmente la sua ammirazione, ebbe cura d' incastrare varie espressioni tolte da una delle sue liriche principali. E da che fu tratto il Moscoli a prescegliere appunto questa ? Dobbiamo riconoscerci una preferenza individuale, determinata da un particolare criterio artistico, ovvero una ragione di fatto ? La risposta non par dubbia, quando si pensi che Dante, come dice il Gaspary (1), pregiava molto, anzi forse più di tutte le altre, o per lo meno tenne come le più caratteristiche della sua Musa le tre canzoni, nelle quali aveva resa la poesia la maestra della virtù (2) . Nè è privo d' importanza il ricordare che, delle tre canzoni, quella sulla Nobiltà segna il punto di partenza dalle dolci rime d'amore, alle lodi del valore, per lo qual veramente è l'uom gentile (3). E il Moscoli, conobbe egli il divino poeta, o a lui s ' indirizzò come a maestro e duce ? La vicinanza di Perugia con Firenze e la loro identità d'interessi non l'escluderebbero ; ma d'altra parte è noto che i poeti del tempo furono spesso in corrispondenza fra loro anche quando si conoscevano solo per fama. In ogni modo questo par certo ; che Nerio dovette tenere Dante in gran conto e conoscerne assai bene le rime (4). (1) St. d. Lett. it. , I, 221 . (2) Non sarà superduo il notare anche che da tutti si ritiene sia stata scritta prima del 1390. sciato (3) « Le dolci rime d'amor ch'io solia » - Doglia mi reca nello core ardire » . Poscia ch'amor del tutto m'ha la- (4) Che la Divina Commedia fosse a Perugia molto letta durante il sec. XIV ci è testimoniato da un documento del 1379, nel quale vediamo tassata l'introduzione in città del livero de Dante, in mezzo alla << lana d'Inghilterra » , all' ainelina » , ai NERIO MOSCOLI 51 Ma affrettiamoci a vedere le altre imitazioni dantesche ; prima quelle del Canzoniere, poi quelle della Commedia. I versi : · amor che nel cor me demora, Ciascuno spiritello a sè racolse E de lo ardir e del fugir se dolse. Poi reposato alquanto, a lor se volse Dicendo andate, chè ben puote ancora De voi mercede aver chi v' enamora. ( 1) ricordano questo passo della Vita Nuova : « E quando ella [Beatrice] fosse alquanto propinqua al salutare, uno spirito d'amore, distruggendo tutti gli altri spiriti sensitivi, pingea fuori li deboletti spiriti del viso, e dicea loro : -- Andate ad onorare la donna vostra ; ed egli rimanea nel loco loro » ( 2). Uno di quei giuochi di parole, tanto comuni ai primi poeti, lo troviamo ripetuto nel Moscoli e in Dante. Questi : Come l'avaro seguitando avere ; quegli: Quale colui ch'è del suo aver tenace Lo quale avar s'appella (3). A proposito dell' inferiorità di fronte all'amata, leggiamo in Dante : Quand'io penso un gentil desio, ch'è nato Del gran desio ch'io porto, liute e quitarre », e in mezzo ai « livera de leggie, messale, breviarie, bibbia » ecc . (A. Rossi, Saggi cit.) . L'importanza di questo fatto fu già rilevata nel Giorn. st. d. Lett. it., II, 216. E lo stesso prof. A. Rossi fece in altro luogo ( Giorn. scient. agr. lett. art. di Perugia ed umbra provincia, a. 1865, disp. 1a ) conoscere come il culto di Dante in Perugia fosse ancora vivissimo sullo scorcio del secolo XV. (1) Son. LIX del cod. Barb. (2) V. N. , XI. (3) Canz. XVIII. 52 P. TOMMASINI MATTIUCCI Ch'a ben far tira tutto il mio potere, Parmi esser di mercede oltra pagato, Ed anche più ch'a torto Mi par di servidor nome tenere ( 1) ; e nel Moscoli : qual nel piacier de voi consente D'ongne viltate el voler suo divide , Ond' io rengratiando voi me lodo Che sentit' ò per voi quello la ' ndio tengno Questa legreçça nel cor per qual godo, Si ch'io son fermo tuctor non dengno D'esserve sempre servo . . . . (2) . Cosi, Dante: Se dir voleste, dolce mia speranza, Di dare indugio a quel ch'io vi domando, Sacciate che l'attender più non posso (3 ) , Nerio : Saver devete ch'el po durar poco En tal cor vita .... . . . . (4) ; Dante : Nerio : Dante : sol per voi servir la vita bramo (5), io . . . dexio vita Sol per poder voi , mia donna, servire ( 6) ; questo è quello ond'io prendo cordoglio, Che alla voglia il poder non terrà fede ( 7) , (1) Canz. XIII . ( 2) Son. LXXXVIII del cod. Barb. (3 ) Canz. I. (4) Son. LVII del cod. Barb. (5) Canz. I. (6) Son. LXX del cod. Barb. (7) Canz. XIII. NERIO MOSCOLI 53 Nerio : Dante : Nerio : .... contento seria de star nel foco , Ma per natura el poder nol deffende ( 1) ; Pietà faria men bello il suo bel volto ( 2) , · pietate Farà men bella la vostra beltate (3). Oltre queste imitazioni parziali, le quali appaiono , almeno alcune, cercate e volute, avvene un'altra, per così dire, complessa e tratta da una serie particolare di liriche ; intendo dire dalle rime pietrose (4) . Sono queste quattro canzoni (5) dal tono brusco, realistico (6), che rivelano un sentimento sensuale, e in cui si gioca colla parola pietra, spesso ripetuta, e sotto la quale si nasconde sempre la stessa donna, che non (1 ) Son. LVII del cod. Barb. (2) Canz. VIII. (3) Son. CXXVI del cod. Barb. (4) Cfr. G. CARDUCCI, Delle rime di D. A. , prima in D. e il suo secolo , Firenze, Cellini, 1865, pag. 715-59; poi, con aggiunte, in Studi lett. , Livorno, Vigo, 1871 e 1880 ; e, infine, in Opere, Bologna, Zanichelli, 1893, VIII, n.º 1. V. IMBRIANI, Sulle Canzoni pietrose di D. , prima in Propugnatore, XV, 1882, e poi in Studi danteschi, Firenze, Sansoni, 1891 , pag. 427-528. Zeitschrift für rom. Phil. , VII, 176, cit. dal Gaspary. A. GASPARY, St. d. lett. it . , Torino, Loescher, 1887 ; I, 230-33 , 454. S. DE CHIARA, La Pietra di D. e la Donna Gentile, nell'Alighieri, a. III , vol. III ; e a parte : Venezia, Olschki, 1892. ( - 5) « Così nel mio parlar voglio esser aspro Al poco giorno , ed al gran cerchio d'ombra » — « Amor, tu vedi ben che questa donna » - « Io son venuto al punto della rota » . La seconda è una sestina, e la terza fu chiamata, ma a torto , sestina doppia. Al gruppetto di queste rime, come le chiama l'Imbriani , da alcuni si aggiungono altri sei componimenti : « Amor mi mena tal fiata all'ombra » — « E, non è legno di si forti nocchi » - « Gran nobiltà mi par vedere all'ombra » — « Io son si vago della bella luce » Nulla mi parrà mai più crudel cosa » — « Io maledico il di ch'io vidi in prima »; - ma dai più son ritenuti apocrifi. Oltre questi, fu attribuito a Dante anche un altro sonetto « Deh, piangi meco, tu , dogliosa pietra » ; ma è certamente apocrifo . Cfr . , per la storia di questo e degli altri , lo Studio già cit. delPIMBRIANI, pag. 445-55 ; e, per le rime autentiche, pag. 456-70. (6) A. GASPARY, Op. cit. , pag. 23 ). 54 P. TOMMASINI MATTIUCCI è Beatrice (1). Anche i sonetti di Nerio, nei quali si gioca, allo stesso modo che in quelli di Dante, colla parola pietra, formano parte da sè e per la forma, che è data da una corona di sette sonetti a parole- rime ( 2), e per il contenuto, che è d'amore. Di tutti, il più importante storicamente è il primo, giacchè in esso si legge che il poeta, mentre scriveva, era lontano dall'oggetto amato e si trovava, suo malgrado, in luogo ove toccara villania oscura e tetra. Del resto, come è suo costume, Nerio non aggiunge verbo che valga a darci lume su quest'altro amore. Ha parole di dolore, d'ira, di sconforto, di speranza ; e questi sentimenti si avvicendano così fra loro, che non se ne può trarre alcun nesso cronologico. Il frasario su per giù è il solito ; ma dietro di esso si scopre un affetto potente che occupa l'animo del poeta ; e quantunque egli in fine si lasci andare ad uno dei comuni voler essere (3) , mostra in fondo di relegare ciò tra gli artifici, e continua a protestare che prima morrà, se in lei non è mercede. In tal modo, che però non presenta nulla di originale, finisce questo nuovo episodio della vita erotica di Nerio. Un'altra donna, adunque, siamo riusciti a distinguere nelle liriche di lui, formando così il numero di tre ; la donna leggiadra, la giovinetta e la pietra ; amore lungo e complesso il primo, gaio e quasi di fuggevole distrazione il secondo, potente, benchè brevissimo, il terzo. Ciò senza dubbio è notevole, che Nerio, per un affetto il quale ha tutti i caratteri della realtà, si sia servito di un motivo preso a prestito. Nè (1) Non sto qui a ripetere tutto quello che è stato scritto sulla identificazione di questo amore; ma rimando alle opere citate. E, lasciando fra le anticaglie la Madonna Piera degli Scrovegni , dirò solo che, mentre non mi sembra doversi accettare l'opinione dell' Imbriani che, desumendolo dall'episodio di Francesca, riconosce nella pietra la cognata di Dante, Piera di Donato Brunacci , ne lascia più persuasi l'ipotesi del De Chiara, il quale crede che la donna gentile ( donna reale) sia la stessa che il poeta cantó così passionatamente nelle canzoni pietrose » ( Op. cit. , pag. 19) . (2) Son. LXXVIII- LXXXIV del cod. Barb. Vedili in APPENDICE, n.º II. (3) Io chero d'eser bom mastro perfecto » . a " NERIO MOSCOLI 55123 dall'Alighieri ha tolto soltanto l'immagine, continuamente ripetuta, della pietra, ma anche la forma artificiosa ( 1 ) ; e due versi di Nerio ne ricordano assai da vicino due altri di Dante (2) . Ma a che pro andar cercando raffronti parziali, quando si può recisamente affermare che i sonetti dell'uno non sarebbero nati, se le canzoni dell'altro non fossero esistite ? Esempio unico di imitazione dalle rime pietrose di Dante (3) , e tanto più degno d'esame, in quanto ci è dato da un poeta che sa inalzarsi a un'arte propria e che anche a questi sonetti, pure togliendo a imitare strettamente tutto ciò che concerne la forma esteriore, sa imprimere un'impronta individuale. Passiamo ora a vedere il secondo gruppo delle imitazioni dantesche, cioè quelle della Commedia. Il notissimo verso, col quale Dante ha voluto giustificare la colpa dei due cognati infelici, Amor, ch'a nullo amato amar perdona , si ritrova non molto diverso in Nerio : esser amato amando è ben perfecto (4) (1) Non intendo con questo di dire che il Moscoli si sia servito degli stessi schemi metrici di Dante : chè anzi sono diversi. Ma come questi fece uso, nelle rime pietrose, di forme metriche . quali per la prima volta introdotte dalla Provenza in Italia (« Al poco giorno . . . » ) e quali da lui inventate ( « Amor tu vedi ben . . . » ) , così il Moscoli si compiacque, assai più che altrove, di una forma artificiosa. (2) DANTE, Canz. X: « . . bianti pur com'una donna, che me' intagliasse in pietra » ; per lo tempo caldo e per lo freddo Che fosse fatta d'una bella pietra Mi fa semPer man di quel, NERIO, son. LXXXIV : « lo chero d'eser bon mastro perfecto Per fare intalglio a mio modo de petra » . (3 ) Però i sonetti di Nerio e i molti a torto attribuiti a Dante, ci fanno pensare a una diffusione piuttosto larga delle rime pietrose. Anche un altro dei POETI PERUGINI, Marfagnone (son . XXXIV del cod. Barb. ) , ha questi versi che forse ricordano i pietrosi: « Convem ch'io dica come più che petra Dureçça tien che morte non perdona ». (4) Son. LIII del cod. Barb. 56 P. TOMMASINI MATTIUCCI Come colui che non è amato amando ( 1 ). I versi dell'ottavo canto dell' Inferno : Corda non pinse mai da sè saetta , Che si corresse via , per l'aer, snella sono ripetuti, con piccola differenza, in un sonetto di Nerio : Corda da se non may pense quadrello Racto così come quel se detese Verso di me • . (2). Un altro passo dell' Inferno, e precisamente del canto terzo, ci ricorda il Moscoli in un componimento indirizzato a un podestà di nome Bacchetto. Sembra che a questo poco o nulla premesse del suo ufficio e fosse in quella di rifiutarlo. Da ciò prende motivo il poeta per dirgli che a lui « non si conviene la via del vicario » , Perché tra l'uno e l'altro è grande invaro ; e lo esorta a << tener caro il suo onore » , Ché mal se legie de quey che lassaro Li grandi offitij per la lor viltate ; (1) Son. LI del cod. Barb. Un altro dei POETI PERUGINI, Manfredino (son. XXXV), ha questi due versi : E ciò dimostra il bel decto di Dante, Ch'ad ongne amante amor dona sua face ». Il sonetto di MANFREDINO, da cui son tolti questi versi, è in risposta a quello sopra citato di MARFAGNONE. Così il ricordo dei versi pietrosi sembra prendere maggior consistenza. (2) Son. LXXXV del cod. Barb. Cfr. Canz. V di Dante: « Distendi l'arco tuo si , che non esca Pinta per corda la saetta fore, Che per passare il core messa v' hai ». NERIO MOSCOLI 57 a non << abbassare la sua altezza » e a non pari con lo sogiecto » Ché familiarità nduce despecto (1 ) . « giocare del Nessun dubbio che per vicario si debba intendere il vicario di Cristo, e appunto Celestino V Che fece per viltate il gran rifiuto » (2) . Che imitazione da Dante ci sia non v'è chi non lo vegga ; ma disparere potrà nascere sul tempo in cui il sonetto del Moscoli fu scritto. A me sembra che il ricorrere all'esempio di Pier da Morone, come ad un fatto avvenuto di fresco e di cui rimanga viva e potente la memoria, ci dia diritto a conchiudere che la composizione del sonetto va riportata intorno al tempo che pontificò Bonifazio VIII ; ovvero non al di là del 1303. Potrà ciò contradire, o essere contradetto dall'opinione comune intorno al tempo in cui la Divina Commedia divenne nota? Certo che si ; ma questa è la vera? Molti ne hanno fatto argomento de' loro scritti ; e principali fra essi il Carducci (3), il Del Lungo (4) , il Gaspary (5) , il Bartoli ( 6) . Il primo afferma che « molta parte della Com- media era già conosciuta » prima della morte del poeta (7) : (1) Son, CXV del cod. Barb. Vedilo in APPENDICE, n.º III . Per quante ricerche abbia fatte nei documenti perugini del tempo, non m'è riuscito di trovare questo nome, sebbene il Pellini e il Mariotti diano, quasi per ogni anno e semestre, i nomi dei podestà durante i secoli decimoterzo e decimoquarto. Che Bacchetto non sia un podestà perugino ? Io sarei quasi tratto a crederlo. Dante- (2 ) Non tengo alcun conto dell'opinione del GOESCHEL (Jahrb. der deutschen Gesellschaft, I, 103-117) , che volle sans bonnes raisons, come dice il Thomas Op . cit ,15 , n. 1 ) , combattere la tradizione, che « voit dans les vers de Dante une allusion à l'abdication de Célestin V ». (3) Dellavaria fortuna di D. , in Studi cit., n. 2. (1) DinoCompagni e la sua Cronica , I, 692-73 . Monnier, 1881, pag. 36-45 . Dell'esilio di D. , Firenze, Le (5) St. d. Lett it. , Torino, Loescher, 1857 : I. 257, 258, 463. (6 ) St. . Lett. it. , Firenze, Sansoni, 1889 ; VI, parte II , cap. V. Si fonda sulla nota corrispondenza con Giovanni del Virgilio , sul sonetto di Cino, ora riconosciuto apocrifo ( BARTOLI, IV , 55 , n. ° 136) , esulla tradizione delle donne laveronesi , del fabbro e dell'asinaio. Rispetto a questa , è senza dubbio giustissimo che tradizione poggia quasi sempre su un fondamento di verità. 58 P. TOMMASINI MATTIUCCI . . . neanco ma, invero, ne dà prove un po' insufficienti. Il Del Lungo, che « Dante è morto senza pubblicare il poema ; e sono ammissibili le pubblicazioni di questa o quella parte di esso, da molti credute e volute provare » (1 ) , e che prima del 1310 o 1312 non erano note se non le liriche ( 2) . Il Gaspary, che « l'Inferno e il Purgatorio erano noti al pubblico , in tutto o in parte, già lui vivente » ; ma poi in un'aggiunta all'edizione italiana propende a credere il contrario (3) . II Bartoli nega fede a ogni argomento in favore della pronta divulgazione del Poema, e crede col Foscolo che durante la vita del poeta poco o niente se ne conoscesse (4) . A tirar le somme, si trova uno che afferma, ma non prova abbastanza ( 5) ; uno che afferma e nega nello stesso tempo ; e due che negano recisamente. Io non mi fermerò per nulla sugli argomenti degli uni e degli altri, giacchè ne trarrebbero fuori del nostro cammino ; ma lascerò dire bre- (1) Dino, ecc. , I, 692. (2) Dell'esilio pag. 38. Nella prima delle sue opere il Del Lungo rimette a nuovo e rinforza gli argomenti del Foscolo ( Discorso sul testo del poema di D. ) e nella seconda ne aggiunge altri, che a me sembrano risentire alquanto il soggettivismo dell'autore. Cosi le parole di Dante : « Dirvi chi io sia saria parlare indarno , Che I nome mio ancor molto non suona » non mi pare abbiano quel significato che il Del Lungo attribuisce loro : ma piuttosto indichino aver Dante acquistato di già fama, e solo nascondere la speranza e la fiducia di una maggiore. E questa mia interpetrazione potrei avvalorare con altre espressioni tolte dalle opere di Dante. (3) Storia cit. , pag. 433. Si ferma più specialmente sulla testimonianza di Francesco da Barberino , il quale parla della Commedia, come di opera nota, nel commentario ai Documenti d'amore, la composizione del quale, secondo il Thomas ( Op. cit . , pag. 68) non va al di là del 1318. Ma il Gaspary dice che ciò lo porta piuttosto a credere che il Barberino << lavorasse al suo commentario ancora nel 1321 » . Con tutto il rispetto per l'illustre critico, a me pare che egli, nel cambiare le premesse di questa ipotesi, si lasciasse trarre da una opinione troppo soggettiva. (1) Combatte l'allusione tratta dall'egloga di Giovanni del Virgilio, la testimonianza del Barberino, cui nega valore, perché crede quelle parole posteriori al 1318 : e altre di minor conto. (5) Non voglio già negare il merito grande che il Carducci ha anche in questa importante questione della storia letteraria italiana ; specialmente avuto riguardo al tempo in cui scrisse. NERIO MOSCOLI 5969 vemente alla cronologia. Il Moscoli, come vedremo fra poco, ha vari sonetti scritti senza dubbio prima del 1321 ; uno nel 1300 e più di uno fra il 1313 e il 1316 ; e nel 1347 era morto da tempo ( 1 ) . Di più si noti una cosa, che a me sembra di capitale importanza. Nerio trae le sue imitazioni dall'Inferno soltanto, e dai primi canti di esso ; cioè il terzo , il quinto e l'ottavo ; e non lo fa invece anche quando il ricordo della Commedia doveva presentarglisi subito dinanzi ( 2 ) . Che vuol dir ciò ? Se egli avesse conosciuto il seguito dell' Inferno, o il Purgatorio, per non dire il Paradiso, perchè non ci ha lasciato nessuna imitazione da essi, neppur una, mentre lo ha fatto più di una volta per i primi canti della prima cantica? (3) . Vi è forse qualche ragione in questa preferenza? Io non saprei trovarla. Adunque, a me pare si possa seriamente dubitare che la divulgazione della Commedia sia stata davvero quella cosa subitanea, quasi improvvisa, avvenuta all'atto della morte del poeta, come generalmente si crede (4) . (1) Dicendo che il Moscoli ha vari sonetti scritti sicuramente prima del 1321 , e che nel 1347 era già morto, ne viene da sè che l'attività poetica di lui si svolse anche prima di quel tempo. E certo che i sonetti in cui troviamo le imitazioni dantesche, non saranno stati scritti tutti , proprio tutti, negli ultimi anni della sua vita. (2) Son. LXXXVII del cod. Barb. e Parad. XVIII . V. a pag. 65 di questo scritto. (3) Ma si dirà. E il lontano accenno al dolce stil nuovo, che abbiamo più sopra notato ? Non è forse tratto dal ventiquattresimo del Purgatorio, dal noto dialogo con Bonagiunta ? Io credo di no. Invero, i versi del Moscoli : « . . . de parlar gl'ensegna quello stile Ch'è tenuto tra gli altre el più gientile » ricordano quest'altri della canzone XVI di Dante : «< Diporrò giù lo mio soave stile, Ch'i' ho tenuto nel trattar d'amore, E dirò del valore Per lo qual veramente è l'uom gentile » ; nè, per giustificare l'altra espressione di Nerio : S'el te dellecta saver dir per rima . . . . .... Elgl' è bexongno ch'en tutto somecte L'alma col core e la mente tua en prima A quel singnor amor . . . . . » , è necessario giungere fino ai versi di Dante, che racchiudono l'espressione della differenza fra il vecchio e il nuovo stile. (4) Che si debba tornare a prestare un po' di fede al Boccaccio ? Io penso che in questa, come in qualche altra questione che concerne la nostra storia letteraria, la critica moderna abbia voluto andar tropp'oltre. Invero , perchè non credere al racconto di lui ? «< Egli era suo costume, qualora sei o otto o più o meno canti fatti n'avea, quelli, prima che alcuno altro gli vedesse, donde ch'egli fosse, mandare a messer Cane della Scala, il quale egli oltra a ogni altro uomo aveva in reverenzia ; e poi che di lui eran reduti, ne facea copia a chi la ne voleva » ( Vita di D. scr. da G. B. , testo crit. con intr. e note di F. MACRÌ-LEONE, Firenze, Sansoni, 1888 ; cap. XIV) . Che non si debba prestar cieca fiducia al Boccaccio in quelle circostanze che valgono a glorifi- 60 P. TOMMASINI MATTIUCCI Resoci conto anche di quest'ultimo fattore della lirica di Nerio, facciamoci a considerare quei componimenti che hanno un soggetto morale, storico , politico. Abbiamo veduto testè come il nostro poeta in vari componimenti d'amore prendesse motivo a moralizzare, sicchè quelli divenissero erotico-morali. In alcuni altri l'elemento scolastico s'impone appieno cosi, da avere brevi trattati poetici sull'onestà, sulla prodigalità, sull'età dell'uomo e sul numero tre e nove. Per mostrare quanto l'onestà sia superiore ad ogni altra virtù, il che si po veder con poca chiosa, mentre non si potrebbe contare in picciol decto Quanto vertù ciascuna è gratiosa ( 1) , ricorre a un vero e proprio sillogismo, di cui queste sono le due proposizioni : .. honestà è d'onore stato altero , Honore è cosa per se dexiata ; delle quali la conseguenza è, che sorra tutte le virtù honestà posa. Nel biasimare il vizio della prodigalità, cosi la definisce : È prodigalità troppa largeçça (2) ; E troppo cortexia più magiurmente Che via più l'om che 1 suo aver s'apreçça ; care la memoria di Dante, è naturale ; ma qual fine possono nascondere le parole ora citate ? E sarebbe stato possibile di affermare cosa non vera, non dico ne' suoi particolari, alla distanza di non molti anni dalla morte del poeta, circa quaranta, quando molti contemporanei dovevano ancora sopravvivere ? Non intendo con questo d aver risoluto l'ardua e importante questione ; ma, sperando di approfondire l'argomento, ho voluto intanto sottoporre all'attenzione degli studiosi alcuni dubbi e alcuni dati di fatto. (1) Grazioso, per grato, piacevole, in DANTE, Parad. , III , 40 . (2) Larghezza, per liberalità , in DANTE, Purg. , XX, 31. NERIO MOSCOLI 61 e insieme ne biasima gli effetti : . al suo gran fallo de vertù pon nome E cieca quase ongn'om ch'entra su hospitio , Onde convem che la fim del iuditio Quel che mal tenne e poi non vidde tome En loco là dove 1 porta tal some Che giamay non vien meno el lor defitio ; effetti che riassume in un verso solo, semplice ed efficace : chil suo sperde vergongna e mendica. La liberalità, come ogni virtù, ha due nemici collaterali, cioè vizii, uno in troppo e un altro in poco. Questi sono i mezzi intra quelli, e nascono tutti da un principio, cioè dall'abito della nostra buona elezione ; onde generalmente si può dire di tutte, che sieno abito elettivo consistente nel mezzo (1). Così il Moscoli prova che il mezzo sovra onn'altro luogo el più degn'è e che vertù sol nel meçç'è. A meglio provarlo, ricorre all'esposizione degl' ordini angelici, come pone Beato Dionisio en suo tractato (2) . ( 1) DANTE, Conv. , IV, 17. (2) Si deve intendere l'AREOPAGITA, e, per il suo trattato , il DE CAELESTI HIERARCHIA. Bisogna dire però che Nerio non avesse ben presente l'opera di Dionisio, giacché questi divide gli ordini celesti in : I. Seraphin, Cherubin, Throni; II . Dominationes, Virtutes, Potestates : III . Principatus, Archangeli, Angeli (« Divini Dionysii Areopagitae Caelestis hierarchia. In civ. Venet. p. I. tacuinum de Tridino , MCCCCCII » , c. XXIII v). Anche Dante nel XVIII del Paradiso dà luogo alla stessa rappresentazione celeste, ma non s'allontana punto da Dionisio. Nè si può pensare che Nerio abbia fatto tale trasposizione per dare, secondo le dottrine dell'omne trinum, un posto più nobile alle virtù ; chè il far primi i Cherubini, i quali in Dionisio sono secondi, non trova altra spiegazione se non in una svista. E ciò forse può confermare anche il dubbio che il Moscoli non conobbe il Paradiso. 6962 P. TOMMASINI MATTIUCCI Li divide in nove, che son partiti in tre parti, cioè : Cherubin, serafin la prima et trone, Ne la seconda si è principato Con podestate e dominatione. Vertute ne la terça ch'hanno a lato Arcangioli et angioli . . . In un altro sonetto passa in rivista le tre prime età dell'uomo: l'infanzia, la puerizia, che dice irresponsabili nei loro atti, e l'adolescenza, di cui dà l'etimologia : Nè quella prima etate de la infantia Nè la seconda, pueritia, receve Color de laude nè blasmar se deve, Però che non perfecta è loro stantia. Ma quando ne la terça alcum se lantia, Adolescente è poi chiamato en breve, Cioè che ad dolum et scientiam leve Prender se po e tener l'on per sua mantia ( 1 ) . I componimenti storici e politici si possono dividere in due gruppi, formati da quattro sonetti l'uno, e da cinque l'altro ; quelli di cui ci è dato fissare il tempo nel quale furono scritti, e quelli di cui ciò non è possibile. Dei secondi, uno ha per oggetto la vita riprovevole di un monaco che, sotto il manto dell'ipocrisia, commetteva ogni sorta di eccessi. Non si riesce a scoprire chi fosse questo frate, ch'egli chiama affamato, insaziabil lupo, che encesto non cura nè de strupo ( 2) Per poder devorar ciò che li è grato ; (1 ) Cfr. la Canz. XVI di Dante, e Conv. , IV, 27. L'Alighieri parte la umana vita in quattro età : adolescenza, cioè accrescimento di vita ; gioventute, cioè età che può giovare cioè perfezione dare ; senettute ; senio. Nel Conciliato d'Amore, « Poemetto allegorico- amoroso del sec. XIV ... pubbl. da V. TURRI » ( Roma, Loescher, 1888) si legge : « La prima etade si è puerile che non se ne fa conto de' suoi fatti. La seconda si è rozza età per poco uso ». (2) DANTE, Inf. , VII , 12 : « Fe la vendetta del superbo strupo ». NERIO MOSCOLI 63 ma dovett'essere in alto grado, giacchè Escie del suo pallaçço con tristicia, Socto la qual tanta pronteça tene Ch'en tra la giente a depredar sen vene. E, particolare curioso, Glie cavrecte e gu'ainel ch'an men malitia, Quey sol dellecta de soddur tal frate , Nou molto cura de mangiar lor mate. In questi versi il poeta prende la sferza in mano e mena colpi aspri e forti, facendosi vindice della moralità offesa. Ed è davvero singolare che in un tempo, in cui gli ordini religiosi dovevano ancora risentire del puro ascetismo cristiano, in una città poco lungi dalla patria del serafico Francesco e da quella del beato Jacopone, si aggirasse un monaco rotto ad ogni vizio di lussuria, e che in pari tempo sorgesse franco e minaccioso un poeta a svelarne le brutture. Ecco un altro aspetto della lirica di Nerio. Il mondo boccaccesco fa la sua prima apparizione ; e uno spirito libero e indipendente piega l'arte propria a ritrarre la vita che lo circonda. In un altro sonetto il Moscoli ci offre un saggio di poesia narrativa, che procede facile, piana e disinvolta. Allude all'assassinio d'una bella donna, compiuto dal padre e dai fratelli (1): Questi sopra crudeli rabiosi cani La bella donna giovene stracciaro E ganbe e braccia suoi tutte specçaro ; Amor paterno e fraterno obliaro. (1) Manca di questo fatto qualunque accenno nelle cronache perugine . Il GRAZIANI ( Op. cit. , pag. 136 e seg. ) all'anno 13-15 ci ha lasciato ricordo d'un orribile fatto di sangue, che mosse a sdegno tutti i cittadini ; l'uccisione di uno Stefano Sabbato giudeo e della moglie. Ma a questa non possono alludere i due sonetti del Moscoli, e per il fatto e per il tempo. 64 P. TOMMASINI MATTIUCCI A tanta defandezza il poeta insorge e grida vendetta : Podestà, capitanio, o car singnore , Se giustitia o pietà ney core amate, De quelle mano crudele e sellerate Vendetta faite tal che ve sia honore. Chè no è cellato el superbo furore Ch' ebbe ucidendo la filgluola el pate Col consentir de quelglie essagurate Cui non sovenne del fraterno amore. Tal crudeltà non may fecer comani Nè saracin giuderi o mal xpiani . La podestà non sirà tanto ardito Che prend a vendicar così gran fallo Perchè de piccioli se retrova en fallo ? El capitan per alcum parentado Lasserà 1 facto andar, ma vergongnoxo Sira de ciò ch'è de bem far volglioso. O che la giustizia punitiva tardasse, o che l'immanità del fatto movesse a grande sdegno l'animo del poeta, lo vediamo di nuovo adoperarsi perchè il superbo furore non vada impunito. Di poco valore il secondo dei due sonetti, è invece condotto finamente il primo. Il momento del delitto vi è ritratto con tale precisione di particolari, da renderlo presente ai nostri occhi ; e la preghiera ch'erompe subitanea, e colla quale il poeta si volge ai magistrati cittadini, sembra comando e minaccia insieme. Il timore che il Capitano del Popolo lasciasse il fatto per alcun parentado, e che il Podestà non prendesse ardire a vendicar sì gran fallo, ci mostra come Nerio non avesse grande fiducia nella giustizia e nella pietà degli uomini. Questo dubbio lo fa altra volta uscire in una invocazione alla Beata Maddalena (1) : (1) Come si legge nei patri Statuti ( III, 28 v. e 29 r. ) , il giorno dedicato nei fasti della Chiesa a Maria Maddalena era in Perugia considerato come festivo, ed era proibito di lavorare, sotto pena di quaranta denari. NERIO MOSCOLI 65 Beata Madalena, per lo acceso Corale amor de la divina gratia Qual te fe abandonar ey van solatia E ney celistiali lo core inteso , Te prego per coley, qual non paleso Più nel parlar, ché ne fuor facti stratia, Che te piaccia operar si che li spatia Passen più breve e con più picciol peso. Sebbene abbia tutta l'apparenza d'un sonetto religioso, non ho esitato a collocarlo fra gli storici e politici, perchè a me sembra che sotto la preghiera s' intravveda una doppia rappresentazione di fatto ; l'una oggettiva e riferentesi alla dimora del poeta, dalla quale ogni pietà era sbandita ; e l'altra, soggettiva, che ci rende l'immagine dell' animo di lui, stanco e anelante al termine della vita ; desiderio racchiuso nella preghiera, che gli spazi passin più brevi e con minor peso. Nè il poeta vi è condotto da una condizione particolare dell' io individuale, ma sibbene dalle vicende fortunose del luogo nel quale egli vive. E appunto per questo riconosciamo nel sonetto un elemento storico . Primo fra i componimenti politici, dei quali possiamo fissare con qualche precisione il tempo in cui furono scritti, ci si presenta un sonetto rivolto a un uomo di Chiesa, a noi rimasto ignoto, il quale andava profetizzando il giudizio divino. E pare si possa anche determinarne l'anno, desumendolo dai seguenti versi, in cui Nerio, rivolto al profeta, lo prega A non voler simigliarse a Giuda Che ancise se stesso, onde perdono Non truova e mer pur che lo nferno el chiuda ( 1) Quinciaddassesse giorne in quanti vono Gle tener pellegrine e nocte quante Reposen la fatiga ch'ey fa sante. (1) Inf. , III, 41 : Nè lo profondo inferno gli riceve » . 66 P. TOMMASINI MATTIUCCI A quale pellegrinaggio si alluderà ? Certo ad uno contemporaneo (1), numerosissimo e cui dovevano concorrere da lontani paesi, perchè Giuda meritasse d'esser tenuto fuori dell' Inferno tanti giorni per quanti pellegrini vanno e per quante notti riposano della fatica che li fa santi. Alluderà all' esercito molto e all'anno del Giubileo, durante il quale « chi da un' eminenza della città avesse mirato quella grande scena, guardando da tutti i versi, da nord, da est, da sud, da ovest, avrebbe visto tanta caterva di gente da parergli che fossero popoli interi migranti e vegnenti per le vie romane antiche » (2) ? Io credo di sì, perchè tutto sembra alludere ad un fatto straordinario, quale non sarebbero davvero i pellegrinaggi che sovente si compievano verso qualche lontano luogo, e tanto meno verso qualcheduna delle città vicine ; e, d'altro lato, se volessimo riportarci al secondo Giubileo, dovremmo andare fino al 1350, cioè a quello bandito da Clemente VI ; al quale il nostro poeta non può di certo alludere. Laonde a me sembra di potere affermare che il sonetto del Moscoli deve essere stato scritto circa il 1300 (3). Gli altri quattro sonetti di questa serie sembrano formar parte da sè, e per la persona cui sono indirizzati, e per il tempo nel quale furono scritti . A conoscer quella e a determinar questo, nella difficoltà d' interpetrazione che presentano, ove si considerino indipendentemente l'uno dall'altro , ci aiuta il primo di essi : (1 ) Lo dicono chiaramente i verbi vono e reposen. ( 2) F. GREGOROVICS, St. d. città di Roma; V, 634. E G. VILLANI (Cron. , VIII, 36) , che ne fu spettatore : « Fu la più memorabile cosa che mai si vedesse, che al continuo in tutto l'anno durante, avea in Roma oltre al popolo romano, duecentomila pellegrini, senza quelli che erano per gli cammini andando e tornando » . Ne va dimenticata la breve e mirabile descrizione che ce n'ha lasciata Dante nel canto decimottavo dell' Inferno. (3) La « Bolla di giubileo » fu da papa Bonifazio promulgata il 22 febbraio 1300 ; ma già fin dal Natale dell'anno innanzi s'eran viste nella città eterna grandi turbe di romei. NERIO MOSCOLI 67 De ver sacciate, meser Ugoccione, Che s'io me fosse acorto al comenciare Che per escriverv io do honore amare, L'utel ( 1) perdesse a torto od a ragione, Non seria scripto per me quel sermone. Però ve piaccia volerlo obliare , Ch ' io son pentuto de tal dimandare E tutto fuor de quella oppinione, Perch'io m'aveggio mo che gamba corta Non se convem ch'alto scalone ascienda, Onde mia scuxa per voi se conprenda. Adunque, in questo sonetto si ha da fare con un Uguccione, e con un uomo di gran conto. Ciò viene attestato dal titolo di messere e dai versi gamba corta Non se convem ch'alto scalone ascienda. Nessun dubbio che qui si parli di Uguccione della Faggiuola ; e mi pare si abbia anche tanto in mano da circoscrivere gli anni nei quali il sonetto fu scritto . Uguccione venne eletto podestà e signore di Pisa nel 1313 (2) , e ne fu cacciato nel 1316 (3) ; e giacchè in esso si allude al tempo della maggior potenza di lui, la data del sonetto si deve riportare a quel periodo di tempo che va dal 1313 al 1316. L'accenno ad un sermone, dal Moscoli inviato al tiranno' di Pisa (4) , e del quale però a noi nulla è rimasto, ci mostra come il nostro poeta prendesse viva parte alle sue vicende ; e se in quello, per quanto imperfettamente ci è dato di rilevare, si era spinto fino a dargli consigli, e nel sonetto a chiedergliene scusa, cogli altri tre si limita a magnificarne (1) Ms. Lutel. (2) G. VILLANI, Cron. , IX, 58. (3) Op. cit. , IX, 78. Cfr. anche P. VIGO, U. d. F. podestà di Pisa e di Lucca. Livorno, Vigo, 1882. (4) G. VILLANI, Op. e loc. cit.: « Questi fu grande tiranno che persegui tanto i Fiorentini e' Lucchesi >» . 68 P. TOMMASINI MATTIUCCI le gesta. Una volta gli ricorda il giorno che dai Pisani fu chiamato a reggere la città loro : Ligiadra, dritta, bella e verde rama Del vostro ceppo ve fo posto en mano El giorno primo che 1 popolo piçano Aveste a regier come ragione ama ; un' altra gli esprime intera la sua fiducia : Ligiadro, adorno e gientil cavalero Prudente, giusto, forte e tenperato ; D'ongne vertù mortal si bene armato , Che vitio non ve fé torcier sentiero , Voi sol site colui per qual io spero Lo populo redurse a buono stato , Ché de voler comun sete pregiato ; e infine intravvede la grandezza e la prosperità del popolo pisano : Mostrato avete come amor de mamma Portate a vostra bella e cara filglia , Ché da lato ciascuno è gram grapilglia (1) . Molte seram che la chiameron damma, Si che benedir poi vostra grandeçça E vostro altero stato , el qual se vede Montar sempre in honore et in recheçça (2) . (1) Allude alle guerre di Pisa contro i Lucchesi e i Fiorentini ? (2) L'accenno all'altero stato , che si vede montar sempre in onore ed in ricchessa, a me sembra debba far pensare senz'altro ad Uguccione ; chè, invero, questa espressione mal s'addirebbe ad un podestà qualunque eletto per il breve periodo di sei mesi. E, del resto, le seguenti parole di Giovanni Villani ( Op. cit . , IX, 88) hanno tutta l'apparenza d'un vero e proprio commento agli ultimi versi di Nerio : « Questo fu il guiderdone che lo ' ngrato popolo di Pisa rendè a Uguccione da Faggiuola, che gli avea vendicati di tante vergogne e racquistate loro tutte loro castella e dignità, e rimessigli nel maggiore stato, e più temuti da' loro vicini che città d'Italia » . Dei componimenti di poeti contemporanei che hanno per soggetto l'imprese di Uguccione NERIO MOSCOLI 69 Oltre questi, di cui abbiamo ora tenuto parola, ci sono rimasti altri componimenti, cui. può convenire l'appellativo di storici, non per il soggetto, ma per le persone alle quali sono indirizzati ; intendo dire le corrispondenze o tenzoni (1) . Hanno queste un' importanza notevole, perchè valgono a farci conoscere le relazioni che Nerio ebbe coi poeti contemporanei e perchè in esse si compendia, per dir cosi, tutta quanta la materia poetica del Canzoniere ; l'amore, la scolastica e il sentimento individuale. E a seconda che vi distinguiamo l'uno o l'altro dei tre elementi, possiamo dividerle in amorose, scolastiche e personali. Tre appartengono alla prima serie ; ma in una soltanto ci è rimasto il sonetto di risposta (2). E, di più , nella prima manca anche il nome del poeta che riceve il sonetto d'invio. Però ne è abbastanza chiaro il soggetto, espresso in questi versi : Io me lamento d' amor che ne l'arco À messa la sua gram vertute e ' ncontra De me la prova e de sua fé son carco . si potrebbe formare come un ciclo a sè. Vanno ricordati, fra gli altri, MARINO CECCOLI (cod. Barb. XLV- 13 ) , FOLGORE DA S. GEMIGNANO (Son. XXIII dell'ediz. NAVONE, Bologna, Romagnoli, 1889) , PIETRO DE' FAYTINELLI ( ediz. DEL PRETE, Bologna, Romagnoli, 1871) . Cfr. anche E. GERUNZI, P. de' F. detto Mugnone e il moto di Ug. d. F. in Tosc.; in Propugnatore, XVII, 6 ( a. 1881) . Dei sei sonetti del Faytinelli su Uguccione, in uno (VII) si hanno questi versi : « Veder mi par già quel da la Faggiuola Re di Toscana : io dico d'Uguccione che ricordano gli altri di Nerio, già citati : « ... vostro altero stato ... se vede Montar senpre in honore et in recherça » . Cfr. anche FAZIO DEGLI ÜBERTI, Dittamondo, II, 30 ; A. PUCCI, Centiloquio, XLIX, Le LI. (1) Per la storia delle tenzoni vedi : P. ERCOLE, G. Cavalcanti, ediz. cit. , p. 55-101 ; e A. GASPARY, La Scuola poet. sic , ediz . cit. , pag. 121-28 . Ma, per ciò che riguarda le origini, vanno consultati con discrezione, massime il secondo . ( 2) Le tenzoni , come vedremo in seguito, erano costituite dalla proposta, o sonetto d'invio, e dalla risposta, cui bene spesso seguiva la replica. 70 P. TOMMASINI MATTIUCCI Or me demostra perchè ciò m' encontra, Amico karo, e se volesse aytarme, Seria leve de morte canparme. E il vecchio motivo dell' Amore arcitenens, che va saettando cogli strali accorti il cuore del poeta. Perdura la rappresentazione oggettiva, e l'elemento individuale si affaccia appena in questi versi : El me saiecta e par ch'onni stral porte Escrito che nesun faccia racolta ( 1 ) Per fine a tanto che l'anima sciolta Da lui se parta piangendo per morte. L'altra corrispondenza, della quale ci rimane soltanto la proposta, è con un messer Bandino. Il sonetto è alquanto oscuro, e per l'argomento e perchè una macchia nel codice. ne rese buona parte quasi illeggibile. Però, a bene intenderlo, giova un'altra tenzone che Bandino ebbe con un Gillio Lelli, e che ci è conservata nel codice Barberino ( 2) . Quegli, alla preghiera che per suo mezzo abbia Cosa da lei (3) che .. done dilecto , (1 ) Si fermi, cessi. Questa espressione si trova anche in Jacopone da Todi . (2) Furono editi dall'ALLACCI, P. A. , 63, 352, 7), 353. - Di Gilio Lelli il codice Barberino ci ha conservato dodici sonetti, la maggior parte amorosi , e due umoristici (ALLACCI, P. A. 319 e 354) : editi tutti dall'ALLACCI. Di questo poeta non ho tro- vato traccie nelle memorie di Perugia. Ma un « BARTOLELLUS Lelli > è nel 1316 fra i Savi dello Studio ( Giorn. d'Erudiz. , IV, 159) ; un « Peruzzolus Lelli » è Console dei mercanti nel 1351 ( Op. cit , V, 316) ; un « Marinus quondam Lelli è Syndicus a Pe- rugia nel 1351 (Op. cit. , V, 336) ; un « dominus Andreas Martini Lelli è chiamato, prima del 1354, lettore, allo Studio, del Sesto e delle Clementine (Op. cit. , V, 368) ; « Fran- ciscus Lelli portae Solis è officiale e sapiente super Studio nel 1386 ( Op. cit . , VI, 310) : K - un « Ser Joannes Puczioli Lelli p. S. Angeli et parochiae S. Mariae de Viridario nominato in un istromento del 1395 ( VERMIGLIOLI, Della zecca, ecc. , pag. 36) . Notero infine che questo nome è sempre vivo in Sabina, per esempio a Rieti, dove esiste tuttora una famiglia Lelli. (3) Dall'amata. NERIO MOSCOLI 71 ottiene per risposta : Chi d'amor porta al cor verace scudo Dei seguir suo voler, s'io ben proveggio, Parlar cortese e honesto vagheggio E sperar contentando el tempo dudo . Bandino, forse prendendo motivo dall'ultimo verso, replica che Non rende acepto respessata luna, No fa salire in ben pur lungo aspecto ; ma il Lelli non si dà per vinto e continua a sostenere che Non då dilecto subitta fortuna Chi vol da lui subitto privileggio Nego che sia d'amor perfecto drudo ( 1) . Se messer Bandino s'acquietasse o no all'opinione del suo contradittore noi non sappiamo ; cert'è che non ci sono rimaste di lui altre repliche. A quanto pare, Nerio seguiva il parere di lui : Vostra relligione altera molto Ne l'abito d'amor, messer Bandino , Me fa de nuovo piacer suo camino, Si che penser ciascuno altro m'è tolto ; e: . . io sono en quella ferma oppinione Ch'è dolce amor de fructo e l'altro amaro. En vostra fede son, ma la ragione Saver dexio per fermarme nel bene Nel quale ho posta già tucta mia spene . (1) Cfr. G. BOCCACCI, dal Proemio al Filostrato (Epist. alla Fiammetta) , in Lett. ed. e ined. trad. e comm. con nuovi doc. da F. CORAZZINI. Firenze, Sansoni , 1877; pag. 9-10. 722 P. TOMMASINI MATTIUCCI Il dire Nerio che l'un frutto è dolce e l'altro amaro, a me sembra ci dia buona ragione per credere che il sonetto di lui vada congiunto con quelli di Gillio e di Bandino, e che per l'uno e l'altro frutto si debba intendere l'ottenere presto o tardi il soddisfacimento degl'amorosi desideri ( 1) . Chi fu messer Bandino ? Un « dominus Bandinus domini Tebaldi ( 2 ) rector scolarium » , perugino (3), viene eletto il 25 ottobre 1308, insieme ad altri ventiquattro savi, per decidere sull'elezione di un professore di Canonica (4) ; lo stesso « dominus Bandinus magistri Tebaldi » , « doctor legum » , fu chiamato il 10 settembre 1326 dai Priori delle Arti in Perugia a dare il suo giudizio insieme ad altri dottori in legge (5) e a dieci giudici (6). Nel 1342 lo troviamo fra i lettori perugini dello Studio ammessi al pagamento del salario (7) . Nel 1347, il 6 maggio, un « meser Bandino » , giudice di Perugia, viene inviato a Foligno per conferire cogli ambasciatori del re d'Ungheria (8) . Dopo quest'anno non se ne trova fatta più oltre menzione. L'appellativo di messere e la religione altera molto mi (1 ) Con Bandino consentono due altri poeti del tempo, Bonagiunta Urbiciani (Rime di G. Cavalcanti, ediz. cit. , pag. 353) e Pieraccio Tedaldi ( Le rime, libr. Dante , pag. 76) . (2) Forse è il magister Thebaldus domini Guidonis, olim de Aretio ... civis perusinus » e dottore « Medicinalis scientie » ( Giorn. d'Erudis . , IV, 125, 155, 157, V, 59) . (3) Che fosse perugino l'apprendiamo da una rubrica dello Stat. perug. pubblicato il 15 settembre 1342 (Giorn. d'Erudiz. , V, 181) . (4) Giorn. d'Erudiz. , IV, 61 . (5) Osbertus, Riccobardus, Leonardus de urbe. (6) Giorn. d'Erudiz. , V, 120 e seg. (7) Mesere Bandino de maestro Tebaldo, mesere Andreia de mesere Raniere, mesere Ofreducio demesere Pietro , mesere Hermanno de Cionolo. Giorn. d'Erudiz. , V, 180-81. Per BANDINO, vedi l'APPENDICE, n.º IV. - (8) < 1317. Adi 6 de maggio nel dicto millesimo vennero in Peroscia gli inbasciatori del re de Ongarya, gli quali dimandarono che per lo comuno de Peroscia se mandassero imbasciatori a Foligno a conferire con gli principali imbasciatori del re de Ongirya, li quale erano fermate in Fuligno; onde che per lo nostro comuno ce fu mandato meser Alixandro e meser Bandino iudici de Peroscia ». GRAZIANI , Cron, cit., pag. 113. NERIO MOSCOLI 73 pare ci diano bastante motivo per credere che il Bandino del Moscoli sia il doctor legum, di cui ci è rimasto ricordo ( 1) ; e perchè negli Statuti Perugini del 1342 (2) è detto che i lettori cittadini non debbano durante la loro ferma << alcuno ofitio nè ambasciada recevere overo avere se non renonzeronno a la ragione a se competente » , viene da pensare che il nostro Bandino nel 1347 o non fosse più lettore allo Studio, o avesse rinunciato al salario a lui dovuto. Dottore, giudice e poeta, amava, secondo il costume del tempo, intrecciare le gravi cure della Legge e dello Stato alle discussioni erotiche e scolastiche. E d'amore vediamo il Moscoli tenzonare di nuovo con un Manuello (3) . Questi finge di rivolgersi ad una donna, cui domanda dove abbia rubato la bellezza che ha nel volto (4), e dove abbia legato Amore, che ad alcuni promette pene e ad altri gioie. Nerio in sua vece risponde che nessuna donna può mostrare giammai rubato piacere, che la bellezza è naturale, non forzata, e che Amore dà ai non degni dolore, noia e pena, mentre dona infinito bene a'suoi perfetti seguaci. Vecchie e noiose dottrine d'amore, distinzioni scolastiche, oscurità di linguaggio ; ecco le caratteristiche dell'uno e dell'altro sonetto. Ma se per riguardo all'arte avrebbero meritato di andar perduti, giova per un altro rispetto che siano giunti fino a noi. Invero, tutto ci porta a credere che Manuello vada identificato con quell' Emmanuele giudeo che ai (1 ) È inutile ricordare che il titolo di messere si dava sempre ai giudici e ai dottori : come quello di sere ai notari. (2) Giorn. d'Erudiz. , V, 183 . (3) Manuello manda il sonetto d'invio che, al pari di quello di Nerio, é inedito . Sono a parole- rime. (4) Sennuccio del Bene chiama l'amata sottil furatrice, e sottil ladra Dino Frescobaldi; e di grida « al ladro » suonerà la nostra lirica d'amore, dai tempi del dolce stil nuovo fino al magnifico Lorenzo. Cfr. F. FLAMINI, St. di St. Lett. Livorno , Giusti , 1895 ; pag. 13. 74 P. TOMMASINI MATTIUCCI suoi tempi godè di una certa fama ; poeta ebraico e rimatore volgare della prima metà del secolo XIV (1) . L'Allacci lo chiamò Maniello Zudeo da Gubbio ; ma un equivoco lo trasse in errore (2). Il Carducci (3) ci dice che fu in relazione con Cino, che gl' indirizzò dei sonetti, e che fu alla Corte di Ravenna, dove compose dei versi amorosi, inediti, e dove deve aver conosciuto l'Alighieri. È autore di un poema ebraico, Mechaberot, in cui, a imitazione di Dante, descrive l'Inferno e il Paradiso, e in questo «< assegna splendidissima sede a un amico suo ch'ei chiama Daniele e che dichiara l'uomo più sapiente del secolo » . In Daniele il Geiger ha creduto di ravvisare Dante ; e il Carducci crede abbia dato nel segno, perchè di quel secolo non si conosce un israelita, cui si confaccia l'encomio di Emmanuele, e perchè è conservata nel nome ebraico la prima sillaba del toscano (4). Il Del Balzo (5) aggiunge altre e copiose notizie, tolte dagli scritti dello Steinschneider, del Vilheimer e dello Sholman, che hanno trattato di Emmanuele come poeta ebraico. Lo dicono nato fra il 1262, il 1265 o il 1272, e morto circa (1) Un « meser Manuello de gli marchese de Massa del contado de Fermo » fu podestà a Siena nel 1335 e a Perugia nel 1336 (GRAZIANI, Cron. cit. , pag. 115) . Però nessun indizio che questi fosse anche poeta. (2) P A. - Dovette equivocare con Bosone da Gubbio, il quale indirizzò appunto a Emmanuele il noto sonetto sulla morte di Dante. Del resto, si limita a citarne il nome nell' Indice. (3) Della varia fortuna di D. - Le fonti del Carducci sono uno scritto del D'ANCONA, in Riv . it. di scienze, lett. ed arti, colle effemeridi d. pubbl, istruz., IV, n. 120, 5 genn. 1863 ; e un volume del GEIGER. Io non sono riuscito a vedere né l'uno né Faltro . (4) Quest'opinione, secondo che dice il Del Balzo (Poesie di mille autori intorno a Dante Alighieri, Roma, Forzani, 188) ; I) è stata , sulla fede dello Steinschneider, contradetta Il canto del Mechaberot, quello in cui s'è voluto riconoscere un'allusione a Dinte, fu pubblicato in ebraico dal Del Balzo ( I, 493-565) ; e, tradotto dal Seppilli , nel vol. II della stessa opera, pag. 5-54. (5) Op. e loc. cit . - Il Del Balzo, pag. 315, n.º , dice che l'Allacci fa Emmanuele nativo di Gubbio, perchè nella raccolta Barberina il primo dei suoi sonetti porta scritto Manuel Zudeo da Gubbio. Ma se anche il Del Balzo allude al XLV-13 ), qual confusione ! NERIO MOSCOLI 7575 il 1330 ; e tutti concordemente lo fanno romano ; ci danno persino il nome del padre e della madre, nè ignorano le condizioni di sua famiglia. Parlano di lui con « forma enfatica, quasi iperbolica » , il che ci dà « un'idea dell'entusiasmo che desta la lettura delle sue poesie tra i cultori delle lingue orientali » ( 1). Entusiasmo che, ad essere sinceri, non proviamo punto nel leggere i suoi componimenti in volgare. Nel codice Casanatense d. V. 5 (2) si legge un sonetto di Cino a Bosone sulla morte di Dante, e la risposta di lui ; ma son ritenuti apocrifi da un pezzo (3 ) ; vi si legge anche (4) la corrispondenza fra Bosone ed Emmanuele, e un altro sonetto (5) , in cui dà la definizione d'Amore e ne enumera le più minute particolarità ( 6). Il signor Modona trovò in un codice bolognese (7) un componimento poetico intitolato Bisbiglio, in cui si trovano « modi di dire e perfino immagini che molto s'avvicinano a quelle usate da Dante, specialmente nella prima cantica » (8). Questo stesso Bisbiglio si ritrova, colla leggenda << Bisbidis de Manoello Giudeo a Magnificentia di Messer Cane de la Scala » , nel codice Casanatense ( 9) , (1) Op. cit. , pag. 315-16. (2) c. 89 v. e 90 v. Il codice Casanatense è stato edito, insieme al Vaticano 3214 . dal mio amico e compagno di studi dott. Mario Pelaez (Collez. di Op. ined, o rari; Bologna, Romagnoli, 1895) . (3) CARDUCCI, Op. cit. Cfr. G. MAZZATINTI, Bosone da Gubbio, in Studj di Filologia romanza, I , 329-33. Il Mazzatinti fin da allora, cioè dal 1881, annunziava uno Studio del Zenatti su Emmanuele: ma ancora lo si attende invano. Ne sarebbe lavoro inutile. Cfr. anche P. GAROZALO, Lett. e Filos. , Opuscoli. Napoli, Ferrante, 1872 ; pag. 39-16. (4) c. 123 r. e v. (5) c. 124 r. (6) La seconda terzina ne è alquanto caratteristica : Amor fa quello di che più mi doglio, Che non s'attene a cosa ch'io li mostri Ma sempre mi sa dir pur : così voglio. (7) 1239 dell'Universitaria di Bologna Lo pubblicò nel Vessillo israelitico di Casal Monferrato, a. 1855, punt. XII. Cfr. E. LAMMA, Il codice di rime antiche di G. G. Amadei, in Giorn. St. d. Lett. it., XX, 16 ) e 161. (8) DEL BALZO, Op. e loc. cit. (9) Da c. 12i v. a 126 v. 76 P. TOMMASINI MATTIUCCI di dove lo ripubblicò il Mazzoni. Ma, o che io erro, non meritava tanti onori ( 1 ). Per conchiudere, quattro sono i componimenti che per ora possiamo ascrivere a Emmanuele ; il sonetto sull' Amore e i due di corrispondenza con Bosone e con Nerio, e il Bisbidis. E che nel Manoello del Moscoli si debba riconoscere il poeta giudeo, ci conforta il vedere come nel codice Barbe- . rino si legga il sonetto di Bosone sulla morte di Dante ; e si in questo, come in quello d'invio a Nerio e negli altri a lui attribuiti, la grafia del nome sia sempre la stessa : Manuello e Manoello, mentre quella di Emmanuele fu certamente rimodernata, non so se per la prima volta dal D'Ancona. Nelle tenzoni che abbiamo chiamato erotiche, il soggetto è dato da un dubbio che il poeta ha sulla dottrina d'amore, e di quello chiede la soluzione a qualche collega in arte. Pensiero più grave agita altra volta la mente di Nerio, e lo obbliga a formularne un quesito in un sonetto programma (2) : El non par ch'abia libro arbitrio alcuno Poder montar a gloria ternale , E simel mente nel contrario male Non par che possa descender ciascuno. Eccoci davanti a una disputa scientifico- scolastica (3) . (1) Descrive minutissimamente la Corte di Verona. Vi si leggono parole come queste: gach, pedach, duduf, quest'ultima ripetuta la bellezza di sei volte di seguito. (2 ) Non bado a ripetere quanto i sonetti-programma fossero comuni ai poeti dei primi due secoli. Basti, per tutti, quello notissimo dell'Alighieri : « A ciascun' alma presa e gentil core ». (3) Errerebbe chi reputasse la discussione sul libero arbitrio frutto dello spirito scientifico del secolo nostro. Tutto il libro V del De Consolatione philosophiae di Boezio è dedicato alla discussione del libero arbitrio ; e vi si legge che « nihil sceleratius excogitari potest, cum ex providentia rerum omnis ordo ducatur, nihilque consiliis liceat humanis, sit , ut vitia quaeque nostra ad bonorum omnium referantur auctorem » ; al che la Filosofia risponde che vecchia inchiesta e lamentanza è questa della Providenza, e già molto disputata da Cicerone, quando la Divinazione distinse, ma da nessuno ancora diligentemente e fermamente spedita. Bernardo di Chiaravalle (sec. XIII) ne scrisse un trattato, che fu volgarizzato nel sec. XIV ( Scelta di Cur. lett. ined, o rare. Bologna, Romagnoli, 1856, disp. LXV) , e di cui questa è la somma : NERIO MOSCOLI 7777 Due poeti risposero al quesito del Moscoli ; Simone da Pierile e Marino Ceccoli. Quegli, dopo aver protestato che il suo conoscere è troppo disuguale all'alta dimanda, perchè al tutto de saver degiuno, soggiunge . . ch'animale È hom de pieno arbitrio , e scende o sale Per volglia non coacta ciascheduno. E come Marco Lombardo a Dante, che ne lo avea richiesto, fa riflettere che se ogni cosa movesse di necessità dal cielo, · fora distrutto Libero arbitrio, e non fora giustizia Per ben, letizia, o per mal aver lutto ( 1 ) , così il da Pierile non si perita di dire che, se non fosse ciò , non averia merto Alcum de bem né pena de follia El giusto scieler serebe inesperto, Quod est infandum . • . e come Virgilio ammonisce il discepolo, avido di conoscere, che il cielo inizia si i nostri primi movimenti, ma non tutti e che se il libero volere nelle prime battaglie dura fatica col cielo, infine la vince su tutto, perchè Innata v'è la virtù che consiglia, E dell'assenso de' tener la soglia (2) , .... quella cosa che non è conosciuta libera di sè come le può essere imputato bene o vero male ?" ... [ ma] di questo vantaggio di dignità . . . adornò e dotò il creatore singularmente la creatura razionale , che come elli era di sua ragione, e l'esser buono era per sua medesima volontà, non necessità . . . » . E due secoli più tardi (1377) Coluccio Salutati ne fece argomento di un suo carme latino (Epist. , I , 281-88 ; e, Epistola al Zambeccari, II , 231 ; e 318, n. 2) ; e di un dialogo il Valla nel sec. XV ( F. FLAMINI, in Giorn. st. d. lett . it. , XX, 453) . (1) Purg. , XVI, 66-96. (2) Purg. , XVIII , 43-75. Cfr. anche son . XXXIII. 78 P. TOMMASINI MATTIUCCI cosi Marino Ceccoli risponde che la presenza di Dio non impedisce all'uomo di reggersi secondo la propria volontà : e che La presentia de quel ch'è terço et uno, Perchè proveggia l'ordene fatale , No impedisce arbitrio spander l'ale Sovra proprio dexio de ciascuno El pre saper non giudica che sia Come destina, ma com'è suo merto Receve chi via pilglia bona o ria. Le argomentazioni dei suoi contradittori sembra non convincessero appieno il nostro poeta, e replicò ad ambedue : tuttavia amò meglio di passare ad altra materia, convinto Che questa sol per fé posse vedere ( 1 ) , di più lasciando · • la contesa ormay per ria Ché quey che troppo altier volando vanno Espesse volte al più basso se tranno. E col darsi in braccio alla Fede operò da saggio, chè ben care pagò Cecco d'Ascoli le sue ereticali dottrine intorno a questo stesso argomento (2). Poco o nulla sappiamo di Simone da Pierile. L'unica notizia, che su di lui c'offra un po' di luce è il sonetto proposta di Nerio, nel quale porta il nome di lectore. È fuori di dubbio, adunque, che egli professasse pubblicamente qualche disciplina, e si può esser quasi certi di non andare errati af- (1 ) CECCO D'ASCOLI, Acerba, V, 1 : « . . senza fe' del ben non si fa acquisto »>. (2) Accusato di magia e di giudicare nelle azioni umane secondo la disposizione e operazione de' corpi celesti, togliendo così al tutto il libero arbitrio, fu arso vivo insieme ai suoi libri , cioè la SPERA, pieno d'eresie e d'inganni, e un altro in volgare, nominato l'ACERBA. F. PALERMO, I Manoscritti Palatini di Firenze. Firenze , 1858-69, vol . III, 1860, pag. 220 e segg. — Cfr. anche G. VILLANI, Cron. , X, 40. NERIO MOSCOLI 79 fermando che fosse dottore in legge ( 1 ) . Ma dove, e quando ? Manca nell' albo dei lettori dello Studio Perugino, il che pare escludere che a questo appartenesse. Però dovette godere di grande rinomanza, chè Nerio fa a lui dimanda non tanto per la sua Volontà quietar, ma per qui c'anno Simel penser ney cori e quete stanno ; e, ottenuta risposta al primo dubbio, lo scongiura a non privarlo del suo sapere : E più vagheça d'odir più rauno Da voi , ragionevele animale, desideroso d'andare come quey vanno Che seguitando altrui lo miglior fanno . Ne questa dovett'essere l'unica volta che il Moscoli e il da Pierile stettero in corrispondenza fra loro, dal momento che quegli si rammaricava d'essere stato gran tempo degiuno Del pasto amato che no è disoguale A quel ch'i' enmaginava Più fortunati siamo rispetto a Marino Ceccoli. Fonti principali, si può dire uniche, sono le sue rime e un'epistola di Coluccio Salutati ( 2 ) . Il primo sonetto che di lui si legge nel codice Barberino (3), porta la notazione. (1) Fra gli ambasciatori dal Comune perugino mandati il 26 luglio 1347 ad onorare Cola di Rienzi, figura, per porta S. Susanna, Filippo de Oddo da Pierle. GRAZIANI, pag. 144. (2) Epist. di C. SALUTATI, a cura di F. NOVATI, in Fonti p. la St. d'Italia, Roma, 1891, n. 15 ; I , 8. (3) I componimenti poetici di Marino Ceccoli, ad eccezione di due, che furono pubblicati nel 1893 da A. TENNERONI in un opuscolo per nozze , sono inediti . L'ALLACCI (P. A.) si limitò a darne il nome nell'Indice. 80 P. TOMMASINI MATTIUCCI « Ser Marinus Ceccholi de Perussio » , e Marino Cecholi de Perusio » la lettera di Coluccio . Adunque, sulla patria nessun dubbio ; fu di Perugia. Il codice Barberino ci ha tramandato una prosa, un'epistola latina e ventisei sonetti ( 1) , di cui dodici amorosi, otto filosofico- scolastici e personali, e sei storici ( 2). Lo troviamo in corrispondenza con Ugolino da Fano, con Gillio Lelli e Cecco Nuccoli ( 3), e con Cino da Pistoia ( 4). Ha un sonetto su Neri ed Uguccione della Faggiuola (5) , uno sul diluvio fiorentino del 1333 (6), e altri sui Pietramala, signori d'Arezzo ; e perchè in uno di questi ultimi si legge andar essi a lenti passi per (1) II NOVATI (Op. cit. , pag. 76, n. 1 ) è incorso in una lieve svista attribuendo al Ceccoli, dal codice Barberino , ventisette sonetti ; svista causata con ogni probabilità dal son. XXIV che non è di Marino, quantunque stia fra quelli di lui, cui, al contrario, è indirizzato . Ciò si rileva dal v. 2 : « Ser Marin mio . . . » e dall' et della notazione, « Et scribit ei sonitum rimis equivocis ut infra patet », che ci dice come il sonetto dovesse far seguito ad un altro , omesso dall'amanuense. Sembra dal verso 1 , « De lascia ormay le contadine sale », che il Ceccoli allora dimorasse nel contado, e che pochi andassero esenti dai suoi pizzichi e dai suoi sarcasmi : « E perché con lo tuo sapido sale Nium non trovo contra chui non pungni Io dico con la lingua non con pungni » . E, di più, appare che fosse di già ben noto per le sue dottrine che qui vanno intese forse per quelle d'Amore : « E le doctrine tuoi le quali io servo Ne la mia mente, non estian si sole Da te factor de lor, cui sempre servo ». — I NOVATI poteva anche aggiungere gli altri tre componimenti che stanno a c. 131 , 132 e 133. (2) Nel cod. CCCCXXIII della Palatina, di mano del secolo XVIII, si trovano riportati alcuni componimenti poetici di Marino Ceccoli ( F. PALERMO, I mss. palatini di Firenze, II , 152) . (3) È una tenzone di argomento politico, sui Tarlati di Arezzo. Il sonetto di proposta è di Marino, ed ha questa notazione : « Ser Marinus Ceccholi tractans de statu illorum | de Petramala » . I due di risposta sono editi in ALLACCI (P. A.) , 219 e 347. (4) Il sonetto di proposta è di Cino, « Io so sì vago de la bella luce », e porta la leggenda : « C. dominus de Pistorio ad S. Marinum, | narrans vagaciones amoris et proprietates illorum qui filo amoris li gati sunt, ponens hoc in seipso . | ». Fu edito nella Vita e Poesie di Mess. Cino da P. per S. CIAMPI, Capurro, 1813 ; ma da altro ms. (Cfr. A. Bartoli, St. d. lett. it. , IV, n. 53) Il sonetto del Ceccoli, inedito, ha la notazione : «< Responsio ser Marini ad predicta | ponens potentias amoris et ludum ipsius. | (5) Ser Marinus Ceccholi tractans de statu aretino ». (6) « Ser Marinus exclamans ad Iovem contra diluvij florentini » . Cfr. MANSI, Cronichette, ediz. Silvestri ; G. VILLANI, Cron. , XI, I -IV ; G. TIRABOSCHI, St. d lett. it., Modena, 1775 ; V, 17 ; S. MORPURGO, Dieci sonetti storici fiorentini. Firenze, Carnesecchi, 1893 ; e un serventese di ANTONIO PUCCI, Giorn . st. d. lett. it. , XXII, 402. NERIO MOSCOLI 81 trovare un luogo sicuro dove riposare i loro spiriti lassi, nè aver muro nè fosso, nè poggio, nè ombra, che di loro si faccia albergo, viene da pensare che la composizione del sonetto vada riportata intorno all'anno 1308, nel quale anno appunto i Tarlati furono, insieme ai Secchi, cacciati da Arezzo ; dove riposero piede di lì a poco ( 1) . Il Ceccoli fu accusato de vitio sodomie ; ma, oltre la difesa che di lui fece un Ugolino, poeta contemporaneo (2) , intese di scolparsene egli stesso coll' indirizzare a costui un'epistola latina, nella quale si duole di tale calunnia, peggiore della morte, « quoniam quilibet morti nascitur, non tamen iniurie » (3); e un sonetto, in cui dà colpa di ogni infelicità umana al non seguire quel verace amor che regge il cielo, amore che in noi diviene saturnio gielo. Nel 1366, il 19 di settembre, lo troviamo a Firenze deputato del Comune di Perugia con Tanio Falcucci per la lega italiana contro le compagnie di ventura (4) . L'epistola del Salutati porta la data di Roma, 2 gennaio 1369, con questa leggenda: « Preclarissimi eloquii viro domino Marino Cecholi de Perusio iurisperito musarumque familiari egregio, amico karissimo » . In essa Coluccio lo prega, a nome anche di Francesco Bruni, a volergli procurare « Perusini cancellariatus officium » (5) ; il che dimostra come Marino godesse di grande autorità in patria. Due passi dell'epistola di Coluccio (1) G. VILLANI, Cron. , VIII, 99 ; DINO COMPAGNI, Cron. , II , 326. (2) È inedito, e porta questa notazione : « Dominus Ugolinus quando dictus ser | Marinus fuit incepatus de vitio sodomie | excusans quod de predictis | non erat culpabilis . » -— L'ALLACCI ( P. A.) nomina Ugolino nell'Indice. (3) Contro i sodomiti si leggono pene severissime negli Statuti di Perugia. Del resto dice benissimo il Bartoli ( St. d. lett. it., VI, p. 2a, pag 55-65) col Blanc, che il ◄ vizio di sodomia era così comune nel secolo XIII , da non sentirsi per esso quel ri- brezzo che ne sentiamo noi oggi ». (4) Doc. per servire alla st. d. milizia it. dal XIII sec. al XVI raccolti negli archivi di Toscana e preceduti da un discorso di G. CANESTRINI, in Arch. st. it . , XV, 91, cit. anche dal NOVATI, Op. e loc. cit. (5) Allora il Salutati, cioè sei anni prima d'essere assunto al cancellierato del comune di Firenze , si trovava a Roma presso il Bruni, segretario pontificio. 6 82 P. TOMMASINI MATTIUCCI sono assai notevoli ; uno, dal quale s'apprende come il Ceccoli fosse a mano a mano salito in alto onore : « iandiu, postquam tue virtutis lumen illuxerat, et, volitante fama, segnius quam res tanta merebatur, tui noticiam, imo tuorum meritorum habui, te avidis complexum lacertis imis in sensibus collocaram » ; e l'altro in cui gli dà lode di mantenersi fedele alle vere tradizioni dello scrivere : « nimis etate nostra eloquentie studia negliguntur et iam reges et principes non latine, sed gallice vel suis vulgaribus scribunt .... quapropter cum aliquem audio ad huiusmodi studia animum applicuisse, fama delector et illum virum, etiam alias incognitum, admiror et diligo. tu autem quantum in illa profeceris tibimet es conscius et ceteris iudicandi copiam multis rerum documentis exhibuisti . . . . vidi dictamen stilumque tuum, in quo non modernorum lubricatione iocaris, non religiosorum rythmica sonoritate orationem instruis, sed solido illo prisco more dicendi contentus, nil fucatum et maiore quam deceat apparatu comptum profers . . . . »» .. Dopo il 1369 non ci resta di lui altra memoria. Le notizie che su Marino ci offre l'epistola del Salutati contradicono a quelle che si ricavano dalle rime di lui ? Io credo che nella vita artistica e letteraria del Ceccoli vadano distinti due periodi : uno dell' età giovanile, cui appartengono, più che altro, le rime, e amorose e scolastiche e storiche (1 ) ; l'altro dell'età matura, alla quale ci riporta l'epistola di Coluccio, insieme alle lodi che gli tributa come a cultore dell'eloquenza e a seguace fedele delle vere tradizioni del dettare (2). Invero, sebbene nella epistola colucciana Marino venga appellato anche musarum familiaris egregius, è chiaro che (1) Dividendo la sua attività artistica in due periodi, il poetico e il classico, si può giustificare l'affermazione (Giorn. St. d. lett. it. , XXI, 482) , altrimenti erronea, che i! POETA MARINO CECCOLI FIORÌ NELLA PRIMA METÀ DEL SECOLO XIV. (2) Anche ammettendo che il vizio sodomitico non fosse infamante come al giorno d'oggi, si può immaginare un giudice, su cui poco inanzi fosse caduto tale sospetto ? Indizio questo che Marino Ceccoli era passato per mezzo a una radicale lustrazione. NERIO MOSCOLI 83 la fama di lui volitabat, più che come poeta, quale giureconsulto e latinista ( 1). Inoltre, il sonetto, la cui composizione va riportata intorno al 1308, e l'altro non più in là del 1316, e il trovarlo in corrispondenza con Cino da Pistoia, morto tra il 1336 e il 1337, e con Nerio Moscoli ; il fatto d'esser giudice nel 1366 e ancora in vita nel 1369, ci danno ragione bastante per affermare che Marino Ceccoli visse assai lungamente (2). Queste le poche notizie che su di lui m'è stato possibile di rintracciare ; notizie che non volli intorbidare col troppo, falso e confuso che su Marino hanno scritto il Crescimbeni, il Quadrio e il Vermiglioli. Basti il dire che di Marino Ceccoli si era giunti a fare un Ceccolino Michelotti (3). Un altro lato notevolissimo della lirica di Nerio ci discoprono i sonetti di corrispondenza personali. In essi non (1) Non credo che ciò si possa spiegare col fatto che il Salutati, « padre del risorgimento ( F. NOVATI, Epist. di C. S. , in Bull. dell'Ist. st. it. , n. 4) , doveva, per le sue tendenze eminentemente classiche, trascurar la produzione volgare del Ceccoli e fermarsi a dargli lode soltanto per il latino eloquio e la scOLASTICA DISCIPLINA; giacche sta l'altro fatto , che il Ceccoli aveva dato di già, come si legge nella lettera di Coluccio, copiosi esempi della sua eloquenza : VIDI DICTAMEN STILUMQUE TUUM . . . Ma del Ceccoli latinista non c'è rimasto nulla ; laonde non sappiamo se veramente meritasse le lodí a lui prodigate, o per avventura fossero simili a quelle che lo stesso Salutati aveva profuse a un altro poeta umbro, a Bartolomeo da Castel della Pieve (Cfr. lo scritto del NOVATI su Bartolomeo, in Giorn. St. d. lett. it. , XII, 190) . (2) Che Marino fosse in tarda età quando Coluccio gl' indirizzò la sua epistola, lo provano anche la fama che de' suoi meriti s'era divulgata assai più lentamente di quello che res tan'a avesse meritato ; e la stima che di lui aveva concepito da lungo tempo. (3) II VERMIGLIOLI ( Biogr. d. Scr. Perug. , II, 193) conosce un « PERUGINO CECCOLINO, vecchio rimatore probabilmente del sec . XIII o XIV . Dice che il Quadrio e il Crescimbeni lo crederono della nobile famiglia perugina dei Michelotti , di cui fu propriamente quel nome, che noi troviamo in detta famiglia anche nel 1403 , ed un Ceccolino con altri di essa fu ricordato eziandio da Pio II ne' suoi commentari ». Di più, crede errata la dizione Marini Cecco , che si leggeva in un zibaldone ms. del P. Affò da servire per la storia dei Poeti italiani e conservato nella Biblioteca Ducale di Parma. Ma per poco che scorriamo i documenti perugini del secolo XIV, ci avvediamo subito che il nome di Cecco, Ceccolo , Ceccoli e Ceccolino furono comunissimi. Di un « Ceccholo di Bernardolo da S. Valentino, di porta santo Angelo , e della parroffia di S. M. del Versaio , nobile et de schiatta nobile nato » è fatta memoria in 84 P. TOMMASINI MATTIUCCI vedi nè punto nè poco la preoccupazione del modello da imitare ; e il poeta, appunto per questo, che non è costretto a muoversi in un campo dove egli si senta piccino, e l' influsso di quelli che l'hanno preceduto lo guidi e lo muova anche contro sua voglia ; appunto per ciò trae da se stesso tutta quanta l'ispirazione ; e anche la forma non risente più di quel convenzionalismo che aveva assoggettato l'arte all'artificio. Argomento e forma divengono strettamente individuali. Però, come alcune allusioni a circostanze particolari del momento riescono oscure, così di molte parole possiamo a stento intendere il significato. Ma ne siamo largamente compensati dal fatto che l'uno e l'altra presentano una maggiore indipendenza e varietà, che, rispetto all' argomento, vanno dal rimprovero, dal consiglio chiesto e concesso, dal riso, dallo scherzo all' ingiuria, alla minaccia, alla satira mordace e velenosa. Ma anche in questi sonetti di carattere così personale, il Moscoli o non sa, o non può o non vuole dimenticar del tutto l'Amore : « un documento del 1335 ( Saggi d. volg. perug. , II) ; un « Timoteus Ceccholi Andreae de Perussio, sindicus communis Perusij » è ricordato nel 1348 ( Giorn. d'Erudiz. , V, 188) ; un MARTINO DE CECOLO DE PORTA S. P. » è notario dell'atto di pace conchiuso nel 1353 fra Perugia, Firenze e gl'aderenti, e l'arcivescovo di Milano (GRAZIANI, Op. cit, I, 168) ; un « Matheo Ceccoli de Perussio » presenzia il testamento disteso da Bartolo di Sassoferrato il 14 maggio 1356 (Giorn. d'Erudiz. , VI, 49) ; mentre nello stesso testamento troviamo nominato un « Andrutio Ceccoli de Zampeleriis » da cui Bartolo aveva comperato una terra, posta «< in tenimentis ville s. Cipriani de Boneggio comitatus Perusij » e quale Bartolo lascia alla moglie Pellina ; un « Ceccolo di Sinibaldo Benincasa » viene mandato nel 1369 dai Perugini a trattar la pace con Urbano V (St. e Doc. di St. e Dir. Roma, tip. d. Pace, 1880, pag. 10) ; un « Agabetucius Ceccoli » olim decapitatus a Perugia, è ricordato in un documento del 24 settembre 1370 (St. e Doc. cit. ) ; un «< Niccolò di Cecco da Perugia » troviamo a Firenze nel 1377 (Libro delle apert. del tamburo di N. DI C. DA P., in NoVATI, Epist. di C. Salutati, II, 3, n. 1 ) ; figli di un Ceccolino troviamo, in una memoria del 16 gennaio 1385, banditi e perseguitati dal Comune (Saggi d. volg. perug. , XII) ; e , infine, un « Pellinus Ceccholi Nutii portae Eburneae et parochiae S. Stefani » è fideiussore dei patti stipulati fra il Comune di Perugia e Filippo di Pellolo cambista fiorentino . Almeno quest'ultimo documento, pubblicato dal Vermiglioli stesso tredici anni prima (Della Zecca e d. mon. perug. , Perugia, 1816 ; APPENDICE, n. XII ) , lo doveva fare avvertito che in Perugia era esistita realmente una famiglia Ceccoli, indipendente da quella dei Michelotti. NERIO MOSCOLI 85 Gram meravelglia me fey quando entese Che t'eri facto coprir d' una sella, Volendo el ver saver de tal novella Che dolor grave dentro al te mese. Poi mantenente me venne palese D' Aristotel ancor, che se novella Che si lo streuse amor con sua fiamella, Che 1 simele conselglio per lui prese. Donqua se 1 gram phylosofo (1 ) fo 1 primo, E tu, per seguitar lui , secondaste, Non te ne de blasmar cui tanto amaste. Ma quando bem lo ver recierco e miro , Diverso è caso e diversa ragione, Si ch' io non lodo la tua oppinione. Abbiamo veduto come il Moscoli passasse dalla figura pagana e tradizionale dell' Amore ad un'immagine tratta dalla vita reale ; e come, rispetto alla sua natura e alla sua efficacia, lo considerasse sempre come fonte di virtù ; ed ora ne fa oggetto di scherzo, appena velato da un parlare grave e sentenzioso. Che intenda poi per il caso e per l'opinione di colui che si fa a riprendere, non sappiamo (2) . Dal rimprovero calmo e cortese, in un altro sonetto si passa alla noncuranza e al disprezzo. Sembra che un tale, di cui Nerio non ci ha lasciato il nome, avesse preso a redarguirlo e a motteggiarlo ; e il nostro poeta, senza perdersi d'animo, ma bonariamente satireggiando, così gli risponde : De toy parole non curo niente, Ançe me piace poi me vol blasmare, Per ciò che 1 blasmo tuo loda me pare ; e l'assicura che ben saprà trarsi d' impaccio, chè ha impa- (1) Questa espressione ha riscontro nell'altra di Dante : «< il maestro di color che (Inf. , IV, 131) , e nel Convito Aristotele è sempre chiamato antonomasticamente sanno » • il filosofo (2) Në si può congetturare a chi il sonetto sia indirizzato . 86 P. TOMMASINI MATTIUCCI rato a ben conoscerlo e a non temere il suo motegiar fello ; e finisce col dirgli : Or po tu bem veder ch' io me n'acorse, E non me parlar più de l'asenello Nè del destrier, ch ' el voler tuo non torse Giamai da mul ; tu vey se 1 modo è bello. In quest'ultimi versi è forse racchiusa un' ingiuria, uno scherzo velenoso e grossolano ; ma a noi non è dato di coglierne appieno il significato . Del pari oscuro ci riesce un altro sonetto, indirizzato ad uno, che chiama Giuda, e il cui intelletto era non sano. Un poeta, di nome Cionello, su cui non ci è rimasta alcuna notizia, invia a Nerio un sonetto, col quale si lamenta del suo dir disonesto, avendolo udito parlar per le sue rime, e protesta di non voler che con sue penne « riççe più scrime » . II Moscoli non se n'adonta, anzi trova la cosa ragionevole e naturale: Tanto mi piacque el tuo parlar modesto, Che seguitando le rime tuoi gime. Ma puo' ti par ch'el giardin tuo decime E che tal modo sia troppo foresto , Giamay non prenderò tuoi rime in presto Da puoi che tu cosi care le stime ; e, non ostante le rudi parole di lui, seguita ad onorarlo : En verità lo tuo dir tucto salle E monta che lo ' ntender si tolle A quei che vanno per le scure valle. In questi due sonetti dobbiamo riconoscerci una di quelle censure poetiche, che furono comuni ai primi rimatori ; e Nerio può esser paragonato a Cino da Pistoia, accusato dal NERIO MOSCOLI 87 Cavalcanti d'esser vil ladro ( 1) ; con questa differenza però che, mentre Cino a Guido disdegnosamente risponde non esser leggiadro alcun de' suoi motti, Nerio ammira e loda i versi del suo competitore. Altra volta è richiesto di consiglio : O tu che navigando vai esto fiume E desnodando gli aspere ligame Colla suctilità che d'esso schiume , D'esta vostr' acq'a la mia engorda fame Douame um poca, per cui veder lume La mente possa vissa per ley grame ; nè egli lo ricusa : . . teco parlando a tanto esgorgo, Che con dellecto porteria sul tergo Onne graveça, si al tuo voler m'ergo E per piacerte de novo resorgo . Ma non s' arriva a capire a che i due poeti alludano. Poco maggior luce ci danno quest' altri versi di Nerio : Ben cierchay già le prime del volume El qual con grande estudio me par ch'ame E coven tuo dellecto in ciò consume. Se dricto e con vertù per le soi lame Te guideray, bem cie se trova acume De qual se vegion de molte reame. Questo par certo : dev' essere una disputa, una confidenza letteraria. Altro non si può dire ; nè del poeta, che troviamo a mandare il sonetto d'invio, si conosce qualche cosa di più che il nome (2) . (1) Rime di CINO DA PISTOIA, ecc. , a cura di G. CARDUCCI, pag. 8. Cfr. P. ERCOLE, Op. cit. , pag. 90 e seg. (2) PUCCIARELLO. - Nessuna memoria si trova di lui nei documenti perugini dei primi due secoli. Soltanto nel sec. XV troviamo una Felice Pucciarelli, moglie a Bar- 88 P. TOMMASINI MATTIUCCI Contese letterarie e poetiche, reciproche confidenze e rabbuffi ; scambievoli scherzi e motteggi ; parole di biasimo e di scusa, di lode e di ira ; ecco la materia e i caratteri delle corrispondenze personali di Nerio. Però, anche là dove l'argomento e il rozzo dire avrebbero dovuto trarlo ad espressioni mordaci e caustiche, si mantiene calmo e sostenuto. Ma ogni cosa ha un limite ; e perchè nelle tenzoni il poeta che riceveva il sonetto d' invio, era quasi in obbligo, secondo il costume del tempo, di rispondere, oltre che colle stesse rime e talvolta colle stesse parole finali del verso, con un altro sonetto che da quello prendesse l'intonazione in tutto e per tutto, vediamo anche il Moscoli ora giocar di frizzi e d'arguzie coi suoi competitori, ora voler superarli con detti aspri e insolenti. Un uomo d'arme, un condottiero di nome Cione, con parole strane e inusitate imprende a narrare le sue avventure guerresche : Da poco ch'io foy ne la cità del Tronto ( 1) , Amico Nere, io fece del catelano Falsecto estrecto, fece de butarano Piactine gienovese tucte a ponto, Sentendome 1 marchese da lo sconto ; E mantenente si se fé lontano Dubitando venir meco a le mano, Onde in onore e grandeça sormonto . Ma sempre grato pur che miser ida E mantenente so su nel morello , Passo Pungnano e so presso ad Offida (2) ; Enbraccio el scudo, allacciom el capello , E tutte gle nemice ce desfida. Alora crido : sona tanburello . - tolomeo Rainaldi notaro (VERMIGLILI, Biogr, perug. , I, 370) . E il cognome Pucci esiste tuttora a Perugia. Nei Poeti del Primo Secolo , ecc. (VALERIANI e LAMPREDI) , II , 218, si legge un sonetto di un Pucciarello da Firenze, vissuto circa il 126 ). Ma nulla può farcelo identificare col nostro Pucciarello . (1) Ascoli- Piceno , che è bagnata dal fiume Tronto . (2) Offida è una piccola città a nord-est di Ascoli- Piceno. a quella vicino. - Pugnano dev'essere NERIO MOSCOLI 89 Il soggetto s'intende bene ; Cione s ' era recato a combattere nel territorio di Ascoli, passando Pugnano e Offida. Ma che voglian dire e il catelano ( 1 ) e il falsecto e il butarano e i piactini genovesi e il marchese da lo sconto non arrivo a comprendere. Questo però è certo ; Cione amava di scherzare, tanto che Nerio gli dice di tenerlo più savio che non crida El vostro motegiar, ch' el seria fello . L'uno motteggiava, e l'altro non era da meno : Bem ve mostra fornito el vostro conto Sol de quell'arme che me pare strano Che ve dellecte ma tener en mano. Dardo over lancia ben credo voi pronto , E del falsecto se poi far lo sconto. Non ve bixongna pagar l'ancontano (2) Ché quel che voi portaste eva ben sano , Tuttor chel se mostrasse de fuor onto. Di nuovo ; che vorran dire il falsecto, lo sconto, e ciò ch'era ben sano ? Cione in fine del suo racconto dice d'esser salito sopra un morello, di dove ha gridato : sona, tanbu rello ; e Nerio sembra ne prenda motivo per ricordargli un antico uso che, se non ho male interpetrato, ci dovrebbe riportare a quello, allora tanto comune, di cui già vedemmo incolpato il Ceccoli, e di cui messer Brunetto piange gli eterni danni: Caval non credo che senpre sia quello , Ma in qual prima ven montate suso , Se non cangiato avete l'antico uso. Di Cione non si hanno notizie sincrone ; ma dev'essere certamente quel Cione Baglioni, che viene citato come poeta (1) Per catelano va forse intesa una specie di panno allora in uso. (2) L'ancontano era una moneta. 90 P. TOMMASINI MATTIUCCI contemporaneo di Dante (1). E se è davvero di Dante da Maiano il noto sonetto « Provvedi, saggio, ad esta visione » , lo troveremmo tra coloro che a lui risposero, cioè tra Chiaro Davanzati, Guido Orlandi, Salvino Doni, Ricco da Varlunga e Dante Alighieri ( 2) . Il sonetto di corrispondenza con Nerio fu edito dall' Allacci (3), ma sfuggì al Crescimbeni (4) che, ripubblicando quello in risposta al da Maiano, avvertiva non esser di lui giunto a noi altro componimento all' infuori di questo. Nè il Vermiglioli (5) fu in grado di aggiungere alcun' altra notizia. Di modo che rimaniamo all' oscuro quasi del tutto (6). Uomo d'arme e poeta, maneggia la spada e la lira colla stessa franchezza ; spensierato monta il destriero, pronto alla pugna, e scherza e ride in versi. Umore franco e gioviale che si trasfonde nell' amico Nerio, il quale volentieri lo segue, nè da lui si fa vincere. Cosi che non lo riconosci più ; una volta moralizzante e sperdentesi fra le speculazioni e il dottrinarismo filosofico e scolastico, ora si rivela poeta burlesco. Nè il Moscoli ha meno pronte la minaccia e la risposta insolente, allorchè si vede aggredito. Un Attaviano lo punge, lo morde, lo deride, l' insulta ; ed egli lo ripaga di eguale moneta. Ma prima vediamo chi fu quest'Attaviano. Premesso che Attaviano è una variante comune di Ottaviano (7), vediamo se ci è rimasta memoria di qualche poeta (1 ) A. D'ANCONA, Vita Nuova, pag. 37. (2) Sonetti e Canzoni di diversi antichi autori toscani. Firenze , Giunta, 1527 ; c. 142 v. (3) P. A. , 284. (4) Comentarj, III, lib. I, pag. 65. (5) Biog. perug. , I , 82. (6) Non mi venne mai fatto d'incontrare il suo nome nei documenti perugini dei secoli XIII e XIV. Notiamo, tuttavia, che due rimatori apparterrebbero alla famiglia Baglioni : Cucco di Gualfreduccio e Cione ; ambedue poeti e soldati. (7) Che sia il vero , il Cardinale Ubaldini è Attaviano nel COMPAGNI, II, 30 ; e Ottaviano nel VILLANI, VIII, 86. NERIO MOSCOLI 91 che porti questo nome ( 1 ) . Allorchè Dante e Cecco Angiolieri giunsero al limite ultimo della loro acerba e nota tenzone, « il bizzarro spirito senese » non ebbe più risposta, forse per giusto sdegno suscitato nel suo avversario ; ma gli rispose, in nome di Dante, un Guelfo Taviani fiorentino, estimatore e forse amico dell'esule ; e il suo sonetto fu per la prima volta pubblicato dal Cappelli in un opuscolo per nozze, e poi dal D'Ancona ( 2) . Il Bartoli ( 3) , riportandosi alla raccolta poetica di Faustino Tasso, ci mostra il Taviani in corrispondenza con Cino da Pistoia, al quale, al pari di Dante e di Gherarduccio Garisendi, fa rimprovero di usare false carte ad amore ( 4) ; ed aggiunge che questo Guelfo Taviani dovett'essere un pistoiese, perchè il Ciampi diceva esistere in Pistoia, ancora al suo tempo, un ramo degli Ughi- TavianiFranchini, discendente da quegli Ughi, cui appartenne la moglie di Cino. Vediamo se si ritrova questo nome nelle memorie perugine. Il Graziani (5), all'anno 1330, nomina un « Meser Heto de gli Ottaviane de Pistoia » come podestà di Perugia per sei mesi , cioè dal primo di gennaio al primo di luglio, mentre per il secondo semestre fu podestà un « meser Gilio de gli Foscarane da Bologna Riguardo al nome di meser Heto, il Fabretti ( 6) avverte che nelle carte del tempo è detto nobilis et potens miles Netta de Ottavianis de Pistorio (7), mentre in un antico manoscritto citato dal Ma7. (1 ) Credo non sia da pensare affatto a quell' Ottaviano o Attaviano degli Ubaldini, che il CRESCIMBENI ( Comm. , III , 1. I , 65) fa morto nel 1272 : se pure non sarà lo stesso poeta, cui il nome degli Ubaldini sia stato dato senza fondata ragione. Anche il NANNUCCI, Man. , I , 352, ne dà un sonetto. - (2) Studj di Crit. e St. lett . , pag. 138 , n. 1. Il sonetto si legge, con qualche variante, anche nel cod. Casanatense d. V. 5, a c. CXXII r.; e a c. CXXII v. si legge la corrispondenza fra Dante e l'Angiolieri. (3) St. d. Lett. , IV, 96. (4) Si leggono anche nel cod. 1289 dell' Universitaria di Bologna. Cfr. Giorn. St. d. Lett. it., XX, 160 . (5) Cronaca cit. , pag. 103. (6) Pag. 103, n. 2, del GRAZIANI. (7) Con tutta probabilità lo ha affermato sulla fede del MARIOTTI, Saggio di mem. ist. perug., I, 259, che ha Nobilis et potens Miles Dominus Netta de Ottavianis de Pistorio Perus. Potest. Così lo chiama il libro pubblico variorum ann, segn. D. fol . 147 » . 92 P. TOMMASINI MATTIUCCI riotti, dominus Lizotus de Ottavianis. Il Pellini ( 1 ) poi lo chiama Geto degli Ottaviani. E subito dopo il Fabretti, il Bonaini ( 2 ) dice che « senza dubbio » deve essere << Ettore detto Ettolo di Tano dei Taviani, spesso ricordato dagli scrittori pistoiesi » , eletto, cioè, « nel 1320 dal Comune come arbitro per definire alcune questioni coi conti Alberti, per dipendenza di alcune castella » , di parte cancelliera, uno degli otto « più arditi e potenti » esclusi dal novero degli esuli tornati in patria, mediatore il re Roberto ; e infine, nel 1329, quando Firenze sottomise Pistoia, cittadino fiorentino << cogli onori tutti conceduti a Giovanni Panciatichi » (3) . « Difficile è il raccapezzarsi fra tanti nomi diversi ; cinque, se non erro ; ma tuttavia io credo che siano forme grafiche di un solo ; e che la vera sia quella di Ettore Ottaviani (4) . Ad affermare ciò ci conforta il trovare « Ectolus domini Gani de Actavianis de Pistorio >> podestà di Orvieto fra il 1322 e il 1323, e il sapere che il Comune fiorentino scrisse nel 1323 (5) a quello di Orvieto per ottenere che fossero cassate « omnes et singulas condempnationes et sententias condempnationis latas et datas contra nobilem virum dnum Ectholum dni Gani de Actavianis de Pistorio olim potestatem civitatis Urbisveteris » (6). Riguardo poi all'appellativo di fiorentino, che non SO donde il D'Ancona o il Cappelli l'abbiano tratto (7), è facile che gli sia rimasto per le condizioni in cui si trovò con Firenze. E col suo concittadino Cino ebbe modo di trovarsi (1) Op. cit. , I, 510. (2) Pag. 103 , n. 2 , del GRAZIANI. (3) Cfr. SALVI, Storia di Pistoia, Tom. I , pagg. 340, 353, 394, cit. dal Bonaini. (4) Hetto ed Hettolo sono forme corrispondenti di Hector ed Hectoris. (5) Debbo la notizia precisa dell'anno alla cortesia del bravo dott. G. Pardi . (6) G. PARDI, Serie dei supremi magistrati e reggitori di Orvieto dal principio delle libertà comunali all'anno 1500, in Boll. della Soc. Umbra, I, 385. (7) Il nome di Attaviano fu comune, del resto , anche a Firenze. Lo puoi vedere ricordato molte volte nei documenti fiorentini del sec. XIII e XIV pubblicati da I. DEL LUNGO (Din) Compagni, ecc. , I, 39 ; Dell'esilio di Dante, pagg. 133 e 136) ; e di Manno Attaviani è memoria nella Cronaca di DINO, II, 26 ; come di un Gallina Attaviani, fiorentino, nella nov. 183 di FRANCO SACCHETTI. NERIO MOSCOLI 93 insieme, prima a Pistoia, perchè quivi troviamo Cino giudice nel 1307 , dopo il qual anno sembra andasse in esilio volontario ; e l'Ottaviani divenne fuoruscito nel 1323. Dipoi la loro relazione si sarà rinnovata a Perugia, dove troviamo Cino dottore allo Studio dal 1326 al 1333, e l'Ottaviani podestà nel 1330 ; e si badi che, sebbene esso ci appaia ghibellino, potè essere chiamato alla suprema carica cittadina in un Comune guelfo, quale Perugia, perchè appunto l'anno inanzi, cioè nel 1329, era stata conchiusa in Firenze, colla presa di Pistoia, la pace tra i Guelfi e i Ghibellini ; e l'Ottaviani, in forza di questa, era divenuto cittadino fiorentino. Il poeta pistoiese ci presenta un'immagine di Nerio, che non potrebbe essere nè più laida nè più ributtante : Espaventachio mostra el tristo volto E lgl'occhie de la gatta ch'ày si guaççe El corto naso che serba doy maççe Dentro de le toy frogie, ed ha la bocca reffessa e tutor bolle Si che pare um caldaio male schiumato . Però il Moscoli non si spaventa e dice di non temere nè lingua nè bastone : No me po spaventar, ch'io son pur volto Verso de te come germane (1) a guaççe, Si ch'io non temo parole nè maççe. Se non che la lurida sua immagine, che l' Ottaviani gli ha posto così sfacciatamente dinanzi, lo tira a rintracciarne le ragioni e a profetizzargli che, ove non cessi, male glie ne incorrerà : (1) Animali aquatici del genere delle anitre selvatiche. 94 P. TOMMASINI MATTIUCCI ma pure, tu m'ày el capel si renversato Però ch'io sono stato alquanto folle E de malvagio voler enpacciato ; se andar cherendo me fay lesta, Lo blasmo è tuo s ' io fo quel che t'encresca ( 1) . Qui si afferma di nuovo e più decisamente la poesia burlesca e satirica ; e la leggiadria spiritosa, il motteggio volgare, le asprezze vigorose e lo scherzo grossolano, che caratterizzano i sonetti di Cione, dell'Ottaviani e di Nerio, avvicinano l'arte di questi poeti a quell'originalità spensierata e fantastica, che diede vita alla poesia umoristica. Per tal modo il Moscoli s'asside in mezzo ai due secoli ; il XIII e il XIV. Dall'oggettivismo convenzionale della vecchia scuola passa con pari disinvoltura alla speculazione filosofica e moralizzante ; dal raggio platonico e spiritualista della bellezza al sentimento individuale ; dalla rappresentazione del mondo intellettivo alla pittura della vita civile. Così che vediamo due elementi in ispecial modo contendersi il campo nell'arte di Nerio : il passato e l'avvenire. Non dimentica l'uno, che alla Chiesa e alla Scuola fa capo, nè rimane indifferente di fronte al movimento di vita novella che sorgeva insieme alle libertà comunali. E l'opera del nostro poeta, che non rimane chiuso entro se stesso, doveva necessariamente risentire di questo contrasto ; tanto che non diresti il Canzoniere opera di un solo. Nel mentre leva a cielo l'amore, fonte di virtù, e idealizza la donna in un tipo astratto di severità e d'onestà, e a lei di frequente intona il domine non sum dignus, passa a indagarne e a discuterne il quale e il quia. Il contegno ultraumano di lei non lo sodisfa più, e alterna lamenti e scherzi. (1) Nerio e l'Attaviani sembrano prenunziare gl'irosi cortigiani poeti del secolo XV. NERIO MOSCOLI 95 Aspro e talvolta ruvido negli uni, gaio e gioviale negli altri. Parla e scrive all'amata ; ma quando s'avvede che è come il zappare in Arno, non si sgomenta, nè glie ne dispiace. Dà un addio a quella, strega che sorbe il suo cuore, e passa a nuovi amori, pei quali non va più in cerca di schermi gentili , ma a lei li palesa, accarezzandoli ; e se ne vanta. Pertanto Nerio introduce un nuovo elemento nell'amore ; lo scherzo, che lo trae a narrare in versi, spensierati e giocondi, i casi della sua vita. L'amore e la dottrina di esso passano in seconda linea, per far posto all'individuo, che ama e ride. Nè, quando torna a soggiacere alla tradizione, rappresentata dalla mania teorizzante, assottiglia l'ingegno in scienza cosi, che questa soffochi del tutto il sentimento ; e quasi mai s'avverte l'influsso della seconda scuola predantesca, della quale, benchè a lui vicinissima, non ha mai il fare contorto e oscuro, o la continua e prosaica aridità. La morale vi sta come un avvertimento fugace, un motto ; ma non sottilizza, non predica. Nerio, prima di esser poeta, è uomo. Canta le gesta del grande Podestà di Pisa ; lamenta le fazioni cittadine, le uccisioni, gli esili, e ne invoca la fine con accento di mestizia e di stanchezza ; mira l'immense turbe di romei ; ricorda l'ombra di Celestino V ; smaschera, morde e sferza un monaco che, ipocrita e rotto ad ogni vizio, precede la serie ghiotta e carnale dei Fra Rinaldi e dei Frati Alberti ; si commuove per un efferato delitto, e ne invoca pronta e severa giustizia. Discute con Bandino sulla natura d'amore ; col da Pierile e col Ceccoli sul libero arbitrio ; nel mentre dà l'etimologia di adolescenza e dei mesi, e scambia insolenze coll' Ottaviani e con Cione. Pertanto, se da un lato ricorda Giacomo da Lentino e la sua scuola, dall' altro ricorda l'Alighieri e il dolce stil nuovo, e si riannoda anche ai poeti politici e agli umoristici. Ma non si può confondere con nessuno di questi. Se agli ultimi si avvicina per il piglio franco e disinvolto, e più per la rappre- 96 P. TOMMASINI MATTIUCCI sentazione immediata della vita quotidiana, non ne possiede che raramente quell' intonazione realistica che li distingue. Imita Dante, ma nei suoi componimenti non si avverte lo sforzo di uno che tenti di assimilarsi l'arte del suo modello e non ha quasi mai il fare solenne e ultraumano di lui. Nė rimane legato al vecchio stile così, che, nel leggere le sue rime, non s'avverta subito d'aver che fare con un intelletto più libero e più moderno ( 1) . Il Canzoniere dà luogo a tutte le manifestazioni della vita, l'interiore e l'esteriore ; non è il frutto di una determinata scuola, ma il prodotto di un ingegno vigoroso e originale, che tutte abbraccia e plasima secondo un ideale poetico a lui proprio. In ogni opera d'arte due elementi concorrono in ispecial modo a formarla ; la natura particolare dell' individuo e i casi della sua vita, e insieme le condizioni del luogo, dove quella venne alla luce. Ma per ciò che riguarda la vita del nostro poeta dobbiamo confessare di saperne poco o nulla. Inanzi tutto, vorremo noi credere Nerio cosi deforme, quale l' Ottaviani lo dipinse ? Aveva egli davvero occhi di gatta, bocca grande, naso corto e largo ? Speriamo, pensando alla donna e alla giovinetta, che il vivace pistoiese abbia esagerato. Rispetto alla patria nessun dubbio, poichè la notazione che precede il primo dei suoi sonetti lo dice di Città di Castello : hinc incipiunt multa dicta clara et bona que | fuerunt dicta per Nerium Muscoli, qui olim | fuit de Civitate Castelli » (2) . E Castellano si chiama da se stesso in un altro di quelli : (1 ) Si noti come egli usò due volte soltanto della canzone, la forma alta e solenne della lirica, e quasi sempre del sonetto che, insieme alla ballata, veniva considerato come forma inferiore. Invero questi, come notò il Gaspary (St. d. Lett. it. ), spesso si muovono più liberamente e prendono un carattere più moderno. (2) Il codice ha Muscoli e Moscoli, con preferenza per la seconda forma. Io ho adottato questa, anche perchè la prima ha tutta l'apparenza di una affettazione latineggiante. NERIO MOSCOLI 97 Lor ( 1) che non poco sentiste del Giuda Mantenente s'acorse el Castellano. Ma, non ostante molte e ripetute ricerche da me compiute nell'Archivio pubblico di Città di Castello, non mi venne mai fatto d' incontrare il suo nome. Nè ci deve recare gran maraviglia, quando si pensi che egli dovette viver lontano dalla patria, e precisamente a Perugia (2) . Ce lo attestano la lingua delle sue liriche e il trovarlo in relazione con Bandino, col Ceccoli e con Cione, perugini, e coll' Ottaviani, che fu a Perugia. Più singolare riesce il non vederlo mai ricordato nei molti documenti perugini che dei primi due secoli furono editi (3) . Intanto però possiamo affermare che egli fiori tra la fine del XIII e il principio del XIV secolo. Invero, lo abbiamo visto comporre un sonetto in occasione del primo Giubileo, e un altro durante il pontificato di Bonifazio VIII. Inoltre ci rimangono i sonetti indirizzati a Uguccione della Faggiuola e da riportarsi a quel periodo di tempo che corre dal 1313 al 1316 . E perchè in uno di questi ultimi si fa parola di un sermone, col quale sembra gli dia consiglio, e perchè l'arte vi si sente di già formata, bisogna credere che il Moscoli, quando li scrisse, fosse in età matura. Di più lo vedemmo indirizzare un SOnetto a messer Bandino, rettore degli scolari nel 1308 ; e con ogni probabilità due altri all' Alighieri, morto nel 1321 ; stare a tenzone con Emmanuele Giudeo, morto circa il 1330 ; con Ettore Ottaviani, podestà di Perugia nel 1330 e in corrispondenza, oltre che con Cino, con Cecco Angiolieri. Nè va dimenticato un altro particolare : nell'ultima carta del codice. (1) Allora. ( 2) Del resto le carte dell'Archivio pubblico di Castello sono nella maggior parte Bolle papali ; e gli Annali, nei quali spesso ricorrono i nomi dei principali cittadini , cominciano soltanto dal 1337, troppo tardi per noi. E gli Annali anteriori a quest'anno dove e come finirono ? È ignoto. (3) Gran parte dell'Archivio perugino andò disperso . Tuttavia il prof. Adamo Rossi ne pubblicò molti documenti ; altri il Vermiglioli . E sebbene si leggano moltissimi nomi di cittadini perugini nella Historia del Pellini, quello del Moscoli non vi s'incontra mai. 7 98 P. TOMMASINI MATTIUCCI Barberino si legge un atto, scritto contemporaneamente alla parte principale di esso, e che porta la data del 1347 ; e perchè nella notazione alle poesie del Moscoli si legge qui olim fuit, si può affermare che nel 1347 egli era già morto ( 1). Che fosse uomo dotto e stimato, tutto porta a crederlo. Ci è attestato dai versi di Pucciarello, coi quali a lui, che va disnodando gli aspri legami, chiede un po ' di lume che gli rischiari la mente ; e dal trovarlo in corrispondenza coi più noti rimatori del tempo (2) . E tanto più ci persuaderemo di ciò, per poco si pensi che i poeti dei primi due secoli erano quasi sempre uomini di legge, o preposti ai pubblici negozi ; tanto che vediamo cantare l'amore, e discuterlo, i dottori degli Studi, i podestà, i giudici, i notari (3) . Però il Moscoli non dovette ricoprire nessuna di queste cariche, giacchè nelle notazioni alle sue poesie non gli sono mai dati i titoli di sere, messere e dominus, che si solevano dare ai notari, ai giudici e ai dottori, mentre lo hanno sempre Marino Ceccoli, Ugolino, Cino da Pistoia, Cecco Nuccoli, Bandino, Bosone, Simone da Pierile ed altri dei Poeti Perugini. Ma ciò si spiega agevolmente se si rifletta alle opinioni individuali del poeta e alle condizioni interne del Comune perugino, che nell' Umbria era il centro del guelfismo, come Firenze nella Toscana. Anzitutto bisogna non dimenticare i sonetti indirizzati (1 ) Olim sta a significare talvolta il luogo d'origine di uno che sia da lungo tempo lungi dalla patria, e talvolta serve ad indicare che una data persona è già morta. Cosi di Tebaldo , dottore di medicina a Perugia, si legge magister Thebaldus olim de Aretio (Giorn. d'Erudiz. cit. , IV, 125) , e di un Valeriano perugino, « Valerianus olim magistri Egidii » (Op. cit. , VI, 305) . Ma io credo che nel caso nostro, tenuto conto delle altre circostanze, non sia da pensare alla patria del poeta. (2) Intendo dire dei Perugini ; e cioè Bandino, rettore degli scolari, dottore in legge e ambasciatore del Comune ; Simone da Pierile, dottore ; Marino Ceccoli, ambasciatore del Comune, giureconsulto e latinista ; l'Ottaviani, Emmanuele e altri. (3) Notaro nel 1313 della funebre cerimonia che sembrò l'atto della fine dei Cerchi, fu un gentile poeta, un rimatore del dolce stil nuovo, un amico di giovinezza di Dante , Ser Lapo Gianni ». I. DEL LUNGO, Dante ne' tempi di Dante, pag. 53. Cfr. anche F. NOVATI, Nuovi Studi su Albertino Mussato, in Giorn. st . d. lett. it. , VI, 188, 191. NERIO MOSCOLI 99 a Uguccione della Faggiuola, duce, dopo la morte di Enrico VII, del partito ghibellino in Italia. Di più, Nerio ci ha lasciato in alcuni versi la sua professione di fede politica : Tutor ch'aprile ab aperio sia decto ( 1 ) , Perché s'apre la terra, e folglie e fiore D'ess' e delgli arbosel se mostren fore, Donando al mondo piacevol dellecto , E magio sia per li magiur ellecto ( 2), E dai più giovem giungno prenda honore, Lulglio è quel mese che lo enperadore Volse del suo fim nome eser perfecto ; Onde ve piaccia voler che tal mese, Denominato da sì gram singnore, Suo bem non perda de vostra vallore. Si può esser certi che un guelfo, parlando all' imperatore, non avrebbe giammai adoperato siffatta espressione ; e c'è da credere che nel ricordo di Celestino V, del quale mal si legge per avere rilmente lasciato i grandi offizi, si debba riconoscere, oltre la reminiscenza dantesca, un'espressione personale di risentimento contro colui che fu la prima causa della potenza di Bonifazio VIII, acerrimo odiatore dei Bianchi. Quando si ponga mente alle parole di Nerio e a Perugia guelfa, e si sappia come nel 1315 un podestà non vi fu ac- (1 ) THOMAS WRIGHT, Early Mysteries and other latin poems ( London, R. Smith , 1819) Carminum resonantium specimen, VI, 7-8 : 杯 fert Aprilis Aperil nomen ab officio » ; e in nota: «< So in the Imago Mundi, we are told : « Dicitur etiam April, eo quod aperiat terram in flores » . BONVESIN DA RIVA ( Tractato dei mesi, Romagnoli, 1872, pag. 13) : • Per ziò ò nome Aprile ke avro gran beleza ». Cfr. in Giorn. st. d. lett. it. , XXVIII, 444-45 , una pregevole nota bibliografica sui do- dici mesi dell'anno. (2) L'ABATE DI TIVOLI ( in Crest. it. d. MONACI, 62 ) : << magio infra li mesi è più alorito, per dolzi flori che spande egli è 1 più fino ». 100 P. TOMMASINI MATTIUCCI cettato e non venne all'officio perchè fu scoperto ghibellino ( 1 ) ; e che nel 1326 << si fece un ordine che nessuno disceso da' Ghibellini potesse avere officio alcuno nè accettarlo sotto gravi pene » (2 ) , apparirà meno strana l'assenza nelle memorie perugine di ogni notizia che riguardi il nostro poeta. Il meglio che a lui convenisse in un luogo e in mezzo a una società che non dovevano essergli molto favorevoli, era di starsene lontano dalla vita pubblica ; e pare che in realtà così facesse : Tu cierche l'alte rocche, et io nel borgo Paciffico e quieto sempre albergo (3) . Per il borgo si dovrà intendere la parte bassa della città, forse Borgo San Pietro, in contrapposizione alla alta, dove - (1 ) P. PELLINI, Historia, I , 413, cit. dal MARIOTTI, Saggio, ecc . , I, 247. Il nome di questo podestà era Maggino de' Maggi da Brescia. Brancaleone degli Andalò nel 1252 fu eletto, benchè ghibellino, podestà a Roma, guelfa, e per tre anni ; ma quella città si trovava allora in condizioni eccezionali. Cfr. GREGOROVIUS, St. di Roma, V, 324. Del resto non è nuovo il caso anche di dottori in legge esclusi dai pubblici uffici. Basti ricordare Francesco da Barberino, a riguardo del quale il Thomas (Op. cit. , pag. 31) nota che « le gouvernement de la république florentine était aux mains d'une aristocratie de familles patriciennes au milieu desquelles il était difficile de faire brèche; leur influence se mesurait à leur nom, et ce nom même à l'ancienneté de leur établissement à Florence ; un modeste homme de loi, comme Barberino , venu tout récemment d'un village du contado , n'avait rien à espérer de ce côté. Ubaldini a voulu voir une autre cause à cette exclusion de Francesco des charges publiques ; non seulement à cause de ses ancêtres il était suspect de ghibellinismo, mais il se serait compromis lui-même gravement en écrivant à l'empereur Henri VII, au moment où celui - ci était déjà un ennemi déclaré des Florentis ». Nè più nè meno che il Moscoli, venuto a Perugia da Città di Castello , e che diresse vari sonetti a Uguccione, capo dei Ghibellini dopo la morte di Enrico VII, cui pare avesse indirizzato suoi scritti il Barberino. Allo stesso modo Francesco Sassetti , fratello di Filippo e che nel 1600 dettò le notizie di sua famiglia, scrisse « non essere da maravigliarsi se non si trova che nei tempi antichi la famiglia Sassetti non sia stata adoperata o nominata nelle cose del pubblico governo › perchè in quelli tempi antichi e sediziosi era stata di Parte Ghibellina, e per questo, come è da credere, sospetta alla Guelfa che del continuo in questa città era superiore ». Cfr. l'edizione del SASSETTI, curata dal MARCUCCI, Firenze ; cit. da I. DEL LUNGO, Dino, ecc. , I, 700. (2) Supplemento I al GRAZIANI, Op. cit. , pag. 92, dove si legge anche : « Per provar ch'uno fosse disceso da' Ghibellini, bastavano sei testimoni di pubblica voce e fama ». (3) Son. CLVII del cod . Barb. NERIO MOSCOLI 101 avevano loro stanza il podestà, i priori, il capitano del popolo e dove la vita cittadina si esplicava maggiormente ; ovvero si dovrà pensare a un luogo qualunque del contado ? A me pare si debba propendere per la prima delle due ipotesi. «< ... Ma abbiamo veduto come il nostro poeta si mostrasse stanco della vita, tanto da volgersi alla Beata Maddalena, perché gli spazi passassero più brevi e con più picciol peso. Dall' altra parte le memorie perugine del tempo gli danno piena ragione. Quotidie increbescit rumor . ; multis ex partibus magna nobis displicentia nuntiatur vos adhuc in confinando proposito perdurare . . . . ; nolite esse in exitium vestrae Reipublicae timidi, vel nimium furiosi » scriveva ai Perugini messer Livio Coluccio di Pier Salutati nel 1367 (1) . Molti, prima d'esser citati dinanzi al podestà e quindi posti in bando e pubblicamente condannati, preferivano di esulare. Ce lo dice chiaramente un documento del 1385, nel quale alcuni commissari, eletti sopra l'unione dei cittadini, ricordano ai priori e ai camerlenghi che la giustizia << sia resuscitata e rebandita perciò che fine al presente di è stata morta e sbandita . . ; che de cose passate non se ragione più, e che qui in Perugia] non se chiame nè biancho nè nero, ma solo doie parte sieno nominate, l' una el popolo e la comunità de quista cità sia una parte, e l'altra sia ei ribelglie e tradetore de quisto comuno . ; [e che] se niuna persona se fosse partito per lo sospecto e vuole tornare e essere noie, che se voglia recevere e abracciare e dare ordene che con scegurtà se possano unire » (2). ... essere con (1) La cito dell'edizione di GIUSEPPE RIGACCIO, Firenze, 1742 (tom. II, ep. XLV), perché manca a' primi due volumi editi dal NOVATI; ne ho modo di verificare se sia compresa nel terzo, testè uscito alla luce. (2) Saggi del volgare cit . , num. XII . - Un Betto di Biagio di Porta Santo Angelo , venuto a mancare il populare stato », esce di Perugia per « tenia de la vita » e va «< per lo mondo diversamente e lungamente peregrinando » ; e nel 1398, il 25 d'aprile, si raccomanda ai Priori e ai Camerlenghi affinché non sia costretto « per gle spedagle per lo mondo andare mendicando ». Op. cit. , num. XVI. 102 P. TOMMASINI MATTIUCCI Con ogni probabilità il Moscoli dovett' essere fra quelli. Infatti in un luogo del suo Canzoniere, dove lamenta la sfrenata libidine dell' insaziabile lupo, dice d'essersi cacciato a dimorare di qua da Cantalupo. È questo un piccolo paese della Sabina ; e stando a ciò che dice il nostro poeta, egli si ritirò colà a vita più tranquilla e più sicura di quella che a lui fosse dato di condurre nel basso borgo di Perugia. Laonde questo par di potere affermare ; che Nerio non partecipò ai pubblici uffici, o perchè, sospetto di favorire la fazione ghibellina, ne fosse a bella posta tenuto lontano, o perchè amasse meglio di condurre un' esistenza pacifica e quieta, fino ad esulare volontariamente in un remoto villaggio ( 1 ) . Ma per intender meglio quello che fosse la vita cittadina a Perugia nel tempo che quivi visse il nostro poeta e per renderci maggiormente ragione di tutti gli elementi che concorsero a formare l'arte di lui, diamo un rapido sguardo alla storia privata e politica di quel potente Comune durante i secoli XIII e XIV. Vediamo assai per tempo la poesia italiana allontanarsi dall' ideale cavalleresco, e alla maniera poetica di Francia, cosi di quella in lingua d' oil come di quella in lingua d' oc, sostituirne una propria : l' ideale mistico, compenetrato e fuso coll' ideale amoroso (2 ). Così, appena nascente, strozzata nella sua originalità da un' arte perfetta e dilagatasi nella nostra penisola per mezzo dei giullari, dei trovieri e dei trovadori d'oltr' alpe (3), riacquista un' impronta nazionale, ed ha origine la nuova scuola fiorentina, rinforzata dal movimento dotto che partiva da Bologna. E il movimento religioso, che tanto doveva influire (1) Forse il Moscoli scrisse alcuni dei suoi componimenti in esilio, tra i quali i sonetti indirizzati a Uguccione. (2) G. PARIS, Romania, XII , 522 : cit. dal Gaspary, S. d. Le t.. 425. (3 ) E. MONACI, Gli Italiani in Francia durante il medio ero. Roma, Tip . dell'Accademia dei Lincei, 1895, pag. 14. NERIO MOSCOLI 103 sul popolo e sull'arte sua, donde venne ? Dall' Umbria, e precisamente da Perugia. Nel 1258 un vecchio eremita, frate Raniero Fasani, abbandonato lo speco ove da anni dimorava, apparve improvvisamente in Perugia. Volgevano allora per tutta Italia giorni torbidissimi. Le discordie cittadine, le fazioni dei Ghibellini e dei Guelfi, gl' interdetti e le scomuniche dei papi, le rappresaglie di parte imperiale, le immanità dei nobili, i contagi e la fame tenevano fortemente agitate le plebi e spargevano negli spiriti arcane paure. La commozione s'accrebbe in Perugia per la voce di quel solitario che dicevasi mandato dal cielo a svelare misteriose visioni e prenunziare alle genti tremendi flagelli » ( 1 ) . Quell' umile frate, oscuro fino a pochi giorni inanzi, commosse sifattamente il popolo colla parola e coll' esempio, che una turba di uomini, di donne e di fanciulli lo segui litaniando e flagellandosi. E da Perugia s'allontanarono centeni, milleni decem milia quoque per tutta la penisola. Così ebbero origine le prime Compagnie di Battuti, i quali andavano cantando ad alta voce << inni alla croce che sventolava trionfante sui gonfaloni, guida dei loro pellegrinaggi » (2). In Perugia, adunque, sullo scorcio del secolo XIII la corrente religiosa trovò la sua espressione nella lugubre canzone dei penitenti, nelle laude, le quali coll' andare del tempo, quasi ad agire più efficacemente sui sensi, di liriche che erano, divennero drammatiche (3). Ed è naturale che l' influsso di questo commovimento si facesse sentire tanto più potente nelle città che più erano vicine e che, infatti, die- (1) E. MONACI, Appunti per la Storia del teatro it. , in Rivista di filologia romanza, I, 250. Cfr. anche F. GREGOROVIUS, St. d. Città di Roma, V, 375-78 ; G. MAZZATINTI, La lezenda de Fra Rainero Faxano, in Boll. d. Società Umbra, a. II , fascicoli II-III, pag. 561-63. (2) E. MONACI, Op. cit. , pag. 251. (3) E. MONACI, Aneddoti per la Storia lett. dei Laudesi, dei Disciplinati e dei Bianchi nel medio evo, in Rend. d. R. Acc. d. Linc. , vol, I , fasc . 2, febbraio 1892. 104 P. TOMMASINI MATTIUCCI dero alla religione e all' arte S. Francesco d'Assisi, Jacopone da Todi, Tomassuccio da Foligno; trovatori di Cristo, giullari di Dio che, assorti in celestiali vaneggiamenti, in paradisiache estasi dell' animo, per le città e le campagne andavano cantando inni d'amore verso Dio ; poetico contrasto alle turbolenti fazioni che agitavano i Comuni italiani. Per tal modo vediamo il sentimento religioso dar vita a una forma dell'arte. Ma Perugia fu un centro importante, oltre che di manifestazione religiosa, anche di vitalità politica. Antichissima colonia di Roma, continuava ad onorar questa ( anche divenuta pontificia) con pia religione di figlia verso illustre madre e signora. Nè il corso dei secoli, che tutto trasforma, aveva potuto cancellare la sacra tradizione di quella reverenza ; tantochè nei documenti di diritto pubblico e nei più antichi Statuti la vediamo prestare omaggio ai diritti del popolo romano, oltre a quelli del Papa ; e all' invocazione dei Santi e del Pontefice tener subito dietro quella dell'alma mater Roma (1) . Tradizione che dovette rimaner viva anche durante il secolo XIV, se nel 1347, il 3 di agosto, Cola di Rienzo, ai legati del Comune perugino, venuti a Roma a prestare omaggio insieme ai rappresentanti di altre città, donò il vessillo dell' imperatore Costantino, quasi a significare il vincolo che fra Roma e Perugia esisteva, e se, <« designans syndico, eum desponsavit quodam annulo et dixit : vivat memoria Constantini et Perusini » (2). Questo vincolo di origine fece si che i primi suoi podestà fossero tutti, o quasi, romani (3) . Così nel 1191 Stefano Carzullo, (1 ) GREGOROVIUS, Storia della Città di Roma, V, 155-56. (2) Cola di Rienzo, nel conferire uno stendardo a ciascun Comune rappresentato in Roma, diede a quello di Perugia « stentale felicis memorie imperatoris Constantini » (Epist , ediz. GABRIELLI, Roma, 1890, epist. XVI) ; nel quale era dipinta, come si legge nel Chron. Estense (MURATORI, Rer. , XV, 441 , cit. dal Gabrielli) , « unam Aquilam albam in Campo rubeo cum Orbe sub pedibus eius . . . ». (3 ) II VILLARI (I primi due secoli della Storia di Firenze. Sansoni, 1893 , 1, 141 e 152) avverte che nel 1200 in Firenze il podestà era di già un forestiero ; ma che il primo, vero e proprio, l'ebbe nel 1207 con Gualfredotto Grasselli da Milano. NERIO MOSCOLI 105 uno dei consules romanorum ( 1 ) ; nel 1199 quel Giovanni Capocci che fu per lungo tempo capo energico e temuto della fazione democratica in Roma (2) ; nel 1209, 1210 e 1217 quel Pandolfo della Suburra che, Senatore, resse con ferma mano le parti del Papa contro il popolo nell'alma città ( 3) ; e nel 1216 quel Parenzo Parenzi che tre anni dipoi, essendo a capo del Comune romano, invitò Federico II ad entrare a Roma per coronarsi imperatore (4). Sede prediletta di molti papi fin dalla prima metà del secolo XIII (5) , nel 1228 ospita, come già Innocenzo e Onorio III nel 1216, Gregorio IX, che ivi, in quell' anno, canonizza a santo Francesco d'Assisi ; e di nuovo lo accoglie nel 1235, fuggito da Roma insieme a tutti i cardinali per timore della fazione popolare ; ma invano le vengono da lui richiesti aiuti contro l'alma mater (6) ; nel 1251 Innocenzo IV che, tornato di Francia, non si fida d'entrare in Roma (7) ; e da Perugia, il 3 agosto dell'anno dipoi, egli offre a Riccardo d'Inghilterra la corona del reame di Sicilia ; nel 1264 Urbano IV, nel 1273 Gregorio X, nel 1284 Martino IV, che vi muore : nel 1304 Benedetto XI che, mortovi anch'esso, viene sepolto in S. Domenico. Nel 1216 vede il conclave di Ono- (1) GREGOROVIUS, V, 31 . (2) Op. cit. , V, 31 , 39, 109. (3) Op. cit. , V, 52, 57. (4) Op. cit. , V, 143. Questo scritto era già condotto a termine, quando nel primo volume del Bollettino umbro videro la luce il pregevole Studio del prof. O SCALVANTI : << Considerazioni sul primo libro degli Statuti Perugini » ; e le Notizie, davvero preziose, del conte V. Ansidei « sui rapporti fra Roma e Perugia nel secolo XIII » . A queste due monografie rimando volontieri chi amasse di conoscere meglio e compiutamente in quale relazione con Roma e colla Chiesa si trovasse il Comune di Perugia durante i secoli di mezzo. (5) Asilo preferito dei Papi durante i secoli XIII e XIV furono Orvieto, Viterbo, Assisi e Perugia ; ma più specialmente quest' ultima. (6) Op. cit. , V, 198 e seg. - Ciò non contrasta col giuramento che fece nell'anno dipoi il Syndicus perugino di difendere il Patrimonio di S. Pietro in Toscana e il Ducato di Spoleto. Cfr. Op. cit . , V, 211 , n. 1. (7) Op. cit. , V, 311 . 106 P. TOMMASINI MATTIUCCI rio III, nel 1294 quello di Celestino V, nel 1305 quello, celebre nella storia, di Clemente V ( 1) . Nel 1198 presta reverenza per la prima volta al papa (2) ; ma poco dopo anela a liberarsi anche da questo vincolo, e il Rettore pontificio a stento, nel 1220, la conserva fedele (3) . Nel 1221 fa per la prima volta omaggio a Innocenzo III che, in cambio di ciò, le conferma il suo Statuto Municipale. Intanto però, prima che in altre città, s'erano a Perugia << formati dei sodalizi armati, con rettori e consoli alla testa, che tentavano di costituire un reggimento democratico. La fazione popolare promulgava Statuti contro la libertà del clero, cui assoggettava a tributo, e combatteva contro i nobili e i cavalieri, irritata della non equa ripartizione delle imposte. Giovanni Colonna, cardinale di Santa Prassede, mandato dal papa a Perugia con facoltà straordinarie, s' intromise. fra i partiti, e finalmente di suo arbitrio soppresse le associazioni delle maestranze nella loro forma politica ; il suo decreto fu nell'anno 1223 confermato da Onorio » (4). Nel 1229 presta il suo aiuto a Siena contro Firenze (5) ; nel 1236 promette di difendere per conto della Chiesa il patrimonium b. Petri in Tuscia et ducatum spoletanum ; nel 1242, il 12 marzo, si allea contro l'imperatore Federico II per difendere Roma (6) ; nel 1251 , il 17 di aprile, le sono confermati da re Guglielmo, in Lione, i diritti su Castiglion Chiusino e Città (1) G. VILLANI, Cron. , VIII , 80. Cfr. E. BOUTARIC, La France sous Philippe le Bel, liv . V. , chap. II ; A. REUMONT, Arch. st. it . , XI, disp. 1 ; cit. da I. DEL LUNGO, in Cron. di Dino, II, 301 , n. 2. (2) Tuttavia ebbe salva la giurisdizione cittadina e l'elezione dei consoli. Cfr. P. PELLINI, Historia di Perugia, 1, 220 ; A. MARIOTTI, Saggio di memorie istoriche ed ecclesiastiche della città di Perugia, Perugia, Baduel, 1806, 1 , 62 ; GREGOROVIUS, Op. cit., V, 35. (3) A questo proposito tuttavia si noti che se la signoria dei papi fu in Roma, come vuole il GREGOROVIUS, Op. c't. , V, 30, nulla più che un titolo di autorità, a maggior ragione ciò dovrà dirsi di Perugia. (4) GREGOROVIUS, Op. cit. , V, 151 . (5) G. VILLANI, Cron. , VI, 6. (6 ) GREGOROVIUS, V, 218-49. NERIO MOSCOLI 107 della Pieve ( 1 ) ; nel 1253 viene ammonita dai Romani di non dar più a lungo ricovero al papa, giacchè lo volevano in Roma (2) ; nel 1258, il 28 dicembre, riceve in cessione da papa Alessandro IV la contea di Gubbio ; e pochi giorni dopo, l'undici gennaio del 1259, ne riceve lettere imploranti soccorso contro Manfredi ; nel 1265, il 22 di febbraio, assiste nel duomo alla consacrazione di papa Clemente IV, di fresco venuto di Francia (3) ; e l'anno dipoi ospita entro le sue mura i messi di Carlo d'Anjou, che recavano lettere al papa, annunziatrici della vittoria comune riportata a Benevento sopra l'infelice Manfredi ; per festeggiar la quale ode le campane della città suonare a distesa (4) . Nel 1281 invia cento cavalieri, sotto il comando di messer Giacomo del Giachine da Perugia, contro Guido da Montefeltro ribelle della Chiesa, e dipoi altri cento sotto Ugolino da Castiglione (5). Nel 1294 entrano in Perugia il re di Napoli e il re d'Ungheria, che vengono fatti alloggiare in S. Domenico, e le loro Corti e i soldati in Borgo S. Pietro e S. Savino (6) ; nel 1297 papa Bonifazio manda a Perugia il vescovo di Cagli con un breve, per domandare aiuto contro i Colonnesi, e viene a lui concesso in cento cavalli, guidati da Ciuccio Montesperelli (7) ; nel 1301 ne manda altri duecento in servizio di Carlo di Valois (8). Tre anni dopo ospita entro le sue mura il potente messer Corso Donati insieme con altri dodici caporali de' reggenti il Comune fiorentino, citati da papa Benedetto XI a render ragione dell' oltraggio fatto dai capi di (1) Op. cit. , V, 310, n. 1 . (2) Op. cit. , V, 316. (3) Op. cit. , V, 408. (4) Op. cit. , V, 446. Cfr. G. VILLANI, Cron., VII, 9. (5) G. VILLANI, Cron. , VII, 80. (6) P. PELLINI, Hist. d. P., I , 314 , cit . dal MARIOTTI, Saggio di mem. . . . (7) A. MARIOTTI, Op. cit. , I , 229. I, 226. (8) Dino Compagni, II , 9 : « Vennono i Lucchesi, dicendo che veniano a onorare il signore ; i Perugini con CC. cavalli » . Cfr. Brevi Annali di Perugia dal 1194 al 1352, in Arch. st. it. , s . I , t. XVI : I, 5 ; cit . anche da I. DEL LUNGO, II , pag. 257 , n. S. 108 P. TOMMASINI MATTIUCCI parte nera al Cardinal da Prato, paciaro in Firenze per Benedetto ( 1). Nel 1310 va contro Spoleto, dove i Guelfi erano stati cacciati dai Ghibellini imbaldanziti per la calata di Arrigo VII, e li rimette in città (2 ) . Nello stesso anno ha saccheggiato e incendiato il contado dalle soldatesche di Arrigo VII (3) ; dopo il qual fatto forse, o poco prima, assolda Gentile degli Orsini da Roma con duemila fiorini di salario. Diviene poi alleata di Firenze contro Uguccione della Faggiuola (4) . Nel 1320 la vediamo combattere e vincere i Ghibellini di Assisi (5) ; nel 1324 prendere di nuovo Spoleto dopo un lungo assedio ( 6); nel 1327 far pace con Città di Castello , che era sotto la signoria dei Tarlati d'Arezzo (7) ; e nello stesso anno assoldare Ricciardo Inglese per muovere contro Castel della Pieve. Nel 1335 ha per cinque di guasto e arso il contado dagli Aretini, i quali << furono infine alle forche di Perugia presso alla città per due miglia ; e per diligione de' Perugini v'impiccaro de' Perugini presi colla gatta o vero muscia [ rete] [ al lato, colle lasche del lago infilzate pendenti dal braghiere degl' impiccati » ; e subito dopo il Comune pe- (1) D. COMPAGNI, Cron. , III , 9. Cfr. anche Bolla del 23 maggio in RAYNALDO. (2) G. VILLANI, Cron. , IX, 6, 38. (3) De Tuderto intravimus Comitatum Perusinum . Nec recordor, me unum solum Citramontanum vidisse, cui placeret illa via, non compatientes Perusinis, quos una cum Bononiensibus supra modum odiunt propterea ea, quae fecerunt contra Imperatorem . . . . Dominus Imperator . . . . in multis locis illum Comitatum destruxit, et multa damna bonorum temporalium eis intulit. Non credo, quod aliquis fuerit ibi mortuus, quia omnes fugerunt, exceptis illis de Marchano [ Marsciano], qui omnes sunt inventi , quia primi, et omnes per ignem destructi et per spolium ». Relatio de itinere italico Henrici VII imp. ab anno MCCCX usque ad annum MCCCXIII ad Clementem V Papam, auctore NICOLAO EPISCOPO BOTRONTINENSI ; in Rer. It. Scr. , IX, 923, Be C ; e, semplice ristampa , in BÖHMER, Fontes rer. Germ. (4) G. VILLANI, Cron. , IX, 71. (5) Op. cit. , IX, 104. (6) Op. cit. , IX, 207, 241. (7) Op. cit. , X, 51 « . . . si fece acordo da Perugini alla Città di Castello , rimagnendo la signoria di Castello a' Tarlati d'Arezzo e a' figliuoli di Tano degli Ubaldini, che n'erano signori , e alla parte ghibellina, rimettendo nella città certi usciti guelfi e parte rimanendo a' confini ... E ciò feciono i Perugini perch' erano molto affannati della detta guerra, e per la venuta del Bavaro male potuti aiutare da' Fiorentini e dagli altri Toscani » . NERIO MOSCOLI 109 rugino, molto aontato, non come gente sbigottita e sconfitta, prende al soldo Orlando di Luchom, già marescalco del re Giovanni di Boemia, con mille cavalieri tedeschi ( 1 ) ; e toglie per forza Arezzo ai Pietramala ; guerra che si rinnova l'anno dipoi e finisce nell'aprile del 1337 colla pace fra i Tarlati e Perugia, a piè del Campanile di S. Lorenzo, che vede sotto di sè i sindaci di Firenze, di Arezzo e di Perugia baciarsi in bocca, come pegno di amicizia vera e durevole (2). Ne meno frequenti delle guerre colle città vicine erano i commovimenti interni, tra nobili e popolani. Dell'un partito erano a capo i Vencioli e gli Oddi, dell'altro i Baglioni (3) : collisioni di famiglie, inimicizie di parte che seco portavano continuamente zuffe, uccisioni, esili (4) . E mi pare che i due documenti addietro citati ci rispecchino abbastanza fedelmente le condizioni interne del Comune perugino nella prima metà del secolo XIV. La giustizia morta e sbandita, i priori e i camerlenghi usurpatori talvolta degli uffici propri al podestà e al capitano del popolo ; i cittadini proscritti in gran numero, o fuggiti per tema della vita : tutto ci mostra come il Comune guelfo di Perugia stesse alla pari con quello di Firenze e cogl'altri molti d'Italia nelle condanne e nelle proscrizioni (5). (1) Op. cit . , XI, 28. Erano detti « i cavalieri della colomba, perocchè s'erano ridotti alla badia della Colomba in Lombardia ». (2) Op. cit. , XI, 25, 48 , 59-61. (3) Le rivalità fra gli Oddi e i Baglioni possono paragonarsi, anche nelle conseguenze, a quelle dei Cerchi e dei Donati in Firenze. (4) Le memorie del tempo sono piene di fatti che si riferiscono all' infierire delle fazioni in Perugia. Particolare notevole n'è l' aver ricorso , per impedire il troppo rapido propagarsi dei tumulti, alle catene di ferro, che si posero da prima alle porte della città , poi nelle vie, e infine nelle piazze. Vedi APPENDICE, n.º V. (5 ) II BOCCACCIO così descrive in un' epistola le condizioni interne del Comune fiorentino : «< Verum nescio utrum dicam ducamur, an trahamur a fatis an potius volentes obviam eamus exitio ! nil boni, nil justi, nil fidei , nil consilii livor edax, atque habendi cupiditas saeva nostro liquere Senatui reliquisque Ediz. CORAZZINI, pag. 40. Vedi anche la vigorosa invettiva di GUITTONE D'AREZZO : « Infatuati miseri Fiorentini ! ... » e la Canzone per la battaglia di Monteaperti : « Ai lasso, or è stagion de dolor tanto . E. MONACI, Crest. it. , 175-79 e 180-82. 110 P. TOMMASINI MATTIUCCI Ma i Perugini, benchè dediti alle armi e sempre in mezzo a intestine discordie, erano inchinevoli ai piaceri e ai sollazzi, pronti al motteggio e al viver libero e giocondo . Inanzi tutto si noti come gli stessi ufficiali del Comune, sebbene guelfi, non amassero troppo l'ingerenza papale, tanto che fin dal 1296 un capitano del popolo, Rolandino Pozzali, invano venne fatto segno all' ira di Bonifazio, perchè male se gessit contra clericos. Sebbene gli fosse intimato dal papa, per mezzo del vescovo di Perugia, di comparire inanzi al trono pontificio, il Generale Consiglio risolvette di non abbandonare la difesa del preteso colpevole ( 1) . Dello spirito scherzoso e talvolta aspramente motteggiatore dei Perugini ci fa fede una curiosa memoria, nella quale si dice che essi nel 1282, scomunicati da papa Martino IV per essere andati contro Foligno, città della Chiesa ( 2), fecero una specie di rappresentazione figurata della Corte Papale in forma di fantocci di paglia : << fecerunt sibi Papam et Cardinales de paleis, et traxerunt eos per totam civitatem opprobriose, et traxerunt eos ad quemdam montem, et in cacumine montis combusserunt similiter dicendo : iste est talis Cardinalis, et iste est talis » (3) . In un documento ( 1 ) A. MARIOTTI, Saggio di mem. cit. , I, 228. Per le controversie fra il Comune e il Clero in Firenze, vedi le ampie e particolareggiate notizie che ne dà il DEL LUNGO al capo 3º del vol. 1º , parte la, del suo Dino Compagni. (2) ..... Perusini fecerunt exercitum contra Folignum, Papa Martino eisdem prohibente, quod non facerent ; propter quam caussam gravi excommunicatione eos punivit ; sed non destiterunt a proposito, quousque fuerunt ipsius Civitatis muri destructi. Inde redierunt postea ad mandata Martini Papae, et se pro delicto redeme- runt magna summa pecuniarum. Reconciliatis igitur sibi Perusinis , vadit illuc , et cum magno honore ab illis suscipitur anno Domini MCCLXXXII » . PTOLOMAEI LUCENSIS ord. praed. ep. postea Torcellani Hist. Eccl. a nat. C. u. a. ann. c. MCCCXII ; in Rer it. scr. , XI, 1187, C. (3) Memoriale Pot. Reg. , Gest. iis temp. a. 1154 usque ad a. 1290. Auct. ANONIMO REGIENSE....... ; in Rer. it. scr. , VIII, 1151 , E. Il passo da me riferito si trova cit. anche a pag. LXV della prefaz. del BONAINI alle Cronache di Perugia (Arch. St. cit. ) ; ma così sconciato, da non cavarsene più senso alcuno. È del pari errata la data del 1297 , chè Martino IV morì a Perugia nel 1285 , il 24 marzo, narrasi per una indigestione di anguille del lago di Bolsena. - II GREGOROVIUS ( Op. cit . , V, 564, n. 1 , 568) lo fa morto il 28 marzo 1285. Cfr. G. VILLANI, Cron. , VII, 106. NERIO MOSCOLI 111 del 15 settembre 1343 si legge come le donne, nell'andare alle perdonanze, dovessero spesso soggiacere, in chiesa e fuori, ad essere baciate, abbracciate, pizzicate e fatte cadere in terra, finchè si senti il bisogno d' includere una rubrica negli Statuti del Comune per rimediare a questo sconcio (1) . Gli stessi monasteri non andavano esenti dagli attentati di libidine ; e pare che le seduzioni, i rapimenti di monache fossero frequenti, giacchè è rimasta memoria di pene che andavano dalle cinquecento libbre di denari per chiunque seduxerit aliquam religiosam manentem in aliquo monasterio et de monasterio extraxerit » o « actentaverit ponendo scalas ad fenestras vel murum monasterii vel hostium frangendo vel aperiendo » alle mille, << si quis per vim aliquam (1) « Conciosiacosa he .... [ siano fatte] molte engiurie e contumelie, detractatione, violentie e offese ale femmene, cusi citadine, contadine e districtuale co etiandio che forestiere ad essa perdonanza andante e andare volente, cusì en la dicta chiesa come de fuore dela dicta chiesa, e enn andando stando e retornando en molte mode se facciano, toccando cioè desonestamente, basciando , stregnendo , abracecando , pizecando, gle pangne de capo levando, esse femene cadere facendo ad essa chiesa andante, e d'essa partentese, overo ad essa scontrando e non permectendo esse alla dieta perdonanza andare, e d'essa partire liberamente, statuimo che quignunque le predicte cose overo alcuna dele predicte cose commecterà overo farà, sia punito per la podestà overo capetanio en cinquecento libre de denare peroscine piccioglie, da dare e pagare al masaio del comuno de peroscia per esso comuno recevente . . . Ma se parole disoneste overo engiuriose ad esse femene dirà, sia punito en cento libre de denare ». Suggi d. volg. per. cit. , n. III. Ma sembra che, non ostante questa grida, si continuasse nel mal vezzo. Invero, troviamo ripetuta la stessa rubrica nella redazione latina degli STATUTI, vol. I , r. 39 : vol . III , r. 78 e 87, alla volgare posteriore di molti e molti anni. In quella anzi si legge di più, che nel tempo delle indulgenze « nullus iuvenis etatis a. XV. annis supra usque ad. XL. possit residentiam facere seu ad vaghegiandum » nella Chiesa o nel chiostro , donde doveva subito uscire appena fatta l'oblazione, e starne lungi « decem passus » ; nè poteva trattenersi durante l'ufficio divino « in parte ecclesie in qua stant mulieres » sotto pena di dieci libbre di danaro per ogni volta. Per chi fosse vago di raffronti storici, noto come a Napoli il re Roberto punisse colla morte chi in quella città baciasse una donna ; come più tardi il viceré de Rivera ciò estendesse, colla Prammatica de osculantibus mulieres, a tutto il regno ( Opusc. danteschi, Lapi, 1894 ; VIII, pag. 58) ; e come a Roma nel secolo scorso fosse in vigore un bando dal titolo : Bagio in publico a donna honesta, « pel quale il reo di questo delitto cadeva nella pena della galera in perpetuo, da estendersi a quella della vita e della confiscazione dei beni, ad arbitrio di Sua Eminenza » (C. CONTI, Un po' di Roma nel sec. passa'o. Roma, Forzani , 1892 ; pag. 33) . Cfr. anche G. LUMBROSO, Mem. it. d. buon tempo antico. Torino, Loescher, 1889 ; pag. 23) -33. - 112 P. TOMMASINI MATTIUCCI «< capite tonso de monasterio rapuerit » (1 ) . Ne fuor di luogo è il ricordare quel Pietruccio da Perugia, che abbatte e spezza l'immagine di Cristo, a pagamento delle promesse per denari che un prete gli avea carpiti (2 ) . Un'altra memoria del tempo ( 1359) ci dice che le meretrici in Perugia erano abbastanza numerose e così poco ossequenti alla legge, da farne una gabella a parte, la quale, come tutte le altre, trovava i suoi comparatore (3) . Nè in minor numero erano quelle male femmine che suo facto vel opere » trascinavano al vizio le donne. oneste ; e, scoperte, venivano portate in giro .... per totam civitatem et burgos perusie mente bastonate, se pure non erano bollate e non veniva loro tagliato un orecchio (4) . E c' è da credere che il popolo, folleggiando e ridendo, con quel savio discernimento che spesso lo distingue, le circondasse di scherni e di schiamazzi. A quelle facevano onorevole compagnia le concubine, le quali erano del pari fustigate pubblicamente e messe « ad confinia per tres annos extra civitatem et comitatum perusie (5) . E negli Statuti troviamo spesso ripetute le pene contra vitium sodomiticum, le quali, da una multa di duecento » » e pubblica- (1) Sta' . Perus. , vol. III , r. 86. Cfr. G. P. MOLMENTI, La Storia di Venezia nella vita privata. Torino, Roux, 1885 ; pag. 396 e segg. (2) F. SACCHETTI, Novelle, CXXXIV. del trecento. - Questo fatto sembra accadesse nei primi (3) « Inprima che niuna meretrice forestiera la quale el corpo suo averà desposto a carnale cupidità per cagione de recevere guadagno, nè alcuna piubeca meretrice dela cità overo contado de Peroscia, la quale piubbecho e palese a onne persona indiferentemente cometesse el corpo suo per quisto guadagno fare e recevere, possa stare et habitare o demorare ella cità borghe o soborghe de peroscia se no solamente ello luogo dicto mala cucina elle case poste ello dicto luocho sotto pena de XXV libre de denare, la quale pena el Capetanio el Podestà e ciaschuno altro offitiale dela cità de Peroscia defacto tollere possa. » ( Saggi d. volg. cit. , n. VI : « Contratto della vendita della gabella del postribolo . . . ») . Il FABRETTI pubblicò nel 1885, in una edizione di soli ventiquattro esemplari, coi suoi tipi privati, vari documenti sulla prostituzione in Perugia nei secoli XIV, XV e XVI ; e nel 1890, sempre cogli stessi tipi, ne mise fuori , in maggior numero d'esemplari, una seconda edizione accresciuta. A me non fu dato di vedere nè l'una nè l'altra. (4) Stat. Perus. , III , r. 88. - (5) Op. cit. , III, r. 83. Cfr. L. ZDEKAUER, La vita privata dei Senesi nel dugento. Siena, Lazzeri, 1896, pag. 21 . NERIO MOSCOLI 113 libbre di danaro, andavano fino alla pena della cremazione (1). Quanto i Perugini si dilettassero in giuochi e in sollazzi, talvolta singolari, ci fa fede il sapere come nel 1335, sotto le porte della vinta Arezzo, facessero correre il palio a un gran numero di meretrici colle vesti alzate fino alla cintura, e le portassero poi a Perugia, tutte vestite di rosso, sopra cavalli, e col palio in mano, quasi trofei di vittoria (2). Un giuoco detto la sassaiola ed eretto quasi ad istituzione, a ginnastica guerresca, si usò in Perugia fin da tempo remotissimo (3); e sembra venisse fatto nell'epoca che corre dal primo maggio a mezzo giugno (4). Rassomigliava una finta battaglia fatta con sassi, finchè venne permesso solo « cum nive vel herbis vel pomis non offendibilibus » (5) . Vi prendevano parte talvolta fin due mila cittadini ; vecchi, giovani, fanciulli ; e spesso ci morivano più persone (6) . (1) Op. cit. , III, r. 18 e 214. ..... (2) « Adi 12 de novembre nel dicto millesimo le gente del comuno de Peroscia puse campo et oste al domo de la cità de Arezzo . et dettero la bataglia alla terra : anco ce fecero currere el palio denante a la porta de Arezzo da le p ... alzate fina alla cintura ..... Adi 17 de novembre nel dicto millesimo . . . revennero le p ..., le quale avevano corso el palio ad Arezzo , et vennero tutte vestite de roscio, esse e gli cavalli loro ; et recaro el dicto pallio ». Così il GRAZIANI, Op. cit. , pag. 113. Agli Aretini non dovette sembrar cosa nuova il pallio corso sotto le loro mura. Basti ricordare quello de' Fiorentini, tredici giorni dopo la battaglia di Campaldino (G. VILLANI, Cron. , VII, 132) , anche se col Del Lungo (Dante ne' tempi di Dante, pag. 167) non vogliamo che a questa usanza alludano i versi 4-12 del ventiduesimo dell' Inferno, « Corridor vidi per la terra vostra, O Aretini .. - ..... ». (3) L. BONAZZi, St. di Perugia dalle origini al 1860. Perugia, V. Santucci, 1875, II, 564-67. (4) Stat. Perus. , III, r. 124. (5) Op. cit. , III, r. 124, additio. -- Questi pubblici esercizi, che servivano nello stesso tempo di sollazzo e di addestramento alle armi, furono nel medio evo comuni a quasi tutte le città italiane. Cfr. P. G. MOLMENTI, La Storia di Venezia nella vita pricata, cap. V. (6) « . . . nullus audeat vel presumat portare tempore praelii de campo bactalie in ipso campo seu supra murum vel alibi ubi dictum praelium contigeret fieri aliquam plumbaiolam vel mazzam ferratam vel ferream vel metalli sub pena. C. libr. den. pro quolibet contrafaciente ; possint tantum portare mazzam ligneam targiam tabolatium pavesem gambarolos et bracciaiolam bastonem vel tacconem gamberias barbutam cum maglis elmum clausum et omnia arma consueta portari ad dictum praelium ». Op. cit. , III , r. 124. 8 114 P. TOMMASINI MATTIUCCI Vi presiedeva la Compagnia del Sasso ; e pare altresì che questa Compagnia, oltre al giuoco d'infilzare coll'asta un anello sospeso galoppando a cavallo (hastiludentes anulo), ne eseguisse maestrevolmente altri molti, poichè troviamo negli Statuti che essa riceveva sei fiorini e ventisette libbre di denari per celebrare i giuochi ( pro ludis celebrandis) nel di della festa di S. Ercolano, mentre aveva soltanto una libbra di denari una Compagnia minore per i giuochi della festa di Monteluce >> (1). Così ci rimane memoria di sollazzi privati e di giuochi pubblici. Di questi ci dà un'altra testimonianza il Graziani, quando ci parla di giostre che il Rettore dello Studio doveva fare al tempo della sua elezione ; e a causa di queste spese si crede che gli Statuti del Comune a lui fissassero nel 1366 un salario di « viginti quinque florenos auri » ( 2. ) Nė gli << scolares perusini studii » si mostravano da meno del loro Rettore ; chè si ha memoria nel Maturanzio di frequenti e variati giuochi che essi facevano negli orti di Braccio Baglioni in Porta S. Pietro (3) . (1) BONAZZI, Op. e loc. cit. - Nella Cron, del GRAZIANI si ha ricordo di zuffe avvenute tra la Compagnia del Sasso ed altre : « Adì 24 de febraio [ 1389] fece briga la compagnya del Ceruglio con la compagnia del Sasso e dei Grifonceglie li al pozzo di P. S. Agnolo, dove che ce fu ferito a morte uno garzone de P. S. Pietro ; per tanto che ogni homo se credette che la città gisse tutta a rumore. Et adi 25 de febraio le ditte compagnye vennero in piazza ; onde che li magnifici signori Priori molto se operavano per far lo fare la pace . In questo venne la compagnya de Grifone verso quella del Sasso, gridando : Amaza amaza ! ma usciero da canto una matta [ turba] de becarini de quelli del Sasso, quali comenzaro a gettare li sassi, et pui misero mano a le spade e alle bergamasche : in gram quantità, con grandissimi strida, andarono verso quelli del Ceruglio, de modo che li cacciaro dalla piazza » ( pag. 233) . - II FABRETTI, in una nota allo stesso Graziani, pag. 139, n. 1 , dice che «< il Comune soleva spendere ogni anno 150 libre di denari per la caccia del toro e pel giuoco dei sassi »; e che questa usanza aboli nel 1426 il governatore Pier Donato, a istigazione di Fra Bernardino, erogando quella somma in tanta cera per la festa di S. Ercolano . (2) « Adi 2 di giugno [ 1437] se fece una giostra in piazza : la spesa la fece il rectore nuovamente eletto de 10 studio, chiamato meser Giapeco da Spolete ; e quello che aveva l'onore della giostra guadagnava braccia otto de velluto azurro figurato, e braccia diece de rosato » . Cron. d . GRAZIANI, pag. 419. (3) G. B. VERMIGLIOLI, Bibl . st . - perug. Il Rossi, Giorn. d. Erudiz. , IV, 324-25, pubblicò due documenti del 1323, in uno dei quali si parla di aste servite per la NERIO MOSCOLI 115 Ma le feste più splendide, più sontuose che si vedessero in Perugia, erano quelle che il Comune dava a sue spese, specialmente in onore di qualche ospite potente. Nel 1326, all'ultimo di giugno, << venne in Perugia messer Carlo duca di Calavria con molta gente ; gli donò il comuno di Perugia una coppa entro DC fiorini, a la moglie una coppa entro CCL fiorini, et a messer Filippo despoto di Romania una coppa entro CC fiorini . . . . Fu giuocato a onore della sua venuta : LXXV giuocatori ebbero dalla Camera del Comuno et per ciascuno di loro fiorini quattro » ( 1). Nel 1393, per la pace fra i Raspanti e i nobili, fu « fatta una gran festa, massime delle donne, le quali andarono ballando per la città di porta in porta. La qual festa durò molti giorni » (2) . Per la venuta della moglie di messer Giannello, fratello di Bonifazio IX e signore di Perugia, < tutti li priori e camerlenghi e tutte le donne da bene ballando e sollazzando andarono con lei sino al palazzo del Podestà dove stava messer Giannello »> (3). Ma una descrizione particolareggiata e minuta di pubbliche feste ci è data da un cronista anonimo, le cui parole meritano di essere riportate integralmente : « Entrò la sposa di Biordo Michelotti per le due porte con un vestimento d'or tirato con molte gioie in testa : davanti a lei andavano tre paia di cofani et sei donzelle con loro vestimenti di drappo, per servigio di detta madonna. . . . Ella portava in festa del dottorato degli scolari, e nell ' altro di un astiludio celebrato ad onore di uno spagnolo dottorato in Canonica. (1) GRAZIANI, Cron. cit. , a. 1326. (2) Suppl. IV al GRAZIANI, pag. 257. Nelle Mem. di P., ed, dal FABRETTI, I , 50, si legge : « del mese de giugnio [ 1313 ] fu fatta la pace tra' Raspanti e gentil' huomini in Deruta, per mezanità del Papa . Il primo di luglio, et alcuni scrivono il secondo, rientrarono gli usciti in grandissimo numero » . (3) Suppl. V al GRAZIANI, pag. 257. - Un anonimo, le cui Mem . di P. dall' a. 1352 al 1398 si trovano nel vol. I delle Cron , ed. dal FABRETTI, Torino, 1887, accenna alle feste fatte per la venuta di Bonifazio IX : « i Priori e Camerlenghi si vestirono di scarlatto e ballarono per tutta la città. Si fece gran festa per lo contado ancora (pag. 49). 116 P. TOMMASINI MATTIUCCI capo una ghirlanda di sparaci : venivano con esso lei a cavallo messer Chiavello, signor di Fabriano, gl'imbasciatori di Venezia e di Fiorenza. Tutte le gentil donne onorate le si fecero incontro ballando, vestite a porta per porta secondo la sua divisa, et quelle che non erano atte a ballare andavano dietro. La comunità di Perugia, perchè si facesse più bella festa, donò ad ogni compagnia diece fiorini d'oro. Innanti ci era una gran moltitudine di trombe, le quali sonavano di maniera ch'invitavano ciascuno a far festa : la quale fu tale che fu fatto un bando che durante detta festa non si aprisse bottega alcuna ; che fu per lo spazio degli otto giorni detti di sopra. Fu fatta la mensa per li signori di S. Lorenzo nella sala papale, et intorno a detta sala vi erano collocate assaissime tavole, et eravi il luogo a posta per le torcie. La tavola di Biordo era in capo a detta taola più eminente dell'altre. . . . Alle quali tavole furono per ciascheduna fiata posti trecento taglieri. . . . . Oltra questo ci furono moltissime donne che si vestirono della divisa di Biordo ; et tutte quasi fecero tre vesti per ciascuna, et andavano ballando per la piazza. Il mercordi si giostrò una barbuta con l'armi del Comune dietro, cioè il Grifone. . . . . et giostrar di continuo fino a notte ; onde fu duopo adoprarci le torcie. . . . Fu una festa solenne » (1) . Di ricco e splendido seguito amavano circondarsi i magistrati perugini nell'uscire di palagio : « Erano quattro tavolac- (1) Cron. d. città d. P. ed . da A. FABRETTI, I , 54-46 . — Il passo ora citato ne riporta al 1397 ; e il MATARAZZO (Arch, st. it . , loc. cit. pag. 105-12) , descrivendoci minutamente le feste davvero sontuose per l' ingresso in Perugia nel 1500 di una figlia di Giovanni Colonna e di Giustina Orsini , andata sposa ad Astorre Baglioni, ci mostra come il lusso dei gentiluomini perugini andasse sempre crescendo : « Era el magnifico meser Astorre tutto vistito a oro dal capo in sino ai piede . . . . . et aveva una ricchissima collana de oro massiccio . . . quale li aveva donata la signoria de Venezia. Et anco sua donna aveva tutti suoi vestimenti d'oro, cum maniche de seta brustate de ricchissime perne ; et similmente la testa aveva tutta coperta de perle . . . . ... La sposa fu messa in uno letto ricchissimo, nel quale, tra l'altre cose, era uno panno de sopra fatto a liste d'oro e de seta vermeglia ; e tutte quelle liste de seta eran ful- cite e brustate a ricchissime perle »> . NERIO MOSCOLI 117 ... cini, l' uffizio de' quali era andare innanzi a li signori Priori usciendo di palazzo, portando un rotellino piccolo in mano in forma di brocchiere, tutto depinto, col grifone in esso. Sei trombettieri, ciascuno col suo cavallo ... ( 1) ; nei giorni solenni sempre andaveno avanti il magistrato, con .. sei trombe d'argento . . . . (2) . Et ancora, d'ogni tempo et in ogni dì, a ora di pranzo e di cena del magistrato, sonaveno due volte a le fenestre del palazzo verso la piazza ; una innanzi e l'altra dipoi levate le mense. E con esse si sonaveno i naccarini da un naccarino, i quali erano di rame stagnato, a guisa d'un mezzo guscio d'ovo vacuo, insieme congiunti, coperti di sopra con carta pecora ben tirata ; ne la quale battendo con bacchette di legno, rimbombava il suono a guisa di tamburo, che faceva quasi tenore al suono de le trombe, con li suoi pennoni d'ermesino rosso, con l'insegna del grifone, tanto a le trombe quanto ai naccari (3). Vi staveno ancora, quattro sonatori di pifari, et un sonatore di trombone; i quali similmente sonaveno a le fenestre del palazzo doppo i trombetti, tanto la mattina, quanto la sera ; e ne l'andare fuora il magistrato i di solenni, medesimamente andaveno sonando avanti il magistrato .... Teneveno ancora un cantarino, e si eleggeva un buono e dotto musico, e sonatore di diversi istrumenti (4). Chi erano i cantarini, e quale ufficio avevano ? « Erano costoro uomini dotati di una quanto men generale, tanto più (1 ) « . . . omnes teneant eques continue eorum rischo et fortuna eques signati esse debeant ad signum tube » . St. Perus. , I, r . 183. ... ; et ipsi (2) Così parla dei trombettieri , o banditori fiorentini, lo Statuto del Podestà del 1324 (I. DEL LUNGO, Dell'esilio di Dante, pag. 90) ; « . . . bannitores debeant habere tubas argenteas, et tubare semel ante quam banniatur . . . ; et ipsas tubas ipsi bannitores habeant et habere debeant de ipsorum proprio » . (3) Tanto i trombettieri quanto i naccarino avevano ciascuno cinque fiorini d'oro al mese, « si ronzinum retinuerint ; et si ronzinum non retinuerint, ad rationem trium florenorum ». Stat. Perus. , I, r . 434. (4) La guerra del sale ossia racconto della guerra sostenuta dai Perug. contro Paolo III nel 1540 tratto dalle mem, ined. di G. DI FROLLIERE ed. p. cura di F. BONAINI con ann, di A. FABRETTI e F. POLIDORI ; in Arch. st. it cit., pag. 451-53. 118 P. TOMMASINI MATTIUCCI pregiata attitudine al suono degli strumenti, al canto melodico, e alla improvvisazione e recitazione pratica ; e che di queste virtù loro servivansi a ricreare i grandi e sollazzare il popolo (1). » A Perugia i canterini, eletti dopo pluribus colloquiis fra i magistrati, misso et posito diligenti partito, e retribuiti col denaro pubblico, avevano l'ufficio di rallegrare cantilenis et pulsationibus l'animo dei Priori e dei Camerlenghi abbattuto multis melanconicis cogitationibus. Per trovarne, il Comune mandava dei corrieri apposta a Siena, Arezzo, Città di Castello, Cesena, e il più frequentemente a Firenze, « che doveva esserne, per così dire, la cava più ricca e pregiata » . Dovevano essi seguire i Priori, quando uscivano da Palazzo, e accompagnarli sempre nelle solenni funzioni, cantando e sonando. Vestivano coi colori e coll'assisa del pubblico ; e mentre nei primi tempi ci si mostrano ricreatori unicamente dei Signori, in seguito cominciarono a cantare in piazza, divenendo così l'ufficio loro « quasi una scuola di buon costume e di amena coltura, dai provvidi magistrati aperta all' intera cittadinanza » (2) . Dall'alto del Palazzo comunale lo splendore e il fasto si riflettevano a colori non meno smaglianti nel popolo, del cui lusso, talvolta smodato, ci sono rimaste copiose testimonianze. Fra queste, importantissimi sono gli Statuti Suntuarij della - (1 ) A. D'ANCONA, I Canterini dell'antico Comune di Perugia, in Var. st. e lett. Milano, Treves, 1883, serie I, pag. 43. Per le fonti di questo geniale Studio vedi A. Rossi, Mem. di mus, civ. in Perugia nei sec. XIV e XV, în Giorn. d'Erud. Art. , III. - (2) A. D'ANCONA, Op. cit. , pag. 49. - Uno Studio sui canterini, pregevole per ricchezza di particolari e di notizie nuove, è quello di F. NOVATI nel fasc . 55, a. X, del Giorn. st. d. lett. it. Cfr. anche, per i canta in panca fiorentini, l'opera del FLAMINI, La Lirica Toscana, pag. 151 e segg.; e lo scritto del CARDUCCI, Musica e Poesia del sec. XIV, in St. lett. cit. Sembra che coll' andar del tempo l'uso del cantare in parca divenisse cosi spregevole ; invero, in CAMMELLI 1440-1502 (Rime ed. e ined. . . . Livorno, Vigo, 1884) . di un pessimo giudice si legge : « Ma perché chiaramente umai comprendo Ce tus impresa da chi cauta in banca ». - NERIO MOSCOLI 119 ... prima metà del secolo XIV (1) : << nulla femmena ardesca overo presuma portare nè recare en capo overo ghirlanda, arlegature overo entrecciature d'oro overo d'argento overo de margarite [ perle] overo pietre pretiose >> eccettuate « le scagiale [cinture] d'oro overo d'argento a tanto che non passe la somma per comune stima trenta libre de denare » (2) ; ed erano del pari proibiti, a schifare le spese inutile, « pietra pretiosa, cristallo, vetrio, ambra, smalto de quagnunque spetia, forma overo materia overo de seta » . Fu anche posto un freno al vestire con vari colori : « che nessuno possa vestire overo vestementa de nuovo fare se non d'uno panno de lana tanto d'uno colore overo de doje al più a tanto chi de doje pangne de diverse colore vestementa farà per lo tempo che deje venire fare non degga nè possa se non tramezato per lato si che tanto sia d'uno quanto de l'altro a mesura (3). E venne del pari vietato che le donne uscissero scollacciate ; usanza divenuta, forse, scandalosa : « nulla femmena de la cità overo del contado overo destrecto de peroscia overo d'altronde ardisca overo presuma portare en dosso nè fare fare panno alcuno scollato da la forcella de la gola en giù (4) ; nè furono più permessi gli strascici, che talvolta passavano in lunghezza i due piedi : « nè alcuna gonella D » (1) Due St. suntuarij circa il vestire degli uomini e delle donne ord. prima dell'a. 1322 dal Com. di P., tratti da un testo it. a penna e pubbl, nelle faustissime nozze dei nob. s . R. Pucci- Boncamb, e C. Orsucci. Perugia, Baduel , 1821 ». Poi in G. B. VERMIGLIOLI, Opuscoli. Perugia , Baduel, 1826 : vol . III, pag. 15 29. (2) DANTE, Parad. , XV, 100-3 : « Non avea catenella, non corona, Non donne contigiate, non cintura, Che fosse a veder più che la persona » . Cfr. L. T. BELGRANO, Della vita privata dei Genovesi, 2ª ediz. Genova, tip. Sordo - muti, 1875, pag. 245. (3) Cfr. L. ZDEKAUER , La vita, ecc , pag. 43. Cui non Alle sfacciate F. SACCHETTI, (4) DANTE, Purg. , XXIII, 98-102 : « Tempo futuro m'è già nel cospetto, sarà quest'ora molto antica, Nel qual sarà in pergamo interdetto donne forentine L'andar mostrando con le poppe il petto ». nov. 178: « Chi fu a vedere già le donne col capezzale tanto aperto che mostravano più giù che le ditelle ! e poi dierono uno salto, e feciono il collaretto infino agli orecchi ... » . Cfr. G. P. MOLMENTI, La Storia di V. , pag. 261 . 120 P. TOMMASINI MATTIUCCI » « traginare possa (1). E c'è da credere che le donne perugine, simili a quelle di Firenze (2), comparissero in pubblico col viso dipinto, se nel secolo XV dovette intervenire il governatore Maurizio Cibo con un decreto contro « nonnulle mulieres hebree le quali, maligno spiritu instigate » , s' appressavano << ad domos Christianorum ad vendendum aquas, striscium et alia diversa genera medicaminum » che le donne adoperavano « ad depingendum seu depulcrandum faciem » (3). Nè paghi del lusso di cui si circondavano da vivi, i Perugini usavano di adornare i morti << non tamquam ad sepulcrum debitum, sed tamquam ad nuptias et convivia » , finchè venne stabilito per legge che non venissero ricoperti se non << de una tunica . . . valoris duorum florenorum auri » e che le femmine dovessero avere soltanto << velosellos in capite » , e « masculi caputeum ... >>> (4). (1) G. VILLANI, Cron. , X, 153, parla di consimili ordinamenti fatti dal Comune di Firenze, sembra nel 1330, e nota che « quasi tutte le città di Toscana e molte altre d'Italia mandarono a Firenze per esempio de' detti ordini, e confermargli nelle loro città ». Io credo di poter affermare che Perugia fosse tra queste. Un parziale riscontro delle parole del Villani coi passi citati degli Statuti perugini torrà ogni dubbio : «< . . . fatti . . . certi ordini molto forti , che niuna donna non potesse portare nulla corona nè ghirlanda ne d'oro nè d'ariento nè di perle . ・ ・ ・ .. , nẻ nullo vestimento intagliato nė dipinto con niuna figura, se non fosse tessuto, nè nullo addogato nè traverso se non semplice partita di due colori... né niuna pietra preziosa, nè eziandio ismalto nè vetro, . . . . . . e che nulla donna potesse portare panni lunghi dietro più di due braccia, nè iscollato di più di braccia uno e quarto il capezzale » . Sembra però, a quanto narra il Sacchetti ( nov . 137) , che le donne fiorentine trovassero modo di non ottemperare per nulla a cotesti editti. Il Boccaccio (Corbaccio, pag. 278-79 delle Opere min. , Sonzogno 1879) lasciò scritto a questo riguardo : «< ... alle fogge nuove, alle leggiadre non usate, anzi lascive, e alle disdicevoli pompe si danno ; e a niuna pare essere hella, nè ragguardevole, se non tanto, quanto ella ne ' modi, nelle smancerie e ne' portamenti somigliano le piuviche meretrici, le quali tanti nuovi abiti, nè disonesti possono nella città arrecare, che loro tolti non sieno da quelle, che gli stolti mariti credono esser pudiche » . Cfr . , del SACCHETTI, anche la nov. 178 ; C. SALUTATI, Epist., I 1. III, 12; L. ZDEKAUER, La vita , ecc. , pag. 43 ; e P. VILLARI, N. Machiavelli, Hoepli, 1895, II , 261 . (2) DANTE, Parad. , XV, 114. ― Cfr . anche un sonetto di CECCO ANGIOLIERI, in D'ANCONA, St. di Cr. ecc . , pag. 131. (3) Giorn, di Erudiz . Art. , I, 311-12. (4) Stat. Perus. , I, r. 44. Da questo divieto andavano esenti i soldati, i dottori, i giudici e i medici « quia scientiati et milites debent merito alios in honoribus NERIO MOSCOLI 121 Nella gabella del 1379 ( 1 ) troviamo nominate le « borscie de seta parigine grande con oro » , la « grana de Romania, de Provenza, de Spania » , la « lana d'Inghilterra » , la « pellicciaria Francescha » , la « porpora Veneziana » e altre suppellettili, che ci fanno testimonianza di un lusso non comune e di una grande ricchezza. Ma il popolo perugino, quanto la magnificenza e lo splendore, i giuochi e le giostre, i sollazzi e i motteggi, altrettanto amava le manifestazioni dell'arte. Nel 1275 lo vediamo dar mano a costruire quella fonte che tuttora s'ammira in Piazza S. Lorenzo, su disegno di Fra Bevignate da Perugia e arricchita con pregevoli sculture di Nicola e di Giovanni Pisano ( 2) , di quel Giovanni che fu autore del fonte battesimale e del pulpito a Pistoia, del Camposanto e del Duomo di Pisa ; e con altre di Arnolfo di Lapo (3), autore del sepolcro del Cardinale de Braye in S. Domenico d'Orvieto e del tabernacolo a S. Paolo di Roma (4) . Nei primi anni del secolo XIV inalza, forse su disegno di Fra Bevignate, il Palazzo Pubblico, magnifico monumento, che tuttora fa fede della potenza e dell'arte perugina nel medio evo (5) ; la chiesa di S. Lorenzo, sull' architettura forse dello stesso Bevignate ; il tempio di S. Ercolano su disegno di Giovanni superare ». Cfr. P. G. MOLMENTI, La Storia di V., pag. 225 e seg.; e L. ZDEKAUER, La rita, ecc., pag. 69. (1) Saggi d. volg. cit. , num . VIII. (2) G. B. VERMIGLIOLI, Le sculture di Nicc. e Giov, da Pisa e Arnolfo Fior. , che ornano la fontana maggiore di Perugia diss. ed inc. da S. Massari. Perugia, 1831 ; in fol . con 80 tav. in rame. Non mi fu dato vedere quest'opera , e ne traggo notizia da un catalogo dell'Olschki di Venezia, XXII, 1890, nel quale è detto che è divenuta assai rara e non trovasi citata in niuna bibliografia. Negli Statuti di Perugia, I, r. 549, è fatta menzione di officiales speciali, che dovevano aver cura della fonte ; e perciò venivano loro date ogni anno « tres corbes grani ». Cfr . Boll, d. Soc. umbra, I, 435. (3) Il vero nome è Arnolfo di Cambio di Val d'Elsa . (4) G. B. CAVALCASELLE e F. A. CROWE, St. d. pittura in It. dul sec . II ai sec. XVI. Firenze, Le- Monnier, 1875. (5) Sul Palazzo del Comune scrisse A. Rossi una breve monografia, che a me non è stato dato di vedere. 122 P. TOMMASINI MATTIUCCI Pisano, o di Fra Bevignate ( 1 ) . Fra il 1302 e il 1311 Giovanni Pisano scolpisce il sepolcro eretto a Benedetto XI nella Chiesa di S. Domenico (2) ; nel 1319 è data la cittadinanza a un << Meo di Guido da Siena »> pittore ; nel 1322 un « Lello di Elemosina » , perugino, dipinge il nuovo Palazzo dei Priori. Una memoria del 1323 ci dice come già nel secolo XIV vi fosse in fiore l'arte del minio (3) ; e nel 1325 dal Comune vien fatto un pagamento a un « Giovanni di Elemosina » , forse fratello di Lello, « pro quadam figura Virginis Marie cum filio per eum facta in Palatio Judicum Gabellae » (4). E che i Perugini, nel momento stesso che più attendevano alle guerre, amassero i prodotti dell'arte, ce lo mostra il portar seco ch'essi facevano dalle città vinte ciò che per avventura vi trovassero d'artistico. Così, nel 1335, parecchie sculture in marmo passarono dal Duomo di Arezzo alla Chiesa di S. Lorenzo (5) ; e, circa vent'anni dopo, le pietre delle mura di Bettona servirono per terminare la fabbrica del Palazzo dei Priori (6). Nè meno delle arti belle amavano le dotte. Nel 1219 troviamo ascritto « in matricula notariorum, quae primum Bononiae conferta est . . . Raynerium Perusinum » ( 7) che, distinguendola prima dalla rettorica e poi dal (1) A dipingerlo fu chiamato Bonamico, che scherni gl'impazienti Perugini con quel bel modo che racconta FRANCO SACCHETTI nella nov. 169. Cfr. anche G. VASARI, Vite, ediz. di Trieste, pag. 117. - (2) Vedine la descriz. nell' opera cit. del CAVALCASELLE, I, 229. - In S. Domenico dipinse anche Buonamico. Vedi G. VASARI, Vite, ediz. di Trieste, pag. 126 e seg. (3) Giorn, d'Erudiz. Art. , II, 350 (4) A. MARIOTTI, Lett. pittoriche-perug. Perugia, Dalle stampe Baduelliane, 1788. Lett. II, (5) I GRAZIANI, Cron. , pag. 113 : « . . . fuoro recate molte immagine de pietra, o volemo dire de marmo, le quale fuoro trovate nel dicto domo [di Arezzo] ; le quale immagine de pietra le recaro gli buove su gie carre, et erano vestite gli buove e glie carre de panno roscio ; et ditte imagine, venute che fuoro nella città de Peroscia, fuoro poste denante dal muro de la chiesa de san Lorenzo verso la piazza ». (6) Nel 1352. A. Rossi, in nota al carme di L. TIBERI, Il Palazzo del Popolo in Perugia; in Alba Nigra, Bologna. 1881 . - (7) FATTORINI, De claris arch, bon, profess. , I, 422. Cfr. anche F. BUONAMICI, Di un ms. antico di recente trovato sull'arte del notaro, di RANIERI PERUGINO, in NERIO MOSCOLI 123 diritto, iniziò l'arte notaria ; autore, inoltre, d'un trattato sull'arte notarile (1) , di una Somma sui contratti (2) e d'un commento sulla Poetica d'Orazio (3). Alla Corte di Napoli troviamo quel Paolo Perugino che scrisse un lungo commento alle Satire di Persio (4) , e che il Boccaccio chiamò « eruditissimo conoscitore e ricercatore indefesso d'ogni sorta di libri » (5). Ma Perugia deve allo Studio, od Università , sorta, come altre in Italia, di fronte ai chiostri quale educatrice dello spirito laico (6), l'essere stata un centro di coltura e di dottrina. « Appena si crederebbe che fra tanto romore d'armi e d'armati, e fra tante esterne e domestiche guerre da cui era allor travagliata l'Italia, potessero i professori insegnar dalle cattedre tranquillamente al tempo medesimo che sotto le mura, e talvolta ancor nelle piazze e nelle vie della città, combattevasi con furore. Ma lo spirito di partito dominava allora ogni cosa ; e quella medesima rivalità che rivolgeva l'un contro l'altro i principi e i popoli, faceali gareggiare tra Arch. Giur., I, 191-93 ; F. NOVATI, La Giov . di C. Salutati. Torino, Loescher, 1888 ; pag. 49, n. 3. - (1) Vedilo pubblicato dal GAUDENZI, Scr. anecdota antiquiss, gloss . , nel 20 vol. , pag. 25-73, della Bibl. jur. m. ae. , col tit . : « RAINERII DE PERUSIO, Ars, notaria e trib. cod, mss, adhuc ign . prim. ed A. Gaudentius » . Un volgarizzamento dell'arte notaría, ritenuto non posteriore al 1228, pubblicò il MONACI Dell'Arch . paleogr. it. , I, fasc . VII. Cfr . anche, del GAUDENZI, I suoni, le forme e le parole dell'odierno dialetto d. città di Bologna, e Sulla cronologia delle opere dei dettatori bolognesi da Buoncompagno a Bene di Lucca, in Bull, dell'Ist. st. it. , n. 14 , pagg. 104, 121 , 139. (2) Ancora inedita . Cfr. lo scritto cit. del GAUDENZI, Sulla Cronologia, ecc. , pag . 121 , n . 2. (3) G. B. VERMIGLIOLI, Biogr. st. perug. , II, 212-15. (4) Fu trovato dal Novati nel 1884. Cfr. Giorn. st. d. lett. it , IV, 332. (5) Genealogia degli Dei , XV ; in MUSSAFIA, Difese d'un illustre, Vienna, 1861 : ripubbl. in Ant. d. n. Cr. lett, mod, di L. MORANDI. C. di Castello, Lapi, 1890, pag. 337 . Cfr. F. MACRI- LEONE, Il zibaldone boccaccesco d. Magliabechiana, in Giorn. st. d. lett. it.. X, 7, 33 ; e Boll . d. Soc. umbra, II, 565. ( 6) E. MONACI, Il Barbarossa e Arnaldo da Brescia , in Arch. d. Soc . rom, di Storia patria, 1, 464 . 124 P. TOMMASINI MATTIUCCI loro nel procacciarsi tutti quei mezzi onde le lor città divenissero sopra l'altre famose e grandi » (1 ) . >>> Per l'origine dello Studio i documenti ci riportano al 1266. Il 15 settembre di quell' anno il Consiglio Maggiore delibera di mandare corrieri « pro facto studii expensis communis undique per civitates et loca convenientia >> (2); nel 1276, il 21 di settembre, vien fatto invito « per terras circhumstantes perusio >> ad « omnes scolares volentes venire ad audiendum . . . . doctorem Legum (3) ; invito che viene ripetuto il 23 settembre per un lettore di Grammatica, di Logica e di altre arti, << cum quidam maister velit studere [insegnare] in civitate Perusii in gramatica, loica et aliis artibus » (4) ; e nel 1277 per un maestro di Fisica, il primo lettore nella facoltà di medicina, << ad honorem, utilitatem et commodum comunis Perusii » (5). Nel 1306, agli ultimi di giugno, affinchè «< sepius inchoata principia laudabile medium optimunque finem recipiant » , e perchè « sine copia doctorum et magistrorum studium esse non potest » , i Priori delle Arti « una cum sapientibus quos secum habuerunt . . . . auctoritate et potestate eis concessa a consilio populi » stabiliscono che « sit studium continuum beant continue ad legendum iiij doctores in iure civili , duo doctores in iure canonico, unus magister in logicalibus et unus magister in gramaticalibus » ; e stabiliscono anche di chiedere a papa Clemente che « privilegia studii generalis . . . . concedantur in iure Canonico et Civili et in qualibet alia facultate » (6). E l'ottengono con bolla dell'otto settemet esse de- (1) G. TIRABOSCHI, St. d. lett. it . Milano, tip. dei Classici, MDCCCXXIII, vol. V, 71 . (2) A. Rossi, Doc. p. la st. dell' Univ. di Perugia con l'albo dei profess , ad ogni quarto di sec . , in Giorn. d'Erudiz. Art. , IV, V e VI ; e a parte IV, 26. ROSSI giustamente osserva che il tenore della riformanza, cosi semplice e cosa ordinaria, e il mese stesso in che fu fatta, ne ammoniscono esser questa una delle volte in cui furono avviati i principi dello Studio, ma non la prima. (3) Op. cit. , IV, 27. (4) Op. cit., IV, 27. (5) Op. cit. , IV, 28. come di (6) Op. cit. , IV, 27 e 28. NER O MOSCOLI 125 bre 1307 , perchè << ex Civitate [Perusii] producantur viri docti qui in orbe terrarum velut splendor fulgeant firmamenti et tanquam stelle in perpetuas eternitates >> (1). Quanto stesse a cuore ai magistrati perugini che nello Studio leggessero gl'uomini più dotti, lo prova la lunga e talvolta aspra vertenza che Perugia ebbe con Bologna per Jacopo Belviso, dottore di legge. Questi, bolognese, abbandonata la patria perchè, sebbene di famiglia ghibellina, sembra amasse seguir la parte guelfa (2), andò a Perugia prima del 1308 ; nel qual anno i Priori e i Savi stabiliscono di curare << omni modo via et cautela » (3) che non lasci lo Studio ; mentre, l'anno stesso, mandano a Bologna, per consiglio di lui, solenpnes ambariatores affinchè, amore et gratia comunis perusij et populi, « dignetur licentiam dare et concedere eidem domino Jacobo doctori standi et morandi in civitate Perusij ad legendum scolaribus studentibus in Perusio prout ipse tenetur » (4) ; ma il Comune di Bologna tien duro, e l'anno dipoi manda al Belviso lettere, colle quali gli viene intimato di tornare in patria << omni cessante temporis intervallo » ; e se non lo farà « infra . X. dies post presentationem presentium [literarum] omni excusatione cessante, pro proditore et studij turbatore lo bandiranno « cum tota familia » e stenderanno al suolo ogni suo avere (5) . Ma a sua volta il Comune perugino delibera che non si badi a queste minaccie e che il Belviso non sia fatto partire. Inviti, preghiere, minaccie, ripulse, che durano dal 1308 al 1311, nel qual anno vediamo il Belviso a Bologna. Tornò poi a Perugia, e quindi in patria, dove mori. Dipoi, dal 1326 al 1333, .... • . (1) Op. cit. , IV, 56. Sebbene la bolla porti la data del 1307, il privilegio, recato di Francia da Aghinello di Ristoro, non fu presentato al Comune perugino prima della fine del febbraio 1309. (2) V. BINI, Mem. ist. d. Per. Univ. (3) Giorn. d'Erud. , IV, 57. (4) Op. cit., IV, 59. ..... Perugia, 1816 ; pag. 63. (5) Op. cit., IV, 88. 126 P. TOMMASINI MATTIUCCI tenne il posto già occupato dal Belviso, Cino da Pistoia ( 1 ), che nel 1326, il 29 novembre e il 6 dicembre, viene chiamato dal Comune a decidere, insieme a Recupero da S. Miniato (2), a Paolo de Aczaris (3), a Riccobardo Tettalassini (4) e a Leonardo da Roma, su questioni municipali ( 5) ; mentre più addietro l'abbiamo veduto discutere d'amore con un poeta perugino, con Marino Ceccoli. E negli anni seguenti furono chiamati a Perugia i più celebri dottori in diritto canonico. e in diritto civile. Primeggia sopra tutti Bartolo da Sassoferrato (6). Inoltre, lo Studio, benchè dipendesse dai magistrati municipali, era, si può dire, autonomo. Il Rettore aveva il diritto di giudicare quelle colpe degli scolari, nelle quali « arma non intervenerint » ; poteva requisire la forza pubblica ed aveva autorità pari ai più alti ufficiali. Nè da meno era il lustro esteriore del grado ; invero, alla sua elezione tutti i dottori e gli scolari dovevano accompagnarlo a casa, al suono di trombe e di nacchere ( 7) ; ed esso stesso, come ho notato inanzi, aveva l'obbligo di dar pubblici divertimenti. D'altro lato, era concessa ai giovani una grande libertà ; libertà che talvolta dovette trasmodare, se fu creduto necessario eleggere alcuni Savi, i quali curassero che da essi non venisse turbata ( 1 ) L. CHIAPPELLI, Vita e opere giur. di Cino da Pistoia . Pistoia, 1881 ; e Giorn. d'Erud., V. (2) Lettore di Diritto Canonico. (3) Bolognese e lettore delle Decretali. Il vero nome dovett'essere Paulus de Liaçaris, come si legge in uno statuto dello Studio bolognese, che fu pubblicato dal GAUDENZI nel Bull, dell'Ist. st. it. , n. 6, pag. 136. (4) Bolognese e dottore di Diritto Canonico. (5) Giorn . d'Erudiz. , V, 121-23. (6) Lo Studio perugino rimase celebre in Diritto Canonico anche durante il secolo XV ; chè vediamo un Jacopo della stirpe reale di Spagna, poi cardinale, eleggerlo a sede dei propri studi. VESPASIANO DA BISTICCI, Vite di uomini ill , d, sec . XV. Firenze, Barbera, 1859 ; pag. 153. (7) G. PADELLETTI, Doc. ined . per servire alla storia d. Univ. it. , in Arch. Giur., VI e segg. NERIO MOSCOLI 127 la publica quiete ( 1 ) . E poco fa abbiamo visto come, in mezzo alle Decretali, al Diritto Canonico e al Civile, alla Logica e alla Filosofia, si dilettassero in giuochi ed in sollazzi, che il più spesso tenevano negli orti dei Baglioni ; nè forse andremo molto lungi dal vero affermando che facessero parte di quella lieta e spensierata brigata che andava pizecando, abracecando e basciando le femmene che si recavano alle perdonanze ; se pur non vogliam credere che anch'essi s'attentassero a scalar le mura dei monasteri, e quivi s'intrattenessero in vietati e impudichi colloqui colle traviate spose di Cristo (2). Ma il Comune aveva sommamente a cuore che essi accorressero a Perugia in gran numero ; e da ciò molti privilegi. Nelle pubbliche processioni e luminarie il «< dominus rector scolarium et universitatis et doctores studij perusini cum universitate scolarium » tenevano il primo posto subito dopo il Clero, inanzi anche al Capitano del Popolo e ai Priori delle Arti (3) . Nel 1304 un certo Boscolo di Arezzo viene esentato dalle pubbliche prestanze, perchè solito, anzi tenuto a dar denari a mutuo agli scolari ; e ciò « pro honore . . . . comunis et studio conservando » (4) ; nel 1306 viene stabilito che studentes eorumque familie habeant civium immunitates et pro civibus habeantur » ; e « si scolares venientes ad studium ... vel recedentes ... et earum familie derobarentur in Civitate vel Comitatu vel districtu Perusij , omnia eis dapna illata Comune perusij faciat emendari (5) ; e, nel 1319, sono esentati dalle tasse << studio conservando et >>> (1) V. BINI, Op. cit. , pag. 26. - Cfr. anche DENIFLE, Die Entstehung der Universitaten des Mittelalters bis 1400. Berlin, 1885, pag. 534-52 . Le sue fonti sono il Bini, il Padelletti e il Rossi ; laonde non dà nulla di nuovo ; nè il BINI è sempre sicuro, mentre è sempre prolisso, fino a stancare. Una storia vera della perugina Uni- versità diede il Rossi coi molti documenti pubblicati nel Giorn, cit. (2) Stat. Perus. , loc. cit. (3) Op . cit. , I, r . 92. (4) Giorn. d'Erudiz. , IV, 52. (5) Op. cit. , IV, 53 56. 128 P. TOMMASINI MATTIUCCI augendo » ( 1) . E, purchè si potesse, era sempre appagato il desiderio d'avere un maestro a preferenza d'un altro . Infatti, nel 1310 è invitato a leggere un << Ranerius Andrutij de monte vibiano » , << de cuius lectura scolares contentantur » (2) ; e nel 1311 il Belviso viene richiamato, perchè hoc petunt scholares cum istantia >> (3) . Cotesti privilegi e un ambiente ricco, vivace, cólto ci spiegano abbastanza l'accorrere numeroso (4) degli scolari a Perugia, da tutte le parti del mondo ; da Firenze, da Roma, da Bologna (5) , da Savona, dalla Lombardia, dalla Spagna, dalla Germania e fin dalla lontana Inghilterra (6). Di vita ricca, potente, rigogliosa e dotta godè adunque Perugia nei secoli XIII e XIV. Corte papale, conclavi, frequenti visite di imperatori, di re e di altri potenti ; turbe di Disciplinati, inni religiosi, profeti, processioni ; guerre continue, popoli sommessi, ricchi palii portati dalle città vicine in omaggio (7) ; fazioni turbolente, stragi civili, uccisioni, esili , proscrizioni, fieri ludi ; Po- (1) Op. cit. , IV, 190 . (2) Op. cit. , IV, 90. (3) Op. cit. , IV, 91 e seg. (4) Del 1339, 25 ottobre, esiste la matricola dei professori e degli scolari forestieri ; dodici quelli, la maggior parte bolognesi, e centodiciannove questi ; mail Rossi, che la pubblicò ( Giorn . d'Erudiz. , V, 175-80) , notò giustamente : « La sottoscrizione del notaro è in fondo della carta , nel cui retto, a metà della seconda colonna, termina il ruolo. Ciò, a parer mio, indica che restavano ancora altri nomi da scriversi ; e mi conferma in questa credenza lo scarso numero degli scolari di medicina, e la mancanza assoluta di quelli di filosofia e di logica ». (5) I PADELLETTI ( Op. cit . , in Arch. Giur. , VIII, 135 e segg. ) istituisce dei confronti assai notevoli fra lo Studio bolognese e il perugino, e dice che «< basta una superficiale comparazione [ degli Statuti d'entrambi] . . . . per accorgersi, che non solo i bolognesi furono presi a modello, ma interi capitoli ne furono estratti e copiati letteralmente . . . . . . . . » e aggiunge come si prescrivesse « in tutte le leggi municipali, che allo Studio [ perugino] si riferiscono, . . . di seguire lo stile dell'u- niversità bolognese » . (6) Giorn. d'Erudiz. , V, 175-80. (7) P. PELLINI, Hist. , I, 906-7. - Nel giorno sacro a S. Ercolano, dalle città e dalle terre soggette venivano offerti dei tagli di seta, detti bravii. Cfr. Giorn, d'Erudiz. , I, 334. NERIO MOSCOLI 129 destà, Sindaci, Capitani del Popolo, sfolgoranti d'oro e di velluti, seguiti da cantatori, da musici, da trombetti, da naccarini, da uomini d'arme ; Priori, Consoli dell' Arte e del Cambio ( 1 ) , Savi, Rettore, dottori in legge, in medicina, in logica, in fisica ; sollazzevoli e romorosi scolari ; tornei, giostre, splendidi banchetti, giuochi, balli per le vie e per le piazze ; liete e motteggevoli brigate: tutto vide svolgersi ed agitarsi fra le sua mura il potente Comune perugino. E in mezzo a questo turbinio vivido e sfolgorante si rivelano tre correnti diverse, le quali muovono rispettivamente dai tre principali fattori di quella civiltà, cioè dal Palazzo Comunale, dai sodalizi dei Disciplinati e dall' Università ; tre correnti che dovettero tutte trovare la loro espressione nella letteratura locale. S. Francesco d' Assisi, Jacopone da Todi, Tomassuccio da Foligno ci hanno lasciato un' immagine fedele della vita religiosa e delle sue aspirazioni . Allo stesso modo la civile, forte nelle sue guerre, aspra nelle sue fazioni ; ricca nei suoi costumi e nel suo lusso ; dotta nel suo studio ; gaia nei suoi giuochi e nei suoi sollazzi, dovette necessariamente produrre un' arte propria. Trascurata e mal nota fin qui, ci è data a conoscere da quel gruppo di poeti le cui rime stanno nella raccolta Barberina. Dottrine d' amore e morali ; discussioni filosofiche e scolastiche ; argomenti storici e politici ; in una parola tutto ciò che commove e agita la vita di un popolo cólto e potente. Ser Marino Ceccoli (2 ) vi discuterà sulle quattro (1 ) I Consoli del Cambio avevano per loro ufficio principale di curare tutto ciò che concernesse la zecca, e imprimere, nell'udienza dell ' arte loro, il suggello sulle monete d'oro di cui si volesse assicurato il valore . Nel secolo XIV cominciarono a chiamarsi Auditores. Cfr. BONAINI, prefaz. alla Cron , del GRAZIANI, pag. XLVII ; e anche B. DAVANZATI, Notizia de' Cambi, in Opere, Firenze, Le Monnier, 1853, pag. 428- 29. Una storia artistica del Cambio di Perugia fu scritta dal MARCHESI (Prato, Alberghetti, 1851) e meglio dal Rossi ( Giorn. d'Erudiz. , III , 3-32) . - (2) Dopo Nerio Moscoli, Marino Ceccoli e Cecco Nuccoli sono i due poeti più notevoli dei PERUGINI. Il Ceccoli supera d'assai il Moscoli nel fare franco e disinvolto ; tanto che alcuni dei suoi versi si potrebbero paragonare a quelli di un poeta moderno ; ad esempio questi : 9 130 P. TOMMASINI MATTIUCCI virtù cardinali e sulle due passioni dell'anima ( 1 ) , e, insieme al da Pierile e a Nerio Moscoli, sul libero arbitrio, nel mentre conforterà l'amico Guidone per la morte della moglie (2) ed esorterà Monte a non monacarsi (3) ; vi darà pregevoli notizie sullo stato di Perugia e dei suoi abitanti ; vi parlerà del celebre diluvio fiorentino del 1333 ; dei signori di Pietramala, di Neri ed Uguccione della Faggiuola, di Arezzo e « .... or fa, anema mia, Fal, pregotene, fallo .. »; « . . . . io non porria Già viver sença te, ch' a te me trai. » ( son . VII) Ha comune coll'Angiolieri un desiderio d amore : « E volontier morria suglie toy braccie » ( son. XI ) ; e cosi parla del vecchio Iddio, fonte di virtù e di perfezione : e : « Per lui soferto ò io briga e travalglio, Per lui perduto n'ò Apollo e Minerve. Ma io farò una f..... e dirò : chastra . • Tu se' colui che tucta gente scastra, Tu se colui pro quo perduntur astra. » ( son . XXV) . Altra volta trae l'ispirazione dalla natura, e in maniera originale : « Ciaschedun de' fugire a le meriggie, Quando i chalor del sol la terra fende, E fuor con glie villan solaçço prende, Churendo per le piaggie e per le rive; E le cichaglie cantan per l'olive. » ( son, XI) ; « A la dolce staxon ch'ei torde arvengnono E dietro i vola glie sparvier seguendogli Enfra le verde selve remetendoigli. » ( son . XV) . (1 ) « Ser Marinus de quattuor virtutibus et duobus passionibus anime et | ipsarum potentiis >>. (2) << Ser Marinus ad dominum Guidonem, confortando | eum de morte uxoris » . (3) « Ser Marinus ad Montem, confortans eum quod se non monacheret ». È un sonetto poliglotta o, a dir meglio, semiletterato , in cui, cioè, ricorrono versi itajiani e latini. Nelle quartine sono latini i versi 4 , 5, 8 e 10 ; e nelle terzine il primo e l'ultimo della seconda : « Ergo pro deo sistat, sistat durus, E vertù de forteça stia si francha Quod viam vite non sit trasiaturus ». Ne questo sonetto è il solo. NERIO MOSCOLI 131 e del gram pastore ( 1) ; Cecco Nuccoli ( 2 ) ricorderà i Disciplinati (3 ) , si mostrerà lieto della caduta di quei da Pietramala (4) , rievocherà l'ira di Bonifazio ottavo (5) ; ma più specialmente si rivelerà poeta burlesco e umoristico, tale da competere con Cecco Angiolieri, del quale talvolta appare imitatore ( 6) ; un Lambertino vi discuterà sulla For- (1) a S. Marinus Ceccholi traclans de statu aritino ». (2) La notazione che precede il primo dei suoi sonetti (XXIX del cod. Barb.) ha : Ser Cecchus Nuccholi de Perussio ». Nuccholi dev'essere una forma grafica di Nicoli, Nicola. Un Benvegnate Nicholi è Console delle Arti a Perugla nel 1296 (Giorn, d'Erudiz. , IV, 29) ; e un Andrucio Nuccoli è ricordato in un documento del 1370, in cui si parla « de restitutione bonorum Agabetucii Ceccoli et Andrucii Nuccoli olim decapitatorum per Comune Perusii fienda heredibus ipsorum ». (La ribellione di Perugia ... narrata da P. BALAN, in Studj e Doc. di St. e Dir. Roma, tip. d . Pace, 1880). (3) ALLACCI, P. A. , 218 : « Ma perché melglio perdonar mi posse Dove e quando tu vol tucto m' alide, Flagiella la mia carne e i nerbe el gl' osse ». (4) ALLACCI, P. A., 245 : « Mostransi chiaro per divin giuditio · Già quei da pietra mala condannate El qual dell'alta rota son chinate E giu deposte d'ongne loro offitio. • .. per tractato di pace volere Credevan su montare a far gram festa E nel lor primo stato remanere » [ 1332 ?] . (5) ALLACCI , P. A. , 227 : « Rabbia mi morde con magiur içça Che quella che conquise Bonifatio ». (6) ALLACCI, P. A. , 224 : « S'io potesse saper chi fu 1 villano, e, ALLACCI, P. A., 235: Che prese tanto ardir per quel ch' io oda Ch'a monna Raggia mia trasse la choda, Fariel gratar con ambedue le mano »; « Facto ti se', Giovangne, contadino E mane e sere mangie coi bevolche E fai çappare e meter forme & solche E bee acceto adaquato per fim vino E frasche vai moççando col falcino ; Con trista conpangnia ti leve e colche ». In un altro sonetto, ALLACCI, P. A , 234, alcuni versi ricordano Cecco Angiolieri e i suoi vizi : 132 P. TOMMASINI MATTIUCCI tuna ( 1 ) ; Cola di Alessandro vi parlerà di Spoleto dandone, riguardo ai costumi, un curioso particolare ( 2) ; Gillio Lelli e messer Bandino staranno fra loro a tenzone sull'ottenere amore. Per tal modo la produzione poetica dell'Umbria esce da quei confini ristretti fino ad ora noti, e si ricollega, nella elaborazione artistica del tempo, alla toscana. Accanto alla lirica religiosa si afferma contemporaneamente la profana : erotica e moralizzante, politica e umoristica. Rappresentanti notevoli, fra molti, ne sono Nerio Moscoli da Città di Castello, Cecco Nuccoli e Marino Ceccoli da Perugia. Nell'analizzare il Canzoniere del Moscoli abbiamo cercato d'indagare il rapporto nel quale si trova coi poeti che hanno con lui qualche analogia ; e insieme di renderci ragione delle condizioni di tempo e di luogo. « ... tu in prosa el cianprolino e l dado A la taverna colle borse ceppe, Et io in essa m'artrovo de rado » ; ed altri sembrano appartenere a un canto popolare : « El mi rincresscie si lo star di fuore Dai mura di coley c'ongni bem mostra, Ch'io con Tristan ne prendiria la giostra, Sol per veder gli ochiuccie ner cho more Di quel furel che m'à ' nvolato el core E tienlost in presion dentro ai suoi chiostra ». (1) ALLACCI, P. A., 400 : « Lambertinus d . Francisci tractans de fortuna » . (2) « Amicho, sappie l'uso di Spolete E la qual vita ine si può trare, E do convience chastità servare E l'arte frequentar de sodomite. Femine chomune ne sono sbandite Nè nulla vi si trova per denare ». È una tenzone fra Cola e il Nuccoli . Il primo dei due sonetti fu edito dall'ALLACCI, P. A. , 288 ; il secondo, mancante dei terzetti , è inedito, e porta la notazione << S. Cecchus R. » . - Un « Cola de meser Alisandro . . fu mandato per lo comuno de Peroscia » podestà al castello di Lucignano, in quel d'Arezzo ; e nel 1244, l'otto di settembre, fu mandato con gente soldata a impadronirsi di Castiglione Aretino . (GRAZIANI, Op. cit. , pagg. 117 e 134) . Nelle Cronache della città di Perugia ed, da A. FABRETTI, I , 86, si fa andare Cola di messer Alessandro a Lucignano nel 1336 . Nel 1376 troviamo un « Iacopo di Cola da Porta S. Pietro » tra gli offiziali e i sapienti per lo Studio ; e nello stesso anno, nel medesimo ufficio, un « Niccolò di Cola di Porta S. Pietro » ( Giorn. d'Erudiz. , VI, 288 e seg. ) . NERIO MOSCOLI 133 Rimane ora che portiamo il nostro esame sulla poetica e sulla lingua. Potremo così più compiutamente e con maggior precisione fissare i caratteri che lo distinguono dagli altri poeti, e determinare il posto che a lui spetta nella produzione letteraria italiana. Nel sonetto col quale, mentre pareva volesse tramandare la sua professione artistica, intese di dar le norme a saver dir per rima ( 1 ) , il Moscoli ricorda, dei generi poetici, la ballata, la canzone e il sonetto ; e non a caso, perchè la varietà metrica del Canzoniere a questi si restringe ; nella proporzione di uno la ballata, di due la canzone e di centodieci il sonetto ; cui si deve aggiungere un componimento dalla forma un po' incerta. Quest'ultimo ha le rime disposte secondo l'ordine A B b A, C cc C; C c c C, A Bb A (2) . Può esser questo lo schema di un sonetto ? Cosi domanda a se stesso il Biadene, il quale nota subito dopo che, per ammetterlo, e « converrebbe dire che le due volte sono inchiuse tra i due piedi » ; e, parendo stranissima l'idea d'inchiudere le volte tra i piedi » , non esita a ritenerlo una ballata, in cui i primi quattro versi costituirebbero la ripresa, gli otto seguenti le due mutazioni, e gli ultimi quattro la volta. Però al Biadene stesso non isfugge che un tale schema di mutazioni non trova riscontro nelle ballate dei due primi secoli, pur non essendo << teoricamente impossibile » ; e che il primo verso della volta dovrebbe allacciare per la rima coll'ultimo delle mutazioni, pur non essendo anche questo teoricamente necessario, e non mancandone « neppure esempi » . Ma questo componimento, cosa di cui il Biadene mostra non tener conto, senza però essergli sfuggita, si trova in mezzo a tutti sonetti e non porta alcuna didascalia metrica, mentre non (1 ) Son. LXIII già cit. : « S' el te dellecta saver dir per rima Ballatelle, chançone over sonecte » . (2) CXXIII del cod . Barb. Fu edito dal BLADENE, Op. cit. , pag. 61, n. 1 . 134 P. TOMMASINI MATTIUCCI è cosi della ballata, la quale trovasi del pari fra tutti sonetti (1 ); nè manca alle due canzoni. Lo stesso dicasi del trovarsi la sigla V notata due volte di fronte alle terzine, appunto come in tutti gli altri sonetti. Da ciò sembra doversi conchiudere che in questo componimento, invece che una ballata, si debba riconoscere un sonetto; e appunto uno di quelli dalla forma ibrida, aventi, cioè, i piedi di sonetto semplice e le volte di sonetto doppio (2). Ma perchè il nostro esame sulla Poetica del Moscoli è volto, più che altro, a conoscere quali peculiarità metriche ne presenti, è d'uopo considerare i vari modi di composizione del sonetto, come di quella forma che quasi unica il poeta adoperò. Prima di passare ai sonetti semplici (3), fermiamoci sui caudati (4), che nel Canzoniere sono in numero di tre. Due hanno una coda formata da una sola coppia di versi rimanti fra loro indipendentemente dai terzetti ( 5) ; e l'altro una coda di sei versi, la quale deve riportarsi a una di tre , replicata, e in cui il primo verso è sciolto, e gli altri due rimano fra loro (6), e non già ad una doppia di tre versi, chè in que- (1) Il Biadene cade in una leggiera svista dicendo che questa ballata succede al componimento di cui ci occupiamo, dopo dieci sonetti ; mentre gli succede dopo quindici. (2) Uguale, cioè , nei piedi, a uno di Alessio Donati , collo schema ABA, ABɓA; e nelle volte a uno di Panuccio del Bagno, collo schema CddC, CddC . Non mi nascondo però la difficoltà delle quartine a rime incrociate , delle quali il Moscoli ci ha lasciato un altro esempio solo ; e delle volte incluse tra i piedi. (3) Per sonetti semplici intendo col Biadene non quelli soltanto che hanno le quartine rimate ABAB, ABAB, come l ' intendevano Francesco da Barberino e Antonio da Tempo, ma quelli che, composti di quattordici endecasillabi, hanno le rime soltanto alla fine del verso, e quelle della prima parte diverse da quelle della seconda. (4) La coda non si trova nei sonetti più antichi . Cominciò ad essere adoperata, ora di tutti endecasillabi ora di settenari e di endecasillabi uniti insieme, sul finire del secolo XIII e divenne frequente durante il XIV, massime nei sonetti famigliari. Dante e il Petrarca non l'usarono mai ; il Cavalcanti una volta sola . (5) È detta coda semplice. (6) Il più antico sonetto che abbia questa forma di coda, è di PANUCCIO DEL BAGNO. I pochi altri esempi puoi vedere in BIADENE, Op. cit , pag. 71 . NERIO MOSCOLI 135 sta il primo, il secondo e il terzo verso della prima coppia rimano successivamente col primo, col secondo e col terzo della seconda coppia ; mentre nel sonetto del Moscoli le rime della prima sono indipendenti da quelle della seconda ; sono cioè, disposte secondo l'ordine C E F F, G H H. Nulla vi è da osservare sulla prima forma, che fu comune ai poeti del trecento. Al contrario, l'altra si trova usata assai meno frequentemente ; se non che i POETI PERUGINI ne lasciarono ventuno esempi ( 1 ) . Questo primo fatto ci scopre di già una preferenza da parte di quelli, e da parte di Nerio un ulteriore svolgimento d'una forma che rimane propria a lui soltanto. Se ne togli i tre caudati, tutti gli altri sonetti del Canzoniere sono semplici (2) . zetti. Facciamoci a esaminare prima le quartine, poi i terRispetto alle prime, bisogna notare che due sono gli ordini regolari di esse, cioè A B A B, A BA B, o a rime incatenate, e ABBA, ABBA, o a rime incrociate. Quale dei due più antico? Per un rapido sguardo che si dia ai sonetti dei secoli XIII e XIV, si scorge subito essere più antico il primo. Men facile del determinare la priorità dei due schemi, è il fissare quando il secondo si cominciò ad usare, mentre si sa che divenne predominante, normale, consuetus, quia eius forma magis frequentatur et ut plurimum utitur (3), nel decimoquarto secolo . Il Biadene scrive esser «< certo che la lotta fra i due schemi s'impegnò nell'ultimo ventennio del secolo XIII »; e che Dante, Guido e Cino, questo in spe- ( 1 ) 11 BIADENE , Op. cit . , pag. 71 , dice quindici ; ma a me pare si debbano aggiungere anche i sonetti di CECCO NUCCOLI, che, per essere stati editi dall' Allacci , non cessano di appartenere al gruppo de' POETI PERUGINI. Lo stesso dicasi per CCCCO DI GUALFREDUCCIO. -- (2) Sono, cioè, in numero di centosette. (3) ANTONIO DA TEMPO, Delle rime volgari, a cura di G. GRION. Bologna, gnoli, 1869, pag. 73. Roma- 136 P. TOMMASINI MATTIUCCI cial modo, stanno decisamente per lo schema a rime incrociate (1 ). Di più, il Petrarca, su 317 sonetti, ne ha dieci soltanto colle rime disposte A B A B, A B A B ( 2), mentre lo hanno tutti i sonetti di Giacomo da Lentino (3), e tutti, eccetto uno, quelli di Guittone (4). Nerio Moscoli non rimane fedele all'antico ; tanto vero che, su centodieci sonetti, due soli hanno lo schema ABAB, ABAB; cioè quello che il Biadene crede una ballata, e il sonetto di risposta a Emmanuele Giudeo. Ma perchè nelle tenzoni, come vedremo tra poco, divenne un tempo predominante l'uso di porre nel sonetto di risposta le rime uguali a quello d'invio, e perchè l'altro sonetto ha una forma speciale, possiamo affermare che Nerio ebbe una assoluta preferenza per lo schema a rime incatenate. Come è noto, il sonetto ebbe una varietà metrica molto maggiore nei terzetti, che nelle quartine. Il Moscoli ne presenta sette ordini diversi, ovvero CDC, DEE in trentasette sonetti ; CDD, CCE in trentadue ; CDD, DCC in diciotto ; CDC, CDD in dieci ; CDC, DCD in dieci ; CDD, CDD in uno ; e CDC, DCC in uno; due ordini a tre rime, in sessantanove sonetti, e cinque a due, in quaranta. Allo stesso modo che per le quartine, vediamo quali schemi di terzine sieno i più antichi ; e poi se e quanto il nostro poeta l'abbia adoperati. Dei venticinque sonetti di Gia- (1 ) Si basa anche su Bonagiunta Urbiciani , Cecco Angiolieri e Ser Onesto, che hanno speciale preferenza per lo schema più antico ; e su Guido Orlandi e Noffa Bonaguida, che stanno incerti fra l'uno e l'altro. (2) Num. I , 36, 51 , 90 , 135 ; II , 12, 13 , 39, 42, 43, 50. - Per gli schemi metrici del Petrarca puoi vedere un bello scritto del CASTELLANI, ediz. curata da N. ANGELETTI ; Lapi, 1889. - (3 ) In Raccolta di VALERIANI e LAMPREDI, I , 290-319. Vi sono citati due sonetti, il 300 e il 309, collo schema ABBA, ABBA; ma sono apocrifi. (4) Rime. Firenze , Morandi, 1823. In questa edizione, su 237 sonetti, nove,. n. 172 , 211-217, 239, hanno lo schema ABBA, ABBA; ma otto sono apocrifi, cioè i n. 211- 217 e il 239. Contiene 239 sonetti, ma due sono ripetuti . Però, i certi di Guittone,> sono 211. Cfr. BLADENE, Op. cit. , pag. 204-6 ; e GASPARY, La Sc. poet. sic. , pag. 167 n. 1, il quale dà 205 sonetti come sicuri. NERIO MOSCOLI 137 como da Lentino ( 1 ) , quattordici hanno lo schema CDE, CDE, e undici CDC, DCD. Degli otto che formano le due tenzoni fra il Mostacci, Pier della Vigna e il Notaro Giacomo, e fra questo e l'Abate di Tivoli ( 2) , sei hanno CDE, CDE, e due CDC, DCD ; e il Guinicelli ne ha nove col primo schema e cinque col secondo. Da ciò sembra si dovrebbe dedurre che lo schema originario fosse quello a tre rime ; ma il Biadene fa osservare che nei tre canzonieri Laur-red. IX . 63, Palat. 418 e Vat. 3793 due terzi hanno lo schema a tre rime, e un terzo quello a due ; che Guittone ha il primo in centoquaranta sonetti, e il secondo in circa quaranta ; e che non è possibile si passasse dai terzetti di tre rime a quelli di due, perchè << la terza rima deve essere stata introdotta affine di rendere meglio sensibile all'occhio e all'orecchio la divisione. della seconda parte del sonetto in due terzetti, e anche per rompere la monotonia cagionata dall'essere le rime incatenate dal principio alla fine del componimento » ; e a prova di queste ultime parole porta il fatto che, quando nel secolo XIV divennero normali i quadernari a rime incrociate, divennero, invece, normali i terzetti a rime incatenate. A questo però si potrà sempre obiettare che i primi sonetti a noinoti, cioè quelli di Giacomo da Lentino e quelli delle due tenzoni testé citate, hanno in prevalenza lo schema CDE, CDE; e che alla monotonia i poeti non dovettero badar poi tanto, dal momento che divennero cosi comuni le rime almezzo, e i sonetti a rima continua, senza parlare di altre combinazioni di metro e di parola, che certo non davano ai componimenti poetici nè maggiore agilità nè maggiore varietà . Tuttavia accettiamo pure la conclusione del Biadene, che sia originario lo schema a due rime, sebbene anche l'altro gareggi con esso in antichità ; e ci basti ripetere che il primo divenne (1) In Raccolta di VALERIANI e LAMPREDI, I , 290-319. tribuiti trenta sonetti, ma cinque sono apocrifi. (2) E. MONACI, Crest. it. , 59 63. -In questa gli sono at- 138 P. TOMMASINI MATTIUCCI normale nel secolo XIV. E quali altri furono maggiormente adoperati durante questo secolo ? Di quelli su due rime, CDC, CDC; e CDD, DCC ; di quelli su tre, CDE, EDC ; e CDE, DCE. Ho accennato più sopra agli schemi che s'incontrano nelle terzine dei sonetti del Moscoli ; vediamoli ora un po' più da vicino, cominciando da quelli su due rime. Quello che il Biadene chiama originario s'incontra nel Moscoli dieci volte, delle quali, cinque è in sonetti di risposta ; e ciò dà bastante ragione per affermare che quest'ordine di rime non fu dal nostro poeta prediletto. In altri dieci sonetti ha lo schema CDC, CDD ; e quando si pensi che di dieci, sette appartengono a una corona con rime obbligate, sarà noto come anche questo schema fosse dal nostro poeta raramente adoperato. Più di frequente le rime si trovano disposte secondo l'ordine CDD, DCC ( 1 ) . Sorvolando sugli altri due, CDD, CDD ; e CDD, DCC, che, come ho detto, s'incontrano nel Canzoniere una sola volta ciascuno, vediamo in quale relazione sta il Moscoli, rispetto ai terzetti di due rime, coi poeti dei primi due secoli. Anzi tutto è degno di nota che egli, contro le norme più comuni nel secolo XIV, abbia raramente adoperato gli schemi a due rime ; e abbia appena conosciuto quello che si disse originario. Mostra invece di preferire alquanto l'ordine di rime CDC, CDD, di cui, oltre i dieci di Nerio, ci rimangono tre soli esempi ; uno del Cavalcanti e due di Antonio da Ferrara. Riguardo poi allo schema CDD, DCC, lo troviamo adoperato nove volte da Dante, undici da Cino, dodici da Giovanni Quirini e da Antonio da Tempo (2), una dal Calvalcanti (3) , una dal Barberino, una da ser Onesto, ventidue (1) In diciotto sonetti. (2) S. MORPURGO, Rime inedite. VENETI. - Il Biadene le cita sotto il nome di POETI (3) Son. X: « L'anima mia vilment' è sbigotita » . Bisogna notare però che il Riccard. 1118 ha in fronte a questo sonetto : di non so cui » (BARTOLI, St. , IV, 50) ; NERIO MOSCOLI 139 dai Poeti Perugini e da pochi altri. Però se badiamo che, dei nove sonetti di Dante, otto sono per lo meno incerti ( 1), e che il numero di quelli di Cino è tratto dall'edizione Bindi e Fanfani, non molto sicura, che ne rimane ? I dodici del Quirini e di Antonio da Tempo, che con ogni probabilità sono posteriori a quelli del Moscoli ; i ventidue dei Poeti Perugini, dei quali diciotto di Nerio, e qualche esempio isolato. Laonde, se non si può affermare che questa forma metrica fu propria più specialmente al nostro poeta, è certo ch' egli ce n'ha lasciato il maggior numero d'esempi. Ma ciò che attira in singolar modo la nostra attenzione è il fatto, che egli di tutti gli ordini di rime predilige quelli che hanno i due versi finali delle terzine a rima baciata ( 2) . Invero, di quaranta sonetti in cui quelle sono disposte su due rime, trentuno obbediscono a questa legge. E questa peculiarità si ritrova anche nei terzetti a tre rime : i quali, come vedemmo più sopra, sono costituiti tutti secondo gl' ordini CDC, DEE, e CDD, CEE. Il Biadene nota che sui versi finali a rima baciata deve avere influito la strofa artistica, che appunto in tal modo tendeva a chiudere. Inoltre aggiunge che mancano esempi di così fatta maniera di terzetti prima del secolo XIV, e che di essa fece uso esclusivamente Fazio degli Uberti. Non fa bisogno di dimostrare l'inesattezza dell' una e dell' altra affermazione, per poco si pensi che l'attività poetica del Moscoli si svolse tra la fine del XIII e il principio del XIV secolo, e che egli fu sicuramente anteriore all' Uberti (3) . e il TRISSINO, ( Arte Poetica) e il CARDUCCI ( Rime di Cino, 1862) lo danno a Cino, mentre l'ERCOLE ( Op. cit. , pag. 214 e seg ) lo crede del Cavalcanti. (1 ) Son. V, XXII, XXXVI, XLIII, XLIV, XLVI, XLVII, XLIX. Il certo di Dante é il XXXV: « Chi guarderà giammai senza paura » . (2) L' hanno in ambedue le terzine gli schemi , CDD, DCC, diciotto volte ; CDD, CDD, una; e CDD, CEE, trentadue ; e nella seconda soltanto gli schemi CDC , DCC, una ; CDD, CEE, trentasette. (3) Per non parlare di altri, anche il sonetto che dicemmo scritto nel 1300, ha lo schema CDC, DEE. 140 P. TOMMASINI MATTIUCCI L'altro fatto degno di nota, rispetto alle terzine su tre rime, è che il Moscoli, in mezzo alla grande varietà che ne presentano i primi due secoli, si sia limitato a due forme sole, e specialissime ; tanto che non ci ha lasciato nessun esempio di versi rimati secondo l'ordine più antico ( CDE, CDE) , nè degli altri due che ebbero maggior fortuna nel secolo XIV, cioè CDE, DEC; e CDE, DCE. Pertanto tutto ci porta a concludere che il Moscoli tende ad allontanarsi dai poeti maggiori. Invero, nè il Guinicelli, nè il Cavalcanti, nè Dante, nè Cino mostrano di aver conosciuto lo schema CDC, DEE, che, oltre i trentasette di Nerio, si ritrova in alcuni sonetti di Fazio degli Uberti, in altri di Niccolò de' Rossi e in trentadue dei Poeti Perugini ( 1) . E l'altro schema che rima secondo l'ordine CDD, CEE ? Fu usato una volta da Pucciarello, cinque da Fazio degli Uberti, una da Antonio da Ferrara, e quarantacinque volte dai Poeti Perugini, delle quali trentadue da Nerio (2). Se pensiamo che l' Uberti e Antonio da Ferrara sono posteriori al Moscoli e che Pucciarello rientra con ogni probabilità nel ciclo dei Poeti Perugini (3), bisogna credere che questi due schemi a tre rime ( CDC, DEE ; e CDD, CEE) siano stati usati per la prima volta dai Perugini. E perchè il Moscoli, rispetto al tempo e per il numero dei suoi componimenti ci appare superiore a tutti loro, viene da pensare che a lui spetti il merito d' avere introdotto queste due nuove (1 ) BIADENE , Op. cit. , pag. 40. Riguardo ai POETI PERUGINI, il Biadene ne då loro sessantaquattro, a cui n' ho aggiunti tre di Cecco Nuccoli e due di Cucco di Gualfreduccio, perugini del pari ; e quali il Biadene, invece che dalla raccolta Barberina , cita dall'ALLACCI. Cosi si forma un totale di sessantanove, da cui , togliendo i trentasette di Nerio, si ha il numero di trentadue . (2) Oltre che in quelli del Moscoli , si trova nel sonetto di Cola di Alessandro, in uno di Cecco Nuccoli, e in sei di tenzone tra Ridolfo e Manfredino. (3) Lo abbiamo veduto in corrispondenza con Nerio; ma il sonetto che di lui si legge nel cod. Barb. , D. CLVI, ha lo schema ABBA, ABBA ; CDC, DCD. Il sonetto dallo schema ABBA, ABBA; CDD, CEE è in VALERIANI, pag. 218. -- NERIO MOSCOLI 141 forme di terzetti. In ogni modo è certo che Nerio dimentica gli schemi più comuni, per dar luogo ad altri speciali, disposti nel più dei casi su tre rime, e che obbediscono alla legge dei due versi finali a rima baciata ( 1) . Veduti gli schemi metrici, portiamo la nostra attenzione su due generi poetici ; la tenzone, cioè , e la corona. La tenzone è una corrispondenza poetica di due o più sonetti, fra due o più poeti ; ed è formata di due parti, la proposta, o sonetto d'invio, e la risposta, alla quale spesso tien dietro la replica (2). A seconda poi che le rime della risposta sono differenti da quelle della proposta, o uguali, o date dalle stesse parole, prende il nome di tenzone a rime libere, a rime obbligate, e a parole - rime. Questa differenza ci dà il modo di fissare due periodi diversi, non costituendo quella a parole - rime un periodo ben distinto, ma piuttosto un passo ulteriore, un perfezionamento nella cercata complicatezza del congegno metrico. Il primo si può fissare sul nome di Giacomo da Lentino (3), e il secondo va da Guittone (4) fino al Cavalcanti, a Dante, a Cino, al Petrarca. Ma l'uso delle parole-rime si può circoscrivere al periodo guittoniano (5). (1 ) Questa legge lo ha tiranneggiato per modo, che anche in un sonetto di risposta, in quello a Cione, fa uso di uno schema diverso da quello di proposta. Ovvero , il sonetto di Cione ha lo schema ABBA, ABBA ; CDC , DCD ; e quello di Nerio, ABBA, ABBA ; CDC, DEE. (2) Deve distinguersi dal contrasto , specie di corrispondenza fittizia , in cui contrastano il poeta e l'amata, o anche cose inanimate. - (3) I due esempi più antichi di tenzone che ci siano rimasti, sono quelli tra il Mostacci, Pier della Vigna e Giacomo da Lentino (abab, abab ; cde, cde) ; e tra questo e l'Abate di Tivoli ( abab, abab ; ora cde, dcd, ora cde, cde). - Cfr . E. MONACI, Crestomazia it. , 59 60 ; Da Bologna a Palermo, prima in Nuova Antologia, 1884, poi in Antologia d. n. Crit . lett . mod. di L. MORANDI, pag. 230 e segg. (4) Può dirsi anche guittoniano, perchè Guittone fu in corrispondenza con moltissimi poeti. Del resto le sue tenzoni sono alcune libere , altre a rime obbligate, ed altre a parole-rime. (5) Questo fatto si collega coll'altro più generale, che <« il tecnicismo della poesia provenzale [ e la rima scura] prende maggior voga e sviluppo in Italia soltanto con Guittone e con la sua scuola » . E. MONACI, Da Bologna a Palermo, pag. 242, n. 3. 142 P. TOMMASINI MATTIUCCI Del Moscoli sono giunte fino a noi sei tenzoni ( 1 ) . Una sola è costituita da più di due sonetti ( 2) , ed è l'unica nella quale egli sia in relazione con più di un rimatore (3) . I due sonetti di corrispondenza fra Cione e il nostro poeta (4) hanno schema diverso (5) e rime obbligate, eccetto che nei due versi finali della seconda terzina . Hanno, invece, schema uguale a rime obbligate le tenzoni con Pucciarello ( 6) e Cionello ( 7) ; e schema uguale a parole - rime quelle con Emmanuele Giudeo ( 8) e coll' Ottaviani (9) ; eccetto che in questa seconda il sonetto di risposta finisce con una coda a rima baciata, assonante, che manca a quello di proposta ; di più, in questa il primo verso della seconda quartina ha còlto, cui molto fa da parola-rima nella risposta, e a renserato-pacciato della prima terzina corrisponde renversato enpacciato ( 10). (1) I sonetti di corrispondenza sono in numero maggiore, ma mi limito a notare quelle soltanto che sono giunte fino a noi complete, cioè colla proposta e colla risposta. (2) Quella col da Pierile e col Ceccoli sul libero arbitrio. (3) Le tenzoni tra più di due poeti avevano luogo quando uro di essi inviava un sonetto , ch'era detto programma , a più di un poeta contemporaneamente, e da più di uno ne riceva risposta. (4) Son. CLIV e CLV del cod. Barb. (5) ABBA, ABBA; CDC, DCD la proposta di Cione, e ABBA, ABBA ; CDC, DEE la risposta di Nerio. (6) La proposta , inedita , è di Pucciarello ; ed hanno lo schema ABBA, ABBA; CDC, DCD. (7) ABBA, ABBA ; CDC , DCD. Il sonetto d'invio è di Cionello e fu edito dall'ALLACCI, P. A. , 285. ( 8) La proposta , inedita, è di Emmanuele. Hanno lo schema ABAB, ABAB ; CDC , DCD. Sono a parole- rime, ma nel primo verso della seconda terzina promecte del sonetto d' invio rima nell'altro con permecte. (9) 11 sonetto d'invio è dell'Ottaviani ; ed hanno le rime disposte secondo l'ordine ABBA, ABBA ; CDC, DCD. (10) Non è raro il caso che i sonetti di tenzone abbiano alcune rime date dalla stessa parola , e alcune no ; che anzi si riscontra in ciò una grande libertà. Si ha esempio di sonetti colia parola- rima, o nel primo verso soltanto della prima quartina, come in Chiaro Davanzati e Monte , Vat. , 3793, n. 633 e 634, in Ischiatta di messer Albizo e Monte, Vat. 3793 , n . 646 e 647 ; o nei primi due, come in Monte e Chiaro Davanzati , Vat. 3793 , n. 763 e 769, con ordine però invertito, diventando A nel sonetto di Chiaro quello che è B nel sonetto di Monte ; e allo stesso modo che si hanno esempi di parole- rime nel primo o nei primi due versi soltanto della prima quartina , così NERIO MOSCOLI 143 Hanno schema uguale e rime obbligate il sonetto programma di Nerio e le due risposte di Simone da Pierile e di Marino Ceccoli, e schema uguale e parole rime le due repliche di Nerio ( 1). Adunque il nostro poeta mostra di prediligere lo schema uguale a parole- rime, che ha in quattro sonetti di risposta, di fronte a tre con rime obbligate. Ora, quando si pensi che il Cavalcanti (2), Cino (3) e il Petrarca (4) usarono quasi sempre di rispondere colle stesse rime ( 5), mai però con parole-rime ; e quando si pensi anche a quello che scrisse il da Tempo (6), non doversi, cioè, porre in responsione illa verba rithimata id est dictiones rithimorum, quae sunt in sonetto vel rithimo mittentis » , sarà facile di persuaderci che il risponder colle stesse parole doveva essere caduto in disuso di già nella prima metà del si ha esempio di parole- rime in tutti i versi, eccetto che nel terzo dei due terzetti, come in Rustico di Filippo e Monte, Vat. 3793, n . 929 e 930 ; o in alcuni versi soltanto come in Vercellino e Dino Frescobaldi, Chig. L. VIII, 305 , ediz. MONACI e MOLTENI, D. 367 e 368, e in Monte e Lapo del Rosso, Vat. 3793 , n . 912 e 913 ; o in quasi tutti , come in un contrasto di Bonagiunta Urbiciani ( Vat. 3793, n . 783 e 784. Quest' ultimo nell'ediz. D'ANCONA e COMPARETTI porta il nome di tenzone , ma a torto, perchè sono due sonetti dello stesso Bonagiunta) e nella tenzone di Nerio. - (1) Cioè, la proposta di Nerio ha lo schema ABBA, ABBA; CDC, DEE ; ABBA, ABBA; CDC, DEE, FF la risposta del da Pierile , e ABBA, ABBA, CDC, DEE, FF la replica di Nerio ; ABBA, ABBA ; CDC, DEE la risposta del Ceccoli , e ABBA, ABBA; CDC, DEE la replica di Nerio. (2) Vedi l'ediz. ERCOLE, pag. 330-46. (3) Delle corrispondenze fra Cino da Pistoia e Onesto da Bologna (cod. Chig. L. VIII. 305, ediz. cit . , n. 286-87, 288-89, 290 91 , 294-95, 296-97, 316-17) composte tutte di due sonetti ciascuna, sei hanno schema uguale con rime obbligate, e due lo schema diverso ; e di queste , una a rime libere , 294-95 , ABBA, ABBA; CDC , CDC, e ABAB, ABAB; CDE, CDE, e una a rime obbligate , 316-17, ABBA, ABBA; CDC, CDC , e ABBA, ABBA; CDC, DCD. (4) Il Petrarca serbò sempre l'uso del tempo di rispondere per le stesse rime. Cfr. G. CARDUCCI, Rime di F. P. , Saggio, ecc. Livorno, Vigo, 1876 , pag. 3, dissertaz. (5) Fa eccezione anche la risposta del Cavalcanti, « S' io fossi quello che d'amor fu degno » , a Dante, « Guido, vorrei che tu e Lapo ed io ». Hanno ambedue lo stesso schema : abba, abba ; cde, edc ; ma le rime libere. I FRATICELLI, Canz. , pag. 74, sembra non credere assolutamente certo che il son, di Guido fosse in risposta a quello di Dante. Per sicuro lo dà l'ERCOLE, pag. 217 e seg. (6) 11 da Tempo scriveva così nel 1333. 144 P. TOMMASINI MATTIUCCI secolo XIV. Laonde si può affermare che il Moscoli, rispetto a questa particolare forma poetica, non si scosta dalla maniera guittoniana. Ma passiamo alla corona ( 1) . Nel Canzoniere del Nostro sono rimaste in numero di tre (2) , delle quali, due sono formate di tre sonetti ciascuna, aventi uno schema diverso (3) e rime libere ; e l'altra schema uguale e rime obbligate (4) . La terza poi, costituita da sette sonetti (5), ha lo stesso ordine di rime ( 6) , date dalla stessa parola in tutti (7). Il Biadene ( 8) notava, la corona del Petrarca (9) esser l'unica ad avere le rime obbligate ; ma a questa si devono aggiungere le due del Moscoli, il quale inoltre ne ha una con parole-rime. Questo fatto, unito ai versi finali a rima baciata, alle parole- rime nella tenzone e all'assenza completa delle forme di terzetti più in uso nella prima metà del secolo decimoquarto, ci mostra ancora una volta come il nostro poeta prediliga le forme complicate, e ci riporta ad un periodo anteriore alla nuova scuola fiorentina ; e precisamente al guittoniano, nel quale l'oscurità del pensiero andava di pari passo colla complicatezza della forma metrica ( 10) . Ciò pare ci dia un altro argomento per affermare che (1) La corona è una serie continuata di sonetti , senza numero definito, andando da tre, come quella del Petrarca , a quaranta e più, come quella del Cavalcanti ; e il soggetto ne è vario, ora morale, come in Guittone ; ora politico e personale, come in Nerio e nel Sacchetti ; ora amoroso, come in Nerio e nel Petrarca. ( 2) E forse sono in numero anche maggiore. Sembrano costituire corona i due sonetti che dicemmo indirizzati a Dante, e quelli su Uguccione della Faggiuola. (3) Il primo ABBA, ABBA ; CDC , DCD, e il secondo e il terzo ABBA, ABBA; CDC, DEE. (4) ABBA, ABBA ; CDC, DEE. (5) Cioè di quei sonetti che chiameremo pietrosi. Son. LXXVIII - LXXXIV del cod. Barb. (6) ABBA, ABBA ; CDC , CDD. (7) A è data sempre da perfecto , dellecto, aspecto, affecto ; B da petra, inpetra, aretra, tetra ; C da io , mio, desio ; D da fede, sede, mercede. (8) Op. cit. , pag. 123. (9) P. I, son. XXVI- XXVIII. (10) Tuttavia non bisogna dimenticare che il Moscoli, fra i due schemi di quartine dà assoluta preferenza a quello con le rime disposte secondo l'ordine ABBA, ABBA. NERIO MOSCOLI 145 l'attività poetica del Moscoli si svolse nell'ultimo quarto del secolo XIII e nei primi anni del XIV. Resoci conto anche della forma poetica, portiamo la nostra attenzione sulla lingua. Nerio Moscoli dettò i suoi versi nello stesso volgare che adoperarono gli altri rimatori in mezzo ai quali l'abbiamo trovato. Quel volgare non era propriamente quello di Città di Castello, ma il perugino ; il quale diversificava abbastanza dall'altro, come può vedere chiunque esamini il bello studio di Bianco Bianchi sul dialetto di Città di Castello (1) . Come si spiegò ciò ? La prima congettura che si affaccia alla mente è che un copista perugino abbia fatto scomparire dalle poesie del Moscoli tutto quello che nel suo linguaggio aveva maggior sapore locale. Ma un attento esame delle rime ci rassicura subito contro questa ipotesi (2) . La spiegazione si deve dunque cercarla altrove, e credo non sarà difficile il trovarla, se prima si porrà mente a qualche altra considerazione. Nella evoluzione della parola romana abbiamo un momento in cui tutti i vernacoli che ne erano derivati, non appena comincino a passare dalla tradizione orale alla scritta, tendono a ripulirsi e quasi a reintegrarsi secondo un tipo unico, a tutti presente, che è il latino. Questo fanno pure i vernacoli toscani, non escluso quello (1 ) Il dialetto e la etnografia di Città di Castello, con raffronti e considerazioni storiche . Memoria di B. B. Città di Castello , S. Lapi , 1888 ». Gli studiosi , mentre piangono la perdita, avvenuta nello scorso novembre, del dotto filologo, sono grati all'erudito cav . G. Magherini - Graziani, che, concepito il pensiero della Memoria, al Bianchi lo propose come téma. (2) Innanzi tutto bisogna escludere una alterazione avvenuta lentamente, giacché il codice Barberino, come ebbi a notare, fu scritto quasi contemporaneamente al tempo in cui visse il Moscoli. Inoltre il passaggio dal vernacolo castellano al dialetto perugino urterebbe assai spesso contro la misura del verso e contro la rima. Del resto a queste alterazioni di copisti, dopo le osservazioni del Monaci, Da Bologna a Palermo, nessuno presta più tanta fede come per l'addietro . 10 146 P. TOMMASINI MATTIUCCI di Firenze. E da quel primo moto della coltura sorgono i dialetti letterari, i quali rappresentano quasi direi la somma di ciò che i vernacoli delle singole provincie hanno di comune, omesse le più spiccate peculiarità locali di ciascuno e aggiunto quanto di più la coltura permetteva di attingere dal latino direttamente. Così i molti e molti parlari italiani, sotto la penna degli scrittori si vennero a mano a mano assimilando e confondendo in pochi dialetti letterari quante erano le provincie d'Italia ; e allorchè segui la prevalenza definitiva del fiorentino, questo non trovò più dinanzi a sẻ centinaia di vernacoli da vincere, tutti più o meno differenti da esso e divergenti fra di loro, ma trovò appena una diecina di dialetti nei quali la coltura molto aveva di già livellato, molto accomunato col fiorentino medesimo, ad esso naturalmente ravvicinati dal vagheggiar tutti quell' istesso tipo latino che anche il toscano vagheggiava e che il dialetto di Firenze meglio degli altri dialetti era pervenuto a riflettere in sè. « Ognuno, per dirla col professore Salvioni, cercava di lisciare, di ripulire il proprio dialetto in modo che si venisse accostando a quel tipo (cioè al latino, come s'è detto). L'uomo dell'Alta Italia che a casa sua adoperava cantá o cantao per cantato, cantà per cantare ; quello della bassa Italia, che diceva granne per grande, àvoto per alto, nobilitarono queste loro forme riducendole ai tipi latini cantato, cantare, alto, grande; ma una felice combinazione voleva che tali forme, e così innumerevoli altre, fossero anche della parlata toscana. Onde l'efficacia di questa dovette manifestarsi dapprima in ciò solo che essa offriva all' Italia vivo e reale quel tipo di favella, che era nell'idea d'ogni italiano colto » ( 1). Ciò premesso, non abbisogneranno, credo, altre parole per ispiegare come nella lirica del Moscoli troviamo il dia- (1) Giornale storico d. letteratura it,, XVI, 378-79. — Cfr. anche Ascoli, Arch. glott. , I, 307-12, VIII , 125 ; MUSSAFIA, Mon. antichi di dialetti it. , pag. 119 ; E. MoNACI, Da Bologna a Palermo, pagg. 239 e 242. NERIO MOSCOLI 147 letto letterario di Perugia e non sentiamo più alcuna delle peculiarità del vernacolo nativo del poeta, cioè di Città di Castello. E in questo medesimo fatto, che abbiamo cercato di definire e di spiegare, si potrà misurare anche il grado d'importanza che par si debba riconoscere al Moscoli nella storia letteraria della sua patria. Egli, infatti, fu uno dei primi e più notevoli rappresentanti della letteratura della sua provincia, e la parte che così prese nello elevare a coltura artistica il volgare dell'Umbria sembra che gli dia diritto abbastanza a non essere dimenticato nel novero di quegli scrittori, pei quali fu spianata la via alla successiva unificazione della lingua nazionale. PIETRO TOMMASINI MATTIUCCI. 148 P. TOMMASINI MATTIUCCI Son. CXX - APPENDICE I. CXXI del cod. Barb. [ Indirizzati a Dante?] I. Lo bel piager de voi piager m'aduce De seguitar la vostra rima e verso E de non esser mo nè may diverso Dal voler vostro, ma tenerlo a duce . Altro pensier nel cor non se reduce Che voler come voi el bianco e 1 perso E tener quello amico e quello averso Ch'averà 1 gran piagier ch'en voi reluce, Perché 1 vostro voler me par contende Contra de vitij e sol prende dillecto Del valor de vertù ch'en voi desciende . Honestà mostra in voi suo ben perfecto , La qual vertù novella etate agrada Più che null'altra ch'en torno li vada. II. Fraterno e puro amor sol me conduce Ne lo abito vostro esser converso Perché polito me parete e terso, Si che vertù ciascuna in voi traluce. Prudente e giusto el vostro aspecto luce , Forte e tenperato el vostro verso, E ciascum vitio per voi soctomerso Si che dilecto a mal no ve sodduce. 4 8 12 4 8 NERIO MOSCOLI 149 Vostr' intellecto che nel ver s'estende Ornate de ragion che è bene ellecto , Per lo qual fermo studio sol s'aprende. Del qual me par che prendiate dellecto , Onde ve piacia che per voy se vada Infine al fim per la deritta strada 9. ms. vostro. 121 4 8 II. Son. LXXVIII ―― LXXXIV del cod. Barb. (SONETTI PIEtrosi) I. Comme nel core è nel dexio perfecto Lo sommo alto valor de quella petra Da qual non gratia più mia mente inpetra, Conducto a tal che non spero dellecto . Sendo luntam dal suo ligiadro aspecto, Da bem parlar la mia lengua s'aretra Tocando villania oscura e tetra , Per qual non viver ma morire affecto . Ma pur da questo me guarderò io , Ch'en questa rima d'amorosa fede Non sirà posto el vilanegiar mio. El parlar ch'agirò com el desio Ch'ennel loco d'amore odio se sede E peccato mortale ov'è mercede. II. S'el vostro intalglio sor tutti perfecto In marmo fosse o veró en altra petra, De quel ch'enancie a voi per me s'enpetra Averia preso già qualche dellecto E de pietà vestito el vostro aspecto Da qual null'altra vertute se retra ; Ma dentro è pien de l'aspra dura e tetra Crudeltà per me solo in grande affecto . 12121 4 8 150 P. TOMMASINI MATTIUCCI E questo è quelo de que più me dolgl'io , Perchè lassate l'amorosa fede Sol per mio danno e per contrario mio. Ma io pur credo fornir mio dexio Per la gram fé d'amor ch'en cor me sede, E che sofrendo se trova mercede. III. Per ch'io tengno nel cor dexio perfecto D'eserve servo, pretiosa petra, Nè più de gratia la mia mente inpetra, Ma de ciò preuderia sommo dellecto . Lo vostro humile e gratioso aspecto Da le soy belle vertute se retra E prende la dureça oscura e tetra Per qual non viver ma morir affecto , Se ' n breve tenpo pietà non veg' io Farne tornare a sua dricta fede 1221 4 8 Come chier quel voler ch'è nel cor mio. Non m'è rimaso alcuno altro dexio , 12 Ma morte e vita en la vostra man sede, Ond' io ve chero per pietà mercede. IV. Come ciascuno annello è più perfecto Quanto s'adorna de più fina petra, Cosi 1 mio cor che cotal gratia impetra Non porria d'altro may prender dellecto . Voi sete quella petra el cui aspecto Mirar mia mente già may non se aretra Si ch'onne luce al ver li parea tetra For che l vostro splendor qual solo affecto . Onde con verità posso dire io 4 8 Che ferma tengno en ver de voi mia fede E che voi servir solo è voler mio . Donqua ve piaccia che l sommo dexio , 12 Nel qual mio cor, la mente e l'alma sede, Prenda lo chato [ ?] fim vostra mercede. NERIO MOSCOLI 151 V. Oltra poder con estudio perfecto Me son provato de star come pétra E fugir quel dexio qual solo inpetra Meo cor che d'altro non prende dellecto. Ma vano è tal labor, chè 1 vostro aspecto Da la mia mente già may no se aretra Si che da voi pietate o morte tetra , Qual più ve piace, coralmente affecto ; Che ' n verità se per voi me mor' io, De questo ò pura e fermissima fede, Che sirà in ver de cielo el camin mio. Ma pur pietà da voi prima dexio Per toler la dureça ch'en voy sede E non pecato agiate ma mercede. 9. ms. moro. VI. Contra me site diamante perfecto Con più dureça che null'altra petra E volete 1 contrar de ciò che ' npetra Meo cor che da voi solo ama dellecto . Ben è lontan da quel che par l'aspecto Vostro, benigno , umile, e ben s'aretra Da lume d'umeltate e tenla tetra Caligine de superbia in grande affecto , Si che languendo apresar me veg' io La crudel morte, quale in pura fede Sol per doi modi grava el martir mio ; L'um per la fim del mio dolce dexio, E l'altro per la colpa in la qual sede Chi ciò comette, che noy val mercede. VII. Io chero d'eser bom mastro perfecto Per fare intalglio a mio modo de petra. Null'altra cosa lo mio core inpetra Che farne una donçella a suo dellecto . 4 12 4 8 12 4 152 P. TOMMASINI MATTIUCCI Longecta la faria, de bello aspecto Come chier quel dexio che non s'aretra, Nel vixo alegra, nè seria may tetra, Pietosa quanto che con l'alma affecto . Così contento me staria poi io Ciò possedendo che per la mia fede Sovra tutte sormonta al voler mio ; Sentiria el bem del mio sommo dexio , Lo qual nel meço de me tutto sede ; Ma pria morrò s'en ley non è mercede. III. Son . CXV del cod. Barb. A BACCHETTO. L'onorevol Bacchetto podestate Non se convem ne la via del vicaro, 30 12 Perchè tra l'uno e l'altro è grande invaro, Se giudece o conpangno in veritate . Onde ve piaccia d'amar libertate Tenendo sempre lo vostro honor caro, Ché mal se legie de quey che lassaro Li grandi offitij per la lor viltate. Donqua non abassate la vostra lteçça Né giocate de par con lo sogiecto , Ché familiarità nduce despecto. Sullimate la mente e lo ntellecto Con se rechere a la gram gentileçça La qual tenete, e che 1 contrar desperça. 9. ms. alteçça 11. ms. induce 14. disprezza. IV. 4 8 12 L'Allacci pubblicò nei Poeti Antichi i due sonetti che di Bandino si leggono nel codice Barberino ; e nelle notizie che precedono la sua Raccolta, di lui così scrive : « Bandino fu Padovano , della cui autorità se ne serve Dante nel libro della volgare eloquenza » (1) . Dopo di lui il (i ) P. A., Napoli, 1661 , pag. 13. NERIO MOSCOLI 153 Crescimbeni ( 1) ripetè la stessa cosa, e il Quadrio ( 2) riportò la forma grafica di Bandino a quella di Brandino, dicendo che il Brandino da Padova doveva essere lo stesso che Bandino d'Arezzo , e che forse prese nome da ambedue le città , perchè nato nell'una, e nell'altra stato come lettore allo Studio ; ma di questa sua affermazione non portò alcuna prova, per il che fu dal Tiraboschi rimproverato. Ultimo venne il Tiraboschi stesso, il quale, meno facile ad affermare, si domandò se Bandino e Brandino non potessero per avventura esser due diversi poeti » (3) . Fonte del Crescimbeni e del Quadrio dovette essere l'Allacci ; ma questi, come giunse all'affermazione che Bandino era di Padova ? e che vuol dire la doppia forma grafica di Bandino e Brandino ? L'Allacci, riportandosi all'autorità dell'Alighieri e della Volgare Eloquenza, volle senza dubbio alludere al seguente passo di essa : « Veneti quoque nec sese investigati vulgaris honore dignatur ; et si quis eorum errore confisus, vanitaret in hoc, recordetur si unquam dixit, Per le plage de Dio, tu non veras. Inter quos omnes unum vidimus nitentem divertere a materno et ad curiale vulgare intendere, videlicet Ildebrandinum paduanum » (4) . A chi legge queste parole del trattato dantesco parrà strano che l'Allacci da Ildebrandino sia passato a Bandino ; ma sparirà ogni maraviglia quando si pensi che egli non poteva avere dinanzi agli occhi che due sole redazioni della Eloquenza : la volgare del Trissino, che vide la luce nel 1529 (5) , e la originale latina di Jacopo Corbinelli , edita a Parigi nel 1577 dal codice di Grenoble e col sussidio della infida versione trissiniana (6) ; e che, tanto nell'uno quanto nell'altre , l'Ildebrandino si era cambiato in Brandino ; nella qual forma rimase fino all'edizione del 1729 di Scipione Maffei (7) . Assodato questo fatto e pensando di quanto più gravi errori si siano resi spesso colpevoli i primi storici della nostra letteratura, non faranno bisogno, io credo, altre parole per dimostrare come da un semplice er- (1) II, p. 2a, pag. 25. (2) II, 162. (3) IV, 321. (4) « Il Trattato De vulgari Eloquentia per cura di Pro RAJNA » . Firenze, S. Le Monnier, 1896, I , 14. (5) Op. cit. , pag. LI. (6) Vedi l'Introduzione alla recentissima edizione della De v. E. a cura di P. R. , che fa vivamente desiderare di avere dall'illustre uomo altre pubblicazioni dantesche di sì alto valore. Pag. XLIX e segg. , LXIX e LXXXIV. (7) Op. cit. , pag. XCIX e 81 , n . 2. 154 P. TOMMASINI MATTIUCCI rore grafico d'un amanuense si passasse poi , coll ' Allacci, e da lui col Crescimbeni e col Quadrio, ad uno maggiore. Adunque bene s'era apposto il Tiraboschi sospettando che Brandino e Bandino fossero due poeti diversi ( 1) . Ecco, io spero, corretto un altro errore nella nostra storia letteraria. Ma, prima di lasciar definitivamente messer Bandino, ci sia permesso di liberarci da un dubbio. Ripensando ai sonetti d'amore che Guittone indirizzò a un Bandino (2) , il quale il Gaspary disse d'Arezzo ( 3) , e ripensando anche che il nostro Bandino era figlio d'un Tebaldo , oriundo d'Arezzo (4) , era sorto in noi il sospetto che i due Bandini potessero identificarsi in uno solo ; molto più che il Quadrio lo fece di quella città. Ma riflettendo d'altro lato che i tre sonetti di Guittone appartengono alla sua prima maniera, che cioè non possono essere stati scritti dopo il 1266 (5) , e che il nostro Bandino era ancora in vita nel 1347, tale sospetto si mostrò del tutto infondato. Cosi due Bandini riconosciamo tra i rimatori dei primi due secoli ; l'uno da Arezzo e contemporaneo di Guittone ; l'altro da Perugia e contemporaneo di Nerio Moscoli, di Cino da Pistoia, di Dante Alighieri. V. » Come abbiamo notato a pagina 113, n . 4 , il Comune perugino , per impedire che i turbolenti e faziosi cittadini si riunissero in un sol luogo , pose le catene, che lontanamente preludono alle moderne barricate, prima alle porte della città ( « nel [ 1327 ] fuoro messe le catene alle porte della città de Peroscia, cioè a le porte de gli borghe GRAZIANI, Op. cit. , pag. 95) , poi nelle vie ( « 1328. Adi 17 di febraio si cominciaro ad incatenare li borghi » Brevi Ann. di P. , pag. 64) , e in ultimo nelle piazze ( « Adi 2 di maggio [ 1328] s'incatenò la piazza del Comuno » Op. cit. , pag. 65) . Questo espediente fu comune anche a Venezia ( P. G. MOLMENTI, La St. di V., pag. 133) e a Firenze. Nel Sacchetti, invero, si legge (nov. CXXXII) : « Le guardie che erano in piazza pigliarono l'arme, e vanno (1) Il Tiraboschi dovette trovare un buon sussidio per la sua congettura nell'edizione del Maffei, che aveva già riportato Brandino a Ildebrandino. (2) Son. LI, LIII e LIV. (3) St. d. Lett. it. , I, 67, 76, e 77. (4) Vedi a pag. 76 di questo scritto. (5) Cfr. E. MONACI, Crest. it. , 168 . NERIO MOSCOLI 155 alle bocche della via della piazza, mettendo le catene, gridando : All'arme , all'arme ..... Ogni gente, sentendo la campana, usciva fuori armata e venendo in piazza, trovarono le guardie a difendere le • • . catene ... " >. E nei versi del Purgatorio ( XXXI, 25-27) : « Quai fosse attraversate, o quai catene Trovasti, perchè del passare innanzi Dovessiti così spogliar la spene ? » a me sembra si debba riconoscerci , senz'altro , un'allusione a cotale usanza. Le guardie intente a difender le catene, e di cui dà appena un cenno il Sacchetti , sono ricordate con minuti particolari in un documento del 1337, che traggo dall'Archivio comunale di Città di Castello ; nè sarà inutile il riportarlo integralmente, giacchè vale a gettare un po ' più di luce su una notevole costumanza medioevale. ... ut catene quae posite sunt in Civitate Castelli pro fortitudine et tutiori custodia Civitatis horis debitis firmentur et aperiantur et ut nullus in firmando vel aperiendo predictas catenas magis quam alius agravetur, per dominos priores populi . . . primo super hijs cum Consilio . XVI . bonorum virorum populi diligenti deliberatione Et demum inter ipsos dominos priores populi et predictum Consilium . XVI . bonorum virorum populi secundum formam Statutorum premisso et facto solepni et secreto scruptinio et obtento partito ad pixides et palloctas (1 ) Eorum offitij auctoritate et vigore et omni modo et iure quibus melius fieri potuit provisum ordinatum et stantiatum fuit que Omnes et singuli Capitanei Capitantiarum dicte Civitatis possint et eis liceat ac teneantur et debeant ex debito eorum offitij ad instantiam et petitionem offitij dominorum priorum populi Jnsacchare et mictere ex hominibus eorum Capitantie .. unusquisque Capitaneus de hominibus sue Capitantie pro se in quadam sacchetta unum hominem de qualibet et pro qualibet domo sue capitantie in cedulis in quibus scripta sint nomina et prenomina eorum . Et .. ex predicti sacchettis ad instantiam et petinionem dominorum priorum populi extrahantur et extrhai debeant illi qui debeant predictas catenas firmare et aperire . Et . . illi qui per predictos Capitaneos extrhacti fuerint de predictis sacchettis teneantur et debeant predictas catenas aperire et firmare, sive unam Catenam pro quolibet ipsorum ex catenis sue Capitantie que et domui magis sit propinqua et apta (1) Si durò poco tempo ancora a votare con pissidi e pallottole ; che nel 18 gennaio 1337 si stabili di farlo per mezzo di « fabas nigras et albas , perchè « plures fraudes et malitie in dando et recipiendo palloctas comictantur ». Annali, c. 21 v. 156 P. TOMMASINI MATTIUCCI per tempus trium mensium et eis claves predictarum catenarum assignentur et dentur pro Comuni predicto . Et . . illi qui recusarent dictarum catenarum claves recipere et catenas aperire et firmare cogi possint et debeant ad recipiendum predictas claves et catenas aperiendum et firmandum horis debitis per dominos potestatem et capitaneum ad instantiam et petitionem dictorum Capitaneorum Capitantiarum et cuiuslibet ipsorum hoc tamen proviso et facto que si ex predictis sacchettis vel earum aliqua exhierit aliquis qui iam clavem alicuius catene habuit vel ex hijs qui alicuius catene clavem ad presens habuit remicti debeat in predictam sacchettam donec omnes alij qui ipsarum clavium aliquam non habuit ... exantur . » ANNALI, a. 1337 , 13 gennaio, c. 20 v. - La delibera è sottoscritta da Angelo di Andrea da Firenze, Cancellarius del Comune di Città di Castello . NERIO MOSCOLI 157 BIBLIOGRAFIA. CODICE BARBERINO XLV-130 . [Ogni volta che cito i POETI PERUGINI intendo riportarmi a questo codice] . L. ALLACCI Poeti antichi raccolti da cod . mss . della Biblioteca Vaticana e Barberina . Napoli, S. d'Alecci , 1661 . E. MONACI Crestomazia italiana dei primi secoli. Città di Castello, S. Lapi, 1889. T. CASINI - Le Rime dei Poeti Bolognesi. Bologna, Romagnoli , 1881 . D. ALIGHIERI ― Il Canzoniere annotato e illustrato da P. Fraticelli . Firenze, Barbèra, 1887. D. ALIGHIERI - La Divina Commedia col comento di P. Fraticelli . Firenze, Barbèra, 1860. D. ALIGHIERI La Vita Nuova illustrata con note e preceduta da uno Studio su Beatrice per A. d'Ancona . Pisa , Libreria Galileo, 1884. D. ALIGHIERI . Il Convito con illustrazioni e note di P. Frati- - celli . Firenze, Barbèra , 1887 . P. ERCOLE Guido Cavalcanti e le sue rime. Livorno, Vigo, 1885 . CINO DA PISTOIA ― Le Rime ridotte a miglior lezione da E. Bindi e P. Fanfani . Pistoia, Niccolai , 1878 . K. BARTSCH - Chrestomathie provençale. Berlin , Wiegandt et Schotte, 1892. E. MONACI ―― Testi antichi provenzali raccolti per un Corso accademico nella R. Università di Roma. Roma, Forzani, 1889 . A. GASPARY La Scuola poetica siciliana del secolo XIII. Livorno, Vigo, 1882. - A. THOMAS - Francesco da Barberino et la Littérature provençale en Italie au moyen age. Paris, E. Thorin, 1883. CRONACHE e STORIE INEDITE della Città di Perugia dal MCL al MDLXII seguite da ined . doc..... a cura di F. Bonaini , A. Fabbretti e F. L. Polidori, in Archivio storico italiano, 158 P. TOMMASINI MATTIUCCI tomo XVI, parte 1º , Firenze, G. P. Vieusseux, 1850. [ Intendo riportarmi a questo volume ogni volta che cito la Cronaca del GRAZIANI] . Giornale di Erudizione artisTICA pubblicato a cura della R. Commissione Conservatrice di Belle Arti nella Provincia dell'Umbria. Perugia, Boncompagni, 1872-77. G. B. VERMIGLIOLI ― Bibliografia storico - perugina . Perugia, F. Baduel, MDCCCXXIII. G. B. VERMIGLIOLI - Biografia degli scrittori perugini e notizie delle opere loro. Perugia, presso V. Bartelli e G. Costantini, 1829. SAGGI DEL VOLGAR PERUGINO nel trecento, cavati dall'archivio del Comune per cura del cav. 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Vaticano 3793 pubblicate per cura di A. D'Ancona e D. Comparetti. Bologna, Romagnoli, volumi 4º e 5º. POETI DEL PRIMO SECOLO della Lingua Italiana, in due volumi raccolti . Firenze, 1816 ( VALERIANI e LAMPREDI) . GUITTONE D'AREZZO - Rime. Firenze, Morandi, 1828, volume 2º. ARCHIVIO GLOTTOLOGICO, di G. ASCOLI, I , II , VIII . NERIO MOSCOLI 159 C. N. CAIX -Le origini della Lingua Poetica Italiana . Firenze, Succ. Le Monnier, 1880 . BIANCO BIANCHI - Il dialetto e la etnografia di Città di Castello, con raffronti e considerazioni storiche. Città di Castello, S. Lapi, 1888. 161 RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO SIGNORE D'ORVIETO E GLI ORSINI DI TAGLIACOZZO, DI LICENZA E DI CAMPODIFIORE § 1.. Una lettera di Giovanni Orsini. Nell'Archivio comunale di Orvieto trovasi la seguente lettera : « Magnif. fratres carissimi . Hec civitas Spolet. , ut credo iam ad vestram devenisse notitiam , expulsis iis qui fuerunt causa rebellionis eiusdem, Deo gratias, recuperata est et reducta ad obedientam per virtutes et opera proborum et legalium civium dicte civitatis, amicorum et servitorum recolende memorie dni . Rainaldi. Ego nuper urbem hanc operaturus ad posse ut facta ipsius. civitatis, Deo previo, reformatur in bonum. Johannes, mediantibus. opibus illustrissimi dni . nostri dni . Regis Lodovici, spero quod debeat liberari . Et quia certus sum quod sicut vobis displicuit omnis nostra adversitas , ita debeatis prosperitate letari, duxi hec ad gaudium intimanda etc. (sic nell'originale) . Si qua per me pro statu vestro agenda sunt, scribite confidenter . Datum in cassero Spoletano XIII septemb. « Joannes Lelli de Ursinis etc. » . A tergo: « Magnificis viris dominis septem Urbevetano populo presidentibus fratribus et amicis carissimis ». 11 162 F. SAVIO La lettera non ha indicazione dell'anno ; ma non è difficile supplire alla sua mancanza per mezzo delle notizie, che si trovano nella lettera stessa . Il suo indirizzo ai Sette indica essere la lettera anteriore al 13 novembre del 1390, quando fu tolto per sempre da Orvieto il governo dei Sette ( 1 ) . Il fatto poi della ripresa di Spoleto, compiuta dai partigiani di Rinaldo, congiunto al ricordo della morte di lui, non lascia dubbio che qui si tratta degli avvenimenti accaduti in quel medesimo anno 1390. Quindi la data intiera della lettera è il 13 settembre 1390. Rinaldo, del quale ivi si parla, è Rinaldo Orsini conte di Tagliacozzo . Egli dal 1390 in maggio fino alla sua morte fu signore, (rector) di Orvieto. Il 17 settembre del 1378 Urbano VI lo creò rettore del Patrimonio di S. Pietro ( 2) ; ma poi si voltò all'antipapa, Clemente VII, forse tratto da suo fratello Giacomo cardinale di S. Giorgio, che fu uno dei cardinali, i quali parteciparono alla formazione dello scisma occidentale. Clemente VII lo lasciò rettore del Patrimonio di S. Pietro, della qual carica si trova investito , dal 1383 in avanti ( 3 ) . Nel 1383 si potè impadronire di Spoleto, eccetto della rocca, la quale gli si arrese nel seguente 1384. Nel 1387 occupò anche Narni. Finalmente nell'aprile del 1390, essendo con Giovanni suo fratello venuto alla città dell'Aquila, forse per occuparla, ivi fu trucidato . La sua morte diede occasione ad un altro Orsini, il cardinale Tomaso di Manoppello (e non già di Monopoli, come scrive il Sansi) , ch'era legato del papa Bonifazio IX, di venire a Spoleto e di occupare la città , eccetto la rocca , la qual rimase ai partigiani di Rinaldo. Nondimeno, regolandosi troppo il cardinale, così scrive il Sansi, secondo i consigli di alcuni cittadini più amanti del proprio vantaggio che del pubblico, il popolo se ne disgustò. Onde gli esuli, guelfi e ghibellini, insieme si unirono e nel dì 7 set- (1) Bull. della Società umbra di st. patria, anno I ( 1895) , pag. 399. (2) MONTEMARTE, Cronaca inedita di Orvieto, vol. I , pag. 47. Nel vol. II , pag. 339, si riporta il breve di Urbano che dà notizia agli Orvietani di quella creazione. (3) Bullettino cit. , loc. cit. , 396, 398. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 163 tembre facendo impeto nella città riuscirono ad impadronirsene ed a scacciarne il Legato (1). Quest'è la ricuperazione di Spoleto, della quale discorre la nostra lettera . Da essa apprendiamo esser falsa la notizia che trovasi data da alcuni ( 2) , che Giovanni Orsini fratello di Rinaldo fosse ucciso con lui all'Aquila ; egli era ancor vivo il 13 settembre . Quanto al Ludovico, ivi ricordato, egli è Luigi II d'Angiò, che cogli aiuti dell'Antipapa cercava d'insignorirsi del regno di Napoli . Egli era giunto poco prima, cioè il dì 14 agosto, in Napoli, e, come vedesi dalla lettera di Giovanni, tutti i partigiani dell'Antipapa nutrivano grandi speranze ch'egli tra breve ne farebbe trionfare la causa. Or ci rimane a ricercare donde venissero i conti di Tagliacozzo e chi fosse il Giovanni Orsini scrittore della lettera . § 2. - Origine dei Conti di Tagliacozzo. Il Litta, seguito tra gli altri anche dal Reumont, diede per stipite dei Conti di Tagliacozzo Napoleone figlio di Matteo Rosso e fratello di Niccolò III . Indi a costui fece succedere Giacomo, al quale assegnò per figli Napoleone marito dell'erede di Tagliacozzo, poi Angelo canonico di Liegi e (secondo lui) vescovo di Montecassino nel 1362, morto nel 1366, Leandro, Orso canonico di Lincoln, Poncello che nel 1324 stava alla corte di Napoli , Francesco stipite delle linee di Campodifiore e di Licenza, e Fortebraccio. Al suddetto Napoleone di Tagliacozzo assegnò per figli Pantaleone, Giacomo, Matteo ; ed a Giacomo i figli Rinaldo cardinale, Angelo, Orso testante nel 1360, Giovanni nel 1353 vescovo di Padova, morto nel 1359, e Francesco stipite dei duchi di Bracciano. e di Gravina. (1) SANSI, Storia del Comune di Spoleto ' dal secolo XII al XVII. Foligno , Sgariglia, 1879, parte I , pag. 259 e seg. (2) Pietro Minerbetti nelle Accessiones al MURATORI, R. I. S. , vol. II , 204 , dice che fu ucciso con un suo figlio. 164 F. SAVIO Ecco la sua tavola : Angelo Leandro NAPOLEONE di MATTEO ROSSO 1243. 1259. 1267. Orso Giacomo 1235 podestà di Todi ; 1263 canonico di Lincoln Poncello 1324 alla corte Napoleone sposa Isabella di di Napoli Tagliacozzo Francesco stipite della linea di CamFortebraccio podifiore Pantaleone Giacomo 1271 Matteo podestà di Todi Rinaldo cardinale Angelo 1360 Orso testa Giovannni Vescovo 1360 di Padova Francesco . stipite dei duchi di Bracciano e di Gravina Tutta questa genealogia contiene dei gravi errori e delle grandi confusioni di persone e di fatti, i quali appariranno da sè evidenti coll'esposizione che ora faremo di un'altra genealogia, tutta appoggiata sopra certi ed indubitabili documenti. Questi ci danno per primo stipite dei rami suddetti di Vicovaro, Licenza, Campodifiore, Tagliacozzo, non già Napoleone figlio di Matteo Rosso, ma Napoleone fratello di Matteo Rosso, figli entrambi di Gian Gaetano. Nella divisione di beni fattasi tra questi due fratelli, a Napoleone, come si vede dai documenti risguardanti o lui od i suoi discendenti, scaddero Vicovaro, Cantalupo, Bardella, Ampiglione, Bovatano e le case che gli Orsini avevano in Roma a Campodifiore. Nel 1247 v'è un breve di Innocenzo IV, col quale esorta l'abate di Subiaco a rinnovargli l'investitura di Bovatano ed Ampiglione (1 ) . Nel 1252, gennaio 29, il medesimo Napoleone comprò da certo Paolo Forraca per 300 libbre di provisini una torre con ruine e venti casalini in Castel S. Angelo (ora Castel Madama) presso Vicovaro, Ampiglione e Bovatano (2) . Ebbe tre figli , Francesco , che fu card . diacono di S. Lucia (1) Archivio Orsini, II , A, I , 28. (2) Ib. , II , A, I , 32. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 165 « in Selce (1 ) , Giacomo e Matteo Orso . Essi sono ricordati in un atto del 1270, ottobre 20, col quale Giacomo Cornuta vende una casa in Tivoli per 150 libbre di provisini a Tomassio, familiari dni Francisci dni Nepoleonis Johannis Gaetani de filiis Ursi recipienti nomine et pro parte dni Jacobi Nepoleonis et domini Matthaei Ursi et eorum heredum » (2) . Sebbene da quest'atto non apparisca se Napoleone fosse già morto, mancandovi la parola quondam, tuttavia è a ritenersi che sì, poichè da questo tempo non trovasi più verun atto di lui , mentre abbondano quelli dei tre suddetti suoi figli , che li dimostrano assoluti padroni ed amministratori dei fondi e beni paterni. Tra essi deve porsi la concessione che fecero a Vicovaro degli Statuti nel 1272 (3). In un accordo che fecero Giacomo e Matteo Orso intorno ai loro beni, il dì 4 maggio del 1275, son nominati i tre figli di Giacomo, i quali erano Napoleone, Fortebraccio e Francesco, ed i figli di Matteo Orso, cioè Orso, Giacomo, Napoleone (o Napoleoncello , o Poncello), Tebaldo e Giovanni (4). In altro documento dello stesso giorno sono nominate anche le mogli di vari di costoro, cioè Elena moglie di Giacomo, Francesca figlia di Niccolò del Conte moglie di Napoleone, Golizia moglie di Fortebraccio, Filippa moglie di Francesco, Oddolina, defunta prima moglie di Matteo Orso, Terranana o Terandana sua seconda moglie, e Francesca moglie di Orso (5) . Giacomo era già morto il dì 20 marzo del 1278, poichè in atto di questo giorno, compiuto dai tre suoi figli e dal fratello Matteo Orso è detto quondam (6) . Di lui racconta Saba Malaspina che al tempo della lotta tra Manfredi e Carlo d'Angiò , egli era con- (1 ) Francesco alla morte di Bonifacio VIII è detto da Ferreto Franciscus de Campo Florido, R. I. S. , IX, 1011 . (2) Arch. Orsini. (3) Archivio Storico Romano del 1891 , XIV, 9. (4) Arch. Orsini, II, A, II , 3. (5) Ib. , II , A, II , 5. (6) Ib. , II , A, II , 10. 166 F. SAVIO siderato come il capo dei Ghibellini di Roma e pel suo ghibellinismo era stato scacciato dalla città . Posto alla testa di alcune milizie tedesche, dategli da Manfredi, sconfisse presso Tivoli un capitano di Carlo d'Angiò (1 ) . Di poi, al tempo di Corradino e del senatore Enrico di Castiglia ( 1268) , aveva formata in Roma come una fortezza in Campodifiori dove stavano le sue case ( 2) . Suo figlio Napoleone accompagnò Corradino nel regno (3) . I figli di Matteo Orso sono pure indicati nel suo testamento ; fatto addì 12 gennaio del 1279. Ivi lascia suoi eredi « Ursum, Jacobum, Nepoleonem, Thebalducium, et Johannem filios meos primi mei matrimonii et Johannem filium meum secundi mei matrimonii et ventrem uxoris meae Terandanae » (4) . Il di 5 gennaio 1288, in Vicovaro, per atto del notaio Rainero di Matteo Attone di Foligno, Napoleone, del fu Giacomo di Napoleone, rinunzia in favore di suo fratello Francesco ogni diritto sul castello di Licenza, posseduto dal loro zio Francesco, ed ogni diritto sul feudo di Saccomuro. In compenso Francesco cede a Napoleone le terre di Civitella . Se insorga qualche contesa si rimetteranno all'arbitrato di Fortebraccio, loro comune fratello ( 5) . Il dì 11 luglio 1288, per atto di Giustino di Giustino, Giacomo di Rubiano del fu Ottaviano, marito di Perna, come procuratore di Fortebraccio Orsini suo cognato, cede a Napoleone e Francesco del fu Giacomo il castello di Poggio Ruino, confinante coi territori di Roccagiovine, Sponga e Santo Polo . Giacomo ne riceve mille marche d'argento (6) . Un'altra figlia di Giacomo ful Giovanna, che sposò Niccolò degli Annibaldi, e mori nel 1327, come vedesi dalla sua iscrizione sepolcrale (7) . (1) Saba Malasp. , lib . III, cap. IV , in DEL RE, Scritt. sincron. napoletani, II, 247 : vedi anche pag. 274. (2) Ib. , pag. 299. ( 3) Ib. , pag. 275. (4) Arch. Orsini, loc. cit. (5) Ib. , II , A, II, 23. (6) Ib. , II, A, II . (7) FORCELLA, Iscriz. delle Chiese di Roma, VIII, 18. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 167  I documenti che abbiamo riferiti ci permettono di formare la seguente tavola :

 NAPOLEONE di GIAN GAETANO vivo 1252, già +1270
 Francesco cardinale +1312 | Giacomo già +1278 sp.Elena | Matteo Orso sp. a Oddolina b) Terranana testa 1279
 Napoleone vivo 1291 già +1294 sp. a) Risabella di Tagliacozzo b) Francesca f di Niccolò Conti viva 1275 | Fortebraccio sp. Golizia f. di Mattia Annibaldi | Francesco sp. Filippa stipite della linea di LICENZA | Perna sp. Giacomo di Rubiano viva 1288 | Giovanna +1329 sp. Niccolò degli Annibaldi | | a) Orso sp. Francesca | a) Giacomo | a) Napoleone | a) Tebaldo | a) Giovanna | b) Giovanni

§ 3. - I Conti di Tagliacozzo.

 Venendo ora ai vari rami degli Orsini provenuti da Napoleone fratello di Matteo Rosso, e zio paterno di Niccolò III , comincierò a dire degli Orsini di Tagliacozzo . Il primo di questo ramo fu Napoleone di Giacomo di Napoleone, il quale procurò ai suoi discendenti la contea di Tagliacozzo, collo sposare Risabella figlia ed erede di Bartolomeo di Tagliacozzo e di Maria d'Aquino . Risabella morendo lasciò la contea di Tagliacozzo a suo marito Napoleone, come consta dal suo testamento, in data 9 marzo 1270 (1 ) .

  (1) 1270 marzo 9 « Risabella uxor nobilis viri dňí Nepoleonis domni Iacobi Nepoleonis de filiis Ursi virum suum eumdem instituit sibi heredem in parte sua competenti sibi in castro Taliacotii et cuncta eiusdem terre et in castro Marani spectanti sibi rationabiliter iure nobilis viri dni Bartholomei de Taliacotio olim patris eiusdem dne . Item legavit dne Marie de Aquino matri sue . . . fructus . . . catoto tempore vite sue » , dopo la quale ritorni a Napoleone. Item volo quod breviarium meum det dictus vir meus S. Marie de Minerva » . Rogato Matteo di Attone di Foligno. Arch. Orsini, II , A, II , 46 .

 Napoleone divenuto vedovo sposò Francesca figlia di Niccolò de Comite o Conti, colla quale viveva nel 1275.
 Napoleone era ancora vivo nel 1291 e mori prima del 1294, poichè nel giorno 12 settembre di quell'anno, stando Carlo II in Aquila dov'era venuto per corteggiare il nuovo papa Celestino V, diede investitura della metà del castello di Tagliacozzo a Giacomo figlio di lui ( 1 ) . Nel diploma si legge che il castello di Tagliacozzo era pervenuto alle regie mani ex causis ratimabulibus, e che l'investitura venne data per interposizione del card . Napoleone (Orsini) di S. Adriano ( 2) . Nel medesimo anno, ai 23 novembre, con atto del notaio Giustino di Giustino, i Manetti vendono per 950 fiorini d'oro un palazzo nella regione Caccabariorum a Fortebraccio dni Jacobi Nepoleon.; ad Orso dni Francisci dni Jacobi Nepoleonis, pro se, Leone et Johanne germanis fratribus suis, ed a Giacomo dni Nepoleonis dni Jacobi Nepoleonis pro se, Nicolao et Brazzo germanis fratribus suis (3) . Questi ultimi sono i tre figli maschi di Napoleone che abbiamo indicato come stipite dei conti o signori di Tagliacozzo . Il secondo di loro, cioè Niccolò , sembra che fosse avviato alla carriera ecclesiastica, e di lui credo si debba intendere un breve di Bonifacio VIII, in data 31 dicembre 1303, col quale si concede a Nicolao di Napoleone di far tenere da un vicario idoneo il suo arcidiaconato di Fanenna nella chiesa di Liegi ( 4) . Forse perchè ecclesiastico non trovasi nominato in una divisione di alcuni beni che fecero tra loro varî Orsini nel dì 22 ottobre del 1300. Ivi, in presenza del card . Francesco, Fortebraccio di Giacomo di Napoleone , Orso e Giovanni di Francesco, Giacomo di Napoleone ( di Tagliacozzo) pro se ipso ac Brachia fratre suo ... pro quo promisit ... quod consentiet, et quod contra ipsa ratione minoris etatis seu quavis alia non veniet ex parte una. Et Ursus, Thebaldus et Johannes dni Matthei Ursi ex parte altera , consentiente ipso dno Cardinali eorum patruo, stabilirono che castrum de Arzolis quod olim emit prefatus dnus Cardinalis ab Andrea de Arzulis et castrum Ruvianelli spettino eisdem dno Fortisbrachie, Urso et Johanni dni Francisci et Jacobo et Brachia (1) Non sarebbe quindi improbabile ch'egli sia quell'Orsini che fu eletto senatore il 10 aprile 1293 e che mori un mese dopo ; dopo la qual morte nacquero tali discordie tra il popolo, che per sei mesi non si elessero altri senatori. GREGOROVIUS, V, 586, 587. (2) Arch. Orsini, II , A, II , 42. Anche il GREGOROVIUS cita quest'investitura, VII , 14. (3 ) Ib. , II , A, II, 40. (4) Registres de Bonif. VIII, pag. 944. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 169 fratri suo, e che castrum Rivifrigidi, castrum Lacus, arcem et montem S. Elye et castrum seu castellare Turrite spettino ad Orso, Teobaldo e Giovanni di Matteo. Di più essendo Giacomo di Napoleone e Giovanni di Matteo minori di 25 anni giurarono di non contravvenire mai a quell'accordo sotto pretesto della minore età (1) . I castelli di Rivofreddo, Lago, Ruvianello e Monte S. Elia già appartenenti ai Colonnesi, allora ribelli, erano stati dati agli Orsini da Bonifacio VIII con bolla dell'11 settembre di quell'anno 1300 (2) . Il detto Niccolò è ancora nominato in un atto del 1311 , giugno 2, col quale Giovanni Boccamazza, in qualità di arbitro e consaguineo comune, procede ad una divisione di beni tra alcuni Orsini . Egli assegna a Giacoma moglie di Giovanni del fu Francesco Licenza, e Saccomuro, e vuole che i diritti sul castello di Poggio Rusci ed i castelli di Arsoli e Vicovaro stiano indivisi tra Orso e Giovanni suddetti di Francesco da una parte, e Niccolò , Giacomo e Braccio del fu Napoleone ( 3) . Il medesimo arbitro, il dì 12 marzo del 1313 , confermo a Giovanni del fu Francesco i castelli di Licenza e Saccomuro, aggiungendovi alcuni diritti sopra Poggio Rucei e Vicovaro, esclusi i diritti comuni a Niccolò, Giacomo e Brachia del fu Napoleone (4) . Del suddetto Niccolò non si fa più menzione nei seguenti due atti del 1316, relativi a questioni pei suddetti ed altri possedimenti ; quindi si può supporre ch'egli già fosse morto. Nel primo, in data 7 gennaio, Teobaldo di Pietro di Giovanni Cinzio da sentenza arbitrale tra Giacomo e Fortebraccio figli del fu Napoleone da una parte e Giacomo figlio di Orso di Francesco, canonico cameracense in suo nome ed in nome della sua chiesa , col consenso di Orso suo padre. Stabilisce che quel tenimento di Vicovaro quod est commune pro indiviso inter dictos dominum Jacobum et Brachium ex parte una et dictum dominum Jacobum dni Ursi ex parte altera, de quo modo est quaestio seu litigium inter dictos dominum Iacobum dni Ursi seu dictum dnm Ursum patrem suum ex una parte et dnm. Johannem domini (1) Arch. Orsini, II , A, III , 1 . (2) Ivi, n. 2, la bolla incomincia : « Illum erga filios Romana mater Ecclesia » . (3) Ivi , n. 13. Uno dei testi è « dňo Blasio rectore S. Petri de Vicovaro » . (4) Ivi, n. 17. 170 F. SAVIO Francisci ex altera remaneat in commune pro indiviso inter ipssa partes in eo statu et conditione in quo est ( 1) .

  (1) Arch. Orsini, II , A, III, 24.

 Nell'altro, del giorno 11 dicembre 1316, Giovanni di Francesco protesta alla presenza di Giacomo di Napoleone contro certa divisione di beni in Vicovaro, che volevano fare il predetto Giacomo con Braccio suo fratello da una parte ed Orso di Francesco dall'altra (2).

  (2) Ib. , n. 22.

 L'ultima menzione, che abbiam trovata di Brachio o Brachia è in una pergamena dell'archivio Orsini colla data 1333 , settembre 29. Essa è poco leggibile ; ma vi si discerne abbastanza che trattasi di una cessione o vendita di beni fatta da Braccio ad Orso, canonico di Lincoln, suo nipote, figlio di Giacomo (3).

  (3) Ib. , II , A, IV, n. 9.

 I suddetti fratelli Giacomo, Niccolò e Braccio ebbero anche due sorelle, le quali erano ancora nubili nel 1304 , quando le ricordò nel suo testamento il card . Francesco Orsini .
 Quanto a Giacomo, evvi l'atto d'investitura col quale il re Roberto di Napoli , addi 25 luglio del 1329 , diede la metà di Tagliacozzo ad Orso figlio di lui , nonostante ch'egli sia chierico . Ivi si dice che la detta metà, non avendo Giacomo prestato il suo servizio feudale, era devoluta alla Curia ; il re la conserva a Giacomo, e non potendo questi per la vecchiezza prestare il servizio militare, ne investe il suddetto Orso . Che se Orso morrà senza figli legittimi, oppure sia promosso ai sacri ordini, gli succedano i suoi fratelli Angelo e Giovanni (4) .

  (4) Ib. , II , A, III , 61 .

Oltre questi tre, Giacomo ebbe ancora un figlio, cioè Rinaldo, che fu cardinale e morì nel 1374. Lo vedremo ricordato nel suo testamento dal fratello Orso.

§ 4. ― Segue dei Conti di Tagliacozzo.

 Di Giacomo l'ultima memoria, da noi trovata, è del 1330, quando egli sarebbe stato senatore, o meglio vicario del re Roberto in Roma (5 ) insieme con Pietro di Napoleone del ramo di Castel S. Angelo. Dipoi vengono gli atti relativi ad Orso suo figlio.

  (5) PFLUGK- HARTTUNG, Iter.

 Nel 1338, ottobre 22, stando in Vicovaro, Orso comprò alcuni beni da Pietro del fu Riccardo Frangipani ( 1 ) .

  (1) Petrus fl. quondam Ricardi Fraiapanis ex dominis castri Cisternae vende ad Urso Jacobi Napoleonis de f. Ursi la quarta parte castri Cisternae ... cum Rocca, turri, Cassaro, et quartam postem castri et Rocche Tiberie, et medietatem Castellanie seu Casalis Gripta de Noctulis, et quartam partem palatii magni et domorum junclarum Colliseo et prope Colliseum . Actum Vicovarie. GREGOROVIUS, VI, dall' Arch. Caetani, III, 21 .

 Nel 1346, essendo già morto suo padre ( 2) , abbandonato ogni pensiero di vita ecclesiastica, sposò Isabella Savelli, dalla quale ebbe tre figli maschi, Rainaldo, Giacomo, e Giovanni ; e due figlie , Maria e Caterina.

  (2) In una lettera presso THEINER, III , 167, egli è detto Orso del fu Giacomo di Napoleone.

 Nel 1351 , maggio 12, Ottaviano di Rocca e Cola del fu Andrea Boccamazzi gli vendettero la metà del castello di Roccagiovine col consenso di Duraguerra abate del monastero di S. Sebastiano in Roma (3) .

  (3) Arch. Orsini, II , A, V, 12.

 Nel 1359, agosto 16, Orso tanto in suo nome che de' suoi fratelli Rainaldo cardinale e Angelo preposto Tongrense, e de' suoi figli Rainaldo, Giacomo e Giovanni compromette in Orso e Rainaldo Orsini una controversia con Matteuccio Orsini, suo fratello Giacomo e gli eredi del fu Giovanni altro suo fratello . Ivi sono nominati Lella moglie di Matteuccio, specialmente per la metà di Vicovaro, la quale era stata tolta a Matteuccio (4),

  (4) Forse gli fu tolto in seguito ad un bando pronunciato quel medesimo anno 1359, marzo 9, da Raimondo dei Tolomei di Siena, senatore di Roma, il quale condannò a morte detto Matteuccio di Francesco di Campo di Fiori ed altri per aver ucciso Giovanni di Berardo e due altri nel castello di Scarpa, ed ordinò che i rei fossero assaliti nel castello di Vicovaro. Arch. Orsini, II, A, V, 30. ·

e Giordano Orsini fideiussore di Orso. L'atto si compì in Marino (5) .

  (5) Ib. , 29.

 Finalmente, il dì 27 giugno del 1360, Orso fece il suo testamento, chiamando eredi i tre suoi figli maschi, e lasciando alle due figlie legittime Maria e Caterina 3,000 fiorini d'oro ed un regalo a Colasta sua figlia naturale. Mette i suoi figli ( che non avevano ancora 25 anni) sotto la protezione dei propri fratelli Rainaldo card . di S. Adriano ed Angelo, che egli chiama venerab . virum, segno del suo essere ecclesiastico ( 1 ) .

  (1) Arch. Orsini, II , A, V, 33.

Egli morì quell'anno stesso o al principio del seguente, poichè, il dì 29 aprile del 1361, Isabella Savelli, dicendosi vedova di Orso conte di Tagliacozzo, comprò a nome dei suoi figli il castello di Celle in Abbruzzo dall'ordine Gerosolimitano (2) .

  (2 ) Ib. , n. 58.

 Nel 1362 la regina Giovanna concedette ai figli di Orso l'investitura di Tagliacozzo ed altri beni ( 3) .

  (3) Ib. , n. 41.

 Siccome, nel suddetto testamento, Orso non fa menzione del terzo suo fratello Giovanni, è probabile che costui fosse già morto.
 Ecco ora l'albero di questi Orsini , quale risulta dai documenti citati:

 NAPOLEONE
 Giacomo nel 1300 era minore di 25 anni senat. di Roma 1330 già +1346 | Niccolo del Conte 1296. Nel 1303 arcidiacono a Liegi. 1311 | Fortebraccio o Braccio 1296, 1313, 1316, 1333 | due figlie nubili nel 1304
 Orso prima canonico di Lincoln: poi nel 1316 sp. Isabella Savelli +1360 o 1361 | Rainaldo cardinale di S. Adriano | Angelo preposto di Tongres 1329, 1360 | Giovanni 1329 già +1360
 Rainaldo signore di Orvieto +1390 all'Aquila | Giacomo +1379 card. di S. Giorgio in Velabro, creato da Urbano V. | Giovanni +1390 | Maria 1360 | Caterina 1360 | Colasta 1360

 Il Pflugk- Harttung dice che nel 1318 un Francesco Orsini di Giacomo di Napoleone era cancelliere della città . Se la notizia è vera, non potendo egli essere il Francesco fratello di Napoleone stipite dei Tagliacozzo, poichè questi mori nel 1290, bisogna dire. che sia un fratello di Orso, morto nel 1360. Dovette però morir presto, poichè mai non se ne parla nei documenti.
 Da Giovanni, f. di Orso, nacque Giacomo, al quale nel 1409 addì 25 agosto il re Luigi II d'Angiò concedette Alba in feudo . Egli mori, a quanto pare, prima del 1415, poichè in quest'anno ai 6 giugno Giovanna II confermò la contea di Tagliacozzo a Giovanni Antonio Orsini (1) . Giovanni Antonio ebbe un fratello di nome Rinaldo . Nel 1435 Eugenio IV diede ad entrambi il vicariato delle terre di Monte Gentile e Castelarcione ( 2) . Giovanni Antonio morì nel 1464 lasciando solo una figlia di nome Maria, moglie di Diofebo di Everso dell'Anguillara. Rinaldo era già morto il 13 luglio del 1450. Erede di questa famiglia dei Conti di Tagliacozzo fu Paola sorella di Gianantonio e di Rinaldo, la quale portò l'eredità a suo marito Carlo della discendenza degli Orsini di Monterotondo . GIOVANNI + 1390 Giacomo 1431 Giovanni Antonio +1464 1 Rinaldo +1450 Paola sp. Carlo Orsini della linea di Monterotondo Maria sp. Diofebo dell'Anguillara § 5. - Discendenza di Fortebraccio Orsini. Il secondo fratello di Napoleone, che abbiam detto essere stato lo stipite dei Tagliacozzo, era Fortebraccio . Dai documenti, che ora riferiremo intorno ai suoi discendenti non risulta che essi portassero un titolo particolare di signoria. Ebbero, è vero, il possesso di Vicovaro, ma questo sembra essere stato un possedimento comune a tutti gli Orsini provenuti da Napoleone di Gian Gaetano. Nel 1248 Fortebraccio si sposò con Golizia figlia di Mattia del fu Annibaldi e sorella di quel Riccardo Annibaldi, che nel 1281 a Viterbo fece o lasciò assalire i cardinali raccolti in conclave. Ai 26 gennaio di quell'anno Giacomo diede a Mattia ipoteca sui suoi beni « pro Golitia filia sua futura uxore Fortebracci filii mei » (3) . (1) GREGOROVIUS, VII, 14. (2) Mie note dall'Arch. Vaticano. (3) Arch. Orsini, II, A, II, 30. 174 F. SAVIO Ai 4 maggio del 1275 si ha una sentenza arbitrale pronunziata da Pietro di Giovanni di Cinzio tra Giacomo di Napoleone coi suoi figli Napoleone, Fortebraccio e Francesco da una parte e Matteo Orso coi suoi figli Orso e Giacomo dall'altra . Dalla sentenza apparisce che il card . Francesco aveva fatto un compromesso coi suoi fratelli riservandosi l'usufrutto di certi possessi , e specialmente Licenza . Giacomo ebbe Castel S. Angelo (ora Castel Madama), Licenza e Civitella col patto che « faciat dictus dnus Jacobus quod dna Helena uxor sua et dna Francesca uxor dni Nepoleonis cum consensu et auctoritate dni Nicolai Comitis patris eius et dna Golitia uxor dicti dni Fortebracchie et dna Filippa uxor Francisci, nurus ipsius dni Jacobi . . . . consentiant » . Lo stesso deve fare Matteo Orso, che Ursus et Jacobus et Johanna filii sui reuncient ad ogni pretesa e non muovono difficoltà occasione dotis dne Oddoline quondam matris eorum e che Poncellus et Thebalduccius filii sui et olim dicte uxoris sue statim quod pervenient ad etatem XIIII annorum daranno il loro consenso, e che dna Terrapnana uxor sua et dna Francisca nurus eius et uxor dni Ursi filii sui anch'esse consentano. Si decide che Matteo Orso « habeat et pro sua parte teneat castrum Burdelle, castrum Cantalupi et Villam de Opico et reliquam partem terrarum Ampollonii a parte montium versus Sanctam Siloulam et Roccam de Silice (1). ... Nel 1278, marzo 8, Matteo Orso ed i tre fratelli Napoleone, Fortebraccio e Francesco figli del fu Giacomo di Napoleone concedono un'enfiteusi con atto del notaio Giustino di Giustino ( 2) . Il 7 novembre del 1290 Nicolò IV concedette a Riccardo « nato nobilis viri Fortibrachiae Jacobi Nepoleonis de f. Ursi » e ad « Egidie nate nobilis viri Nepoleonis Angeli Malabranche Cancellarii Urbis » dispensa per matrimonio (3) . Nel 1294, gennaio 17, Fortebraccio di Giac. di Napoleone compra dei beni in Tivoli (4) . Nel 1304 il card . Francesco Orsini, fra le altre sue disposi- (1 ) Arch. Orsini, II , A, II , 4. (2) Ib. , 10. (3) Ib. , 32. (4) Ib. , 33. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 175 zioni testamentarie, lasciò erede Fortebraccio, e fece un legato domine Perne vidue filie dicti dni Fortibrachie (1) . Nel 1307, maggio 1 , gli abitanti di Ampiglione costituiscono un procuratore per far la pace con quei di Castel S. Angelo (ora Castel Madama) e si dice nell' atto che Castel S. Angelo appartiene a Fortebraccio (2). Nel 1314 Fortebraccio era già morto, poichè in un atto di quell'anno il conte Alberico di Cunio dichiara d'aver ricevuto dal procuratore dni Rizzardi quondam dni Fortibraci de f. Ursi de Urbe pro domina Johana eius nepte et filia quond. nobilis viri Jacobi de Freiapanis desponsata . . . . et coniuge futura Alberichi fili dicti domini Comitis Albrici una somma di denaro, la cui specificazione nella carta non è più leggibile (3) . Nel 1316, novembre 16, Riccardo di Fortebraccio era senatore, e come tale cedette un censo dovuto al Comune di Roma dal Comune di Tivoli (4) . Nel 1317, in gennaio, Riccardo, insieme con suo fratello Poncello, comprò delle case nel rione Regola per 100 fiorini d'oro (5) . Nel 1320 Riccardo e Giovanna moglie del fu Alberghetto figlio del conte Alberico di Cunio istituiscono un procuratore per ricevere da costui la dote della suddetta Giovanna (6) . Nel 1321 , agosto 1, Giovanni XXII concede a Paolo ed a Francesca figli di Poncello di Fortebraccio di poter sposare chi sia loro parente in 4° grado di consanguinità ( 7) . Per la concessione di Ampiglione e Bovatano fatta a varî Orsini ed a Riccardo, vedi sopra. Nel dì 22 luglio del 1321 il re Roberto di Napoli, aderendo alle preghiere del popolo romano, proroga ai due suoi vicarii nel senatorato, Annibaldo degli Annibaldi e Riccardo di Fortebraccio, la durata della loro carica (8) . ( (1) Arch. Orsini, II, A, III, 8. (2) lb. , n. 12. (3) Ib. , n. 19. (4) Ib. , 21 . (5) Ib. , 27. Altre case comprarono ancora nello stesso mese, ivi 31 e 32. (6) Ib. , n. 41. (7) Ib. , n. 43. (8) Ib. , n. 45. 176 F. SAVIO Nel 1322 , aprile 8, Perna figlia di Fortebraccio uxor quondam magnif. viri Jacobi dni Gregori Frajapan. ex dnis Castri Cisterne fa testamento. Lascia eredi le sue figlie dnam Johannam et dnam Sophiam ; lega tre fiorini d'oro Ecclesie Sanctorum Quadraginta martyrum de Urbe de Colliseo . Lascia « Bello filio Riccarduccii Petri de Annibaldis nepoti suo centum florenos auri » ; a Margherita sua sorella moglie dni Johannis Cinthii de Parrione 10 fiorini d'oro . Lascia esecutori del suo testamento « Reverendum virum fratrem Matheum epum Crusinum et dnm Riccardum dni Fortebrachie fratres carnales suos, quibus ambobus reliquit L libras, quas eidem testatrici dare tenebantur ex testamento quond. patris eorum » ( 1 ) . Delle sposalizie contratte nel 1323 tra Francesca di Poncello Orsini ed Orso figlio di Andrea di Campodifiore abbiam detto sopra . Un'altra memoria del suddetto Poncello di Fortebraccio si trova nel 1327, gennaio 11 , in un atto, col quale un certo Nicola di Giov. Burdone di Tivoli gli loca l'opera sua come somarerius per un anno, contro il compenso di 16 libre di buoni provisini, e vestito, mantello, vestiario per la famiglia e cibo e bevanda come si usa ai conduttori di bestie ( 2) . Nel 1332, aprile 29, Riccardo di Fortebraccio comprò dei beni in Tivoli (3) . Nel 1352, nov . 5, Buzio di Romano di Bonaventura promette di sposare Margherita del fu Poncello di Fortebraccio e dichiara di aver ricevuto da Golizia madre di Margherita vedova di Poncello, 300 fiorini d'oro (4) . Questo medesimo Buzio, ai 7 marzo del 1356, fece testamento, col quale lasciò ai suoi figli Cerveteri, Giuliano, Sasso, Castello a mare e Torricella ( 5) . Il 1° settembre del 1356 , Mabilia figlia del fu Giovanni Savelli e vedova di Paolo Orsini fa testamento e lascia eredi dei suoi beni in Castel S. Angelo (Castel Madama), di cui era signora, le sue figlie Golena moglie di Laino Orsini e Perna monaca in Panisperna (1) Arch. Orsini, loc. cit . , n (2) Ib. , n. 58. (3) Ib. , II, A, IV, n. 7. (4) Ib. , n. 14. (5) Ib. , n. 25. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 177 fa pure un legato per l'anima di Alena sua figlia defunta. Dichiara. inoltre di volere quod testamenta et ultime voluntates quond. dni Riccardi, dni Fortibracci, dne Egidie uxoris eius et Paoli olim ciri mei statim post mortem meam esecutioni mandentur (1). Dai documenti fin qui recati resulterebbe che la discendenza di Fortebraccio alla terza generazione si spense con donne, poichè dei tre figli maschi che ebbe , Matteo si rese frate francescano e fu vescovo prima di Imola poi di Chiusi (2) , Poncello ebbe solo Paolo il quale non lasciò dietro a sè che figlie , e Riccardo non apparisce aver avuto famiglia. Secondo i suddetti documenti l'albero di questo ramo sarebbe il seguente : Riccardo 1316, 1320, 1321 vic. regio, 1335 senatore gia 1 1356 sp. Egidia Paolo già 1356 nel 1346 sp. Mabilia Savelli del fa Giovanni viva 1356 Golena FORTEBRACCIO vivo 1307 già 1314 sp . Golizia figlia di Mattia Annibaldi Poncello vivo 1329 già 1352 sp. Golizia viva nel 1352 Francesca nel 1323 sp. Orso di Andrea Orsini di Campoditiore Perna Matteo francescano vesc. di Imola 1302-1317 vesc. di Chiusi 1317-1322 Margherita sp. Bucio di Romano di Bonaventura nel 1352 Margherita viva 1322 sp . Giovanni di Cinzio di Parione Perna nel 1304 già vedova di Giacomo di Gregorio Frangipani Giovanna nel 1314 testa 1322 sp. Alberghetti f. di Alberico conte di Cunio già vedova nel 1320 viva nel 1322 Sofia viva nel 1322 § 6. - Gli Orsini di Licenza. Francesco, terzo figlio di Giacomo di Napoleone, fu lo stipite dei signori di Licenza. Egli cadde ucciso nel 1290 in una fazione. dei Romani contro i Viterbesi . Dai documenti addotti dal Pinzi, ricavasi che sua madre chiamavasi Alena o Elena, e che al momento della sua morte era vedovo coi seguenti figli : Orsello, Leonello, Giannuccio, Perina, Carizia, Agnesuccia e Filippuccia. I (1) Arch. Orsini, loc. cit . , n. 22. (2) Iscrizione sepolcrale a Ripagrande nella chiesa di S. Francesco riportata dalI'UGHELLI, III , 640. Ivi l'UGHELLI dice rettamente ch' era fratello di Napoleone, ma al nome di Napoleone aggiunge erroneamente cardinale. 12 178 F. SAVIO feudi da lui posseduti erano la quarta parte del castello di Vicovaro, il castello di Saccomuro ed il castello di Licenza (1 ) , più certe case in Roma. Di queste abbiamo parlato sopra (2). Pei castelli di Licenza e di Saccomuro vedasi l'atto del 1288 riferito sopra (3) e per altri atti riguardanti i figli di Francesco, ivi pagine 168 e 169, come pure certi atti del 1316 riguardanti particolarmente Giovanni (4) . Nel 1298, maggio 9, « Nobilis vir Ursus natus olim dni Francisci dni Jacobi Nepoleonis de f. Ursi obbliga Nobili viro dno Petro Stephani Raynerii pro se et recipienti vice et nomine nobilis mulieris domine Francisce filie quond. nobilis viri dni Bonaventure de Cardinali uxoris dicti Ursi . . . . tertiam et integram partem suam castri superioris Vicovarii » (5). Nel 1307, marzo 25, Orso di Francesco pronunzia sentenza arbitrale tra gli uomini del castello di Saracinesco appartenente a Giovanni vescovo di Tuscolo e gli uomini del castello di S. Polo che appartiene al monastero di S. Paolo di Roma (6) . Giovanni del fu Francesco concede gli statuti a Saccomuro nel 1311 , settembre 26 (7) . Tralasciando altri atti che lo riguardano, e che già abbiamo citati , noteremo ancora una dichiarazione fatta nel 1330, agosto 9, da Giovanni Boccamazza arbitro intorno ad una vendita fatta da Giovanni di Francesco in Saccomuro ( 8) . Egli era già morto nel 1362, ed ebbe un figlio omonimo come vedesi dall'atto del 1362, agosto 2, che citiamo infra (9). Quest'ultimo, a nome di sua moglie Bucia figlia del fu Nucciarello de Pontibus, nel dì 15 gennaio del 1365 vendette ai fratelli Rinaldo e Giovanni Orsini di Tagliacozzo metà del castello di Pireto in Abbruzzo per 3300 fio rini d'oro (10) . (1) Storia di Viterbo, II , 457. (2) Pag. 166. (3) Ib . , (4) Pag. 170. (5) Arch. Orsini, II, A, II , 49. (6) Ib. , II , A, III, 11 . (7) Ib. , 4. (8) II, A, IV, 1 . (9) Pag. 183. (10) Arch. Orsini, II, A, V, 55. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 179 Quanto ad Orsello sappiamo che ebbe un figlio di nome Giacomo, il quale nel 1316 era canonico di Cambrai ( 1 ) ; ma ignoriamo se avesse altri figli. Leonello, secondogenito di Francesco di Giacomo, fu ecclesiastico e già era morto il dì 6 giugno del 1304, perchè in questo giorno Bonifacio VIII diede ad un cappellano del cardinale. Francesco Orsini l'arcidiaconato di Besançon vacante per la morte del suddetto Leone di Francesco (2) . FRANCESCO + 1290 sp. Filippa viva nel 1275 già morta nel 1290 Orso Leone Giovanni 1316, 1318 ecclesiastico sposa già 1304 Francesca Giacomo canonico di Cambrai nel 1316 nel 1360 era minore di 25 anni ; rel 1311 ha Licenza e Saccomuro, vive 1330 giá 1 1362 sp. Giacoma Giovanni nel 1365 è detto Giovanni di Licenza, sp. Bucia de' Ponti viva nel 1365 Perina 1290 Carizia 1290 1290 Agnese Filippa 1290 $ 7. ―― Gli Orsini di Campodifiore. Lo scrittore della lettera da noi riportata si sottoscrive Giovanni di Lello Orsini . Un Lello Orsini, Lellus de filiis Ursi, intervenne il dì 10 maggio del 1357 come testimonio ad una convenzione tra il Comune di Teramo e Covello Gallo di Napoli, capitano di Teramo (3) . Di più , dice il Litta che il Boccaccio in una sua novella fa menzione di un Lello di Campodifiore (4). Per scoprire la famiglia dei due suddetti Orsini ci è d'uopo (1) Registres de Bonif. VIII. (2) Ib. (3) SAVINI, Il Comune Teramano nella sua vita intima e pubblica. Roma, Forzani, 1895, pag. 530. Ivi è riferito tutto l'accordo . (4) Decamerone, giornata 5ª, nov. 2.a 180 F. SAVIO comporre l'albero genealogico del ramo degli Orsini, che si chiamò. di Campodifiore. Lo stipite primo di questo ramo fu Matteo Orso, che fece testamento nel 1379 e morì poco dopo . Egli ebbe per figli Orso, Giacomo, Napoleone o Poncello, Tebaldo e Giovanni . Due di costoro, Giacomo e Napoleone, appariscono essere stati ecclesiastici . Giacomo nel 1295 era tesoriere di Salamanca, nel 1304 era arcidiacono di Sens e gli vennero date da Bonifacio VIII due dispense ( 1 ) . Nel 1306 , ai 6 marzo, nominò un suo procuratore per trattare certi interessi coi Comuni di Orvieto e di Orbetello ; e si intitola arcidiacono di Sens e cappellano pontificio ( 2) . Napoleone o Poncello nel 1275 non aveva ancora 14 anni di età. Nel 1304 era arcidiacono di Maiorca ( 3 ) . Nel 1320 era notaio del Papa (4) . Degli altri due figli di Matteo Orso, cioè Tebaldo e Giovanni, non sappiamo se ebbero figli maschi ; sappiamo solamente che ebbero delle figlie . Tebaldo ne ebbe due, le quali nel 1304 erano ancora nubili . Una di esse chiamavasi Francesca, e nel 1311 ottenne da Clemente V dispensa per sposare un suo parente . Giovanni ebbe tre figlie, anch'esse nubili nel 1304. Nel 1290 gli Orsini , provenuti da Napoleone di Gian Gaetano, per mezzo dei suoi figli Giacomo e Matteo Orso, e capi di famiglia (cioè toltine gli ecclesiastici e le donne) erano sei, tre figli di Giacomo e tre di Matteo Orso. Quindi è che alla morte di Francesco, uno dei figli di Giacomo, si trova ch'egli possedeva sextam partem domorum positarum in Campo de Flore, cui ab uno latere est Thever, ab alio Ecclesia S. Marie Cripte Pinte, ab altero est Platea Campi de Flore ; sextam partem trium partium domorum Turris Pretondate et domorum de Campanariis in Arenula, Sancto Angelo et in aliis locis (5) . Donde si conferma che nella divisione fatta nella prima metà del secolo XIII tra Matteo Rosso e Napoleone, figli di Gian Gaetano, al secondo (1) Registres de Bonif. , VIII. (2) FUMI, Cod. diplom. , pag. 404 (nota 54) . (3) Les registres de Bon. VIII. (1) Infra pag. seguente. (5) PINZI, Storia di Viterbo, II, 457. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 181 erano toccate le case poste presso il teatro di Pompeo e Campodifiore , come già ho arguito altrove da un testo di Saba Malaspina e da altri documenti . Dai possedimenti che avevano a Campodifiore, i discendenti di Napoleone di Gian Gaetano e specialmente quelli derivati da Matteo Orso suo secondogenito si denominarono Orsini di Campodifiore . Così è nominato Tebaldo, figlio di costui, in occasione della lotta che arse a Roma tra i partigiani di Enrico VII di Lussemburgo, ed i suoi nemici, tra i quali era Tebaldo (1 ) . Così altri di questa famiglia nei documenti che ci avverrà di citare. Orso, primogenito di Matteo Orso, fu podestà di Rimini nel 1290 (2) , podestà di Corneto nel 1300 (3) . Egli era già morto nel 1304, allorchè dopo il marzo di quell'anno, il card . Francesco fece il suo testamento, nel quale lasciò un legato fratri Matheo filio quond. dni Ursi dni Mathei, ordinis praedicatorum (4) . Questi fu in seguito vescovo di Girgenti, nel 1327, poi arcivescovo di Siponto, ed infine cardinale del titolo dei SS. Giov. e Paolo . Mori nel 1340. Un altro figlio di Orso fu Andrea, che nel 1321 fu eletto capitano generale a Roma ( 5) . Nel 1327 fu podestà di Narni (6) . Nel 1337 fu deputato da Benedetto XII al governo di Roma ( 7) . Nel 1346 era signore di Vetralla . Nel 1320, aprile 12, « Nobiles mulieres dña Francisca dni Francisci dni Ursi de f. Ursi et dna Goutosa uxor Poncelli fratris dicti dñi Francisci concedono ed accettano la vendita facta nobilibus viris dño Riccardo Fortüibrachis de f. Ursi et Poncello eius fratri per nobilem virum dim Andream dni Ursi per se et vice et nomine dni Neapoleonis dni pp. notarii et dnrum Jacobi et Johannis fratrum ipsorum, e Giovanni Ainaldi notaio procurat, dñi Francisci et Poncelli fratris ipsius, vendita di un corso d'acqua ( 8) , che anima il molino (1) RAINALDI, ad an. 1312, n. XXIII. (2) Storia di Rimini. (3) CALISSE, I Prefetti di Vico, in Archivio Storico Romano, vol. X, 54. (4) Arch. Orsini. (5) VITALE, 226. (6) PFLUGK-HARTTUNG , op. cit. (7) Cod. vat. 8014a del Galletti sui Conti Tuscolani, pag. 69. (8) Arch. Orsini, II, A, III , 38. 182 F. SAVIO di Riccardo e di Poncello . Credo le parole fratrum ipsorum che si trovano nella pergamena contengano forse uno sbaglio, e che ivi si tratti di tre dei figli di Matteo Orso, cioè Napoleone, Giacomo e Giovanni. Tebaldo, altro figlio di Matteo Orso, che qui non è nominato, era ancor vivo, perchè al 1 ° agosto del 1321 papa Giovanni XXII scrisse a Riccardo di Fortebraccio vicario in Roma per re Roberto, come pure a Napoleone fratello di lui, a Tebaldo di Matteo ed agli eredi del fu Orso, rinnovando loro l'investitura dei castelli d'Ampiglione e di Bovatano, dipendenti da Subiaco (1 ). Nel 1323, novembre 11 , per atto del notaio Stefano Maffaroni, in domo diorum Riccardi et Poncelli dni Fortibrachie fratrum, presentibus Jacobo Catellini, Paulo Maffaroni « Nobilis vir dnus Andreas dni Ursi de Campo Flor. cum consensu dne Mabilie uxoris sue .... pro se et Urso filio suo obligavit et pignus posuit Poncello dni Fortibrachie de f. Ursi presenti et recipienti pro se et nomine et vice dne Francisce filie sue honeste puelle et uxoris future in Dei nomine dicti Ursi filii sui videlicet sextam partem medictatis castri Vicobarii, medietatem tertie partis castrorum Cantalupi, Burdelle, Ampollon. , Ville de Obaco, Belmontis et omnium bonorum et accasamentorum ipsorum, quos habent in regione Arenule et SS. Laurentii et Damasi, filii dicti domini Ursi » . Il medesimo Andrea dichiara d'aver ricevuto da Poncello novem centinaria florenorum boni et puri auri et recti ponderis (2). In occasione della venuta e della partenza da questa città di Ludovico il Bovaro, il Papa , addì 7 marzo 1328 scrisse a vari Romani, lodandoli della loro fedeltà, e tra essi ai seguenti : Bertholdo quondam Poncelli Matthei ( della linea di Monterotondo), Jacobo Napoleonis (di Tagliacozzo) , Ricardo Fortisbrachii (di Vicovaro) , Andree de f. U. de Campo Flor. Eodem die nobil. viris Francisco militi et Poncello germanis de f. Ursi de Campo Florum (3) . (1) Arch. Orsini, loc. cit. 43 . ( 2) Ib. , II , A, III , 51 . (3) Vatikanischen Akten in der Zeit Ludwigs des Bayern, pag. 363. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 183 Nel 1329, marzo 13, in Ampollone « Nobiles et potentes viri dñi Franciscus de S. Alberto, a nome suo e di una sua chiesa o prebenda, Angelus et Iohannes de S. Alberto filii quond. dùi Laurentii (Giovanni non ha ancora 25 anni) vendono magnifico viro dño Francisco dni Ursi de f. Ursi de Campo floris un tenimento in Ciciliano per 40 fiorini d'oro ( 1 ) . Nel 1346, agosto 21 , Orso e Giovanni figli del fu Napoleone e Nicola figlio del fu Matteo di Napoleone ( della linea di Castel S. Angelo) vendettero ad Andrea di Campodifiore il tenimento di Ponte Veneno ( 2) . Il 12 giugno del 1348 Andrea del fu Orso fece il suo testamento in Arpacasa in domibus ipsius dni Andree » col quale lasciò eredi Ursum, dum Benedictum, dñm Poncellum et Latinum et dñm Simonettam filios suos 1 matrimonii et Vanotiam filiam suami matrimonii, et ventrem Ocilende uxoris sue si pregnans esset »> (3) . Simonetta era moglie di un Colonna. Vannozza sposò di poi Ludovico del fu Manfredi dei Prefetti che diede ipoteca sui suoi beni per la dote della sposa il 20 luglio del 1349 (4) . Per questo matrimonio Clemente VI aveva già dato dispensa dai gradi di parentela fin dal 1345, settembre 30 (5) . Quanto a Francesco, fratello di Andrea, dai documenti apprendiamo ch'egli ebbe per figli Giacomo, Matteuccio e Giovanni . Tutti e tre sono nominati nell'atto del 1359, agosto 16, che abbiamo nominato sopra (6) . Ivi Giovanni figura come già morto. Di Giacomo sappiamo di più che fece testamento nel 1363 (7) . Poncello ebbe certamente un figlio di nome Giovanni, soprannominato schiavo . Nel 1362, agosto 2, nel castello di Licenza « Iohannes quondam dni Johannis f. Ursi ( della linea di Licenza) rimette magnifico viro Latino dñi Andree vice et nomine magnifici viri Johannis Poncelli dicti Sclavi de f. Ursi fratris coniuncte persone dicti Johannis et suorum successorum tutti i diritti ( 1) Arch. Orsini, loc. cit. , 63. (2) Ib. , II, A, IV, 4. (3) Ib., 7. (4) Ib. , 9. (5) CALISSE in Archivio Storico Romano, X, 71 . (6) Vedi § 4. (7) GREGOROVIUS, V, 508. 184 F. SAVIO . che ha sulla somma dei 47 fiorini residui dei cento, a cui dictus Johannes una cum Mathutio dñi Francisci de f. Ursi tenetur (1) . Giovanni era ancora vivo il 1364, ottobre 3, allorchè con atto scritto in Belmonte nominò un procuratore per certi suoi diritti in Ampiglione ( 2) . Di Matteuccio o Mattuzio già abbiam recate varie memorie. Tra i documenti che riguardano questo ramo degli Orsini notiamo ancora l'atto dell'anno 1360, col quale Orso di Andrea cede a suo fratello Latino i diritti che aveva verso il Doge e popolo di Genova, ai quali avea dovuto pagare 1000 fiorini d'oro per riscatto d'essere stato preso prigioniero : ma poi aveva convenuto con loro che gli pagassero un tanto per tutte le merci, che conducevano a Roma ( 3) . Nella Chiesa della Minerva trovansi le seguenti iscrizioni riferite dal Forcella : HIC REQUEscit d. DE URSINIS CAMPI FLORIS QUI OBIIT ANO D. MCCC. I SEPTEBRIS CUIUS ANIMA REQUIESCAT IN PACE (4) Costui dev'essere un qualche nipote abiatico di Matteo Orso : HIC REQUIESCIT DNA JOHA MAG.CI VIRI DNI FRAN CISCI DNI URSI DE FILIIS URSI DE CAMPO FLORE ET FILIA ANGELI SATI ALBERTI CUIUS ANIMA REQUIE SCAT IN PACE. AMEN. ANNO DNI MCCCXXXVII. (5) Ivi è ancora la seguente : VEN. MEM. FF. LATINI ET MATTHEI URSINORUM ORD. PRED. S. R. E. CARDINALIUM. Il card . Latino è il celebre Latino Malabranca nipote di Niccolò III , l'altro è il figlio di Orso di Campodifiore. (1) Arch. Orsini, II, A, V, 45. (2) Ib. , 53. (3) Ib. , n. 34. (4) Vol. I, n. 1556. (5) Ib. , 1560. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 185 Presentiamo ora nel seguente albero la serie di tutta la discendenza degli Orsini di Campodifiore, cominciando da Orso figlio di Matteo Orso : Matteo domenicano -1340 Vescovo di Girgenti arciv. di Sagunto cardinale a) Orso vivo 1363 già 1369 sp. a) nel 1323 Francesca f. di Poncello Orsini di Vicovaro b) Orsina Andrea testa 1348 già + 1356 sp. a) Mabilia viva 1323 b) Ocilenda che fa testam. 1356 a) Benedetto 1348 ORSO vivo 1300 già 1304 . sp. Francesca Francesco 1338 già 1345 sp. a) Francesca viva 1320 b) Giovanna + 1337 f. di Angelo Giacomo 1359 testa 1363 a) Poncello 1369 can. di S. Pietro 1378-94 cardinale di S. Clemente di S. Alberto Matteuccio Giovanni vivo 1364 già † 1359 a) Latino a) Simonetta 1362, 1372 già † 1394 sp. un Colonna b) Vanozia sp. Lodovico Poncello sposa Gottosa dei Prefetti col quale vive nel 1356 Angelo o Lello vivo 1357 Gio- vanni detto già 1363 Schiavo 1364 Giovanni vivo 1390 § 8. - Lello e Giovanni Orsini. Veniamo ora a cercare donde provenissero Giovanni scrittore della lettera e Lello suo padre. Quanto a quest'ultimo , supponendolo identico insieme con Lello di Campodifiore del Boccaccio avrebbe torto il Litta a farlo derivare da Francesco figlio di Giacomo. Il nome di Orsini di Campodifiore venne dato unicamente ai discendenti di Matteo Rosso fratello secondogenito di Giacomo, perciò tra essi devesi ricercare il nostro Lello . Nell'albero genealogico da me or ora composto sulla scorta dei documenti ho messo dubitativamente Lello e Giovanni, perchè non ho trovato alcun documento che mi desse il modo di collocarli con sicurezza al loro posto. 186 F. SAVIO Premetto che il nome Lello è certamente un'abbreviazione ; quantunque non sia così facile determinare il nome primitivo che fu abbreviato . Potrebbe essere abbreviazione di Paolo, di Angelo, di Niccolò o Nicola o di qualunque altro nome terminante in lo o la. Potrebbe essere altresì abbreviazione di un nome già accorciato. Così per es . da Ceccolo, nome abbreviato da Cecco o Francesco si potrebbe fare Ceccolello. Tuttavia sembra che, almeno nell'uso comune, Lello non fosse abbreviazione di Cecco o Ceccolo, perchè in un documento del 1347 si trovano due fratelli uno dei quali è chiamato Cecco e l'altro Lello . Se Lello volesse significare Francesco si avrebbero qui due fratelli a cui sarebbe stato dato il nome del medesimo Santo, il che non sembra probabile . Inclino quindi a credere che nel caso nostro Lello possa essere un'abbreviazione di Angelo, ed in questa preferenza due argomenti mi confermano, fino a miglior prova contraria . V'è un documento del 1363, gennaio 29, col quale i monaci cisterciesi di S. Maria della Vittoria stabiliscono certi suffragi per l'anima del defunto Angeluccio di Poncello ( 1 ) . Qui non si dice di qual Poncello si tratti, e potrebbe trattarsi tanto di Poncello figlio di Fortebraccio dei signori di Vicovaro, quanto di Poncello fratello di Andrea di Campodifiore . Il Lello del quale parla il Boccaccio è detto Lello di Campodifiore e che questi era signore di un castello dalla parte di Tivoli e capo di casa. Al tempo in cui egli suppone avvenuto il fatto cioè poco anteriormente al 1348, non sembra improbabile che Angelo del suddetto documento fosse figlio di Poncello di Campodifiore e fratello primogenito di Giovanni sopranominato lo Schiavo. Da questo Angelo o Lello sarebbe venuto il Giovanni Orsini che scrisse nel 1390 al Comune di Orvieto la lettera che abbiamo riferita . $ 9. --- Aggiunte varie. Sopra, alla fine del § 5 , ho detto che Paola, ultima del ramo primitivo di Tagliacozzo, portò l'eredità ed il titolo a Carlo Orsini della linea di Monterotondo. (1) Arch. Orsini, II , A, V, 49. RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 187 Questi fu lo stipite dei duchi di Bracciano ed era secondogenito di Francesco, stipite dei duchi di Gravina . Ebbe ancora due fratelli , cioè Orsino e Giordano. Giordano fu arcivescovo di Napoli nel 1400, indi cardinale nel 1405. A Francesco, Carlo ed Orsino, il dì 1º settembre del 1419, Martino V conferì il vicariato di Bracciano (1 ) . Che Francesco appartenesse alla linea di Monterotondo si deduce dal fatto , ch'egli ebbe in feudo Torri e Selci, già appartenuti a quel ramo. Era figlio di Giovanni vivente nel 1392 e 1402 (2) , poichè in una carta Poncello (fratello del suddetto Giovanni) è detto zio del cardinal Giordano (3) . Francesco, oltre Torri e Selci, ebbe ancora Scandriglia, Nerola, Ponticelli, Montemaggiore e Montelibretti. Nel 1435 Eugenio IV gli concedette di mettere una nuova gabella o pedagio sopra uno dei suddetti castelli, gli perdonò 80 fiorini, che doveva pagare pei castelli di Torri e di Selci e lo costituì Prefetto di Roma (4) . Come dice Lodrisio Crivelli nella vita dello Sforza (5 ) , Ser Gianni Caracciolo diè in isposa a Francesco Orsini la vedova di Peretto d'Ivrea colla dote di Canosa, Diliceto e S. Agata. Peretto d'Ivrea fu celebre capitano di ventura ed ebbe il titolo di conte di Troia. Il Tenivelli, che ne parla, accenna all'opinione, secondo la quale egli sarebbe morto in Roma, mentre altri lo dicono morto in Napoli nel 1416 ( 6 ) . Il Litta lo dice morto nel 1417 (7) . Certo non protrasse la vita oltre quest'anno 1416, poichè in esso la regina Giovanna dispose della contea di Troia in favore dello Sforza (8) . Il suddetto Tenivelli cita alcuni scrittori che vollero legare a Peretto d'Ivrea la famiglia genovese dei marchesi Invrea, la quale, secondo altri, sarebbe derivata dalla famiglia antica epo- (1) GREGOROVIUS, VII, 14. (2) Bollettino della Società Umbra di Storia Patria, vol. II, pag. 106. (3) Archivio Storico Romano, X, 252. Ivi il nome del cardinale fu erroneamente stampato Giovanni in luogo di Giordano. (4) Mie note dall'Archivio Vaticano. (5) R. I. S. , XIX, 691. (6) Biografia Piemontese, decade terza. Torino, 1787, pag. 106. (7) Idem, ibidem. ( 8) MURATORI, Ann. d'Ital. , ad ann. 188 F. SAVIO rediese dei Soleri (1 ) . Ora da un documento, citato dal Pardi (2) , in data del 25 luglio 1423, rilevasi che Peretto era della famiglia De Andreis, famiglia anch'essa antica d'Ivrea, della quale dice il Casalis, che un ramo della medesima si stabilì in Sicilia ( 3) . La moglie di Peretto chiamavasi Margarita ed alla morte di suo marito fu tutrice di suo figlio Pietropaolo, finchè, morta essa pure, la regina Giovanna II costitui tutore Francesco Orsini, indi, essendosene questi scusato, suo fratello Carlo . Nel suddetto documento si rende conto dell'amministrazione . A compimento del mio articolo sugli Orsini di Soriano e Castel S. Angelo che pubblicai nel Bollettino della Società Storica Umbra, anno I , pag. 535, do qui in appendice il loro albero genealogico. Nel 1535 signori di Castel S. Pietro, Gallese, Corchiano e Turritato erano i fratelli Antonio, Francesco detto Cecco, ed Ilario. F. SAVIO. (1) SORAGLIA, Memorie Storiche sulla Chiesa d'Ivrea. Ivrea, Tomatis, 1881 , pag. 20. (2) Bollettino della Società Umbra di Storia Patria, anno I , fasc. 3º , pag. 588. (3) Dizionario storico-geografico degli Stati Sardi, VIII, 661 . RINALDO ORSINI DI TAGLIACOZZO 189 . Orsini di Soriano e Castel S. Angelo. ORSO vivo 1303 febbraio 23 rettore del Patrimonio di S. Pietro signore di Soriano e Castel S. Angelo Napoleone Bertoldo Costanza (o Poncello) testa 1335 dic . 5 1303 can. di S. Pietro 1316 testa ed è priore contessa dell' An- di S. Niccolò di Bari guillara sposa Sciarra Colonna Pietro 1330 vic. a Roma per re Roberto 1332 siniscalco regio in Piemonte tra 1333 e 1331 8. p. vivo 1336 già 1337 sp. Agnese di Monferrato Orso tra 9 luglio 1366 e sett. 1369. Nel 1356 fa omaggio al Papa per Soriano, Atti- gliano, Chia e Cerqueta Simeotto nel 1375 Matteo signore di sig. di Orte Mugnano nel 1345 Giffrido Ulisse nel 1393 , fatto morire fu signore da MartinoV di Castel S. Pietro nel 1424 Matteo sp . Agnese dell'Anguillara 1322-25 arciv. di Napoli Giovanni Francesco tra 1354 1337 e 1363 1349 Matteo 1324 vicario a Roma Bertoldo 1337 +1345 Troilo 1369 Eleno già 1374 altri improle 1401 figli Cola 1401 Giovanni vivo 1401 già + nel 1423 1423 canonico s. p. diS. Antonio di Vienne 1338 senatore Cola +1349 Violante nel 1336 sp. Benedetto Bonconte di Orvieto Paola +1372 dopo il 1362 sp. Pandolfo Malatesta di Rimini Bertoldo 1401 1429 signore di Foglia Ulisse nel 1502 Gerolamo sig. di Mugnano sp. Ludovica Cottanello e 1,2 di Monte Casoli sp. Bernardina di Alviano Giov. Corrado nel 1502 signore di Bomarzo, Chia e 1/2 di Monte Casoli vivo 1507 forse 1535 Pietro Angelo testa 1476 signore di Foglia Troilo già 1486 Pier Francesco 191 INVENTARI E REGESTI I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA (Continuazione del Codice 10 segnato - Vedi Volume II, pag. 131-146). XXX. 1257, Ottobre 10 , nella casa del sig. Bernardo << Benencase » Priore. Emptio Comunis Perusii de turri Case Castalde et domorum et certarum petiarum terre, c. 85 t. ― Guido « domini Munaldi Supolini » emancipato dal padre suo, per sè e suoi eredi, per lo stesso suo padre e per il suo fratello Uguccionello vende « jure proprio in perpetuum et per alodium » a Tagliabove « Bendefende »» sindaco e procuratore del C. di P. una torre posta nel Castello di Casacastalda ( 1 ) , due case con (1) « Castello situato in un alto , o , come scrive Leone Alberti, in aspro monte.... sul confine del territorio di P. dalla parte di levante » . V. BELFORTI - MARIOTTI, Me- morie dei Castelli Perugini. Per quanto riguarda la storia di detto castello dalle pergamene che conservansi nell'Archivio Decemvirale del C. di P. togliamo le seguenti notizie : • In nomine Christi amen. A nativitate Domini sunt anni M CC XVII tempore Honorij PP. [ III ] , XIIIa die intrante mensis Novembris .... Nos quidem . . . . Rainerius et Petrus de Serra . . . . vendimus, tradimus et concedimus vobis domino Suppolino et domino Rainaldo de Serra vestrisque heredibus in perpetuum idem omne quod habemus in toto castro Casacastalde eiusque curte et in hominibus et omne quod habemus in plebe Casacastalde et in hominibus plebis, etc. ..... Benevenias Petri not. Bovicellus judex et not. (Contratti AA, n. 6) . - Il 27 ottobre 1222 « Donnus Moricus plebanus plebis Casacastalde » pronunzia un lodo a comporre una vertenza fra il Vescovo di Nocera e Suppolino ed i suoi figli , nobili di Casacastalda << Petebat namque dominus Episcopus plebem Casacastalde cum hominibus et possessionibus ipsorum pacifice et quiete possidere . . . . . Ex adverso namque dicebant predicti nobiles viri quedam usuaria debere precipere tam in 192 ANSIDEI E GIANNANTONI piazze presso la stessa torre ed altre case e terreni posti in dette pertinenze. Vende altresì due appezzamenti di terra vineata « infra ripas seu fossata . Confines unius ab uno via et ab alio fossatum et ab alio res olim Cotenatij ubi sunt site domus ; confines alterius ab uno via et ab alio res olim dicti Cotenatij et ab alio Burgus Castri » . La cessione comprende anche varie altre terre e case in gran parte situate nelle stesse pertinenze . Guido consegna inoltre unitamente alle terre « suos homines et manentes » (1) . Di questi uomini è fatta cessione « cum omnibus et singulis eorum et uniuscuiusque ipsorum feudis et homagijs et tenimentis » . Si cede in ultimo tutto ciò che esso Guido o altri per lui possiede in Casacastalda a ripis intus salvis manualibus (2) et proprietatibus aliis quas ipse habet extra ripas ipsius castri ». Il prezzo di vendita è stabilito in 1050 libbre « bonorum denariorum minutorum in bonis florenis puri et legalis argenti floreno quolibet pro XII denariis minutis computato » , e la penale da pagarsi dal venditore che obbliga tutti i suoi beni è di 500 marche di argento. Il sig. Monaldo « quondam domini Bonifatii de Coppolis » (3) e il signor Avultrone « Uguitionis Guidonis Jannis » prendono parte al contratto come fideiussori solidali dei venditori e si sottomettono in caso di inosservanza alla stessa pena di 500 marche . Test. ― I sigg . Ranuccio « de Agello » , Filippo e Bonavenipsa plebe quam in hominibus - . Tiverius not. ' Bovicellus judex et not. (Contratti AA, n. 7). Inoltre da una Bolla di Papa Alessandro IV data da Viterbo il 10 decembre 1257 e diretta << dilectis filiis Potestati Consilio et Communi Perusino » si rileva che pendendo una controversia circa il castello de Casagastaldo » fra il Priore e il Con vento del Monastero di S. Maria di Valfabbrica da una parte e Monaldo di Suppolino dall'altra, questi aveva venduto « post litem contestatam » al C. di P. il detto castello. Con la citata Bolla il Pontetice proibisce al C. di pagare il relativo prezzo « antequam huiusmodi quaestio finaliter sopiatur » . ( Bolle e Brevi A, n. 13) . ( 1 ) MANENTES, « inquilini, coloni ; sed proprie MANENTES Sunt qui in solo alieno manent, in villis, quibus nec liberis suis invito domino licet recedere ». DUCANGE, Glossarium. - (2) MANUALIA, « pecora seu animalia mansueta, quae, ut loquitur Varro » , lib. II de re rust. , cap. 7, « ad manus accedere consueverunt ». -DUCANGE, op. cit. (3) È probabile che questo Monaldo Coppoli sia figlio di quel Bonifacio, di cui è fatto ricordo nel doc. n. II (V. Bollettino, a. I, fasc. 1º, pag. 141 ) . I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 193 tura « Alberti » Giudici, Bonagura « Berardutij » Giovanni « Clavelli , Giovanni « Adelasie » e Maffeo <« Pasquarelli » . Brocardo not . (1 ) . XXXI. - 1258, Maggio 2. P., nel palazzo del C. Castri de Portulis submissio, c. 89 r. Niccoluccio « domini Andree de Portolis » sottomette e consegna a Gallo « Hirinbello » da Milano, Capitano del popolo di P. (2) tutto il Castello « de Portulis » e il suo distretto ponendolo sotto la giurisdizione e protezione del C. medesimo (3). a Sono ricordate anche le famiglie comprese nell'atto di cessione, e segue questo elenco di nomi dei capi delle famiglie stesse: Lorenzo Erculani » , Angelo « Lorentij » , Bonafede « Bernardi » , Giovanni Cangij » , Curengolo « « Johannis » , Giovannello « Jontoli , Bernardo « Salvoli » , Benvenuto « Bernardoli » , Giovanni Simeonis » , Angelo Luterij , Vita « Luterij » , Vinciolo « Beneveniatis » , « Conpangolo de Gallato » e Marco « Atri » . « Il Sindaco promette a Niccoluccio di restituirgli la giurisdizione e il distretto del castello (salva la permuta di terre fatta fra le parti contraenti) « expleta guerra inter Perusinos et Eugubinos » (4) ; con questi i primi non avrebbero mai fatto pace in modo da non mantenere sotto la loro protezione il detto castello . Ciascuna delle parti contraenti si obbliga dal canto suo all'osservanza dei patti « sub pena mille marcharum argenti » . Test. -- I sigg. Orlando « Guidonis Bovis »> Potestà di (1) V. Sommissioni A c. 117 r. ẹ Contratti AA, n. 41. (2) V. MARIOTTI, Catalogo dei Potestà ecc. , pag. 210, ove è ricordato « D. Gallus Orimbellus de Mediolano ». (3) << Castello sul confine del territorio perugino, prossimo a quello di Gubbio e precisamente vicino a Pietra Melina » . V. BELFORTI-MARIOTTI, Mem. cit. É però a notarsi che il BELFORTI non deve avere avuto notizia di questo nostro documento ; se gli fosse stato noto non avrebbe riferito come cosa dubbia quanto invece il PELLINI giustamente afferma in ordine alla sommissione del Castello avvenuta nel 1258 (PELLINI , p. I , pag. 266) . (4) Cfr. per notizie intorno a questa guerra il BARTOLI, St. di P. , pag. 470, ed il PELLINI, op. cit. , p. I, pag. 264. 13 194 ANSIDEI E GIANNANTONI P. ( 1 ) , Jacopo Giudice del detto Potestà, Pietro « Portunario » e Dilio notaro, il signor Talascio « domini Ugolini » , Oderisio Bartholomei Rainaldi Coppoli » , Libriotto « Bonaventure » , Uguccione « Jacobi »> giudice, Giacomino « Bonajunte Menazati > « ed altri. Niccola Rustici » not. (2) . XXXII. - Com- 1258, Maggio 2. - P. nel palazzo del C. — mutatio facta de terreno existenti juxta Portulas, c. 90 r. Niccoluccio olim domini Andree de Portolis » permuta « in perpetuum et per alodium » con il C. di P. rappresentato dal Capitano del popolo Gallo « Horinbello » alcune terre presso il suo castello, delle quali sono ricordati i confini . Le terre cedute da Niccoluccio sono precisamente « in pertinentiis de Portolis infra fines infrascriptos, silicet sicud mictit via sive strata que venit de Eugubio et mictit ante castrum de Portólis per viam que vadit ad Murlum et mictit in Resenam et ab alio Resena et ab alio termini sive difinitiones que sunt inter eum et castrum Castilionis Aldrovandi et mictit in Resenam, salvis et reservatis dicto Nicolutio castro de Portolis a fossis intus et burgo dicti castri et domo de aiali ubi est dicta domus et salvo jure pasagij dicti castri ipsi Nicolutio ». Delle terre date in cambio dal C. di P. i confini non sono notati, affermandosi solo che Niccoluccio fa detta permuta « pro illis terris de Comune Perusij positis in colle quas ipse dominus Capitaneus et antiani populi perusini assignaverunt eidem Nicolutio ». Niccoluccio si obbliga alla rifazione di tutti i danni e al pagamento di 1000 libbre « denariorum » in caso di inosservanza del contratto . Test. Il sig. Talascio « domini Ugolini » , Oderisio « Bartholomei » , Jacopino « Bonajunte » , il sig. Orlando « Guidonis Bo- ( 1 ) V. MARIOTTI, op. cit. , dove a pag. 210 è ricordato come Potestà « Orlandus alias Odoardus de Guidabuibus alias de Guidisciolibus de Parma ». (2) V. Sommissioni A, c. 75 r. , C, c. 37 r. e Contratti AA, n. 43. I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 195 vis » Potestà di P., il sig. Jacopo giudice del Potestà e Pietro • Portunario » not . dello stesso Potestà . Niccola Rustici not. (1 ) . 1258, Maggio 27. P. « in domo domini Capi- XXXIII. tanei que fuit olim Angelocti » . pennini, c. 93 t . Submissio Rocche ApRanaldo « domini Gilij Gualterij de Rocha Apinini » per sè e per il suo fratello Bonifazio, e Zonolo « domini Ranerij Perij per sè e suoi eredi, sottomettono a Gallo « Horinbello >»< capitano del popolo e sindaco del C. di P. la Rocca di Appennino cum suis pertinentiis et districtu ». « Il sindaco di P. alla sua volta promette anche a nome e con l'intervento di Guidalotto giudice, di Giacomino « Bonajunte », Gianni Nicole » , Rigone « Tagliabovis » , Bevignate « Philippi » e Bongiovanni « Peri· Bonizi » anziani del C. di P. di tenere il detto castello sub protectione et defensione comunis Perusij » e di proteggerlo dalle ingiurie di chicchesia . Se i detti Ranaldo e Zonolo e loro eredi dovessero risentir danni da alcuna guerra combattuta nell' interesse del C. di P. questo si impegna ad indennizzarli « ita quod ipsi et eorum familie commode et concedenter vivere valeant » . Il C. di P. si obbliga a conchiudere gli stessi patti con quei consorti di Zonolo e Ranaldo che avessero voluto fare una simile sottomissione. I detti Zonolo e Ranaldo promettono la piena osservanza dei patti « sub pena mille marcharum argenti » . Test. - I sigg . Guido Marchese « de monte Megiano >>> (2) (1) V. Contratti AA, n. 42. (2) Nel Codice < Atti del Consiglio Maggiore » dal 1259 al 1416 sotto la data del 20 marzo 1260 è ricordato questo Guido : « Congregato consillio speciali et toto altero consillio majori civitatis Perusij . . . . . dominus Thomaxius de Gorzano Perusinorum Potestas proposuit et consilium requisivit auditis hiis que dicta fuerunt per dominum GUIDONEM MARCHIONEM DE MONTE MIZANO qualiter banniti Communis Aretij et alij eius inimici intraverunt et per vim ceperunt castrum Montis S. Marie, quid placet eis et qualiter volunt in ipso negotio esse procedendum »>. 196 ANSIDEI E GIANNANTONI Ugolino Conte « de Cocorano » (1 ) e Benvenuto « Bonjohannis Tedeske » e Giliuccio domini Benvenuti » , Zonolo « domini Ugolini Boncontis » e Strufuccio ( 2) . XXXIV. 1258, Settembre 28. << In domo predicta » . Consensus suprascripti instrumenti, c. 94 r. Bonifazio, fratello « dicti Rainaldi domini Gilij » si obbliga di fronte al capitano Gallo sopra ricordato di osservare tutti i patti stabiliti nell'atto precedente e a sua volta il Sindaco di P. assume verso di lui gli stessi impegni che avea preso di fronte a Ranaldo. Aderisce poi Zaccaria « domini Petri consors dicte Roche che per sè e per suo fratello Corrado accetta la sottomissione fatta da Ranaldo e Bonifazio e conchiude col Sindaco gli stessi patti. - Test. I sigg. Stefano « Spaglagrani de Podio Manentis » , Jacopo de Calli » Giudice, « Benvenisse notario » , Uguccione « Jacobi » , Bongiovanni Bernardi » , Rigone « Crescij » cione Donoli e Capruccio « Baregiani Niccola XXXV. - » « Rustici » not. ( 3) . - Uguc1258, Luglio 6. P. nel Palazzo del C. Submissio Podij Manentis, c. 95 r. Il signor Stefano domini Spagliagrani de Podio Manentis » (4) per sè e a nome anche di suo fratello signor Rainaldo sottomette e consegna a Gallo « Horimbello » Capitano del popolo (1) Lo stesso Ugolino pochi giorni innanzi (7 maggio) aveva sottomesso al C. di P. i Castelli di Coccorano, della Piscina, di Petroja, Colle alto e S. Stefano degli Arcelli. (V. Sommissioni C, c. 33 r. , PELLINI, op. cit . , p. I, pag. 264, e BELFORTI-MARIOTTI, Mem. cit. (2) V. Sommissioni A, c. 76 t . e C, c. 34 t .; Contratti AA, n. 44, e BARTOLI, Op. cit., pag. 476. (3) V. Sommissioni A, c. 77 r. e C, c. 35 r. e la pergamena già citata (Contratti AA, n. 44). (4) « Castello detto ancora il Poggio de' Signorelli, come si nota nella carta Coronelliana, ora diruto, il quale restava nella Teverina tra Ponte Nuovo e Rosciano ». V. BELFORTI - MARIOTTI, Mem. cit. , nelle quali però i ricordi più antichi su Poggio Manente risalgono al 1377. I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 197 e Sindaco del C. di P. la sua parte del castello di Poggio Manente e quella di suo fratello alle solite condizioni ; fra queste condizioni sono degne di nota quella per la quale P. si obbliga a difendere il detto castello specialmente dagli Eugubini, coi quali P. era in guerra, l'altra che, finita la guerra, P. avrebbe restituito questa parte del castello, conservandola però sempre sotto la sua protezione, ed infine la terza che agli Eugubini non sarebbesi mai permesso di occupare queste terre. - e Angelo « Bonajunte » , Tagliabovis » , il sig. Gilio Test. I signori Jacopo « Preitis » Bongiovanni Peri Bonizi » , Rigone. domini Simonis », Benvenuto « Nicole » « domini Johannis Petrulij » . Niccola Rustici » not . (1 ) . XXXVI. — - « e il sig. Gualfredo 1259, maggio 28. P. nel Palazzo del C. Sindicatus Comunis Perusij ad recipiendum Comune Callij, c. 110 t. Il Consiglio speciale e maggiore della città di P. insieme a Rainaldo da Brunforte » Potestà (2) crea ed elegge Angelo « Bonajunte sindaco e procuratore del C. di P. a ricevere quello di Cagli ed il suo distretto sotto la protezione di P. , a stipulare i patti relativi e a prometter la pena di 1000 marche d'argento in caso d'inosservanza dei patti medesimi, nonchè a vincolare alla stessa osservanza i beni del C. di P. Lo stesso sindaco è autorizzato ad accettare le reciproche obbligazioni da parte del C. di Cagli. - Test. I sigg . Armandino e Guidalotto giudici, Armando « Supolini » , Jacopo Coppoli » , Oderisio priore del popolo ( 3) , Paolo (( « domini Octinelli »> giudice ed altri . Bonagiunta de Sancto Angelo » not. (4) . ( 1 ) V. Sommissioni A, c. 74 t. e C, c. 34 r. (2) V. MARIOTTI, Catalogo ecc. , pag. 211 . (3) Questo Oderisio è della famiglia dei Coppoli (V. Codice A delle Sommissioni , cc. 73 e 74) , e non è « Udonsius » come leggesi nel ricordato Catalogo del Mariotti. (1) V. Sommis. A, c. 108 r. e Contratti AA, n. 52. A c. 23 r. del Codice « Sommis. C. » si ha il « sindicatus Comunis Callij ad se 198 ANSIDEI E GIANNANTONI XXXVII. 1259, maggio 28. P. nel Palazzo del C.- - - Capitula et pacta cum Comuni Callij, c. 111 r. I Sindaci del C. di P. e di quello di Cagli a nome delle respettive città si obbligano all'osservanza dei seguenti patti : 1. Il Sindaco del C. di P. dichiara di ricevere sotto la protezione del C. stesso Cagli con il suo distretto e con la sua giurisdizione assumendo l'obbligo di difendere questa città contro ognuno eccetto che contro il Papa e l'Imperatore, i loro nunzi e alleati e contro il C. di Castello . 2. Promette che nella città di P. o nel suo contado o vescovato non sarà fatto obbligo agli uomini di Cagli e del suo distretto di pagare « pedagium, vidam, maltolettam » ; 3. Fa quietanza al Sindaco di Cagli di tutto ciò che questo C. doveva a P. per tutto il tempo passato « occasione quatuor marcharum argenti » (1) ; 4. Dichiara nulli tutti gli altri capitoli contenuti nell'atto di sommissione del 30 maggio 1219 ; 5. Il C. di Cagli a sua volta farà pace e guerra « ad preceptum et voluntatem potestatis et capitanei comunis Perusii » eccetto che contro il C. di Urbino, nonchè contro il Papa, l'Imperatore e i loro nunzî e fautori et [ contra] quemlibet dominatorem provintiam aliquam in totum vel in partem de jure vel de facto " ; 6. In quanto al pagamento delle imposte e alla difesa delle persone e dei beni sono stabilite convenzioni di perfetta reciprocanza. 7. Per l'ajuto dei Cagliesi ai Perugini contro gli Eugubini e nel territorio di Nocera « a montibus Apenini versus marsubmictendum Comuni Perusij » . Cfr. pure PELLINI, op. cit. , p. I, pag. 266, BARTOLI, op. cit. , pag. 486 e documento XVI ( Bollettino, a. II, fasc . I , pag. 133) . Ci sembra opportuno il ricordare che il BARTOLI accennando a questa sottomissione afferma che « P. si mosse alla guerra contro a Gubbio anco per sostenere e tutelare il C. di Cagli ». (1) Si allude al tributo che nella Sommissione del 30 maggio 1219 ( Doc. XVI) Cagli si era obbligata a pagare a P. in ogni anno per la festa di S. Ercolano. I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 199 cham » , e per l'invio di milizie al di fuori di questi confini sono rinnovati i patti della sottomissione del 1219; 8. Ogni anno per la festa di S. Ercolano Cagli manderà un pallio « et faciet ipsum deferri in asta a porta infra civitatem Perusi usque ad Ecclesiam sancti Herculani » , nella quale sarà fatta consegna del pallio ai magistrati Perugini ; 9. Finalmente il Sindaco di Cagli promette che il Consiglio, il C. e tutti gli uomini di quella città e distretto maggiori dei 14 anni giureranno la perpetua osservanza di tutti i patti , di cui sopra, a pena di mille marche di puro argento. Test. Maestro Niccola Nicole » not.. , Rigo not. , Rainaldo « Raspulij » not. , Matteo «< Phiniguerre » not. , i sigg. Bartolomeo Bononsenia », e Tagliabove « Bendefendi » , Raniero Gentilis Stopazoli » ed altri. «< Bonagiunta << de Sancto Angelo » not. (1 ) . XXXVIII. - 1259, Giugno 19. In P. nel Palazzo del C. Sindicatus Comunis Perusij ad compromictendum cum comuni Eugubij, c. 10 r. Nel Consiglio speciale e generale « centum vocatorum per portam, rectorum artium et baylitorum sotietatis civitatis perusine il Potestà Ranaldo « de Brunforte », il Capitano del popolo Stefano de Leccacorvis » (2) , il Priore delle arti Oderisio « de Coppolis » e tutti gli altri « in eodem consilio consistentes » eleggono Guidalotto giudice presente ed accettante a sindaco e procuratore del C. di P. per dare a Città di Castello amplissimo mandato di comporre qualunque controversia che fosse sorta o potesse sorgere fra P. e Gubbio « occasione guerre inter dictas civitates ". Test. - I sigg. Filippo, e Armandino giudici del C. di P. e del Potestà, i sigg. Gentile, Bonagiunta e Matteo not. del Potestà, (1) V. Codice A, c. 108 t. e Contratti AA, n. 51 . (2) V. MARIOTTI , Catalogo ecc. , pag. 211. Ivi è ricordato, traendo la notizia da questo stesso documento, il « Capitaneus Stephanus Levacorvi » e si soggiunge che altrove, cioè nel libro di Sommissione A, fol . 71 , è chiamato Stephanus de Lecca- corvis . Però il nome appunto questo anche nel presente documento. « 200 ANSIDEI E GIANNANTONI i sigg. Ermanno domini Suppolini » ( 1 ), Senso domini Tancredi Gluctie Gualfreduccio domini Jacobi cavalieri, il sig. Bonaparte giudice, Lucardo not . ed altri . Bonagura not. * Piero «< Bonifatij not. ( 2) . XXXIX. — 1259, Giugno 19. » Gubbio, Palazzo del C. - Sindicatus Comunis Eugubij ad compromictendum cum Comuni Perusij, c. 11 r. « Congregato consilio generali et speciali Comunis et populi civitatis Eugubij , capitaneorum artium et consulum mercatorum », essendo Potestà « Grimaldo de Pirino » , il Capitano del popolo « dominus Ugolinus de Sexo et universum consilium » eleggono « Tiverium domini Ugonis » Sindaco per dare a Città di Castello lo stesso mandato affidatole dai perugini . - Test. I sigg. Benincasa « Bentevogli », Bonsignore « judex populi » , Cotenato Pauli » , Acerbo Salinguerre » , Oddone « Leonardi »>, Pietruccio Bonacursi » ed altri . «< « Іасоро « Actonis » not. * Pietro « Bonifatij » not. ( 3) . XL. - 1259, Giugno 21 . - Città di Castello, Chiesa di S. Florido. Sindicatus Comunis Castelli ad acceptandum, et ad recipiendum compromissum inter Comune Perusij et Comune Eugubij, c. 12 r. Il Potestà e il Capitano del popolo di Città di Castello « Bolgarutius domini Ranerij Bulgarelli (4) e « dominus Blancus Peri Tudini » ambedue di P. « congregato consilio speciali et generali consulum artium et eorum consiliariorum », nominano Sindaco e procuratore Tiberium quondam domini Ranaldi de Valcellis » ad accettare per parte di Città di Castello dai due Sindaci di P. (1 ) Della famiglia Ermanni o Della Staffa. (2) V. questo stesso Codice c. 51 r, Codice C, c. 42 r. e Contratti n. 9 Appendice. (3) V. in questo medesimo codice c. 52 t. (1) Cfr. doc. XXV, dove è ricordato un Bolgaruccio di Bernardino di Bulgarello. I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 201 e Gubbio il mandato di comporre tutte le liti e questioni già vertenti o che potessero sorgere fra le stesse due città, nonchè fra i loro privati cittadini « specialiter occasione guerre et discordie olim habite inter predictas civitates Perusij et Eugubij et earum. sequaces et que nunc est » . Test. ― I sigg. Ugolino e Albergetto giudici, Bonagrazia e Gilio, notari, Orlandino e Uguccione cavalieri del Potestà Bulgaruccio, il sig. Ugo giudice del Capitano del popolo ed altri . Longavita not. " Piero « Bonifatij » not. (1 ) . XLI. -- 1259, giugno 21. Nel contado di P. , nella chiesa del Monastero di S. Maria di Val di Ponte. Compromissum inter Comune Perusij et Comune Eugubij, c. 12 t. I sindaci di P. e di Gubbio, dei quali risulta la nomina dagli atti che precedono, conferiscono all'arbitro nominato da Città di Castello, come al documento XL, amplissime facoltà di comporre de omnibus et super omnibus litibus, guerris, controversiis, questionibus, discordiis et disceptationibus vertentibus, extantibus et que verti possent de quibuscumque rebus et de omnibus offensis, injuriis et danpnis datis et rebus ablatis inter Comune civitatis. Perusij et Comune civitatis Eugubij ..... occasione guerre inter dictas civitates Perusij et Eugubij habite et vertentis ». P. e Gubbio si obbligano a pagare in caso di inosservanza di ciò che l'arbitro crederà di stabilire la pena di 10000 marche di puro argento. Test. D. Ercolano abate del Monastero di S. Maria di Val di Ponte, D. Maffeo camerlengo, D. Averardo monaco dello stesso Monastero » ei sigg. « Falacasa e Andrea giudici eugubini », Ugo Mathey, » , giudice perugino, Ugo « Ranaldi » di Col d'albero, Giovanni « Donati » , Concio « Calendoli » , Fiorenzuccio « Plantanelli , Contuccio « domini Cancellerij », « Carlevare not. » , Uguccione domini Tiberij , Barocolo « domini Ranerij » , Donato domini Ugolini, Ugolino « Bonalbergi » e vari altri. « <« Longavita not. * Piero Bonifatij »> not. (2) . (1) V. lo stesso Cod. a c. 53 t. Cod. A, c. 93 t . e Cod. C , c. 43 r. (2) V. questo stesso Cod. c. 54 t. , Cod. A, c. 91 t. e Cod. C, c . 44 r. 202 ANSIDEI E GIANNANTONI XLII. 1259, Giugno 27. Presso la porta del Castello di Fossato. Castri Fossati consignatio apud Comune Castelli depositarij inter Comune Perusij et Comune Eugubij pro observando laudum ferendum, c. 14 t . « Tiberius Ugonis » Sindaco di Gubbio consegna al Sindaco di Città di Castello, affidandogliene le chiavi , il borgo, il cassaro, le torri di Fossato ( 1 ) . Tale consegna è fatta « pro securitate pacis et laudi servandi » . «< Test. - I sigg », . Giovanni « Donati », Concio Calendoli Maragazino baylitor » , Donato « domini Ugolini Donati » , Berizolo e Giovanni ambasiatores » , Cambio «< Bonaiuncte ", Martino domini Bonaiuncte », Bonagura « Roberti » , Giovanni «< Ranutij », Giovanni « Bernardi >», Accurrolo «< Ranutij » , Paolino Rizalsolvi », Bevegnate « Johannis »> , Buccarello « Actoli » , Bentevoglio « Adiutoli » e il sig. Paolo « Collaltoli » . Longavita not . " Piero « Bonifatij » not. (2). XLIII. 1259, Luglio 14. - Città di Castello , Chiesa di S. Florido. Laudum latum inter Comune Perusij et Comune Eugubij, c. 15 r. Tiberius domini Rainaldi de Valcellis » Sindaco di Città di Castello dichiara di aver ricevuto le petizioni avanzate dai due Sindaci di P. e di Gubbio, e queste petizioni sono riportate nel documento. PETITIO PERUSINORUM. - Guidalotto Sindaco del C. di P. propone che sieno contro Gubbio decise dall'arbitro le questioni (1 ) Per la vendita di questo castello fatta al C. di Gubbio dai Conti di Marsciano il 17 marzo 1251 , V. il nostro Bollettino, vol . II, pag. 141. Nelle Memorie dei castelli perugini BELFORTI- MARIOTTI richiamate pure nella nota 2a al documento XXV leggesi ancora: « I gubbini divennero padroni di Fossato posto sulla via Flaminia tra Gualdo e Sigillo venduto loro per 4000 libbre di denari da Raniero e Bernardino Bulgarelli Conti di Marsciano, con sommo dispiacere dei perugini, i quali mal volentieri rimiravano . . . . l'ingrandimento del territorio di Gubbio ; nè mai quietaronsi sinché non se lo videro tornato nelle loro mani e nel distretto del loro territorio, come è tuttora » . (2) V. nello stesso Cod. a c. 56 t . altra copia, ove manca la firma del notaio autenticante Piero « Bonifatij ». I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 203 seguenti senza alcuna dilazione che potrebbe « trahere periculum et odium generale » : 1. Si lamenta della occupazione e detenzione da parte degli Eugubini del Castello di Fossato ; 2.º Gli Eugubini medesimi contro i patti stabiliti fra le due hedifficaverunt et hedifficatum detinuerunt et habent castrum Castilionis Aldebrandi »> (1) ; città, 3. Mentre il Contado di Gubbio spettante per diritto alla Chiesa Romana era stato ceduto al C. di P. per un tempo determinato dal Papa « de consilio fratrum suorum » insieme ai redditi e proventi del contado stesso, il C. di Gubbio malgrado le premure fatte dal Papa e la scomunica continuò a tenere e tiene occupata la maggior parte di questo contado negando di renderla , ciò che ha dato occasione alla guerra ( 2) : le ostilità hanno avuto per con- (1) In rapporto alla violazione dei patti qui lamentata dai Perugini si ha nelle stesse Sommissioni (Cod . A, c. 114 r. e Cod. C, c. 67 r. ) un Breve del Pontefice Innocenzo IV diretto da Lione al Cardinale Legato P. « sancti Georgij ad velum aureum » in data 9 febbraio 1251. «….... Dilectorum filiorum Potestatis et Consilij et Comunis perusini nobis et sedi apostolice devotorum precibus benignius annuentes discreptioni tue ... mandamus, quatenus castrum Castilionis Ildebrandi quod Eugubinos contra conventionem habitam et firmatam inter ipsos et eosdem Eugubinos asserunt construxisse, sicud irrationabiliter noscitur esse constructum, facias, ut res poposcerit, de- moliri. * ..... - Il Cardinale Legato , a cui è diretto il Breve, è Pietro Capocci, cardinal diacono di S. Giorgio in Velabro (V. MORONI, Dizionario di erudizione storico- ecclesiastica, vol. VIII, pag. 61). Detto cardinale è anche ricordato nell'opera ms. di G. BELFORTI, Serie de Legati, Vice- legati e Governatori di P. (tom. I, pagg. 50 e 51 ) ; ivi si legge : [I Perugini] per mezzo di un loro ambasciatore a Lione impetrarono nel tempo stesso da Innocenzo IV tre Brevi, col primo de' quali confermò il bando contro Ranieri Montemelini, col secondo il possesso di Val di Marcola nel Gubbino e col terzo ordinò al Cardinale Pietro Capocci, Legato in Italia, di far sì che dai Gubbini fosse demolito il forte di Castiglione Ildebrando fabbricato contro le convenzioni stabilite coi Perugini ». (2) Nel citato Cod. C ( c . 68 r. ) si ha un Breve di Alessandro IV dato da Viterbo il 27 decembre 1257 diretto ad Uberto « de Cocanato » Cappellano del Papa, con il quale è allo stesso Uberto annunciata la concessione del contado eugubino al C. di P. per 5 anni «< non obstantibus concessione que de comitatu eodem dilectus filius ma- gister Johannes . . . . . rector ducatus spoletani potestati et Comuni eugubino motu fecit proprie voluntatis . . seu quibuscumque licteris vel indulgentiis sedis apostolice quibuscumque personis . ..... concessis » . Altro Breve dello stesso Pontefice leggesi nel Cod. A (c. 114 t . ) col quale si comunica al Rettore della Marca anconetana l'invio a P. del Cappellano Uberto « de Cocanato » con l'incarico di immettere il C. di P. nel possesso del contado e di in- 204 ANSIDEI E GIANNANTONI seguenza che il C. di P. ha risentito molteplici danni e che i conti di Coccorano, Nicoluccio de Portolis » i signori di Poggio Manente ( 1 ) , di Carpiano, di Santa Cristina, di Colcello, Venzolo << domini Abrunamontis » ed altri sono stati pur essi gravemente danneggiati dal C. di Gubbio perchè « mandatum super premissis appostolicum adimplerunt » ; 4. Gli Eugubini hanno riedificato e detengono in offesa agli antichi patti il Castello di Monte del Vescovo e quello di Agnana (2) ; 5. Gli Eugubini si sono per parecchi anni sottratti all'obbligo che per antiche convenzioni avevano di seguire così in pace come in guerra le sorti del C. di P. e di inviare il loro Potestà . al principio del suo ufficio per prestare giuramento di obbedienza al Potestà e al C. di P.; 6.º Gli stessi Eugubini mossero ostilità alla città di Cagli che era sotto la protezione di P. « ad certum annuum comuni Perusij persolvendum » (3 ), assediarono il castello di spettanza dei Cagliesi chiamato « Mons Episcopalis » e lo distrussero facendo prigioniere le famiglie che vi dimoravano e trasportandole nel Colle della Pergola ; Ο 7 II C. di Gubbio avea danneggiato nelle cose e nelle persone quello di Sassoferrato che era tributario del C. di P. ed era da questo protetto e difeso ; 8. Aveva preso e distrutto il castello di Dollio che il C. giungere agli Eugubini « quod comitatum et alia supradicta eidem comuni perusino sine difficultate restituant et ea ipsos pacifice possidere permittant, non obstante concessione de hiis eis facta per dilectum filium Johannem electum Anagninum ducatus spoletani rectorem ». Sono poi degne di speciale menzione le parole seguenti : « Quo circa discreptioni tue per apostolica scripta mandamus quatinus comuni perusino et magistro predictis in hiis assistas presidio oportuno, quotiens fueris requisitus, populum commisse tibi Marchie in eorum auxilium si opus fuerit adducendo » . Il documento porta la data del 23 decembre 1257. (1 ) Per questi tre castelli veggansi le citate Memorie BELFORTI- MARIOTTI, e per la Sommissione a P. dei castelli delle Portule e Poggio Manente, si consultino respettivamente i documenti XXXI e XXXV. (2) Cfr. documento XII « Laudum inter Comune Perusij et Comune Eugubij » . (3) Sin dal 1219 Cagli si sottomise a P. (V. documento XVI) ; tale Sottomissione fu confermata anche nel 1259, come dai documenti XXXVI e XXXVII. I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 205 di P. aveva edificato nel distretto di Sassoferrato e dove erano parecchi nobili perugini ; 9. Aveva occupato e riteneva « castrum Chere, villam Sigilli, villam Sancte Crucis de Culiano, villam Vallis ficuum, villam Collis , villam Sancti Apolenaris, villam Colbasciani , villam Sancti Petri , castello e ville spettanti al C. di Gualdo protetto e difeso da quel di P. ( 1 ) ; 10. Si era impadronito della Rocca di Appennino spettante di pieno diritto al C. di P. ex datione et concessione nobilium eiusdem Roche antiquitus et de novo facta >> e l'aveva munita sergentibus adque rebus » ; 11. Infine mentre si trattava la pace fra P. e Gubbio dai signori Giovanni « Donati » e Concio, nobili inviati come ambasciatori da Città di Castello , gli Eugubini ed i seguaci loro in onta al C. di P. e a quello di Castello avevano, nel giorno stesso. in cui dall' una e dall' altra parte erasi proceduto alla nomina dei Sindaci, fatto una scorreria nel contado di P. nei beni del Monastero di S. Salvatore di Monte Acuto ( 2 ) , derubando quei contadini perugini di grande quantità ed ogni genere di bestiame . A riparazione delle offese ricevute il C. di P. domanda : 1. La restituzione del castello di Fossato con tutti gli abitanti, tutte le terre e tutti gli accessori , coi frutti pendenti, nonchè con quelli percetti da sette anni indietro ; 2. La distruzione del castello di Castiglione Aldobrando e l'obbligazione di Gubbio a non ricostruirlo mai ; 3. La restituzione di tutto il contado concesso dal Papa al C. di P. cum fructibus et proventibus inde perceptis et habitis et qui haberi et percipi potuerint a tempore dicte concessionis citra » ; 4. L'obbligo imposto al C. di Gubbio di rendere ai Conti di Coccorano e agli altri già nominati, che avevano parteggiato per P. i loro uomini e vassalli, che eransi durante la guerra recati ad abitare nella città o nel contado di Gubbio « sive liberta- (1) V. documenti VII, 25 luglio 1208 e XXIII, 1 febbraio 1251 di Gualdo a P.). - (Sottomissioni (2) Per notizie su questa Abbazia de' Monaci camaldolesi , V. BELFORTI-MARIOTTI, op. cit. 206 ANSIDEI E GIANNANTONI tem receperint a Comuni Eugubij sive non, libertate prestita nunc predictis non obstante » ; 5. Il risarcimento ai detti nobili nonchè a tutti i fautori del C. di P. dei danni arrecati loro da Gubbio, e la remissione ai Conti di Coccorano della pena di seicento libbre, che gli Eugubini avevano loro imposta ; 6. Gli stessi Conti di Coccorano recuperino la sesta parte del castello di Glomescio ed essi medesimi nonchè gli altri nobili e fautori del C. di P. riacquistino il libero possesso di tutte le loro proprietà situate nella città e nel contado di Gubbio « ita quod ad nihil pro predictis . . . . . in perpetuum Comuni Eugubij teneantur »>< ; 7. Sia restituito a P. il castello « Vallis Marcole >> tutte le sue pertinenze (1); con 8. Sieno rasi al suolo i castelli di Monte del Vescovo e di Agnana edificati da Gubbio contro le convenzioni stipulate con P.; 9. Sia indennizzato il C. di P. di tutti i danni occasionati dalla guerra e di tutte le spese sostenute per la medesima, spese e danni computati in cento mila marche di argento buono e puro ; 10. Sia ricostruito e reso al C. di Cagli il castello « Montis Episcopalis » ; 11. Gli Eugubini rifacciano a P. tutte le spese e i danni da questa sostenuti « occasione guerre ab eis mote et facte hominibus de Saxoferrato et occasione destructionis ab eis facte de Castro Dollij » ; 12. Rendano al C. di P. Gualdo, « Castrum Ghere » e le ville Sigilli , Sancte Crucis de Culliano, Vallis ficuum, Collis, Sancti Apolenaris, Colbasciani et Sancti Petri » ; « 13. Restituiscano inoltre al C. di P. la Rocca di Appennino. 14. Sia reso dagli Eugubini il bestiame da loro preso nei possedimenti del monastero di S. Salvatore di Monte Acuto ; 15. Il Potestà di Gubbio si rechi nel principio della sua potesteria a P. per giurare « in platea comunis et ad pedem cam- ( 1 ) Fin dal 1236 il Pontefice Gregorio IX imponeva agli Eugubini la restituzione di detto castello ai Perugini o alla Chiesa. - V. Cod . A, c . 161 r. — Inoltre a c. 67 r. dello stesso Codice in data del 26 agosto 1237 sono riportati i patti coi quali Gubbio si obbligava di fronte a P. a distruggere il castello medesimo. I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 207 panilis majoris ecclesie » obbedienza al C. e al Podestà di P. conforme i patti dell'antica pace e concordia ; 16. Da ultimo il Sindaco di P. chiede « specialiter et precipue » che il C. di Gubbio risarcisca i Conti di Coccorano e Niccoluccio de Portulis » del danno arrecato alle case da loro possedute in Gubbio e a tutte le loro masserizie rapite e distrutte durante la guerra che questo C. ebbe con P. PETITIO COMUNIS EUGUBIJ . - Tiberio « domini Ugonis » Sindaco del C. di Gubbio espone dal canto suo quanto appresso : 1. ° II C. di P. fu il primo a muover guerra a quello di Gubbio ; inoltre P. considera come suoi protetti i Conti di Coccorano ( 1 ) e gli altri nobili già menzionati, de' quali detiene i castelli, e ciò è contro i patti interceduti fra le due città , essendo i detti nobili cittadini di Gubbio e sottoposti alla sua giurisdizione : domanda quindi che il C. di P. sia condannato « ad restitutionem possessionis vel quasi ipsorum castrorum et nobilium ; 2. C. di Città di Castello restituisca a Gubbio Castiglione Aldobrando e Fossato . 3. Inoltre per « dominum Munaldum Suppolini » cittadino di Gubbio si presenta al Sindaco di Città di Castello la domanda del pagamento da parte del C. di P. di mille e cinquanta libbre « denariorum minutorum in bonis florenis puri argenti et legalis ad rationem XII denariorum pro floreno » , somma che Tagliabove Bendefende Sindaco e procuratore del C. di P. aveva promesso a Guido figlio del detto Monaldo, come prezzo del castello di Casacastalda venduto al C. di P. dal ricordato Guido. Essendo trascorso il termine del pagamento, Monaldo chiede anche la penale. consistente nel doppio della somma, e la rifazione dei danni. SENTENTIA ET LAUDUM . - Il lodo comincia con le seguenti parole : « Unde in Dei nomine pro bono pacis et vere concordie ex vigore dicti compromissi in me facti pro Comuni et Consilio Castelli a partibus nominatis sub pena decem milium marcharum (1) Dalle Memorie BELFORTI-MARIOTTI risulta che questo castello fin dai tempi più remoti appartenne alla famiglia Bigazzini di Perugia. 208 ANSIDEI E GIANNANTONI argenti in eodem compromisso apposita et contenta sic inter dominom Guidaloctum syndicum comunis Perusij et ipsom comune ex una parte et dictom Dominom Tiberium domini Ugonis syndicum comunis Eugubii et ipsom Comune ex parte altera laudo, arbitror, precipio et amicabiliter diffiniendo et arbitrando pronuntio, videlicet quod inter dictas civitates et homines ipsarum et earum sequaces firma pax et concordia et securitas sit ». Ad ottenere questo intento l'arbitro stabilisce : 1. Il castello di Fossato con tutte le sue pertinenze « et cum juribus et cum condicionibus eiusdem castri » dovrà rimanere al C. di P.; 2. Il forte di Castiglione Ildebrando si dovrà radere al suolo immediatamente a spese del C. di P. e con l'obbligo da parte del C. di Gubbio di non più riedificare nel medesimo luogo alcuna rocca o fortezza ; 3.º I signori di Coccorano e gli altri nobili « quos Comune Perusij sub sua protectione recepit cum tota eorum terra et cum eorum castris et villis » sieno rimessi nella loro primitiva condizione ed il C. di Gubbio restituisca loro « eorum homines et vasallos , cedendo altresì a favore del C. di P. « jura et actiones que et quas ipsom comune habet et habere videtur seu posset adversus eos » ; 4. Tutto il resto del contado eugubino appartenente alla Chiesa Romana rimanga al C. di Gubbio finchè non sia trascorso il tempo della concessione del contado stesso fatta a P. con l'obbligo in questa città di pagare alla Chiesa un' annua corresponsione ; e per i redditi annuali la metà del canone di 200 libbre <« senensium minutorum » dovrà pagarsi da Gubbio al C. di P. e l'altra metà rimarrà a prestarsi alla Chiesa direttamente dal C. stesso di P. In ogni modo, trascorso il termine della concessione di dette terre, gli Eugubini saranno tenuti a restituirle « ut Comune Perusi ex forma privilegij et concessionis predicte ecclesie Romane reddere et restituere tenetur ; O 5. I nobili di Rocca di Appennino Zonolo « domini Ranerij » , Zaccaria « domini Petri e Corradino « domini Petri » i quali furono alleati fedeli de' Perugini , possano liberamente far ritorno alla loro rocca riacquistando tutti i loro diritti e possedimenti ; I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 209 6 Il C. di P. dal canto suo sarà tenuto a dare a Guido e in sua vece a Monaldo di Suppolino suo padre mille e cinquanta libbre denariorum minutorum » entro due anni , somma che P. ha l'obbligo di pagare per l'acquisto di Casacastalda ; 7.° Delle ingiurie ed offese reciprocamente arrecate si ammette la compensazione e se ne fa piena «< finitio, quetatio et remissio ». Il lodo finisce con la dichiarazione che la parte la quale non rispetti completamente i patti nel lodo stesso stabiliti debba pagare alla parte osservante la pena della quale è parola nel compromesso . Il detto lodo fu letto e pubblicato in Città di Castello dall'arbitro Tiberio domini Ranaldi de Valcellis in consilio generali de voluntate, licentia et expressa parabola consilii generalis et specialis consulum artium eorumque consiliariorum in ecclesia sancti Floridi ad sonum tube et voce preconum more solito congregati ». Erano presenti i due Sindaci di P. e di Gubbio e assistevano insieme a molti altri come testimoni Rainaldo di Brunforte Potestà e Oderisio dei Coppoli Priore delle arti della città di P. Longavita not . " Piero « Bonifatij » not . (1) . (Continua). (1) V. c. 25 r. dello stesso Cod. e c. 81 r. del Cod. A, ove è ripetuto il mede . simo atto. Del documento si ha un riassunto anche nella Storia di P. del BARTOLI, il quale ne riporta pure testualmente la fine. 14 211 COMUNICATO Lex perpetua quod Rectores Universitatis studii perusini sint cives originarii huius civitatis. ( Annali decemvirali, 1468, c. 44 t. ). Item cum studium in hac nostra civitate sit de principalibus membris eiusdem et propter ipsum studium maximum semper honoris et comodi susceperit incrementum et civitas ipsa magnificatur et ab anticho usque ad hec tempora per universas mundi partes fuerit et sit nominata, reputata et exaltata, et immo magis ipsum studium et scolarium universitas decoratur et bene gubernatur quanto magis eidem studio et universitati presunt rectores digni boneque extimationis, ideo cupientes ut ad eiusdem rectoratus officium animentur et excitentur scolares studentes bone condictionis et reputationis et ut ex eodem officio ultra alias prerogativas aliquid perpetui muneris et liberalitatis ab eadem civitate consequantur, re ipsa proposita die precedenti inter M. D. P. et matura deliberatione prehabita exhibitisque consiliis et facto et misso partito inter eos ad bussolam et fabas albas et nigras secundum formam statutorum et ordinamentorum comunis Perusij et solempniter obtento per omnes decem mictentes et restituentes eorum fabas albas del sic in bussola eorum nulla nigra in contrarium reperta et hodie inter dictos dominos camerarios numero XL proposita exhibitisque consiliis et facto misso ac posito partito inter eos ad bussolam et fabas albas et nigras secundum formam statutorum et ordinamentorum comunis perusij et solempniter obtento per triginta quinque eorum mictentes et restituentes in bussola eorum fabas albas del sic non obstantibus quinque nigris in contrarium repertis ex omnibus arbitriis, auctoritatibus, potestatibus et bayliis eisdem magnificis dominis Prioribus et Camerariis conjunctim vel divisim per formam quorumcumque statutorum et ordinamentorum Comunis perusij concessis et atributis et omni meliori modo, via, jure et forma quibus magis et melius potuerunt, statuerunt, ordinaverunt et decreverunt hanc legem perpetuo valituram. 212 L. GIANNANTONI Quod quicumque de cetero fuerit ellectus ad dictum rectoratus officium in alma universitate huius nostri incliti et celeberrimi studij perusini ex tunc et eo ipso quod assumpserit caputeum in signum confirmate sue dignitatis administrationisque eiusdem secundum morem actenus consuetum habeatur, reputetur et tractetur pro cive eiusdem civitatis in omnibus et per omnia non solum durante tempore dicti sui officij sed etiam post dictum finitum officium in perpetuum et sua vita durante quod ad honores, dignitates, beneficia, et quecumque alia comoda civibus perusinis convenientia et competentia in omnibus et per omnia ac si de dicta civitate esset oriundus salvo et reservato quo ad offitia cum salarijs civibus perusinis solvi convenientia et etiam quo ad honores et comoda collegij doctorum et notariorum (?) dicte civitatis in quibus non intendimus per hanc legem aliquid innovare statutis , ordinamentis, reformationibus, legibus et aliis quibuscumque in contrarium facientibus non obstantibus. A tutti coloro che hanno a cuore la vita e lo incremento dell'Università di Perugia, in cui si riassume del resto la parte più splendida della storia del nostro paese, riuscirà , io credo, gradita la pubblicazione di questo breve documento, il quale sta se non altro ad attestare quanté assidue ed affettuose cure prodigassero allo Studio i nostri gloriosi antenati anche durante il secolo XV. «< Lungi dal venir meno (così scrive il BINI nelle sue « Memorie istoriche della Università » ) nei petti dei Perugini al sorgere del secolo XV quello zelo ardentissimo che dichiarato avevano eglino per lo passato a promuovere i prosperosi progressi del loro pubblico studio ; sembra che con tanto più di premura e di caldo impegno si studiassero alla sua più lieta conservazione , quanto più ricchi miravano e più ubertosi quei frutti, che in esso vi erano già germogliati » . Quantunque io non osi in modo assoluto garantire che tale documento sia veramente inedito, tuttavia dalle indagini fatte nelle opere dei più noti scrittori che si occuparono di cose attinenti alla storia di Perugia, mi parrebbe che ciò possa ritenersi assai probabile. I BINI (op. cit . ) parla di privilegi, di esenzioni e di grazie concesse anche in questo secolo a professori e a studenti, ma tace di questo beneficio accordato al Rettore . Il Padelletti poi ( « Contributo alla storia dello Studio di Pe- COMUNICATO 213 rugia nei secoli XIV e XV » ) mentre ci dice ad es . (pag. 33) che la nomina e la giurisdizione del supremo ufficiale dell'Università è quello che ci offrono di più interessante i nostri Statut i, ed oltre a ciò che l'AMPLISSIMA POTESTAS del Rettore perugino, al quale e docenti e potestà dovevano prestar giuramento, è sorprendente e molto più ampia di quella che il corrispondente capitolo degli Statuti bolognesi attribuiva a quel Rettore, non fa menzione affatto , fra lanti diritti di cui godeva il Rettore stesso , di quello concernente lo jus civitatis. Notisi inoltre che a pag. 15 della medesima opera ricorda cotesto diritto di cittadinanza concesso tanto ai professori che agli studenti durante il tempo della loro dimora come una consuetudine di tutte le città del medio evo . Senza far menzione dei molti e segnalati privilegi, al godimento dei quali erano ammessi gli studenti, citerò solo due altri passi degli Annali decemvirali, in cui alludesi appunto al diritto di cittadinanza accordato ai lettori dello Studio . convocato et congregato majori consilio civitatis constituerunt, ordinaverunt . . nuntios speciales ad eligendum et conducendum pro comuni perusij probos et famosos doctores . et ad promictendum predictis doctoribus et lectoribus quod ERUNT ET HABEBUNTUR ET TRACTABUNTUR TANQUAM VERI CIVES PERUSINI IN CIVILIBUS ET CRIMINALIBUS ET PRO OMNI GAUDEBUNT BENEFICIO CIVIUM CIVITATIS PERUSIJ. ( Ann. , 1322, c . 106 t . ) . L'identico privilegio è ripetuto negli Annali del 1325 ( c . 110 r. ) ove leggesi : ET AD PROMICTENDUM EISDEM DOTTORIBUS ET CUILIBET EORUM PRO SE ET EORUM FAMILIIS BENEFITIA, PRIVILEGIA CIVIUM PERUSINORUM PRO EO TEMPORE QUO STETERINT IN DICTA CIVITATE, etc. Quantunque, come a prima vista può scorgersi, il diritto di cittadinanza conferito al Rettore sia molto più ampio ed esteso di quello che si soleva dare agl'insegnanti, nondimeno potrebbe, a mio avviso, recare qualche sorpresa il vederlo concesso così tardi, relativamente ; ma tale apparente anomalia si spiega , mi pare, benissimo, considerando che se è vero da un lato che fin dal sec. XIV la nostra Università cominciò ad apparire prospera 214 L. GIANNANTONI e rigogliosa, dall'altro è vero eziandio che l'officio del Rettore, come istituzione vera e propria, assunse una importanza considerevole solo molto più tardi . Fin dalla prima metà del sec . XIV ci è purtroppo ricordato il rector studij perusini, ma le sue funzioni sono ancora limitatissime e non potrebbe affermarsi sul serio che la presenza di questo nuovo officiale contribuisca in qualche maniera a togliere dalle mani dei Magistrati e dei Savj la supremazia per tutte le funzioni relative al governo e alla sorveglianza dello Studio, in ispecie per quanto attiene al più delicato degl'incarichi, a quello cioè della nomina dei lettori. È soltanto in seguito alla compilazione degli Statuti che al Rettore vien conferita quell'amplissima potestas a cui allude il Pa-. delletti ; è soltanto allora che il Rettore acquista una giurisdizione nel vero senso della parola ed un insieme di attribuzioni e di poteri tali da farci credere che in esso si riassuma oramai nonchè la suprema, l'unica autorità . LUIGI GIANNANTONI. 215 ANALECTA UMBRA Il canonico Giuseppe Elisei nella sua Illustrazione storico-critica della Chiesa dei pellegrini, monumento d'arte in Assisi (Assisi , tip . Metastasio , 1896, di pag. 341) , emenda le inesattezze, in che incorsero il Cristofani, il Guardabassi, il Francesconi, ed altri parlando di questo gioiello di arte sacra, a cominciare dalla stessa descrizione dei soggetti rappresentati nelle pitture . Lo studio dell'egregio scrittore porta alle seguenti conclusioni : la porta nel lunettone interno decorata dal Mazzastris reca il verbo eterno fra gli Angioli e da essi adorato, e non il Dio Padre nella parete dell'altare ; la promessa del Salvatore uscita dal Paradiso terrestre, figurata nella rondinella : il promesso riparatore che doveva nascere dalla tribù di Giuda, simboleggiato in un leoncino uscito dalla casa posta in lontananza : segue l'annunziazione della Vergine l'adorazione del bambino Gesù, tutto di Matteo da Gubbio ( 1468) . Le pareti laterali recano miracoli di S. Antonio Abate e di S. Giacomo di Galizia, del Mazzastris. Il vôlto, dipinto forse dallo stesso, con S. Leone III papa, S. Isidoro arcivescovo di Siviglia , S. Agostino e S. Bonaventura. La fronte rappresenta Cristo in gloria, via, verità e vita, attribuita a Matteo ridetto. Il dotto autore al lume della critica ecclesiastica ha ravvisato un'unità di concetti in tutta la decorazione, che sembra molto a proposito. In occasione del Congresso Eucaristico tenuto nello scorso settembre in Orvieto, il Fumi ha pubblicato a cura del Danesi in Roma un libro intitolato : Il Santuario del SS. Corporale nel Duomo di Orvieto, descrizione e illustrazione storica e artistica ( Roma, Danesi editore , 1896, di pag. 117). Diamo il sommario del libro : I. Introduzione storica. 1. Manicheismo in Orvieto : primi eretici . – 2. Agitazione religiosa e politica. 3. Missione del podestà Pietro Parenzo , romano. 4. Il motivo della fede. 5. Punizione degli eretici . 6. Nuovi commovimenti. - 7. L'Inquisizione. 8. La discesa di Corradino di Svevia e nuove repressioni - - 216 . ANALECTA UMBRA della Inquisizione. - 9. Il miracolo di Bolsena. - 10. La fondazione del - Duomo di Orvieto. II. La macchina per il SS. Corporale. 1. La facciata del Duomo e la macchina per il SS. Corporale. 2. Lorenzo Mai3. Il Tabernacolo di S. Savino. 4. DescriIII. La cappella del SS. Cortani e Ugolino di Neri. zione della macchina del SS. Corporale. porale. 1. Costruzione della santa cappella. - -- - 2. Descrizione generale. - 7. Parete sinistra. - 3. Ugolino d' Ilario e la scuola senese. 4. Affreschi della parete destra. 5. Prima crociera. 6. Seconda crociera. 8. Pareti di tribuna : affreschi a cornu evangelii. 9. Affreschi della centrale. 10. A cornu aepistolae, storiette del miracolo. - ― - - -- 11. I restauri. 12. Finestre. 13. Grata di ferro . IV. Il tabernacolo in marmo per il SS. Corporale. 1. Descrizione del tabernacolo. 2. Notizie storiche. 3. Statue, monumenti , iscrizioni ( con 17 fototipie) . - Estratti dal periodico Studi e documenti di storia e diritto, ( an. XVII1896) , il Fumi stesso pubblicò due articoli, l'uno dal titolo : Il Duomo di Orvieto e il simbolismo cristiano (con 4 gr. fototipie), e l'altro : Urbano IV e il sole Eucaristico ( con 2 gr. fototipie) . Sempre per la detta circostanza si è pubblicato in Orvieto (Tip. Tosini) , in 12 fascicoli , un Bollettino Eucaristico adorno di varie incisioni , diretto dallo stesso. Varî articoli interessano anche l'erudizione locale. Del SS. Corporale rifanno la storia in libretti a parte il Moretti, il Prutti e il Cruciani. Il Pardi ha pubblicato una Guida di Orvieto (Tosini, 1896 ) assai ben fatta. Nei mesi di settembre e ottobre si è potuta ammirare in Orvieto una interessante Esposizione di metalli e paramenti sacri , riuscita splendidamente come collezione archeologica artistica. Presidente di essa fu il Presidente di questa nostra R. Deputazione, segretario il socio cav. architetto Zampi Paolo, che ebbe il merito della buona ed estetica distribuzione degli oggetti raccolti in una sala monumentale vastissima e imponente, la sala di Bonifacio VIII nel Soliano. Il prof. Grisar, assai benemerito di questa Esposizione, << nell'Accademia di Archeologia cristiana il 13 dicembre, dopo averne dato un cenno generale e sul fiorire dell'arte medievale in Italia, di cui l'Esposizione offri una splendida testimonianza , ne illustrò diversi oggetti più importanti, mostrandone le fotografie. Così parlò in modo speciale della culla di bronzo con i monogrammi di Cristo appartenente alla collezione del comm. Augusto Castellani in Roma, delle pissidi antiche di avorio , di Bobbio, di Pesaro, delle scatolette di legno per il sacro viatico , di Lugnano, coll'iscrizione del « magister Joani me fecit del secolo XII , della colombina eucari- ANALECTA UMBRA 217 stica di Frassinoro, delle Acquamanilia, da forma di bestie, di Borgo S. Donnino e di Viterbo, e del celebre omophorion di Grottaferrata ; del quale ultimo rivendicò l'età assegnatagli dal Farabulini e da altri scrittori contro l'asserzione opposta di un dotto moderno archeologo. Lo stesso presentò una tavoletta di bronzo con la scena della creazione in rilievo che venne fuori nel mercato antiquario di Roma, ed esposta, per curiosità, in Orvieto. Con criterî interni ed esterni mostrò che essa non appartiene poi all'antichità , nè al medio evo, ma è un falso prodotto dei tipi moderni. Anche Mons. Wilpert parlò delle bellissime riproduzioni in fotografie colorate esposte nella Mostra cristiana , rappresentanti preziosi affreschi dommatici che adornano le stanze del cimitero di Callisto , facendo nuove osservazioni in proposito. Sulla celebre pittura del pesce con il canestro di pani che trovasi nelle così dette cripte di Lucina, osservò che il pesce non sorregge il canestro, come credevasi, ma che sta dietro di esso e non nuota nell'acqua, ma è posato sul terreno tinto in verde. Confermò che nell'interno del canestro è rappresentato un vaso vitreo contenente del vino di colore rosso. Dedusse da ciò che il significato fondamentale eucaristico di quel gruppo rimane lo stesso : ma che deve ritenersi come un ricordo della moltiplicazione dei pani e dei pesci , uno de' più antichi tipi della Eucaristia. Nel Nuovo Bullettino di archeologia cristiana » (dicembre 1896) e nel Römische Quartalschrift » (1896, n. 4) discorre nuovamente della Mostra Orvietana il p. Grisar nell'interesse unicamente dell'Archeologia. Ed anche le Civiltà Cattolica (vol . VIII della s . XVI, pagg. 18 , 463) . Emilio Bertaux nell'Archivio Storico dell'arte la studia sotto l'aspetto artistico e ne illustra specialmente la scuola senese e umbra. La Gazette des Beaux Arts ( XVI, 3° periodo) reca un articolo di A. Pératé su L'Exposition d'arte religieux à Orvieto. Sono specialmente illustrati cimelî di Città di Castello, Orvieto e Gualdo Tadino . Della cattedrale del card. Vescovo della Sabina tratta il Grisar (Civ. Catt. , vol . III del 1896) . Rammenta che distrutta Cures per le scorrerie dei Longobardi alla fine del sec. VI, e Nomentam pure distrutta per le devastazioni de ' Saraceni al volgere del X che erano le antiche sedi vescovili della Sabina, venue affidato alla sede di Forum novum il governo spirituale dell'intera Sabina. Col titolo di Cardinali cominciano ad apparire i vescovi suburbicari della Sabina nel secolo XI. Dell'antico Fornuovo rimane solamente la vetusta chiesa intitolata S. Maria di Vescovio, dalla quale la sede episcopale fu trasferita a Magliano sotto i pontificati di Alessandro VI e di Leone X. Cotesta chiesa 218 ANALECTA UMBRA di Vescovio prende il G. a studiare, fissandone l'origine al secolo XII. Monumenti più antichi essa conserva . Un sarcofago, di cui ricostruisce la iscrizione, già pubblicata monca ed imperfetta, e attribuita da lui al secolo III . Un altro sarcofago, di cui ha molti dubbi , lo Stevenson attribuisce a tempi anche più antichi del secolo III . Frammenti di uu altro sarcofago certamente cristiano e di arte alquanto migliorata trovò , nella collezione del Card. Camuccini di Torri , di provenienza, facilmente , di Vescovio, del III o IV secolo , e una iscrizione romana in onore di Gordiano imperatore, che reca la parola Foronovani, la quale accerta l'esistenza, una volta oppugnata, del municipio di Forum novum in cotesto luogo, e proviene dal monastero che un tempo trovavasi nelle vicinanze di Vescovio. Studiando la cripta, propende ad escluderne l'antichità, e oscilla a crederla fra il secolo IX e il XII . Le pitture anteriori al periodo giottesco meritano di essere scoperte dall ' intonaco che sconciamente le riveste. Termina con una nota (assai favorevole) intorno agli atti delle SS. Perpetua e Felicita pubblicati nei due testi greco e latino da P. Franchi de' Cavalieri (Passio SS. Perpetuae et Felicitatis, Rom, Spithöver ; Freiburg, Herder, 1896. Römische Quartalschrift, V Supplementheft) . - Una conferenza del P. ab. Cozza - Luzi all' « Accademia di Archeologia Cristiana » in Roma del 13 dicembre 1896, ha nuovamente trattato delle antichità scoperte nella chiesa di Argentella in Sabina. Egli però aveva lasciato insoluto ancora il problema della età di alcuni dipinti ivi esistenti che taluno aveva attribuiti al secolo ottavo . Presentò in questa adunanza una bellissima riproduzione di quei dipinti , eseguita con molta perizia dal pittore Monti. Il quadro rappresenta un condottiero di esercito che si avanza e che poi si vede caduto in terra innanzi ad un sacerdote che esce da una chiesa con l'ostia sacra fra le mani. Dal confronto di questo soggetto con altro identico dal Fumi indicato per la prima volta nelle pareti della Cappella del Corporale nel Duomo di Orvieto , ne dedusse che il fatto ivi espresso è quello di San Bernardo quando si fece incontro a Guglielmo d'Aquitania, persecutore scismatico del papa Innocenzo II e dei vescovi cattolici e poi riuscì a convertirlo. Conchiuse, pertanto , che quelle pitture devono attribuirsi ad epoca posteriore a S. Bernardo, e forse a poco prima del secolo XV. Il nostro egregio collaboratore signor Domenico Tordi , domiciliato in Firenze, possedeva due grandi casse di mss . provenienti dalla nobile casa perugina dei marchesi Coppoli, e non volendo che andassero dispersi, li ha donati al R. Archivio di Stato fiorentino. I Coppoli furono ANALECTA UMBRA 219 patrizi perugini e fiorentini : ebbero uomini d'arme, di chiesa, di lettere , cospicui ; imparentati con le più nobili casate di Perugia e coi Portinari di Firenze. Ebbero larghe possessioni nel perugino e nel senese ; a Firenze palazzi e ville . Era ben ragionevole che le carte di quella famiglia non dovessero sperdersi in tutto. Molte, la maggior parte, furono vendute per cartaccia e andarono al macero . Il Direttore dell ' Archivio fiorentino valutando l'importanza del dono per la storia della Toscana e delle regioni vicine, faceva pervenire al benemerito signor Tordi i ringraziamenti del Governo. Il prof. P. F. Corradi di Trevi in una memoria del Tamarelli pubblicata dall ' Accademia dei Lincei ( serie 5. Memorie della Cl . di sc. fis . mat. e nat. , vol . II , sed. 1º marzo 1896) sui Terremoti di Spoleto nell'anno 1896, dà un catalogo dei terremoti storici nella valle umbra. Comincia dall'anno 217 av. C. Prosegue con le memorie del 365 d. C. , 446 e 801 sul ricordo fattone dal conte Bernardino Campello e dal Lanzi nelle loro storie , e così via via. Cita il Muratori, il Villani, il RossiScotti, le cronache del Graziani , il Natalucci, il Mercalli , il Rutili - Gentili , il Moroni , il Turchi, il p . Secchi, il Perry, ecc. Giunge fino al 1895. Se negli archivi comunali delle varie città dell ' Umbria sarà da diligenti ricercatori estesa l'indagine……….., potrà raccogliersi un buon cumulo di dati positivi , in particolare per gli ultimi secoli e per la parte del secolo presente che precedette alla fondazione degli Istituti , i quali raccolgono ed ordinano le notizie sismiche delle varie regioni italiane » . << Una nota del conte C. Cipolla alla Accademia dei Lincei (Nuove notizie sugli eretici veronesi, 1273-1310) dimostra la forza veramente grande raggiunta dal patarenismo nella seconda metà del XIII secolo. Riporta un documento inedito di Niccolò IV ignoto al Potthast e al Langlois, che è la nomina di fra Bonagiunta da Mantova ad inquisitore nella Marca Trivigiana. Il pontefice lo raccomandò al capitano ( Alberto della Scala) e al Comune di Verona con una epistola datata da Orvieto , 11 agosto 1291 (da una copia presso S. Fermo maggiore in Verona) . Si citano altri atti di Niccolò IV datati da Orvieto (5 maggio, 12 settembre e 5 ottobre 1291) . De La Patria ( Geografia dell' Italia ; Torino, Unione tipogr. editrice) sono state di recente pubblicate alcune dispense del volume dedicato all' Umbria. Di Gubbio è narrata , come delle altre città e terre nostre, la storia civile e sono descritti i monumenti più cospicui . Io prendo in esame soltanto ciò che riguarda questa città , lasciando ad 220 ANALECTA UMBRA altri piena libertà di giudizio sulla veridicità delle notizie intorno agli altri luoghi della nostra regione. E dico subito che sulla storia di Gubbio e sugli splendidi monumenti che la rendono ammirevole, mai furono detti errori più grandi e dati giudizi più pazzi e fatte asserzioni più infondate e inverosimili. Quelle pagine, anzi, sono tutte un errore. --- I cenni storici della città sotto il regno di Odoacre e il dominio dei Goti , quando « Gubbio subi la sorte delle altre città italiane » , l'assedio e l'espugnazione per opera « d'un generale di Totila » , la riedificazione << mercè i soccorsi ottenuti da Narsete » , la sua soggezione agli esarchi , la dimora che per un giorno vi fece Carlomagno reduce da Roma nell ' 800 , la sua distruzione per mano degli Ungari e la ricostruzione sull'area attuale per l'attività « degli stessi cittadini » , son tutto un racconto fantastico , immaginato da non so quale storico eugubino del secolo XVII e del seguente. Quel che c'è di vero ed è ben poco nella storia della città negli anni successivi è ripetizione fedele di quanto scrisse nella Guida il Lucarelli che alla sua volta ripetè fedelmente il racconto del Reposati nella Zecca. Del palazzo dei Consoli è attribuito il disegno al Gattapone, malgrado l'iscrizione ( che razza di verso è il penultimo dell'iscrizione stessa che qui si riporta ?) su l'arco della porta maggiore, che ne dice chiaramente architetto Angelo da Orvieto. Ed è proprio vero che Guido di Palmeruccio si obbligò nel 1342 di dipingere la sala superiore > dello stesso palazzo ?: dipinse, invece, la figura della Vergine con quelle di vari santi sulla lunetta della stessa porta maggiore, il qual dipinto , malridotto dall ' incuria e dal tempo, fu rifatto nel 1495 da Bernardino di Nanni dell ' Eugenia. Nel pianterreno del Palazzo conservasi l'Archivio notarile ; ma da ben più antica data del 1437 s'inizia la serie dei numerosi protocolli . Anche del Palazzo Pretorio, secondo l'estensore di queste disgraziate notizie, fu architetto il Gattapone, al « genio del quale «< i cronisti ( io non ne conosco uno solo ! ) attribuiscono tanto l'Acquedotto, quanto il Bottaccione che fu costruito nel secolo XII o , secondo altri , nel secolo XIV » !! E con questa disinvoltura da mentecatto si afferma che tra i codici della Biblioteca esiste la Storia di Gubbio del Greffolino , ch'è invece un brevissimo frammento di cronaca adespota ; che delle famose tavole il Brial fu l'ultimo editore ; che nella stessa sala, ove quelle si costudiscono, è riposto l'Archivio segreto con le importantissime pergamene relative alla storia eugubina » ! Amena l'asserzione che della chiesa di S. Francesco fu architetto un frate Bevignate ; che in S. Maria Nuova << gli avanzi di freschi che veggonsi sull'edicola [ ma si legga piuttosto nelle altre pareti della chiesa e non in quella dell'edicola in cui il Nelli esegui l'affresco notissimo ] sono attribuiti da alcuni al Lo- ANALECTA UMBRA 221 renzetti e da altri al Palmerucci » ( ci vuol ricchezza di fantasia a imaginare il Lorenzetti nell'atto di operare in una chiesa di Gubbio) ; che < il Coro [ di S. Pietro ; ma leggasi l'ultima cappella a destra] è ornato di varie interessanti pitture [ è una sola] dovute al pennello di Raffaellino del Colle » ; che la chiesa dei Bianchi « pare fosse fabbricata nel 1313 (è invece dei Battuti e per conseguenza costrutta dal 1260 al '70) ; che gli stalli del coro di S. Martino sono del XVI secolo e gl ' intarsi del secolo XV » ; che del palazzo ducale fu < architetto Francesco di Giorgio da Siena, autore anche del palazzo d'Urbino » ; che le « belle sculture in pietra > nell'ingresso del palazzo dei conti Della Porta sono del secolo XIV » (sono invece dei primi del 500) ; che « al piano terreno del palazzo Pamphili « è da osservarsi un soffitto del secolo XV » (che non c'è ; ma c'è , in mattonelle di rilievo bellissimo , in una саmera ad uso di cucina in un de ' piani superiori) ; che il palazzo dei conti Beni, modello di costruzione del 400, è di buona ( così , semplicemente) architettura « tranne il portone deturpato nel XV secolo >> (ma dicasi, per lo meno, secolo XVIII) . Ho colto i più bei fiori di tanto pazzi giudizi ; e potrei , a voler continuare, non tacere che Gubbio ebbe cittadini di fama come « Armanno Armanni autore della Fiorita » , che del resto è Armannino giudice da Bologna ; guerrieri come Bosone Raffaelli ( con la relativa storiella della sua amicizia con Dante) ; pittori come il Nelli « discepolo (incredibile ! ) di Guido Palmerucci. Eh, via ; un po ' più di rispetto alla verità storica , al buon senso ed anche alla moralità ; per ciò che non è morale il vender lucciole per lanterne ad abbonati d'un'opera che pel suo vasto programma non dovrebbe essere tra poco tempo rifatta perchè insufficiente e , quel ch'è peggio, non vera. > G. M. Tra i manoscritti che nel secolo XV costituirono la ricchissima Biblioteca dei Re d'Aragona in Napoli, ora illustrati da G. Mazzatinti (Rocca San Casciano, Cappelli , 1897) , erano i seguenti che riguardano la storia e gli scrittori della nostra regione. Num. 12 ( ms. lat. 6938 della Nazionale di Parigi) : Gentilis de Fulgineo, Expositio libri III Ca nonis Avicennae (sec. XV). - -- Num. 13 ( ivi, ms. lat . 6941 ) : Eiusdem Consilia (sec. XV). Num. 32 ( ivi , ms. lat . 5832) : Vite di Plutarco tradotte da Antonio da Todi (sec. XV) . Son pure nel num. 29 (ivi , ms. lat. 5827) . Num. 79 (ivi , ms. lat . 4514) : Una Repetitio di Baldo da Perugia. Altre sono nei num. 126 e 144 ( ivi , ms. lat. 4590, 4557) . Num. 256 (ivi , ms, ital . 97) : Dieci capitoli dei Fioretti e la relazione della visita di Nicolò V alla tomba di S. Francesco d'Assisi. Questa, pubblicatavi da G. Mazzatinti , leggesi in Miscell. Francescana, I , 17 e segg. - 222 ANALECTA UMBRA Num. 622 (cod. 3 della Imperiale di Vienna) : Geografia di Strabone tradotta da Gregorio di Città di Castello (sec. XV). Il prof. G. Mazzatinti ha diffusa una circolare che dà il piano d'un suo nuovo lavoro e ne annunzia di prossima pubblicazione il fasc. I. Accogliendo i voti che fecero gli studiosi in Italia all'apparir dell'ottimo libro Les Archives de l'histoire de France » , che, cioè, altrettanto fosse fatto da noi, egli ha raccolto materiale copiosissimo per una vasta opera d'egual titolo : Gli Archivi della Storia d'Italia. Tutti gli Archivi, pubblici e privati, d'ogni Comune del Regno vi saranno illustrati : il più delle volte ne saranno dati sommariamente gl'inventari. Naturalmente egli terrà conto di ciò che sui pregievoli documenti di parecchi Archivi fu detto dal Blume, dal Bethmann, dal Pflugk- Hartung e da altri . Il piano dell'opera è questo : « Volendo indicare le fonti della Storia d'Italia negli Archivi nostri ( altri penserà a ricercare negli Archivi e nelle Biblioteche fuori d'Italia) , io darò notizia di quanto contengono quelli di Stato, dei Comuni, delle Congregazioni di Carità , degli Atti notarili (de' protocolli d'ogni Archivio darò l'indice cronologico fino a tutto il secolo XV) , degli Uffici , delle Chiese, delle Parrocchie, di qualunque Istituto , di qualunque Sodalizio , di qualunque privato ; di tutti, in somma, gli Archivi, nessuno escluso. Inoltre , biblioteca per biblioteca , dichiarerò quali carte vi si conservano che dovrebbero trovar posto tra quelle d'Archivio . E non fisserò un limite di tempo oltre il quale non debbano andare le notizie o gl' inventari ch io produrrò d'ogni Archivio : tutto ciò che in esso sarà custodito, sia pur di storia contemporanea, indicherò, anche perchè l'opera mia giovi e sia di guida efficace a chi studi la storia del nostro Risorgimento. Ciascun Archivio, oltre alla notizia delle carte che lo costituiscono, sarà illustrato da un cenno storico e da opportune indicazioni bibliografiche, relative specialmente ai documenti che sugli originali dell'Archivio stesso furono pubblicati così lo studioso , oltre a conoscere la natura e il valore di quelle carte, saprà quali siano edite e, senza ricorrere alla fonte, in quali opere a stampa deve ricercarle » . Il prof. G. Mazzatinti pel nostro mezzo si raccomanda affinchè dagli studiosi della nostra Provincia gli siano comunicati Inventari d'Archivi o notizie che li illustrino . Nel fasc . I che uscirà in luce nel prossimo marzo sarà dato conto fra gli altri degli Archivi di Gubbio e di Spello : è pronta già per la stampa la illustrazione di quelli di Nocera, Gualdo Tadino, Foligno, Montone, Città di Castello , Bevagna, Deruta , Bettona, ecc. Dell'opera sarà ogni anno pubblicato un vol . in sei fascicoli : ogui fasc. , di pag. 80 in 8°, costerà lire 1,25 . Gli abbonamenti si ricevono ANALECTA UMBRA 223 dallo stesso prof. (R. Liceo, Forlì) , o dall'editore cav. Licinio Cappelli, Rocca S. Casciano. A commemorare il 50 ° anniversario della Società di Mutua Beneficenza in Città di Castello il dott. P. Tommasini Mattiucci ha pubblicato in opuscolo il discorso da lui detto nell'agosto scorso su la Società stessa e il suo fondatore (Lapi ; pp. 20) . Questi fu il Rigucci che mori nel 1847. Più che la sua biografia c'interessano le notizie su le corporazioni d'arti e mestieri che nel medio evo (eran 13 in tutte) fiorirono in C. di C. , da quella dei tintori , cioè dal 1242 durante la Potesteria di Aldobrandino di Guido Cacciaconti , a quella dei calzolari che visse fino alla prima metà del secolo scorso. Del Palazzo Soliano o de' Papi in Orvieto ha trattato con fine sentimento d'arte e con particolare cognizione della storia cittadina il nostro Presidente comm. L. Fumi nell'Archivio storico dell'arte ( 2ª serie , a. II , fasc. 4 ) . Stabilito il fatto , male asserito o contradetto dai cronisti locali , che cioè si deve all'iniziativa, all'impulso e al concorso di papa Bonifacio VIII l'erezione della mole Soliana » (e a stabilirlo l'A. ha rammentate le vicende storiche del Comune che gli furono occasione » ), l'A. colla scorta dei documenti narra la storia della fabbrica superba, che riepiloga la storia civile del libero Comune nel sec. XIII e s'impronta della storia dei papi che di frequente riparano dentro le forti mura dell'antica città » , dall'origine sua ai recenti e savi restauri di Paolo Zampi architetto. I quali non solo furono suggeriti all'artista valente da raffronti, da ricerche e da familiarità con altri monumenti medioevali, ma, particolarmente per la merlatura, dall'affresco del secolo XIV nella cappella del Corporale, dove il palazzo è riprodotto < merlato e con fascia » . La mole magnifica, dice il ch. A. , conservata così e reintegrata, < dà occasione a riflettere ch'è l'unico esempio rimasto in Orvieto di architettura gotico- italiana del periodo dal due al trecento. Mentre abbondano gli esempi dello stile lombardo in molte fabbriche sparse qua e là, ma sopratutto nella badia di S. Severo e nel palazzo del Popolo, il Soliano non ha altri esempi più prossimi di raffronto che nell'unica trifora del palazzo pontificio- episcopale attribuito al tempo di Urbano IV » . Vera meraviglia dell'arte , << sorta al tempo stesso che la mole del meraviglioso Duomo sorgeva dalle sue basi » : e quella col suo carattere, severo e massiccio, quasi una rocca, col color lionato delle sue vecchie mura, fa bel contrasto al monumento gaio e sereno, tutto sfolgorante d'oro e di colori , della cattedrale. Da un lato campeggia la quieta e trionfante armonia del sentimento religioso ; 224 ANALECTA UMBRA dall'altro risalta la forte natura dei tempi, piena di lotte e di pericoli ». Tre note eruditissime col titolo di Saggi dalle Tavole Iguvine (Saggi veramente, chè l'A. prepara su quest ' insigne monumento un lavoro che offrirà resultati e spiegazioni nuove) ha pubblicato il professore Carlo Moratti nel num. 2-4 , a. II, del Bollettino di filologia classica. Col primo illustra il sacrificio altilaneo (Tavole I e VI) ; col secondo il Collegio Atiedio e le sue votazioni ; col terzo il Templum di Iguvio (Tav. VI) . A canto a questi opportunamente ricordiamo i Saggi Italici di Carlo Pascal ( in Rivista di filol. class. , II , fasc . 3º, pag. 289 e sgg. ) , ne' quali, naturalmente, si fa spesso ricorso all'umbro delle Tavole Eugubine. Filippo Alberti , che nacque nel 1548 in Umbertide, fu poeta notissimo e stimato nell ' Umbria e fuori , e in corrispondenza con Torquato Tasso scrisse anche elogi di vari illustri perugini e un volume, oggi perduto, di memorie storiche di Perugia. Coadiutore del Cancelliere del Comune perugino nel 1573 , fu assunto nell'officio di Cancelliere dello stesso Comune nell'87 . Mori nel 1612. Di lui , pubblicando un suo sonetto « Alla nave di Colombo » , ha illustrata con molto garbo e dottrina la vita il conte Vincenzo Ansidei ( Nozze Ferrari- Roberti ; giugno , 1896. Perugia, Unione Tipografica Cooperativa). Tra I Manoscritti della R. Bibl. Riccardiana, de' quali la illustrazione è giunta per le cure del dott. S. Morpurgo, al fasc . 6º del vol I , segnaliamo un volgarizzamento della Scala di Gio. Climaco fatto da frate Gentile da Foligno, sec. XV ( num. 1351 ) ; la vita di S. Francesco in volgare, sec. XIV (num. 1354) ; una lauda di Iacopone (Udite matta pazzia : num. 1382) ; altri due volgarizzamenti della vita di S. Francesco, sec. XIV e sg. (num. 1398 , 1424 ) ; una miscellanea francescana, sec. XVI ( num. 1407) ; la regola di frate Cherubino da Spoleto in volgare, sec. XV ( num. 1411 ) ; estratti dai Fioretti , sec. XV ( num. 1412) ; la lauda < Quando ti allegri homo d'altura » , e la visione di frate Antonio da Rieti, sec. XV (num. 1431) . Nel Catalogo dei mss. della Bibl. di Perugia (in Inventari dei mss. delle Bibl. d'Italia a cura di G. Mazzatinti, vol. V) il prof. A. Bellucci registra al num. 28 ( F. 62) un cod . dal titolo « Ars scribendi epistolas » , di cui nel corpo del proemio il nome dell'autore è designato così : Gaufridus Anglicus. Or bene, l'Ars del prezioso cod. perugino del sec . XIII ANALECTA UMBRA 225 ha offerto al ch. prof. Langlois argomento a una nota su Gaufrido o , per dir meglio, sui due Gaufridi che ci son noti , il De Vinosalvo e il De Cumeselz che fu contemporaneo d'Alfonso X di Spagna. Codesta nota erudita leggesi nel vol 35 , parte 2ª , delle Notices et extraits dess mss. de la Bibl. Nationale, Parigi, 1896. Ai glottologi umbri che studiano il dialetto perugino sarà stata molto accetta la pubblicazione dei Sonetti ed altre poesie di Ruggero Torelli , curata e corredata della vita dell'A. e di appunti sulla fonetica e morfologia dal dott. E. Verga ( Milano, 1895) . Utili a loro ed opportunissime saranno ora le correzioni e le giunte che il prof. C. Salvioni ha fatte allo studio del Verga nel Giorn. stor. della lett. ital. , XVIII , 205 e sgg. Ma sul perugino veggasi l'Arch. glottol . , II , 446 ; e sul dialetto della città una nota del prof. D'Ovidio nello stesso Arch. , IX, 73. Pubblicatosi ora il vol. II delle Lettere inedite e sparse di V. Monti a cura di A. Bertoldi e G. Mazzatinti (Torino, Roux, pp. 495) giovi notare che a due suoi amici della nostra regione sono dirette alcune lettere , o di loro è fatto ricordo in esse e nelle note illustrative . Basti l'indicazione del volume e della pagina. Pel conte Reginaldo Ansidei vedi il vol . I , pagg. 207, 208. Per Francesco Torti (di cui sono stampate le lettere su gli autografi che si conservano a Bevagna) vedi il vol. I , pagg. 147 , 148 , 185 , 192 , 210 , 212, 217, 218, 241 ; e vol. II , pagg. 383, 397 , 453. Un bello studio di geografia politica è L'État pontifical aprés le grand Schisme che Giovanni Guiraud presentò come tesi per conseguire il dottorato alla Facoltà di Lettere di Parigi (Paris, Thorin, 1895) . A noi particolarmente riferisconsi i cap. I , VI e VII del lib . III , ne ' quali trattasi della Sabina , della famiglia di S. Eustachio e dei Savelli , dell'abbazia di Farfa, di Magliano, di Rieti , d'Orvieto e de ' Monaldeschi, della Terra Arnulforum, di Narni e Terni ; tutto il lib . IV che comprende l'Umbria, e la prima parte del cap. I del lib . V, in cui narrasi del ducato d'Urbino e delle città umbre che a questo furono soggette . È studio diligentissimo, pel quale l'A. ha fatte ricerche negli archivi dello Stato pontificio e ne ha tratti, e qui pubblicati , documenti inediti (v. ad es. , a pag. 154 : ma qui correggi Perdii in Prodii, e Montesionis in Monteiovis : pag. 159 e sg. , 179, ecc. ) , particolarmente da quelli d'Orvieto, Terni, Narni, Perugia ed Assisi . Molti altri di singolare importanza furono dedotti dall'Archivio Vaticano. 15 226 ANALECTA UMBRA Nel volume del Gruyer che splendidamente illustra La peinture au château de Chantilly del duca d'Aumale ( Paris, Plon , 1896) è riprodotta e descritta una delle tante Madonne del Perugino , esemplare bellissimo a rappresentare la scuola umbra in quella Pinacoteca magnifica. La Vergine col bambino sulle ginocchia è seduta in trono, ed ha , in piedi ed ai lati , S. Pietro e S. Girolamo col leone accovacciato . Codesta riproduzione fototipica è pur nell'Emporium, vol. IV, num. 24, pag. 453. Nel num. 14 , a. XV, dell'Arte e Storia il prof. E. Calzini , prendendo in rassegna gli oggetti d'arte che costituiscono la Pinacoteca del conte Matteucci-Guarini di Forli , mette in particolar rilievo una tavola (num . 6) , rappresentativi la Vergine che adora il bambino , S. Giuseppe e il piccolo S. Giovanni, opera d'ignoto umbro del sec . XV. Il 20 settembre scorso fu inaugurata nella Sperelliana di Gubbio la biblioteca che al Comune lasciarono Pietro e Oderigi Lucarelli, testimonianza amplissima della loro cultura e dell'affetto alla città che illustrarono. I volumi a stampa son più di 7 mila, e tra questi ne SOD moltissimi di storia eugubina e di rare edizioni del secolo XVI. Qui particolarmente gradito riuscirà il ricordo dei manoscritti di storia locale, ond'era ricca la biblioteca Lucarelli e che ora accrescono la collezione bellissima di memorie storiche raccolte da Vincenzo Armanni e formanti l'Archivio che da lui prende il nome : cioè bandi ducali, atti di fraternite , notizie di castelli , genealogie di famiglie storiche ; le cronache di Girolamo Orsaioli e di Giacomo Armanni ; estratti dai libri delle Riforme ; regesti degl' istromenti dell'Archivio notarile ; inventari d'antichi Archivi , oggi scomparsi, ecc. D'una parte di questi mss. quand'erano ancora nella Biblioteca Lucarelli, fu dato l'inventario da G. Mazzatinti nel vol. I de' suoi Inventari dei mss. delle bibl. d'Italia. Più del padre fu lavoratore fecondo il figliuolo, Oderigi, che pubblicò , frutto di molti studi e di buone ricerche, la Guida storica di Gubbio nel 1888. Pietro , a ' suoi tempi e tra gli studiosi di storia e letteratura umbra amici suoi , ebbe nome e valore di erudito e di scrittore castigato : cooperò nel 1840 alla fondazione dell'Imparziale, periodico di scienze, lettere ed arti che pubblicavasi a Faenza, e nel 1843 diè vita al giornale di Estetica cristiana, a cui collaborarono il Fabretti, il Borghesi , il Gualandi, Amico Ricci, il Vermiglioli e tanti altri di eletta e soda cultura. Gli Eugubini , superbi del dono di così ricca biblioteca e memori delle virtù loro come cittadini e studiosi , vollero che tutti e due fossero commemorati con dignità e riverenza , e nella libreria fondata dall'Armanni fosse posta una lapide in ricordo loro solenne e di Teresa Luca- ANALECTA UMBRA 227 relli che al Comune affidò , severa esecutrice della volontà del suo padre e fratello , la biblioteca di famiglia. Chi non ricorda quel passo di Giorgio Vasari nella vita di Baldassarre Peruzzi , che dice , che a lui fu data a dipingere la cappella di S. Onofrio di Roma « la quale condusse a fresco con molta bella maniera e con molta bella grazia » ? E pure, dopo che Filippo Titi pubblicò nel secolo scorso la « Descrizione delle pitture di Roma , quelle vere parole del Vasari furono dimenticate ed ebbe trionfo il giudizio del Titi che quelle pitture attribui al Pinturicchio . Ora Federico Hermanin , ragionando (in Arch. stor . dell'arte, a. II , fasc. 5° , pag. 321) di Alcune pitture giovanili del Peruzzi , dimostra che codesti affreschi di S. Onofrio sono opera di artista giovine, il quale non avendo ancora una tecnica sicura , ma essendo ammiratore di « opere di grandi maestri diversi fra loro, segue ora questi, ora quegli , non sapendo per chi decidersi » . Non dimentichiamo che il Peruzzi è allievo del Pinturicchio , col quale, anzi, lavorò, nella libreria del Duomo di Siena. « Non abbandonò ( dice l'A. ) del tutto l'antica maniera di scuola, ma la ravvisò col nuovo studio ; e noi, osservando le opere del Peruzzi, vediamo in esse l'arte perferzionarsi gradatamente, farsi sempre più tenui i caratteri pinturicchieschi e rinforzarsi quelli derivati dal Sodoma, coi quali a poco a poco il Senese arriverà ad entrare fra i seguaci di Raffaello , non abbandonando però mai del tutto la buona scuola del Pinturicchio » . Il Morelli ( Kunstkritische Studien ; Die Galerie zu Berlin e Die Galerien Borghese und Doria in Rom) andò più oltre : il Peruzzi, secondo lui , dipinse in S. Onofrio sotto l'influenza e la direzione del Pinturicchio , anzi « probabilmente da schizzi del Pinturicchio » . L' Hermanin invece dimostra che il giovine pittore « benchè sempre ancora seguace del suo maestro umbro, vagheggiò però già Giov. Ant. Bazzi » . Col minuto esame di quelli affreschi l'A. mette in rilievo il carattere pinturicchiesco e le particolarità comuni al maestro. D'un affresco ignoto di Tiberio d'Assisi dà notizia U. Oietti nello stesso Archivio (a. II , serie II , fasc. luglio agosto), scoperto nel luglio scorso nella chiesa di Castel Ritardi in quel di Spoleto. Un quadro rappresenta l'Eterno entro una elissi , circondato da nove serafini : questa figura e gli angeli mostrano una somiglianza precisa coll'affresco di Tiberio ch'è in S. Fortunato sotto Montefalco , nella cappella del Chiostro . In altri tre quadri sono rappresentati S. Silvestro < tutto ridipinto, forse in due volte , santa Caterina (riconoscibile a pena per causa dell'umidità che l'ha danneggiata), ed un angelo a cui s'accom- « 228 ANALECTA UMBRA pagna un bambino. Quest'ultimo quadro è ben conservato, e quella dell'angelo è delle migliori figure di Tiberio. L'A. crede che « tutta la volta sia fatta precisamente sui cartoni dell'altra cappelletta a S. Fortunato ; e siccome codesti affreschi hanno la data del 1512, così per via di confronti accurati potrebbe stabilirsi la precisa età delle pitture ora scoperte. Nello stesso Archivio, a proposito Di una tavoletta di Luca Signorelli della Pinacoteca di Brera, P. Fontana ha occasione di stabilir confronti fra questo dipinto (è segn. col num. 11 e fu detto di scuola toscana) e quelli del medesimo artista nel Duomo d'Orvieto, e di ricordare la predella della Tavola di Umbertide e la tavola ch'è a Città di Castello (cfr. Giorn. Arcadico, secondo semestre del 1826 , pag. 217) . Una compiuta e splendidamente illustrata monografia su Le opere d'arte di Spello vien pubblicando il prof. Giulio Urbini nell'Archivio cit. ( a. II , fasc. 5º) . Precede una bella sintesi storica della città dalle origini sue, e segue, data la notizia de' monumenti romani , la descrizione della chiesa di S. Maria Maggiore e delle opere artistiche, le quali lo rendono ammirevole. Diligentissima quella della cappella del Pinturicchio e della tribuna di Rocco da Vicenza. Illustrano il testo parecchie riproduzioni fototipiche d'opere del Pinturicchio, del pulpito di Simone da Campione, della tribuna e del pavimento di maiolica, della Pietà del Perugino, della croce capitolare cesellata e smaltata, capolavoro di Paolo Vanni perugino ( 1398) , e d'un affresco da attribuirsi al Pinturicchio, come giudicano il Morelli e il Crowe, anzichè, come altri volle, allo Spagna. Sia sufficiente per ora questo semplice annunzio, chè di codesta monografia ci occuperemo espressamente quando sarà pubblicata per intero. È uscito alla luce il vol . II delle Gallerie Nazionali italiane ( Roma, 1896) in cui son raccolte notizie di parecchie cospicue Gallerie e vien dato alla luce tra i documenti storico- artistici il G Catalogo delle opere d'arte nelle Marche e nell' Umbria » compilato dal 1861 al 1862 da G. B. Cavalcaselle e G. Morelli . A codesti due illustri Quintino Sella, Ministro allora della P. I. , affidò tale compito : « compilare una nota particolareggiata di tutti gli oggetti d'arte, qualunque fossero , esistenti nelle chiese e presso gli enti religiosi soppressi » , col savio intendimento di prevenirne e impedirne vendite e dispersioni . Dopo tanti anni che il catalogo fu composto, molte tra le cose descritte subirono vicende, alterazioni, trasponimenti » ; ed ecco perchè son poste in nota « quelle indicazioni che valgono a dare modernità e utilità pratica alle notizie › . « ANALECTA UMBRA 229 - O non era meglio, allora, compilar di nuovo e con maggior diligenza il catalogo fondendo con armonica unità le vecchie notizie e le nuove, a quelle togliendo il carattere di relazione ufficiale ? A ogni modo, graditissimo, così com'è, sarà agli studiosi dell'arte nostra codesto catalogo che comprende le opere d'arte di Rieti, Narni, Amelia, Terni, Spoleto , Trevi, Foligno , Spello, Nocera, Gualdo, Gubbio, Perugia, Città di Castello, Todi, Deruta, Assisi , Bastia, Orvieto, Città della Pieve, Panicale, Monteleone d'Orvieto. Giovi pur ricordare che nel Museo Naz. di Firenze, tra i 28 nuovi sigilli che hanno arricchita la collezione (num. 2465-93) , trovasi ora quello di Lando Becchi, podestà di Firenze nel 1371 ; è del sec. XIV e porta l'arme suo (becco rampante con una spada tra le zampe : cfr . , ma correggendolo, il passo della Guida di Gubbio di O. Lucarelli , relativo al Becchi, pag. 230) . Nella Galleria Naz. di Roma tra i dipinti che provengono dal Monte di Pietà sono rappresentati Nicolò Alunno e la scuola perugina : di questa v'è un'ancona d'altare , opera d'uno scolare accurato, ma scialbo e freddo, del Perugino >» : dell'Alunno v'è una tela con divisioni in archi , imitante i polittici delle cornici ad intaglio e dorate » . Il quadretto, rappresentante la Vergine col bambino e santi , << richiama Lorenzo da S. Severino e il suo quadro della National Gallery, piuttosto che l'Alunno cui fu ascritto il dipinto » . < -- Su La presa e l'incendio di Amelia per opera delle milizie di Federico Barbarossa o di Federico II è apparsa una pregevole nota del prof. G. Pardi nel vol . XVII degli Studi e Documenti di storia e diritto. La certezza della occupazione e distruzione della cittadella d ' Amelia, come narra la tradizione popolare, è data da una bolla di Alessandro IV che qui pubblica il P. , il quale col sussidio degli scrittori sincroni discute se il fatto avvenne per opera del primo o del secondo Federico. Giustissima la conclusione : l'avvenimento successe al tempo di Federico II nel luglio del 1241 , o tra la fine del '43 e il principio del '45 . La bolla citata fu tratta dall ' Archivio comunale di Amelia che lo stesso professore ha testè riordinato. Dal Catalogue des reproductions inaltérables au charbon delle pitture che conservansi nei Musei d'Europa ( Paris - Dornach - New York, 1895) ricaviamo, per comodo degli studiosi dell'arte nostra , le indicazioni delle opere che dalla Casa Braun sono state con ammirevole perfezione riprodotte. Della Galleria r. di Dresda : tavola di scuola perugina ( S. Franc. d'Assisi ) ; ritratto di giovane del Pinturicchio. Della Accad. di belle Arti di Firenze : sei dipinti del Perugino. Altri quattro 230 ANALECTA UMBRA della Galleria Pitti, e tre di quella degli Uffizi . Una sua tavola e una terra cotta di Mastro Giorgio del Museo Städel di Francofort sul Meno. Della Galleria Naz. di Londra : un trittico dell'Alunno ; uno di Fiorenzo di Lorenzo ; nove tavole del Perugino ; e sei del Pinturicchio. Del Museo del Louvre : una tavola di Orazio Alfani, una del Pinturicchio, sette del Perugino. Una di Fiorenzo e del Perugino nella Galleria Borghese ; un'altra del Vannucci nella Galleria Sciarra ; un'altra del Pinturicchio nella Pinacoteca Vaticana ; i suoi freschi nella cappella Sistina e la tavola in S. Onofrio. Gli affreschi del Perugino nel Palazzo Vaticano, e la sua tavola ( identica a quella del palazzo Pitti : la Vergine col bambino) nella Galleria del Principe di Liechtenstein di Vienna. Su la Miniatura in Bologna dal XIII al XVIII secolo il conte F. Malaguzzi Valeri ha raccolto memorie e documenti in tanta copia da poter ritessere la storia di quella scuola feconda che fu tra le più cospicue d'Italia. Per la biografia di Oderigi di Guido, oltre alle notizie già note, produce un documento inedito col quale si afferma la sua permanenza in Bologna nel 1269. E v'era ancora nel '71 , come deducesi dal documento che fu pubblicato dal prof. A. Rossi nel Giorn. d'erud. art. , e , più esattamente, dal dott . U. Dallari nel vol. III dei Rotuli dello Studio bolognese ( Bologna, 1891 , pag. IV e sg. ) . Un Simone di Bartolomeo da Bologna miniatore, che fiori nel secolo XIII , lavorò forse a Città di Castello , dove i canonici della Cattedrale gli accordarono gratuitamente una casa (cfr. le Memorie del Muzi, I , 134) . << D'importanza speciale per disegno e colorito > è, secondo l'A. , il codice degli Statuti de ' Battuti di Bologna del 1337 , che contiene la vita di Raniero Fasani da Perugia edita in questo Boll. Tra i miniatori che operarono in Bol. nel sec . XV, l'A. ricorda il notaio Nello di Nicoluccio da Perugia, di cui leggesi il nome accanto a un ricco fregio con stemma sul vol. 23 ( 1404-5) degli Atti Giudiziari dell ' Arch. di Stato di Bol. Codesto artista non è ricordato tra quelli che il Mariotti trovò nella Matricola de'miniatori di Perugia e il Rossi pubblicò nel citato Giorn. , II, 305 e sgg. Il bello studio del conte Malaguzzi è inserito nell'Arch. stor. ital. , disp. 4ª dell'anno scorso. Spigolature francescane. Nella Revue historique del nov.- dic. 1896 il Sabatier con uno studio critico Sur la concession de l'indulgence de la Portiuncole, si corregge di ciò che aveva asserito , tanto più che in seguito a nuove indagini ha constatata l'autenticità delle testimonianze. Ora l'A. rifà di queste la serie cronologica. Sono di Benedetto d'Arezzo, di frate Leone, di frate Oddone d'Acquasparta , di Pietro Zalfani , di Pier- ANALECTA UMBRA 231 giovanni Olivi, di Giov. dell'Alvernia, d'Ubertino da Casale, del b. Francesco da Fabriano, di frate Teobaldo vescovo d'Assisi e d'altri che l'A. raccoglie in un terzo gruppo. < D'un'opera come la Vita di S. Francesco dello stesso A. , avidamente letta, ristampata, tradotta in russo, in polacco, in danese e svedese, tanto discussa e ammirata, scritta con vero garbo e sentimento d'arte e vasta dottrina, perchè non salutar con piacere la traduzione in italiano ? L'han fatta , ma con uno scopo, i professori C. Ghidiglia e C. Pontani. ‹ Per dare (essi hanno avvertito) al lavoro quel carattere di popolarità a cui abbiamo mirato, sopprimemmo a bella posta tutto quanto il dotto studio sui fonti della storia francescana e tutti quei passi e quelle note che contenevano pure discussioni e apprezzamenti critici , la cui omissione ritenemmo non avrebbe per nulla menomata la chiara intelligenza del racconto . Non è qui il caso di discutere se, così facendo, essi hanno bene o male operato : basti si dica che la traduzione è ottima , cioè disinvolta, in lingua castigata, fedele anche nella gentilezza dell'arte con cui l'opera è condotta . Su l'ediz . francese questa versione s'avvantaggia pel cap. XII e per l'appendice ch'è relativa al primo luogo abitato dai minori, a Rivotorto e all'ospedale dei lebbrosi di Assisi . Il volume, che in così nitida veste fu stampato nella tipografia dell'Unione Tipografica Cooperativa di Perugia ( in 8º , pp . XXXI - 319) ha in fronte l'effigie del Santo dipinta da Cimabue, riproduzione fototipica d'un disegno, egregiamente fatto , da un artista valente. Nel fasc. marzo- aprile 1896 della Miscell. francescana è un ampio studio e una bella raccolta di documenti sul b. Paoluccio Trinci di Foligno a cura di d . M. Faloci- Pulignaui : ricco il regesto dei documenti che sono nel conv. di S. Damiano presso Assisi , dal 1373 al '91 . - Nel fasc . successivo il p. Grisar tratta de La benedizione di S. Franc. a frate Leone che il Kraus aveva creduto scritta in minuscolo italiano dei - sec. XVI e XVI ( Theologische Liter . , 1895 , pag . 404) . È invece, secondo il p. G., del sec. XIII , e gli hanno data ragione i giudizi autorevoli del Wattenbach, dello Dziatzko e di G. Meyer ( Theol. cit. , pag. 627) . Presentate le fotografie della membrana alla Société nationale des Antiquaires de France, il Berger ha espresso lo stesso parere dei tre paleografi tedeschi. Giustissima, inoltre , la spiegazione del significato del cranio, su cui s'innalza la tau, col qual segno si chiude il testo della benedizione : naturalmente, pel cranio s ' intenda il Calvario. E son parecchi gli esempi del costume di rappresentar la croce in quel modo, i quali però « sono assai rari nell'età dopo il sec. XIII » . Anche dello 232 ANALECTA UMBRA stesso Faloci vi son giunte alla Vita di Pietro Crisci , che edificò la chiesa di S. Maria di Montegranaro e fu terziario . Deducesi così dalla descrizione che l'ab . Olivieri fece delle pitture a contorni rossi su fondo bianco, le quali erano nella stessa chiesa ( Mem . di S. Maria, ecc.; Pesaro, 1777, pag. 7 e sg. ) . Nel vol. III dell'Epistolario di Coluccio Salutati a cura di F. NOVATI sono due lettere del S. dirette da Firenze al giovane poeta Perugino Tommaso di Ser Rigo ; il N. argomenta che la prima di esse sia del 13 maggio 1395 e la seconda del 24 gennaio 1398. Nello stesso vol. si legge poi un'altra lettera scritta da Coluccio al padre di Tommaso, Ser Rigo di Domenico Rigoli da Perugia, il 13 luglio 1400 , lettera di condoglianza per la morte di Tommaso stesso : questi mori non ancora venticinquenne il 1° giugno 1400, e tale notizia il N. trae da un elogio di Tommaso scritto da un anonimo (cod. Barberiniano, VIII, 32) . Di questo elogio e della lettera del S. a Ser Rigo non potè valersi il Vermiglioli nella sua Biogr. d. scrittori perugini. Nel vol. II degli Statuti delle Società del Popolo di Bologna a cura di A. GAUDENZI si leggono a pag. 421 gli Statuti della Società dei Battuti dell'anno MCCLX, che egli ha trovato in un cod . di pertinenza dell'Ospedale della Vita presso l'Amministrazione degli Ospedali di Bologna. È probabile che questi Statuti sieno opera di quel Fra Rainero Faxano, di cui il prof. G. Mazzatinti pubblicò la leggenda in questo Bollettino (vol. II , pag. 561) . Nella Miscellanea di Erudizione e Belle Arti diretta dal prof. F. Ravagli ( a. III , fasc. II ) si accenna alla necessità di restauri agli splendidi affreschi dello Zuccari rappresentanti le gesta di Ascanio della Cornia, ed esistenti nel palazzo del Comune di Castiglion del Lago , già dei Marchesi della Cornia. Il nostro socio signor Giustiniano Degli Azzi Vitelleschi ha testè dato alla luce, Unione Tipografica Cooperativa ( Perugia) , un saggio storico su << I Capitani del Contado nel Comune di Perugia ». Lo studio, di cui ci occuperemo in un prossimo fascicolo, è preceduto da una lettera del nostro collaboratore prof. Oscar Scalvanti . L'illustre signor Saverio da Cunha Bibliotecario della Nazionale di Lisbona ha pubblicato le bellissime strofe di Luigi de Camoens dirette ad una schiava indiana chiamata Barbara. Al testo portoghese, ANALECTA UMBRA 233 cui precede un dotto studio sul grande poeta, seguono traduzioni delle strofe medesime in moltissimi linguaggi e dialetti , dovute ad eminenti letterati e raccolte con diligenza ed amore insuperabili dal Bibliotecario di Lisbona : la splendida edizione di soli 300 esemplari si ha per le cure del dott. Antonio Augusto de Carvalho Monteiro. Noi segnaliamo la pubblicazione anche perchè a pag. 503 del ricco volume, i versi del Camoens si leggono benissimo tradotti in dialetto perugino dal compianto prof. Ruggero Torelli. Dall'egregio prof. CIRO TRABALZA abbiamo ricevuto in dono il suo libro: Della vita e delle opere di Francesco Torti di Bevagna. Del pregevole volume preceduto da una lettera di LUIGI MORANDI discorreremo ampiamente nel prossimo fascicolo. 235 NECROLOGIO GIUSEPPE TERRENZI L'Umbria ha perduto di recente un figlio illustre. Giuseppe Terrenzi morto in Narni sua patria, il 1 ° settembre decorso, dopo una malattia lunghissima e dolorosa, che ne aveva straziato metà della vita. Giuseppe Terrenzi era nato il 26 novembre 1855 e quanto mostrò fino dalla adolescenza ingegno svegliato, tanto parve da principio avverso allo studio ed indocile. Rinchiuso nel Seminario vescovile narnese, ne dovette uscire poco dopo, perchè i suoi maestri disperavano di vincere l'animo ribelle del giovanetto, che alla naturale vivacità, aggiungeva una palese propensione verso le idee liberali. Frequentò quindi il corso liceale in Spoleto e l'Università in Perugia dove, per aver cambiato natura, con grande e rapido profitto si diede allo studio della Chimica, guadagnandosi la stima dei suoi chiari professori Purgotti e Bellucci. Nell' Università romana, dove si trasferi da quella di Perugia, consegui con plauso la laura di Dottore in Chimica e Farmacia nel 1879. Il Terrenzi avea divisato di darsi all'insegnamento, ma la grave malattia, la tisi , che lo assali poco dopo il ventesimo anno, lo costrinse invece a ritirarsi nella sua patria ad esercitarvi la professione di chimico-farmacista. 236 G. VALLI Per questo egli non si arrestò nei suoi diletti studi, ed anzi, quanto a lui lo consentirono il luogo disadatto, le occupazioni professionali ed il fiero malore, in quelli si fece più profondo, pubblicando pregevolissimi scritti di Geologia, Paleontologia, Botanica, Geologia, Mineralogia ed in ultimo anche di Storia. In queste scienze fece sovente utili scoperte ; come quelle di alcuni aculei o placche di un riccio di mare rinvenuti nei detriti dei terreni narnesi, ed appartenenti al lias medio dell'epoca giurassica, êra mesozoica, specie Cidaris, e che il prof. Parone di Pavia volle intitolati dallo scopritore : Cidaris Terrentii. E così rinvenne, per la prima volta in Italia parassita dell' uomo, una specie di acaro : Argas reflexus. Nella biblioteca narnese, che con grande amore egli aveva riordinato, ebbe anche ventura di ritrovare preziosi manoscritti del sec. XIII e li pubblicò accompagnandoli con una critica diligente. Divenuto membro delle più importanti riviste scientifiche , ebbe l'insigne onore della traduzione di vari suoi scritti , che gli fruttarono la lode e la considerazione di parecchi dotti stranieri, quale il professor Torres dell' Università di Barcellona, che lo invitò anche a collaborare nella rivista da lui diretta. « Troppo presto e troppo dolorosamente fu troncata la sua esistenza, chè egli certamente di maggior contributo avrebbe arricchito la scienza, nella quale : Vago di apprendere egli dice in una prefazione e di osservare la natura nelle varie e molteplici manifestazioni, non ebbi predilezioni speciali. La pianta mi faceva ricercare l'animale, l'animale il fossile, il fossile la roccia, e in quel continuo ed affannoso assorgere di desideri, mi sentii naturalista, ed amai la scienza con fede di credente, con culto di poeta » . G. VALLI. 237 SCRITTI DI GIUSEPPE TERRENZI (¹) 1. 2. 3. -- -- 4. - 5. 6. ― -- Erasmo Gattamelata dal marchese G. Eroli. ― Sua vita e suoi monumenti illustrati Pubblicata in Perugia nel 1876 dalla --- Gazzetta dell' Umbria. Ammoniti e belemniti trovati nelle vicinanze di Narni. · Pubblicata dalla Rivista Scientifica Industriale di Firenze, nel febbraio 1880 . - Fossili pliocenici delle sabbie gialle, trovati nelle vicinanze narnese delle Vigne, Schifanoia e Montoro. Nella stessa Rivista, marzo 1880. Questo scritto dette luogo ad una relazione del prof. Torres di Barcellona. --- Il lias superiore nel versante orientale della catena montuosa. Nella stessa Rivista, giugno 1880. Inserito negli Atti dell'Accademia dei Lincei ; riprodotto nella Rivista Internazionale di Scienze e nell' Annuario Scientifico (1880). Sui dintorni di S. Vito nel narnese. Nella stessa Rivista, aprile 1881 . Inserito negli Atti dell' Accademia dei Lincei. Nella stessa Rivista, luglio - Sui d'intorni di Grottamare. 1881 e Narni, Tip. Umbro- Sabina, 1881 . 7. 8. - Carlo Darwin. gno 1882. 9. - 10. 11. - 12. - Nell' Unione Liberale di Terni, maggio e giuIl passaggio di Venere sul disco solare. Unione Liberale, settembre 1883 e Terni, Tip. Bossi , 1883 . Luce crepuscolare. Unione Liberale, marzo 1884. nese. - Fossili trovati nel calcare liassico della catena montuosa narRivista Scientifica Industriale. Firenze, maggio 1884. I molluschi, gli echinodermi, i coralli, i protisti, considerati quali fattori geologici del nostro pianeta. Rieti , Trinchi, 1885. Sopra un lembo del lias superiore rinvenuto nella montagna di Santacroce in Narni. Nel Bollettino della Società geologica italiana, anno V, 1886 . - - 13. Il Pliocene nei dintorni di Narni. -- Nello stesso Bollettino, 1886 . ( 1) Il March. G. Eroli pubblicò già alcuni cenni biografici su Giuseppe Terrenzi ed un primo elenco degli scritti nell'opera : Alcune prose e versi, vol. II , Assisi, 1887, pag. 219 e segg. 238 SCRITTI DI GIUSEPPE TERRENZI 14. 15. 16. 17. - 18. 19. -- --- ―― - 20. - 21. - 22. - 23. 24. - 25. ― 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. - - - Il Castor fiber (Lin. ) trovato fossile al Colle dell'oro presso Terni. - Rivista Scientifica Industriale, luglio 1888. Nuovi fossili di Grottamare. ―― Nella stessa Rivista, 1889. Sui fori lasciati dai litodomi pliocenici nel calcare liassico di Borgheria. - Nella stessa Rivista, marzo 1889. Sopra una zanna elefantina scoperta nelle sabbie gialle di Camartana (Narni). Nella stessa Rivista, aprile 1889. - I fenomeni di Carso, osservato sui monti di Narni. Rivista Italiana di Scienze Naturali. Siena, aprile 1889. Il mare pliocenico nell'interno della conca di Terni. Rivista Scientifica Industriale, marzo 1889. Nella Nella Molluschi terrestri e d'acqua dolce trovati nelle vicinanze di Narni. - Nella stessa Rivista, ottobre 1889 , e Firenze , S. Landi, 1889. L'inventore del sismografo a pendolo. Vulcanismo, anno XIV, fasc. 1-7 . - Nel Bollettino del Contribuzione allo studio della flora narnese. rocca, 1890. Contribuzione alla bibliografia umbra. ---- --- Terni , AlteTerni, Alterocca, 1890. L'aerolito di Collescipoli. Nella Rivista Italiana di Scienze Naturali. Siena, 1890 . - Riprodotto dal Bullettino dell' Imp. e Reale Istituto Geologico di Vienna, 1880. Notizie intorno agli aeroliti caduti nell'Umbria. Rivista Scientifica Industriale, ottobre, 1891 . Il fiume Nera ed i suoi pesci. rali. Siena, aprile 1892 . -- --- Nella Rivista di Scienze NatuApparizione della Thicodroma muraria sulle mura di Narni. Nella Rivista Scientifica Industriale. Firenze, luglio 1882. Sopra un acaro (argas reflexus) trovato per la prima volta in Italia parassita dell'uomo . Nella Rivista di Scienze Naturali. Siena, giugno 1894. Ab antiquo. - Narni, settembre 1894. Un periodo di storia narnese illustrata dai suoi più vetusti documenti. Narni, Petrignani, 1894. La ferriera di Stifone ed i minerali di ferro trovati sulle montagne di Narni. Nel Bollettino del Naturalista, Siena, 1895. Il comune di Narni durante il sec. XIII. Parte I. Alterocca, 1895. Terni, 33. - Il comune di Narni durante il sec. XIII Alterocca, 1896 . - Parte II. -- Terni, 31. L'antico archivio comunale di Narni. Terni, Alterocca, 1896 . 239 NOTIZIE ATTI DELLA SOCIETÀ Adunanza del 29 settembre 1896 Nell' ultima adunanza generale della Società Umbra di Storia Patria tenuta a di 29 settembre 1896 in Orvieto, in una delle sale annesse al teatro gentilmente concessa da quel Municipio, furono presentati all' ordine del giorno i seguenti oggetti : 1. Relazione del Presidente sui lavori della Società ; 2. Redazione del Bollettino ; 3. Rapporto dei Sindacatori sul conto consuntivo del primo anno sociale 1894-95 ; 4. Resoconto dell' Economo sull'andamento finanziario della Società durante il 1896 ; 5. Presentazione del bilancio preventivo per l'anno 1897 ; 6. Comunicazioni varie. Presidenza del comm. LUIGI FUMI. Presenti i soci : ALESSANDRI prof. LETO ANSIDEI Conte dott. VINCENZO CERRETTI pr. CESARE DONATI prof. dott. GIROLAMO FALCINELLI-ANTONIACCI avv. prof. MARIANO FALOCI- PULIGNANI mons. canonico MICHELE FICARELLI FILIPPO sindaco di Collescipoli 240 ATTI DELLA SOCIETÀ FRANCI Comm. CARLO FUMI Comm. LUIGI GAMURRINI prof. comm. GIO. FRANCESCO LANZI prof. LUIGI MANASSEI conte cav. uff. PAOLANO MANCINI ing. RICCARDO MAVARELLI ing. CESARE MORETTI parr. ALCESTE PONTANI prof. COSTANTINO ROMITELLI Mons. arcid. dott. MARZIO TENNERONI prof. ANNIBALE TOMMASINI MATTIUCCI dott. PIETRO URBINI prof. GIULIO VALENTI Conte dott. TOMMASO. Assistevano all'adunanza per invito della presidenza il cav. Pietro PETRANGELI sindaco di Orvieto, il cav. ROBERTO CASSANO sotto- prefetto di Orvieto, l'avv. MARIO GADDI assessore del municipio di Orvieto, il prof. ALESSANDRO PAGLIARI direttore del giornale cittadino , e le gentili signore nobil donna BIANCA FUMI e contessa MARIA VALENTI. Si diè quindi comunicazione di lettere e telegrammi con cui giustificavano la loro assenza i soci : BARBIELLINI-AMIDEI march. ALESSANDRO BELLUCCI Comm. prof. GIUSEPPE CAMPELLO DELLA SPINA conte PAOLO FAINA Conte EUGENIO senatore del Regno FANI avv. CESARE deputato al Parlamento INNAMORATI prof. avv. FRANCESCO MIKELLI Comm. VINCENZO intendente di finanza dell'Umbria POMPILJ cav. GUIDO deputato al Parlamento ROTELLI can. don ANASTASIO SANSI barone OLIVIERO TIBERI prof. LEOPOLDO TORDI DOMENICO. Il cav. Cassano dichiarò di aver l'incarico di rappresentare il R. Prefetto comm. Ferrari, che non potè lasciare Perugia per la presenza in quella città dei Ministri Branca e Luzzatti, e il conte Vincenzo Ansidei riferi che il Sindaco ADUNANZA DEL XXIX SETTEMBRE MDCCCXCVI 241 di Perugia cav. Rocchi pregava fosse scusata la sua assenza, dipendente dalle stesse cause. Furono giustificate le assenze del prof. Giuseppe Mazzatinti, del prof. Angelo Lupattelli, del conte cav. Alessandro Ansidei e del Segretario della Società prof. dott. Luigi Giannantoni. Per la mancanza di quest'ultimo il Presidente invitò l'Economo a farne le veci. Lo stesso Presidente poi pregò il Sindaco di Orvieto cav. Petrangeli a voler assumere la presidenza onoraria della riunione, e alla proposta del comm. Fumi fecero plauso tutti gl'intervenuti , lieti di offrire per tal modo alla Città di Orvieto e al suo primo rappresentante una testimonianza del loro omaggio e del loro animo grato per la cortese ospitalità. Il Sindaco di Orvieto accettò, ringraziando, la presidenza onoraria e pronunciò il seguente discorso : A voi, egregi signori , ospiti illustri , io porto il saluto della nostra città che vuole testimoniarvi il suo gradimento per l'onore che avete voluto accordarle. Le Nazioni, per mantenere il nome loro grande e ovunque rispettato , hanno bisogno non solo di forti e valorosi soldati, ma eziandio di menti elevate e colte , ammaestrate a savi e retti principî di libertà che principalmente dal buono studio della storia si apprendono. È quindi nobile ed altamente patriottico lo scopo che vi siete prefissi , perchè, eternando le pagine gloriose della nostra storia, voi rendete giustizia ai tempi trascorsi , ammaestramento alle generazioni future, segnalato servigio alla patria. Siate dunque tra noi i benvenuti, e se le deboli forze della nostra città non ci permettono di potervi addimostrare il nostro gradimento, come si converrebbe a persone a voi pari, vi sia egualmente grato il modesto, ma cordialissimo omaggio che Orvieto per mio mezzo vi offre. Le parole dell'egregio Sindaco furono accolte dal plauso unanime degli adunati. Sorse poi a parlare il Presidente comm. Fumi. Egli si 16 242 ATTI DELLA SOCIETÀ compiacque che la prima adunanza regionale, fuori della sede della Società, si facesse in Orvieto, la città che prima entrò a far parte della nuova provincia Umbra, la città che dette. i natali al march. F. A. Gualterio primo Prefetto dell' Umbria, storico italiano e patrio erudito. Ringraziò il Sindaco della accoglienza onorevole, e con un saluto a lui, alla città e alla memoria del march. Gualterio prese a parlare dei lavori sociali compiuti nell'anno 1896. Cominciando dalla serie dei fonti storici, accennò al Regesto Perugino, pel quale s'intrapresero gli spogli degli atti del Cod. « Consilia variorum annorum saeculi XIII » Cod. L, che contiene le Riformanze dal 1 ° maggio 1276 al 29 aprile 1277. e del Dello Statuto perugino più antico fu eseguita la trascrizione fino alla Rubrica « Qualiter procedatur super opere aqueductus montis Pazani » che trovasi a carte 26 del Codice. Dello Statuto volgare la copia fu condotta dal principio fino al libro quarto, rub. 10ª, carte 208, e a compierla mancano solamente poche carte del quarto libro. Diè conto della pubblicazione del Bollettino e passò in rassegna le memorie, i documenti e i comunicati che si contengono nei fascicoli della 2ª annata. Accennò ai vantaggi che la Società ha potuto rendere agli studi in questo secondo anno di vita ; annoverò specialmente fra essi la scoperta che il prof. Scalvanti ha eseguito di un esemplare ms. di una più completa Cronaca del Graziani. Parlo di nuovi e sicuri vantaggi che si potranno ricavare in avvenire, se gli studi sieno condotti con metodo scientifico, sul quale forni opportune dichiarazioni. Raccomandò ai soci di porre mano senz' altro indugio alla Bibliografia Umbra, della quale intendeva presentare i primi contributi nella tornata autunnale che si terrà in Spoleto . E qui si scusò con i colleghi Spoletini se anche in quest'anno non eransi potuti adunare i soci nella loro città . La circostanza speciale di una Esposizione di arte sacra antica ADUNANZA DEL XXIX SETTEMBRE MDCCCXCVI 243 che interessava tutta l'Umbria a recarsi in Orvieto, le facilitazioni ferroviarie accordate agli accorrenti alla medesima, consigliarono la Presidenza ad ottenere dal Consiglio direttivo che l'adunanza fosse fatta in Orvieto ; ed egli come Presidente dell' Esposizione se ne mostrò loro grato e li prevenne che avrebbero trovato un compenso nella duplice importanza storica ed artistica di essa. Riepilogata brevemente una rassegna dei principali oggetti esposti che più interessano la storia delle arti, e accennato agli insegnamenti che un artista potrebbe ricavare dallo studio di essi per la pratica, terminò richiamandosi alle sublimi ispirazioni del Duomo di Orvieto. Aggiunse in fine che la Esposizione di arte sacra sarebbe illustrata ai soci dalla dotta parola del comm. Gamurrini. Dopo le parole del Presidente, unanimemente approvate dagl' intervenuti, sorse il comm. Gamurrini che ringraziò della fiducia in lui posta e si scusò di non potere trattare come si converrebbe l'accennato argomento, avuto riguardo soprattutto al brevissimo tempo in cui gli è stato concesso di studiarlo. Quindi il prof. Luigi Lanzi annunciò la perdita dolorosa. del socio dott. Giuseppe Terrenzi e ne commemorò le elettissime virtù con il seguente discorso : L'ultimo giorno del passato agosto, si spegneva in Narni la vita del socio dott. Giuseppe Terrenzi. Consacrò la sua giovinezza agli studi classici prima, a quelli delle scienze naturali poi, e nella Università di Roma, nel 1879, conseguiva a pieni voti la laurea in chimica e farmacia. Mentre era intento ad un esperimento, vuolsi che una forte aspirazione di cloro ne offendesse i polmoni , e da quel giorno il morbo fatale che dovea trarlo al sepolcro imprese a demolire lentamente l'organismo di lui . Scrisse di geologia, di astronomia, di botanica, di bibliografia e di storia municipale, pubblicando articoli ed opuscoli che gli valsero la estimazione di notissimi scien- 244 ATTI DELLA SOCIETÀ ziati italiani e stranieri . Riordinò con cura e discernimento la biblioteca comunale di Narni, ed in questi ultimi tempi volse specialmente il suo studio ad illustrare importanti documenti rinvenuti nell'archivio di quel Comune. Assuntomi l'incarico di riveder le bozze di stampa per alleviare a lui una parte del lavoro materiale , egli frequentemente mi pregava di sollecitarne dall'editore il disbrigo, giacchè ormai veramente sentiva d'esser giunto agli estremi, e dubitava che i suoi opuscoli avrebber vista la luce quando egli l'avrebbe perduta per sempre ! - E mentre così mi scriveva, e sentiva che gli restava ancora un filo di forze, preparava la seconda parte del suo studio : « Il comune di Narni nel secolo XIII ». E siccome la morte tardava ancora a raggiungerlo, dava opera ad una nota preziosa su « L'antico archivio comunale di quella città. -- Con questa pubblicazione, tocchi appena 41 anni, si chiudeva per sempre la sua vita, raro esempio di attività e di fortezza. La città di Narni ha perduto nel Terrenzi uno dei migliori suoi figli ; noi un amico affezionato e carissimo ; e questa R. Deputazione uno degli illustratori più geniali, più acuti e più valenti della nostra provincia. Il Presidente si associò ai sentimenti di cordoglio espressi dal prof. Lanzi e l'adunanza deliberò che la commemorazione fosse stampata nel Bollettino e che alla famiglia dell'estinto fossero espressi i sensi della più viva e profonda condoglianza. Si passò quindi a discutere della redazione del Bollettino. Il Presidente dichiarò di non poter più continuare, attese le molteplici e gravi sue occupazioni, a dirigere anche nella seconda serie delle pubblicazioni sociali, il Bollettino, e pregò l'assemblea di volerlo esonerare da un tale incarico. Il prof. Tenneroni e mons. Faloci-Pulignani rivolsero al Presidente calda preghiera affinchè desistesse da tale divisamento, affermandosi sicuri d'interpetrare in tal guisa l'animo di tutti i colleghi. Il Presidente, mentre ringraziava i soci Tenneroni e Faloci-Pulignani e gli altri colleghi della fiducia che in lui ri- ADUNANZA DEL XXIX SETTEMBRE MDCCCXCVI 245 pongono, si disse dolente di dovere opporre un rifiuto al desiderio dell'assemblea. Udite altre dichiarazioni in proposito fatte dal conte Ansidei, si deliberò, con voto unanime, di affidare l'incarico della direzione del Bollettino al consigliere della Società e membro della redazione del Bollettino stesso, prof. Giuseppe Mazzatinti. Si diè poi lettura del bilancio consuntivo della Società dal giorno della sua fondazione (12 settembre 1894) al 31 decembre 1895 e si comunicò la relazione sindacatoria. In base a questo rapporto i coadunati approvarono unanimi il consuntivo presentato. A questo punto il Presidente si disse ben lieto di annunciare all' assemblea la Sovrana elargizione di lire 500 fatta alla Società, e lesse la lettera onorifica ed esortatrice agli studi colla quale S. M. il Re si piacque accompagnarla : « Roma, li 27 febbraio 1896. « Ho avuto l'onore di rassegnare a S. M. il Re, in adesione al desiderio da V. S. espressomi, il 1° volume dei Bollettini che cotesta Società ha pubblicato iniziando i suoi lavori e le sue ricerche storiche , e coll'occasione ho pure rappresentato alla M. S. il voto che V. S. in nome dei consociati esprimeva di ottenere dalla Sovrana munificenza un atto di benevolo incoraggiamento all'opera della nuova Associazione. « L'atto di devota reverenza che codesto Sodalizio ha voluto compiere offrendo alla Sovrana attenzione il primo saggio delle sue pubblicazioni è tornato sommamente accetto alla Maestà Sua che molto tiene in onore le alte e severe discipline, cui cotesto Sodalizio intende dedicare la propria diligente e studiosa operosità per la ricostruzione della storia civile ed artistica di cotesta nobile contrada. « L'Augusto Sovrano in segno del suo gradimento, e nel desiderio di cooperare alla vitalità e all'incremento della Associazione, mi ordinava pertanto di porre a disposizione di essa la somma di lire cinquecento, ed io , bene onorato di compiere il Sovrano volere, nel darle il lieto annuncio, mi fo pregio farle tenere qui unita la somma 246 ATTI DELLA SOCIETÀ del Sovrano contributo, rendendomi interprete presso la S. V. e gli onorevoli di lei colleghi degli alti sensi di benevolenza e di estimazione che l'Augusto Sovrano si compiaceva manifestare verso la spettabile Società da V. S. degnamente presieduta. << Con preghiera di rimandarmi firmato l'unito modulo di quietanza, riceva, Ill.mo signor Presidente, gli atti della mia maggiore osservanza, << Il Reggente il Ministero della Real Casa Tenente Generale « PONZIO VAGLIA » . Tutti i convenuti si alzarono e ringraziarono. Il conte Vincenzo Ansidei passò poi a riferire sull' andamento finanziario della Società durante il 1896. Nel por termine alle sue parole, l'Ansidei si disse certo di esprimere i sentimenti di tutti gli adunati, portando un saluto al commendatore Luigi Fumi, al Presidente illustre della Società, che mente e cuore consacra al bene e all' incremento di questo istituto, e confermandogli i sensi della stima affettuosa e devota, della quale i soci lo proseguono e lo proseguiranno sempre. L'Ansidei chiese inoltre gli fosse consentito di farsi interpetre dei convenuti nella simpatica città di Orvieto e di porgere un altro saluto rispettoso e cordiale all'onorevole Rappresentante di Orvieto, un saluto esprimente la più viva gratitudine per l'accoglienza squisitamente cortese, che Orvieto volle fare ai componenti la Società Umbra di Storia Patria. L'adunanza, prendendo atto del rapporto dell' Economo, approvò il preventivo della Società per il 1897 nei termini enunciati. Il Presidente propose poi che dalla categoria dei soci aggregati passassero a quella dei collaboratori i signori BENUCCI DOMENICO TORDI DOMENICO, ADUNANZA DEL XXIX SETTEMBRE MDCCCXCVI 247 che quindi soci aggregati fossero nominati i signori ALFIERI prof. VITTORIO BRIGANTI dott. FRANCESCO BRIZI dott. GIO . BATTISTA CORBUCCI avv. VITTORIO DEGLI AZZI VITELLESCHI GIUSTINIANO FABRI- STELLUTI conte prof. FRANCESCO FILIPPI avv. ALESSANDRO FRATELLINI avv. comm. SALVATORE MORINI ADOLFO OIETTI UGO RANIERI Conte dott. EMANUELE RANIERI DI SORBELLO march. dott. RUGGERO RICCI dott. prof. RAFFAELLO SORDINI Cav. GIUSEPPE e a soci corrispondenti fossero eletti i signori GRISAR padre ARMANNO della I. R. Università di Innsbruk e PERATE ANDREA addetto ai Musei nazionali di Versailles. Furono accettate ad unanimità le proposte del Presidente, il quale da ultimo si disse lieto di potere annunciare come con R. Decreto in data 27 febbraio 1896 fosse stata costituita la R. Deputazione Umbra di Storia Patria. Questo annuncio fu salutato dagli applausi di tutti gl'intervenuti. Dopo di che l' adunanza si sciolse. Terminata l'adunanza, il Presidente comm. Fumi invitò i signori che si trovavano riuniti nelle sale del teatro a passare in quelle del suo palazzo, e là fu servito un sontuoso rinfresco, e tutti furono oggetto delle cortesie più squisite da parte del comm. Fumi e della nobile sua Signora ; durante quel graditissimo convegno giunsero, accolti festosamente, il signor conte Paolo Campello della Spina e la di lui Signora, che non avevano potuto, per la perduta coincidenza ferroviaria, assistere all'adunanza. 248 ATTI DELLA SOCIETÀ Dal palazzo Fumi, la geniale comitiva si recò a visitare i monumenti, di cui è ricca Orvieto, e in modo speciale quel miracolo dell'arte e della fede che è il Duomo ; non è a dire quanto fosse per ognuno interessante quel giro artistico fatto sotto la dotta guida del comm. Fumi, pel quale i tesori di arte orvietani non hanno più alcun segreto. Dopo il Duomo si visitò il Museo Etrusco del senatore conte Eugenio Faina, e quindi si passò al Palazzo dei Papi testé restaurato con intelligentissimo amore, dove erano raccolti da tutta Italia oggetti sacri inestimabili per la loro importanza storica, religiosa ed artistica, ed anche per il loro effettivo valore. In quella immensa sala, innanzi ad un elettissimo uditorio, fra cui notavansi le LL. EE. Rev.me i vescovi di Orvieto e di Amelia, il signor cav. Cassano sotto - prefetto di Orvieto, il conte comm. Vespignani presidente onorario dell'Esposizione, il cav. arch. Paolo Zampi segretario della medesima, e il comm. Carlo Franci presidente dell' Opera del Duomo, il comm. Gamurrini con ispirato discorso segnalò all' ammirazione degli ascoltatori i principali oggetti della mostra meravigliosa, ed evocando i ricordi che si collegano al luogo in cui egli parlava, tratteggiò varî importanti momenti della storia italiana. La conferenza del comm. Gamurrini fu spesso interrotta e accolta in fine da fragorosi, unanimi applausi, che rivelarono come tutti quanti trovavansi nella sala del Palazzo Soliano avessero ascoltato con infinita compiacenza la elegante e vibrata parola dell'oratore. Prima di uscire dalla sala furono distribuite ai presenti alcune monografie storiche illustrate, di recente edite dal Fumi, fra le quali quella del Palazzo Soliano o de' Papi in Orvieto. La sera poi il Municipio invitò a splendido banchetto i componenti la Società Umbra di Storia Patria. ADUNANZA DEL XXIX SETTEMBRE MDCCCXCVI 249 La festa fu più gradita per la presenza delle signore : Nobil Donna BIANCA FUMI Contessa DI CAMPELLO DELLA SPINA Contessa VALENTI Contessa VESPIGNANI Contessa PICCOLOMINI. Ai brindisi primo parlò il prof. Annibale Tenneroni ; egli, anche per incarico avuto dai colleghi, ringraziò il Sindaco e i cittadini di Orvieto, i quali con la loro accoglienza resero anche più solenne l'adunanza della Società Umbra di Storia Patria; gli tenne dietro il conte Vincenzo Ansidei e salutò il cav. Giulietti che era Sindaco di Orvieto quando la Società sorse e che con ogni suo potere la favori ; presentò quindi le attestazioni della riconoscenza più sentita al Consiglio provinciale dell' Umbria che di nuovo aveva dato prova di benevola fiducia nelle sorti della Società confermando il sussidio annuo di lire cinquecento, e portò un reverente saluto al comm. Giacomo Bracci, presidente del Consiglio stesso, e, per fortunato caso, padre dell'on . deputato Giuseppe Bracci che insieme agli altri deputati umbri, tanto efficacemente avea contribuito a che fosse costituita la R. Deputazione Umbra di Storia Patria. Rivolse il pensiero devoto e grato al senatore Eugenio Faina e ai deputati Bracci, Fani e Pompilj dicendosi dolente di non vederli nel lieto convegno, e da ultimo porse gli omaggi suoi e de' colleghi al cav. Cassano rappresentante il Governo, facendo voti perchè questo sempre più protegga la nascente istituzione. La più cordiale allegria regnò sempre nella simpatica riunione che valse a stringere e a rannodare vincoli cari fra le varie città Umbre e fra i cultori dei medesimi studi, che di quelle città fanno rivivere le gloriose memorie. La giornata del 29 settembre 1896 è per noi un carissimo ricordo a cui è unito il nome di Orvieto ospitale e gentile. 251 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO - OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI R. Istituto Storico Italiano. Fonti per la Storia d'Italia. - Statuti, secoli XIII-XIV. ( I capitolari delle Arti Veneziane sottoposte alla Giustizia e poi alla Giustizia vecchia dalle origini al MCCCXXX a cura di GIOVANNI MONTICOLO, Vol. I con tavole. Statuti delle Società del popolo di Bologna a cura di AUGUSTO GAUDENZI, Vol . II . Società delle arti ) . Epistolari, secoli XIV- XV. (Epistolario di Coluccio Salutati a cura di FRANCESCO NOVATI, Vol . III) . Scrittori, secolo VI. ( La guerra gotica di PROCOPIO DI CESAREA, testo greco emendato sui manoscritti con traduzione italiana a cura di DOMENICO COMPARETTI, Vol. II) . ---- - Archivio Storico Italiano (Dispensa 4ª del 1896) . Memorie e documenti. -- Nuovi documenti sulla guerra e l'acquisto di Pisa ( 1404-1406) , IDA MASETTI BENCINI. La miniatura in Bologna dal XIII al XVIII secolo , FRANCESCO MALAGUZzi Valeri. Un ricevimento regio al principio del settecento ( Filippo V a Genova) , MICHELE ROSI. Archivi , Biblioteche e Musei. Aneddoti e varietà. denze. Rassegna bibliografica. - Notizie. Archivio Storico Lombardo (Serie III , Fascicolo 12°) . -- ___ - CorrisponMemorie. Contributi alla Storia della ricostituzione del Ducato Milanese sotto Filippo Maria Visconti ( 1402-1421) , G. ROMANO. Storia ed arte Sull'origine dell'arte longobarda, P. FONTANÁ. San Pietro al monte di Civate Il corpo di S. Calocero, P. M. MAGISTRETTI. Una breve corsa artistica fra le grangie o possessioni agricole della Certosa di Pavia, D. SANT'AMBROGIO. Relazione annuale dell'Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti in Lombardia, G. MORETTI. - -- 252 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI - Archivio Storico per le provincie Napoletane (Fascicolo 4° del 1896) . Clemente VI e Giovanna I di Napoli ( Documenti inediti dell'Archivio Vaticano, 1343-1352) , F. CERASOLI. Un ministro napoletano del secolo XVIII ( Domenico Caracciolo) , M. SCHIPA. — Dialoghi e Cartelli del 1547 , X. - Don Trojano Odazi, la prima vittima del processo politico del 1794 in Napoli . Archivio della R. Società Romana di Storia Patria (Fascicoli 3 ° -4° del 1896) . L'Archivio storico del Comune di Viterbo , P. SAVIGNONI. - Della campagna romana, G. TOMASSETTI. boliche e gli stemmi di Roma, V. CAPOBIANCHI . -- Le immagini simVarietà. Breve - inedito di Giulio II per la rivendicazione del regno di Francia ad Enrico VIII d'Inghilterra. Nuovo Archivio Veneto (Tomo XII, Parte 2ª del 1896) . Un erudito e folklorista veronese ( Ettore Scipione Maffei) , G. Biadego . Il diario della guerra di Chioggia e la cronaca di Galeazzo Gatari, V. LAZZARINI. R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. - - Memorie. Classe di lettere, scienze storiche e morali ( Vol . XX- XXI della Serie III , Fascicolo 4º). L'opuscolo « De insulis nuper inventis » del Messinese Nicolò Scillacio confrontato con le altre relazioni del secondo viaggio di Cristoforo Colombo in America, C. MERKEL. Rendiconti (Serie II, Vol. XXIX, Fascicoli 16° a 20° - Vol . XXX, Fascicoli 1º e 2º) . R. Accademia delle Scienze di Torino. Memorie. - w - (Serie II, Tomo XLVI, Anno MDCCCXCVI) . Classe di scienze morali , storiche e filologiche . Saggi d'indici sistematici illustrati con note per lo studio dell'espressione metaforica di concetti psicologici nella lingua greca antica, D. PEZZI. Federico Herbart e la sua dottrina pedagogica, G. ALLIEVO. Origini del Comune di Biella, L. SCHIAPARELLI. Atti (Vol. XXXI, Dispense 12ª a 15ª , 1895-96) . R. Accademia dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Rendiconti ( Serie V, Vol. V, Fascicoli 6º e 10º) . ―― R. Deputazione di Storia Patria per le provincie delle Marche. e memorie (Vol. I e II) . ―Sommario del Vol. II. al Chienti con appendice, G. Rossi. giana (Ascoli Piceno) , G. Gabrielli. Marche. - Statuti anconitani del mare, e patti con diverse nazioni a cura di C. Atti S. Claudio Bibliografia storica marchiFonti per la storia delle del terzenale e della dogana CIAVARINI, Vol . I. Atti e memorie della Società Siciliana per la Storia Patria (Anno XXI, Fascicoli 1º e 2º) - Paolo Caggio prosatore siciliano del secolo XVI, L. NATOLI. - Di Pietro Ruzulone, pittore palermitano dei secoli XV e XVI, G. DI MARZO. PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 253 R. Accademia dei Rozzi Fascicoli 2º, 3º e 4º) . Bollettino Senese di Storia Patria (Anno III , Memorie originali - --- I manoscritti milanesi delle satire latine di Q. Settano --- , D. BASSI. La casa di M.° Bartolo di Tura, C. MAZZI. I sepolcri degli scolari tedeschi in Sieua, A. LUSCHIN. La Charta Libertatis > e gli Statuti della Rocca di Tintinnano, L. ZDEKAUER. Bollettino della Società di Storia Patria Anton Lodovico Antinori » negli Abruzzi (Anno IX, Puntata XVII) . Topografia della Regione Vestina, I. LUDOVISI. L'organismo interno di un Comune Abruzzese nel trecento, L. SORRICCHIO. La questione della reintegrazione del dominio dell'Aquila sulle castella del contado, L. PALALe terme acquasantane, E. DEL RE. Montauto di Maremma, C. CALISSE . TINI. - - - -- Rassegna critica di - --- pubblicazioni storiche Celestine uscite nel 1896 , V. MOSCARDI. Studi e documenti di Storia e Diritto (Anno XVII, Fascicolo 4º) . Sul concetto della exceptionis defensio, E. CARUSI . Frammenti del libro XII della geografia di Strabone scoperti in membrane palinseste della Biblioteca vaticana, G. Cozza-Luzi. Gli Annibaldi in Roma nel secolo XIII , F. SAVIO. La presa e l'incendio di Amelia per opera delle milizie di Federico Barbarossa o di Federico II , G. PARDI. ―― Atti della Società di Archeologia e di Belle Arti per la provincia di Torino (Vol. VII, Fascicolo 1º) . La casa medievale di via Giacomo Leopardi in Torino, R. BRAYDA. Iscrizioni romane inedite del Canavese, G. DE JORDANIS. Augusta Bagiennorum, G. AsSANDRIA E G. VACCHETTA. Nuove iscrizioni romane del Piemonte inedite, G. ASSANDRIA. Iscrizioni di Chignolo Verbano , E. FERRERO. ― Ecole française de Rome. Mélanges d'archéologie et d'histoire (A. XVI, Fasc. 5 ) , Études sur l'organisation municipalle du haut empire, J. TOUTAIN . Description du manuscrit de Plaute « B » , F. NougaRET. Le sac de Rome ( 1527) - Rélation inédite de J. Cave orléannais, L. DOREZ. Chronique archéologique africaine, S. GSELL. Rivista di Storia, Arte, Archeologia della provincia di Alessandria (Anno V, Fascicolo 15º) . Studî. Memorie storiche sul Comune di Occimiano Il libro degli Statuti , C. NOVARESE. L'Abazia di S. Marziano di Tortona nel periodo medievale, F. SAVIO . Documenti. Indice del Moriondo » , F. SAVIO. L'archivio di S. Maria di Castello , F. GASPAROLO. - R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. - - La propaganda della - Di una pace e la conferenza interparlamentare, E. CASTELLANI. data importante nella storia della epopea franco - veneta, V. CRE- 254 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI SCINI. -- Della prima forma che ebbero le pie fondazioni cristiane Un cosmografo del quattrocento Amici e corrispondenti di Ganel diritto romano, B. BRugi. - imitatore di Dante, B. MORSOLIN. LANI. - -- - - lileo Galilei ( II : Ottavio Pisani) , A. FAVARO. Pietro Bembo, bibliotecario della libreria di S. Marco in Venezia ( 1530 - 1543) Ragguagli storici desunti da documenti editi ed inediti , C. CASTELI sigilli della Università di Padova dal 1222 al 1797 Nota con documenti, A. GLORIA. Amici e corrispondenti di Galileo Galilei ( III : Girolamo Maganati) , A. FAVAro. Di una recente opera su Papiniano e delle odierne tendenze nella storia della giurisprudenza romana, B. BRUGI. De duobus Catonis et Festi locis ad Henricum Cocchia, P. ERCOLE. Le parole conte (Noterella dantesca) , F. CIPOLLA. Della vita e delle opere di Giuseppe De Leva, B. MORSOLIN. I due orologi meravigliosi inventati da Jacopo e Giovanni Bondi (nota documentata) , A. GLORIA. --- - Nel secondo centenario di Giovanni Battista Tiepolo , P. MOLMENTI. Studî sul dialetto veneziano, D. RICCOBONI. - - D ora Rivista delle Biblioteche e degli Archivi ( Anno VII, Vol. VII, Fascicoli 1º e 4º). Il codice Mediceo - palatino 234 della R. Biblioteca Mediceo - Laurenziana, O. BACCI. Il codice Angelucci Laur Ashburnhamiano del Canzoniere di Giusto de' Conti , E. RoSTAGNO. Di antichi manoscritti dell'Abbazia di S. Galgano, C. MAZZI. Notizia bibliografica Petrarchesca, A. MOSCHETTI. libro d'Augubio. Contributo alla Storia degli antichi canzonieri italiani, T. CASINI. Lettere inedite di L. A. Muratori ad A. Zeno e --- - II di questo a lui , G. B. Delle Biblioteche dalla loro origine fino all'età di Augusto, LEO S. OLSCHKI. Accademia di Scienze, Lettere e Arti degli Zelanti e PP. dello Studio di Acireale. Atti e rendiconti (Nuova serie, Vol . VII , 1895-96) . Bollettino della Società dantesca Italiana (Vol. IV, Fascicolo 3º) . Bollettino della Società africana d' Italia ( Anno XV, Fascicoli 4º, 5º e 6º). Bollettino storico - bibliografico subalpino, diretto da F. GABOTTO (Anno I , numeri 4º e 5º). Nuova rivista Misena, diretta dal prof. A. ANSELMI ( Anno IX, numeri 3º, 4º, 5º e 6º). Miscellanea storica Senese (Anno IV, numeri 9° e 10°) . Erudizione e belle arti, miscellanea diretta dal prof. F. RAVAGLI (Auno III, Fascicoli 1º e 4º). La Favilla, Rivista dell' Umbria e delle Marche, diretta dal prof. L. TIBERI ( Anno XIX, Fascicoli 7º, 8º e 9º). PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 255 La Civiltà Cattolica, (Serie XVI, Vol. VI, Quaderno 1104, Vol . VII , Quaderni 1105 a 1109, Vol. VIII, Quaderni 1111 a 1116). Rivista Calabro - Sicula di Storia e Letteratura , diretta dal prof. R. V. SCAFFIDI ( Anno I , Fascicolo 1º) . Bulletin de la Société d'Histoire Vaudoise (n . 13) . Analecta Bollandiana (Tomo XV, Fascicolo 4º) . AMICIZIA G. CECI G. - Città di Castello nel 1893 . I podestà ed i giudici del popolo e i capitani di Terni nominati nelle carte medievali dell'Archivio Tuderte di S. Fortunato. - - Due quartine del notaio Damiano q. Venturella ( 1335) . — Pubblicazioni per nozze Antonini- Marcantoni. CLARETTA G. - Trattato seguito nel 1665 fra il Duca Carlo Emanuele II di Savoia ed il Duca della Mirandola Alessandro II Pico per la coltivazione di miniere. Di alcune vicende domestiche dello storiografo di Savoia Luca Assarino . COMANI F. E. Breve storia del medio evo ad uso delle scuole secondarie (Due volumi ) . DEGLI AZZI VITELLESCHI G. Perugia. -- I Capitani del Contado nel Comune di LANCIARINI V. Tiferno Mataurense e Provincia di Massa Trabaria - (Fascicoli 1º e 3º). LISINI A. RAVAGLI F. Papa Gregorio XII e i Senesi . - Il Cortona (Domenico Cecchi) . Furiosi-Fabbri. SANTONI M. veri. - -- Pubblicazione per nozze - StaNocelleto, il trittico di Santa Maria e l'ospizio dei poAffresco del secolo XV in Castel S. Angelo di Visso. tuta comunis et populi civitatis Vissi antiqui et fidelis jussa vel disposita ante an. MCDLXI. TRABALZA C. - Della vita e delle opere di Francesco Torti di Bevagna con una lettera di L. MORANDI. 257 ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA dal 1320 al 1330 studiati su documenti inediti dell' Archivio segreto Vaticano da Una questione antica, quanto la nuova libertà bandita in nome dello spirito da Gioacchino, il calabrese << di spirito profetico dotato » (Dante, Par. XII, 140) , fu risollevata nei primi del secolo XIV ; la questione, tutta di carattere sociale, sulla povertà evangelica. Insinuata per gli scritti di Pietro d'Oliva , aveva trovato, dopo la condanna del concilio di Vienna, la via di propalarsi durante la lunga vacanza della Sede per la morte di Clemente V. I Beghini la predicarono per tutto, e a Marsiglia incontravano, per essa, volentieri anche la morte, ascendendo impassibili su i roghi. In segnavano che G. C. e gli apostoli non avevano posseduto cosa alcuna per diritto di proprietà o di dominio, nè in particolare, nè in comune. Sostenuta cotesta dottrina in modo assoluto e con la insistenza di un precetto dai frati minori, ebbe contrarii i domenicani. L'opinione pubblica fu per i minori, a giudicare dal seguito che essa si tirò dietro. Dante, per cui Francesco e povertà furono due « amanti » , dietro a' quali << la gente poverella crebbe » ( Par . XI , 94 ) , facilmente sarebbe stato per i minori ; mentre ai domenicani rimproverava il « peculio di nuova vivanda fatto ghiotto » (ivi, 124) , assomigliandoli alle « pecore » che deviando dai loro pascoli, « tornano all'ovil di latte vote >> (ivi, 129) . Ma » 17 258 L. FUMI posta così come precettiva, fu ritenuta per ereticale da costoro. Non valse agli altri lo schermirsene, trincerandosi dietro la decretale « Exiit qui seminat » ( 1 ) , per la quale Onorio III aveva insegnata meritoria e santa la rinuncia dei beni fatta per amor di Dio. Fra Berengario, francescano, e frate Giovanni, de' Predicatori, si bisticciarono in dispute, cui il papa si credette porre un termine, rimettendosene al parere di Ubertino da Casale. Questi, con le sue sottigliezze, non contentò alcuno. Il papa, spinto dai domenicani, revocò la decretale di Onorio per il pretesto che dava, con la sua interpetrazione troppo letterale, a prolungare la contesa. Allora si levò su fra Michele di Cesena, ministro generale dei Minori, e convocò a Perugia il Capitolo generale, dove sostenne e difese la decretale di Onorio contro la nuova costituzione pontificia « Quia nonnunquam » (2). Rispondendo a tutti i bisticci scolastici degli avversarî, pareva che s' ispirasse direttamente ai caldi affetti del padre e maestro, che: << ai frati suoi , si come a giuste rede, raccomandò la donna sua più cara, e comandò che l'amassero a fede » . (Dante, Par. XI, 112-114) . Ma quel Capitolo di Perugia parve un fatto audace, un sollevarsi dello spirito di libertà contro i decreti pontifici. Il (1) Le parole di Onorio sono le seguenti : ... « Quod abdicatio proprietatis hujusmodi omnino rerum tam in speciali, quam etiam in comuni propter Deum meritoria est et sancta , quam et Christus viam perfectionis ostendens verbo docuit et exemplo firmavit, quamque primi fundatoris militantis Ecclesie, prout ab ipso forte hauserant, volentes perfecte vivere, per doctrinae ac vitae exempla in eos derivarunt (HONOR. , Decret. « Exiit ») . Ma non pretese farne un articolo di fede e se ne rimise alla interpetrazione della S. Sede. (2) Reg. Vatic. Ep. 57, an. VI, VII Kal. aprilis. V. WADDING (t. VI e VII) che riporta gli atti della contesa francescana, non senza propensione per il suo Ordine. V. anche Tocco, L' Eresia nel medio evo, Firenze 1884. Dalla submissio Petri de Corbaria meglio si rivela la parte principale che ebbe nello scisma e nella eresia fra Michele da Cesena. V. CIACCONIO, Vitae, II, pag. 440, 442. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 239 papa, a rintuzzarlo, negó ai francescani il diritto delle cose e dei beni che era stato a loro concesso ; li privò del diritto di nominare sindaci e procuratori. Insomma, Giovanni XXII con la sua decretale « Ad conditorem canonum >» (1) distrusse tutta l'opera del papato, quanto cioè i francescani erano riusciti ad ottenere da Gregorio IX, Innocenzo, Alessandro, Martino IV, Niccolò III e Clemente ; « la qual cosa (dice il Villani) fu tenuta grande novitade nella chiesa di Dio » (2) . Tutto l'Ordine ne andò sossopra. Il suo procuratore, fra Bonagrazia da Bergamo, si appellò contro la costituzione ; ma ebbe in risposta, per tutti, la conferma con un nuovo atto ( « Quia quorumdam mentes » ) , e, per sè , la carcere. Tornate vane tutte le pratiche per richiamare all'obbedienza fra Michele, costui fu scomunicato. Egli diè occasione ad una nuova eresia che dagli scrittori ecclesiastici si nota così : < De Christi et apostolorum paupertate » (3) . E molti furono i suoi aderenti. Nell' Umbria, non pochi seguitarono le idee nuove. Già dai tempi di Celestino V, Jacopone da Todi, Tommaso da Trevi, Corrado da Spoleto, Pietro da Montecchio, stati familiari dell' eremita prima del pontificato, e poi gli spirituali, distaccatisi dall' Ordine, e i fraticelli e gli spirituali un'altra volta, soffrendo e tribolando, avevano apprestate, con le per- (1) A. 1322, VI idus decembris. (2) Lib. 9, 156 . (3) CIACCONIO, II , 393. Questa eresia dà motivo a considerare in quali mani fosse caduta l'eredità di S. Francesco non ancor alla distanza di un secolo da lui. Obliato il vero spirito della regola, la questione era tutta astratta e rimaneva senza appoggio . Della vera via evangelica indicata da S. Paolo ai Timotei (6, 8) : « Habentes alimenta et quibus tegamur, his contenti sumus » si smarri la traccia. Si sosteneva come principio, ma in pratica poi si usava la distinzione dei beni « ab uso in rebus » per proprio tornaconto, mentre gli avversari ripigliavano che l'usufrutto presuppone il diritto di proprietà. Il papa riprendeva i francescani di insubordinazione verso i superiori canonicamente stabiliti . A che giova la castità e la povertà senza la soggezione ? « La povertà è grande (egli diceva) , la castità lo è ancora molto, ma l'ubbidienza è superiore a queste due virtù (WADDING, II . Boll. di p . Giov . XXII, « Quo- rundam exigit > ). 260 L. FUMI secuzioni e col dolore, nuove armi alla difesa della regola, che gli altri ordini giudicavano troppo severa e impossibile ad attuare. Nè è privo di significato che frate Michele scegliesse Perugia a luogo di convegno per quel Capitolo generale, da cui doveva sorgere la prima favilla del nuovo incendio che sacrificò taute vittime all'eresia. Primo di tutti, il capo dell'Ordine da inquisitore passò ad esser giudicato ; da braccio destro di papa Giovanni XXII, ritorte le armi contro di lui, si converti nel suo più fiero assalitore, trasse dalla sua il celebre inglese Guglielmo Occam, capo della setta dei nominalisti, e portò l'agitazione in mezzo ai dottori dell' Università di Parigi. Sembrerebbe una questione oziosa, come è sembrata ridicola e pazza al Sismondi, al Nicole, al Martin e al Lavallie ; ma tutt'altro che leggiera e vana per le menti dei pensatori del tempo, poichè ad essa si ricollegavano principî di ordine gravissimo. Di sotto all'arruffio delle dispute scolastiche, si affacciava una questione molto più seria che imponeva i limiti alla podestà pontificia, oltre la quale s' invocava l'autorità della Chiesa, del Concilio e dell' imperatore. Questo dalla parte dei ribelli. Da parte poi della Chiesa, si vede bene quanto s'impigliasse contro il principio della universale giurisdizione della S. Sede il consiglio evangelico della povertà messo come legge fondamentale. Osserva quindi il Gregorovius che « se avesse posto radice la dottrina che gli apostoli non avevano posseduto alcuna proprietà temporale, la Chiesa Romana avrebbe perduto quelle fondamenta, sulle quali in lungo corso di secoli aveva costruito l'edificio della sua potestà temporale . . . . , ed ella compariva bruttata di errore contrario alla dottrina evangelica, e pareva che dal puro ed ecclesiastico ordinamento dell'età apostolica fosse scaduta, etc. » ( 1). (1) Storia della città di Roma nel Medio evo, vol . VI, p. 139. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC . 261 La gravità, anzi, di quel movimento appare dagli stessi effetti che ne seguitarono. Giovanni XXII si vide assalito dagli spirituali che lo tennero per dannato e lo chiamarono Anticristo, eresiarca e dragone a sette teste dell' Apocalisse, e chiamarono la Chiesa d'allora la prostituta di Babilonia, Questi scrivevano e predicavano che a risollevare la Chiesa e a rimetterla sulla via della purità evangelica, ci voleva un angelo destinato da Dio, e quest'angelo c'era : S. Francesco col suo Ordine. Si vide poi assalito dai ghibellini, i cui spiriti s'erano ridesti, nelle terre della Chiesa, per l'assenza della curia dall'Italia, a nuove speranze. Tendevano verso il concetto filosofico e giuridico che Dante allora aveva divulgato nella sua Monarchia e anche nel Concito, e pensavano che si poteva bene mettere in effetto : chè è assurdo definire, come fanno alcuni, questo concetto per un semplice sogno di poeta in chi, come Dante, visse in mezzo alle lotte politiche e per la politica, e ne rappresentò in se stesso i dolori e le speranze, come l'azione drammatica nella Commedia. Quindi noi troviamo eretici e ribelli insieme. Al movimento ereticale si unisce l'agitazione politica ; e si ribellano la Romagna e la Marca d'Ancona. Spoleto inalbera il vessillo della rivolta e si leva fieramente tirandosi dietro tutta l'Umbria. I documenti che riproduco dall'Archivio Segreto Vaticano ci fanno vedere quanto intensa e vivace fosse la opposizione e quanto stretto il nesso, come accade, fra le idee religiose e le politiche nel medio evo, dimostrando contro quale forza di resistenza dovessero ormai cozzare i guelfi. Se Perugia non avesse tenuta alta l'insegna delle chiavi, la parte ghibellina, sollevatasi con tanto sforzo, non sarebbe caduta così presto. La repressione di Perugia impedi, come vedremo, al celtro di Dante, personificato, per un momento, nel conte Federico da Montefeltro, di quella rivolta primo autore, che egli, inteso a cacciare la lupa per ogni villa, la rimettesse là onde invidia prima dipartilla » (Inf. I, 111) . Perugia se 262 L. FUMI ne ripago, adoperando con scaltrezza a danno dell' antica rivale, Spoleto, nè a tutto vantaggio del papa. I. È molto verosimile che di una eresia, come quella promossa da Michele di Cesena, non si interessassero troppi. Il popolo, in specie, non poteva comprendere la disputa, nẻ la ragione di essa. Non la comprendeva nemmeno Lodovico il Bavaro che si dichiarò ignorante di sacra scrittura e delle sottigliezze dialettiche ( « Scripturarum et litterarum subtilitatum nos ignari » ) ( 1) : molto meno la potevano comprendere le masse, avvezze nei pregiudizi, e, a seguire gli esempi della vita più propense, che non capaci di penetrare i principi della religione. A mantenerle nei pregiudizi vi erano sempre in gran numero gli astuti e i furbi che con le arti della magia e dell' astrologia sapevano gabbare la buona fede del pubblico, attraendolo in infiniti modi : a lusingarne le tendenze superstiziose attendevano le turbe dei falsi mendicanti, che spacciando miracoli e affettando la povertà evangelica, predicavano nelle piazze. Favoriva poi la inclinazione verso l'errore nei credenti lo stato delle nostre province, abbandonate alla rapacità degli ufficiali francesi ; Guasconi di Clemente V con Caorsini di Giovanni XXII : << In veste di pastor lupi rapaci Si veggion di quassù per tutti i paschi. O difesa di Dio perchè pur giaci ? Del sangue nostro Caorsini e Guaschi s' apparecchian di bere > . (Par. XXVII, 55-59) . Tutti quelli che in Avignone non incontravano favore, quelli che temevano persecuzioni e gli altri, francesi e d'altre nazioni, che scampavano ai giudizi della Curia, riparavano in Italia, e nelle terre della Chiesa specialmente. Tutti que- (1) Vatikanische Akten zur deutschen Geschichte in der zeit Kaiser Ludwigs des Bayern, Innsbruck, 1891 , 639. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC . 263 sti non venivano fra noi a crescere la reputazione della Curia e il buon nome di papa Giovanni XXII. Il quale appena eletto, non aveva nascosto la sua intenzione di rinunziare all'andata a Roma, e davanti ad una deputazione di borghesi d'Avignone, che lo ricevette alle porte della città, rispondendo alle felicitazioni, aveva dichiarato che egli, sull'esempio di Clemente V, avrebbe stabilita la sua dimora fra quelle mura ( 1) . Le prime notizie che correvano della Curia e di lui erano state di ben cattivo auspicio. Una congiura fu ordita contro la vita dei cardinali e del papa. Gli storici non ne fanno menzione (2) ; ma mi pare utile accennarla, anche perchè il modo che fu tenuto, servendosi della magia, e le cautele che in seguito adottò il papa per preservarsene, caratterizzano il tempo e possono giovare ad intendere meglio, per la magia, l'eresia. Dice uno scrittore del secolo XVI : crescit cum magia haeresis, cum haeresi magia (3). Narra dunque lo stesso Giovanni papa di un orrendo delitto, di un esecrabile misfatto, di un detestabile sacrilegio commesso contro di lui e alcuni cardinali, la cui inaudita temerità aveva fatto inorridire la gente » . Persone ecclesiastiche e secolari macchinarono con nefanda congiura una cospirazione di morte per veleno. Perchè non mancasse l'effetto, si ricorse agl' inganni dell'arte magica e alle incantagioni dei demoni. Fabbricarono figure di cera sotto i nomi del papa e de' cardinali, e queste, attossicate, dovevano uccidere per contatto. Ma la Provvidenza fece cadere nelle mani del papa i veleni e tre di quelle immagini ( forse prima che fossero affatturate) , e tornarono vani gli attentati. « Chi non sentirà orrore per figliuoli cosi pazzamente e senza ragione congiurati ad invelenire contro il padre e contro i fratelli che insieme con noi portano il peso del mondo ? Chi sosterrà ( 1 ) VERLAQUE, Jean XXII, sa vie et ses oevres d'après des documents, Paris, 183, p. 71. (?) All'infuori del RINALDI, Ann. Eccles. I, 858 , ma senza il racconto. (3) V. SOLDAN, Geschichte der Hexenprocesse, p . 304. 264 L. FUMI senza amarezza l'audacia di sudditi, che infranto il sacramento di fedeltà, si sono fatti cosi spergiuri contro il signore e così iniqui assassini di lui e dei fratelli suoi ? Dove si troverà un luogo sicuro per governare ? Quale sovrano si sentirà tranquillo quando il romano pontefice e la sua curia corrano siffatti rischi, e quando i suoi fratelli e figli spirituali sono esposti alle medesime insidie ? » Così il papa, pochi mesi dopo la sua elezione. Fu una congiura, per quanto pare, di palazzo, dove si scopri che un cantore, commensale e cappellano pontificio, pessimo soggetto, che aveva rapita e violentata una monaca, suor Mabilia di Castiglione, del monastero di S. Croce di Poitiers e se la teneva da tre anni per concubina, un vile sicario che fece commettere un omicidio a certi suoi nepoti, reo anche di falso e di corruzione di giudici, reo di lesa maestà, andava seminando discordie nel sacro Collegio : metteva dissidi fra cardinali contro il pontefice, insinuando con male suggestioni « perchè contro di lui congreghe, congiure e cospirazioni inique si preparassero, sicuro che, così scissi e divisi, si sarebbero sminuite le forze del governo del mondo » . Faceva capo la congiura nel vescovo Caturcense, Ugo Geraldi, che fu degradato, toltegli di dosso le insegne pontificali, anello, mitra, cappa, camice e berretta, e lasciato in semplice abito clericale, fu condannato al carcere a vita (4 maggio 1317) ; e poi ucciso, scorticato vivo e arso, secondo un cronista pubblicato dal Duchesne ( 1 ). Anche si scoprirono varii chierici, un medico e un barbiere dell' arcivescovo di Lione con altri della curia d'Avignone implicati nella negromanzia, nella geomanzia e nelle altre arti della magia. Erano appunto essi che « squadernando libri e scritti concernenti arti diaboliche, sorte dalla pestifera associazione di uomini con gli angeli cattivi » , facevano uso frequente di ( 1 ) DUCHESNE, Liber pontificalis, II. BERNARD GUI, 480. Secondo una lettera di papa Giovanni XXII, fu interdetto e condannato a carcere perpetuo per fupto di sacri tesori . Secret. Joan. XXII, II , 83 e 84. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 265 << ritratti e figure, secondo il loro rito esecrabile consacrate, e descrivendo circoli intorno a sẻ, invocavano più volte i maligni spiriti per macchinare col loro aiuto contro la salute degli uomini, e costringendo i demoni dentro circoli o anelli e nei ritratti, li interrogavano sul futuro e sul passato ed eccitavano gli istinti delle donne a libidine » . Tutto questo, concludeva il papa, era un impasto di superstizioni <<< che tornava di obbrobrio all'ordine clericale e ingenerava pericolosi esempi » (1). Ma sarebbe da pensare che lo stesso pontefice, tuttochè uomo di mente eletta e di animo forte, non sapesse sfuggire in tutto ai pregiudizi del suo tempo. Pare che non resistesse egli medesimo dal prestare qualche fede, non dico alle diavolerie che durarono fino ai tempi del Cellini, e più oltre, ma alla virtù segreta delle ammoniti serpentine. Erano in voga, a quei tempi, i così detti corni serpentini che anche oggi il volgo napoletano riguarda come un buon mezzo contro la jettatura. Trovo dunque che egli accettasse con gratitudine e con premura il prestito di uno di essi, offertogli dalla contessa di Fox, la quale aveva trovato nell'animo paterno del pontefice la vigorosa difesa ai diritti della sua vedovanza davanti alla corte del re Filippo. Era (forse, di rinoceronte) a guisa di manubrio di coltello e dicevasi avere virtù di svelare gli inganni occulti dei veleni. Il pontefice, dopo che l'ebbe ricevuto per le mani di due procuratori della contessa, Raimondo da Rearmo, arcidiacono Carvallense, e Monaldo di Castrotino, canonico Olorense, e ringraziatala per lettera, promise nell'atto di quietanza di restituirlo ad ogni richiesta, obbligandosi in buona forma con tutti i suoi beni mobili ed immobili (2 ) . Sebbene non sia nuovo il caso che anche i grandi prelati facessero buon conto di siffatti corni, e anche dopo questo tempo, nella metà del secolo XIV, il vicario di (1) Secret. Joan. XXII, II, 80, 82, 82 t . , 83, 86. (2) Secret. Joan. XXII, II , 25. 266 L. FUMI Roma avesse cura di conservarne, nelle sue preziose suppellettili , infino a trenta fra grandi e piccoli ( 1 ) ; pure non è privo di curiosità il documento citato, per appartenere a un papa come Giovanni XXII. Quel nobile gingillo ha tutta la somiglianza di un talismano, di un incantamento magico proprio dei maomettani (2). Che poteva mai nelle mani di un papa munito dell'anello del pescatore una specie di amu- . leto come quello ? Avrebbe potuto sostituire l'Agnus Dei, a cui la Chiesa dava potere contro il male? (3) . La facile condiscendenza del papa ad accettare dalla premurosa contessa un oggetto profano proveniente da superstizioni gentilesche è un aneddoto abbastanza curioso a conferma di pregiudizi (oggi appena tollerabili fra i popoli indiani) che, perfino nelle più alte sfere sociali e nelle intelligenze più colte, si annidavano ancora ; e prova, altresi, la paura che seppero seminare gli avvelenatori, in quel tempo ; quando cioè una sciagurata setta si era fitta in capo di avvelenare le popolazioni della Francia, inquinando le acque potabili con le lavande dei lebbrosi, per cavarsi il pazzo gusto di rimanere sola essa padrona di tutto ; al quale effetto si aveva, già in antecedenza, partito così bene il bottino, che ad ognun di loro era ormai assegnata la regione, la provincia, la città e il castello del nuovo felicissimo stato (4). Dopo questo, nessuna meraviglia che il popolo, credulo per natura, desse fede a indovini e incantatori, quando il mondo era pieno d'orrore per il pericolo corso dal papa e dai cardinali di morir vittime dei fattucchieri. I perugini, stentan lo a credere la notizia, se ne commossero e scris- (1) V. Inventario dei beni di Giovanni di Magnavia, 57-62, 87, in Studi e documenti di storia e diritto, an. XV, 1891. ( 2) V. REINAUD, Descriptions des Monuments musulmans, etc., II. (3) « Agnus Dei » ( leggesi nel cerimoniale romano inviato da Urbano V all'imperatore dei Greci) « fulgura desursum depellit, et omne malignum peccatum frangit, virtutem destruit ignis, de fluctibus eripit undae ». (1) DUCHESNE, loc. cit. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 267 sero al papa per apprendere il vero, per condolersi e per invitarlo a recarsi presso di loro (1) . E buon per tutti se egli avesse accettato ! Erano le condizioni d'Italia, non atte a dargli sicurtà di pacifica dimora, che lo trattenevano? Ormai egli sperimentava che, fuori d'Italia, le cose erano anche a peggior partito . Nè anderà molto che i cardinali legati, inviati da lui a pacificare Eduardo I d'Inghilterra e Roberto di Scozia, saranno a un punto di perder la vita, sacrificando, per manco male, cavalli e arnesi in mano del sicario, col quale saranno di piena intelligenza i priori e i monaci di Durham ( 2) . (1) I Perugini avevano invitato il papa : ma egli rispose non potere, per ora, accettare. Avevano chiesto con la stessa lettera la dispensa di matrimonio per un Graziani suddiacono ; ma il papa fu dispiacente non poterlo accordare : lo aveva negato anche ad un principe reale. I termini con cui è scritto tutto questo mostrano il gran conto che il papa faceva di Perugia. Aveva accordato favori allo studio g nerale e si compiace della soddisfazione che ne avevano provata. Sane, filii, quod ad beneficia non ingrati, gratiam a Sede apostolica vobis factam super concessis vestre civitatis privilegiis studii generalis gratanter agnoscitis gratum procul dubio gerimus, vestramque inde gratitudinem in domino commendamus » . La lettera è data da Avignone alle calende di luglio (Arch. Segr . Vaticano, Secret. Ioan. XXII, I, c. 141 ) . (2) Ivi , 93 e 152. « Judicibus quod inquirant contra Priores et Monachos Ecclesie Dunelmensis, qui fuerunt conscii aggressionis et insultus commissorum per Guilbertum de Militon et complices suos in personas Cardinalium legatorum et eos citentur ad Curiam ». Il fatto è così narrato dal papa : « Pro sedanda discordia inter Eduardum regem Anglie et Robertum de Brus regem Scotie, cum ad Civitatem Eboracensem pervenissent, et deinde versus Civitatem Dunelmensem ad prefatum Robertum, premissis nuncis, ut super tractatu pacis habendo convenire possent in aliquo loco ad hoc ydoneo, per Helial q. Guilbertum de Militon ac eius complices capti et arrestati fuerunt, equitaturis, bonis et rebus suis familiariumque suorum direptis in predam, et nonnullos ex ipsis familiaribus vulneratis.. Cum enim forzieri et familiares Luce Cardinalis, qui ante patrutionem excessus huiusmodi processerant pro recipiendis et parandis hospiciis in Civitate jam dicta in pluribus domibus et cameris signa Cardinalis ipsius, more solito, depingi fecissent, ut per ea sciret quilibet ubi suspitari deberet, signa ipsa quasi omnia fuere deleta. . Custodes portarum arcis (Dunelmen. ) , in qua est sita Ecclesia bis.. Cardinalibus peditantibus denegarunt aditum, sic quod usque plateam civitatis Dunelemensis retrocedere habuerunt. . . . » . Il Papa aveva scritto lettere consolatorie ai cardinali, Ganselmo de' SS . Marcellino e Pietro, e Luca di S. M. in Velabro dell'ingiuria patita per opera « dampuande factionis » . Al re Edoardo aveva scritto chiedendo la punizione dei ribaldi : ma ai cardinali aveva fatto sapere che giudicava più opportuno differire la vendetta e sospendere con prudente dissimulazione il procasso, per non pregiudicare la missione de censu et de debitis aliis ceterisque commissis » (Arch. Segr. Vaticano, Secret. Ioan. XXII, I. c. 74) . 268 L. FUMI Tali esempi il clero d'Italia non li avrebbe dati di certo, e se del marcio ce n'era anco da noi, veniva, più che altro, da merce importata di fuori. Le stesse turbe di Beghini, che andavano insinuando in mezzo al popolo dottrine riprovate, quando non venivano d'oltremonte, seguitavano l'andazzo che correva in quelle parti. In Irlanda preti e mendicanti andavano sollevando il popolo contro il loro re e lo insinuavano a mal fare (1). Questuanti diretti a Roma, attraversavano le terre della Chiesa, chiedendo sussidi per i luoghi cristiani d'oltremare. Attiravano i curiosi inalberando un nuovo vessillo dipinto a figure, predicavano pubblicamente, commovevano, estorcevano denaro. « Andavano seminando errori, avvertiva il papa, e con azioni da iniqui tendevano lacciuoli per accalappiare i semplicioni, dando spaccio alla grande indulgenza concessa dalla S. Sede a loro e a' loro seguaci » (2). Sull'esempio di costoro, i frati di Altopascio, predicando, minacciavano scomuniche o promettevano indulgenze : assolvevano da rapine, da fratricidi, da omicidi e da spergiuri dietro sborso di denaro, facendosi autorizzati di assolvere da pena e colpa. Davano ad intendere che nel loro ospedale si celebravano ogni giorno fino a 100 messe, e coi loro beni si dotavano da 200 fanciulle povere. Avevano poi falsato una bolla pontificia che gabellava la fola del sangue spicciato dal costato del Redentore da essi posseduto ( 3). Non parlo dei Pastorelli o Pastorali che passavano la misura, col vezzo di dar la caccia agli ebrei : quanti ne trovavano che non avessero intenzione di battezzarsi, e tanti ne uccidevano, appropriandosene le sostanze : ripetevano le stesse (1) Secret. Ioan. XXII, II , 135. « Episcopis Norwicens. et Elyen. Quod contra nonnullos fratres mendicantes et alios clericos subvertentes populum Ibernie a devotione regis et persuadentes eis mala facere procedant » . (2) Secret. Joan. XXII, III , 101 t. (3) Ivi, 197 t. Sono nominati, di questi frati, Bartolommeo di Lucca, un Nicola da Firenze o da Siena e un Bartolommeo da Modena. I falsari delle bolle erano Olivario da Padova, Nicola da Pescia, Donnino da Firenze e Vanne di Guido da Colle Valle, che caddero nelle mani del Rettore di Spoleto e furono carcerati (Ivi, 32 ) t. B ) . ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 269 prodezze anche coi cristiani ricchi, predandoli senza pietà, per modo, e da seminare tanto terrore, che quando essi si avvicinavano alle città, subito si chiudevano le porte e si gridava all'arme : e avevano fatto il tiro anche alla curia di Avignone, mossi da fautori grandi che si credevano ubbidire ad una missione di Dio, perchè si trattava di dar di piglio alle ricchezze del clero ( 1 ) . Erano questi gli effetti , in Francia, delle dispute sulla povertà di Cristo e degli apostoli ? Ivi, è certo, il papa condannava i terziari francescani, come quelli che s'intricavano nelle questioni di articoli di fede, di sacramenti ecclesiastici e volevano penetrare l'essenza dell'autorità apostolica per vedere fin dove si estendesse la pontificia , e fin dove le chiavi di Pietro aprano e serrino. Avvisava il papa che costoro dissentivano dalla Chiesa e altro dicevano da quello che per lei s'insegna ( 2) . Appunto della latitudine dell'autorità pontificia si faceva a poco a poco una questione grossa, a quei giorni, che tornava comoda non meno ai novatori di religione che ai fautori del diritto imperiale. E lo spirito di libertà entrato nelle questioni religiose facevasi strada in mezzo ai ghibellini, per le dottrine di Giovanni da Gandano e di Marsilio da Padova, a profitto di Ludovico il Bavaro (3) . Fra Michele da Cesena, ministro generale de' francescani, dopo che se l'ebbe rotta col papa per (1) DUCHESNE, Liber pontificalis, II , BERNARD GUI, 483. (2) Secret. Joan. XXII, III , 97. Così scriveva il papa a varii arcivescovi e vescovi di Francia : ... Esse in huiusmodi ordine tertio nonnullas sexus utriusque personas, que volentes potius suo errore perire, quam ewangelica doctrina et salubri persuasione proficere, de articulis fidei , de sacramentis Ecclesiae se extendunt alterari et disputare, sentire ac profiteri presumunt in derogationem, quantum in eis extat, Catholice fidei et in perniciem suarum et aliarum, quas astute decipiunt, simpli- cium animarum. Dat. Avinion . III , Kal. martii an. sexto » . " (3) Le dottrine di Giovanni da Gandano e di Marsilio da Padova sono riassunte in poche parole nell'atto procuratorio di Lodovico il Bavaro del 28 ottobre 1336 : Primo, quod illud , quod de Christo in ewangelio beati Matthei legitur, quod ipse solvit tributum Cesari, quando staterem sumptum ex ore piscis illis, qui petebant didragma, jussit dari, hoc fecit non condescensive (sic) ex liberalitate sue pietatis, sed necessitate coactus. Secundo, quod beatus Petrus apostolus non plus auctoritatis 270 L. FUMI la questione della povertà di Cristo, si uni o si sostitui ai due consiglieri del novello rappresentante dell' impero, che riassumeva tutte le aspirazioni dei ghibellini ; fu inteso dalle popolazioni della Chiesa, già stanche dei governatori francesi, meglio che non fosse compreso nel dottrinarismo sulle divine scritture, tirate a sostenere il principio della povertà apostolica. In un corpo sociale cosi marcio, dove all'audacia del pensiero si accoppiava l'intenzione di venire a' fatti, i vecchi umori fra guelfi e ghibellini non tardarono a scoppiare. Il papa, appena eletto, s'era provato già coll'aiuto dei suoi nunzi speciali, spediti in ogni contrada, di mettere pace ( 1 ) ; ma senza buon frutto. Nominò re Roberto di Napoli che aveva già confermato vicario d'Italia nella vacanza dell'impero, capitano generale delle terre della Chiesa ; carezzò i fiorentini e gli altri guelfi di Toscana ; mentre i ghibellini si stringevano intorno a Castruccio Castracani e pensavano a chiamare il Bavaro. Intanto nelle città della Chiesa, funestate da sette, agitate da signorotti, penetrava la rivolta ; e nella Marca d'Ancona s'accese quel fuoco che cominciato a Recanati, a Fano, a Osimo, a Cagli, a Macerata, a Urbino, a Cingoli e in molti altri luoghi, doveva poi divampare nell' Umbria. Federico conte di Montefeltro era alla testa degli eretici e dei ribelli. Dichiarato eretico ed idolatra, non cura le scomuniche e le condanne, e passa, di conquista in conquista, fino a Spoleto, dove è fatto duca. Ma, prima, il segnale della ribellione lo aveva dato As- - - Tertio, Quarto, habuerit, quam alii apostoli habuerunt, nec aliorum apostolorum fuit capud, quodque Christus nullum caput dimisit ecclesie nec aliquem vicarium suum fecit. quod ad imperatorem spectat papam instituere et destituere ac punire. quod omnes sacerdotes, sive sit papa sive sint archiepiscopi, sive episcopi sive simplices sacerdotes, sunt ab institutione Christi auctoritatis et jurisdictionis equalis, et si unus habet plus quam alius, hoc est secundum quod imperator concedit utri vel alii plus vel minus ; et sicut tunc concessit alicui, sic potest etiam illud revocare. — Quinto, quod tota ecclesia simul iuncta nullum hominem punire potest punitione coactiva, nisi imperator super hoc auctoritatem sibi daret » (In Vatikanische akten zur deutschten Geschichte in der zeit Kair Ludwigs des Bayern, Innsbruck, 1891 , 640). (1) Secret. Joan. XXII, I , 20, 20 t. ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 271 sisi, posta di mezzo fra Perugia e Spoleto, per opera di Muzio di Francesco, alleato di Federico e del ghibellino vescovo d'Arezzo. Muzio di Francesco, uno degli esuli ghibellini, che di nobiltà e ricchezze tutti i compagni d'esilio avanzava ( 1 ), aveva voce di sentir male della religione. Non credeva alle scomuniche : sprezzava la Chiesa. Capo de' ghibellini fuorusciti , scacciò i guelfi dalla città il 19 settembre 1319 ; invitò Federico di Montefeltro a venire in Assisi, che con lui, chiamato dal papa scomunicato, eretico, perfido idolatra, era di intesa in tutto. Il nuovo reggimento allora inaugurato, lui capitano e Vanni de Puppio podestà, pochi giorni dopo, violentò il convento di S. Francesco, abbattè le porte con impeto, e messe le mani nel tesoro della Chiesa che ivi in gran copia si conservava e a' depositi di cardinali e di altre persone ; rapi una parte della decima raccolta dalle varie chiese e lasciò in mano delle guardie il restante a loro arbitrio ( 2 ) . Muzio stesso fece largo bottino delle cose sacre : reliquie, calici , croci, turiboli , candelabri, immagini, pluviali, pianete, dalmatiche con altri preziosi indumenti, vasi d'oro e d'argento, con ornamenti destinati al culto divino, pietre preziose di gran valore, tutto se ne portò, e poscia impegnò o vendė per 14,000 fiorini d'oro ad Arezzo, a Fabriano e a Firenze, e si sparti cogli amici. Un prete che fece prendere dai suoi, precipitò dalla finestra del palazzo del Comune, sicchè rimase morto sul colpo. Un altro, che era lo stesso priore della chiesa di Assisi, mandò legato a penare in durissimo carcere, da cui non sarebbe uscito vivo se non si fosse salvato con la fuga, come, fuggendo, se la scampo il vescovo. E quando, per siffatte novità, Assisi cadde nell' interdetto, egli fece prendere il guardiano di (1) CRISTOFANI, Storia d'Assisi, I, 123. (2) Giovanni XXII con lettera del 23 marzo 1320 si rivolse ai gubbini, folignati e camerinesi perchè assistessero il Rettore del Ducato a ricomporre le cose d'Assisi e di Spoleto. Rivolto ad Assisi , esortò a reintegrare il tesoro in termine di dieci giorni e a richiamare i fuorusciti (v. THEINER, Cod. dipl. dom. temp. S. Sedis, I , 491 , X Kal . aprilis ann. IV) . 272 L. FUMI S. M. in Porziuncola e Bartolo, ambedue de' minori, e tante percosse fece loro dare che ebbero per esse ad ammalare gravemente, anzi uno ne mori, l'altro ne andò con un braccio rotto ; di più li obbligò a rodere co' proprî denti le bolle dell' interdetto, e, a meglio inghiottirle, a bere la loro stessa orina. La medesima sorte toccò a due altri frati che il vescovo di Nocera aveva mandati in Assisi per il negozio della decima. Predò de' beni mobili il vescovo d'Assisi, molti ecclesiastici aggravò con taglie, sequestro prebende, impedi che avesse effetto l'interdetto, obbligò ad involare i cadaveri di quelli che morivano per farli seppellire nei cimiteri delle chiese, a suon di campane, a dispetto dei rigori ecclesiastici (1). Muzio, maneggiandosi col conte di Montefeltro e col vescovo aretino che lo avevano aiutato ad occupare Assiși, spinse gli spoletini di parte ghibellina a sollevarsi contro i guelfi . E veramente, l'ultimo di novembre 1319 fu levato il romore in Spoleto (2) . Seicento cavalieri spediti da Muzio sollecitamente da Assisi, dove erangli stati mandati dalla Marca, in gran parte, dal Montefeltro, arrivarono più presto degli aiuti guelfi mossi da Perugia, ed ebbero in mano la città. Favori anche Nocera, dove i ghibellini rientrarono, cacciandone il podestà, fatto da loro prigione, Cuco Baglioni, che vi era per il Comune di Perugia. Fu sentita l'offesa dai perugini, che eccitati dal papa insieme agli orvietani, senesi, gubbini, camerinesi e folignati deliberarono muovere sopra Assisi e ritoglierla dalle mani di Muzio. Un conflitto aveva già avuto luogo fra gli uomini d'arme di Assisi e quelli di Perugia, di ritorno dalla fallita spedizione di Spoleto, con vantaggio dei perugini, i quali andati loro incontro si azzuffarono presso i confini d'Assisi con (1 ) Così la sentenza contro Muzio. Vedila nell'Arch. St. Ital . , S. I , vol . 13 , 495. (2) Non è esatto quel che scrisse papa Giovanni al principe Carlo di Napoli duca di Calabria, che Assisi seguisse gli esempi di Spoleto : ciò fu scritto per mettere innanzi agli occhi della corte angioina i pericoli della rivolta di Spoleto che prossima ai confini del regno avrebbe dilatato la rivoluzione, come già avveniva. V. lettera led papa del 5 aprile 1320 nell'Arch . di Perugia. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 273 forza e li ruppero riportando seco molte bandiere ( 1 ) ; ma questo fu un fatto d'arme che non poteva decidere della sorte di Muzio. Perugia, per rivalersi, dovette sostenere una lunga guerra che fece capo con l'assedio della Bastia e poi di Assisi, intorno alla quale città le milizie perugine si affaticarono un anno intiero, finchè quelli di dentro non si resero a patti (marzo 1322 ) (2) . Contro Muzio, allora, che riparò a Todi, avventò gli strali l'Inquisizione della provincia romana di S. Francesco. Francesco di Borgo S. Sepolcro e Pietro di S. Nicola da Perugia istituirono i processi non pure contro di lui , ma anche contro molti chierici, persone ecclesiastiche , religiose e colari che ebbero con esso la parte principale nei fatti narrati (3). Non sappiamo chi fossero, ma alcuni dovevano facilmente appartenere ai Fraticelli, i quali, scrive il Cristofani, fino dal 1307 avevano fermata stanza nell'eremo delle carceri (4). Muzio si mantenne sempre contumace, e il papa (1) Il fatto è narrato negli Annali dell' Archivio perugino ( An. 132 ) , c. 2) , sotto la data del 4 gennaio 1320 : Contigit quod Comune Civ. Assisi misit milites et pedites suos tam forenses quam cives numero 1 c. et ultra militum et peditum in maxima quantitate ad Civitatem Spoleti ad expellendum Guelfos de dicta Civ. Spoleti amicos intimos Com. Perusii in dampnum obbrobrium et verecundiam ipsius Com. Perusii et in turbatione honoris et status Com. predicti Civ. Per. et totius contrate, et ut homines dicte Civ. Spoleti Gebellini brigam et guerram facerent ipsi Com. Per. una cum ipso Com. Civ. Assisii et ipsos Guelfos Civ. predicte Spoleti expulere de ipsa Civ. et ipsam Civ. Spoleti et statum pacificum ipsius Civ. turbare. Qui milites et pedites erunt potentia et actitudine bellandi maior pars hominum dicte Civ. Assisii, et qui continuo bellum et cavalcatas fecerunt et faciebant contra Com. P. eius complices et sequaces, com burendo et destruendo comitatum P. et personas de dicta Civ. et Comit. P. capiendo et occidendo. Post hec accidit quod dum ipsi milites et pedites forenses et cives dicte Civ. Assisii redirent a dicta Civ . Spoleti, Conestabiles per dicti Com. P. cum corum militibus iverunt obviam contra ipsos milites et pedites, et cum ipsis militibus et peditibus Civ. Assisii civibus et forensibus, qui secum multas banderias habebant et portabant in comit. ipsius Civ. Assisii se iunxerunt et cum eisdem viriliter pugnaverunt, et pungnando cum ipsis militibus et peditibus eos debellaverunt et generalem conflictum de ipsis militibus et peditibus fecerunt. Et banderias plures quas ipsi milites et pedites Civ. Assisii secum habebant et portabant lucrati fuerunt ». (2) PELLINI, Dell' Istoria di Perugia, pag. 435. (3) Secret. Joan. XXII, III , 121 , t . A, 135 B, 299 B. (4) CRISTOFANI, op. cit. I , 134. 18 274 L. FUMI minacciava il bando contro di lui : lo priverebbe di tutti i suoi feudi e possessi, facendo lecito a chiunque arrestarlo, salva solo la vita : ad Assisi minacciò pene spirituali e temporali e una multa di due mila marche, se non avesse rimessi gli esuli e restituito il tesoro ( 1 ) . Todi ebbe per due volte richiami perchè consegnasse il colpevole alla curia del Rettore del ducato (2) . Non doveva essere ricettato più oltre il sacrilego e sospetto di eresia, nè vettovaglia lasciarsi andare per lui (3) . Le comunità vicine, i baroni, le autorità del Patrimonio e del Ducato dovevano fare ogni loro potere per averlo in mano e per assicurarlo in forte carcere. La sentenza, redatta da Tebaldo vescovo di Assisi, con istruzioni speciali del papa (4), e dagli inquisitori Tebaldo da Narni e Francesco da Montefalco, gli accagionava tutti i fatti già accennati, e più, che avesse avuto commercio carnale con monache e affermato non esser colpa nessuna in questo, nè nell'uccidere il guelfo. Quindi dichiarato eretico e decaduto dai diritti civili, tutti i suoi beni furono confiscati alla Chiesa. Con lui incorse nella pena tutta la sua posterità, a norma della legislazione canonica e imperiale contro gli eretici. I suoi creditori furono citati a comparire nello spazio di 30 giorni, in prima, seconda e terza chiamata perentoria, per la consegna de' beni mobili e immobili di proprietà del medesimo. La sentenza però non fu promulgata se non gli 11 settembre 1326 da frate Francesco suddetto, inquisitore, presenti varii frati di più Ordini, e giudici e altre persone (5) . Sarebbe, peraltro, difficile risapere quanto guadagnasse in questo bottino la Chiesa. Muzio ormai non possedeva più nulla del suo ricco patrimonio. Fin da quando correvano le trattative della resa di Assisi, ed egli, abbandonato dai suoi, (1) Arch. di Perugia, perg. 1320, marzo 23. (2) Arch. di Perugia, perg. 1323, ottobre 1 . (3) Secret. Joan. XXII, III , 124 t. A. (1) Secret. Joan. XXII, III , 317 B. (5) Arch. stor. it. , loc. cit. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 275 stava per prendere di nuovo la via dell' esilio, il magnifico Ugulino de' Trinci capitano di Perugia aveva fatti persuasi i perugini, che se non si veniva alla confisca delle sostanze del grande ghibellino, non si concluderebbe il trattato. Aveva quindi proposto che i beni di Muzio, il quale non avrebbe avuto mai più la speranza di rimpatriare, nè lui nè la famiglia, pervenissero in mano de' guelfi. Il Comune doveva metter fuori il denaro per loro. Non vi ebbe bisogno qui di un atto di confisca. Muzio lasciò in mano al suo vincitore una procura di vendita dei beni, che il Comune di Perugia acquistò per diecimila fiorini d'oro ( 1 ) . Certamente, fu questa una finzione legale, perchè i beni immobili erano posseduti in indiviso con Napoleuccio nepote di Muzio. Bisognava poi scansare il pericolo che, per finzioni legali, i beni messi in vendita non rimanessero nelle mani degli stessi venditori. Difatti, nel Consiglio de' 19 luglio 1322, il Comune di Perugia dava pieni poteri ai Priori per riparare appunto a questo che era già avvenuto per molti possessi dei fuorusciti di Assisi ( 2). Finalmente, Assisi ebbe a sopportare lungamente il danno della rivolta . Oltre ai mali della guerra e del lungo (1) La vendita fu fatta sopra i seguenti possessi : « Medietatem pro indiviso cum Neapoleutio q . Veri d. Francisci nepote carnali dieti Mutii domorum omnium positarum in civ. Assisi in porta S. Clare in parochia S. Marie maioris juxta vias et juxta Matheolum Valterii et juxta heredes Fontanelli et iuxta plateam seu terrenum ubi olim fuerunt domus filiorum d . Bernardi. It. medietatem etc. unius mansii seu poderis positi in territorio Assisii in Villa Galgassiani in loco qui dicitur Albanum, juxta vias et juxta Cecchum Pinardi et Ceccolum Soli et juxta rem hospitalis leprosorum et juxta rem hospitalis leprosorum et juxta filium Bellutii et alia latera. < It. medietatem etc. unius vinee posite in vocabulo Forme, juxta viam et juxta d. Matheum Gilucii et juxta Paulum Magepti et juxta d. Guidonem d. Bernardi. It. medietatem etc. unius petie terre partim campie et partim vineate posite in vocabolo Torchioni, juxta viam et juxta heredes Pauli Pizzonesche et iuxta Massium d. Gentilis... et generaliter omnia alia et singula bona... in civitate, comitatu et districtu Assisii, etc. » (Ann. ad an. c. 85 t . ) . (2) Cum dicatur quod multi emerunt possessiones et bona ab illis , qui modo sunt exititii civ. Assisi, que emptiones dicantur esse fititie et simulate et solum in favorem vendentium facte.... » ( Ann. 1322 , c. 14) t . ) . 276 L. FUMI assedio, cento ghibellini furono trucidati in barba ai contraenti il trattato di capitolazione. Le mura furono smantellate, le porte levate dai gangani e trasportate in Perugia ( 1) : sottoposta già ad interdetto, risenti una mitigazione solamente otto anni dopo, per il ricorrere delle maggiori solen nità, come quella del Perdono : sospesa per pochi giorni, per un anno ancora, la sentenza, tornava poi ad applicarsi di nuovo. Durò questo stato di cose 38 anni, cioè fino a tanto che il tesoro, nel 1359, non fu, almeno in parte, restituito (2). L'atto di Muzio non è privo di importanza nella storia del tempo: chè non può riguardarsi da per sè od isolato, se Guido Tarlati vescovo di Arezzo e Federico conte di Montefeltro lo ebbero manifestamente favorito. Ci fornisce una prova del carattere comune che andava qua e là prendendo la reazione generale delle signorie, avviantisi, munite di armi a doppio taglio, contro il papato. Cosi i Visconti, gli Scaligeri, i Bonacolsi, i Malatesta, i Chiavelli e Federico di Sicilia si associano, nelle loro ribellioni, agli eretici o agli scismatici o ai negromanti : e sono anche essi combattuti allo stesso modo, cioè dall' inquisizione religiosa e dalla federazione guelfa stretta in unità nazionale. Scacciandosi una parte con l'altra, quel movimento, che si ripete e si assomiglia da per tutto, se si sospende o si arresta, non sarà mai più domato intieramente. (Continua). L. FUMI. ( 1) È registrata la spesa negli Annali dell'Arch, di Perugia sotto la data 16 aprile 1322 ( c . 781) ; « Pro hominibus habendis et mictendis ad civitatem Assisii qui haberent et traginarent portas civ. Assisii ad civ. Perusie pro honore comunis Perusii causa dicte guerre ». --- (2) V. i diversi atti nell'Archivio di Assisi. PARDI G. Archivio Comunale antico di Assisi, Perugia, Boncompagni, 1895, in 8° di p. 36. Miscellanea francescana, ecc. diretta dal sac . d . M. Faloci- Pulignani, vol. VI , fasc. VI, Foligno , 1897. V. anche EHRLE F. Historia Bibliothecae Romanorum Pontificum, Romae, 1890 , I, 16 , 778 ; DENIFLE- EHRLE, Archiv. , 1 , 249, 252 s. e fonti ivi citate sul furto del tesoro . V. anche Regestum Clementis papae V. ex vaticanis archetypis etc. nunc primum editum cura et studio Monachorum O. S. B. Romae, 1885, T. I. Prolegomena p. XXVI, Appendix documentorum p. CXCV et seq. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 277 DOCUMENTI APPENDICE I. I. [ 1317] aprile 22 e maggio 7 - [ 1318 ] febbraio 27. Arch. Segr. Vatic. Secret. Joan. XXII, II , 80. Giovanni XXII istituisce i processi contro gli avvelenatori Contro di lui e de'cardinali di questi giorni. si e preparato un grande misfatto. e contro i negromanti. Ven. Fr. Gualhardo Epo Regen. Horrendum scelus , execrabile facinus, detestabile sacrilegium in nos et quosdam ex fratribus nostris S. R. E. cardinalibus, diebus istis , ut dicitur, inaudita temeritate presumptum, horro5 rem audientibus ingerit , iusdicentis pulsat officium et severitatem correctionis exposcit. Fertur enim, et ad nostrum assertio fidedigna perduxit auditum, quod nonnulle persone ecclesiastice ac mundane, filii utique belial , fratres et college illorum, quos ex patre diabolo esse ponit 10 evangelica veritas , fidelitatis debitum , quo nobis et Ecclie R. tenentur, dei timore postposito , transgredi non verentes, ac in oficio se pretereuntes, reverentie filialis affectum , tanquam degeneres filii , patrios ante diem inquirere et finem illorum moliti sunt iniquis machinationibus lari cospirarono 15 maturare, quodque quadam ferali sevicia et omnino quasi Persone eccle- siastiche e secodi ucciderli. Apparecchia- rono veleni mor- tali contro di lui e de' cardinali. humane nature, que inter omnes homines cognationem quandam constituens alterum insidiari alteri censuit nephas esse, federe violato , in eorum necem, quos amabiliter et reverenter prosequi tenebantur, nephandis tracta20 tibus inde prehabitis, conspirarunt. Si quidem non attento quod leges humane atrocius iudicant hominem veneno extinguere, quam gladio trucidare, pociones et venena mortifera preparari fecerunt, ut, ex illorum propinatione, nos et aliquos ex eisdem fratribus nostris ex25 tinguerent. Et ne defficerent in sui mali executione pro- 278 L. FUMI Per meglio ot- tenere l'intento, si servirono della magia, con certe immagini avve- lenate e incan- tate. Iddio fè però cadere in sue mapositi, propinationis habilitate negata, ymagines cereas fecerunt, sub nostro et ipsorum nostrorum fratrum nominibus, confici , ut magicis artibus, incantationibus vetitis ac demonum incantationibus reprobandis adhibitis, 30 vitam labefactarent insoncium per puncionem imaginum predictarum. Porro licet huiusmodi perfidi proditores conceperint dolum huiusmodi et ut iniquitatem parerent, oportunitates querere suosque frequenter curaverint pro viribus exercere conatus. Ille tamen in cuius potestate cune ni i veleni di queste e al- 35 hominis mors et vita consistit, misericorditer resistentie immagini. non Chi non sen- tirà orrore, proverà amarez- za ? Dove la sicu- rezza di uno sta- to , se non si pu- n'ssero tali de- litti ? Quis manum apposuit, et a nocere intentibus innoxiis nocere non sinens, potiones et tres ex ymaginibus antedictis in manus nostras, ab insperato, devenire concessit. Quis igitur non horreat filios sic inmaniter sine causa 40 commotos in patrem et in fratres una nobiscum mundi onera supportantes sic indebite voluisse sevire ? amare non ferat subditorum audaciam, rupto fidelitatis federe, sic infideliter erectam in dominum et in suum et fratrum suorum interitum sic inique grassantem? 45 Quis locus regiminis poterit esse tutus ? Quis rector securitate gaudebit, si Romanus Pontifex et eius Curia talibus subiaceant casibus, si eius fratres et filii spirituales huiusmodi periculis exponantur, cuius ita tepescat affectus, ut non accendatur velut ignis ad cohibenda 50 talia zelus eius ? Quis in castigando tantorum scelerum patratores et crudelitatis inaudite ministros libenter iustitiam non ministret ? Quia itaque premissa in animarum vergunt periculum, in ordinis clericalis oprobrium et perniciosum exemplum aperte redundant. Nos ea sic 55 enormia, sicque detestanda absque castigatione debita pertransire nolentes, cum ad ea compescenda ne periculose in alio exemplari alveo deriventur exercenda, sic pocius severitatis ecclesiastice disciplina ad inquisitionem super hiis zelo justitie , quam ex officii debito exequi tedizio in via som- 60 nemur, ad omnia, auctoritate apostolica censuimus proNon volendo quindi lasciare impunito questo eccesso, ordina d'istituire contro chiunque si tro- verà reo, il giumaria. cedendum, fraternitati tue, de qua plenam in domino fiduciam obtinemus, districte precipiendo mandantes, quatinus in locis , de quibus videris expedire, contra qua- ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC . 279 Bernardo de Artigia congiura a danno del pa pa. Tenta una co- spirazione in mezzo al S. Collegio. Reo di lesa maestà e di sper- giuro. Ritenuto in carcere. scumque personas ecclesiaticas et mundanas cuiuscumque 65 preeminentie status , conditionis aut dignitatis existant, etiam pontificali prefulgeant dignitate, per omnes vias et modos quos ad id videris expedientes et utiles, solum Deum habendo pre oculis, super predictis omnibus et singulis et ea tangentibus, summarie de plano judicio70 rum anfractibus et solemnitatibus omnino submotis, omni appellatione cessante, inquiras diligentius veritatem, et quecumque inveneris super illis, in publicam formam redacta, fideliter assignare nobis sub tuo sigillo procures. Dat. X Kal. Maij . [Anno primo]. 75 --- ― c. 82. Ven. fr. Gualhardo epo . Regen. et dil . f. m. Petro de Pratis can. Tornacen . Conmissa quelibet etc. Sane ad nostrum assertio fidedigna perduxit auditum quod Mag. Bernardus de Artigia cantor Pictaven. commensalis cappellanus noster et Sedis eiusdem reverencie filiaso lis officium in officio se preteriens, dei timore postposito et fidelitatis debito violato , illius qui primum scisma suscitavit in celo stimulis, ut creditur, agitatus, nos et predictos fratres nostros , qui in caritatis unione fore firmissimi et unius moris in domo habitare debemus ad invi85 cem dividere ac per exclusionem unanimitatis separare pro posse sategit, et per se ac mediatores improbos zizaniam seminans, nonnullis ex eisdem fratribus, ut contra nos congregationes, coniurationes et conspirationes iniquas inirent, detestandis suggestionibus, persuasit, quo 90 sic separati sicque divisi in mundi supportandis oneribus debiliores essemus, unde nimirum si facta relatibus consonant, se reum sese constituit magestatis. Cumque propterea et perjurii etiam in vestra presencia per eum conmissi pretextu, cum nostro fecerimus carceri detinere , 95 multa quo hucusque nos de ipsius turpi vita latuerant, nunc ad nostram audienciam sunt aliquorum delatione prolata : vid. q . idem Cantor persone sue qualitatem et status sui decentiam non advertens, sed fame sue prodigus et salutis, voluptatis impulsu, in precipicium proruens 100 ac impudenter nefariis actibus se inmiscens, monialem quandam velatam Deoque dicatam nomine Mabilia de Ca- 280 L. FUMI Scoperto ra- pitore di una monaca, e con- cubinario stupratore. mandatario di omicida e ricet- tatore. Corruttore di giudici. Sia processato in via sommaria. Ecclesiastici e laici della Cu- ria mischiati nella necroma- zia. te stellione de Monasterio S. Crucis Pictaven. , ubi devotum obsequium impendebat altissimo, per violenciam rapuit, et eam ad terram propriam secum ducens, tam ibi quam 105 in Curia Romana et alibi , illam ut concubinam publice tenuit ultra triennium et adhuc tenere, sicut dicitur, non veretur, Deum a cuius servicio dictam monialem abduxit, offendere, raptumque ac stuprum conmittere non formidaus. Nec hiis contentus, set mala malis accumulans, 110 hominem quemdam nomine ( lacuna) per quosdam nepotes suos in illicitis faventes eidem, gladio mandavit et fecit, ut fertur, interfici , ne dum interfectores eosdem post patratum homicidium in hospicio proprio receptans et ad tempus occultans in quoddam mandati predicti patens 115 iudicium , quin etiam judices et notarios, ad quos dicti homicidii cognicio et punicio pertinebat, ut per illos exinde absolveretur iniuste , plectibili presumptione corrumpens, legis cornelie de siccariis et de falsis crimina notabiliter incurrendo. Ne igitur etc. circumspectioni vestre 120 precipiendo mandamus quatinus, receptis presentibus, super predictis omnibus et singulis, excepto periurio , de quo ut predicitur nobis liquet, summarie et de plano iudiciorum anfractibus et solemnitatibus omnino submotis omuique appellatione cessante, inquiratis diligentius veritatem et 125 inquisitam in formam redigi publicam faciatis. Dat. Non. Maii. c. 82t. Ven. fr. Bartholomeo epo. foroiulien . et dil . fil . m. Petro Textoris doctori decretorum priori mon. S. Antonini dioc . Buthenen. per priorem soliti gubernari ac 130 Petro de Pratis jur. civ . professori proposito Ecclie Claromonten. capellanis nostris . · Romanus Pontifex etc. Ad nostrum siquidem assercio fidedigna et sonorum quoddam vulgaris fame preloquium noviter perduxit auditum quod Johannes de Lemovicis, Jacobus d . Barbantinus. Johannes 135 de Dinanto Medicus, Radulphus Penchaclan, Gualterus Loflamene, Guillelmus Martini, Corradus Alamannus et q . Thomas d. Alamannus clerici ac Innocentius barbitousor ven. fr. nostri Archiepiscopi Lugdunen. dyoc. et nonnulli alii in nostra curia residentes, nolentes iuxta doctri- ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 281 Arti diaboliche e riti da loro usati per ucci - 145 dere, per cono- scere il passato e penetrare il futuro e a scopi impudichi. Usano veleni per abbreviare o prolungare la vi- ta e per curare malattie. Sono idolatri, adoratori di de- moni. 140 nam apostoli sobrie sapere, sed nimie vanitatis ebrietate decipere, reprobis ausibus appetentes se nigromancie, geomancie, ac aliarum magicarum arcium moliminibus implicarunt et implicant, scripta et libros habentes huiusmodi arcium, que quidem cum sint artes demouum ex quadam pestifera societate hominum et angelorum malorum exorte vitande forent cuilibet xpiano et omni penitus execratione dampnande, speculis et ymaginibus secundum ritum suum execrabilem consecratis usi fuere frequenter ac in circulis se ponentes, malignos spiritus sepius invocarunt, ut per eos con150 tra salutem hominum molirentur aut eos interimendo violencia carminis ( 1 ) aut eorum abreviando vitam vehemencia immissa langoris demones in speculis , circulis seu anulis interdum incluserunt, ut eos nedum de preteritis sed et de futuris inquirerent futura ipsa , que prescire solius Dei 155 est, ex illorum consultationibus predicturi divinationibus et sortilegiis se inmiscuerunt, perperam dianis (2 ) nonnunquam utentes, set et experimenta plurima quandoque fecerunt, ut pudicos mulierum animos ad libidinem flecterent, circa hec et alia per eos demonibus invocatis. Nec 160 veremur asserere quod nedum potus vel cibi propinatione, quin etiam solius verbi prolatione hominum abreviare seu prorogare vitam, aut prorsus perimere et ab omni possent infirmitate curare talibus se usos fuisse firmiter affirmantes, relicto preterea creatore suo, in huiusmodi demonum suf165 fragiis confidentes, eosque dignos arbitrantes, quibus serviant et quibus honores divinos impendant, illos ydolatrarum more adorare cum exhibitione cultus et reverentie presumpserunt, hiis et aliis superstitionibus detestandis et adversantibus catholice fidei prefati clerici et barberius (1) V. allavoce Carmen in DUCANGE, V. anche MAURY ( La magie et l'astrologie dans l'antiquité et au moyen age, Paris, 1877) che così dice : « Il y est plusieurs fois question, sous le nom de carmina diabolica de prières adressées aux dieux, expression qu'on doit traduire par charmes diaboliques ; car ces vers, ces hymnes (carmina) , n'étaient, plus , pour ceux qui les répétaient, les élans religieux de la poésie , c'étaient des simples formules magiques. Burchard est si frappé du caractère antique de toutes ces superstitions, qu'il s'écrie : A recta fide deviat et in errore paganorum evolvitur » ( Ivi , pag. 180) . (2) Dalla Diana, fenomeno così chiamato presso gli indiani che fa apparire davanti agli occhi allucinati l'oggetto della propria adorazione (V. VISHNU-PURANA, Transl. by Wilson, p. 546) . 282 L. FUMI Quindi, come eretici, siano 170 et eorum quilibet, nec non aliqui alii residentes in curia non semel se pluries institisse feruntur, nedum in suarum, sed in quamplurium aliarum periculum animarum. Quia igitur pestem superstitionum huiusmodi , quarum reprobos sectatores civilis ratio comunis salutis hostes reputat et 175 humani generis inimicos nec valemus conniventibus oculis pertransire, presertim cum labem sapiant heretice pravitatis, super predictis omnibus et singulis zelo fidei , cuius negotium est ubique favorabiliter prosequendum , ad inquisitionem contra clericos, barberium et alios memoratos censuimus procedendum. Non obstante quod predictus quondam Thomas in fata decesserit, cum de talibus agatur criminibus, de quibus etiam licet memoriam accusare defuncti cuius post mortem comprobata perfidia debite plecti debet. Quocirca vobis et vestrum cuilibet 185 in solidum, de quorum discretione plenam in domino fiduciam gerimus, auctoritate presencium conmictimus et mandamus, quatenus super premissis omnibus . . . inquiratis , exacta diligencia etc. Dat. iij Kal. Martii an. secundo. processati , non180 ostante che uno di essi sia morto già. II. [ 1317] luglio 25. Arch. Vatic. , Secret. Joan . XXII, I , c. 74. Giovanni papa XXII ringrazia i Perugini della parte da loro presa in occasione delle novità tentate contro di lui e dei cardinali. Dilectis filiis Potestati, Capitaneo , Prioribus artium, Consilio et Comuni Civitatis Perusii . Ricevute le let- tere di condo- glianza, di desi- derio d'appren- dere il vero del fatto e di offerte d'aiuto, Missa nobis vestra, diebus istis , Ep stola, devotione plena verbisque succinta, grata nimirum nostris occurrit aspectibus ; dum eius series vos, tanquam fideles filios , ac de paterna salute solicitos in nephandorum auditu 5 rumorum contingentium statum patris turbationem magnam concepisse recensuit, et in anxia solicitudine perquirendi, an rumores ipsi a vero processerint, ac in li- ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC . 283 li loda, li ringra- zia, disposto a ricambiarli. Iddio non per- mise che avessero effetto gli empi conati di- retti contro di lui e di alcuni car- dinali. berali oblatione filialis auxilii vestre sinceritatis affectum ad predecessores nostros et Romanam Ecclesiam matrem 10 vestram, oportunis temporibus, evidentium operum exhibitione probatum , ad nos constanter et solide continuandum ostendit ; pro quibus devotionem vestram multipliciter in domino conmendantes ac dignis prosequentes accionibus gratiam, gratamque voluntatem habentes ad 15 omnia, que cum Deo et honore Sedis apostolice Comuni vestro reddi profuture, scire vos facimus quod, licet in Nos et aliquos ex fratribus nostris nonnulli degeneres filii fuerint aliqua, instigante diabolo, macchinati, Ille tamen, cui cuncta subserviunt et in cuius potestate sunt 20 omnia, adversus impios conatus eorum resistentie manum pie supposuit et noceri innoxiis non permisit. Dat. Avinion . VIIJ Kal . Augusti . III. [ 1318] marzo 29. Arch. Vatic. , Secret. Joan. XXII, II , 55. Giovanni XXII ringrazia la contessa Margherita di Fox per un corno serpentino. Dilecte in Xpo filie nobili mulieri Margarite comitisse Fuxensi. Ha ricevuto da ' nunci di lei in prestanza un cornoserpentino, che dicesi atto a scoprire gl'in- ganni venefici. Gratum, filia , nobis multum accessit et placidum quod tu de sospitate ac vite nostre longevitate materno more solicita, cornu illud serpentinum factum admodum manubrii cultellini , cuius virtus dicitur ad detegendas insi5 dias veneni valere, nobis tam liberaliter comodare curasti , quod equidem sub certis modis et obligationibus per dil . fil. Raymundum de Rearmo archidiaconum Larvallensem in ecclesia Lascurcense et Munaldum de Castrotino canonicum Olorensem nuncios tuos, qui nobis cornu ipsum 1) tuo nomine tradiderunt, in tuam notitiam plenius addu- Rimette quie- tanza di esso, e cendum, ex causa commoditatis, recepimus, et de rece- ringrazia proffe- rendosi di favo- ptione huiusmodi ac de promissione restitutionis illius rirla nelle op- portunità. patentes alias recognitorias et obligatorias licteras per 284 L. FUMI eosdem tibi nuncios destinamus, sinceritatem tuam inde 15 prosequentes actionibus gratiarum ac in tuis oportunitatibus, in quibus ad nos poteris cum fiducia filiali habere recursum , prout res exegerit et cum Deo licebit , favorem tibi proprium offerentes. Rilascia quie- 20 tanza e promette la re- 25 stituzione, obbli gandosi con tutti i beni, ai detentori di esso , contro la volontà di lei , promulgatala scomunica. [ Dat. Avinioni IIIJ Kal. aprilis , an . secundo ] . Ecce, filia, cornu illud serpentinum factum admodum manubrii cultellini , quod adversus veneni valere fertur insidias, per d. fr. Raymundum de Rearmo archid. Larvallen. in ecclesia Lascurcen. et Monaldum de Castrotino canon. Oloren. nuncios tuos nobis nuperrime presentatum ex comodato nos recepisse cognoscimus, cumque tibi vel certo mandato tuo cum de tua nobis super hac requisitione constabit restituere sine difficultatis et dilationis obstaculo pollicemur, nos et omnia bona nostra mobilia et inmobilia quecumque et ubicumque sint tibi propter 30 hoc obligantes, ac in quemcumque cornu detinentem huiusmodi contra voluntatem tuam, postquam per te vel certum procuratorem tuum super ipsius restitutione fuerit requisitus ex nunc prout ex tunc excomunicationis sententiam promulgamus. IV. - [ 1323] ottobre 1 . Arch. com. Perug. perg. origin . Giovanni XXII ai Todini contro Muzio d'Assisi. Johannes etc. dil . fil . Pot. Capit. Cons. et Com. Tudertino sal. etc. Sapranno delle gravi sentenze che colpiscono Muzio di Fran- cesco d'Assisi e suoi aderenti. A vestra notitia fore non credimus alienum quod nos dudum contra Mussium q. Francisci de Assisio dei et Ecclesie crudelem persecutorem et hostem prophanum excomunicatum et sacrilegum et de pestifera labe heretice 5 pravitatis vehementer suspectum, ac sequaces, fautores, valitores et receptatores ipsius sibique quomodolibet adherentes et dantes auxilium, consilium et favorem publice ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC . 285 Si meraviglia che essi lo ricet- tico. vel occulte , processus nostros habuimus, graves spirituales et temporales penas et sententias continentes ; sed infeste 10 relationis assertione percepto quod vos huiusmodi penarum et sententiarum grandia pericula non verentes, dictum Mussium in nostram et E. R. contumeliam ac vestrum maximum periculum receptatis et retinetis vobiscum, sibique prestatis auxilium consilium et favorem non absque turba15 tione miramur. Quare universitatem vestram rogamus acteutius et hortamur vobis nichilominus, per ap. scripta mandantes, quatinus huiusmodi periculis , que vobis processus nostri predicti nisi celeriter a predictis destiteritis, probabiliter comminantur prudenter et salubriter obviantes, Proibisce di 20 eundem Mussium aut sequaces suos receptare retinere aut più oltre ospi- tarlo . eis adherere seu prestare auxilium , consilium vel favorem per nos vel per alios publice vel occulte, aut sibi vel dictis sequacibus victualia aut alia quecumque necessaria per vos vel alios quomodolibet ministrare nullatenus pre25 sumatis, nec communionem aut commercium cum ipso aut dictis sequacibus, quamdiu extra nostram et apostolice Sedis gratiam fuerit, quomodolibet habeatis, circa premissa et ea contingentia taliter vos acturi quod variis vobis ex hoc imminentibus periculis occurratis et penis 30 ac sententiis non involamini supradictis . Dat. Avinion. Kal. octobris an. septimo. 287 DI ALCUNE LEGGI SUNTUARIE EUGUBINE DAL XIV AL XVI SECOLO A proposito di Alcune leggi suntuarie Pistoiesi, il prof. Agostino Zanelli aveva ragione di notare che, " se considerate sotto l'aspetto giuridico e morale non ci additano altro che un penoso ed infecondo lavoro, esse ci offrono d'altra parte una larga fonte di notizie per la storia descrittiva dei costumi e portano un buon contributo, sebbene indiretto, alla storia delle industrie e del commercio ( 1 ) . Sta qui la ragione ond' io voglio dar notizia d'alcune di tali pragmatiche del Comune eugubino. » Le prime, ch'io conosco, « De ornamentis, vestibus et arredis dominarum et mulierum prohibitis » sono contenute nella rubrica 164 del terzo libro degli Statuti di Gubbio, che il cardinale Albornoz confermò e furono pubblicati nel settembre 1371. Affinchè cessent superflua et inhonesta dominarum arreda et ornamenta que damna persepe, immo cotidie, afferunt civibus et districtualibus Eugubii, et arreda et ornamenta huiusmodi pro comuni utilitate refrenentur », si vietò di portare oggetti d'oro o di argento, smalti, gemme, ambre e pietre preziose e « caputeum seu capellum, guarnachiam seu mantellum foderatum de variis » , fatta eccezione per le mogli de' militi del Comune : solo un anello era permesso, d'oro o d'argento, incastonatavi una pietra preziosa, pur che il valore non fosse superiore a 25 soldi ravennati . Proibita la cintura con fregi o con pietre o smalti o coralli, era lecito portare « pro abotonatura manicarum et colli ad plus unam (1) Arch. stor. ital. , XVI, serie 5ª , pag. 206. 288 G. MAZZATINTI untiam boctonum sive monilium de argento deauratorum » . Non (( " aliqua frigiatura » nella veste ; non veste di seta ; non mantello foderato de sindone » di più colori, ma tutt'al più, di due, o a scacchi od a zone, senza ornati d'oro o d'argento et absque aliqua ioculatura » ; non veste rappresentatevi in ricamo od impressevi figure d'animali , di piante, di frutta e fiori, o pure « alique littere » ; non abito con la coda (ma soltanto in chiesa sia lecito mantellum traginare et per terram trahere » ) di più sorta di stoffe, ma « de uno panno » e « dimidiata per longum equaliter de panno solum ex utroque latere », senza ornamenti d' « intalii vel dogature » ; non tunica aperta dalla cintura in giù ; non borsa di seta con ricami d'oro o d'argento . Alla osservanza di codesti severi ordinamenti, che dovevansi dall'officiale del Comune far bandire una volta al mese per la città e leggere nelle chiese di S. Francesco e S. Agostino, e in quelle dove « homines et mulieres erunt magis congregati » , non erano tenute le consorti e le figlie dei militi e nobili del Comune ; ed alle mogli di giudici e medici era concesso d'ornarsi con oggetti d'argento, indorati o no, pur che il peso non ne fosse maggiore di tre oncie, e d'indossar le vesti e i mantelli (ma un orefice deputato dal Gonfaloniere e dai Consoli doveva bollarli ) fatti avanti la pubblicazione del presente Statuto, tolti però i bottoni d'argento dorati, le perle, gli « arbores » e tutto che v'era « contextum vel aplicatum, exceptis fregis et brandellis argenteis auratis vel non auratis > (1) . Malgrado tali rigorose provvisioni la gravità della multa che poteva ascendere fino a 25 lire ravennati per ciascuna contravvenzione, e la minaccia di confisca degli abiti non bollati, nuove leggi e più restrittive e severe, confermate le antiche, furono, a quanto pare, necessarie pochi anni dopo, cioè ne' primi giorni dell'85 . E appunto il 27 gennaio i Priori, i Consoli ed otto deputati dal Consiglio generale deliberarono « super redibus et ornamentis dominarum ordinandis et declarandis » ; e pene da 20 soldi di denari ravennati a 25 lire fissarono per le donne che avessero portato ghirlanda o diadema con pietre, ambre, coralli ed ornati d'ogni specie, d'oro o d'argento ; cappuccio o berretto per la città , (1) Cfr. l'Appendice all' Inventario dell'Archivio Com . di Gubbio in Arch. stor. per le Marche e l'Umbria, IV ; pag. 53 e sgg. dell' Estratto . DI ALCUNE LEGGI SUNTUARIE EUGUBINE, ECC. 289 salvo che fossero uscite fuor delle mura a piedi o a cavallo ; mantello con fregi e pietre di valore ; più d'un anello del valor massimo d'un fiorino ; calzature « cum becchis » ; veste aperta dalla cintura ; borsa con ricami ; abito di scarlatto o di seta, frastagliato od a zone, con figure d'animali o di fiori sovrapposte o conteste cintura con ismalti ; filaria paternoster » d'ambra, di coralli o di perle ; fodere di seta, intessutevi fila d'oro o d'argento. Giusta gli ordinamenti del 1371 , doveva un orefice della città , designato dai Consoli, bollare a ipsas vestes et clamides » ed esigere per ogni bollo dodici denari. Ecco il testo di tali provvisioni . In Dey nomine Amen. Infrascripta sunt ordinamenta facta super arredis et ornamentis mulierum civitatis et comitatus Eugubii per nobiles et prudentes dominos Priores et Consules ac octo arbitrium habentes a Consilio generali populi civitatis Eugubii. I. Im primis, ut evitentur expense superflue que fiunt in ornamentis et aredis mulierum per cives et comitatum Eugubii , statuerunt et ordinaverunt quod nulla mulier cuiuscumque condictionis et etatis fuerit per civitatem et comitatum Eugubii audeat vel presumat portare seu deferre intra domum vel extra domum aliquam coronam ghirlandam seu franzalam vel circulos in capite in quibus sit aurum, smaltum, argentum, perla vel perle, naccara vel naccare, lapis seu lapides pretiosi , corallus, cristallus seu ambra in aliqua materia, forma vel spetie aurea vel argentea, aurata vel argentata in totum vel in partem , pena XXV lib. den. Rav. , et in amissione rerum predictarum prohibitarum. --- II. Item quod nulla mulier cuiuscumque condictionis et etatis existat, audeat vel presumat deferre seu portare caputeum , capellinam seu berettinum aut capellum ullo modo per civitatem et comitatum Eugubii, in domo vel extra domum ; salvo quod si aliqua mulier equitaret vel pedes iret extra civitatem, tunc possit portare caputium capellum seu beretinam in capite in quibus non sit aurum, argentum vel aliquod smaltum. Que autem contrafecerit condempnetur per dictum Potestatem vel alium officialem Comunis Eugubii in vigintiquinque lib. den. Rav. et in amissione rerum predictarum. III. Item statuerunt et ordinaverunt quod nulla mulier cuiuscumque etatis vel condictionis existat, audeat vel presumat portare aliquod genus varij in aliqua veste, mantello vel mantellina, in domo vel extra domum, nec aliquam fregiaturam auream vel argenteam seu de perlis, naccaris, smaltis , corallis, cristallis vel ambris in aliqua materia vel spetie, ad penam vigintiquinque libr. Liceat tamen cuilibet 19 290 G. MAZZATINTI mulieri portare quatuor untias argenti puri vel deaurati in vestibus earum, in monilibus vel in centuris dumtaxat. Uxores autem iudicum et medicorum tam fixicorum quam ceruscicorum, qui studuerunt pro tempore in aliquo studio generali possint et eis liceat portare sex untias argenti puri vel deaurati in monilibus et centuris et omne genus varij in vestibus earum impune. IV. -- Item statuerunt et ordinaverunt quod nulla mulier maritata seu nupta possit vel debeat portare ultra unum anulum in digitis valoris unius floreni ad plus et calciamenta aliqua cum becchis nec aliquam vestem que sit aperta a centura, ad penam XX s . den . Rav. pro qualibet vice et in admissione rerum predictarum . V. - Item statuerunt et ordinaverunt quod nulla mulier cuiuscumque etatis vel condictionis existat modo aliquo portet aliquam bursiam vel carnerium cum aliquo ornamento de prohibitis pro forma presentium ordinamentorum ad penam centum s. Rav. pro qualibet bursia vel carnerio et qualibet vice qua contrafactum fuerit et in admissione rerum ipsarum. VI. - Item statuerunt et ordinaverunt quod nulla mulier cuiuscumque condictionis existat portet vel ferat per civitatem vel comitatum Eugubii, in domo vel extra domum, aliquam vestem de scarlacto samito vel serico, nec aliquam vestem transtalglatam vel dogatam ; et que contrafecerit in aliquo predictorum condepnetur per Potestatem civitatis Eugubii et quemlibet alium officialem dicti Comunis pro qualibet vice in XXV libr. den . Rav. et in amissione vestis seu vestium predictarum ; addito quod id quod dicitur de veste transtalglata vel dogata non vendicet sibi locum in puellabus non nuptis etatis octo annorum et ab inde infra . VII - . Item statuerunt et ordinaverunt quod nulla mulier cuiuscumque condictionis existat ferat vel portet per civitatem et comitatum Eugubii, in domo vel extra domum , aliquam vestem que sit ultra quod de uno panno nisi fortasse esset dimidiatam per longum equalem de panno solum ex utroque latere sine aliqua mistura in talis vel dogatura ipsiusmet panni vel alterius panni , ad penam supradictam, exceptuatis tantum dictis puellabus. VIII. Item quod nulla mulier per civitatem vel districtum et comitatum Eugubii , in domo vel extra domum , induat vel ferat aliquam vestem in qua vel super qua sint alique litere vel figure arborum, fructuum , florum, frondium vel alicuius animalis seu similitudinis animalis picte, conteste, superposite, designate vel infixe vel aliter seu alio modo ioculatam. Que autem contrafecerit, in XXV libr. Rav. et in admissione vestis predicte vice qualibet condepnetur. DI ALCUNE LEGGI SUNTUARIE EUGUBINE, ECC. 291 IX. -- Item quod nulla mulier cuiuscumque fuerit etatis vel condictionis per civitatem vel districtum Eugubii portet vel deferat aliquam centuram, schiggiale vel fictam in quibus sit aurum vel argentum, smaltum, lapis pretiosus, perla, cristallus, ambra, naccara seu corallus , vel aliquod deauratum vel argentatum, preter et contra supra dicta ordinamenta posita supra in tertio capitulo. Et que contrafecerit, pena XXV libr. Rav. et in admissione rerum prohibitarum vice qualibet debeat condepnari. ― X. Item quod nulla mulier cuiuscumque condictionis et etatis existat portet vel ferat per civitatem vel comitatum Eugubii, in domo vel extra, aliquam filariam paternoster in qua sint ambre, coralli , perle vel naccara, cristalli vel aliquod aliud de auro vel argento, ultra valorem unius floreni auri . Si qua vero mulier inventa fuerit contrafaciens condepnetur per Potestatem dicte civitatis in centum sol . den. Rav. pro qualibet vice et in admissione dicte filarie paternoster, de cuius valore stetur et credatur declarationi domini Potestatis qui nunc est et pro tempore fucrit. XI. - Item statuerunt et ordinaverunt quod quelibet mulier possit portare in reversinis et pro reversinis vestium earum et pro foderibus manteliorum , guarnacchiarum et gabanorum et pro reversinis eorum sindone et drappum de serico cuiuscumque coloris cum virgis et sine virgis dummodo in dictis virgis non sit aurum nec argentum contestum vel alio modo positum et in dictis sindone et drappo non sint figure litterarum, animalium vel aliarum rerum conteste, picte seu super posite . Qui quidem sindone et drappus sic picti contesti et figurati non pos sit nec debeat per aliquas mulieres portari , exceptis uxoribus militum et mulieribus nobilibus supradictis portari seu poni in reversinis et foderibus supradictis. Que autem contrafecerit, condepnetur et condepnari debeat in XXV libr . den . Rav. et in amissione dictarum vestium in quibus essent dicte reversine et fodera prohibita apposita. XII. - Item statuerunt et ordinaverunt quod vestes et clamides, facte ante presentia ordinamenta et provisiones que sunt contra formam ipsorum, possint portari sine pena si bullate fuerint infra XV dies post bannimentum fiendum, que debeant bullari et ad bullandum ipsas vestes et clamides deputetur unus aurifex de civitate Eugubii per dominos Gonfalonerium et Consules dicte civitatis. Et omnes vestes et clamides bullande describi debeant per officialem sive notarium domini Potestatis, declarando que vestes sint et cuius fuerint dicte vestes. Et si aliqua vestis vel clamis reperta fuerit bullata contra dictam formam, puniatur bullarius in X libr. Rav. , et nichilominus portans seu deferens dictam vestem et clamidem condepnetur secundum formam predictorum ordina- 292 G. MAZZATINTI . mentorum ; de quibus vestibus debent elevari arbores et fregiaturas perlarum et bottonariorum de argento deaurato vel non deaurato, vel naccararum et quicquid aliud quod eis esset contestum vel aplicatum quod esset contra formam presentium ordinamentorum, exceptis fregis et bendellis argenteis auratis vel non auratis. Aurifex vero qui sic fuerit electus ad bullandum, ut supra dictum est, pro suo salario accipere possit et debeat duodecim denarios pro qualibet bulla et non plus, pena XX solid. a dicto aurifici si contrafecerit pro vice qualibet exigenda de facto per dictum Potestatem. XIII. Item statuerunt et ordinaverunt quod nullus sartor seu sartrix aut alia quevis persona in civitate comitatu seu burgis Eugubii vel ipsorum aliquo , incidat, suat vel fatiat aut incidi , sui vel fieri fatiat aliquam de vestibus supradictis prohibitis fieri et portari ad penam XXV libr. Rav.; in quibus contrafaciens Comuni Eugubii vice qualibet condepnetur, salvo quod non intelligatur si faceret vestes puellabus minoribus octo annorum et mulieribus militum et nobilium. Et quilibet possit accusare et denumptiare predictos sartores , sartrices, sutores, sutrices et incisores predictarum vestium et habeat quartam partem pene. XIV. — Item statuerunt et ordinaverunt quod dictus dominus Potestas et quilibet alius officialis Comunis Eugubii ad predicta deputatus per dictum Comune omnes et singulas mulieres fatientes et commictentes contra suprascripta et infrascripta ordinamenta vel aliqua eorum et contenta in eis vel ipsorum aliquo possint et valeant condepnare in penis in ipsis capitulis adnotatis et ipsarum condepnationes exigere debeant et teneantur a maritis ipsarum , si habebunt maritos ; si vero maritos non habebunt, condepnationes ipsas exigere teneantur et debeant a patribus, matribus, sororibus vel fratribus ipsarum mulierum cum eis habitantibus. Si vero dicta mulier non habeat aliquem de predictis , dicta excussio dicte summe fieri debeat per dictum Potestatem contra dictam mulierem que contrafecerit in predictis vel aliquo predictorum. Qui quidem Potestas et officiales habeant et habere debeant quartam partem omnium et singularium condepnationum predictarum quas fecerint venire in Comuni ad manus camerarii dicti Comunis et ipsa camera possit teneatur et debeat dicto Potestati et dicto officiali dictam quartam partem solvere atque dare sine alia bullecta sive deliberatione inde fienda. Et aliam vel maiorem partem de dictis condepnationibus dictus dominus Potestas vel alius officialis habere non possit non obstante aliquo statuto vel ordinamento in contrario loquente vel in quo aliud contrarium diceretur. XV. - Item statuerunt et ordinaverunt quod condepnationes fiende de mulieribus supradictis vigore presentium ordinamentorum sive quan- DI ALCUNE LEGGI SUNTUARIE EUGUBINE, ECC. 293 titates earum condepnationum possint et debeant solvi de dotibus vel bonis ipsarum mulierum ; et quod solventes dictas condepnationes vel quantitates earum possint et eis liceat retinere de ipsis dotibus vel de bonis ipsarum quantitates ipsas ; et quod ex nunc dotes et bona predicta intelligantur fore atque sint pro dictis quantitatibus solvendis solventibus obligata. XVI. -- Item statuerunt et ordinaverunt quod suprascripta ordinamenta vel aliqua eorum non vendicent sibi locum in uxoribus militum et aliis mulieribus cuiuslibet etatis nobilium civitatis et comitatus Eugubii, nec contra eas dummodo non sint nupte popularibus civitatis et comitatus Eugubii, quas sic nuptas voluerunt subiacere dispositioni suprascriptorum ordinamentorum. Et non vendicent sibi locum in filiis et nepotibus militum qui non servarent nobilitatem et militiam et qui sunt de numero consiliariorum populi sive LXXX maioris summe et de officio consulatus dicte terre. Excepta alia confirmantes et approbantes que continentur in Statuto posito in tertio libro voluminis Statuti dicte civitatis Eugubii sub Rubrica CLXIIII. de ornamentis vestibus et arredis dominarum, et in presentibus ordinamentis et capitulis non declaratis ( 1 ) . Nuove leggi (altre non ne conosco anteriori al dominio di Federico da Montefeltro) furono promulgate il 12 aprile del 1469 : chiarissima prova della sfrenatezza nel lusso delle donne e delle spese eccessive in vesti ed ornamenti. Significantissimo, tra gli altri, il divieto di portar vesti con ampia coda e tanto aperte da mettere in mostra il collo e il petto. In primis che niuna donna de qualunche stato o conditione se sia, la cui dota non transcenda la quantità o valuta de fiorini cento a bon. 40 per fiorino , ardischa ne presumma portare nè havere in suo uso festivo in vestimenti o vero ornamenti ultra la quantità de fiorini cinquanta a la dicta ragione. Et da dicti cento fiorini in giù non possa havere in nelli sopradicti ornamenti o vestiti ultra la mità de la dota sua. Et da cento fiorini in su in li predicti vestiti et ornamenti nulla possa portare ultra li doi quinti de la dota sua : salvo non fossero doune de' cavalieri , gentilhomini et dottori , quale possano portare et havere a lloro uso vestiti et ornamenti per fine a la montanza de la mità de la dota loro . Et in questo non se intendano nè comprehendano li vestimenti et orna- (1) Arch. Com. di Gubbio, Riforme, tomo 11 , fol. 122 e sg. 294 G. MAZZATINTI menti dati dal padre loro o da soi herede. Et qualunche contrafacesse incurra a la pena per ciaschuna volta de fiorini quattro a bon. Xl per fiorino . De la quale pena a l'offitiale del dicto Comuno che sarà la dicta pena cum effetto pagate habbia la quarta parte, et l'altre tre parte devengano et devenire debbano cum effetto al Monte de la Pietà del Comuno de Vg.º, et per le mani del depositario del predicto Monte el dicto officiale debbia la dicta sua parte ritenere et non altramente. Item che niuna donna de qualunche grado o condictione se sia ardischa nè presumma portare alcuna veste rachamata ad uso de la sua persona, sotto pena de cento soldi da applicarse et pagarse come de sopra. Item che niuna donna de qualunche grado o condictione se sia possa portare maniche de brochato d'oro nè ancho argento, salvo non fosse donna de cavaliere o de gentilhomeni o de dottore, sotto la pena de cento soldi da applicarse et pagarse, come de sopra è dicto , per ciaschuna volta che contrafacesse. Item che niuna donna de qualunche grado o condictione se sia presumma portare soi vestimenti scholati denanti in tal forma che ' l pecto per alcuno modo sia schoperto. Et el simile se intenda da la parte de le spalle ciò è per tre o quattro deta sotto la nuca, salvo per tal modo cum pancielli non coprissero la carne che per niuno modo se podesse apparere, sotto la dicta pena de cento soldi per ciaschuna volta de applicare, como è dicto. Item che niuna donna possa portare stragino i soi vestiti ultra uno palmo comune sotto le pianelle, salvo non fosse donna de cavaliere, de gentilhomo o de doctore, quale se possino portare uno piede et non più, a la ditta pena de cento soldi da applicarse per ciaschuna volta, como de sopra è dicto . Item che li predicti ordini et statuti et prohibitioni se intendano ad observare solo per li vestimenti et ornamenti li quali se facessono de novo per lo advenire. Et non se intendano per quelli fossero stati fatti per lo passato et per fino in lo presente di ; li quali se possino usare et portare come prima senza alcuna pena. Approbata et confirmata fuerunt omnia et singula suprascripta capitula et ordinamenta per illustrem et excelsum dominum nostrum dominum Comitem Federicum Montisferetri Vrbini et Durantis Comitem ac serenissime lige Capitaneum generalem, sub annis Domini Millesimo cccc LXVIIIJ° , die XIJ aprilis ( 1 ) . (1) Arch. cit. , Riforme, tomo 28, fol. 22. DI ALCUNE LEGGI SUNTUARIE EUGUBINE, ECC. 295 « Disposizioni più severe, per ciò che le vecchie leggi dovettero riuscire inefficaci, prese il Consiglio durante la signoria di Guìdubaldo 1 ; ma io non le conosco. Soltanto so che nella seduta del 20 marzo 1484 fu proposto ( 1 ) di provvedere « circha ornatum mulierum et inhonestam portaturam earumdem » e di modificare gli antichi ordinamenti : per questo furono eletti « duodecim morales idoneos et prudentes cives ». Ma per quanto rigorose siano state, codeste disposizioni a nulla giovarono ; tant'è vero che nel maggio del 1507 il Consiglio tornò a discutere su lo stesso argomento . Nè potè, a quanto sembra, farne a meno, anche perchè frate Battista da Mantova aveva con roventi parole , predicando nella quaresima in S. Francesco, condannato quella superfluitatem vestium mulierum et praecipue gestandi faldiglias et trahendi per terram caudas vestium ». E s'aggiunga che il frate stesso ne parlò con risentimento e stupore per tanta sfrenatezza di lusso a Guidubaldo, e che questi scrisse al Consiglio perchè con savio rigore ponesse un freno a quel ch'egli chiamò « maximum detrimentum civitatis » . Aderi subito il Consiglio al desiderio del Duca , e in quella seduta del 10 maggio fu recisamente proposto che le donne « non debeant amplius ferre faldiglias et quod statuatur quod omnino tollantur ; et quod circa vestes mulierum et circa straginia , moderentur » . Dal Gonfaloniere ottenuta la unanime approvazione, e comunicata al Duca la risposta « quod vestes reducantur sine stragino » e « mulieres deponant faldiglias , questi fece nello stesso giorno « bandire et comandare che non sia alcuna donna, de qualunche stato e conditione, quale ardisca da ora inanti nè presuma in dicta citade o suo distrecto portare indosso panni de seta o lana o di qualunche altra conditione sia cum tragino alcuno, ma solum possino portarli in tal longhezza che tocano terra solum per quattro deta . Et similiter non ardisca portar indosso alcuna generatione di faldiglia sotto pena di due ducati d'oro per ciaschuna et qualunche volta contrafarà ad alcuno de li sopradicti capitoli ; et sia tenuto el patre per la figlia non maritata et el suocero et marito in solidum per la nora e moglie » . Ancora : « per obviare a li scandoli quali faciliter potessero occorrere per lo advenire », (1) Arch. cit. , vol. all'a. 1434. ordinò il Duca « che 296 G. MAZZATINTI non sia licito ad alcuna persona farsi maschara ad alcuno tempo a faccia scoperta o penta, nè anche a faccia coperta, mutando habito da homo in donna, o de seculare a religioso, sotto pena de dece fiorini » . Altre leggi non furono pubblicate prima del '66 . In quest'anno il Duca bandi ( 1 ) : Che non sia licito ad alcuna persona, di qual grado, stato , conditione e preminenza se sia, portare berette di drappo o di panno se non simplici , excetto per cagione di voto, nè in esse si possa portare medaglie nè gioie nè perle nè altro ornamento di oro o di argento, ma un cordone di seta dintorno o di velo o ver francia con le fodere di drappo che sieno del medesimo colore. Non sia licito portare capelli di feltro o di drappo se non negro, o di paglia simplici con un cordone di seta o velo et la fodera di dentro di seta, e d'intorno con una francetta ; e il tutto semplice. Non sia licito alle spose andare in habito da sposa più di uno auno dal di che seranno andate a marito et haveranno consumato il matrimonio, le quali in quel tempo possino portar cente, catthene e fronzette di valore di scudi XXV l'una e non più, e parimenti perle o altri ornamenti tanto alla gola come in testa. Ma non le sia licito portar cosa alcuna a l'orecchie, nè manighi, nè guanti profumati, nè vesti d'oro e d'argento, nè raccami e intagli o altro , nè fazzoletti lavorati d'oro o di argento. E in capo non possino portare altro che scuffie di seta bianca, lionata o di qualche altro colore se sia simplice. Nè possino portare corone di ambracane o di musito. Non le sia licito portare sottane guarnite di raccami d'oro o di argento, nè sorte alcuna di guarnigione, eccetto una lista o doi , overo una trina larga al più mezzo dito intorno al busto, alle maniche e da piedi. Nè sia licito ad alcuna haver più di tre vesti di drappo in tutto , o sieno sottane o ciamarre o altre vesti. Non sia licito alle sudette dame portare berette in testa nè capelli di veruna sorte, eccetto capelli di remosi negri simplici ne ' quali non possino portare medaglie o penne ; nè meno debbano portare calzetti lavorati di seta ad accuccia con raccami o lavori . Non le sia licito portare zibilini con teste d'oro nè ventagli con maniche d'oro. (1 ) Arch. cit. , vol. 54 , fol . 181 . DI ALCUNE LEGGI SUNTUARIE EUGUBINE, ECC. 297 Non sia licito portare stragini , ma che le lor vesti sieno convenientemente lunghe et alte da terra un dito. Non le sia licito portare più di tre annelli per ciascuna. Non sia licito alli huomini portare camisce lavorate d'oro o d'argento, nè meno a donne. Non sia licito alli huomini portare giupponi con altro guarnimento che con bottoni di seta d'imbotitura pur di seta, senza altro lavoro. Non sia licito in saio, casacca, coletto o simile sorte di vestimenti di panno o di drappo ponere per guarnigione altro che una simplice banda intorno le maniche e busti e falde di drappo o di dentro o di fuori ; e il medesimo nella cappa o tabarri, il terzo di un palmo. Non sia licito nelli cossali delle calze metter bambagio o feltro per gonfiarle, nè meno ponervi oro nè argento, raccami, trine, cordoni nè francette, ma solo una imbotitura di qua o di là dal taglio ; e che detti cossali non sieno più larghi di doi terzi d'un palmo della fodera che basta a circondare la coscia, o lunghe dal ginocchio in su più di quello che sarà la fodera. Nove anni appresso il Consiglio elesse quattro cittadini « super moderatione vestium » ; ma, quando essi riferirono e proposero, non su tutti i punti, come dice l'atto consiliare , « siamo stati d'accordo . Cinque proposte furono discusse ed accolte : » . Che se debbiano levar via in tutto i tragini della veste ; che le verducate overo faldine siano al tucto prohibite ; che le donne non spose debbiano portar solo veste di rascia, panni, ciambellotti, buratti, moccaini e simili , nè possano portar drappi di sorte alcuna eccetto che le veste di drappo già fatte ; che alle spose si concedano per il primo anno solo una veste di drappo di sopra con una sottana pur di drappo per un anno solo ; che non si possino portare centi d'oro d'alcuna sorte, ma solo centi de seta Su altri cinque non fu presa alcuna deliberazione, e cioè : « Che le donne non possino portare più de doi veste di drappo e queste due siano veste o sottane o ciamarre, come pare a chi le porta, sì che non possa usare altro che queste due di drappo et non più che tutte le veste et sottane tocchino terra et un palmo de tragino et non più : che possino portare le faldiglie o vogliam dire verdugata, concedendosi da Noi per esser cosa di poca spesa : che le spose possino portare una centa d'oro la quale cinga et non avanzi niente sotto la cintura : che le spose possino portare 298 G. MAZZATINTI tre veste di drappo, delle quali se ne possino servire per veste, sottane e ciamarre come li pare, et non possino havere più di queste tre et usare con l'ordine del tragino ditto di sopra » (1) . Ma corsero appena sei anni , e il Gonfaloniere ed i Consoli, sgomentati per le pompe et escessive spese de' vestimenti che si fanno nella città » , furono costretti a formular nuove leggi : nel settembre dell' 83 le inviarono al Duca, pregandolo « humilmente (così gli scrissero ) si degni confirmare li sopradetti capitoli, fatti a honor de Dio e per benefitio publico, comandando che siano registrati nelli libri soliti et osservati inviolabilmente : il che lo riceveranno per gratia singolare ». Il Duca li approvò il 1º di ottobre, scrivendo a canto a ciascuno il solito Placet e, in fine , la formula : Supradicta capitula confirmamus, approbamus et donec vobis placuerit observari mandamus. F[ ranciscus] M[ aria] D[ux] >> . « Moderatione del vestire. Perchè in ogni città non solo è lodevole, ma ancora debbito de chi ha il Governo, provedere che le cose concernenti a gloria e lode di Dio et a salute de l'anime s'introduchino et s'osservino, et quelle tanto al particolare come al pubblico dannose le quali da irregolari apetiti procedono non solo non trovino luogo nelle città, ma ancora quelle che ivi fussero si levino, o almeno, quanto più si può , se riduchino a l'honesto ; però il ser. signore Franc. Maria Feltrio della Rovere ij ducha d'Urbino a richiesta della sua città d ' Ugubbio, desideroso del bene et commodo de' suoi populi, volendo provedere quanto più si può alla conservatione delle facoltà de ' suoi sudditi et a' molti cattivi abusi che vi sono ; con il presente publico bando notifica et comanda che non sia alcuna persona di qualsivoglia grado, stato, dignità et preminenza ardisca nè presuma in modo alcuno nè sotto qualsivoglia pretesto o colore contravenire all'infrascritti capitoli, quali S. A. S. vuole et comanda che per l'avenire inviolabilmente s'osservino sotto pena a chi contrafarà a detti capitoli o ad alcuno d'essi di XXV scudi per ciascuna volta ; e applicarsi per la metà alla Camera Ducale et il resto a l'executore che ne farà effettuale essecutione, et di più della perdita delle robbe prohibite, d'applicarse come di sopra. Dichiarando (1) Arch. cit . , Riforme, vol. 55, fol. 255 e seg. DI ALCUNE LEGGI SUNTUARIE EUGUBINE, ECC . 299 che in caso di contraventione siano obligati i padri per i figli , i mariti per le mogli et i fratelli per le sorelle non maritate, et che il Luogotenente ne sia ordinario conoscitore. Et per maggior fermezza delli infrascritti capitoli se prohibisce a tutti li sarti et lavorenti, tanto huomini come donne, et ad ogni sorte d'arteggiani che da hora in poi non debbino nè per sè nè per altri tagliare, cuscire, vendere nè tenere in botegha alcune vesti nẻ robbe contro la forma et prohibitione delli presenti capitoli, tanto in pubblico come in secreto, sotto la pena d'applicarsi come di sopra. Et prima che non sia lecito ad alcuna donna di qualsivoglia grado, conditione o preminenza portare oro, argento rebattuto, nè filato , nè fino, nè finto , nè gioie, nè perle , nè coralli nella testa per ornamento di esse. Che nei capelli et berette, tanto d'huomini come di donne, di drappo o d'altro non sia lecito portare altro ornamento che un velo o cordone o francia di seta, overo una fascietta ornata di cristallini con fodera di drappo et con una medaglietta che non passi il valore di quattro scudi. Che non si possino portare li pendenti a l'orecchie di maggior prezzo che di quattro scudi. Che li giupponi d'huomini come di donne non si possino portare con guarnimenti d'oro nè d'argento, nè fino, nè finto . Che non si possa portare camisce, nè fazzoletti lavorati d'oro , nè d'argento o fino o finto . Che non sia lecito ad alcuna persona alcuna sorte de vestimenti guarniti di ricami d'oro nè argento fino nè falso , cristallini , intagli , imbottitura, nè meno recami di seta, eccetto con una lista di drappo o due al più , overo una trina larga al più un dito intorno al busto , alle maniche et da piedi. Che niuna donna di qual grado o conditione, età da otto anni in su, possa andare per la città senza panigello o velo in testa di giorno , eccetto le spose dal di che saranno sposate per sin che andaranno a marito et sei mesi dappoi . Che niuna donna di qual grado o conditione sia possa portare al collo alcuno ornamento d'oro, gioie o altro che esceda il valore di scudi trenta d'oro in tutto , dechiarando che le gioie et oro non siano finte nè false et che l'ornamento sia uno istesso et non diverso. Che a niuna donna di qual sia grado o conditione sia lecito portare alcuna sorte di vestimenti di broccato d'oro et d'argento ; s'intendono in tutto et per tutto esser prohibite, tanto d'oro et argento fino , quanto falso. 300 G. MAZZATINTI Che a niuna donna di qualsivoglia grado o conditione, come di sopra, sia lecito portare tebellini , et alli ventagli e ventarole non sia lecito portar maniche d'oro nè d'argento, nè gioie, tanto fine quanto finte, così che il valore di ventagli e ventarole non esceda cinque scudi. Che a niuna donna sia lecito portare più di tre anelli , il valore de' quali non passi in tutto sessanta scudi. Che a niuna donna sia lecito portare manizzi recamati nė guarniti di veruna sorte, tanto fine come finte, eccetto che di passamani di seta. Che a niuna donna, come di sopra, sia lecito portare manigli d'oro o altro ornamento alle mani che esceda il valore di dodici scudi. Che a niuna donna sia lecito portare cinte d'oro che esceda il valore di trenta scudi d'oro, prohibendo che a dette cinte non sia lecito portare gioie d'alcuna sorte, nè fine nè finte, nè meno smalti . Che niuna persona possa portare corone di ambracane nè di muschio o di alcuna altra sorte che esceda il valore di dieci scudi . Che a niuna donna sia lecito portare nè usare più che quattro vesti di drappo, comprendendo in detto numero anco le ciamarre. Dechiarando che i ciambellotti , moccaiani , tulli , triglie, dobletti et ogn'altra cosa simile, come escedano il valore di sette giuli il braccio, s'intendino compresi nel numero dei drappi. Che a niuna donna sia lecito trinciare veste et ciamarre di veluto, di raso, di panno et di rascia, eccetto che li busti et le maniche. Che le veste già fatte se possino portare tutto carnevale prossimo ( 1) . Il prof. Merkel, illustrando con singolare dottrina Tre corredi milanesi nel 400 ( 2) , concluse col notare « i caratteri comunt del lusso nell'Italia settentrionale » e « una medesima, gagliarda passione per il lusso [ che] diffonde ed impone dappertutto le medesime foggie : Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia , Romagna, Veneto con caratteri particolari ne presentano pure molti comuni ». E l'Umbria ? E da applicarsi per lei la stessa massima, ch'ella cioè presenti foggie di lusso comuni ad altre regioni della penisola ?; o pure la ragione dell'esistenza di peculiari costumi fra noi è da ricercarsi nell'influsso esercitato da Firenze o da Roma, due de' tre massimi centri del lusso italiano nel secolo XV e nel seguente ? Pochi finora sono i documenti umbri su codesto soggetto a noi noti (conosciamo quelli di Perugia, d'Orvieto, di Rieti, (1) Arch. cit. , Riforme, vol. 57, fol. 171 e sg. (2) Bull. dell'Istituto stor. ital. , num. 13, pag. 169. DI ALCUNE LEGGI SUNTUARIE EUGUBINE, ECC. 301 di Città di Castello e, adesso, di Gubbio), perchè a tale domanda si possa con sicurezza rispondere : non mi sembra, però, che a certe forme del lusso nell'Umbria debba giudicarsi estraneo il fiorir delle corti e delle signorie che tanto influirono sullo svolgimento fecondo dello spirito nostro. Per Gubbio, ad esempio, non si dimentichi la lunga e gradita dimora che vi fece Battista Sforza ed Elisabetta Gonzaga nel meraviglioso palazzo di Luciano di Lovrana : nè esplicazione di fasto e passione per il lusso minori di quella della corte eugubina potrebbero constatarsi a Foligno, a Perugia e a Città di Castello nelle case splendide dei Trinci, dei Michelotti, dei Baglioni e dei Vitelli. G. MAZZATINTI. 303 COMUNICATI POTESTÀ, CAPITANI E GIUDICI DI TODI NEL SECOLO XIII Secondo il cronista tuderte Gian Fabrizio degli Atti ( 1 ) , la serie dei nostri potestà comincerebbe nel 1201 , con un messer Spagliagrano . Nel 1198 e nel 1206 avevamo i consoli, come si vede nelle lettere ad essi dirette da Innocenzo III ( 2) . Nel 1203 tornò messer Spagliagrano ; nel 1202 e nel 1207 la suddetta cronaca tace ; ma dal 1208 la serie dei potestà tuderti procede senza interruzione. Pure, in quest'anno , il nuovo magistrato non era definitivamente prescelto . Il 24 giugno, i sei consoli di Amelia facevano atto di sottomissione al potestà di Todi , et omnium futurorum consulum sive potestatis (3) ; il che vuol dire che non era ben certo se, negli anni seguenti, il Comune sarebbe stato governato dai consoli o dal potestà . Invece nel 1217 i cittadini di Terni fanno atto di sommissione al solo potestà di Todi ( 4) ; onde pare che ai consoli non pensasse più . Quali fossero le città, quali le famiglie che diedero maggior numero di rettori a Todi, è cosa che il lettore vedrà facilmente dalla nota che segue. Roma, Firenze, Bologna vi occupano il primo posto . La prevalenza di cittadini romani si spiega col bisogno che spesso (1) Per queste cronache cfr. quanto ho scritto intorno agli scrittori di storia to- dina. Foglietti, 1892. (2) LEONJ, Cronaca dei Vescovi di Todi ; Todi , Franchi , 1889, pag. 49. Nell' Epistolario d' Innocenzo III del Baluzius ( I , ep. 379) c'è anche una lettera a questo « Spalagrano » dalla quale appare che egli era di Todi ; e Spagliagrano è anche un castello presso Todi. (3) Registro degli istromenti, 18. (4) Id. , 26. 304 G. CECI aveva Todi di quietare le pretensioni di dominio accampate dai papi e difendersene. Ciò accadde specialmente dopo il 1275, perchè il rettore del Patrimonio pretendeva di estendere su Todi la sua giurisdizione, e i todini vi si opponevano ; onde ambascerie, processi, scomuniche che furono da ultimo risolute in favore del Comune da Bonifacio VIII , ma che si riaccesero poco dopo e misero capo ad una causa in curia di Roma dibattutasi nel 1367-68, interessantissima per i molti documenti e le testimonianze che racchiude ( 1 ) . Con Firenze e Bologna dovevano essere grandi le relazioni delle nostre famiglie nobili, le quali vi mandavano i loro figliuoli a studiar legge ; e invero è grandissimo il numero dei nobili todini i quali portano il titolo di « judice » negli atti pubblici e privati. Il primo capitano venne nel 1255 ( 2) , ma non sempre avemmo questo magistrato, anzi nei 46 anni che seguono fino al 1300, solo in 19 si incontra, forse perchè Todi fu per lo più ghibellina e quindi non doveva incontrarvi molto favore questa specie di tribunus populi, come lo chiama il Muratori ( 3) . Tornando ai potestà romani, è grande il numero di fratelli o di altri parenti dei papi ; spesso ai papi fu rimessa la scelta del potestà, come a Martino IV e Bonifacio VIII , ed essi ci mandarono i loro domicelli, o persone che godevano il favore della Corte . Non mancano esempi di due potestà , uno guelfo ed uno ghibellino ( 4) ( 1275) ; del solo capitano, senza potestà ( 5) ( 1288) ; o di ambedue gli uffici nella stessa persona (6) ( 1272-74) . Il potestà prima di entrare in ufficio giurava sugli evangeli ad uno o più sindaci appositamente eletti ( 7) di amministrare bene e legalmente (8) ; e prima di andarsene doveva render conto del suo operato ai sindacatori scelti dal Consiglio generale . Pandolfo Sa- (1) Arm. I, Cas. VIII, n. 397, II vol. (2) Il GREGOROVIUS (V, 359) errò sulla fede del CICCOLINI di cui parlo più innanzi, e ce lo diede nel 1254. (3) Antiq. It. , IV, 666. (4) Statuti e sentenze ; Arm. VII. (5) Decretali. (6) Id. (7) Id. , 1288, 28 dic. , e 1289, fol. 65. (8) Statuti del 1275, POTESTÀ, CAPITANI E GIUDICI DI TODI NEL SECOLO XIII 305 vello nel 1267 fu esentato da questo obbligo, anzi fu posta una lapide sopra la porta del palazzo del popolo, in ricordo della sua ottima amministrazione (1). Talvolta i potestà erano cacciati dalle fazioni . Nel 1235, Ugolino di Ugolino è cacciato dai ghibellini ( 2) ; nel 1266 Andrea di Baroccio di Venezia, dai guelfi ( 3) ; nel 1268 Comaccio dei Galluzzi di Bologna, dai ghibellini (4). Il lungo processo che quest'ultimo ebbe col Comune, permette di ricostruire i fatti nei minimi particolari. Partito il Savello, la potesteria fu data al Comune di Bologna, il quale ci mandò il suddetto Comaccio. In quel tempo Corradino passava da Foligno per andare alla battaglia di Tagliacozzo, e perciò i guelfi temevano, i ghibellini imbaldanzivano . Il Savello aveva saputo mantenere in pace i due partiti ( 5) , ma ora si riaccesero gli odi . L'intolleranza era al punto che Comaccio, nominando due banditori o due trombettieri, doveva scieglierne uno guelfo ed uno ghibellino ! Per stornare il temporale, egli , col mandato del Consiglio, aveva assoldato a Bologna trenta verroari a cento. soldi di usuale moneta al mese, i quali guardavano il palazzo dell'episcopio, quello del potestà, la torre del palazzo del popolo e la cillà intera giorno e notte . Altri armati erano stati chiesti alle città vicine. Dapprima ne vennero dieci da Foligno e altrettanti da Terni ; dopo, Foligno, Orte e Terni ne mandarono venticinque ciascuna ; Spoleto cinquanta e dieci cavalieri . Inoltre Comaccio faceva bandire che nessuno portasse armi ; che non si facessero riunioni nelle chiese o altrove ; che nessuno guernisse la propria casa d'armi e d'armati ; quei del contado non potessero dimorare in città , nè venirvi in tempo di risse ; uscissero subito se vi erano, o si iscrivessero come domiciliati in città se volevano rimanervi ; nè gli osti, nè altri li alloggiassero . Ma era come dire al vento. Comaccio spalleggiato dai guelfi, il cui capitano era un messer Francesco, tentò di far rispettare i suoi ordini e intimò a Monaldo e Polello degli Atti e ad Egidio « Mattafelloni » capi ghibellini, di non (1) La riporta il LEONJ nelle Memorie storiche di Todi. (2) ATTI, Cron. Era degli Alviano. (3) Id. e Reg. degli istr. , 14 a 18. (4) Arm. I, Cas. I , n. 17. (5) Cfr. iscrizione sunnominata. 2020 306 G. CECI adunare armi ed armati in casa come andavano facendo, e pagassero una multa . Notinsi quei due Atti ghibellini , perchè questa famiglia che più tardi si disse guelfa contro i Chiaravalli ghibellini, fu sempre creduta tale, mentre invece lo divenne quando i due partiti non rispecchiavano più due opposte correnti politiche, ma solo rabbiosi odî personali . Dopo circa quaranta giorni che Comaccio era a Todi, si venne alle mani. Si cominciò a sassate sulla piazza maggiore, poi si sguainarono le spade ; molti guelfi furono feriti o uccisi, e gli altri fuggirono mentre la casa del loro capitano era messa a sacco e a fuoco . Assicuratisi che i guelfi non tentavano la riscossa , tutti i ghibellini si riversano di nuovo sulla piazza maggiore, attorniano il palazzo del potestà , e gridano a quei di dentro : « Uscite, uscite ; consegnateci il palazzo ! » . Il potestà guarda dalle finestre i tumultuanti affollati intorno a quattro o cinque bandiere, una delle quali ha l'arma imperiale, cioè l'aquila nera in campo bianco . Tutti sono armati e risoluti ; inutile la resistenza ! Egli, pieno di dolore, battendo le palme ; esclama : « Che mi accade ! Per far bene, aver male ! » . Intanto la folla minaccia di appiccare il fuoco al palazzo, altri penetrano con baliste per la porta della scuderia ; Comaccio sta per essere ucciso ! Ma in buon punto in cima alla scala del duomo, che sta da capo alla piazza , appare il vescovo Pietro Caetani, scende circondato da molti frati dell'ordine degli Eremiti e dei Minori, calma gli animi, e trae in salvo Comaccio e i suoi famigli nel convento di S. Fortunato ! Polello degli Atti prende subito il comando della città e fa bandire che non si incendino le case, non si violino le donne, non si rabi, non si saccheggi, come pare che fosse consueto in simili casi. Ma la folla entra nel palazzo del potestà, e ne porta via armi, cavalli, masserizie e 600 lire cortonesi . Comaccio nel convento è così addolorato come non lo sarebbe se avesse perduto tutti i suoi figlioli . Ristabilita la calma, i ghibellini si pentirono di essere trascorsi a tanto contro il potestà, specialmente perchè offendere lui era un pigliarsela con il Comune di Bologna che lo aveva mandato . Allora Egidio Mattafelloni e Oddone di Acquasparta con altri , andarono al convento a pregare Comaccio di tornare al suo ufficio . E Comaccio rispose : Io sono venuto a governare Todi, non un partito ; rimettete i guelfi entro le mura e PODESTÀ, CAPITANI E GIUDICI DI TODI NEL SECOLO XIII 307 riprenderò la podesteria . Era un patto inaccettabile, e forse il Galluzzi lo mise avanti per uscirsene al più presto e con onore , e infatti se ne andò verso Spoleto, scortato da Pietro Friulani potestà di detto Comune e da altri armati . Ne seguì un processo in Curia di Roma che durò fino al 1291 (1 ) . Comaccio voleva essere rifatto dei danni e delle ingiurie ; Todi invece chiedeva un'indennità per i danni della ribellione, che diceva causata dal mal governo del Galluzzi . Bologna concesse a questi il diritto di rappresaglia . Nel 1281 capitarono in quella città tre mercanti todini, e Comaccio li fece imprigionare, nè li rimise in libertà che dietro preghiera di Martino IV. Finalmente nel febbraio del 1291 , per intromissione del cardinale Matteo Bentivenga d'Acquasparta, si venne ad un accordo, e Comaccio ebbe millesettecento fiorini d'oro ( 2) . Dapprima il potestà durava in carica un anno, ma nel 1275 era già statuito che non restasse in ufficio più di sei mesi ; pure non sembra che la legge fosse strettamente osservata o durasse, poichè s'incontrano potestà riconfermati fino per tre anni continui . Spesso chi aveva fatto buona prova di sè, tornava dopo pochi anni . Nel 1297, come ho detto, la nomina del potestà fu affidata a Bonifacio VIII , che da giovanetto era stato canonico di Todi ; ma con la condizione che non perciò venissero pregiudicati i diritti del Comune ( 3) . Le condizioni erano che fosse di un luogo lontano da Todi almeno 60 miglia, conducesse tre giudici, un socio milite, sette notari, otto domicelli, dodici verroari per custodia della città, otto cavalli ; restasse, dopo finito il suo ufficio, dieci giorni con tutti i suoi ufficiali per render conto del suo regime. Salario , 1080 libre di denari cortonesi minuti : e non potesse Bonifacio eleggere il potestà uscente ( 4) . Nel 1279 il salario era salito a 3000 libre restando uguali gli obblighi (5) ; nel 1288 il capitano ne aveva 250 al mese (6) . (1) Arm. I, Cas. I, n. 17. (2) Reg. degli istr. , 156 a 161 . (3) Decretali, fol. 113, 114. (4) Id. , 117. (5) Id. , 42. (6) Id. , 29 dicembre. 308 G. CECI Non sempre il potestà e il capitano esercitavano direttamente il loro ufficio , ma talvolta per mezzo di un vicario che per lo più era il giudice maggiore, o il milite, se trattavasi di assenza momentanea ; o un altro nobile a ciò assolutamente delegato quando sapevasi che l'eletto non sarebbe mai venuto in persona . Nel 1279, lo stesso Consiglio, eleggendo Matteo Rosso Orsini, mette la condizione che mandi un buon milite per suo vicario ( 1 ) . Il potestà, nè il capitano, nè i loro vicari, nè i giudici potevano assentarsi senza permesso del Consiglio Generale, al quale spettava anche l'elezione ; elezione che non veniva fatta direttamente, ma scegliendo 12 o 24 probi uomini, 2 o 4 per rione , i quali, nominato il potestà, si ripresentavano al Consiglio a chiedere l'approvazione del loro operato . Nel 1289 l'elezione era fatta dai 12 radunatori o consoli delle arti e da altri 12 probi uomini, in San Fortunato, lontano dall'influenza di altri a ciò non delegati (2). Un sindaco ed un notaro andavano a portare la nomina ( 3) , accompagnati da un numero maggiore o minore di cavalieri a seconda dell'importanza dell'eletto. Nel 1279, per portare l'elezione a Matteo Orsini, i cavalieri dell'ambasciata furono scelti d'accordo col vescovo, il quale entrava in ogni atto che potesse toccare la Corte di Roma dacchè era sorta la questione col capitano del Patrimonio, questione che toccava anche il clero todino il quale, come la città , avrebbe dovuto pagare un tributo se quella giurisdizione fosse stata riconosciuta . Talvolta l'elezione era delegata ad una città ; a Bologna, come dissi, nel 1268 ; a Perugia nel 1281 ; a Firenze nel 1282 (4) . Le decretali del 1288 ci hanno serbato il caso di una vacanza per il ritardo del potestà nell' assumere l'ufficio . « Gli adunatori delle Arti, con Guizzardino notaro delle riformagioni, stiano nel palazzo del Comune fino alla venuta del nuovo potestà, e Guizzardino scriva ogni maleficio personale, furti e incendi, e li dia al futuro potestà il quale, nel primo mese del suo regime, dovrà provve- (1 ) Decretali, fol. 42. (2) Id. , fol. 38. (3) Id. , 40. (4) ATTI, Cron. POTESTÀ, CAPITANI E GIUDICI DI TODI NEL SECOLO XIII 309 dere perchè non restino impuniti, anzi li punisca con pena doppia di quella ordinata dallo statuto . I radunatori delle Arti, badino intanto a custodire la città, a imporre pene fino a 20 soldi, nè il potestà futuro le possa togliere ; radunino al bisogno il Consiglio Generale. Se il potesta tardasse oltre il termine stabilito per la sua accettazione, o dichiarasse di non venire, ne eleggano uno nuovo d'accordo con altri 12 probi uomini » ( 1) . Ridire qui le attribuzioni del potestà di Todi nel secolo XIII, sarebbe un pubblicare per intero gli statuti del 1275, poichè quasi non v'è articolo nel quale non sia nominato. Sono stati pubblicati da me e dal signor Giulio Pensi (Todi, Trombetti, 1897) . All'elenco dei potestà e capitani del secolo XIII ho aggiunto quello dei giudici, perchè, forastieri anch'essi, ci presentano nomi celebri, come un Guittone d'Arezzo . Una pubblicazione simile fu già tentata nel 1802 da Ottaviano Ciccolini ( 2) , il quale, « invasato dal malo esempio dei Romani che distrussero le opere degli Etruschi, da quel valente antiquario che era, copiò, e Dio vel dica come, alcuni originali manoscritti de' nostri vecchi e ne abbrugiò gli autografi per farli parer sua fatica , ma non seppe ben copiare, nè sopperire al distrutto »> (3) . Dopo avere affermato che il governo dei Comuni fu retto dai consoli fino a tutto il secolo X e che a questi , dopo il mille, fu sostituito il potestà da Ottone I , presenta ai lettori un elenco di consoli che va dall'879 al 913 senza la più piccola lacuna ed in ragione di due all'anno ! Segue poi la nota dei potestà dal 1200 al 1406, e quella dei capitani dal 1454 al 1798. Quando si pensi che nessuna città ha memorie di consoli prima del secolo XI, e quando avrò detto che i nostri documenti male e raramente corrispondono alla stampa del Ciccolini (nè egli ne vide altri che ora si possano dire distrutti , perchè l'inventario redattone dal Petti circa due secoli prima di lui, corrisponde all'attuale) , ognuno si farà un'idea di quanta fede meriti il Ciccolini. Del resto, eccone un saggio ; il lettore faccia i raffronti con la mia nota, tratta da documenti ineccepibili. (1) Decretali, 31 dicembre. (2) Todi, Scalabrini ; in 16.0 (3) LEONI, Mem. Stor. di T.; nell'appendice. 310 G. CECI 1200. Innocenzo III Papa, e per il suddetto M. Spagliarino da Bologna. 1201. Iunocenzo suddetto ed invece M. Rustico Monte Mellino da Perugia. 1202. M. Spagliarino da Bologna. 1203. M. Ugolino di M. Rinaldo Liviani da Todi. 1204. M. Stefanuccio Stefanucci da Todi . 1205. M. Gio. di Raniere Campello di Spoleto. 1206. M. Burgarello de' C. di Marsciano. 1207. Innocenzo III ed invece M. Rio di Raniere Campello di Spoleto . 1208. Innocenzo suddetto ed in luogo M. Rio Guidone da Pavia. 1209. M. Bonello . 1210. Atto Atti da Todi per sei mesi. M. Ottaviano per gli altri sei . 1211. Giacomo Ramazzani da Perugia. 1212. Girardo Caposecco. E mi pare che basti senza continuare ancora . Io trassi quasi tutti i nomi dalle cronache di G. Fabrizio degli Atti e dai documenti del nostro Archivio . Senza ripetere ad ogni nome le indicazioni dei documenti, dirò che i potestà avendo a fronte il solo anno, sono citati dalle sole cronache suddette ; quelli col giorno. e il mese trovansi nei documenti corrispondenti del Registro degli istromenti fatto redigere nel 1281 dal potestà Jacone di Jacone da Perugia e continuato dai suoi successori fino ai primi anni del trecento . S'intende che l'Atti concorda sempre con i documenti dell'Archivio . La data, se espressa in calende, è pure tolta dall'Atti. Se i nomi figurano in altri documenti, che non i suddetti , li ho indicati. I giudici sono tutti nominati nel Registro degli istromenti all'anno corrispondente. 1201. Spagliagrano . Podestà. 1203. Spagliagrano. 1201. Bulgarello da Marsciano ( 1 ) . 1205. Giovanni di Raniero da Spoleto. 1208 (8-24 giugno) . Giovanni di Guidone del Papa da Roma (2) (Arm . I, Cas. I, n. 1, e libro delle Sommissioni di Perugia A, C, 41 r. ). (1) Per questo Bulgarello Cfr. UGHELLI, Genealogia dei Marsciano, p. 23, e FUMI, 59. (2) Nel 1205 potestà di Perugia (Sɔmm. di P. , A, 41) nel 1216 di Grosseto (FUMI, 77). Si chiamava « Console romano >> . POTESTÀ, CAPITANI E GIUDICI DI TODI NEL SECOLO XIII 311 1209. Bonello ( 1) . 1210 (4 settembre). Ottaviano ( FUMI, Cod. dipl. d' O., 58) . 1211. Guido conte di Marsciano ( 2 ) . 1212. Gerardo Caponsacco da Firenze ( 3). 1213. Monaldo. 1214. Giovanni di Guidone del Papa da Roma. 1215 ( 6 settembre). Gerardo Caponsacco da Firenze ( FUMI, 69) . 1216. Aigone (?) de ' Pier Leoni da Roma. 1217 (7 agosto) . Giacomo di « Joseppe » (4) da Siena ( Arm. I, Cas. I, n. 3). 1218 (3 settembre) , 1219. Roffredo di Giovanni Cenci da Roma (5) (Sommissioni di Per. , C. 63) . 1220 ( 9 giugno) . Ugolino di Ugolino d'Alviano (FUMI, 90) . 1221. Raniero di Ugolino d'Alviano . 1222-23. Megliorello Catalani da Firenze (6 ) . 1224. Ruggero di Pinto di Santo (7) . 1225. Nicola di Girardo Schiantolo da Gubbio. 1226. Andrea di Roffredo di Giovanni Cenci da Roma. 1227. Mosca Lamberti da Firenze. 1228. Tommaso Caccianemici da Bologna. 1229. Guidone da Marsciano (GUALTERIO, Cron . di F. Montemarte, II , 254). 1230 ( 11 agosto) . Manfredo di Pinto di Sauto . 1231. Guido Lambertini da Bologna. 1232 ( 1 aprile) , 1233 ( 26 aprile) . Annibaldo di Pietro Annibaldi da Roma ( 8) e per suo vicario, Giacomo. (Arm. I , Cas. I , n . 7) . 1233. Luca Savello da Roma. (1) Nelle decretali è spesso nominata porta « Bonella » che l'Atti dice fabbricata da questo potestà. (2) Non registrato dall' Ughelli nell'opera suddetta ; ma non se ne può mettere in dubbio l'esistenza perché lo si ritrova potestà di Todi anche nel 1229 e come tale è nominato in un breve di Gregorio IX riportato dal Gualterio ( Cron. di F. Montemarte, II, 254) . (3) Sconosciuto al Gamurrini. ( Fam. Nob. Umbr. e Tosc. ) . (4) Secondo il prof. Lisini il suo vero nome era « Jacoppo di m. Ildobrandino Josephi ». La famiglia s'estinse nel sec. XIII e lasciò un castello col suo nome : Ca- stiglion Giuseppi. (5) Proconsole romano. Potestà d'Orvieto nel 1220 al 22 (PARDI) . (6) Nel 1223-29 pot. di Orvieto ( PARDI) ; nel 1288 (9 sett. ) a Spoleto. (SANSI, Doc. stor. ined , 243) . (7) Dei Santi di Siena? (8) Senatore di Roma nel 1231 (GREGOROVIUS) . 312 G. CECI 1234. Giacomino Rangoni da Modena ( 1 ) . 1235 ( 1 febbraio) . Ugolino di Ugolino d' Alviano. (Arm. IV, Cas . V, n. 2). 1236. Gaetano Salvi da Firenze . 1237. Andrea di Giotto da Roma. 1237 (5º kal. aug. , 15 nov. ) , 1238-1239. Andrea di Giacomo [ dei Montemelini] da Perugia. (Somm. di P. , A, 122 ; C, 28. ') 1240. Stefano Annibaldi da Roma. 1241. Scarnabecco de' Fasani da Bologna (2) . 1242. Biagio di Bonaccorso da Todi. 1243. Castellino de Stellichi (3) . 1244. Raniero da Castel S. Pietro . 1244-45 ( 12 febbraio) . Lambertino di Guidone Lambertini da Bologna ; Montanario suo milite . 1245-46 ( 12 gennaio) . Caccianemico di Giacomo da Bologna. 1246-1247. Giacomo de Ponte proconsole Romano. 1247. Tolomeo di Pietro. 1248. Americo di Riccadama. 1249-50 ( 14 marzo) . Riccardo di Pietro Annibaldi da Roma e per suo vicario , Bonconte (Arm. I , Cas. I , n . 9). 1250 ( 11 ottobre) , 1251 (4 maggio) . Alberto Caccianemici da Bologna. 1251. Alberto Greci. 1252. Annibale Trasmondi da Roma. 1253. Giacomo di Napoleone Orsini. 1254. Guido Visconti da Milano. 1255. Tommaso del Pagese. 1256 (31 maggio) . Pandolfo Trasmundi da Roma (FUMI, 208) . 1257 (30 maggio) , 1258. Lambertino di Guidone Lambertini da Bologna (FUMI, 212). 1258 (26 ottobre) . Giacomo Prendiparte. 1259. Raniero di Bulgarello da Marsciano. 1260. Nicola da Titignano. 1261 (18 aprile) . Giacomo dei Rossi da Parma ( 4) . 1262 (8 gennaio 14 agosto) . Filippo degli Ugoni da Brescia (5). (1) Pot. a Siena nel 1237, a Foligno nel 1245, a Rimini nel 1258, a Bologna nel 1259, a Firenze nel 1269, a Reggio nel 1265, a Modena nel 1263, a Cremona nel 1271 . (LITTA, Fam. cel. d' I.). (2) Ne vive il nome nella fonte « Scannabecco » da lui fatta costruire. (3) 11 7 gennaio dello stesso anno era pot. a Gubbio. ( LUCARELLI, Guida st. di G.). (4) Nel 1262 pot. di Orvieto ( PARDI). (5) Pot. 2 volte a Bologna e poi a Firenze nel 1252 ( MARCHESI, Galleria dell'onore, I, 161). POTESTÀ, CAPITANI E GIUDICI DI TODI NEL SECOLO XIII 313 - 1263 (29 settembre) . Alberto Greci da Firenze. 1264 ( 15 dicembre) . Pietro dei Carbonensi 1265 ( 11 aprile ) . Bravo dei Bravi da Modena. 1266. Andrea Baroccio da Venezia. Vivieno milite del potestà . 1266 ( 31 settembre) , 1267 (8 aprile) . Ugolino d'Alviano. 1267-1268 ( 18 aprile) . Pandolfo Savelli da Roma ( 1) . - Giovanni Boccamazzo suo vicario ( Iscr. sopra la porta del palazzo del popolo , e Arm. I , Cas. I , n. 15 ) . 1268. Comaccio dei Galluzzi da Bologna (Arm. I , Cas. I , n. 17) . 1268. Ugolino da Baschi. 1269. Per sei mesi. Riccardo. 1269. Per altri sei mesi. Pietro da Roma. 1270 (3 settembre) . Uspinello Carbonensi capitano e rettore (nominato negli stat. del 1275, e Arm. I , Cas . I , n. 19) . 1270-1271 (4 luglio) . Raniero di Ugolino dei Baschi. 1271. Guglielmo dei Pazzi . 1272 ( 20 giugno), 1273 ( 1 agosto) , 1274 (14 gennaio) . Napoleone di Giacomo di Napoleone Orsini potestà, e capitano nel 1272. 1274. Ugolino de' Sessi da Reggio ( 2) . 1274 (8 ottobre) , 1275 ( 16 dicembre) . Ugolino d'Alviano (3 ) . ( Sentenze in Arm. VIII) . 1274 ( 8 ottobre) , 1275 ( 16 dicembre) . Raniero di Ugolino dei Baschi . (Sentenze in Arm. VIII ) . 1276 ( 11 marzo) . Ugolino d'Alviano . 1276-1277 (7 gennaio - 4 aprile) . Guglielmo de Ponte da Roma. 1277-78. Luca di Giovanni Savello (4) da Roma. Pietro di Rodolfo, giudice e vicario, e poi Vita di Anagni. (Ricordato in Reg. degli istr. 86, 102 e nelle Sentenze all' Arm . VIII) . 1278 ( 5 agosto) . Matteo Rosso Orsini ( 5) e per suo vicario, Angelo di Imperatore Malabranca (Decretali) . 1279. Matteo Rosso Orsini e per suo vicario Sinibaldo di Jacopo da Rieti (Decretali). 1279 (28 aprile - 28 novembre) , 1280 ( 8 marzo) . Matteo Rosso Orsini e per suo vicario, Bernardo giudice (Decretali). (1 ) Senatore di Roma nel 1279, 85, 91 , 97, fratello di Onorio IV (GREGOROVIUS). (2) Cap. del pop. a Gubbio nel 1259 (LUCARELLI, op . cit. ) . (3) Pot. di O. nel 1235 e cap. nel 1313 (PARDI) . (4) Nipote di Pandolfo, pot. di Foligno nel 1276 ( Cron. di Bonav. di Benv.). (5) Fratello di Nicolò III. 314 G. CECI 1280 (kal. giugno - 15 luglio) . Guido di Romena conte palatino in Tuscia (1 ) . 1280 ( 1 ottobre). Card. Bentivenga dei Bentivenga d' Acquasparta (2) . 1280 ( 10 novembre - 1 dicembre) . Guido da Pistoia e Rodolfo da Foligno giudici e rettori . 1281 ( 22 febbraio - 19 maggio) . Iacone di Iacone da Perugia, e per suo vicario Sante di Borgo S. Sepolcro, giudice e assessore. 1281 ( 22 luglio) . Monaldo di Ugolino da Perugia, rettore. 1282 Geraldo Tornaquinci da Firenze. 1282 ( 29 giugno - 3 ottobre) . Cardinale Tornaquinci da Firenze. 1282 (kal. dicembre 1882) , 1283 ( 28 febbraio - 5 giugno) . Roffredo Caetani d'Anagni, e per suo vicario Catenaccio ( 3) d'Anagni. 1283 (kal. giugno , 28 dicembre). Giannotto di Corpolaio domicello di Martino IV, e per suo vicario Gerardo di m. Diotaiuti d'Arezzo, milite e giudice. 1281 ( 31 marzo - 30 giugno) . Filippetto d' Alneto domicello di Martino IV, e per suo vicario Bernardo d' Assisi . 1284 ( 1 luglio - 31 dicembre) . Simonetto domicello di Martino IV e per lui Alberico da Gubbio. 1285 ( 13 marzo) . Giovanni de Monte domicello del Papa e per suo vicario ser Simone di Raniero de Ferrapecora da Parma. 1285 (ultimi sei mesi, 8 agosto - 28 novembre) . Pandolfo Savello (4) e per suo vicario Fulcone « de Azonibus » : e per questi , Romerio giudice maggiore . 1286 ( 15 giugno) . Pandolfo Savello e per suo vicario Fulcone de « Azonibus » . 1286 (kal. luglio) . Gentile di Bertoldo Orsini ( 5 ) da Roma. 1287 ( 29 marzo- 28 giugno) . Gentile di Bertoldo Orsini da Roma e per suo vicario Pietro Pasta . 1287. Tommaso dei Roberti da Reggio. 1288 (primi sei mesi , kal. gennaio- 14 maggio) . Roberto della Grotta da Bergamo Domino, milite del potestà . 1289 ( 1 ) marzo- 20 giugno) . Glottolo di Senso da Perugia Monaldo « de Bargis > milite del potestà. 1289 ( 19 luglio) , 1290 ( 4 marzo) . Oddo degli Oddi da Perugia di Crescimbene milite del potestà. Leonardo (1) Nel 1311 pod. di Foligno per il re Roberto ( Cron. suddetta). (2) Fratello del Papa. (3) Senat. di Roma nel 1250, 1300, 1304, 1306 ( GREGOROVIUS) . (1) Il papa lo obbligò a rinunciare (ATTI) . (5) Anche questi rinunciò quasi subito. POTESTÀ, CAPITANI E GIUDICI DI TODI NEL SECOLO XIII 315 1290 ( 25 ottobre - 1 dicembre) . Ubaldo degli Interminelli da Lucca e per suo vicario, Monaldo giudice ( 1 ) . 1291 ( 2 febbraio- 9 giugno). Rainaldo di Ponterolo - Giovannino milite del potestà. 1291 (3 settembre) , 1292 ( giugno) . Roberto della Grotta da Bergamo Giannuario milite del potestà. 1292 ( 17 luglio - 29 giugno) . Princivalle de Mandello da Milano. 1292 ( 12 novembre) , 1293 ( 23 agosto) . Pietro Confalonieri. 1293 ( 29 giugno) . Bartolo de Zoppo da Bergamo. 1293 ( 15 ottobre) . Bonaccorso dei Visdomini de Monticulo da Parma. 1291 ( 28 settembre) . Albertino Confalonieri (2) . 1295 (3-30 maggio) . Bonaccorso dei Visdomini de Monticulo da Parma. 1295 ( 24 dicembre) , 1296. Nino di Cristoforo de ' Tolomei da Siena. 1296 ( 20 giugno) . Cello di Bernardino da Marsciano. 1296-1297 (novembre) . Ranaldo di Brunforte Gualteruccio, Domenico e Malpelo militi del potestà (Decretali) , e poi Percivalle da Fermo giudice e vicario, e Raniero di Galluzzo milite del potestà. 1297 ( kal. novembre) . Attaviano di Brunforte ; Adonolfo di San Genesio, Nuccio di Rinaldo di Rocca, Ranaldo di Marcellano di Fermo, Vannino di Ugolino di Ripatransone militi e soci del podestà. 1298. Nicola dei Bonsignori da Siena. 1298 ( 29 maggio) . Conte di Colle Vall' Elsa. 1298. Nicola di Tebaldo. 1299. Bosone da Gubbio. 1299 ( 27 giugno) . Nerio di Ugolino dei Baschi , rettore . 1299-1300 . Tomeo da Castiglione . 1300 ( 15 luglio) . Guglielmo da Cortona. Capitani. 1255. Bonifacio Castellani da Bologna. 1258 ( 26 ottobre) , 1259. Offreduccio di Gerardo (3 ) . 1259. Filippo di Barattano ( 4 ) , e per suo vicario Ranaldo « 1261. Bartolino da Spoleto. exgravator » . 1262 ( 18 aprile) . Filippo di Barattano , e per suo vicario Ranaldo , giudice. 1263 ( 29 settembre) . Salamare da Viterbo. (1) Il 25 ottobre trovavasi in Todi lo stesso Ubaldo. ( 2) Il 10 gennaio dello stesso anno era ancora potestà a Perugia ( Reg. istr. , 192) . (3) Era di Todi. (4) Di Spoleto, o meglio « Baractalis » . 316 G. CECI 1266 (31 settembre) . Francesco di Filippo da Viterbo. 1273. Francesco da Viterbo. 1278 (1) (4 settembre- 7 novembre) . Enrico Ermanni da Perugia (Decretali). 1290. Raniero di Ugolino dei Baschi . 1293. Venzolo di Perugia, e per suo vicario Monaldello, giudice. 1294 (29 agosto - 28 settembre) . Bulgarello di Giovanni da Perugia (Arm. I , Cas. I , n. 195) . 1294 (11 novem. ) . Bartolomeo di Taddeo da Perugia ( Arm. I , Cas. I , n , 1295 (3 maggio- 24 dicembre) , 1293. Simeone d'Ingilfredo da Padova. 19). Giudici. 1245. Beniamino. 1250. Bartolo di Raptente e Pietro Malaspina. 1251. Bonifazio, Ugolino Giuliano da Bologna (Arm. I , Cas . I , n . 10). 1255. Andrea ( Arm. I , Cas. I , n . 12) . 1259. Ranaldo. 1261. Ulmerio dei Parenti . 1262. Ranaldo , Savariscio, Costantino, Giovanni, Bicchus de la Pisina bresciano . 1263. Bartolo di Rambaldo. 1265. Ottolino . 1266. Giovanni, Donadio. 1267. Nicola, Grappa. 1268. Nicola Malaspina, Giovanni d'Assisi , Rollando di Corneto ; Benvenuto Ranzi Fabri, Nicolò Guidoni Tosi, Giacomo di Lobia. 1270. Giovanni , Albergetto da Spoleto, Ermanno Petri. 1271. Rainaldo . 1272. Stefano da Toscanella, Andrea da Giustino da Roma, Ranuccio Marina. 1273. Stefano da Toscanella, Riccomanno da Narni. 1274. m. Pane, Riccomanno « exgravator » , Gabriele da Foligno, Giacomo da Tolentino, Giovanni da Viterbo . 1275. Amore di Bonapresso, Giacomo suddetto, Raniero da Montefiascone. 1276. Giacomo suddetto, Gismondo di Attone di Ascoli . 1277. Gismondo suddetto, Taddeo di Borgomuccio d'Assisi , Pietro di Rodolfo da Norcia. 1277-78. Pietro Quintavalle da Civita Castellana. (1 ) Per gli anni 1270, 1272, 1273, 1274, c.r. la nota dei podestà, essendo cumulati i due uffici in una sola persona. POTESTÀ, CAPITANI E GIUDICI DI TODI NEL SECOLO XIII 317 1278. Bernardo « Pinkilinis » da Parma, Rolando da Narni, Pietro di Rodolfo da Norcia, Matteo < Tademori >> da Roma. 1279. Leonardo di Rodolfo da Viterbo, Bernardo suddetto, Jacomo, Bartolomeo, Rodolfo. 1280. Gerardo Diotaiuti, Francesco di Gentile, Guidone da Pistoia, Rodolfo da Foligno. 1281. Grappa Novello da Pistoia , Sante di S. Sepolcro, Rainaldo di Boninsegna « de Contano » . 1282. Coppo di S. Gimignano e Rolandino di Figino . 1283. Pietro di Sezzo, Nicola, Leonardo di Guercino , Paolo. 1284. Ildebrandino, Guglielmo, nobile, sapiente uomo e discreto Guittone d'Arezzo, Filippo di Caldarola. 1285. Rodolfo da Foligno, Bartolomeo da Toscanella, Accurso da Norcia, Romerio. 1286. Tommaso. 1287. Gregorio di Pietro da Velletri , Giacomo di Tarano, Pietro da Roma, Andreolo da Campagnola, Bentiviene, Guidone de « Rebusatis Paolo Orsi. 1288. Gualdino da Parma, Offreduccio di Ildebrandino da Perugia, Zano , Bartolino , Giovanni. 1 1289. Manfredo di Aldobrandino da Perugia, Offreduccio da Spello , Ribaldo da Perugia, Ermanzio di Pietro, Rainaldo di Tancredo da Perugia, Andrea da Montefalco, Matteo, Lorenzo , Giacomo da Trevi. 1290. Giacomo da Trevi , Simone di Miniguerra da Gualdo, Monaldo , Andrea da Gubbio, Compagno da Montefalco , Gerardo , Matteo di Pietro . 1291. Lorenzo di Lorenzo da Città di Castello , Delfino , Ubertario, Federico . 1292. Alberto , Bartolomeo, Francesco, Bene d'Arezzo . 1293. Monaldello , Giacomino, Antonio, Tomassino, « Demelde » . 1294. Giovannino di Giuliano da Parma, Clerico di Leonardo da Civitanova. 1295. Giacomino De Metallis da Parma, Alessio, Gualdino, Manfredino, Alverotto, Lorenzo di Città di Castello . 1296. Ranuccio, Grappa, Raniero, Matteo, Zeno, Polo , Nicola da S. Elpidio , Tommaso, Giovanni da Tolentino . 1297. Percivalle da Fermo, Arzolo di Ripatranzone, Gentile di S. Genesio , Ciano di Ranaldo, Nuto di Rainuccio di Città della Pieve, Egidio dei Gazati di Parma. GETULIO CECI. 319 TARANO IN SABINA ED I SUOI PODESTÀ Tarano, antico castello della Sabina, secondo vari autori, trae nome ed origine dall' antico Tarino, il cui popolo ( Tarinates) è ricordato da Plinio. Sorge sopra una collina circondata dal torrente Campano e da altro torrentello senza nome. Altre colline di maggiore altezza le fanno corona. Ha Torri ad oriente, Montebuono a settentrione, ad occidente Fianello, Cicignano e Collevecchio, ed a mezzogiorno Santo Polo. Il terreno è fertile , ed i più abbondanti prodotti sono olio e vino. Fu feudo degli Orsini , quindi dei Savelli fino al pontificato di Gregorio XIII in cui tornò direttamente alla Chiesa, tranne che, per breve tempo, sotto Clemente XII, fu concesso in marchesato a Luzio Savelli, ultimus marchio Tarani, come si legge sul suo sepolcro nella chiesa di Aracoeli in Roma. Tanto i Papi che i feudatari governarono il paese per mezzo dei Podestà, la cui serie cronologica ho dedotto dai registri conservati nell' archivio comunale. È incompleta questa serie come è incompleto l'archivio, lasciato per lunga pezza in abbandono ed in balia del primo capitato. Oggi però conservasi con quella cura con cui merita siano conservati i documenti per la storia. Tarano conta circa 670 abitanti. Il Piazza e il Marocco non temono d' asserire che altre volte la popolazione sia 320 G. AMORI stata molto maggiore, e quest'ultimo la fa raggiungere a qualche migliaio. Che Tarano avesse un tempo maggiore importanza si deduce, se non altro : 1. Dal saggio dei tributi che pagavano i paesi di Sabina alla chiesa di Vescovio, l'antichissima Foronovo. Mentre Vacone e Stimigliano erano tassati per 20 soldi d'oro, Selci per 21 , Magliano per 30, Tarano lo era per 54. 2. Dall' aver dimorato a Tarano, colla sua corte, Bonifacio IX nel 1392 ed avervi datato Bolle e Brevi, fra cui quello pel quale Cicignano fu assoggettato a Tarano. Prima di lui, nel 1109, dimorò a Tarano Pasquale II ( 1 ) . . 3. Dalla grandiosità e splendidezza delle abitazioni, tuttora esistenti, dall' estensione delle mura castellane, dal numero delle nobili famiglie e dei personaggi illustri che ne uscirono. Ricordo gli Spinelli che, oltre all' aver dato un santo alla Chiesa nel B. Agostino Novello degli Eremitani di s. Agostino, ebbero uomini prestantissimi che propagaronsi con distinte parentele a Napoli, a Firenze, a Bologna, a Bergamo, a Cremona ed altrove ; i Ridolfi col loro vescovo Cipriano nel 1492, Rodolfo, ascritto alla nobiltà romana nel 1551 , Antonio protonotario apostolico a Bologna nel 1664, ecc.; i Corrado, i Sinibaldi, i Pancrazi coi loro capitani , i Benedetti coi loro dignitari ecclesiastici, primo tra i quali Pietro Carlo vescovo di Spoleto nel 1838 ; eppoi gli Armandi, i Galloppi, i Paluzzi, i Roberti, gli Alemanni, i Sabuzi ed altri. A tutte queste però precede la gente Ranuzia. Cito esempi. Da Ranuzio del 1171 discendono Giacomo cav. di Calatrava nel 1186, Ranuzio cav. Gerosolimitano nel 1236, Jago capitano d'Orvieto nel 1320, Paolo capitaneus stipendiariorum S. R. E. nel 1397, Giacomo cancelliere del car- (1 ) Mss. Arch. Vaticano , A. V. 35. To. 18, p. 129. Vi si legge : An. 1109, 1 Sept., Paschalis II P. P. degens apud Castellum Taranum. TARANO IN SABINA ED I SUOI PODESTÀ 321 dinal Frischi e del Concilio bolognese nel 1552, Paolo vicelegato di Romagna e successivamente Governatore di Fermo, poi di Marittima e Campagna, Governatore di Orvieto, Legato delle Marche e Prefetto d' Ancona, dove mori nel 1562 ; Giulio Governatore di Todi e Ranuzio Governatore di Assisi nel 1554, e di Fermo nel 1556 ; Flaminio che nel 1573 sposò Lugistilla figlia del Principe Fabio di Santacroce. Sono rami di questa famiglia i Ranuzzi di Città di Castello, di Firenze e di Bologna dove diedero Senatori alla loro città, Vescovi e cardinali alla Chiesa, e furono insigniti in perpetuo del titolo di conti della Porretta da Sisto IV nel 1471 . Tarano ebbe il suo proprio Statuto che trovasi ora nella biblioteca del Senato del Regno. Il suo archivio notarile, pregevolissimo, riassume la storia paesana dal 1466 al 1822 per una serie non interrotta di 41 notai. Ammirevole il campanile della chiesa parrocchiale, opera dei primordi del sec . XII. Questi brevi cenni su Tarano ho tratto da documenti autentici de' suoi archivi e dalle innumerevoli memorie che, pubblicate, gioverebbero ad illustrare un paese oggi sconosciuto, ma che un tempo tenne un posto importante nella regione Sabina. Tarano, maggio 1897. GIUSEPPE AMORI. 21 322 G. AMORI SERIE CRONOLOGICA dei Podestà di Tarano. 1471 Giacomo di Rieti . 1517 Gio : Felice Morichelli di Spello. 1518 Adriano Ciotti da Forano ( 1) . 1579 Silvio di Roma. 1587 Pietro Filotterio di Offida. 1587 Silvestro Rocchetta di s . Polo , attuale frazione di Tarano. 1588 Terenzio Ugolini di Sassoferrato . 1589 Girolamo Lupi di Roma. 1590 Teofrasto Bontadosi. 1591 Luca Luchini di Fivisano. 1592 Cesare Tiberi di Velletri . 1592 Alessandro Benedetti di Offida. 1593 Felice Saraceni di Ponzano. 1593 Francesco Antici di Monte Ottone. 1595 Orazio Falcidi di s . Polo. 1595 Marcello Peperoni di Civitacastellana. 1596 Fabio Palma di Città di Castello. 1596 Angelo Savelli di Acuto. 1597 Bartolomeo Celonio di Alatri . 1598 Salomone Cibagli di Alatri . 1598 Prospero Guagni di Alatri. 1598 Marco Paluzzi di Accumoli. 1599 Pietro Paolo Vanni. 1600 Domenico Maiali. 1600 Gio: Antonio De Prosperi . 1602 Adriano Lattanzi di Torrita. 1602 Mario Scorpioni di Roma. 1602 Alessandro Martiniani di Tarano. 1602 Giulio conte Colucci di Magliano di Fermo. 1606 Alessandro Totti di Cerreto (?) . 1607 Geminiano Ricci. 1607 Ettore Castelli di Terni. 1610 Domenico Ventura di Stroncone. 1611 Ettore Catina di Piperno. 1612 Fulvio Perini. 1613 Barnaba Martorelli. 1615 Gio : Domenico Panvino di Olevano. 1615 Paolo Juvencio di Monte Flavio. 1616 Alessandro Monti di Spoleto . 1618 Giulio Galganetti. 1619 Marco Tullio Vitelluzzi di Fumone. 1620 Gabriele Salvi . 1620 Galluzzi di Tarano. 1621 Ettore Pontani di Cerreto (?) . 1621 Domenico Prosperi . 1621 Luca Santoli di Miranda. 1621 Orazio De Angelis di Ferentino. 1622 Paolo D'Arcangelis di Poggio Catino. (1 ) I primi tre della serie sederono a nome dei Savelli : i seguenti per la S. Sede. TARANO IN SABINA ED I SUOI PODESTÀ 323 1623 Onorato Riali. 1623 Nicola Desanctis di Montasola. 1623 Gio. Battista di Colangeli di Collevecchio. 1624 Felice Ricci di Roma. 1624 Alberto Danesi. 1625 Luca Pucci di Roma. 1627 Antonio Fanilo. 1627 Aurelio Fasioli . 1628 Quinzio Giugni . 1629 Ubaldo Ciarpelloni . 1631 Sebastiano Maronio di Rocchette. 1631 Giuseppe Glandarelli. 1631 Francesco Bonafede. 1632 Gio. Maria Simoneschi di Poggio S. Lorenzo ( Farfa) . 1632 Astolfo Mezzi. 1633 Belardino Mancini. 1633 Aristide Orlandi . 1633 Domenico Colangeli di Collevecchio. 1634 Andrea Grifucci. 1634 Orazio Alfonsini di Giove (Amelia). 1635 Fabio Vaconi di Vacone. 1635 Vacone Vaconi di Vacone. 1635 Felice Sebastiani di Tivoli. 1635 Egidio Desio. 1636 Carlo M.ª Bracci. 1637 Pietro Mattia Martinelli di Triponzio. 1637 Agostino Cecchini di Amelia. 1638 Giovanni Mancinelli. 1639 Paradiso Paradisi di Civitacastellana. 1641 Natale Crisostomi. 1641 Eusebio Volpi di Cottanello. 1641 Antonio Battistini. 1641 Domenico Alessi. 1642 Michelangelo Silvi. 1642 Carlo Tebaldeschi. 1642 Bartolomeo De Santi. 1642 Angelo Romani di Otricoli. 1644 Placido nob. Ralli di Orte. 1646 Lorenzo Aloisi di Collevecchio . 1646 Girolamo Caro di Cesi, domiIciliato a Vacone. 1647 Vacone Vaconi di Vacone. 1617 Girolamo Campoli di Vacone. 1649 Fabio Vaconi di Vacone 1649 Pompeo Casaroscia di Rimini . 1650 Agostino Varese di Sutri . 1651 Camillo Milli di Bassanello. 1652 Francesco Grossi di Poggio S. Lorenzo ( Farfa). 1652 Eligio Cetri. 1653 Carissimo Carissimi di Collevecchio. 1653 Bernardino Ciotti di Otricoli . 1657 Ottavio Angelici di Configni. 1666 Orazio Bonaiuti. 1668 Giovanni B. M. 1671 Pancrazio Enei. 1673 Francesco Tinelli . 1673 Gio . Battista Parisi. 1674 Fortunato Cappiola - Malatesta di Rimini. 1675 Teofilo Branca. 1676 Cesare Bonifaci. 1677 Alberto Greci. 1678 Vincenzo Grazia di Candia. 1678 Gio. Cesare Potenzi di Fabbrica. 1680 Gio . Paolo Faventini . 1680 Antonio Somma. 1680 Placido Gotti. 1681 Biagio Francesco Piccini . 1682 Prospero Cesari di Collevecchio. 1687 Francesco Felice Marchetti di Rieti. 1690 Stefano Nobili. 1692 Marco Antonio Aloisi di Collevecchio. 1692 Donato Alberto Cimara. 1697 Gio. Tommaso Consoli di Roma. 1698 Girolamo Rosselli . 1698 Ludovico Luzzi. 324 G. AMORI 1699 Stefano Grandarelli di Collevecchio. 1700 Francesco Antonio Valvassori. 1703 Gio. Surchi di Ferrara. 1705 Nicola Barbi di Roma. 1706 Marco Gabrielli di s . Agata (?). 1706 Carlo Antonio Francesconi di Roma. 1708 Filippo Palmieri di Collevecchio. 1710 Gio. Batt. Cordelli di Viterbo. 1710 Domenico Rena. 1713 Giuseppe Mannia. 1715 Girolamo Ferrante. 1717 Stefano Toschi. 1719 Lorenzo Feroci di Genazzano. 1723 Raimondo Spreca. 1726 Dom. Pio Cavallina di Bologna (1). 1727 Raffaele Antonio Canina. 1728 Giuseppe Antonio Battisti . 1728 Antonio Ridolfi di Tarano. 1728 Pietro Schiantarelli di Roma. 1732 Gio . Paolo Laperini di Roma. 1733 Bartolomeo Benedetti di Tarano. 1733 Carlo Capaldi . 1733 Francesco Paganelli . 1736 Nicola De Stefano. 1740 Filippo Magalotti. 1740 Francesco M.ª De Pazzis. 1740 Gaetano Gualaccini': 1742 Bonifacio Luciani. 1743 Orazio Pierozzi di Camerino. 1751 Giuseppe Marcuzzi. 1751 Domenico Petrucci di Rocchette. 1751 Domenico Moscatelli . 1751 Giuseppe Antonio Muccetti di Ronciglione. 1758 Francesco M. Cippitelli . 1761 Didaco Carosi. 1761 Giuseppe Gentili. 1771 Giuseppe Mancini- Fidanza. 1763 Gaspare Petrarca. 1767 Simone Lalloni di Roma. 1762 Saverio Della Fazia . 1771 Giuseppe Sabuzi di Selci. 1772 Alessandro Sabuzi di Selci. 1785 Gio : Angelilli di Frosinone . 1785 Michele Gazoni. 1787 Bernardino Neroni di Asisi. 1787 Filippo di Carlo Mazzetti di Sassoferrato. 1789 Erasmo Carissimi di Norcia. 1790 Francesco Brunelli di Rimini. 1791 Vincenzo Mazzoni di Viterbo. 1793 Lorenzo Pompeo Agostini di Cartoceto. 1799 Ignazio Sinibaldi di Cottanello. 1801 Nicola Rubini di Cingoli. 1801 Gio. Batt. M. Leonori di Pesaro. se 1801 Pietro Benedetti di Tarano. 1803 Giuseppe Luigi Morelli. 1804 Filippo Marcucci di Montalto (Sinigaglia) . 1808 Stefano Sabuzi di Selci. 1809 Ottavio Ranuzzi di Tarano. 1810 Lorenzo Bartolini (2) . 1815 Stefano Sabuzi (predetto) . 1816 Vincenzo De Sanctis. 1817 Benedetto Ranuzzi di Tarano. 1817 Enrico Ludovisi di Tarano. (1) 1726 e 1727 Canina e Cavallina nominati dal March. Luzio Savelli che ebbe Tarano in feudo sua vita durante ; dopo di essi T. tornò sotto il dominio della Chiesa. (2) Era Maire nell'occupazione francese per Tarano e per Montebuono. 325 LO STATUTO DI TODI DEL 1275 -- 1. Lo statuto di Todi del 1275, edito di questi giorni, è uno degl' importanti documenti statutari del secolo XIII, e gli studiosi debbono saper grado al prof. Getulio Ceci e al dott. Giulio Pensi della diligenza, che hanno posto nel decifrare il prezioso manoscritto e curarne la stampa (1). I compilatori egregi non credettero di far precedere il testo da un'ampia introduzione storica, e di accompagnare ai capitoli dello statuto tudertino opportuni raffronti colle disposizioni statutarie di altri Comuni. Il Ceci però nell' intrapresa storia di Todi nel medio ero si propone di intrattenersi più di proposito sul valore del documento ora pubblicato. Pertanto, all'odierna edizione va innanzi una lettera dell' illustre Francesco Schupfer al Pensi, nella quale si accenna brevemente ad alcuni tratti originali di quella raccolta. Quindi vi si legge un' accurata descrizione del manoscritto e un sommario, assai comodo, delle disposizioni contenute nello statuto secondo le materie giuridiche cui si riferiscono. Il libro si chiude con un glossario, molto incompleto, per la spiegazione delle voci dialettali di corrotta latinità usate nel testo. Lo statuto di Todi, se non abbonda di norme giuridiche relative all' ordine interno, presenta molti lati caratteristici (1) Statuto di Todi del 1275 con lettera del prof. Francesco Schupfer. " — Todi, Tip. Trombetti, 1897. 326 0. SCALVANTI degni di nota. La distribuzione delle materie non è fatta ordinatamente, giacchè all' infuori di pochi capitoli che trattano di seguito dello stesso argomento, in genere le disposizioni di gius punitivo si alternano con quelle civili o di pubblico ordinamento o con le norme procedurali, e va dicendo. Il quale difetto è comune a presso che tutti gli statuti del secolo XIII. La forma è chiara e di solito assai concisa, fatta eccezione da alcune prolissità che si incontrano nelle formule del giuramento da prestarsi o dal podestà (I, 1 ) o dai cives et comitatenses o dagl' iudices maleficiorum et aliarum curiarum (I, 3) . La divisione è fatta in due parti, ciascuna suddivisa in capitoli. A me pare intanto che per lo statuto di Todi debba ripetersi quello che fu già scritto per lo statuto perugino, tutt'ora inedito, del 1279 ; e cioè che non fu la prima collezione scritta. di leggi comunali in Todi. I primi tentativi di brevi statuti speciali appartengono al principio del secolo XIII e alla seconda metà del XII ; e cosi avvenne a Milano, ove la stessa raccolta delle Consuetudini del 1215 non è evidentemente il primo getto di quella legislazione comunale ( 1 ). Ma rispetto a Todi ricorrono altre considerazioni. Lo statuto del 1275 è detto con molta esattezza Constitutum (2), perchè, al pari di quello pisano, è compluribus statutum (3) . Ma al tempo, in cui esso fu promulgato, esisteva una raccolta di norme giuridiche pur chiamata Constitutum o Constatutum Nos, cosi giuravano i magistrati di tutte le curie, iudex maioris curie et aliarum curiarum et maleficiorum iuramus ad sancta Dei evangelia officium iudicatus bona fide sine fraude facere, et (1) Vedi i! nostro lavoro : La tradizione romana nelle consuetudini medioevali, § 2. Perugia, 1897. - (2) Hoc est constitutum comunis tuderti. In nomine D..... et ad honorem et salutem totius comunis civitatis et districtus et omnium societatum , que nominabuntur in hoc Constitutum » ( Proemio) . (3) Vedi Proemio del Cost . pisano 1161 . LO STATUTO DI TODI 327 adimplere sine fraude, secundum constitutum et eius capitula et secundum constatutum, ubi statutum non loquitur » ( 1) . Qui si distingue lo statutum dal constitutum, il quale doveva essere una precedente collezione da intendersi abrogata in tutte quelle parti, che erano state trattate dalla nuova legge. Un altro riscontro si trova nella formula del giuramento civium et comitatensium ove è detto, che « si extiterit aliquod capitulum constituti comunis tuderti quod pertineat ad meam artem, istud observabo » (I, 2). Ognuno sa che extare significa, per lo più, sopravanzare, soprastare, sussistere; e quindi il testo deve potere riferirsi a disposizioni anteriori, che sussistevano, ossia erano in vigore al tempo della promulgazione del nuovo statuto. E tanto più è da abbracciare questa opinione, quando si pensi che lo statuto del 1275 non conteneva nessuna disposizione circa le arti (se ne eccettui quella della mercanzia) ; e se può spiegarsi fino ad un certo segno questo silenzio del legislatore per le ragioni che dirò in appresso, certo un governo che si fondava sulle corporazioni, non poteva assolutamente tacerne ; e convien credere che certe norme regolatrici della comunale società fossero scritte in precedenti carte statutarie ( 2) . 2. - Parmi poi degno di osservazione il fatto, che mentre al cap. 60 del lib. I si dichiarano inappellabili le sentenze prese dai sindacatori dei pubblici ufficiali, e si vuole che per hoc capitulum renuntietur appellationi » , nel << (1 ) I, 3. - Nel giuramento del Podestà (I, 1 ) non si trova ricordato questo Constitutum come distinto dallo statuto : « Ego potestas iuro ad Sancta Dei Evangelia quod per annum futurum regam, conducam et salvabo .... civitatem , ecc. , bona fide sine fraude omni malo suffismate remoto, salvis huius constituti capitulis scriptis, et observabo et observari faciam ab omnibus hominibus dicte civitatis hoc constitutum et omnia et singula eius capitula infrascripta, ecc. ». (2) E non si può interpretare quella frase « er are aliquod capitulum » come riferentesi agli statuti particolari delle arti , prima perché il testo è chiaro , e parla di qualche capitolo « constituti comunis Tuderti, quod pertineat ad artem meam e poi perchè, secondo il mio avviso, nel 1275 e tanto più in epoca antecedente, in Todi le corporazioni non erano molto fiorenti. 328 0. SCALVANTI cap. 11 si pone tra le attribuzioni dell' iudex maior quella di pronunziarsi de causis syndicatus officialium preteritorum et de petitione emendationis faciende. Ora, una delle due : o l'ufficiale sindacato poteva, prima che i suoi sindacatori avessero pronunziato la sentenza, fare petizione di emenda al giudice maggiore, mentre quando la sentenza era lata nessun rimedio poteva proporsi contro la medesima ; oppure qui siamo in presenza di due disposizioni contraddittorie. Ma è egli possibile che si desse ai funzionari sindacati la facoltà di interrompere il giudizio dei sindacatori per chiedere l'emenda all' iudex maior ? Parmi di no, perchè non so vedere di qual gravame gli ufficiali soggetti al sindacato potessero chiedere riparazione, prima che la sentenza fosse pronunziata. E allora convien ritenere che per uno statuto precedente, da cui fu riportata la disposizione del capo 11 , (come avveniva spesso nelle riforme statutarie) si desse appello contro le sentenze dei sindacatori, ma che, per ragioni non difficili a comprendersi, nella riformagione del 1275 quel beneficio venisse tolto. E in quest'avviso mi conforta il testo 60 del lib. I, ove è detto, che << si esset sententia lata super causam syndicatus non possit appellari, sed per hoc capitulum renuntietur appellationi » . Ne si dica che il capitolo 60 derogava alla rubrica 11 , pure allora inserita nello statuto, perchè mentre è probabile vi fosse trascritta da un precedente statuto, non è verisimile vi si introducesse per la prima volta nel 1275 proprio quando le si voleva togliere ogni efficacia. E poi non daremo noi peso anche al fatto, che nello statuto non si parla mai di consuetudini ? Se quel corpo di leggi fosse il primo getto del codice comunale di Todi, e vi si trovassero raccolte le consuetudini della ragione romana conservata per tradizione e i nuovi usi richiesti dalla particolare natura dei Comuni, come gli statutari non ne avrebbero fatto cenno nell'opera loro ? È ben vero che gli statuti vennero generalmente compilati nei secoli XII e XIII per LO STATUTO DI TODI 329 togliere il diritto alla confusione, in cui lo aveva travolto l'impero della consuetudine nei tempi feudali ; ma appunto per questo nelle carte statutarie le consuetudini sono spesso ricordate, e per lo più non interamente abolite. Il silenzio, che serba su ciò lo statuto todino, dimostra che l'opera di raccogliere in scritto le veteres et observatae consuetudines si era compiuta da un pezzo, e che quel documento non è che una riformagione di un costituto più antico, che in alcune materie poteva aver sempre vigore. Inoltre basta aprire uno statuto per trovarvi i caratteri di una legge, che doveva aver vigore per uno spazio di tempo assai breve ; imperocchè molte disposizioni vi si incontrino di una indole tutta personale e concernenti affari speciali, che col decorrere di un anno si sarebbero condotti a termine. Un argomento contrario alla opinione che io sostengo potrebbe essere il seguente. A proposito degli istrumenti notarili recanti il precetto della guarentigia, di cui parlerò a suo luogo, lo statuto dice, che contro il precetto stesso e contro la sua esecuzione nulla può eccepirsi , e che ipsum preceptum guarentigie habeat firmitatem, non obstante non reperiatur statutum factum tempore ipsius contractus ». Di fronte a questo testo si potrebbe argomentare, che se gli statutari vogliono dare efficacia piena anche ai precetti di garanzia contenuti in contratti stipulati al tempo, in cui non reperiatur statutum, ciò significa che poco prima della carta statutaria del 1275 non esisteva in Todi uno statuto vero e proprio, perchè non è presumibile che un contratto fosse sempre operativo di effetti dopo un lunghissimo periodo di tempo. <<< Ma l'obbietto non sarebbe sostenibile, perchè a me pare che il legislatore in questo capitolo abbia voluto dire, che il precetto della garanzia doveva avere firmitatem secondo la nuova legge, ancorché l'atto fosse stato posto in essere sotto l'impero di uno statuto, che non conteneva disposizioni consimili intorno al preceptum. E infatti, se lo statuto 330 0. SCALVANTI del 1275 era il primo, a che gli statutari avrebbero usato la espressione non obstante non reperiatur statutum factum tempore ipsius contractus » ? Bastava che essi, accordando retroattività alla legge nuova, avessero dichiarato, che la medesima si applicava a tutti i contratti contenenti il precetto della guarentigia, ancorchè anteriori alla data e promulgazione dello statuto. La frase « non obstante non reperiatur statutum >> non significa dunque inesistenza dello statuto, ma mancanza di disposizioni analoghe nella legge anteriore (1 ) . 3. - Esaminato poi lo statuto di Todi nel suo insieme, è facile notare come vi aleggi uno spirito di libertà e di saggezza, che sebbene comune a presso che tutti gli statuti italici, pure in qualche parte è degno di speciale considerazione. Nella città di Todi si mantenne per assai tempo fiorentissima la parte imperiale, e nello scorcio del secolo (1) Del resto gli statuti di regola non avevano vigore che per l'anno del consolato o della podesteria, al termine del quale potevano esservi aggiunti altri capitoli . In quello di Todi si legge infatti : « Et observabo, così giura il podestà , et observari faciam ab omnibus hominibus dicte Civitatis hoc constitutum . et omnia et singula eius capitula infrascripta ab omnibus hominibus eius districtus, et pro hac potestaria habenda » (1 , 1 ) . Ciò risponde alla notizia che abbiamo circa la nomina annuale degli statutari, carica permanente in Todi come in altri Comuni d'Italia. Sembra quindi che si adoperasse nei Comuni medioevali presso a poco quello che era adoprato in Roma al tempo degli editti pretorii ; e chi sa che i primi statuti non fossero veramente editti promulgati dai consoli o dai podestà all'inizio del loro ufficio, e che le disposizioni lungamente ripetute non assumessero il carattere di diritto consuetudinario, com'era a Roma? Intanto un esempio di Edictum tralatitium si ha nello statuto del 1275, e precisamente nel cap . 35 del lib . I. Parlandosi di certe norme relative al pagamento dei debitì ai guelfi si dispone nel seguente modo : « Quod capitulum potestates teneantur facere poni de statuto in statuto quo usque de dictis debitis fuerit eisdem integre satisfactum » . Da che si ha la prova , che il podestà aveva larga influenza nella stessa legislazione, e che lo statuto andavasi rinnovando ogni anno per modo che, quando si volle che una disposizione passasse da uno statuto all'altro, i legislatori lo avvertirono. La stessa espressione - de statuto in statutum — si trova nella Rub. 37 dello statuto inedito di Perugia del 1279 relativamente a certi obblighi imposti a quei di Fabriano, e nella Rub. 52 a proposito del bando dato ai Montemelini. (Vedi lo studio di prossima pubblicazione del dott . Francesco Briganti, dal titolo Comuni minori e città dominanti nell' Evo Medio Loescher, 1897) . Per quanto concerne la revisione annuale degli statuti, vedi statuto di Bologna 1250 e le riforme dal 1253 al 1267 ; statuto di Parma e Padova, quello di Modena ( 1237) e la riforma del 1328, e lo statuto di Ferrara ( 1207) . LO STATUTO DI TODI 331 XIII fiere erano state le contese fra guelfi e ghibellini, i primi dei quali, avuta la peggio, dovettero esulare . Nello statuto si parla infatti della pace intervenuta per d. hugolinum gerardi, syndicum tunc partis extrinsecorum gelforum , et d. Oddonem de Aquasparta syndicum comunis et partis tunc intrinsecorum gibellinorum (1). >> Questa tendenza a parteggiare per l'impero potrebbe essere allegata a dimostrare il laico governo di Todi e la indipendenza, che esso conservò di fronte alla Curia Romana, ma, a dir vero, non è sempre la qualità della prevalente parte politica che determina cotesto indirizzo nello spirito pubblico e negli ordinamenti comunali, giacchè troviamo che simili caratteri furono propri anco di città guelfe, come, ad esempio, Perugia. Il fatto è che a Todi si difendevano con fierezza i diritti della giurisdizione cittadina dalle pretese dell' autorità ecclesiastica. Infatti è sancito che i capitoli statutari debbono applicarsi tra i cittadini di Todi e del contado laycos tantum, e di più « in causis religiosorum in quibus ipsi aguntur et reconveniuntur » (I, 67) . Non v' ha dubbio che Todi cercasse di mantenersi in rapporti di cordialità cogli ordini monastici (2), ma al tempo stesso volle escluderne alcuni dai pubblici uffici (3). E poichè la scomunica a quei di era fatto gravissimo, noi vediamo, che lo statuto prendeva cura di ciò, e dava obbligo al podestà e al suo consiglio di prestare, a spese del pubblico erario, il suo aiuto pro posse a favore della persona, che inciderit in aliquam (1) Stat. , lib . I, cap. 33, pag. 30. (2) << Item statuimus quod potestas teneatur ponere in consilio de provisione fa- cienda fratribus minoribus, predicatoribus et aliis fratribus et religiosis et hospitalibus, et id quod consilium duxerit statuendum, id potestas executioni mandare teneatur, quod consilium potestas facere teneatur ad petitionem ipsorum fratrum seu religio- sorum » (II. 89) . (3) De continentis non eligantur in aliquo officio. - Item statuimus et ordinamus quod nullus de ordine continentium eligatur in aliquo officio comunis tuderti per aliquam personam, et si eligeretur quod non cogatur ad illud officium, in quo electus fuerit, ipsum officium recipiendum (I, 39). 332 0. SCALVANTI excommunicationem occasione comunis >> all' effetto di liberarnela (I, 54) . Anche le pene contro gli eretici, se non danno segno di mitezza, non propria di quell' età, fanno conoscere la prudenza del legislatore nel tener fermo sugli attributi del potere civile. Innanzi tutto se si trova fra i cittadini qualcuno che abbia abbracciato un' eresia, « potestas et tota sua familia et curia teneantur invenire eum, et monere ipsum, ut ad fidem catholicam revertatur » . E se egli persiste nell'errore, i suoi beni debbono essere confiscati a favore del Comune, ed egli è punito in persona arbitrio potestatis. La qual cosa, mentre può a taluno sembrare eccessiva, essendo quasi sempre l'arbitrio fonte di ingiustizie e di atrocità, nel caso nostro costituiva invece una misura indirizzata ad impedire che le pene fossero eccessive. Certo in materia di eresia non poteva non farsi luogo al giudizio dell'ecclesiastica autorità, ma l'intervento del vescovo, dei frati minori e dei predicatori era richiesto solo per aiutare il podestà nella ricerca dei colpevoli. Il supremo magistrato del Comune presiedeva questo collegio di ecclesiastici, perchè il testo dice : « Potestas una cum domino episcopo, ecc. , inquirere et invenire hunc teneatur, ecc. » . Dunque gli atti di inquisizione si svolgevano, presente il podestà, e ciò doveva guarentire i cittadini, che il fanatismo non avrebbe prevalso alla ragione e l'amor di casta alla giustizia. La sentenza poi spettava al solo podestà ( 1) . È impossibile non rilevare l'importanza di questo testo del costituto todino. La Repubblica Veneta, che in materia di giurisdizione fra Stato e Chiesa può essere citata a modello, agitò per lungo tempo la disputa circa l'intervento dei suoi magistrati nei processi di eresia. Furono tra la Sedia Apostolica e la Repubblica più concordati, ed il più antico è del 1289 ; ma, sebbene la Repubblica non accettasse il principio che nel 1551 (1) Stat. , II, 38. LO STATUTO DI TODI 333 voleva stabilire Giulio III, e cioè che l'assistenza dei giudici secolari fosse citra cognitionem et sententiam ( 1 ) , pure si appagò di un sistema, che presentava minori garanzie di quello introdotto nell'umile città di Todi ed altri Comuni italici . Considerando che il delitto di eresia è misto, perchè corrompe la vera dottrina cristiana e perchè turba la quiete pubblica, si volle un tribunale misto, in cui però il giudizio spettava agli ecclesiastici, e ai secolari si attribuiva solo il diritto di assistervi. La quale assistenza doveva essere ammessa anche nelle cause, in cui si trattava dell' eresia di un sacerdote, e doveva aver luogo non pure nel giudizio, ma anco nella formazione del processo, sia che la denunzia venisse da autorità risiedenti nel territorio della Repubblica, sia che fosse trasmessa dalla Curia Romana. Il funzionario dello Stato presenziava dunque gli atti di inquisizione e il giudizio, per verificare che tutto procedesse regolarmente, e, per dirla con Paolo Sarpi ( 2) , all'effetto di proteggere il suddito, se fosse oppresso dagli ecclesiastici. Questo, in brevi parole, il fondamento della legislazione veneta, la quale pur nondimeno lasciava al tribunale ecclesiastico la facoltà di pronunziare la sentenza, e solo si assicurava circa il modo, con cui era condotta la procedura e applicata la legge. Ma anco ammesso il diritto di veto, che l'assistente poteva opporre alla sentenza, pare egli che questa serie di guarentigie agguagli il sistema introdotto in molti Comuni d'Italia, cosi diverso da quello che si praticava a Venezia ? A Todi si pensò che nelle temporali pene dovesse incorrere il cittadino eretico pel disor- (1) Questa ingiunzione venne fatta dal pontefice Giulio III alla Veneta Repubblica per mezzo di mons. Achille Grassi nel 1551 , ma non fu subita, e la Repubblica volle, che i Rettori suoi prendessero parte almeno alla cognizione e inquisizione dei reati. Gli atti della Repubblica Veneta relativi a questa materia sono le deliberazioni del Consiglio dei X del 29 novembre 1548, del 26 settembre 1551 , del 9 giugno 1574, e le delibe- razioni del Senato del 5 settembre 1609 e 1612. Vedi poi le proposte per un nuovo e completo concordato, dettate da Paolo Sarpi nel Discorso delle origini, forma, leggi ed uso dell'Inquisizione in Venezia. Venezia, 1639, pag. 14-38. (2) SARPI, op. cit. ― 334 0. SCALVANTI dine che gettava nel consorzio civile e per l'offesa alla religione, considerata come istituzione della società, avente diritto alla protezione dello Stato, e perciò era il magistrato Icivile che doveva emettere la sentenza. Solo a ricercare il colpevole e a concludere sulla esistenza o no del reato, l'autorità secolare chiedeva il concorso di quella ecclesiastica. Avuto riguardo alle condizioni dei tempi, il reato di eresia, che era in Venezia giudicato di natura mista, e cioè religioso e politico, con prevalenza del primo carattere sul secondo, a Todi era tenuto in conto di reato più politico che religioso. E questa tendenza a mantenere integre le facoltà del potere civile di fronte alla Chiesa, si rivela ancora nella scarsa partecipazione, che in altre pubbliche faccende si faceva agli ecclesiastici, sebbene fossero proprie del maestrato sacro. Ad es . negli ospedali, ed anco nei loca religiosa, ove si esercitavano funzioni di carità pubblica, era massimo l' ingerimento del podestà e dei giudici, sia per la conservazione dei beni, sia per la loro amministrazione, sia per la condotta degli oblati e dei familiares, che avevano in custodia quelle istituzioni di beneficenza ( 1 ) . Il vescovo poi non trovasi ricordato, come vedemmo più sopra, che quale membro della commissione inquirente per gli eretici, e nel caso della pace fatta fra guelfi e ghibellini . Era utile a quei di Todi, che fossero sedate le discordie tra le due fazioni, ma prevalendo nella città il partito imperiale, non si poteva aver favorevoli i guelfi se non si allontanava il sospetto di sorprese e inganni, mediante l'intervento di un personaggio benviso al papa, ossia il vescovo. Quindi stabilitosi che il podestà si eleggesse per tot electores ex una parte quot ex alia (guelfi e ghibellini), bisognava provvedere al caso, che essi non si accordassero nella scelta ; e fu de- (1) Stat. , lib. I , 108. LO STATUTO DI TODI 335 liberato, che all'adunanza intervenisse il vescovo, e che in caso di disparere, l'elezione cadesse ubi ipse d. episcopus suum animum inclinabit (1) . Egualmente era opportuno affidare al vescovo l'arbitraggio per la remissione delle ingiurie e il rifacimento dei danni tra le parti contendenti (2) . Pure nelle trattative della pace e nella sistemazione de' vari interessi patrimoniali fra le due fazioni l'ingerenza veramente decisiva spettò ai sindaci speciali, al consiglio generale ed al podestà (3) . Una misura poi che rivela l'amore della giustizia e il desiderio che la lettera della legge fosse nota a qualsiasi cittadino, è quella contenuta nel cap. 54 del lib. I, in virtù. della quale chiunque poteva procurarsi copia dello statuto (4). Fatte queste brevi considerazioni generali sullo statuto tudertino, stimo opportuno rilevare partitamente qualche speciale disposizione concernente : 4. I. l'ordinamento del Comune ; II. gl'istituti giuridici ; III. la pubblica amministrazione interna. I. Ordinamento del Comune. In Todi noi troviamo uno degli esempi tipici del vero governo del podestà. Già siamo alla seconda metà del secolo XIII, e quest'ufficio, che altrove ha già un emulo e spesso un avversario nel capitano del popolo, a Todi si con- (1) Stat. , I, 33. (2) Cap. eod. « Item quod omnes remissiones iniurarum et omnes dampnorum dationes hinc inde fiant secundum voluntatem d. episcopi tuderti » . (3) Stat. , lib . I, 34. (1) Item statuimus quod potestas tenetur . . . precise facere exemplari statutum tuderti de bona litera et legibili, per notarium , qui sciat bene scribere, infra unum mensem post initium sui regiminis, et, ipso facto, faciat illud poni in palatio comunis infra unum mensem ... ubi stare consuevit legatum cum catena, ita quod quilibet possit habere copiam ». 336 0. SCALVANTI serva nella più rigida integrità. La pace del Comune, l'osservanza delle leggi, l'amministrazione della giustizia, i provvedimenti per la prosperità e incremento del popolo fanno capo a lui . Egli ha il diritto di banno ( II, 30), e non v'è atto della civile amministrazione a cui la sua autorità debba rimanere estranea. Deve essere forestiero e recarsi nella città accompagnato dalla familia de' suoi ufficiali, tra cui tre giudici che da lui dipendono. Or, mentre in altre città dell' Umbria, come, ad es. , Orvieto, l'autorità del potestas andò tramontando non appena fu introdotto il capitano del popolo (1 ), a Todi non si ha notizia di questa magistratura, e l'ufficio del podestà è sempre il perno dell'azione politica e amministrativa del Comune. Certo anche in Todi è un consiglio generale o maggiore, che nel 1256 vien composto di 300 persone, cioè 50 per ognuno dei 6 rioni della città ; e un consiglio ristretto o di credenza, che nel 1337 contava 60 cittadini scelti nella maggiore assemblea ; ed è il podestà che deve convocarlo entro un mese dall'assunto regime (2) . È certo del pari che il podestà nessuna concessione poteva fare a cittadini o a comitatini senza l'approvazione del consiglio generale (3) ; ma tuttavia può dirsi che il governo del Comune fosse nelle mani di quel magistrato. A me pare che questo fatto trovi la sua spiegazione nel poco incremento che ebbero in Todi le corporazioni delle arti, di cui si trova fatta menzione in un solo capitolo dello statuto. Da esso apparisce che i cittadini appartenevano alle arti, ma mi sembra che esse non raggiungessero il grado di sviluppo toccato altrove, e perciò non favorissero la separazione del Comune del popolo da quello del podestà (4). (1) Vedi Carta del popolo in Codice dipl. di Orvieto di L. Fumi ; e Pardi nella Serie dei supremi magistrati e reggitori di Orvieto. 1895. (2) CECI E PENSI -Statuto di Todi del 1275. - (3) Stat. , II. 19. Introd. , pag. XXI. (4) Stat. , I, 2 - De iuramento civium et comitatensium - Tale iuramentum faciat fieri potestas ... civibus et comitatensibus Tuderti. Ego qui iuro ad Sancta Dei LO STATUTO DI TODI 337 L'arte della mercanzia aveva acquistato, come vedremo meglio a suo luogo, una certa importanza ; e di vero si trova che i consoli di quest'arte, oltre ad avere alcuni uffici amministrativi, esercitavano anco una estesa giurisdizione ( 1 ) ; ma le altre arti non erano nel secolo XIII pervenute a tale potenza da dar luogo alla formazione di un governo prettamente democratico con propria rappresentanza, la quale avrebbe con tutta probabilità, anche in Todi, conteso per lustro e potere coll'ufficio di podesteria. 5. Dopo il podestà si trovano gli iudices, gli arbitri, i camerari, i baiuli, il sindaco, i sindacatori, i notari, ecc. I giudici, oltre amministrare la giustizia, formano il consiglio ordinario del podestà. I camerari, eletti dal consiglio generale ie ad imitazione di altri Comuni scelti fra i religiosi dell'ordine francescano) sono i gestori della pecunia pubblica, e il loro ufficio è sapientemente ordinato (2) ; i sindaci sono cittadini designati a un particolare ufficio, e cessano dalla carica non appena hanno adempiuto al mandato. Di questi sindaci, in tal qualità assunti al disbrigo di pubblici affari, è menzione in molti altri statuti di Comuni italici, e nello statuto di Todi se ne ha un saggio degno di nota nelle trattative della pace fra guelfi e ghibellini, altrove ricordata, e che vennero affidate appunto a dei sindaci (3) . Questi ufficiali non si confondono coi semplici ambasciatori, sono muniti di più estese facoltà, quella compresa di stipulare per atto pubblico le convenzioni relative all' affare per cui vennero eletti. Dai sinEvangelia sequimentum potestatis et precepta ipsius et qui loco eius fuerit, et que ipse per se vel alium nuntium mihi fecerit, observare et adimplere et facere sine fraude pro honore et assaltamento et aumento et utilitate comunis tuderti, et ad utilitatem volentium ad servitium comunis tuderti permanere, pro ut melius congnovero, et credentiam tenebo quandocumque mihi imposita fuerit, et si extiterit aliquod capitulum constituti comunis tuderti, quod pertineat ad artem meam, istud obser- vabo ». (1) Stat. , I, 92. (2) Stat. , II, 90. (3) Stat. , lib. I , 33 e 34, nel quale ultimo si tratta del sindaco « eligendo pro debitis promittendibus hominibus partis gelfe ». 22 338 0. SCALVANTI daci poi si vogliono distinguere i due. sindacatori eletti in consilio comunis, i quali debbono chiedere ragione al podestà, alla sua familia e agli altri pubblici ufficiali del modo tenuto nell'esercizio delle funzioni loro affidate. Notevole era l'autorità dei sindacatori, perchè, mentre per altri statuti era lecito appellare dalle loro sentenze al consiglio generale, a Todi, lo abbiamo visto altrove, questo rimedio era tolto ( 1). Grande importanza ebbe anche a Todi l'ordine dei notari, in specie per ciò che si riferiva alla loro qualità di funzionari del Comune. Infatti essi dovevano, sotto la loro fede e responsabilità, registrare in quaterno comunis tutti gli atti giudiziari (2) ; e avevano facoltà, che in molti altri statuti invano si cercherebbe, di sostituire i magistrati nell' interrogatorio dei testimoni e di scrivere le loro deposizioni, pur non potendo loro deferire il giuramento se non in presentia iudicis (3). Ma l'ordine notarile era bene organizzato anche nella parte relativa alla stipulazione degli atti tra privati ; e cosi vediamo stabilita con cura la giurisdizione dei notari, provveduto alla conservazione dei protocolli de' notari defunti (4) e ai modi per evitare incertezza e frode negli atti, come, ad esempio, la chiara indicazione per extensum della data, dell'anno e del giorno. Sul quale proposito osservo, che gli statutari ebbero chiarissima idea del diritto formale, perche se il notaro contravveniva a cotali disposizioni di forma, il suo atto era viziato di nullità . Del resto, i rogiti notarili di qualsivoglia natura fanno pienissima fede del loro contenuto ( I, 27) ; e il notaro non può consegnarli nisi illi quo rogatus est, a meno che non intervenga ordine di magistrato (nisi cohactus fuerit per curiam) (5) . (1) Stat. , lib. I , 60. Vedi quanto dicemmo a proposito degli statuti anteriori al 1275 nel § 2. (2) Stat. , lib. I , 7. (3) Stat. , lib . I , 8. (1) Stat. , lib . I, 24, 25. (5) Stat. , lib. I, 28. LO STATUTO DI TODI 339 6. - Quanto all'amministrazione della giustizia, lo statuto di Todi non offre caratteristiche molto degne di nota. Il podestà, nell'assumere il supremo potere, conduceva seco tre giudici, l'iudex maior, l'iudex maleficiorum e l'iudex de causis extraordinariis. Al giudice maggiore spettava di conoscere delle controversie in materia civile, ma esercitava in pari tempo uffici di volontaria giurisdizione, come provvedere di tutori e curatori chi ne avesse d'uopo, e interporre la sua autorità nelle vendite de' beni spettanti a minorenni e ad orfani. Non era questa un'attribuzione speciale di lui , perchè potevano egualmente attendervi il giudice straordinario, il giudice dei malefizi ed il podestà ; e ciò, secondo il parer mio, all'effetto di rendere assidua, vigilante e completa la difesa organizzata a favore dei deboli contro i possibili abusi, cui potevano soggiacere (I, 6) . « Le cause, oltre distinguersi in ordinarie e straordinarie, secondo ciò che si vede in presso che tutti gli statuti dell'epoca ( 1 ) , si distinguevano in cause civili e penali con tribunali separati. Le stesse cause civili poi non andavano tutte dinanzi la medesima autorità giudicatrice, in quanto che quelle aventi il merito di C sol. o meno erano giudicate da due magistrati qui debeant esse de civitate tuderti » ( 2) ; mentre le cause al di sopra dei C sol. rientravano nella competenza del giudice maioris curie, che era forestiero (3). Del resto , l'ufficio di quest'iudex maior è importante non solo per la sua illimitata giurisdizione nelle cause civili, ma anco per l'imperium di che era rivestito per mandare ad esecuzione i giudicati emessi da altre autorità, ad esempio, dai consoli della mercanzia, dai sindaci eletti super incendiis et guastis, dagli arbitri scelti dalle parti a dirimere una loro controversia, o dalla curia ecclesiastica quando avesse invocato il (1) Vedi per lo statuto di Todi il lib. I, 9, 10 , 6 e 11 . (2) Stat. , lib. I , 12. (3) Ibid, capo 11. 340 0. SCALVANTI braccio secolare, e va dicendo. Gli altri giudici avevano per contro la sola facoltà di mandare ad esecuzione i propri giudicati e quelli dei loro predecessori. Abbiamo detto che vi era tra i magistrati il giudice straordinario ; egli, oltre a dirimere certe controversie, che lo statuto appella extraordinarias, come, per via di esempio, le cause de alimentis et libertatibus prestandis, esercitava anche degli uffici amministrativi, quali la vigilanza de omnibus datis et collectis impositis, di cui doveva curare la esazione (1 ) , e l'incarico di investigare, insieme ai consoli della mercanzia, la fedeltà ed esattezza del peso, misura e marchio, che si usavano dai mercatanti del Comune (2) . Talvolta le cause finivano con un atto di conciliazione o con un atto esecutivo senza sentenza, tal'altra con sentenza resa dal magistrato, e finalmente potevano aver termine col lodo di arbitri. È cosa assai comune negli statuti, che si cerchi in qualche modo di evitare una vera e propria sentenza pur facendo ragione alla parte attrice in giudizio. L'egregio Santini, nel pregievole studio sull'Antica Costituzione del Comune di Firenze (3), intrattenendosi sull' ufficio giudiziario dei consoli, sempre assistiti da uno o più giudici, con ingegnosi argomenti si è accinto a dimostrare, che l'investitura del banno non poteva essere prerogativa dei consoli, in quanto non erano ufficiali dell' impero, e quindi era loro vietato di render sentenza ; e che al tempo stesso non piaceva ai consoli, che quest' atto di sovranità venisse esercitato dagl' iudices, i quali, originariamente investiti di quell' autorità dagl' imperatori, ora erano divenuti ufficiali del Comune. Quindi, per non met- (1 ) Stat. , lib . I , 11. (2) << Item statuimus et ordinamus, quod iudex extraordinarius tuderti teneatur duabus vicibus per annum requirere et videre, una cum consulibus mercatorum mercatantie, omnes marcos, passos, et libras, et stateras mercatorum de tuderto, et scire si dicta pondera et mensura sunt recte et precipere ipsis mercatoribus quod legaliter ponderent et mensurent ad directum passum et ad directam mensuram » (I. 92). (3) Arch. Stor. Ital. , disp. 3a, 1895. LO STATUTO DI TODI 341 tere in evidenza lo scarso potere dei consoli nell'amministrazione della giustizia, i tribunali fiorentini evitavano di rendere vere e proprie sentenze, e o si otteneva dalle parti che rimettessero la controversia ad un collegio di arbitri, o , ante latam sententiam, si procedeva all' immissione in possesso a beneficio dell'attore in causa. In tal modo i consoli non compivano che un atto esecutorio, che il giudice colla sua conferma rendeva pienamente valido. Il Santini appoggia la sua soluzione al fatto, che, venendosi a sospendere per avvenimenti politici la magistratura consolare, le curie funzionavano avendo a capo il giudice ordinario, vicario imperiale. Cessava allora la ragione del procedimento sommario, e il giudice pronunciava la sentenza, assolvendo o condannando. Ora quella pratica del procedimento sommario. e degli atti esecutorii, nella quale il Santini riconosce un espediente giurisdizionale agli effetti che ho accennato, si osserva quasi costantemente anche là dove non militavano gli stessi motivi, che l'avrebbero fatta introdurre nei tribunali di Firenze. A Todi evidentemente le Corti giudiziarie erano presiedute dal podestà o dagl' iudices, i quali emanavano vere e proprie sentenze ; e pur nonostante i magistrati, oltre a favorire, come vedremo poi, la costituzione di arbitraggi, spesso ante latam sententiam procedevano all'atto esecutorio della immissione in possesso. E non è a dire come lo statuto (I, 10) si diffonda nel determinare le conseguenze di tale provvedimento inteso a dirimere sommariamente liti , in cui il reo convenuto rimaneva contumace ( 1 ) . Era dun- (1) « Verum si reus venerit, infra mensem, et satisdederit de iudicio sisti et iudicato solvendo, et solverit viaticum ac exspensas, illa tenuta data restituatur reo cum fructibus inde perceptis a creditore, et ille mensis computetur a die tenute date et scientie ; tenuta vero data per contumaciam in reali petitione recuperari possit jnfra duos menses continuos post dationem tenute et scientie, et possit vendi tenuta, requisito reo, si apparebit debitum testibus vel istrumento, vel confessione, et habita licentia a iudice teneatur infra XV dies, postquam petitum fuerit, primo requisito reo, ut recolligat tenutam .... Et si contra contumacem tenuta data fuerit, vel possessionem post extromissionem, eam recuperari non possit, nisi causa cognita et finita, et 342 0. SCALVANTI que un uso invalso presso i Comuni del medio evo all'effetto di abbreviare i giudizi e non per dissimulare la mancanza dell'imperium nei primi magistrati della città . Come ho accennato più sopra, lo statuto favorisce la soluzione delle controversie per mezzo di giudizi arbitrali. E ove la causa sia compromessa in due arbitri, e questi non si accordino sulla sua definizione, il podestà e il giudice straordinario debbono costringerli a nominare un terzo arbitro, e se nemmeno sulla scelta di lui concordano, esso viene eletto da quei magistrati. Il lodo ha da essere secundum tenorem compromissi, e gli si riconosce pieno vigore ed autorità (1 ) . Nè per ragione di merito, nè per valore è limitata la giurisdizione degli arbitri, la quale può spiegarsi supra qualibet questione et questionibus omnibus (2). Ma ebbe Todi, come altri Comuni, il tribunale speciale pei forensi ? È noto che in molte città d'Italia questi tribunali furono introdotti fra il secolo XII e il XIII ; Pisa li ebbe nel 1178 ; Genova tra il 1145 e il 1178 presieduti dai consoli Foritanorum (3) ; Lucca nel secolo XIII ne ebbe sette (4) , e Firenze li aveva già istituiti nel 1206 (5). A primo aspetto sembrerebbe che anche in Todi vi fosse una curia forensium, perchè si trovano qua e là menzionati nello statuto i consules castri vel ville comitatus tuderti, ed è evidente che esercitano attribuzioni giudiziarie. Ma se si osserva bene, è facile scorgere che questi consules non costituiscono un vero e proipse iuder teneatur procedere in causis et diffinire eas ad petitionem illorum, contra quos tenuta data fuerit secundum tenorem libelli in utroque casu » ( Lib. I, 10) . (1) Stat. , lib. I , 4í. (2) Ib . lib. II, 73. (3) LASTIG (4) BONGI Entwickelungswge und Quellen des Handelsrechtj. -- Stuttgart, 1877. Invent. del R. Arch. di Stato , vol II Lucca, 1886, pag. 293 e segg. - (5) Ciò ha brillantemente dimostrato il Santini (op. cit. ) . Infatti in uno dei preziosi documenti da lui raccolti sull'antica costituzione del Comune di Firenze ( vol. X, doc. 1895 dell' Arch. Stor. Ital. ) accanto al nome di magistrati si legge : « iudex ordinarius in Curia S. Martini pro Comuni ad causas forensium et appellationum terminandas sedens » . Un altro atto fu compiuto in curia forensium S. Martini veteris nel 1225. LO STATUTO DI TODI 343 prio tribunale pei forensi, come si introdusse in altre città, e nemmeno possono paragonarsi ai due iudices cittadini, che in Todi dirimevano le controversie aventi un merito di C sol. o meno. I consules non son posti a decidere liti tra forensi, ma conoscono delle cause fino al merito di sol. X tra gli abitanti del contado. « Et consules cuiuslibet castri vel ville comitatus tuderti possint definire et terminare omnes questiones et causas usque ad X sol. » (II, 73) . Rappresentavano dunque un ufficio simile a quello degli odierni giudici conciliatori, all'effetto che più prontamente e senza grave dispendio o disagio potesse amministrarsi la giustizia nelle varie parti del territorio comunale in cause di lieve entità. Vedremo poi come in Todi si cercasse sempre di impedire, che per negozi civili i forensi acquistassero diritto alla giurisdizione della città o meglio del Comune. I consoli avevano pure altri uffici , come, ad esempio, quello di prender parte all'istruttoria per le cause di danno dato. Si trova infatti, che « actor suam formet petitionem contra assingnatum (datorem dampni), et producat testes quos homines loci, vel syndicus sive consul assingnaverit » . La querela poi vien deferita al tribunale dei malefizi, da cui solo può essere emanata la sentenza di assoluzione o di condanna « et de hiis omnibus congnoscat iudex maleficiorum >> (I, 14) . • 7. Fin qui della giurisdizione estesa a tutti i cittadini in genere. Vi era poi una giurisdizione speciale pei mercanti, alla quale accennai già parlando dell' iudex maioris curie. Pertanto, tutte le questioni fra i mercanti per qualsivoglia causa di commercio, debbono essere conosciute e definite dai consoli della mercanzia, ai quali ogni ascritto alle arti deve prestare ossequio ed obbedienza. I consoli sono eletti dai mercanti stessi tra i membri del collegio della mercanzia ( 1 ) . Se (1) «< Statuimus quod consules mercatorum possint congnoscere et diffinire omnes questiones, que acciderent inter eos et causa omnis eorum mercationis, et iudex maior teneatur executioni mandare id quod per ipsos consules fuerit preceptum et servatum non obstante aliquo capitulo constituti, et potestas teneatur cogere omnes mercatores 344 0. SCALVANTI non che i consoli non hanno podestà di mandare ad esecuzione i loro giudicati, la qual cosa spetta all'iudex maior. Un altro esempio di particolare giurisdizione parmi riscontrarlo nei sex boni homines, uno dei quali, per cura del podestà, veniva eletto entro il primo mese del suo regime dal consiglio del Comune. Son note le sapienti ricerche che gli studiosi di storia giuridica hanno intrapreso per giungere alla dimostrazione, che i boni homines nei Comuni medioevali furono i rappresentanti del primitivo ordinamento comunale, d'onde poi usci il magistrato dei consoli ( 1 ) . Ma se è vero, secondo il mio umile avviso, che i primi defensores civitatis furono i boni homines, ossia quei maggiorenti delle città, che la pubblica estimazione designava al governo degl' interessi comuni ; e se è probabile che essi dessero origine alla carica consolare, è d'uopo riconoscere altresi che in processo di tempo l'appellativo di boni homines non diede più l' immagine dell' antica autorità, ed essi divennero un tribunale simigliante ai moderni collegi dei boni o probi viri. E così a Todi nel 1275 e fors' anco assai prima. Ed invero io trovo fatta parola di essi a proposito delle disposizioni dettate per la salubrità del pane, e l'osservanza delle quali, come la irrogazione delle pene relative, è affidata a un collegio di sei boni homines « scilicet de qualibet regione unus, qui supersit omnibus et singulis suprascriptis » . 8. Dalle sentenze civili era lecito interporre appello, e qui lo statuto todino reca un contributo all'insieme delle notizie che abbiamo circa la soluzione delle cause portate in appello dai primi giudici ad un tribunale superiore. In molti Comuni, ad esempio in Firenze, troviamo, che le corti per et qui operantur artem mercatantie, ut iurent in consulatu predicto et obediant ipsis consulibus, et quod nullus possit (esse) consul mercatorum, nisi ille qui dictam artem exerceret, et quando fieret electio ipsorum consulum requirantur ipsi mercatores per bannimentum » (II, 84) . (1) Vedi SCHIAPPARELLI, Origini del Comune di Biella. Atti dell'Accademia di Torino, tomo XLVI, anno 1896. LO STATUTO DI TODI 345 gli appelli erano costituite da cognitores appellationum, due dei quali legis prudentes, eletti dai consoli. A Todi si presenta qualche cosa di simigliante nel testo 97 del libro II, da cui si ha che le cause venivano definite in appello dal podestà, il quale detto appello commetteva alicui sapienti de ipsa civitate, e ciò in senso ristretto, perchè lo statuto esplicitamente avverte, che egli deve essere de civitate et non forensi (1 ) . Però è da osservare, che se la parte appellata non comparisce, allora il podestà affida la definizione della causa ad altro sapiente. Nel caso poi che le parti eccepiscano il sospetto circa l'imparzialità del giudice o giudici designati dal podestà, questi le invita ad eleggere il proprio giudice, ed è a que' legis prudentes che si commette definitivamente il giudizio di appello. Ma una caratteristica, degna di particolare considerazione, è la suscettibilità che ebbero i Comuni italiani e Todi in specie, circa le materie di giurisdizione. Anzitutto se un cittadino o comitatino di Todi è chiamato in giudizio «< in aliqua alia curia quam in curia tuderti » ad istanza o di un chierico o di un laico della città, del contado o di altro luogo, il citato può ricorrere al podestà, il quale << teneatur eum cogere precise, qui cytari vel requiri fecit sive fecerit aliquem civem vel comitatensem tuderti ... ut desistat modibus (sic) omnibus quibus potest, et teneatur potestas ei tollere nomine banni C lib. den. etc. » (2) . Ad ogni modo poi il podestà deve, a spese del Comune, proteggere e difendere il cittadino, che è stato chiamato dinanzi ad un'altra curia. Una consimile disposizione si legge al cap. 32 del lib . II, dove è detto che il podestà deve « iuvare et defendere » colui (1) << Item statuimus et ordinamus quod si aliquis dixerit se gravatum ab aliqua diffinitiva sententia, lata in civilibus questionibus ab aliquo iudice curiarum comunis tuderti, possit talis gravatus ad potestatem appellare, quam appellationem possit prosequi infra sex dies continuos a die quo appellaverit recurrendo ad potestatem, et ipsam appellationem committat alicui sapienti de ipsa civitate » (II, 97) . (2) Stat. , lib . I, 50. 346 0. SCALVANTI che avendo un possesso fuori del contado di Todi abbia sofferto ingiuria o molestia : « et si ob dictam causam aliquis cytaretur, vel alia de causa ad aliam curiam extra iurisdictionem tuderti vel coram alio iudice clerico vel layco, teneatur ipsum defendere omnibus expensis comunis tuderti, et hoc adiutorium teneatur potestas facere omnibus illis , qui sunt et stant ad precepta potestatis et comunis tuderti precise » . Ad evitare poi che i cittadini venissero trascinati dinanzi a curie di altra giurisdizione, si proibisce severamente al cittadino di Todi di costituirsi principal debitore o fideiussore, o di obbligare i suoi beni con un altro cittadino di Todi per guarentire l'obbligazione di un forense alterius iurisdictionis. Consimili atti erano colpiti di nullità ipso jure, e l'effetto era questo, che il cittadino di Todi non poteva essere chiamato a rispondere della sua obbligazione dinanzi alla giurisdizione di un altro Comune. Ciò non valeva pel caso di negozi commerciali << exemptis mercatoribus et tabulariis, qui si aliquid promiserit predictis personis quod valeat et teneat » ( 1) . La stessa gelosa custodia delle prerogative comunali si avverte nella giurisdizione notarile, poichè è assolutamente vietato a un cittadino o comitatino di far rogare un pubblico istrumento, sia nella città che nel contado, da un notaro alterius iurisdictionis (2). « II. Istituti giuridici. 9. Per ciò che si riferisce agl' istituti giuridici di ordine. privato, lo statuto di Todi offre dei pregi non comuni, che sarebbero degni di un lungo e minuzioso esame. Io mi contenterò di accennare alle disposizioni più notevoli e di seguire (1) Stat. , lib. II, 30. Vedi anche il cap. 1: 5 dal titolo : « Quod nullus accipiat ius a forensi ». (2) Stat. , I, 25. LO STATUTO DI TODI 347 in specie alcune traccie della ragion giuridica romana, che si trovano qua e là nei testi. Già fu avvertito, che nello statuto tudertino non si fa mai menzione della consuetudine, e che l'ius ne tiene le veci ; e che nel capo 11 del lib. I l'espressione secundum constitutum et eius capitula, et secundum constatutum, ubi statutum non loquitur » va interpretata nel senso, che prima del 1275 Todi ebbe altri statuti, che dovevano applicarsi, quando quello dell'anno suddetto non offriva disposizioni atte a risolvere la controversia. Ma la parola, che più spesso ricorre e che è posta a completare e supplire lo statuto è la parola ius. Così il cap. 2 del lib. I, trattando della esecuzione delle sentenze del giudice straordinario, dice che deve esser fatta « secundum constitutum et secundum ius, ubi statutum non loquitur » . E la stessa frase s'incontra nuovamente nel medesimo testo a breve distanza ( 1 ). Quando poi si dispone circa l'ufficio del giudice maioris curie per la vendita dei beni pupillari, si dice che tal vendita deve esser fatta secundum iura; e nello stabilire la competenza di due giudici cittadini per le cause di C. sol. et infra, si ripete che ciò deve esser fatto « secundum hoc statutum et iura, ubi constitutum non loquitur » (2). Là dove poi si parla dell'ordine dei giudizi, è scritto « procedatur prout fuerit procedendum secundum hoc constitutum et iura » e nella materia dei danni dati, dopo l'esposizione di un particolare sistema probatorio, si conchiude et tunc procedatur secundum ius et capitula constituti » (3) . Ora a me sembra, che mentre presso alcuni Comuni la fons juris, fuori degli statuti, era la consuetudine, più o meno attinta al gius romano, nello statuto di Todi e di altre città era rappresentata dall' jus, cui si doveva aver ricorso (1) « Si iudex clericalis executionem facere recusaret, et si congruum fuerit et conveniens (executioni mandent sententias latas) secundum hoc constitutum et iura, ubi constitutum non loquitur ». (2) Stat. , lib. I, 12. (3) Stat. , lib. I , 14. 348 0. SCALVANTI nel silenzio della legge del Comune. E quest'jus, questa copiosa fonte di norme giuridiche, che è come lo sfondo del quadro nella legislazione delle città medioevali e di Todi in specie, non era altro che il diritto romano, di cui qua e là nello statuto del 1275 appariscono evidentissime vestigia. Diamone qualche esempio. Il cap. 18 del lib. I, parlando dell'osservanza dei patti e delle convenzioni, così si esprime : << Item quod pacta et conventiones et omnes contractus sive pacta et instrumenta huc usque facta, potestas et iudex integre faciant observari, nisi eliderentur per excemptionem iuris et nisi continerent in se turpem causam » Il qual testo non è che la parafrasi del fr. 27, § 4, Dig. De pactis ( II, 14) così espresso : Pacta quae turpem causam continent, non sunt observanda » . La causa turpe fu assunta dai giureconsulti romani come motivo per rendere irriti i patti, dietro il principio del fr. 15 Dig. De condition . institut. (XXVIII, 7) . « Nam quae facta laedunt pietatem, existimationem, verecundiam et (ut generaliter dixerim) quae contra bonos mores fiunt, nec facere nos posse credendum est » . Nè la frase << continere in se turpem causam » tratta, come ognun vede, dal citato passo di Paolo, è usata solo nel cap. 18 del lib. I, ma si ritrova nel capitolo successivo ( 1 ) ; è dunque una formula giuridica, che gli statutari adoprano per seguire anche in questo, al più possibile, la terminologia del diritto romano. Ed è tutta romana la distinzione fra patti e convenzioni, che lo statuto adotta non materialmente, ma con piena cognizione della differenza, che è tra l'una e l'altra forma di questi vincoli giuridici. Inoltre è propria, secondo il concetto romano, l'espressione del cap. 18, lib. I dello statuto, ove è detto che i patti debbono essere osservati nisi eliderentur per excemptiones iuris. E di vero molte eccezioni si (1) « Potestas ... teneatur omnes et singulos fideiussores, constitutores et pro aliis promissores cogi facere et dare et solvi facere id quod promiserunt, non obstante quod debitor non fuerit conventus, nisi contineret in se turpem causam ». LO STATUTO DI TODI 349 « trovano adottate dai romani per annullare certi contratti, che essendo di stretto diritto, non eran nulli pleno jure. Si accordava allora un'eccezione, che, come dice il nostro statuto, elideva l'obbligazione . Comparatae sunt autem exceptiones defendendorum eorum gratia cum quibus agitur. Saepe enim accidit ut quis jure civili teneatur, sed iniquum sit eum judicio condemnari ; velut (si) stipulatus sim a te pecuniam tamquam credendi causa numeraturus, nec numeraverim : nam eam pecuniam a te peti posse certum est, dare enim te oportet, cum ex stipulatu tenearis ; sed quia iniquum est te eo nomine condemnari, placet per exceptionem doli mali te defendi debere » ( 1 ) . È dunque evidente che l'exceptio juris nello statuto di Todi significa l'eccezione derivata dall'jus, ossia dal diritto romano. 10. - Un altro testo, che dimostra come l'jus fosse veramente il diritto romano, di cui si conoscevano abbastanza bene i principii, è il cap. 94 del lib. I : « Item statuimus quod si aliquis olim rem aliquam vendiderit stabilem alicui civi tuderti vel comitatensi, et appareat inde publicum instrumentum mano alicuius notarii, et in ipso instrumento contineatur quod venditor promisit emptori vacuam, liberam et absolutam possessionem ipsius rei tradite ………. quod potestas et iudex curiarum, ad quem recursus habere voluerit emptor, cogere venditorem talem possessionem ipsius rei tradite vacuam, liberam et absolutam, non obstante quod in instrumento vendictionis contineatur, quod ipse venditor rem ipsam (1 ) Gaii Instit . Comm. IV, 116. Quest'eccezione era stata introdotta dal Pretore Ideo autem hanc exceptionem Praetor proposuit, ne cui dolus suus, per occasionem juris civilis, contra naturalem aequitatem prosit » ( fr. 1 Dig . De doli mali et metus except. XLIV, 4) . Lo stesso si legge alla Cost. 5 Cod. De inutil. stipulat . « Dolo vel metu adhibito, actio quidem nascitur si sit subdita stipulatio ; per doli mali tamen vel metus exceptionem summoveri petitio debet » . — Insomma il principio generale era, che se taluno per qualche macchinazione veniva indotto ad obbligarsi, sebbene fosse subtilitatijuris obstrictus, pure poteva usare dell'exceptio doli vel metus. E quando lo statuto parla di obbligazioni, che eliderentur per exceptionem juris, ripete l'espressione romana « per doli mali exceptionem summoveri petitio debet ». 350 0. SCALVANTI emptoris nomine possidere, propter quod res ipsa pro tradita secundum iura videtur, sed non de facto » . A me sembra che questo capitolo dello statuto di Todi dimostri : 1. che gli statutari conobbero a meraviglia il costituto possessorio dei romani ; 2.º che non vollero adottarlo. >> È noto infatti che dal principio generale di Celso « quod meo nomine possideo, possum et alieno nomine possidere (fr. 18 Dig. De acquir. rer. dom. XLI, 2) , discendono i germi del costituto possessorio, che ha luogo quando chi possiede una cosa giuridicamente, dichiara di volerla detenere per l'avvenire a nome di un terzo, che vuole acquistarne il possesso (1 ) ; di guisa che non era mestieri di traditio ( 2). Dunque in gius romano esisteva un istituto giuridico, in virtù del quale la trasmissione del possesso aveva luogo senza bisogno di tradizione, cioè quando il possessore dichiarava di detenere la cosa in nome di colui, al quale l'aveva per qualsivoglia titolo alienata. Il caso che comunemente si allega è quello del venditore, che si fa conduttore del fondo venduto, e continua a possederlo in nome del compratore. Ora, quando lo statuto di Todi interpreta la clausola « che il venditore possederà la cosa venduta nomine emptoris nel senso, che con questa dichiarazione s' intendeva fatta la consegna della cosa ; e aggiunge che ciò è secundum iura, evidentemente richiama il costituto possessorio ammesso dal gius romano. Ma il testo infirma cotesta clausola, e togliendole ogni valore, esige che, malgrado essa, abbia luogo la tradizione de facto. In ciò gli statutari miravano ad appoggiarsi piuttosto sul concetto generale del diritto romano, che sul (1) ARNDTS - Trattato delle Pandette, vol . I , lib. II, § 140. (2) Cost. 28 Cod. De donation. - « Quisquis rem aliquam donando, vel in dotem dando vel vendendo usumfructum ejus retinuerit, etiamsi stipulatus non fuerit, eam continuo tradidisse credatur, nec quid amplius requiratur quo magis videatur facta traditio. Sed omnimodo idem sit in his causis usumfructum retinere quod tradere ». Cost. 35 Cod. eod. tit. « non ex hoc inutilis fiat donatio , quod res non traditae sunt, nec confirmetur ex traditione donatio » . LO STATUTO DI TODI 351 gius eccezionale del costituto possessorio. Infatti il principio che la romana sapienza fece prevalere è scritto nella celebre Cost. 20 Cod. De pactis (II, 3), e cioè che « traditionibus et usucapionibus, dominia rerum, non nudis pactis transferuntur » . E senza dubbio nello stesso frammento di Celso sulla possessio alieno nomine è impossibile non scorgere un certo artifizio. Nec enim, egli dice, muto mihi causam possessionis (il che, come è noto, era assolutamente vietato) sed desino possidere, et alium possessorem ministerio meo facio » . Il quale artifizio per conciliare quello, che pei principii generali del gius romano era, secondo me, inconciliabile, maggiormente si rivela nella conchiusione del ragionamento. Nec idem est possidere et alieno nomine possidere, nam possidet cujus nomine possidetur » . È chiaro ; per ammettere il costituto possessorio, dargli efficacia di vera traditio e sfuggire alla norma, che nessuno può mutare la causa del proprio possesso, bisognava giungere fino a queste ardite e, vorrei dire, assurde affermazioni ; che il venditore, il quale continua a possedere a nome del compratore cessa di possedere ; e che altro è possedere e altro è possedere in nome altrui, perchè in questo caso il vero possessore è colui, nel nome del quale si possiede. Quindi non fa meraviglia, se la stessa teorica dell'Jhering (1), che i romanisti chiamano della volontà individuale, e che stabilisce come criterio del possesso la libera determinazione di chi tiene la cosa, è anch' oggi vivamente combattuta come atta a scompaginare l'intero istituto del possesso. Si nota infatti che per norma generale veramente teoretica il solo cambiamento dell'animus non ha la virtù di trasformare la detenzione in possesso e nemmeno il possesso in detenzione, come sarebbe nel caso contemplato dallo statuto di Todi. E poichè quest' affermazione troverebbe un grave ostacolo nel costituto possessorio, si osserva che quello, (1) Der Besitzwille Zugleich eine Kritik der herrschenden juristischen Methode. Jena, Fischer, 1889. 352 0. SCALVANTI che in dati casi è disposto per motivi di peculiare utilità, non si deve estendere ed elevare al grado di regola generale, talche gli stessi romani non adottarono quella massima nemmeno dove sarebbe stato assai naturale accoglierla ( 1 ). Anche il Maynz, mentre sostiene che nel costituto possessorio v'ha realmente presa di possesso col consenso del possessore attuale, e per conseguenza tradizione, pure accenna alla complicazione di questa forma traslativa del possesso. Ebbene, gli statutari di Todi non accolsero il gius eccezionale del costituto possessorio, ma tornarono ai generali principii del diritto romano ; e vollero che la tradizione dovesse avvenire di fatto, ancorché nell' istrumento si trovasse la clausola, che il venditore continuava a possedere per il compratore. E questo ricercarono per togliere adito alle controversie, che potessero nascere sul trasferimento della proprietà, e per mantenere ad essa l'evidenza di uno de' suoi principali caratteri. È assai notevole il linguaggio adoperato nello statuto per significare le obbligazioni complesse non solidali. Anche per diritto romano la solidarietà non si presume, talchè se in un contratto più persone si obbligano a pagare una determinata somma, non per questo deve intendersi ciascuna di esse obbligata al pagamento dell'intera quantità di danaro, nè è data facoltà al creditore di procedere contro ciascuno dei debitori per l'ammontare di tutto il debito. Salvo patto in contrario, ciascuno rimane obbligato per virilem partem (2) . Lo stesso avviene nei casi, in cui più persone sieno condannate, non solidalmente, da una sentenza a pagare una certa (1 ) Frag. vat. , § 263, fr. 42 pr. Dig. De mortis c. don. (XXXIX, 6) , e l . 14, § 1 , Dig. De haered. vend . ( XVIII, 4 ) , passi citati dall'esimio prof. C. Brezzo nel lavoro • La nuova teoria possessoria di Jhering, nella Riv. it. per le Scienze giuridiche, vol. IX, fasc. 1II, 1890. ( 2) Fr. 11 , § 1 , Dig. De duobus reis stip. (XLV, 2) « Cum talibus esset comprehensum, illum, et illum centum aureos stipulatos neque adiectum, ita ut duo rei stipulandi essent, virilem partem singuli stipulati videbantur » . LO STATUTO DI TODI 353 somma ; esse si intendono obbligate a pagare una quota virile, e ciascuna pagando la propria parte, viene liberata in residuo ( 1 ) . I medesimi principii trovansi espressi nel diritto romano a proposito della stipulazione damni infecti (2) . Ora ecco in qual modo lo statuto di Todi, in armonia col gius romano, si esprime circa questo punto di diritto : « Item si plures debitores in uno instrumento scripti fuerint et aliquis ipsorum suam partem solvere voluerit, teneatur creditor illi facere refutationem (3) de parte sibi soluta, nisi esset in solidum obligatus, et idem fiat (si) in uno instrumento scripti fuerint et aliquis ipsorum suam partem solvere voluerit, teneatur creditor illi facere refutationem de parte sibi soluta, nisi esset in solidum obligatus, et idem fiat (si) in uno instrumento plura debita continentur et diversis solvatur, et creditor faciat cartam quetationis de parte sibi soluta (4). Qui anzitutto si distingue opportunamente il caso dei più debitori per un solo debito dal caso di più debiti. Nel primo, ove non sia pattuito il vincolo di solidarietà, ciascuno dei debitori paga legittimamente la parte sua, e il creditore è obbligato (tenetur) a rilasciargliene quietanza ; nel secondo, a più forte ragione, trattandosi di vari debiti (in uno instrumento plura debita continentur ) ogni debitore è liberato col pagamento del suo debito. >>> Non mi sembrano poi imitate dall'antico diritto certe disposizioni affini alla materia delle servitù, sebbene a primo (1) Fr. 43, Dig. De re iudic. (XLII) , 1 ) « Paulus respondit : eos qui una sententia in unam quantitatem condemnati sunt, pro portioni virili ex causa judicati conveniri , et si ex sententia adversus tres dicta Titius portionem sibi competentem exolvit, ex persona caeterorum ex eadem sententia conveniri eum non posse ». Il quale fr. è così riassunto dalla glossa Accursiana : Duo sunt condemnati in viginti in una sententia , quilibet videtur condemnatus in decem, et si unus eorum solvat sua X, liberatur in residuo ». (2) Fr. 40, Dig. De damno infecto ( XXXIX, 2) « Quoties ex damni infecti stipulatione plures agunt, quia in eadem re damnum passi sunt, id est in aedibus ; non debet unusquisque eorum in solidum agere, sed in partem experiri, ecc. » . (3) La parola refutatio è usata negli statuti municipali nel significato di ricecuta, quietanza, dimissione, ecc. (4) Stat. , lib. I , 31 . 23 354 0. SCALVANTI aspetto appariscano derivate dal gius de' romani. Trattandosi dell'iter (così pure chiamato dallo statuto) o della semitam vel traversam per rem alterius, si dice che se il vicino non ha l'ius eundi ( 1 ) non può continuare nell'esercizio dell' iter, ecc. , ove il proprietario del fondo glie lo vieti. Se non che egli può provare di avere il diritto per concessionem vel usum longissimi temporis XL annorum. Rispetto a questa prescrizione longissimi temporis lo statuto si è alquanto allontanato dal principio romano, perchè per la legislazione giustinianea, malgrado le controversie che dominano in questa materia, sembra che le servitù sulle cose immobili si prescrivessero in 10 anni fra presenti e 20 fra assenti, quando ricorreva il giusto titolo e la buona fede ; in 30 anni, quando mancava il giusto titolo e ricorreva la buona fede, e in un lasso maggiore di trent'anni (ossia colla praescriptio longissimi temporis) quando mancava l'uno e l'altro requisito (2) . Ora nel caso dello statuto di Todi il giusto titolo non esisteva, perchè il testo distingue appunto l'aliquam concessionem dall'usum ; dunque, dato che vi fosse la buona fede, il diritto romano avrebbe limitato il tempo utile alla prescrizione ad un solo trentennio, mentre lo statuto esige l'uso per lo (1) Quest'espressione ricorre spesso nelle Fonti romane. Vedi fr. 1, Dig. De servitut. praed. rust. ( VIII, 3) . Iter est jus eundi, ecc. (2) Anche per diritto romano la servitù acquistavasi per longi temporis praescriptio, e con Giustiniamo questo modo di acquisto fu esteso a tutte le servitù ( Cost. 12, Cod. De longi temp. praescript. , VII, 33. Vedi stat. di Todi , II , 11 ) . Non è qui il luogo di prendere in esame le varie controversie, cui dà luogo in diritto romano la costituzione delle servitù per prescrizione. È certo però che non può affermarsi con sicurezza, il diritto romano altro non domandare, che l'esercizio della servitù come un diritto, nec vi, nec clam, nec precario durante il tempo di dieci anni inter praesentes, e di venti inter absentes. E infatti , oltre ad essere controversa la dottrina sull'applicabilità dell'usucapione alle servitù discontinue, alle negative ed alle personali, dubbi gravissimi insorgono sulla determinazione del tempo utile ad usucapire, sulla necessità o no del giusto titolo e della buona fede. Io ho prescelto la teorica più affine a quella generale dell'acquisto del dominio per prescrizione. S'intende, che per la longissimi temporis praescriptio non è veramente acquisita la servitù, ma il diritto di respingere l'azione del proprietario tendente a rivendicare la piena libertà del fondo. In quest'ultimo caso si tratta adunque di una praescriptio estintiva, anziché acquisitiva. LO STATUTO DI TODI 355 spazio di quaranta anni. Ma la ragione di questo fatto è dovuta forse alla teoria tutta speciale, che lo statuto aveva adottato in materia di servitù di passo. Già osservo, che lo stesso cap. 11 del libro II non parla di servitù , ma solo << de pena facientis iter per rem alterius » e il testo 37 dello stesso libro, parlandoci « de eo qui non habet viam per rem suam » ci indica ben chiaramente il concetto che si aveva circa l'acquisto del passaggio. A me pare infatti che lo statuto non segua in ciò la ragione romana, la quale ammetteva in questo caso l'jus in re aliena, come lo ammettono le odierne legislazioni ( 1 ) . Il processo era ben diverso : il proprietario, che non aveva libero accesso al proprio fondo si faceva vendere dal vicino uno spazio di terreno per praticarvi la via, e in caso di rifiuto ricorreva al podestà, il quale era tenuto a costringere il vicino, o a vendere al ricorrente cotesta terra recipiendo iustum pretium determinato da due arbitri eletti dalle parti ; o ad accettare la permuta di una parte del fondo di proprietà del ricorrente, e che avesse egual prezzo. Bisognava però che l'istante dimostrasse non avere egli altra possibilità di accesso al proprio fondo. Dunque lo statuto non riconosce nel proprietario del predio circondato dai fondi altrui il diritto di costituire su questi una servitù di passaggio mediante un'indennità, ma gli accorda solo il diritto di acquistare il terreno necessario alla sede stradale o di costringere il vicino ad accettare una permuta. E che questo e non altro fosse il sistema voluto dalla legge statutaria, si chiarisce anche meglio proseguendo nell'esame del testo, ove è detto , che se alcuno ottenne per concessione o per sentenza della curia la via su terra altrui « et solverit iustum pretium vel dedit cambium pro ipsa via » egli ha facoltà di usarne. Però per aver ragione di fronte al proprietario del terreno destinato alla via, è mestieri che effettivamente sia sborsato il prezzo o dato il cambio, altrimenti egli (1) Cod. civ. it. , articoli 593 e 595. 356 0. SCALVANTI non può servirsene, e se lo faccia « puniatur sicut puniretur ille qui intraret tenutam alterius » . Ora se, mancando il pagamento del prezzo o la dazione del fondo, si agisce contro l'ac quirente come se proprietario non fosse, vuol dire che egli è veramente proprietario, ma gli si interdice l'uso della proprietà fino a che non abbia adempiuto agli obblighi derivanti dalla concessione o dalla sentenza ( 1) . Ne si obbietti, che talora era concesso o riconosciuto per sentenza l'jus in re aliena, senza bisogno dell'acquisto del terreno, in cui doveva essere tracciata la via ; perchè il testo è incavillabile, e il diritto di esigere la vendita o di imporre la permuta è solidamente posto nella legge. La concessione o la dichiarazione della sentenza non riguardano ljus in re, ma il riconoscimento del titolo legittimo dell'acquisto. Poteva avvenire infatti, che « malitiose esset petio che si avesse altra via per accedere al fondo, e in tal caso non doveva accogliersi la domanda dell'attore (non audiatur) ; mentre se vi era un regolare riconoscimento del diritto di acquisto o per contratto o per sentenza, il proprietario del terreno era costretto a vendere, e il compratore, pagato il prezzo, usava legittimamente della cosa vendutagli. tum » Secondo me, gli statutari, attenendosi a questo sistema, diedero prova di sapiente discernimento, perchè non v'è (1 ) Stat. , lib . II , 37. « Item quicumque non habet viam per rem ( suam per) quam possit comode ire et redire ad terram suam, potestas teneatur facere vendi convicino suo terrenum pro via sine malitia recipiendo iustum pretium pro extimatione ipsius rei recte facta per unum vel duos amicos communiter eligendos, scilicet per quamlibet partem unum, vel tantum de terra sua, scilicet illius qui voluerit ipsam viam, quantum de ipsa terra iurabitur in dieta via, puta si habuerit terram iusta viam alioquin recipiat iustum pretium. Salvo quod si malitiose esset petitum vel habeat aliunde viam, non audiatur, set ambe partes revertantur ad pristinum statum. Et (si) alicui vel aliquibus fuerit (o) lim concessa via vel data per curiam per terram alienam , et solverit iustum pretium, vel dederit cambium pro ipsa via, vadat et veniat per ipsam viam et ipsam habere et tenere possit et eam uti sine pena et ille , cui concessa esset ipsa via, non possit eam uti, nisi iusto pretio soluto vel cambio dato, et si iverit contra voluntatem illius, cuius est, puniatur sicut puniretur ille , qui in- traret tenutam alterius » . LO STATUTO DI TODI 357 alcuno che ignori di quali molestie e di quali questioni sia origine la servitù di passo, appunto per la ragione che essa è un jus in re aliena. Ciò si volle evitare. 11. Consimile è il caso dell'acquisto per accessione di un albero al suolo, in cui vien piantato. Per diritto romano l'albero diveniva proprietà del proprietario del suolo non appena aveva gettato le sue radici << rationem enim non permittere, ut alterius arbor intelligatur quam cujus fundo radices egisset » ( 1) . Se poi la persona, che aveva piantato l'albero era in buona fede, poteva coll'eccezione doli mali, sercare sumptus (2) . Certo il caso era di difficile soluzione, e i romani lo definirono attribuendo la proprietà dell'albero a chi aveva il dominio del suolo, perchè ciò era più razionale, che attribuire la proprietà del suolo a chi aveva eseguito la piantagione ( 3) . Tuttavia non parve ai giuristi dell'evo medio, che fosse mestieri dichiarare il passaggio di proprietà dell'albero da chi lo aveva piantato al proprietario del suolo ; un'altra soluzione si affacciava più conforme a giustizia ; e questa la incontriamo nel cap. 39 del lib. II dello statuto nostro : « Si quis arborem vel arbores habuerit in terra alterius sive ille cuius terra est, voluerit emere eos, teneatur potestas facere vendi infra mensem post querelam depositam, et similiter ille, cuius est vel cuius fuerint. arbores, si voluerit eos vendere, potestas teneatur jnfra eumdem terminum illum, cuius terra fuerit, arbores cogere ad emendum et emi facere » . Dunque nessun passaggio di proprietà pel fatto dell'accessione, ma al tempo stesso nessuna molestia deve essere inflitta al proprietario del suolo per parte del proprietario dell'albero. Il primo può solo obbligare il secondo a vendergli la pianta, e questi vice- (1 ) Fr. 7 , § fin. Dig. De acquir. rer. dom. , XLI, 1 . (2) Cost. 11 , Cod. De rei vindicat. (3) « Postquam hae (plantae) radicibus terram fuerint amplexae, solo cedere rations est. Domini enim magis segetem vel plantas, quam per hujusmodi factum, solum suum facit (Cod. eod. tit . ) . 358 0. SCALVANTI versa può obbligare l'altro a comprarla. In parte questa soluzione si ritrova nei Codici moderni, i quali sottopongono il proprietario del suolo, che vuol ritenere per sè la piantagione, a pagare a sua scelta o il valore dei materiali o il prezzo della mano d'opera, oppure l'aumento di valore recato al fondo ; ma se ne allontanano quando riconoscono nel proprietario del suolo la facoltà di obbligare il vicino a togliere le piantagioni ( 1 ) . Tale facoltà lo statuto nega, forse per il riflesso che certe piante, per loro natura, non possono essere asportate senza condannarle a perire. E poichè la questione poteva sorgere sul prezzo da dare alle piante, lo statuto avverte « si questio inde fuerit de pretio, teneatur diffinire per duos amicos communes habentes bona in contrario, ubi fuerunt dicti arbores, et iudex maioris curie congnoscat de omnibus supradictis sine salario » . Con questa reciproca facoltà di obbligare a vendere o a comprare la piantagione, certo si raggiungeva il fine di evitare aspre controversie, e fu quindi la soluzione preferita dagli statutari. 12. Degne di qualche considerazione son poi certe norme sulla proprietà consortile, con tendenza però a limitarla entro i più angusti confini. Vi è nondimeno la dichiarazione, che mai può essere diviso ciò, che per patto deve rimanere in perpetuo nella proprietà dei consorti (2). Nel resto il fatto. della divisione delle sortes tenute in comune è molto favorito dalle disposizioni statutarie, e sono minuziose e prudenti le misure adottate, perchè questi giudizi divisorii si compiano con sollecitudine, con giustizia e col minimo dispendio (3 ) . Pertanto, volendo presentare qualche esempio dei vincoli derivanti dal principio della proprietà consortile, noterò, che uno dei consorti, il quale intendeva lavorare il fondo, dove (1) Cod. civ. , art. 450. ( 2) Stat. , lib. I , 41 . (3) Stat. , lib. 1 , 36. LO STATUTO DI TODI 359 si trovava la sua sors indivisa, doveva per due o tre volte significare la sua volontà ai consorti, e se questi non rispondevano, poteva procedere ai lavori, e il podestà era tenuto a fargli rifondere le spese dai consorti, sine salario. Ove tale rimborso poi non venisse effettuato, il lavoratore poteva << habere et fructus percipere partis non reficientis sibi expensas, donec sibi plenarie fuerit satisfactum de expensis » (1 ) . Altre disposizioni si danno perchè non sia danneggiata da un consorte la proprietà dell' altro consorte. Fin qui per altro i precetti statutari, sebbene parlino di consortes, non offrono caratteristiche tali da distinguer molto questa forma di comproprietà dai criterî dell' ordinaria comunione o dalle leggi regolatrici dei rapporti di vicinanza. Dove al contrario queste caratteristiche si scorgono con chiarezza, sono i casi delle innovazioni recate alla proprietà consortile, e del retratto. È noto, che nessuno dei partecipanti può fare innovazioni nella cosa comune, ancorchè le pretenda vantaggiose a tutti, se gli altri non vi acconsentano ; il quale principio delle moderne legislazioni è derivato dal diritto romano : « In re communi neminem dominorum jus facere quidquam, invito altero, posse » (2) . Talchè per gius romano le facoltà di un condomino di operare da solo sulla cosa comune, senza il consenso degli altri, limitavasi ai provvedimenti presi per conservare e impedire la rovina della res communis, o a quelli, che assolutamente non pregiudicavano ai diritti degli altri condomini ( 3 ) . Al contrario nello statuto di Todi si legge, che uno dei consortes può edificare (1) Stat. , lib. I, 40. (2) Fr. 28, Dig. Comm. divid , X, 3. I giureconsulti romani si proposero il caso della aedificatio, di cui nello statuto di Todi, fatta da uno dei condomini, considerandola sotto ogni aspetto, ma vennero alla conchiusione seguente : « Et magis dici potest, prohibendi potius quam faciendi esse jus socio ; quia magis ille qui facere conatur (ut dixi) quodam modo tibi alienam quoque jus praeripit, si, quasi solus dominus ad suum arbitrium uti re communi velit » (fr . 11 , Dig. Si servit. vind. , VIII , 5) . (3) Fr. 52, § 10 Dig. Pro socio, XVII, 2. 360 0. SCALVANTI super re communi sine contradictione consortis et sine pena, e, costruito l'edificio, ha diritto di farlo stimare per duos magistros, e di obbligare l'altro consorte a pagargli la metà delle spese incontrate per l'edificazione (1) . L'altro caratteristico istituto è quello del retratto, derivazione del principio della proprietà gentilizia e comune. Per diritto romano, come per diritto moderno, il condomino può alienare la sua parte, ed unica regola è che « nemo ex sociis plus parte sua potest alienare, etsi totorum bonorum socii sint » (2 ) . Ma queste norme, non potendo consuonare col sistema della proprietà consortile, non vennero accolte in più statuti comunali del medio evo ; e infatti lo statuto di Todi dispone, che se uno dei consorti vende in partem la cosa comune, non compellando alium consortem , questi può riscattare la cosa venduta dalle mani del compratore pagandogli rerum pretium (3). Gli statutari disciplinarono poi l'istituto della espropriazione per causa di pubblica utilità, disponendo che se, per praticare un fosso o aprire una via, si occupavano i fondi dei cittadini, doveva loro pagarsene pretium condecentem a istanza degli espropriati, i quali avevano l'obbligo di giustificare il loro titolo di proprietà (4) . 13. - Quanto all' ordinamento della famiglia, che tanta influenza esercita sul gius successorio, parmi potere inferire, che essa presentasse il carattere di una forte organizzazione. Nè le era estraneo il concetto, che i figli avessero un qual- (1) Stat. , lib. I , 40. Item quilibet volens hedificare super re communi ... possit hedificare et facere hedificium sine contradictione et sine pena, et, ipso hedificio facto, teneatur potestas ad petitionem hedificantis illud hedificium facere extimari per duos magistros, et medietatem illius extimationis vel partis continguenti consortis cogere alium consortem, qui non hedificaverit vel fecerit hedificium , promittere et solvere hedificium facienti et reficere et resarcire medietatem expensarum dictarum » . (2) Fr. 68 , Dig. Pro socio, XVII, 2. (3) Stat. , lib. II, 72. Vedi poi, per lo stabilimento di un consorzio di vicini all'effetto di praticare lavori sopra una via, il cap. 8 dello stesso libro. (4) Stat. , lib. II , 20. LO STATUTO DI TODI 361 che diritto alla fortuna del padre, mentre questi era in vita. Vi è, ad esempio, un testo, dal quale apparisce, che un padre ha dato una parte del suo peculio al figlio emancipato, affinchè con essa egli viva o si applichi ad un'arte o industria. Se il figlio non contento della somma ricevuta, vuole insistere presso il paterfamilias onde ottenere di più, il capitolo statutario avverte, che egli deve restar contento de illa re quem a patre recepit in premium emancipationis. Il testo pare abbia voluto allontanare il dubbio, che il figlio potesse avere ancora altre pretese giuridiche alla fortuna paterna, lo che starebbe a significare che in un tempo più o meno remoto si riteneva avere il figlio qualche diritto ad una parte delle sostanze del padre, mentre questi viveva. E tanto più tale opinione si chiarisce giusta, quando si noti che il testo parla di figli emancipatos vel non (1 ) . Il figlio poi, sebbene fosse in potestate patris, poteva esercitare la mercatura « de voluntate vel mandato patris vel ipso patre non contradicente » . In tal caso egli obbligava il padre suo, il quale era tenuto a pagare i debiti contratti dal figlio per occasione del commercio (2). La tendenza alla conservazione del nucleo famigliare fece si che nei diritti di successione i maschi fossero preferiti alle femmine ; ma si volle al tempo stesso proteggere le femmine imponendo, morto il padre, ai fratelli di prestare alle sorelle ogni cura, l'abitazione, gli alimenti, l'istruzione, la dote. Si vero pater et mater ab intestato decesserit, potestas et iudex cogat ipsos fratres vel nepotes ipsam vel ipsas, secundum modum patrimonij, dotare et merces dare sine salario et alimenta et habitationem nichilominus prestare (I, 101 ) ». In ciò lo statuto segue il diritto canonico (1) Stat. , lib. I , 98. ( 2) Stat. , lib. II, 93. I codici di commercio moderni non riconoscono efficacia al tacito consenso del padre ; solo la moglie può esercitare la mercatura non contradicente il marito (art. 13 Cod. com. it. ) . 362 0. SCALVANTI e il romano (1 ) . I beni pervenuti dal padre e dalla madre nel figlio rimanevano obbligati a favore delle doti da darsi alle figlic usque ad quantitatem condignam. La donna rimasta vedova, aveva diritto di tornare ad domum patris, fratris vel nepotis, e di ottenere dai beni paterni ciò che le occorreva per vivere. Ciò avveniva nelle successioni legittime e rispetto alla eredità del paterfamilias, il quale aveva facoltà di disporre di una parte delle sue sostanze per mezzo del testamento. «< Questo diritto non era riconosciuto alla madre ; essa, avendo figli o figlie non poteva lasciare la sua eredità o dote a persone estranee, e lo statuto disponeva quod illud testamentum non valeat, neque teneat. Immo dicti filij vel filie succedant in hereditate sive dote eorum matris » . Però il legato pro anima doveva avere effetto. La moglie poi non succedeva al marito che nell'ottava parte della fortuna di lui, e nel caso in cui non fossero superstiti figli. Nel resto del patrimonio succedevano i proximiores ex parte patris tantum . Le disposizioni di ultima volontà, le donazioni fra vivi o a causa di morte, al pari di ogni contratto, potevano esser provati anco per mezzo di testimoni, il numero dei quali mutava, secondo il merito di tali atti. Cosi se essi disponevano di un valore di C. sol . o più, era mestieri fornirne la prova per mezzo di tre testimoni maschi ; se di un valore inferiore bastavano due testi sempre rogati et presentes (2). Nessun testimone però può essere introdotto (1 ) Per diritto romano non aveva veramente obbligo di dotare che il padre e l'avo paterno Qui liberos quos habent in potestate, iniuria prohibuerint ducere uxorem, vel nubere ; vel qui dotem dare non volunt, ex Const. Divorum Severi et Antonini, per Proconsules, Praesidesque provinciarum coguntur in matrimonium collocare et dotare « (fr . 19, Dig. De ritu nupt. , XXIII, 2) . « Neque mater pro filia dotem dare cogitur ( nisi ex magna et probabili causa vel lege specialiter expressa) , neque pater de bonis uxoris suae invitae ullam dandi habet facultatem » (Cost. 14, Cod De jure dotium, V. 12 ) . Pur nondimeno i canonisti, fondandosi sulla 1. Qui filium Dig. Ubi pupil, educ. e sulla 1. Cum plures Dig. De adminis. tut. , ammisero che i fratelli fossero tenuti a dotare le sorelle, purchè non alio patre natae. (2 ) Stat. , lib. I , 22. LO STATUTO DI TODI 363 a provare contro il contenuto di un rogito notarile accompagnato dal precetto della guarentigia. Lo statuto infatti contiene delle speciali disposizioni riguardanti i rogiti emessi con questo precetto, in virtù del quale il debito deve esser pagato entro 10 giorni dall' intimazione del giudice, pena il pagamento del doppio. In mancanza di pagamento si hanno da offrire i beni, e ciò senza eccezione od opposizione alcuna << sive quis agat suo nomine, sive procuratorio nomine, sive ex iure sibi cesso, sive ex causa lucrativa, sive ex causa donationis, sive ex causa vendictionis » . Nessuno può appellare dal preceptum guarentigie, nè dall'esecuzione datagli dal giudice . Ove più sieno i creditori, essi sono chiamati dinanzi al podestà, e ivi si fa una graduatoria secondo la data dei respettivi crediti. Gli statutari vollero a questo precetto di garanzia accordare la massima efficacia, e perciò stabilirono, che avesse piena firmitatem, ancorché resultasse fatto al tempo, in cui le particolari disposizioni, nuovamente introdotte, non erano in vigore ( 1 ). Del resto, le norme in materia di gius successorio sono ben lontane dal fornire la soluzione di tutti i casi contingibili, e perciò, come notai altrove, in questo ed in altri argomenti si dovevano applicare o statuti anteriori o l'jus romano. 14. Nella procedura civile poco di ragguardevole s'incontra nello statuto. Pure mi sembra ben delineata la materia dell' esame dei testi ad futuram memoriam. «< Ita si quis testes ydoneos voluerit introducere pro aliquo debito declarando, vel contractu, vel conventione rei mobilis, testamento etc. ad perpetuam rei memoriam, et ut sibi valeat in futurum, potestas et iudex faciant eos iurare et recipi et eorum dicta scribi et publicari, non obstante si lix non fuerit contestata .. ... et eorum dicta valeant in futurum » (2). (1) Vedi quanto esponemmo al § 2 del presente studio. (2) Stat. , lib. I , 22. 364 0. SCALVANTI 15. Poco notevoli del pari mi sembrano le disposizioni in materia penale. La base delle pene è la composizione in danaro ; non manca qualche qualifica bene espressa, come, ad es. , l'aggravante del furto perpetrato in caso di incendio o altro pubblico infortunio ( 1) ; giustamente è colpita di pena severissima la violenza carnale ; con mitezza la bestemmia, perchè la pena pecunaria è assai tenue, e solo si fa luogo alla pena corporale in mancanza di pagamento della multa. Ma il punto più degno di considerazione sono i principii generali scritti nel cap. 54 del lib. II. Ogni delitto può essere seguito dalla pace tra le parti, e questa pace seriamente fatta per pubblico istrumento fa cessare la procedura, tranne per la quarta parte del banno dovuta. alla curia: « De quolibet maleficio potest fieri pax inter partes » , ed essa ha effetto di troncare il procedimento, quando non sia fatta «< fictitie ad decemptionem curie causa pene maleficii evitande » . L'altro principio è , che « nullum malificium potest probari per publicam famam, nisi probaretur legitimis probationibus » . Certo, i più elementari precetti del gius insegnano, che la pubblica fama non può fornire la prova di un reato, ma chi conosce la nostra legislazione statutaria sa, come per molti reati talvolta si assumesse per prova la voce pubblica, e bisogna quindi tener conto della dichiarazione degli statutari todini, che tale arbitrario sistema vollero abrogato per qualunque malefizio. Dove risplende poi la prudenza dei nostri legislatori si è nelle materie di polizia, sulle quali non spiacerà al lettore che io mi trattenga alquanto. 16. III. Pubblica amministrazione interna. Le più importanti disposizioni sanitarie riguardano : a) l'igiene delle vie ; b) l'igiene delle bevande e degli ali- (1) Stat. , lib. I , 66. « Quicumque occasione ignis vel alia occasione tum aliquid astulerit et sequenti die non restituerit vel emendaverit, in L lib. puniatur et plus arbitrio potestatis, et rem accemptam restituat, et in duplum emendet, ecc. ». LO STATUTO DI TODI 365 menti ; c) i provvedimenti per le malattie dell'uomo e degli animali. a) Igiene delle vie. Detto della cura, che deve aversi della piazza di S. Fortunato (I, 59), dove sorgeva la Chiesa maggiore, si fa rigorosa proibizione ai tavernieri e a qualunque persona di gettare nelle vie « aliquam turpitudinem vel lixaturam carnium, etc. » . Si noti poi che è interdetto. il gettito non solo di quelle materie, ma anche dell'acqua : << et nullus debeat prohicere aquam in viis publicis et vicinalibus » . Di più non poteva certamente disporsi per ottenere la massima nettezza delle vie. E se le leggi mirassero a conseguire questo fine così essenziale al mantenimento delle buone condizioni igieniche de' luoghi abitati, lo dimostra la gravità della pena comminata alle contravvenzioni. Essa era di XX sol. , la qual somma, relativamente ai tempi, superava di gran lunga le pene tenuissime ed insignificanti contenute nei moderni regolamenti per l'igiene ( 1 ) . Nello stesso modo resta assolutamente proibito prohicere aliquod animal mortuum mangnum sive parvum in platea comunis vel in aliqua civitatis tuderti. Item quilibet habens viam iuxta vias civitatis tuderti et habitans iuxta ipsas vias et specialiter tempore pluvie venientis, teneatur habere tragulum et cum ipso purgare debeat ipsas vias » . Nemmeno è lecito raccogliere dinanzi alle case le immondezze, nè fare ingombro nelle vie, tranne per causa di edificazione, nè giuocare alla quintana o bersaglio, o in altro modo pericoloso per i passanti e atto ad impedire la libera circolazione per la città. « All'effetto poi che tali disposizioni sieno osservate, è dato obbligo, sotto pena di X sol. , al podestà di inviare omni die dominico qualcuno della sua famiglia ad una minuta ispezione di tutte le vie mattonate, coll' ingiunzione di denun- ( 1 ) Stat. , lib. II , 1 . 366 0. SCALVANTI ziare i contravventori, i quali sono del pari severamente puniti. - b) Igiene delle bevande e degli alimenti. Rispetto alle fonti è prescritto che il podestà, entro il primo mese del suo reggimento, chiami a sè i capi maestri muratori, e tenga consiglio con essi per il buon regime delle acque potabili, di guisa che sieno ben condotte, e niuno possa attingere acqua se non dalla fonte. Ogni famiglia poi « in quorum domibus sunt conducti aque, que tendit et fluit versus fontem » deve giurare di non impedire che l'acqua libere fluat per ipsos conductos. Del pari debbono essere chiusi gli acquai, che fluiscono verso il fonte. Spetta al podestà di vigilare sull'osservanza di tali precetti, ed è sua la cura di far purgare e riattare i condotti delle acque, e perciò ogni mese uno de' suoi giudici, insieme al maestro muratore, deve recarsi a fare un' ispezione sullo stato delle condutture, e contestare le contravvenzioni a coloro, che vi fossero incorsi. È vietato poi lavare nella fonte pubblica, la quale, a cura dei camerari del Comune, deve esser fatta purgare quattro volte in ciascun anno. E poichè d'acqua sorgiva era difetto, si vollero raccogliere le acque piovane in cisterna ; su di che vennero emanate molte disposizioni. Si prescrive infatti la costruzione di condotti, e, questi costruiti, si fa precetto che nessuno osi con fori o rotture od ostacoli di qualunque maniera trattenere, disperdere o derivare le acque per uso proprio ; e, in caso si facesse, si dà obbligo al podestà di ripararvi sine dilatione et quam citius fieri potest. Queste cisterne debbono rimanere chiuse in tutta la stagione invernale dalla festa di S. Angelo in settembre fino alle calende di giugno « nec per potestatem, nec per aliquem de sua familia possit auferri aqua de dictis cisternis tempore verno, et si fieri fecit potestas vel aliquis de sua familia in predictis vel aliquod (sic) predictorum perdat de suo salario X lib. » . Le cisterne e gli acquedotti sono tre volte all' anno visitati per vedere quali miglioramenti possano introdurvisi ; LO STATUTO DI TODI 367 in ogni mese poi deve esser fatta << inquisitionem si aliqua turpitudo fieret in dictis cisternis de die vel de nocte » (II, 82) . E poichè si aveva chiarissima l'idea che le sostanze organiche in putrefazione potevano inquinare le acque, così é proibito di uccidere animali o abbruciarli in vicinanza dei pozzi (I, 53) . Circa gli alimenti si trova la proibizione di vendere carni di animali morti da sè, e la contravvenzione è gravemente punita. È pure vietato di uccidere gli animali nel luogo di vendita delle carni (II, 134) . Minute sono le disposizioni indirizzate a guarentire la buona qualità del pane, su di che è ufficio del podestà, nel primo mese del suo regime, di far prestare ai fornai il giuramento di procedere alla panificazione sine malitia et fraude. Restava poi severamente proibito di cuocere panem cum ossa olivarum, e di porne in vendita del guasto. E per render possibile un'attiva sorveglianza su questo cibo di prima necessità, si interdice ai fornai di venderlo nelle loro case, poichè il solo luogo di vendita deve essere la piazza del mercato pubblico ( I , 87) . c) Malattie degli uomini e degli animali. — Anzitutto lo statuto prescrive, che ci sia un buon medico comunale, e la ricerca di esso spetta al podestà ( 1 ), come spetta al consiglio l'assegnamento del relativo salario. Doveva poi vigilarsi sulle malattie, che dominavano e « si aliqua persona denuntiata fuerit potestati, quod aliquis infectus vel infecta, teneatur potestas eum facere videri per duos medicos, et si iudicatum fuerit per illos, istum vel illos esse infectos vel infectam, expellatur de civitate et mittantur ad hospitale leprosorum, et idem fiat in castris et in villis comitatus tuderti » (II, 89) . Dal quale testo si rileva che quel medico eletto dal podestà era veramente un sanitario comunale, imperocchè altri ve ne (1 ) Item statuimus quod potestas teneatur precise habere et inquirere de uno bono medico habendo pro communi tuderti , et de salario dando ipsi medico per communem tuderti, remaneat arbitrio consilii » ( II, 136) . 368 0. SCALVANTI fossero nella città di Todi ; e che i colpiti da malattie infettive venivano allontanati e posti fuori della città in un ospedale apposito. Nè penso io che lo statuto per infecti intendesse solo gl'individui presi dalla lebbra, giacchè essendo quello un morbo con caratteri esteriori visibilissimi non vi sarebbe stato motivo di sottoporre l'ammalato alla visita di due medici. Notevole è poi, che anche il contado venne sottoposto alla medesima vigilanza, adonta che in esso non si avesse una popolazione molto agglomerata, come nella città. Lo statuto prescrive inoltre, che chiunque abbia un animale infermo, de quo dubitaretur ne alia animalia infirmarentur vel egrotarentur, non lo conduca ai pubblici abbeveratoi ; e, non appena morto, lo faccia trasportare fuori della città, sub pena XX sol. (II, 42) . Queste non sono le sole disposizioni in materia di igiene. Ora, se si pensa quanto operarono i governi municipali per la salubrità pubblica in un tempo, in cui la medicina era guidata più da osservazioni empiriche, che da raziocinio scientifico fondato sull'esperienza, è da stupire che oggi, con tanto progresso della scienza medica, si vadano cosi lentamente e con tanta esitazione applicando le regole della pubblica igiene. Non certo gli ordinamenti si dovrebbero attingere agli statuti comunali, ma bensì l'energia, colla quale si sperimentavano tutti i mezzi intesi al pubblico bene e alla pubblica incolumità. 17. Lo statuto poi si prende cura dell' amministrazione edilizia ordinando, che chi vuole edificare un muro o casa su via pubblica o vicinale, deve prima farne denunzia al podestà, e questi è tenuto a recarsi o mandare al luogo indicatogli << et studere ita quod ius comunis non pereat vel ammittatur, et via non destruatur nec restringatur Pel caso vi potessero nascere legittime opposizioni di terzi, il podestà doveva di ogni proposto lavoro in muratura far bando per la città et in die sabbati in mercato (II, 122) . Ottime sono le disposizioni sul buon regime delle acque, LO STATUTO DI TODI 369 sia rispetto al divieto di impedire il loro libero deflusso, sia rispetto all'obbligo di purgare i corsi d'acqua. I lavoratori delle terre son tenuti a remondare formas et in culto tenere ( 1 ) . Qua e là si incontrano misure di protezione per gli scambi commerciali ; e ora si prescrive, come altrove vedemmo, che la proibizione di far malleveria a favore di forensi o di obbligarsi con loro in qualsivoglia maniera non si estenda ai commercianti (2) ; ora si sottraggono le persone e le robe dei mercatanti ai pericoli e danni delle rappresaglie (3) ; e ora, a proteggere la industria della macinazione dei cereali, si sanciscono regole attinte ai principii della più rigorosa giustizia (4). Il legislatore attende ancora all' incremento dell' agricoltura, e perciò vuole che il giudice straordinario vigili e costringa tutti i lavoratori delle terre, vigne, ecc. alle opere richieste dai relativi contratti di locazione e conduzione (5). All' effetto che i danni alle terre sieno tosto riparati lo statuto accorda per questo genere di controversie una proce dura assai spedita, e vuole che la persona, la quale ha inferto il danno lo emendi integre e dia bonum fideiussorem de dampno emendando (6). Rispetto ai danni cagionati dagli animali lo statuto, per accordare la massima protezione all'agricoltura, dà facoltà al proprietario o coltivatore delle terre dan- (1) Stat. , lib. I, 81. Vedi nello stesso libro anche il cap . 58. ( 2) Stat. , lib. II, 30, e quanto abbiamo osservato in proposito al § 6. (3) Stat. , lib. II, 43. (4) Item statuimus ... quod si quis habet possessiones aliquas ab utraque parte alicuius fluminis sive fossati vel cursus aquarum, quod liceat ei auctoritate propria sine pena stangnum facere, arbores plantare, et omne concimen facere ad suam voluntatem, dum modo non ledat aliquam specialem personam. Et quod nulla persona possit aliquod hedificium facere in aliqua ex aquis comitatus tuderti sive flumine, quod possit facere preiudicium alicui molendino supra ipsum vel infra ipsum positum. Et ( si ) hedificium aliquod factum fuerit sive stangnum vel aliqua para, cuius de causa cursus aque alicuius molendini supra vel infra ponita impediretur, illud facere destrui et reduci cursum aque in statum antiqum, et si quis contrafecerit puniatur arbitrio potestatis, et quod aqua debeat terminari ad petitionem petentis » ( I , 93) . (5) Lib. I, 13. (6) Stat. , lib. II , 55. 23 370 0. SCALVANTI • neggiate di uccidere gli animali, che quel danno cagionassero : Et si quis occiderit porcos vel pullos gallinacios in suo dampno penam nullam patiatur, si redat porcum mortuum illi cuius est » . Ma non basta, chè è anco permesso al danneggiato << guastatores moderate verberare, quos invenerit in suo dampno vel furto sine pena, et etiam possit depredare bestias et auferre eas sine pena »> (1 ). Al pari di molti altri statuti, quello di Todi accorda efficace protezione ai lavoratori colpiti da qualsiasi danno (I, 14) . 18. Non mancano poi alcune disposizioni contro il lusso dei conviti e delle nozze, rispetto alle quali parmi si cadesse, come spesso avveniva, in ridicole esagerazioni (2). Della beneficenza si occupa lo statuto a proposito dell'ospedale della carità, posto alla dipendenza del Comune. Infatti, sebbene vi sieno gli oblati e i familiares, questi debbono prestare obbedienza al precettore o rettore eletto dal Comune, e la cui autorità deve essere cosi rispettata, che chi l'offendesse sarebbe severamente punito arbitrio potestatis. Tuttavia, non volendo lo statuto affidare interamente quell' istituzione di be- ( 1) Stat. , lib. II, 56. È notevole poi la parte del testo, che qui si trascrive : « Et domini silvarum et custos conservientes ipsorum et laboratores terrarum, vinearum, silvarum, cannetorum , salcetorum et ortorum possint auferre et auferri facere in silvis et salcetis incidentibus et in vineis et ortis et blado et arboribus dantibus dampnum pingnus auferre et bestias dampnum dantes auferre et ducere et retinere, et curia puniat dominos ipsarum bestiarum in XX sol si querimonia inde fuerit et dampnum emendet secundum predictum modum et dicta pingnora et alia ablata possit retinere, quo usque fuerit sibi de dampno integre satisfactum, quod receperit, et mandecaturam ipsarum quam iacuerint et stetur iuramento bestias auferentis vel occidentis, et denuntietur illis, quorum sunt bestie ablate. Et in condempnationibus facientibus pro dictis guastis dictis sufficiat dicta probatio usque in XX sol. , ecc. ». (2) Item nullus de civitate tuderti det vel dari promittat marito filio vel nepoti vel alteri persone pro ea recipienti, nisi unum lectum et unam mutaturam pannorum lini, et qui contrafecerit et quotiens in X lib. puniatur, de quibus medietatem habeat accusator et dicta promissio non valeat, et hoc vindicet sibi locum in preterito ed in futuro, et vadat sponsa pedes tantum, ad quam sponsam possint ire iiij domine et non plures ex parte viri et quicumque contrafecerit solvat nomine pene X lib. de quibus medietatem habeat accusator, et hoc locum habeat in civitate deducendo sponsa, nisi iret sponsa in comitatu vel veniret de comitatu, et hoc potestas faciat banniri per civitatem infra unum mensem post initium sui regimnis » ( Stat. , lib. I, 71). Vedi anche il cap. 97 dello stesso libro I. LO STATUTO DI TODI 371 neficenza alle cure del precettore, sebbene scelto dal Comune, prescrive che il podestà e tutti i giudici abbiano l'obbligo di difendere e di procacciare il mantenimento dei beni dell'opera pia ; che il podestà debba far compilare gl' inventari ; e che le convenzioni riguardanti gl' immobili dell' ospedale, tranne il contractus laboricij che non ecceda la durata di tre anni, non si possano stipulare sine consensu et voluntate comunis e senza un'inchiesta del podestà. Finalmente, a riguardo della destinazione umanitaria dei beni stessi, è statuito che qualunque autore di danni sui medesimi « condempnetur in duplum pene contempte in statuto » ( 1) . 19. Con questi cenni io credo aver dato ai lettori un ragguaglio assai esatto dello statuto tudertino del 1275, il quale, per essere una scrittura del secolo XIII, ha particolare importanza per gli studiosi. Infatti, bene a ragione l'illustre Schupfer nella lettera al Pensi ( 2) scrive, che a lui piacciono «< i vecchi monumenti più ancora di quelli di tempi meno remoti, perchè rispecchiano meglio le condizioni sociali e cercano di adattarvisi » . Certo le native fattezze delle società comunali del medio evo non sono del tutto perdute anco negli statuti del secolo XIV ; ma, per ciò che si riferisce alla parte strettamente giuridica , i più antichi sono di un valore incomparabile rispetto ai più recenti, perchè << quanto più si avanza, e tanto più la fisonomia particolare del Comune si perde, specie in ordine al diritto, sotto l'influsso della scuola e della giurisprudenza, che non vedono altra salvezza che nel diritto romano » . « È per questa considerazione, che a me parve utile intrattenermi sulle reliquie del gius romano nello statuto di Todi. Qualcuno de'miei leggitori avrà forse giudicato altrimenti, fino ad accusarmi di aver confermato ciò che di conferma non aveva mestieri, e cioè che l'jus, cui si rife- (1 ) Stat. , lib . II, 108 e 109. Leggi inoltre il cap. 104 del lib . I. (2) Statuto di Todi del 1275, con lettera di Schupfer. - Todi, 1897. 372 O. SCALVANTI rivano gli statuti, altro non era che il diritto di Roma. Questa è verità inconcussa, e riuscirebbe ozioso il parlarne a proposito degli statuti del XIV e XV secolo, quando l'autorità del diritto romano e più quella de' suoi interpreti fu tanta da superare ogni ostacolo e da imperare sovrana nel foro. Ma è tutt'altro che priva di utilità scientifica, penso io, la ricerca della tradizione romana, che dall'oscillante, oscura e guasta consuetudine riuscì a penetrare nelle prime leggi scritte, e la investigazione dei modi, coi quali le società comunali si andarono adattando i principii della romana sapienza. Siffatte investigazioni e ricerche, nel tempo in cui, a dirla con Schupfer, la battaglia era ancor viva, possono guidarci a scoprire la lenta evoluzione dell'antico gius, e svelarci il segreto della sua permanenza tra le genti latine, e della sua pratica elaborazione, che dovette precedere quella scientifica de' glossatori e degl' interpreti. Ora, gli statuti della seconda metà del secolo XIII, come quelli che in gran parte raccol gono il frutto di precedenti compilazioni, servono mirabilmente a quegli scopi, che sono da porre tra i più degni di studio nelle dottrine storico- giuridiche. Perugia, maggio del 1897. X Prof. OSCAR SCALVANTI. 373 DOCUMENTI SPOGLI dell' Archivio Notarile Distrettuale di Perugia In tenui labor. Occupandomi da circa tre anni, nell' archivio notarile distrettuale della città, alla ricerca di notizie, intorno all' introduzione della stampa in Perugia nel secolo XV, volle caso che m'imbattessi nell' indicazione di molti rogiti, contenenti atti, che si riferivano ad artisti perugini ed umbri. Questi mi venne vaghezza di trascrivere, ritornando agli antichi studii, fatti in età giovanile coll'amico Frizzoni, sotto la guida di quel dotto ed intelligentissimo uomo, che fu il compianto senatore Giovanni Morelli di Bergamo, e che in materia d'arte ebbe sentimento tanto fine e giudizio rettissimo. Presento ora un primo mazzo di 10 documenti del secolo XV e XVI che si riferiscono ai supposti maestri di Pietro Perugino e che non furono stampati dal Rossi (Giornale d'E rudizione artistica, Perugia, Tip. Boncompagni 1872-77, volumi 6, in 8° grande) , e che non si trovano nè nelle varie edizioni del Vasari, nè nelle vite del Vannucci, scritte dall'Orsini ( Perugia, Tip. Baduel, 1804, in 8 ° ) e dal Mezzanotte (Perugia, Tip. Bartelli, 1836, in 8°) ; e di taluni dei quali soltanto si fa cenno nelle eruditissime Lettere Pittoriche Perugine di Annibale Mariotti ( Perugia, 1788 per le stampe Badueliane, in 8°) che sono uno dei più pregievoli scritti di questo valente storiografo perugino. 374 L. MANZONI Al presente primo spoglio mi propongo di farne seguire altri nei venturi numeri di questo Bollettino, pubblicando i documenti, che si riferiscono a Pietro e ai suoi scolari, e che si rinvengono nei rogiti di detto archivio. Vogliano gli studiosi far buon occhio a queste povere fatiche, le quali mi fu dato compiere mercè la cortesia del dottor Giuseppe Antonini solerte conservatore di esso archivio, e ne traggano frutti per opere degne di lode. Perugia, 15 aprile 1897. LUIGI MANZONI. I. Pittori Perugini e Umbri (BONFIGLI BENEDETTO e FIORENZO DI LORENZO). BONFIGLI BENEDETTO. I. 1445 , Marzo 7. rog. Pietro Paolo di Nuto. Die vij dicti mensis martij actum in audientia episcopali perusina presentibus Joanne Tomaxini Crevelli de Perusio porte s . Angeli et par. s. Marie de Viridario et Vestro Ioannis Andree de castro s. Martini in Campo comitatus Perusij testibus ad infrascripta vocatis, habitis et rogatis. Benedictus Bonfigli pictor de Perusio porte et par. s . Petri ex una parte et Paulus Angeli Ceccoli de villa s . Cristophori de Piscille comitatus Perusie porte s . Petri parte ex altera compromiserunt et compromissum fecerunt in providum virum Gratiosum Pauli Cerchi alias de Casantella de Perusio camerarium artis pictorum porte s . Suxanne presentem et aceptantem tanquam in eorum arbitrum in de et supra pictura cujusdam ymaginis gloriose Virginis cum duobus angelis iuxta altare foris stans in ecclesia s . Petri . Cui dederunt plenam licentiam SPOGLI, ECC. 375 et liberam potestatem eligendi unum aut plures magistros et examinandi et debitam mercedem declarandi. Cuius declarationi stare et acquiescere promiserunt renunciantes. Etc. II. - 1469, 5 Decembre. rog. Francesco di Giacomo. Eisdem millesimo Indictione et pontificatu , die quinto decembris actum Perusi in palatio magnificorum dominorum priorum in camera notarii presentibus domino Stefano Guiduccio cancellario comunis Perusii de Perusio porte s . Angeli et Joanne Bartolomei Ciabacche de Perusio porte S. Petri testibus rogatis. Cum hoc sit assertione infrascriptarum partium quod sub millesimo cecelviiij die xxj decembris per consilium magnificorum dominorum priorum et camerariorum fuerit salubriter provisum pro augmento artis sirici quod de pecuniis comunis Perusii mutuetur et mutuare deberetur Bartolomeo Gregorii ser Honofrii de Perusio florenos milleducentos ad rationem nonaginta solidorum pro quolibet flor. quos flor. idem Bartolomeus teneatur restituere in certis terminis prout in lege edita manu ser Bartolomei Raynaldi latius dicitur contineri. Qui Bartolomeus una cum Francisco et Mariotto suis germanis manu eiusdem ser Bartolomei se in solidum obligaverint restituere dictas pecunias in certis terminis nec non prestiterint in fideiussores Bartolomeum Andree Pascutii Benedictum Vici Baldi et Constantium Angeli Paulutii qui pro rata promiserunt solvere dictam quantitatem in terminis in instrumento contentis et ex dictis pecuniis . Idem Bartolomeus a comuni perusii habuit et consecutus fuit flor . sexcentos ad dictam rationem et demum de dicta summa idem Bartolomeus satisfecit comuni Perusii flor. centum et sic idem Bartolomeus restat debitor comuni Perusi in quantitate quingentorum flor. ad dictam rationem et in presentiarum per magnificos dominos priores et consilium camerariorum fuerit bis provisum et determinatum volentes operam dare quod capella palatii magnificorum dominorum priorum pingatur et ad debitum finem deducatur quod dicto Benedicto nomen debitoris dicti Bartolomei assignetur et pro rata sui crediti . Dopo di che si passa ad indicare la somma da pagarsi al Bonfigli : Idcircho dicti Bartolomeus et Franciscus, nec non Anibal eorum germanus et filii olim Gregorij ser Honofrii da Perusio porte Solis ipsi et quilibet ipsorum in solidum per eos et eorum heredes obligando se ipsos 376 L. MANZONI et omnia et singula eorum bona mobilia et inmobilia presentia et futura pro observatione infrascriptorum promiserunt et convenerunt eidem magistro Benedicto Bonfigli de Perusio porte S. Petri presenti , stipulanti et recipienti pro se et suis heredibus et cui infrascripta concesserit vel concedere voluerit dictam quantitatem trecentorum septuaginta flor. ad dictam rationem xxxvj . bolon . dare, solvere et numerare. III. — 1477, 1 Luglio. rog. Francesco di Jacopo. Eisdem millesimo Indictione pontificatu die primo iulij actum Perusij in audentia artis pannorum lane presentibus Raynaldo Francisci magistri Jacobi de Perusio porte heburnee et ser Priamo ser Angeli de Perusio porte s . Angeli testibus ad infrascripta habitis, vocatis et rogatis. Magister Benedictus Bonfigli de Perusio porte S. Petri pictor per se et suos heredes obligando se et omnia et singula ejus bona mobilia et inmobilia presentia et futura pro observatione infrascriptorum fecit finem refutationem, quietationem, absolutionem liberationem et pactum de ulterius non petendo Bartolomeo Gregorii quondam Honofrii de Perusio porte Solis presenti stipulanti et recipienti pro se et suis heredibus et cui jus suum concesserit seu concedere voluerit de florenis centumoctuaginta ad rationem xxxvj bolon. pro quolibet flor. dicto magistro Benedicto debitis virtute publice ipsius promissionis facte per dictum Bartolomeum , Franciscum et Anibalem ejus fratres prout de dicto instrumento plene patet manu mei notarij infrascripti celebrato sub m. cccclxviiij die quinto decembris. Et hoc fecit pro eo quia fuit confessus et contentus dictos clxxx a dicto Bartolomeo habuisse et recepisse in pluribus , variis, diversis partitis et vicibus usque in hodiernum diem prout idem magister Benedictus affirmavit patere in quodam suo bastardello scripto manu dicti Bartolomei existente penes ipsum magistrum Benedictum. Etc. IV. 1483 , 10 e 24 Decembre. tolomeo. — rog. Girolamo di BarNell'archivio del tribunale della città si conserva una ricca raccolta di processi, e mercè la gentilezza del signor cancelliere Pimpinelli ho potuto rinvenire il processo riferentesi a donna Gioliva, moglie del Bonfigli. Sulla coperta del processo sta scritto : « Benedictus Bonfili de Perusia contra Iolivam SPOGLI, ECC . 377 Menicutii ejus uxorem » . Il processo è in data delli 10 decembre 1483, e la sentenza è in data delli 24 dello stesso mese, e la pronunciarono i massari del comune << Thomas Massei porte s. Suxanne et Cristoforus ser Ioannis porte heburnee » condannando « predictam dominam Giolivam dapnis expensis et interessis » . L'atto è per mano di pubblico notaio, che si sottoscrive « Ego Hieronimus q. Bartolomei publ. imper. auctoritate notarius » . Di tal atto fa ricordo il Mariotti nelle citate Lettere. V. 1492, 14 Decembre. rog. Mariotto Calcina. Die veneris xiiij decembris actum in domibus hospitalis sancte Marie de Misericordia presentibus Costantio Johann's et Andrea Baptista alias de Banoia porte s . Angeli , etc. Cum prout infrascripte partes asseruerunt quod magister Benedictus Bonfigli de Perusii porte s . Petri fuerit et sit creditor Barnabei Putij Teti ( ?) de villa s. Felitiani comitatus porte Solis in quantitate xxti mediolenorum olei dulcis pro coptumo virtute publici instrumenti manu ser Mathei Nardi et viginti librarum olei ultra dicta xxti mediolena olei et in solidis nonaginta duobus pro expensis qui Barnabeus fuit ad instantiam dicti magistri Benedicti in carceribus detentus et in presentiarum Antonius Filippo alias Pippo de castro montis habatis comitatus perusini porte Solis sequiriverit ser Franciscum domini Iacobi de Perusia ut sibi placeret dictas quantitates olei et pecuniarum tradere et consegnare ac solvere promittere. Volensque dictus ser Franciscus votis dicti Antonii annuere per se et suos heredes obligando se etc. promisit et convenit dicto magistro Benedicto etc. dictos viginti mediolenos olei dulcis et libras viginti et solidos viginti duos dare et solvere, tradere . Etc. VI. 1495, 11 Marzo. rog. Mariotto Calcina. Eisdem millesimo Indictione pontificatu et die xi martij . Actum in audientia artis lane civitatis Perusie presentibus Bartholomeo Joannis Biancati porte s . Suxanne par. s . Audree habitatore porte s . Petri, par. s. Stephani et Pero Joannis Masey porte Eburnee par. s. Savini testibus ad infrascripta vocatis, habitis et rogatis. Benedictus Bonfigli porte s . Petri et par. s . Stephani per se et suos heredes obligando se et omnia eius bona mobilia et inmobilia presentia 378 L. MANZONI et futura pro observatione omnium infrascriptorum fecit finem refutationem quietationem liberationem et pactum de ulterius aliquid non petendo Antonio Pippi de castro montis Abatis tamquam presenti et mihi Mariotto Joannis notario tamquam publice et autentice persone stipulanti et recipienti pro dicto Antonio suisque heredibus de viginti mediolenis et viginti libris olei dulcis pulpe solidis nonaginta duobus pro expensis eidem Benedicto debitis virtute istrumenti promissionis et fideiussionis facte predicto Antonio et in favorem dicti Antonii et in eius utilitatem et commodum dicto Benedicto per ser Francisum domini Jacobi fideiussorem olim dicti Antonii vel eius fideiussoris manu Mariotti notari. VII. . 1496, 6 Luglio. rog. Bartolomeo di Mariotto. Il Mariotti a pag. 136 delle sue Lettere Pittoriche dice che a rogito di questo notaio sotto tal anno e data il Bonfigli fece testamento, e questo ripete alla pag. 141 , aggiungendo che lasciò erede delle sue sostanze il convento di S. Domenico, volendo esser sepolto << in introitu porte dicte ecclesie, que dicitur la Porta del Castellaro » . Questo testamento è stato da me cercato invano, per cui riporto qui la particola di esso testamento stampata dal Mariotti (pag. 136, nota 2 ), in cui è detto che lascia una somma pel compimento della cappella nel palazzo dei Priori. « Item judicavit, etc. Quod Bartolomeus Gregorii de Perusio debeat perficere seu perfici facere capellam Palatii magnificorum, Dominorum Priorum, Civitatis Perusii, quam dictus Bartolomeus eccepit perficiendam ab ipso testatore per tempus unius anni proximi futuri. Et quod perfecta dicta capella debeat eidem Bartolomeo, etc. » . La qual somma sarebbe di fiorini 180. Questo documento si collega a quelli riportati ai numeri II, III. VIII. 1502 , 24 Agosto. rog. Giovan Francesco di Pietro . Particella del testamento di donna Gioliva moglie di Benedetto Bonfigli, da cui appare che esso alli 24 agosto del 1502 era defunto. SPOGLI, ECC. 379 Eisdem millesimo Indictione pontificatu et die xxiiij mensis augusti actum Perusii in ecclesia s . Marie Angelorum de Perusio sita extra et prope duas portas civitatis Perusii, porte s . Petri infra suos confines presentibus domino Mariotto Gasparis de Boncambiis porte Eburnee, domino Ybo Alberto Bonifatij de Coppolis porte ș . Angeli civibus perusinis, fratre Francisco quondam Antonii de Venetiis priore infrascripti conventus, fratre Bartolomeo quondam Bartolomei da Bergamo, fratre Iohane Pero quondam Augustini de Bergamo, fratre Laurentio quondam Iacobi de Venetiis et fratre Martiale quondam Thome de Pedemontium fratribus et canonicis commorantibus in dicta ecclesia sancte Marie Angelorum de Perusio testibus ad infrascripta ab infrascripta testatrice vocatis, habitis et rogatis. Domina Gioliva uxor quondam Benedicti Bonfigli pictoris de Perusio porte s. Petri pár. s. Stefani Dei gratia sana mente et intellectu et in bona et recta scientia constituta licet senex et aliquantulum dogliosa timens casum mortis nolens intestata decedere ne post ejus mortem inter aliquos de suis bonis aliqua valeat exoriri discordia hoc presens testamentum nuncupativum quod dicitur sine scriptis in hunc modun facere procuravit et fecit videlicet. Da quest' atto si rileva che essa era ricca per gli abbondanti legati fatti, e che abitava nel convento di Monna Simona, lasciando ad una sorella fiorini 15 per fare un paramento per la chiesa del convento stesso ; e cosi pure apparisce che il suo primo marito chiamavasi Pietro o Petrino, lasciando essa 15 fiorini « domine Honeste uxori olim Nicolai aurificis de Perusio pro anima Petrini sui primi mariti dicte testatricis » . FIORENZO DI LORENZO. IX. 1472, 9 Decembre. rog. Francesco di Jacopo . Eisdem millesimo Indictione et pontificatu die nono decembris actum Perusii in palatio magnificorum dominorum priorum in camera notarii presentibus Ludovico ser Antonii de Perusio porte Eburnee carpentario et Marco Nicolai Nai de Perusio porte s. Suxane testibus habitis rogatis. Venerabilis et religiosus vir frater Grisogonus Autonii de Firmo viceprior sindicus et procurator fratrum capituli et conventus sancte Marie Nove ordinis Silvestrinorum de cuius mandato patere dixit manu 380 L. MANZONI ser Nicolai Angeli de Perusio publici notarii obligando omnia et singula bona dictorum fratrum capituli et conventus presentia et futura pro observatione infrascriptorum dedit, cessit , et concessit magistro Florentio Laurentii de Perusio pictori porte s . Suxanne presenti, stipulanti et recipienti pro se et suis heredibus et cui ius suum concesserit seu concedere voluerit ad pingendam tabulam jam de lignamine factam ponendam in altari s . Marie Nove porte Solis pro pretio pactis capitulis et conventionibus ac modis anotandis in cedula dicti laborerii de qua in fine presentis scripture de verbo ad verbum erit tenor insertus. Et hoc fecit pro eo quia dictus magister Florentius per se et suos heredes obligando se et omnia et singula eius bona mobilia et inmobilia, presentia et futura pro observatione infrascriptorum, promisit et convenit prefato fratri Grisogono presenti stipulanti recipienti pro dictis. fratribus, capitulo et conventu et cui jura ipsorum concesserint seu concedere voluerint dictam tabulam pingere modis et formis in dicta cedula et infra annotaudis contentis ad usum boni et legalis magistri. Etc. Seguono altre clausole di garanzie reciproche tra le due parti, e poscia viene la cedola che trascrivo letteralmente : Cedola. Tenor vero cedule , de qua supra fit mentio est infrascriptus et sequitur. In Dei nomine amen. mcccclxxij die vero nono Decembris. Qui desocto in questo folglio io frate Grisogono da Firmo vece priore de la chiesia et convento de sancta Maria Nuova porta Soli de Peroscia et sindico et procuratore de essa de volontà et consentimento del capitolo et frati de la dicta chiesia insiemo congregati fo mentione como qui desocto appare per li infrascripti capituli . Como daremo a lavorare et pignere et mectere ad oro la nostra tavola de lo altare grande de la dicta chiesia a mastro Fiorenzo de Lorenzo de porta Sansanne parocchia de sancto Stefano citadino peruscino per non contrafare a la lege facta per li magnifici signori priori et Camerlenghi de la dicta cità ad uso de buono et fedele maestro li quali capituli sono questi vedelicet. Em prima che el dicto mastro Fiorenzo se obliga conservare senza dampno et lavorare la dicta tavola ad uso de buono et fedele maestro. E pui che el dicto mastro Fiorenzo se obliga mectere tutti li campi, folgliame et cornice de la dicta tavula ad oro fino et le figure et le altre SPOGLI, ECC. 381 cose de azzuro oltra marino fino et questo secondo a le figure se verrà. conEt che el dicto mastro Fiorenzo volemo faccia ne lo scabello de essa tavula in mezzo de essa la passione co la sua istoria de là et de qua e dall'altro lato sancto Benedetto cola sua istoria da li suoi lati et da canto l'arme del comuno de Peroscia. Item volemo che el dicto faccia in quello quadro luochi che stanno dacanto le finestre che se vede el corpo di Cristo li quactro evangeliste doi per lato. Item volemo le cinque figure grande de uno lato l'assunzione de Maria, appresso lei sancto Pietro, et sancto Pavolo, sancto Benedetto et beato Silvestro nostro. Item dall'altro lato le cinque figure grande volemo Maria colo figliuolo in braccio, a presso lei San Girolamo et sancto Ambrogio, poi sancto Nicolò et beato Paolino. Item ne li pileri che sonno dodece spatii ce volemo li xij apostoli. Item ne li nove tabernacoli in cima de la tavola in quello di mezzo da omne lato faccia Dio Padre, ne li quatro, da uno lato sancto Stefano, sancto Lorenzo, sancto Sebastiano et sancto Antonio, et dali altri quatro volemo faccia sancta Caterina, sancta Lucia, sancta Margherita et sancta Scolasticha. Et in altri luoghi de avanzi che qui non sia facta mentione volemo sancto Augustino, sancto Domenicho , sancto Francesco et sancto Bernardino. Item che non volemo ce possa stregnere a trovare denare nè fare pagamento più che noi voliamo . Item che el dicto mastro Fiorenzo se obligha a fare tucte queste sopradecte cose ut supra per prezzo de doicentovintacinque ducate d'oro. Et perchè de sopra c' è uno capitolo che el dicto mastro Fiorenzo non ce possa stregnere al pagamento de li dicti doicentovintacinque ducati più che noi voliamo e non seria ragionevole che elglie fosse costrecto al pegnere se non per le rate de li denare quale esso averà, volemo et semo d'accordo che noi non podiamo stregnere nè molestare el dicto mastro Fiorenzo a la pentura de la dicta tavola se non per la rata de li denari che averà. Et el pegnere de la dicta tavola da quello in su sia in d'ebito desso mastro Fiorenzo. Questo documento è ricordato dal Mariotti, Lettere Perugine. X. 1501, 10 Maggio. - rog. Giovan Francesco di Pietro. Eisdem millesimo Indictione pontificatu et die x mensis maii actum Perusii in domo Martini Vincentii Mateoli Bey de Perusio sita in porta 382 L. MANZONI S. Petri et par. S. Marie de colle infra suos confines presentibus Mariano Luce Simonis Cecchetti de Perusio porte s . Petri, et paroc. s. Petri , et Gnangne Antonii dicto Fornaiolo de Perusio dicte porte et par. s . Marie de colle testibus ad hec vocatis, habitis et rogatis. Petrus et Filippus filii quondam Paulini Petri de Perusio porte s . Suxanne et par. s . Luce per eos et eorum heredes obligando se ipsos et omnia ipsorum bona presentia et futura pro observatione omnium et singulorum infrascriptorum dederunt vendiderunt cesserunt et concesserunt Florentio Laurentii pictori de Perusio porte s . Suxanne et par. s. Nicolai presenti, stipulanti et recipienti pro se et suis heredibus et cui ius suum concesserit seu concedere voluerit unam eminam ad perticham et mensuram comunis Perusii unius petie terre arate et arborate pro indiviso cum residuo cum dictis venditoribus site in pertinentiis castri sancti Blaxii de valle in vocabulo Colcello fines totius ab uno heredes domini Petri de Ubaldis de Perusio ab altero . Etc. Seguono altre modalità del contratto e l'atto finisce con un contratto ad comptumum, a guisa d'un affitto tra i venditori e Fiorenzo di Lorenzo, di cui questo è il principio : Petrus et Filippus venditores predicti sopranominati fuerunt confessi et contenti habuisse et habere et tenere dicta bona ut supra per ipsos vendita ad coptumum et nomine coptumi a dicto Florentio emptore per dictum tempus decem annorum predictorum. Etc. 383 INVESTITURA DI MONTONE A FAVORE DEI FORTEBRACCI Città di Castello conserva ancora molti documenti riguardanti il Capitano Braccio da Montone, che vi dimorò per un certo tempo coi suoi. Ivi gli nacque un figlio, nel 15 di febbraio del 1410, tenuto a battesimo dal Comune per mezzo di quattro sindaci eletti il 17 dello stesso mese « ad divinam parentelam contrahendam cum strenuo capitaneo » , la quale costò assai cara ai Castellani. E probabilmente per avervi dimorato Braccio e la sua famiglia, a Città di Castello (nell' archivio di casa Graziani) si conserva il Breve col quale, nel settembre del 1414, Giovanni XXIII conferiva la signoria di Montone a Giovanni Fortebracci, a Braccio e al suo figlio naturale Oddo o Oddone, nato nel 1410, e non nel 1409 come riferisce Ariodante Fabretti. Montone fu occupato da Braccio, secondo scrisse lo stesso Fabretti, nel 27 di luglio del 1413 « col mezzo di que' terrazzani che tenevano dalla sua ». Negli annali pubblici di Città di Castello si legge che il 29 dello stesso mese si ordinò il pagamento del dono al trombetta di Braccio che aveva recato la nuova della espugnazione da lui fatta del castello di Montone. G. MAGHERINI GRAZIANI. Johannes Episcopus servus servorum Dei. Dilectis filiis Nobilibus viris Braccio et Johanni Germanis quondam Nobilis viri Oddonis militis ac Oddoni infanti dicti Braccii nato de Montone Civitatis Castelli dioecesis salutem et apostolicam benedictionem. Probata in arduis vestre fidelitatis strenuitatis atque devotionis integritas, quibus experimentis innumeris erga statum et honorem nostrum et Romane ecclesie etiam dum minori fungeremur officio vos exibuistis continue ac exibere non desinitis survigiles, fideles , strenuos et intentos innumereque virtutes , quibus personas vestras earum largitor dominus insignivit, ac laudabilia tue infantilitatis indicia, quibus tu fili Oddo verisimiliter presumitur, quod in virum te debeas producere vir- tuosum merito nos inducunt ut vos ac per vos natos descendentes et posteros vestros speciabilibus gratiis atque favoribus prosequamur : Hodie 384 G. MAGHERINI GRAZIANI siquidem ex certis causis animum nostrum moventibus Castrum nostrum Montonis Civitatis Castelli dioecesis in Comitatu Civitatis nostre Perusine situatum cum eius territorio et districtu iuribus ac pertinentiis suis universis ad nos et predictam ecclesiam nullo medio pertinens ab omni dominio, potestate ac iurisdictione ac superioritate Comitatu territorio et districtu Civitatis nostre Perusine prefate protinus dimembrantes ac separantes in comitatu auctoritate apostolica . . . . decrevimus quod Castrum ipsum deinceps ac perpetuo Comitatus Montonis nuncuparetur et ipsum Castrum a prefata ecclesia pro tempore obtinentes et in fidelitate ipsius persistentes Comites Montonis existerent et sic deberent perpetuis futuris temporibus nominari, iure tamen ipsius ecclesie in omnibus semper salvo, prout in nostris inde confectis litteris plenius continetur. Nos volentes vos qui hactenus contra perfidiam hostium ac rebellium prefate ecclesie viriliter, intrepide ac strenue militatis et tu fili Bracci militas de presenti et Castrum ipsum de hostilibus manibus eruisti multaque preclara atque fidelia opera pro statu et honore huiusmodi impendistis sedulo ac impenditis, ut arbitramur indubie in futurum harum intuitu favore prosequi gratie specialis, vos vestrosque natos masculos ac eorum et cuiuslibet ipsorum filios masculos descendentes et posteros natos et qui masculi nascentur ab illis de legitimo matrimonio procreati , Comitos predicti Comitatus Montonis auctoritate prefata ac presentium tenore facimus, constituimus et etiam ordinamus, vosque ac natos filios , descendentes et posteros predictos Comites dicti Comitatus existere voluimus, et sic deinceps ab omnibus censeri et nominari, ac etiam nuncupari, et posse ac debere gaudere omnibus et singulis emolumentis, commodis, honoribus, immunitatibus ac privilegiis et exemptionibus, que tam Lateranenses Palatii quam aliis Comitibus concedi a sede apostolica consueverunt. Volumus autem quod vos vel procuratores vestri ad hunc actum specialiter constituti , aut tu fili Bracci tuo et ipsorum nomine tam vestro quam filiorum , descendentium ac posterorum predictorum nomine in manibus nostris aut venerabilis fratris nostri Antonii Episcopi Senensis ac Thesaurarii nostri officium Camerariatus nostri regentis fidelitatis debite prestare debeatis in forma solita iuramentum. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre creationis constitutionis ordinationis et voluntatis infringere vel ei ausu temerario contraire. Siquis autem hoc attemptare presumpserit indignationem omnipotentis Dei et beatorum Petri et Paoli Apostolorum eius se noverit incursum. Datum Bononie V. Kal. Septembris, Pontificatus nostri anno quinto. (Il Breve ha il piombo) . Gratis de mandato domini nostri pape B. de Montepoliciano. 385 ANALECTA UMBRA Il prof. Scartazzini ha pubblicato ( Milano, Hoepli) il vol. I dell'Enciclopedia Dantesca, « miracolo (ha scritto un critico ignoto in un giornale di Bologna), oltre che di cultura , di pazienza : nelle questioni critiche ha saputo conservare un'obbiettività di citazioni quali molti dantisti non si sarebbero attesa da lui » . Sotto il nome Agobbio ( pag. 45) leggiamo : « Si vuole che Dante esule vi si rifugiasse in casa di Bosone dei Raffaelli » . E si cita il Troya, il Balbo, il Pelli e il Fraticelli . E non altri ? Ancora : dicono che [ Dante] insegnasse greco e francese ai figliuoli di Bosone » ; ma anche questa è una di quelle ipotesi « fondate per lo più sopra alcuni versi della Commedia, o sopra tradizioni vaghe e fors'anche relativamente moderne » ; e si rimanda al libro del Ricci, L'ultimo refugio di Dante, pag. 37. Ecco ; il Ricci dice ben diversamente : « Fu a Pisa, a Genova, a Gubbio, al Monastero di Fonte Avellana , sotto il Catria e in altri luoghi ? Chi lo sa ? La storia non sussidia affatto queste ipotesi fondate per lo più sopra alcuni versi della Comm. o sopra tradizioni vaghe e fors'anche relativamente moderne » . Questo, dunque, per la sua andata in Gubbio, non per l'insegnamento impartito ai figli del Raffaelli . Ma lo Scartazzini cita anche il Bartoli, Letteratura, V, 367 e sgg.; e pure qui c'è tanto da non far neppure lontanamente supporre che Dante fu a Gubbio e insegnò greco e franSotto al nome d'Agobbio non era il caso di ricordare Il colle eletto, ecc. , ch'è appunto il colle a piè del quale si distende la città? No : per lo Scartazzini quel verso deve citarsi sotto la cese . - 21 386 ANALECTA UMBRA - » : voce Colle con questa noticina che fa sbalordire : « È il monte Subasio sul cui pendio è collocata la città d'Assisi . Cfr. Ubaldo » . Ma che cosa si dica al nome Ubaldo diremo un'altra volta , chè questo vol . I giunge soltanto fino alla lettera M. E non è da supporre che lo S. ignori chi fu s . Ubaldo, tant'è vero che ne conosce la biografia scritta da Teobaldo (cfr. La Div. Comm. comm. da G. A. Scartazzini ; Milano, 1893, pag. 715) . O allora che c'entra il Subasio ? Nel vol. II si dirà di Oderisi : ma siccome spesso l'a . riferisce quasi le stesse parole del Commento ora citato , così è desiderabile che nell'Enciclopedia non si ripeta che « Gubbio [patria d'Oderisi, è] nel Ducato d'Urbino » fu del Ducato dal 1384 al 1624. Nel Commento è dichiarato che Oderisi fu a Bologna nel 1268 e nel 71 ; c'era pur nel 1269 ( cifr . Malaguzzi, La Miniatura in Bologna in Arch. stor. it. , 4a disp. del 1896, pag. 249 ; e Documento I, pag. 310) . Lo S. scrive che a Roma egli era nel 1295 e vi morì nel 99 : dice il Malaguzzi, invece, che « incerte sono le notizie sulla sua andata a Roma e sui lavori che vi avrebbe eseguito ». Non sarà dunque il caso di ripetere che « due messali miniati, di gran valore, nella Canonica di s . Pietro in Roma si credono opera sua », tanto più che il Crowe e il Cavalcaselle (Storia della pittura, IV, 1 e sgg.; Firenze, 1877) asseriscono che il cod. dell' Historia s . Gregorii Magni ha miniature « che per la loro bellezza furono attribuite a Giotto, ma i cui caratteri, come la tecnica dell'esecuzione, dimostrano invece che nei rispetti dell'arte tanto possono appartenere alla scuola senese, quanto all'umbra » . Ed in nota essi ricordano che il Rhoele nel num. 22 del Kunstfraund di Berlino le reputò decisamente di Pietro Lorenzetti ; ed è vero (soggiungono per conto proprio) che le dette miniature rassomigliano alle opere di questo maestro senese più che a quelle di qualunque altro pittore della scuola Tutti sanno che Dante nominò Gualdo Tadino ; ma nessuno, senza la nota illustrativa dello S. , sapeva che è un « Villaggio della Romagna fra Perugia e Camerino, posto alle falde dell'Appennino sopra un altipiano dal quale scende il Fiume Basin affluente del Chiascio . Ai tempi di Dante apparteneva al regno di Napoli. Vi si vedono le rovine di un antico castello longobardo ». E dopo ciò non oseremo affermare che abbia torto l'ignoto critico d'un giornale di Bologna (è il Resto del Carlino del 15 agosto 1896) - ANALECTA UMBRA 387 quando dice che ormai, con l'Enciclopedia dello S. , Dante « non contiene più segreti ; non più dubbi, non più interpretazioni incerte » è proprio vero, almeno per ciò che riguarda l'Umbria, che quest'opera è un « miracolo, oltre che di coltura, di pazienza » ! - Nel Catalogo d'una scelta raccolta d'incunaboli, mss. , codici miniati che nel maggio di quest'anno erano in vendita presso il librario Antonio Gheno (Roma, Corso V. E. , 223) sono da segnalarsi i mss . seguenti. Biografia di mons. Napoleone Comitoli di Perugia (1548-1624) : precedono brevi cenni sulla famiglia Comitoli (sec. XVII, in 8, di cc . 66) . Laude lat. e volg.: il cartellino sulla costola dice « Poesie dei Bianchi di Assisi » ( sec . XV, in 4 picc. , di cc. 116) . Libro di Ricordi di Ludovico degli Oddi di Perugia (sec . XVI e sg. , di cc. 70. I ricordi sono domestici) . - Memorie storiche di Perugia, Rosciano, Torgiano e delle famiglie Signorelli, Baglioni, ecc. (sec. XVI e sg. Sono copie di documenti d'archivi, disposizioni statutarie, ricordi, iscrizioni , ecc . ) . In un ms. di preci (num. 1002) sono laude, delle quali una com . « O amore de povertate Regno de tranquillitate ». - - - Nelle due aste librarie di Ulisse Franchi ( Firenze, catal . 132, 133 ) del febbraio e del marzo u. s . erano vendibili questi mss .: Studio di Francesco Friggeri di Perugia sopra un'iscrizione del secolo XIV, dichiarato « dottissimo lavoro, pieno di memorie medioevali di Perugia ». Atto di cittadinanza perugina concessa a Pietro di Braccio Martelli . Lettere autogr. di Ascanio della Corgna al Duca di Firenze ; con appunti che possono ritenersi autogr. di Cosimo de Medici. - - -- Nella Rivista ital . di numismatica, a . VI , fasc . 4, il Papadopoli dà la riproduzione d'uno scudo d'oro di Francesco Maria duca d'Urbino ( 1508-27) coniato a Gubbio. Era già stato pubblicato nel catalogo della Raccolta del cav. G. C. Rossi . Per la sua rarità veggasi la Zecca del Reposati, II , 137. Nel fasc. 3 del 1896 (pag. 375) G. Ruggero riproduce una moneta d'oro perugina. di Leone X, rarissima, ch'è posseduta da S. A. il Principe di Napoli. Ha sul rovescio la scritta Augusta Perusia col grifo coronato rampante e l'armetta del Ciocchi cardinal Legato, che manca al grosso d'argento riprodotto dal Vermiglioli (Della zecca e delle 388 ANALECTA UMBRA monete perugine, tavola II , num . 6) . La ricchissima collezione del Principe ha molte monete perugine, tra le quali uno scudo d'oro di Paolo III colla leggenda Libertà ecclesiastica . Il prof. Guido Bonarelli dell'Università di Bologna ci comunica la notizia d'un affresco di Luca da Perugia , ch'è nella chiesa di S. Petronio della stessa città . « La cappella di S. Brigida, in S. Petronio, è la seconda a destra, entrando dalla porta maggiore. È detta anche cappella Pepoli, chè questa famiglia per due volte vi fece praticar dei restauri, come appare dalle due iscrizioni , delle quali una è del 1783. Le pitture di Luca sono sulla parete destra , a poca altezza dal pavimento, sì che la spalliera del sedile, che corre lungo la parete stessa , ricuopre il limite dell'affresco che misura m. 2,50 in altezza e circa m. 5 in larghezza . E vi si legge : Hoc opus fecit fieri magister Bartolomeus de Mediolano mercarius pro anima sua . MCCCCXVII de mense iulii. La Vergine è seduta in trono ed ha in grembo il bambino. A destra, in piedi , è s . Bartolomeo (?) con un libro rosso sotto il braccio destro e con un grande coltello nella mano sinistra ; è raffigurato in atto di presentare il devoto ordinatore dell'affresco, il quale è pur riprodotto, in ginocchio, presso i gradini del trono . Dietro a questo santo sono dipinti, in piedi, s. Petronio in abito episcopale e col pastorale, s . Antonio col porcellino ai suoi piedi, e s. Ambrogio vescovo un cilizio nella destra . A sinistra della Vergine è un santo vescovo in mezzo a due beati protettori delle facoltà mediche. L'opera è d'un rozzo ritardatario, di cui il nome leggesi sul ripiano del soglio della Vergine : Luca da Peruxa p. Vicino a questo affresco, anzi a destra , sono dipinte altre tre figure di santi : s . Agata (fu commessa da una certa « Sofia de Inghiltera » , la quale si fece rappresentar genuflessa a lato di lei) , s . Cristoforo e s . Antonio. Credo di poter affermare che non debbano ritenersi opera di Luca. Nulla dico degli affreschi della parete opposta che sono del 1431 e 1449, ed a Luca non possono assolutamente attribuirsi : uno, anzi, ha questa scritta : « Aldrovando de s. Acurio (?) fece fare questa. Franciscus Lola » . -―― Ma chi è codesto Luca da Perugia ?: non si sa . E non lo sa neppure il Lupattelli, il quale, non tenendo conto della data del- ANALECTA UMBRA 389 l'affresco bolognese ( 1417) , scrisse nella Storia della pittura in Perugia (Foligno, 1895, pag. 12) : Di pittori antichissimi ci è dato notare un Luca da Perugia che vuolsi dipingesse in s . Petronio di Bologna nel secolo XII » . E pure Corrado Ricci nella Guida di Bologna (Bologna, 1886, 2a ediz. , pag. 32) aveva detto che quelle pitture « sconciate orribilmente dai restauratori, furono eseguite da Luca da Perugia ( 1417) e da Francesco Lola bolognese (1419-31 ) » . « De L'idea della madre nei grandi scrittori italiani ha trattato con garbo e dottrina in un opuscolo Elisa Battaglia Fontana (Belluno, 1896) . Ma perchè dopo quanto scrisse il D'Ancona su la lauda Di' , Maria dolce, con quanto disio » (Studi lett. , Ancona, 1884, pag. 90 e segg. ) , insistere nella credenza che la sia di Jacopone ? E si sa che altri ha con prove che non si distruggono confortata l'asserzione sua. Notisi, a proposito di questa lauda di Leonardo Giustiniani, che Giorgio Rossi dà l'indicazione di molti codici e edizioni che la contengono in una lunga nota (non sapremmo dire quanto opportuna) dello studio suo su Andrea da Vigliarana in Rivista romagnola, I , pag. 14 e seg. - Quali furono le ispirazioni che trassero dal Clitunno i poeti da Virgilio al Carducci ha detto con singolare genialità e con bella erudizione Antonietta Fantozzi nel Fanfulla della Domenica del maggio scorso (estr. di pp. 31 ; Roma, tip . dell'Opinione, 1896) . Quelle fonti sacre descrisse Plinio in una lettera ch'è testimonianza storica preziosa, per ciò che il fiume al suo tempo era « amplissimo e tale da recar dei navigli » , e molti erano i sacelli (uno solo ne resta ) con loro divinità, intorno al tempio massimo del dio pretestato . E quelle acque ricordarono, oltre a Virgilio, Properzio, Silio Italico, Stazio, Giovenale, Claudiano e Sidonio Apollinare ; ne' versi dei quali « la nota dominante è la limpidezza e freschezza delle acque e la bianchezza caratteristica dei tori » che tratti dai pingui pascoli del fiume erano destinati ai sacrifizi . E le cantò il Byron, il Kulczychi e la poetessa nostra gentile Alinda Brunamonti. I canti dell'antica lode rinnovello nella saffica meravigliosa il Carducci, che l'autrice nella seconda parte. del suo studio opportunamente riassume. 390 ANALECTA UMBRA I monumenti del sacro pallio nell'esposizione Orvietana e le più antiche forme della detta insegna è il titolo di una trattazione archeologica ( in Civiltà catt. , quad . 1118) che ha per base lo studio dell'omoforio di Grottaferrata e del dittico della casa Barberini di Roma, esposti nella sala papale di Orvieto, per riconoscere le analogie del pallio sacro col lorum o sciarpa del Console romano indossata dalla figura consolare di quel dittico . La riproduzione fotografica del quale accompagna uno studio del p . Grisar sulla storia degli abiti sacri in Festschrift zum elfundertjährigen Jubiläum des deutshen Campo Santo in Rom ( Freiburg, Herder, 1897) . M. Barbier de Montault nella Revue de l'art chretien (fasc . 2, 1897) discorre di un recente libro del Fumi Il Santuario del ss. Corporale, ecc . , che egli chiama un ricordo assai prezioso ed una illustrazione abbondantissima » . Il barone Claretta negli Atti della Società di Archeol. e belle Arti per la prov. di Torino (vol . VII , fasc . 1 ) commemora i perduti colleghi e per primo il presidente senatore A. Fabretti (pp. 3-10) , ricordando anche la parte ch'egli ebbe nella fondazione dell'Archivio stor . ital. e le sue opere principali, come il Corpus inscriptionum latinarum e le Biografie dei Capitani venturieri dell' Umbria. Nelle Memorie storiche della Provincia Riformata Romana del p. Benedetto Spila da Subiaco (vol . III ; Milano, 1896) , si dà contezza del Monastero di s . Chiara in Rieti. È uscito il num. 6 degli Atti dell'Accademia Properziana del Subasio in Assisi. Contiene : 1. ° Discorso inaugurale per lo scoprimento di una lapide commemorativa posta alla casa, ove nacque Giuseppe Aromotari d'Assisi, letto il 7 agosto 1887 dal socio resid. cav . dott . Antonio Marmani. 2.° Parole dette dal comm. prof. Cesare Paoli nella solenne tornata tenuta in Assisi (detto giorno) . Il nostro socio prof. cav. Mariano Falcinelli -Antoniacci fa il cenno necrologico del p. Alessandro Borroni. --- ANALECTA UMBRA 391 Della scoperta d'affreschi giotteschi in quel di Rieti è data notizia nell'Arte e Storia, a . XVI , num. 6. « Il prof. Fabio Gori Preside del R. Liceo M. T. Varrone e nuovo R. Ispettore dei monumenti e scavi, essendosi recato per incarico del Ministero di P. I. a visitare la Badia di S. Pastore, fondata nel 1255 , l'ha trovata ridotta in uno stato orribile, coi tetti crollati e colle sepolture aperte e violate dai contadini ! In sua presenza, il valente pittore Colarieti-Tosti, rimuovendo l'intonaco di calce delle pareti di una cappella, ha cominciato a scoprire dieci figure di scuola Giottesca . Fra esse, una bellissima giovane tiene la destra sulla impugnatura di lunga spada e colla sinistra indica nel collo un segno nero che lo cinge a guisa di monile, per indicare il genere del suo martirio . Presso a questa santa è dipinto l'apostolo Bartolommeo che brandisce l'affilato coltello con cui gli venne strappata la cute. Si sono cominciate a scoprire anche le teste caratteristiche dell' apostolo Simeone e di un vescovo od abbate mitrato insieme ad una Madonna col Bambino. Si spera che la Principessa Potenziani , alla quale spetta ora la proprietà della Badia, faccia ripulire questa ed altre figure nascoste sotto un semplice strato di calce, e riduca alla primitiva architettura gotica le tre arcate della chiesa ». Giulio Pisa nell'Emporium ( vol . V, pag. 281 e seg. ) dà conto del volume del Broussolle, Pélerinages Ombriens ( Paris, 1896) . Illustrano l'articolo le riproduzioni fototipiche del Palazzo pubblico, d'un affresco del Bonfigli ( Perugia assediata da Totila) , della sala del Cambio e del Gonfalone di s . Bernardino da Siena , di Perugia ; della veduta di Narni, della cattedrale e della chiesa della Consolazione di Todi. Nel vol. VII della Storia della pittura in Italia del Cavalcaselle e del Crowe (Firenze, Le Monnier, 1897) , trattatevi con ampiezza la vita e l'opera del Ghirlandaio e de' discepoli suoi, è descritta (pag. 403-6) la tavola già in s . Girolamo de' minori osservanti di Narni, ed ora nel Palazzo Comunale della stessa città . Creduta finora dello Spagna, vien restituita al Ghirlandaio mercè un documento del 3 giugno 1486 ( cfr. Vasari, Vite, ediz. Sansoni, III , 276) . Concludono gli A. che può dedursi dai caratteri 392 ANALECTA UMBRA della pittura stessa « che Domenico si servì dell'opera de' suoi aiuti a dirigere e ripassare come meglio poteva il lavoro. Nel complesso è però un'opera importante » . Per la storia del Ghirlandaio nell'Umbria giovi pur ricordare che nel 1492 fu chiamato in Orvieto a rifare il mosaico, rappresentante lo sposalizio della Vergine, nella facciata del Duomo, ed a restaurare gli altri che erano deperiti . Nel riferire questo fatto gli A. citano le Vite del Vasari nell'ediz . curata dal Milanesi , vol . V, pag. 83 nota . Se ne parla, invece, nel vol. III, pag. 274, nola 1 , ed anche vi si dichiara che David Ghirlandaio operò nei mosaici di Orvieto (1492) . Vedi in proposito quanto ne ha scritto il Fumi, Il Duomo d'Orvieto e i suoi restauri (Roma, 1891 , pag. 109) . È di recente uscito alla luce il fascicolo 2 ' della Crestomazia italiana dei primi secoli a cura del prof. Ernesto Monaci. Il primo, che fu pubblicato nell' 89 (Città di Castello, Lapi) contiene il Cantico di s. Francesco ( pag. 29) con le varianti offerte da otto manoscritti : il secondo Un bestiario moralizzato ( pag. 315 : sette sonetti dei 64 che G. Mazzatinti comunicò allo stesso professore e questi pubblicò nei Rendiconti dell'Accad. dei Lincei, V, 719 e segg. , sul ms. già posseduto dall'avv . Lucarelli ed oggi della Bibl . V. E. di Roma), Lauda dei Disciplinati di Perugia (pag. 462 : dal cod . Vallicelliano A. 26 ; cfr . Rivista di fil. rom. , I , 235 e sgg. ), Lauda di disciplinati di Gubbio e d'Assisi (pag. 462 e sgg.: comincia, come la precedente « Levate gli occhie e resguardate », ed è qui pubblicata sul cod . eugubino, ora Landau : cfr. Rivista cit. , III , 85 e sul cod . già Frondini e Manzoni, ora 478 della Bibl. V. E. di Roma ; cfr. Rio . cit . , I , 240, 268) ; e Poesie di Jacopone da Todi ( « O femene guardate a le mortal ferute », « O papa Bonifatio, molt'áy jocato al mondo » , « Que farai fra Jacobone » , « Donna del paradiso » ) . Quest'ultima è qui ristampata secondo il testo ricostituito dal prof. A. Tenneroni (Todi , 1887) . Le altre tre su due codici già Manzoni, ora della Bibl . Angelica, e dello stesso prof. Tenneroni. Nella prefazione del prof. E. Monaci ad Una leggenda e una storia versificate nell'antica letteratura abruzzese (Rendiconti dell'Accad. dei Lincei, seduta del 20 dic. 1896) è ricordata la danza ANALECTA UMBRA 393 macabra in Poggio Mirteto, ch'è tuttavia inedita, con una iscrizione, che la dichiara , in versi volgari. Il prof. Monaci ne ha ricevuta notizia da F. Porena e G. Tomassetti . Esprimiamo il desiderio che in questo nostro Boll. ne sia data una dettagliata relazione. In più punti di quelle notevolissime pagine di proemio s'accenna alla identità di origini che la lauda e alcune manifestazioni dell'antica letteratura ebbero nell'Abruzzo e nell'Umbria . - Nel fasc. precedente di questo Bollettino (pag . 229) fu data notizia delle riproduzioni magnifiche delle opere d'arte umbra registrate nel Catalogue des réproductions inalterables au charbon della Casa Braun ( Paris, 1895) . Ora che la stessa Casa ha pubblicato il Catalogue général ( in 8, pp . XLIV- 764) delle riproduzioni di pitture, d'affreschi e disegni che conservansi ne' Musei d'Europa, siamo in grado di offrirne una più ricca notizia ai nostri studiosi . (I formati delle fotografie sono di 24 X 20, di 40 X 50, di 65 X 80, e d'un metro o di due. Il prezzo d'ognuna di quest'ultime è da L. 200 a 300) . Alfani Domenico. La Vergine col figlio ; disegno (Venezia, Accad. di belle Arti ) . Alfani Orazio. Sposalizio di s . Caterina (Louvre) . Santa Famiglia ( Firenze, Uffizi) . — Alunno ( Nicolò di Liberatore) . La crocifissione ; trittico (Galleria Naz. di Londra) . - Danti Vincenzo . Disegno d'uomo (Louvre) . - Fiorenzo di Lorenzo. La Vergine col figlio (Berlino, Museo) . La Vergine col figlio e santi ed angeli ; trittico (Londra, Gall . Naz. ) . Cristo in croce, s. Girolamo e s . Cristoforo (Gall. Borghese) . Andrea di Luigi d'Assisi, detto l'Ingegno. Disegno di due putti (Dresda, Museo, Gabinetto delle stampe) . Giannicola di Paolo Manni di Città della Pieve. L'Assunzione della Vergine, l'adorazione dei Magi e la santa famiglia ( Louvre) . L'Annunciazione ( Londra, Gall . Naz. ) . Perugino Pietro. Centodieci tra pitture, disegni e quadri attribuitigli ( Louvre, Chantilly, Collezione di Durand- Ruel, Marsiglia, Francfort, Dresda, Gall. del principe di Liechtenstein , Gall . Naz . di Londra, Musei di Firenze e di Roma, Galleria Vaticana, Lille, Collez. Albertina di Vienna, Biblioteca r. di Windsor, Galleria di Weimar, ecc . ) . — Pinturicchio. Ventisette tra pitture a disegni ( Louvre, Musei di Berlino, Londra, Buda- Pesth, Gall. Naz. di Londra, Collez . Malcolm, Musei di Roma e Firenze) . Tiberio d'Assisi . Tre di- ― - - - 394 ANALECTA UMBRA segni, d'una figura da lui dipinta a Montefalco, delle tre virtù teologali e della Carità (Venezia, Accad. di belle Arti) . — D'opere d'ignoto autore, ma di scuola umbra, sono riprodotti : un disegno di testa d'uomo (Windsor) e due pitture rappresentanti la Vergine. col figlio (Museo di Berlino e di Buda- Pesth) . Nell'Archivio d. Soc. Rom. di St. patria P. Savignoni spoglia documenti viterbesi (fasc . 73-76) , de' quali a noi interessano i segg. Un atto, Foligno 13 febbraio 1175, del Legato imperiale in Italia ; altro da Perugia, 24 febbraio 1246, del Vice- gerente del papa nel Patrimonio, ducato Spoletino, ecc . , per ricompensa nella recupera della rocca di Orcla ; due di Innocenzo IV, Perugia aprile-maggio 1252 ; tre del med. , Assisi maggio-luglio 1253 ; un'attestazione di possessi Orsineschi, 15 decembre 1262, in cui sono ricordate case di Spoletini in Roma ; di Urbano IV, Orvieto febbraio - aprile 1264 ; di Clemente IV, Perugia settembre 1265 e marzo 1266 ; di fra Benvenuto da Orvieto Inquisitore, 22 gennaio 1266 ; di Martino IV, Orvieto 24 marzo 1281 , 17 febbraio 1282 ; di Giovanni da Spoleto camerlengo del papa, 21 gennaio 1304 ; del Consiglio di Orvieto, 26 luglio 1310 ; del Consiglio di Narni, 4 novembre 1315. Di rappresaglie con Perugini ed Orvietani parla il docum. del 12 settembre 1312. Il docum. CCLIII , 24 dicembre 1315, è la sentenza di bando del giudice generale del Patrimonio contro varii Comuni, fra i quali Orvieto il Savignoni emenda il Fumi che lo pubblicò ( Cod . diplom. , 427) per un nome e l'anno. Il CCLX, 13 settembre 1317, è ad istanza di « Boscione q. d . Boscioni de Egubio civ. Vit . pot . » . Ricordano Guittone Farnese vescovo d'Orvieto i docum. CCLIV, CCLXVII e segg. , CCLXXI e sg. Varii atti pontifici sono datati dalle città dell'Umbria (Perugia, 12 ottobre 1387, 23 luglio 1388, 19 settembre 1388, 5 aprile 1390 ; Rieti , 17 giugno, 24 agosto 1300) . Nello stesso fasc . V. Capobianchi ( Immagini simboliche e stemmi di Roma) riporta gli stemmi e notizie dei Senatori di Roma Tommaso di Pianciano da Spoleto ( 1360) , Berardo di Corrado de' Monaldeschi della Cervara di Orvieto ( 1370) , Cecchino dei conti di Campello da Spoleto (1433) . Fra i documenti inediti pubblicati dal Pastor nella sua im- ANALECTA UMBRA 395 portantissima Storia dei papi (vol . III , pp. 788) è quello del 23 gennaio 1507 di Giulio II al Governator di Spoleto, il quale aveva consciamente lasciato fuggire Cupotino da Norcia , uomo fazioso, ch'era stato affidato alla sua custodia dal Legato di Perugia. Papa Giulio in mezzo alle cose politiche ed ecclesiastiche da cui era oppresso, trovava sempre tempo pel governo de' suoi stati e dava mano ad imprese di pubblica utilità . Il Pastor cita un breve al Gonfaloniere di Spoleto, 2 genn. 1507 , in cui prescrive che entro venti giorni imprendasi la necessaria deviazione del corso del fiume, minacciando, se no, grave castigo ( pag. 492) .

 Sotto il titolo Ein verschwundener der Häresie verdächtiger Traktat il dott . L. Schmitz nel Römische Quartalschrift für christliche Alterthumskunde undfür Kirchengeschichte ( 1-2, 1896) parla di Jacomo Palladino che fu vescovo di Spoleto e poi di Firenze, autore del Somnium Nabugodonosor, ovvero Statuta Danielis . Riporta la bolla di condanna.di Giovanni XXIII , Bologna, 23 luglio 1410.

 Il fasc . VIII dell'Archivio Paleografico ital. diretto dal prof. E. Monaci contiene dieci tavole, delle quali otto di codici umbri. Tav. 86, 87, Statuto dei Sarti e Cimatori di Todi (a . 1492 : dal cod . della Società dei Sarti di Todi, ora conservato nell' Arch. di quella Congregazione di Carità ) . Tav. 88, Matricola della fraternita di S. Maria V. d'Orvieto ( a . 1313 : dal cod . 523 della Bibl . Naz. di Roma) . Tav. 89, Matricola della fraternita di s . Francesco di Orvieto ( 1395-98 ; ivi ) . Tav. 90 , Rappresentazioni ad uso delle fraternite di Orvieto (1495 ; ivi ) . Tav. 91 , Necrologio della fraternita di s . Francesco d'Orvieto ( 1398 ; ivi) .

 Le pitture che il Pinturicchio esegui e diresse nelle aule dei Borgia il prof. Adolfo Venturi ha descritte con molta dottrina e genialità rara nel fasc . 7 della Nuova Antologia di quest'anno. In quelle aule l'artista perugino « coronò le idealità medioevali, elaborò le tradizionali e popolari imagini dell'arte, trasfuse sulle volte la sua ebbrezza di colori » . Ma non tutte le pitture son dovute al suo pennello ; e su le attribuzioni giovi riferire alcuni giudizi del critico illustre. Dopo aver notato che le composizioni non sono tutte di uno stesso valore » , e maggiore e minor grazia ed eleganza è nelle figure, il V. avverte, a proposito delle rappresentazioni astronomiche, dalle quali prende il nome una sala , che « ci troviamo di fronte a un maestro molto prossimo al Pinturicchio, non al Bonfigli che segnò nell'arte umbra il periodo della ricerca naturalistica » . Anche le figure delle Arti liberali non sono opera sua, chè « non hanno la sua gaiezza e la sua impronta fastosa Il pittore della Grammatica fu probabilmente lo stesso della prima sala della torre Borgia, ove sono effigiati apostoli e profeti con risolutezza di segno che cade nel duro e nello sgarbato, con archi di sopracciglia segnati fortemente e le pupille vive entro le strette palpebre, con l'ossatura delle teste irregolare » . Se quindi è giusto ciò che lo Schmarsow ne pensò e scrisse, Pietro da Volterra , che al dir del Vasari operò per Alessandro VI, ne è l'autore . La Dialettica è opera forse d'un artista fiorentino . La Retorica (sebbene su un gradino del trono. leggasi Pentorichio) è, secondo lo Schmarsow, di Pietro Perugino (e nella sua figura aveano ravvisata la maniera del Vannucci il Cavalcaselle ed il Crowe) : ma non così pare al prof. V. , che non credendo valide le prove addotte dallo Schmarsow a sostegno dell'ipotesi sua , domanda piuttosto se non sia possibile di trovarci innanzi a un'opera di Gerino di Pistoia » che del Pinturicchio, dice il Vasari, fu amico e con lui molto lavorò, e fu seguace fedele della maniera di Pietro. Ad altri le altre pitture attribuisce il V.; ma tutti , s' intende, perugineschi che se può sembrare strano che il Pinturicchio chiamasse ad aiuto tanti artisti differenti , si pensi alla mole grande dell'opera e al compimento sollecito che ne voleva Alessandro VI . In Vaticano e nel Castel S. Angelo egli operò dal 1492 al 98 ; e continuava intanto i lavori in Orvieto o da sè o per mano d'altri. Malgrado la esecuzione delle pitture per mano di più artisti e cooperatori suoi , la sala delle Arti liberali « ha una grandissima unità » . Nell' altra sala , ove son rappresentati i Profeti e le Sibille, vide lo Schmarsow la maniera di Pietro Andrea da Volterra ; quella , invece, del Peruzzi vi riconobbero il Cavalcaselle ed il Crowe. Di pittore mediocrissimo, angusto, povero d'idee e di espressione, mal tagliato nel disegno, coi colori tirati a fatica » ( lo Schmarsow lo reputa un imitatore di Lorenzo Vecchietta senese) son gli apostoli e i profeti nella sala del Credo : del Betti e di cooperatori (d'ignoti umbri e di varii, come del Fungai e del Pacchiarotto, secondo lo S. ) sono le rappresentazioni della sala detta della << Vita della Madonna e del Cristo » . Sue (e il V. le descrive da artista ) son le pitture della sala della « Vita dei Santi » ; però in alcune figure egli scorge certe caratteristiche particolari del Perugino e della sua scuola, ed altre, come « giustamente osserva lo Schmarsow, hanno le forme tipiche del Signorelli » .
 Molti giudizi del prof. Venturi non accoglie Giulian Dorpelli che su Le sale Borgia espresse il parer suo nella Rassegna settim. univ . (a . II , pag. 232 e segg. ) . Secondo lui, sebbene sia indiscutibile che lo spirito e non la fattura delle pitture sia del Betti, non devesi « tanto eccedere nel vedervi la mano di troppi collaboratori >»: per lui certe differenze possono dipendere dalla grande facoltà assimilatrice » del pittore e dalla rapidità ond' egli soleva operare. Le composizioni della sala dei Pianeti, specialmente alcune, rammentano le stampe attribuite a Braccio Baldini ; certo non son tutte della stessa mano e dello stesso valore forse del Pinturicchio alcune, come per esempio, quella ove è raffigurata la sfera armillare » . Nelle lunette della sala della « Vita della Madonna e del Cristo » dove, secondo il Venturi, operarono parecchi artisti, pare all'A. che il Betti « abbia lavorato solo o coi suoi propri scolari » . Il Venturi, non riconoscendo possibile per ragioni di storia e di cronologia la congettura dello Schmarsow, che cioè nella sala delle Arti liberali dipingesse il Perugino, si domanda , abbiam detto più su, s'è il caso di pensare a Gerino da Pistoia , seguace del Vannucci : « sarà (dice l'A . ) ; ma io più ammiro la figura, che è certo un ritratto del citarista, e meno mi sento disposto ad accogliere l'osservazione del Venturi un Gerino da Pistoia che è, per dir così , più Perugino del Vannucci stesso ! » . Con sua buona pace, a noi non pare ch'egli abbia ragione ; almeno finchè si limita a citar come esempio il ritratto del citarista . Quattro riproduzioni illustrano l'articolo : un particolare della disputa di s . Caterina, uno della Musica, il ritratto di Alessandro VI e la figura di s . Caterina .

 Sul vero luogo della battaglia detta di Gubbio o di Tagina (anno 552) è il titolo di una importante nota storica del prof. Plinio Pratesi ( Estratta dalle comunicazioni di un collega, a . III , num. 9-10, del prof. A. Ghisleri da Cremona) . Seguendo la narrazione di Procopio, e determinando i punti topografici , con molta precisione, di Helvillum (Sigillo), Tagina (ora S. Pellegrino di Gualdo Tadino) e Capras (Caprara, borgata di Gualdo Tadino) è venuto a conclusioni diverse dal Muratori che limitò il luogo della battaglia fra Matelica, Gubbio e Sentino ( Sassoferrato), troppo esteso o vagamente designato, e lo pone invece sotto monte Cielo a Tagina. " Accampatosi ai Busta Gallorum (piccola Bastia o Bastiola) , Narsete (dice il P. ) ebbe notizia che il nemico trovavasi a Tagina non lontano di là e dall'altra pendice dell'Appennino, ch'ivi ha modica altezza ed adito non arduo, e occupò il varco fra i Busta ed Helvillum o Suillum che è sotto Monte Cielo, non breve, ma si stretto e accidentato, da potersi difendere con pochi soldati. Totila, pensando di dover prevenire l'avversario, s'avanzò per la via Flaminia sino a Helrillum, dove trovò il passo già impedito. I ripetuti assalti , con cui tentò d'impadronirsene, furon respinti, e dopo una sosta , durante la quale esso riordinò i suoi per tornare a far impeto, e i Goti prepararonsi a riceverlo con tutte le loro forze, si riprese la lotta e la giornata diventò campale. È presumibile che le coorti di Narsete avesser coronate le alture del versante occidentale, talchè per superiorità di posizione, giovevolissima a chi aveva più numero e miglior qualità di fanteria e di saettatori, e mercè l'avveduta manovra d'accerchiamento onde accolsero i Goti, ebber sollecito e decisivo vantaggio sopra la massa di cavalleria, in cui principalmente consisteva la loro possa, e che veniva innanzi per prima. Attutitone l'urto che perdeva efficacia sui declivi , con fitte scariche di dardi , la sgominarono sì prontamente, che nella rotta trasse seco i fanti che la seguivano. Nella disfatta, i Goli è da arguire che, cercando di giungere ai loro accampamenti, si mettessero in fuga giù per la via Flaminia, per cui erano appunto Helvillum, Tagina e Capra » . Sarà da vedere in proposito ciò che dice Bernardino Baldi nella sua « Difesa di Procopio contro le calunnie di Flavio Biondo » . ( Bibl . Vatic. , Fondo Urbin . , N. 908, p. 1 ) .

 Una scuola classica di marmorarii medioevali ( H. Grisar, in Nuovo Bullettino di Archeologia cristiana, an . 1 , num. 1 , 2, 3 e 4) . Si studia il tempietto di Clitunno adattato ad uso cristiano, e si raffronta coll'altro fuori le porte di Spoleto appiè del colle di S. Angelo, dedicato al Salvatore, ora detto del Crocifisso . Il risultato delle osservazioni sugli ornati, e in parte anche sugli edifizi a cui appartengono, si discosta alquanto dalla sentenza espressa anche ultimamente dal Mothes, dal Cattaneo, dall' Holtzinger. Studiato il rigoglioso sviluppo della scoltura nell' Umbria, segnatamente nel secolo XII, sulle opere che portano il nome di Melioranzio (Gregorius Melioranzio) nel fregio marmoreo della porta maggiore del duomo di Spoleto, sugli avanzi di altra chiesa ora murati nelle scale del municipio, sul fregio ad ornato e a figure che ammirasi sulla fronte della chiesa di S. Pietro, sull'arco che sovrasta alla porta laterale sinistra della chiesa di S. Ansano ; e quindi in Narni sulla facciata di S. M. Impensula, sugli stipiti e su l'architrave della porta maggiore della chiesa di S. Domenico, sulla porta laterale del duomo ; in S. Gemini sulla chiesa di S. Nicolò, in Bovara fra il tempio di Clitunno e Foligno, sulla chiesa abbaziale di S. Pietro ; in Bevagna sulla chiesa di S. Michele ; infine, sulla cattedrale di Foligno e di Assisi , l'abilissimo scrittore conclude trionfalmente che non solo la ricca ed originale decorazione in marmo così della chiesa del Salvatore come del tempio del Clitunno deriva dalla nobile e possiamo dire classica scuola di marmorarii umbri del secolo XII, ma che anche una buona parte della ricostruzione dei due monumenti, e, in ogni caso, la loro conservazione sono merito dello stesso suolo . Le varie riproduzioni di ornati che il Grisar adduce danno la prova evidente che non è lecito risalire più oltre del secolo XII per applicar loro un'origine ragionevole. Nello stesso periodico il Gamurrini ( an . II , n . 3) parla di una Iscrizione cristiana trovata a Pagliano d'Orvieto. Di quanto vi è stato rinvenuto si hanno sommarie relazioni di R. Mancini inserite nelle Notizie degli scavi. Pare che alla foce del fiume Paglia che immette nel Tevere circa quattro miglia da Orvieto, fosse una terra abitata (Palianum) devastata e bruciata, forse nel 409, e fatta deserta fino ai nostri giorni (V. Bollettino dell'Accademia « la Nuova Fenice » ). È di grande interesse tutto il filo del ragionamento tenuto 400 ANALECTA UMBRA dall'insigne scrittore nell'illustrazione di un monogramma cristiano di Pagliano e della rozza tegola trovata sopra Corbara che porta l'iscrizione VRSE || VIVAS || IN DEO. Per spiegarsi come il cristianesimo penetrasse in quella contrada , dimostra come per la via Cassia e presso Viterbo, ove è il ponte detto di Verona, soffri il martirio S. Valentino prete, e della prima chiesa episcopale presso il lago si decorò Bolsena, lungo sempre la stessa via ed a piè della città romana. Appunto da Ferento per l'antica strada che andava a Todi passando per Bagnorea, congettura che sia stato raccolto l'annunzio evangelico, onde gli indizi si sono palesati in Pagliano e Corbara, incontrantisi appunto nella prosecuzione di quella via, per cui da quel punto entravasi nell' Umbria. È tradizione. antichissima che per quella parte venisse S. Brizio con i suoi compagni da Roma, egli che fu uno dei primi apostoli dell'Umbria, e che si vuole sia stato vescovo di Massa Martana . Il Müntz nel fasc . 1 dell'Archivio stor . dell'arte di quest'anno , a proposito della Influenza di Leonardo da Vinci sulla scuola fiorentina, nota ch'essa si rivela in « una serie di studi di Raffaello per l'affresco di san Severo a Perugia : sono le stesse caricature di teste di vecchi Di codesto affresco lo stesso E. Müntz avea trattato nel Raphael (Paris , Hachette, 1881 ) pp. 142, 218, 220 : ma se ne vegga ciò che scrissero il Crowe e il Cavalcaselle nel loro Raffaello (Firenze, Le Monnier, 1884, 1 , 236 e sg. ) . Nei num. 1 e sgg. del Raffaello, rivista d'arte e di storia patria ch'è risorta in Urbino a prospera vita mercè le cure del conte C. Castracane ed E. Gherardi, il dott . R. Truffi ha dato alla luce il Codice del sec. XIV che tratta della pittura su vetro della Bibl . di s . Francesco d'Assisi . Il Fratini n'avea stampato il testo, ma ridotto a forma moderna e con mende gravissime : il T. ne fa, invece, una edizione diplomatica . Nel proemio discorre delle invetriate meravigliose della Basilica d'Assisi, una delle quali, L'invetriata di s . Antonio di Padova, fu descritta e illustrata con sette fototipie da C. de Mandach nell'Arch. stor. dell'arte, fasc. cit . , pag. 59 e sgg. Di questa avea fatto cenno il Thode a pag. 550 del suo Franz von Assisi ; ma nessuno finora ha date indicazioni sul nome degli artisti : certo è, nota l'A. , che ANALECTA UMBRA 401 . sarebbe pur mestieri scoprire i maestri che ebbero a disegnarne il modello » . Nè i nomi che danno il Fratini e il Guardabassi rispondono, per ragioni di tempo, a quelli di codesti artefici . Il Vasari attribuì a Cimabue ad a Giotto tutte le invetriate della Basilica ; ma l'attribuzione non è confortata da alcuna prova . II de Mandach nota : « quale autore della nostra invetriata non può trattarsi che di Giotto . il carattere dell' opera è degno del grande maestro fiorentino » ; e il Thode non errò asserendo che codest'opera ha evidentissima « la impronta caratteristica dell'epoca e della scuola di Giotto ». E l'A. soggiunge in nota : <« Si paragoni l'architettura nella predica dell'avarizia (nella invetriata della tav. 6) e nello assalto del demonio ( tav. 7) col fresco della chiesa inferiore, nel quale Giotto rappresenta un giovane che si butta dal sommo d'una torre ; la Basilica, dinanzi alla quale avviene il fatto, offre tutti gli elementi della nostra chiesa » . - Nei num. 2 e segg. dello stesso Raffaello il prof. G. Zannoni ha inserito uno studio su Le rime storiche di Gaugello Gaugelli d'origine eugubina, del quale e di varii di sua famiglia son date notizie dedotte da fonti inedite . Nel fasc . 3 G. Castellani ha trattato de La prima fonte storica della vita del Duca Federico d'Urbino, ch'è la Vita dello stesso Duca scritta dal suo segretario Pierantonio Paltroni . Di quanto pregio essa sia per la storia della nostra regione fu dichiarato in questo Boll. , II , 573 e sgg. Il Castellani, data notizia di una copia della Vita stessa, testè acquistata dalla Bibl . V. E. di Roma e prima posseduta da lui ( Boll. cit . , pag. 574) , prova con fatti la verità della congettura proposta dall'Holtzinger e dal Mazzatinti, che cioè la cronaca rimata di Giovanni Santi e la Vita di Bernardino Baldi discendono dal testo del Paltroni. Del quale finora son noti questi esemplari : due dell'Arch . Com. di Urbino, uno della V. E. di Roma, ed uno (è del sec. XVI , adesp .: num. 1100) nella Oliveriana di Pesaro . E l'autografo ?: inutilmente ricercato nella Biblioteca Vaticana, ve lo ha ritrovato il prof. G. Zannoni (cod. Urbinate 1010) : reca postille marginali del Baldi che, come il Mazzatinti credeva, dovè servirsene per la vita di Federico . Il prof. Z. promette d'illustrarlo con una memoria, non ricono25 402 ANALECTA UMBRA scendo la necessità di pubblicarlo integralmente (cfr. Raffaello cit . , fasc . 4) . Del cav. G. Magherini- Graziani, di cui è imminente la pubblicazione della splendida opera L'Arte a Città di Castello, segnaliamo tre recenti ed ottimi opuscoli . Degli Aneddoti e memorie sul passaggio di G. Garibaldi nell' alta valle del Tevere nel luglio 1849 (Città di Cast. , Lapi, 1896 ; in 8, pp . 48, con sei vignette illustrative) ha detto con molta e meritatissima lode M. B. Paoli nel vol. XVIII dell' Arch. stor. ital. , pag. 454 : preziosi quei ricordi, confortati da numerose testimonianze del tempo, ed esposti con forma di schietta genialità . Dell'eruditissimo studio di Bianco Bianco Il dialetto e la etnografia di Città di Castello con raffronti e considerazioni storiche, edito dal Lapi nel 1888 (in 8, pp. IX- 101 ) fu espresso il più favorevole giudizio nell ' Arch. stor. per le Marche e l'Umbria, IV, 672 e sgg.: ora di quell'uomo dalla vita esemplarmente modesta, dal forte intelletto e dalla vasta cultura ha tessuta un'erudita ed affettuosa biografia il cav. M. G. (Città di C. , Lapi, 1897 ; in 4, pp. 38) che tanto gli fu amico ed ebbe tanta parte nelle dotte opere sue. La storia del trafugamento dello Sposalizio di Raffaello da C. di Cast. , narrata da un documento contemporaneo, è stata edita dallo stesso cav. per le nozze Tommasini- Guarini, 26 aprile 1897 (C. di C., Lapi ; in 4 , pp. 8), in elegantissimo opuscolo. La tavola, si sa, ora è a Milano. La relazione, ch'è nell' Archivio Magherini Graziani, ha questo titolo : Dal Promemoria di fatti e di ragione sul diritto competente ai frati minori di Città di Castello e ad altri Compadroni toscani sul quadro di Raffael d'Urbino . - - La Miscellanea francescana del nostro socio mons . M. Faloci- Pulignani (vol . VI, fasc . VI) contiene : 1. Faloci-Pulignani D. M. L'indulgenza della Porziuncola 2. D'Alençon P. E. Giacomo da Settisolio - 3. Labanca B. Sguardo agli scrittori francescani di S. Francesco del secolo XIX 4. Bibliografia fran5. L'Archivio Comunale di Assisi 6. Un testimonio per la Porziuncola 7. Poeti francescani del 300 8. Un libro di Bernardo da Bessa - 9. Un breviario di S. Bernardino da Siena 10. Lettera della b. Angela da Foligno . Notevole l'articolo cescana - - - - ANALECTA UMBRA 403 del prof. Labanca ( pag . 169-195) riprodotto dal periodico milanese Il pensiero italiano » che « è una sintesi diligente e giudiziosa degli studi francescani in Italia in questi ultimi cinquanta anni », dice il Faloci, che addita come si possano completare le lacune dell'autore e come accettare i giudizi . Del Faloci- Pulignani è pure un opuscolo dal titolo : Lettere di S. Francesco d'Assisi sul culto della SS. Eucarestia ( Foligno, tip. degli Artigianelli , 1896) . È dedicato al Fumi e preceduto da brevi ma importanti dichiarazioni : « richiamare l'attenzione dei dotti e degli uomini pii sovra documenti pregevolissimi della vita di S. Francesco : far conoscere ai medesimi alcuni squarci assai insigni di letteratura teologica e mistica, e tentare di ridurre questi documenti ad una lezione che più si avvicini alla forma genuina datagli dall'autore iniziare un lavoro, il quale accerti questi scritti essere autentica fattura del Santo . . . » questi gli scopi del Faloci col pubblicare due lettere e una ammonizione ; le prime, scritte nel maggio 1221 , a giudizio dell'egregio editore ; l'altra non facile a congetturare . Le lettere, una diretta ai frati , l'altra ai preti, si completano a vicenda, e tanto esse quanto l'esortazione parlano del Corpo di Cristo con sublimità di pensiero e soave espressione di sentimento. Di S. Francesco è importantissimo lo studio di Gaetano Negri contenuto dei suoi Saggi critici (Meditazioni vagabonde, Milano, Hoepli, 1897) . - La puntata numero 7 degli Atti dell'Accademia Properziana del Subasio in Assisi, reca, fra altro , una lettere del 1380 estratta dall'Archivio di Stato di Venezia scritta ad Antonio Venier doge di Venezia dal minorita Francesco da Montone di Perugia che partecipa il privilegio accordato dal Comune di Assisi ai Veneziani di portare armi impunemente per tutto il tempo delle feste del perdono e di portare per le vie della città dispiegato il vessillo di S. Marco. A ricordo del terzo centenario di S. Filippo Neri, che nel settembre 1895 fu con feste solenni celebrato anche a Perugia, la Congregazione dell' Oratorio di questa città ha raccolto in un elegante fascicolo pregevoli lavori letterari ed interessanti memorie 404 ANALECTA UMBRA storiche ed artistiche . Queste riguardano specialmente le origini e la esistenza di detta Congregazione in Perugia, rammentano uomini insigni che ne hanno fatto parte o con essa hanno avuto rapporti, ed illustrano insieme con l'annesso Oratorio, la Chiesa Nuova, che è per la sua ricchezza e leggiadria meritevole di particolare considerazione . Il nostro socio signor Adolfo Morini ha dato alle stampe « La Regola Spirituale di Fra Simone da Cascia » , facendola precedere da una studio in cui discorre della opinione, che sempre più va acquistando terreno e secondo la quale , se non tutte, almeno alcune delle opere attribuite al Cavalca devono invece assegnarsi a Fra Simone Fidati. Il Morini dà prova di avere con altento amore e da giovane colto qual'è esaminato la questione, ed è da augurarsi che egli ne tratti anche più diffusamente e contribuisca così alla scoperta del vero « che o ingigantisca la fama del Cavalca , o spazzi quella indecorosa polvere di che il secolo nostro ha cosparso la grandezza del Fidati » . Il cav. Lorenzo Franceschini pubblica una lettera al prof. Gabotto nel Bollettino storico- bibliografico subalpino (a. I , N. IV- V, pag. 291-297) Intorno al b . Simone da Cascia . Dati pochi cenni biografici di Simone Fidati (nn . 1285 1358) , attinti a notizie lasciate da Marco Franceschini già arciprete di Cascia sullo stesso soggetto, parla delle opere da lui lasciate vantandone il pregio letterario e pensando con compiacenza che molte scritture che vanno sotto il nome del Cavalca si abbiano a riferire al suo illustre concittadino ; come già molti tennero fin dal secolo XIV, e in specie Lo specchio di croce, le trenta stoltizie e il trattato degli Spirituali. Il signor Antonio Domenico Pierrugues Barone Forget de Barst ha pubblicato (Firenze, stabilimento di Gius . Pellas, 1897) i Giornali del Principe d'Orange nelle guerre d'Italia dal 1526 al 1530 insieme all' Elenco dei gentiluomini della casa militare del Principe e dei capitani, agenti ed uffiziali dell ' Imperatore e del Papa nella guerra di Firenze. Il signor Pierrugues nel dare alle stampe i Giornali e l'Elenco, ANALECTA UMBRA 405 dichiara che i primi furono offerti ai suoi studi dal signor Augusto Caston, il quale ne trasse copia dagli originali esistenti negli archivi del Doubs, e che il secondo fu compilato col resoconto delle spese fatte nell'assedio di Firenze da Baccio Valori commissario di Clemente VII, colle lettere degli oratori senesi e dei commissari ed agenti dell'Imperatore e del Papa nel campo cesareo, con quelle del Principe a Carlo V e con altri documenti. Ognuno riconoscerà l'interesse di questa pubblicazione, reso anche maggiore dalle brevi, ma opportune note, delle quali il Pierrugues l'ha corredata . Nel citato elenco sono ricordati Giovanni d'Urbino luogotenente generale del Principe d' Orange, che mori nel 1529 a Foligno in seguito ad una ferita riportata sotto Spello, Braccio Sforza e Galeazzo Baglioni, Girolamo e Marcantonio Meniconi, Baldassarre della Staffa e i capitani Ballottola e Antonio e un Bernardino bombardiere tutti di Perugia, Alessandro, Ferrante, Antonio e Maria Vitelli, nonchè i capitani Vincenzo e Giovanantonio da Città di Castello . Fra i capitani è pur fatta menzione di un Giangiacomo d'Amelia, di un Marinangelo e di un Vittorio da Terni, e di un Felice da Montone. L'opuscolo va adorno d'un ritratto del Principe d'Orange riprodotto da quello che si vede a capo del lavoro del Sandret, nonchè d'una incisione raffigurante la lapide sepolcrale di Filiberto esistente a Lons - le - Saunier in Borgogna. Della Beata Battista da Varano de' Signori di Camerino ha coi tipi Borgarelli, Camerino 1897 , pubblicato un canto in ottava rima (Colloquio che fa l'anima innamorata, che languisce d'amore, con Gesù Cristo suo diletto sposo) il canonico Milziade Santoni Bibliotecario della Valentiniana di quella città. Le ottave sono in parte in un codice di detta Biblioteca , ed il Santoni ne ha poi trovato altra copia più completa in un codice umbro miscellaneo di ascetica francescana , che appartenne ad una suora Agnesina Baldeschi di Perugia, pervenne quindi nella raccolta dei manoscritti del conte Giacomo Manzoni, e finalmente fu testè acquistato dalla Biblioteca Casanatense. Al Canto il Santoni fa precedere uno studio , ove adduce i motivi dai quali è indotto ad attribuirlo alla Varano. 406 ANALECTA UMBRA Nel Giornale Storico della letteratura italiana, vol. XXIX, p. 565, il prof. F. Novati pubblica, traendole dagli Annali Decemvirali del Comune di Perugia, alcune notizie riguardanti il commentatore di Dante, fra Giovanni da Serravalle, che nel 1400 e 1401 fu in Perugia, insegnandovi, predicandovi ed ingerendosi anche in politici negozi . Il prof. Novati, richiamandosi alla comunicazione da lui fatta nel Bollettino della Società Dantesca Italiana (n. 7, dicembre 1891 ) di altri documenti sui rapporti interceduti tra la Repubblica di Firenze e frate Giovanni negli anni 1395, 1401 , 1404, 1406, afferma che le notizie degli annali Perugini contribuiscono a rendere più esatta la conoscenza di quel periodo della vita di Fra Giovanni « intorno al quale gli editori del suo commento non avevano saputo raccogliere che vaghi e slegati ragguagli » . I tipografo G. Guerra ha pubblicato una breve ma accurata descrizione che del Sepolcro dei Volunni ha fatto il prof. Angelo Lupattelli. Questa descrizione riuscirà utile ai numerosi forestieri che visitano la città nostra e ai quali il volumetto tornerà anche più gradito per le cinque incisioni in tipofotografia, insertevi a meglio illustrare il celebre ipogeo. Il ch. C. Drury E. Fortnum ha pubblicato nello scorso anno in Oxford ( Clarendon, 1896) lo splendido volume dal titolo Maiolica a historical treatise, ecc. : la parte illustrativa delle maioliche nostre è a pag. 140 e segg. La storia di quelle di Maestro Giorgio è corredata di riproduzioni bellissime di piatti che appartennero all'autore ed ora sono nel Museo Ashmolean di Oxford. Uno di questi è riprodotto a colori nel principio del libro ed è forse del 1515, due tazze sono del 1520 e 1536. Delle maioliche di Città di Castello è detto a pag. 224 ; di Deruta a pag. 226-235 ; di Foligno a pag. 237 ; di Spello e di Umbertide, ivi . Nella seconda parte del volume Marcks and Monograms sono le firme e i monogrammi di m. Giorgio, pag. 26 e segg. , numeri 247-271 . Quelle stupende riproduzioni son pure nell'altro volume dello stesso autore A descriptive Catalogue of the Maiolica ... in the Ashmolean Museum di Oxford, già Collection Fortnum (Oxford, Clarendon, 1897) . Il Fortnum, giovi ricordare, è ANALECTA UMBRA ' 407 l'autore del Catalogo delle maioliche del Museo Kensington di Londra (Museo Britannico) , in cui tanto largamente è studiata l'arte di maiolicare nell' Umbria e ne son riprodotte le opere migliori (Descriptive Catalogue of the Maiolica ... in the South Kensington Museum ; London , 1873) . Fra i pittori ricordati dal prof. E. Calzini nel discorso che il 28 marzo disse in Urbino per l'anniversario dalla nascita di Raffaello, fu Ottaviano di Martino, del quale nella patria del Sanzio si conservano alcuni affreschi . Trattando dell'arte in Urbino avanti Raffaello, il C. non potè passar sotto silenzio l'artista eugubino, uno de' più caratteristici e gentili maestri umbri. Con lui s' apre il ciclo più importante delle pitture eseguite in Urbino nella prima metà del sec. XV ; ma s'aggiunga che allora soltanto cominciarono i Duchi a partecipare ai godimenti della vista e dello spirito. Questo specialmente avvenne per opera d'una gentildonna, la sposa di Guidantonio, la quale in mezzo ai costumi rudi ancora e militareschi della corte de' Montefeltro portò un senso nuovo di gentilezza e d'eleganza . Ed a lei dovè molto il pittore di Gubbio. Le pitture che questi eseguì nell' oratorio di S. Croce in Urbino erano, forse, molte ; benchè il C. non gli possa attribuire che una Vergine col putto, incoronata dagli angeli, sul piccolo altare a destra di chi entra nella chiesa : non altro vi resta delle pitture che Ottaviano vi compiè dal 1428 al 32. Maggiori e migliori prove del valor suo s'hanno invece in una celletta campestre, a un chilometro da Urbino, fuori della porta S. Lucia, chiamata della Madonna dell ' Uomo : v'è in affresco rappresentata la Vergine che accoglie sotto il manto molti devoti ; ai lati sono quattro santi ( due per parte) ; s . Nicola vescovo e s . Bartolomeo a sinistra , s . Pietro e s. Paolo a destra . Ciascuna di queste figure sta sotto un baldacchino archiacuto, sorretto da colonnine a spirale e istoriate. Più e meglio che qui, ne sarà detto in un volume sopra Urbino e i suoi monumenti che il professor Calzini pubblicherà nel prossimo agosto, quando in Urbino s'inaugurerà il monumento al sommo pittore. 408 ANALECTA UMBRA Il signor Leone Dorez nella « Revue des Bibliothèques » , fascicolo del marzo-aprile 1897, pubblica, traendoli dal cod . G. 18 della Comunale di Perugia, l'inventario dei libri manoscritti e stampati che appartennero a Pier Leone Leonj di Spoleto medico di Lorenzo de' Medici, nonchè l'elenco di altri libri del Domencano G. B. Bracceschi Fiorentino ; quest'ultimo aveva inviato due copie di detto inventario al Card . Sirleto, al quale aveva scritto da Spoleto, in data 1° marzo 1583, che i 220 volumi del Leonj erano stati stimati 400 scudi da sapienti medici e filosofi , fra cui Giovan Bernardino Rastelli di Perugia. Che il Rastelli fosse un giudice competente, può sicuramente affermarsi quando si rifletta che egli non solo fu valente medico e filosofo, ma tenne altresi a suo conto una tipografia. Il Dorez crede che la copia dell'inventario esistente nel Codice perugino possa essere quella stessa che fu sottoposta all'esame del Rastelli dal Bracceschi, corrispondente del Card. Sirleto. Non v'ha dubbio che questo catalogo sia importante, offrendo esso, come afferma il dotto editore , « una idea esatta del come era formata la Biblioteca d'un medico celebre in quell'epoca, quando la scienza, malgrado i suoi sforzi verso il progresso, era ancora quasi esclusivamente tributaria della tradizione greco - araba » . 409 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE - CIRO TRABALZA . Della vita e delle opere di Francesco Torti di Bevagna con una lettera di Luigi Morandi. Bevagna, Tipografia Properziana, 1896 . - Raccomandiamo ai nostri lettori questa pubblicazione , che è pregevole per il soggetto di cui si occupa e per il modo col quale del soggetto medesimo l'egregio prof. Trabalza discorre . Del resto la raccomandazione migliore del libro si ha nella lettera che lo precede, indirizzata all'autore dallo illustre Luigi Morandi . Questi afferma che dal lavoro del Trabalza « la figura di Torti viene fuori qual era realmente, modesta sì, ma simpatica » e poi aggiunge che anche per la forma il volumetto può riuscire una lettura piacevole per qualunque colta persona » . Lode più autorevole certo non poteva attendersi il giovane e valente professore, che con dottrina e con affetto ha onorato la memoria dell'insigne bevanate. Dopo una breve introduzione , il Trabalza nel capitolo primo si occupa della vita e del carattere di Francesco Torti e passa quindi nei tre capitoli seguenti a discorrere delle più importanti opere di lui , che sono il Prospetto del Parnaso Italiano , l'Antipurismo, la Corrispondenza di Monteverde e l'Apologia di questo medesimo scritto : infine tratta nel capitolo quinto delle opere. minori e nel sesto degli scritti inediti del letterato Umbro, ma ne tratta, giustamente riconoscendo che nè le prime accrescono (ad eccezione delle Osservazioni critiche alla Bassvilliana a noi malauguratamente pervenute soltanto in parte, e della Filosofia 410 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE delle Medaglie) nè i secondi accrescerebbero di molto, anche se pubblicati, la fama del Torti. Comunque però, ci sia lecito far voti perchè in un'altra edizione, che gli auguriamo, del suo lavoro, possa il Trabalza stampare in appendice alcune almeno di quelle Lettere romane, che non possono non avere importanza storica , se, dettate all'epoca della Rivoluzione francese, « rispecchiano, come scrive il Trabalza stesso, l'allegria e la spensieratezza in cui si viveva a Roma, mentre a Parigi il sangue scorreva per le vie ». Il Torti, in un'epoca in cui nella letteratura la forma uccideva la sostanza , dimostrò come a questa debba sempre subordinarsi la prima, e come alle discipline letterarie spetti ognora un alto compito umanitario e civile. Il suo opuscolo Il Purismo nemico del gusto fu acerbamente combattuto dal Giornale Arcadico, ma egli trovò un compenso alle fiere accuse di quel periodico nelle lodi che gli venivano da illustri cultori delle belle lettere ; fra questi segnaliamo il Niccolini che lo encomiava e lo incoraggiava con le seguenti parole: « Or non è egli il colmo della sfacciataggine chiamar cattivo italiano chi fa guerra a questi studi meschini [ dei puristi ] per i quali intisichisce l'ingegno e grida congiungete al linguaggio la filosofia, ricordatevi che le favelle seguono i progressi della ragione ? Si certamente ; conviene essere un Ottentoto per proferire tanta bestemmia » . ་ Come di questo opuscolo, così degli altri (Risposta ai Puristi, Dante rivendicato, Le bellezze poetiche di Ossian imitate dal Monti), i quali tutti furono poi raccolti e pubblicati sotto il titolo di Antipurismo, il Trabalza addita i pregi non comuni e segnala imparzialmente i difetti, intrattenendosi in modo speciale sul Dante rivendicato, dove il Torti seppe con coraggio e dignitosamente affrontare il Monti divenutogli, da amico anche troppo benevolo, nemico eccessivamente fiero ed ingiusto . E su tale inimicizia e sulle cause che la provocarono, prima fra queste l'epigrammat dettato dal Torti contro il Perticari, il Trabalza, oltrechè nel primo capitolo, s'intrattiene anche nelle pagine che consacra alle Osserrazioni critiche alla Bassvilliana, nelle quali pagine calorosamente difende lo scrittore di Bevagna opponendosi agli apologisti del poeta, e in modo speciale ad Achille Monti. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 411 Senza dubbio, al pari di tutti coloro che con grande energia. intendono ad un solo scopo e dànno alle loro indagini e agli studi loro un indirizzo unilaterale, il Torti non seppe evitare siffatto pericolo e trascurò troppo la forma, nella quale manifestò i suoi pensieri ; niuno però potrà mai togliere a lui il vanto di aver sostenuto e difeso nobilissimi ideali e di essersi consacrato a render popolari quei principi che ai suoi tempi erano da molti chiamati utopistici e che oggi pure, con tutta la nostra vantata civiltà , non sono interamente posti in pratica . Non senza ragione Vincenzo Monti ebbe a lodare nel Torti un sommo critico, e Giambattista Niccolini potè definire l'opera di lui intitolata Prospetto del Parnaso Italiano a la meglio pensata che avesse l'Italia in fatto di critica » . Il Trabalza, affermando che il Niccolini non adulava l'amico con tale giudizio, dichiara di trovar questo ispirato a giustizia, avuto in particolar modo riguardo alle condizioni in cui erano la critica e la storia letteraria allorchè vide la luce il libro del Torti ; noi siamo del tutto concordi con l'egregio autore, il quale, pure apprezzando ed ammirando le doti dello scrittore di Bevagna, ne dimostra con serenità i difetti e gli errori . Il bel libro del Torti « La Corrispondenza di Monteverde » , giudicato da Pietro Thouar altamente educativo e morale, è degno di esser letto e studiato anche nell'epoca nostra, essendo appunto una di quelle opere , che sono altresì buone azioni ; quel libro è dei non molti che « rifanno la gente » e Dio solo sa se anche adesso v'è bisogno, e bisogno sentitissimo , che la gente sia rifatta ! Prescindendo anche dagli apprezzamenti, che sulla Corrispondenza possono portarsi dal punto di vista letterario e nei quali il Trabalza non è certo verso il Torti indulgente, riman sempre a nostro avviso (anche se voglia riconoscersi che non pochi dei concetti del bevanate non sono più in armonia con alcuni principi oggi generalmente riconosciuti giusti) , la somma importanza di quest'opera di lui, come studio filosofico e sociale . Tale importanza è con rettissimo criterio segnalata nella lettera, che a proposito della Corrispondenza scrisse Enrico Mayer e che molto opportunamente il Trabalza riproduce nel suo volume : del resto, il valore del libro del Torti è attestato anche dalle opposizioni che esso trovò nei governi del tempo in cui vide la luce, e 412 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE - ne sono testimonianza altresì le fiere ma inconsulte accuse mosse al Torti dal conte Monaldo Leopardi che augurava « mille capestri intorno al collo » a questo « spasimante per l'indipendenza italiana » . A quelle accuse rispose il Torti con l'Apologia della Corrispondenza, dando nuovo saggio della squisita sua urbanità, del potente suo ingegno, dell' onestissimo animo suo. Nella conclusione al suo lavoro, che di tutta l'attività del Torti, e quale uomo e quale scrittore, presenta uno specchio fedele, il professore Trabalza riferisce la sentenza del critico Giusto Lipsio : <« Alii habent, alii merentur famam » ed afferma che « tra questi ultimi è, indubbiamente, Francesco Torti » . Il Trabalza tanto più ha diritto di asserir ciò, quanto meno ha adulato l'uomo illustre del quale ha impreso a discorrere, e noi, condividendo pienamente l'opinione da lui espressa, gli diciamo che egli , col rivendicare dall'oblio il nome di Francesco Torti, ha meritato e merita, come cultore degli studi letterari e come cittadino, le lodi più ample e sincere. V. ANSIDEI. GIULIO URBINI . Le Opere - di Spello. Roma, 1897. (Estratto dall' Archivio storico dell' Arte, serie II , a . II, fasc. V ; a. III , fasc. 1). Studiare con amore e intelletto i monumenti e gli oggetti d'arte del proprio luogo ; ricercarne l'origine e la storia ; fare indagini per iscoprire i nomi di coloro che li crearono o vi presero comunque parte ; e illustrarli poi con sicura conoscenza , giovandosi di fotografie per risparmio di tempo, e talvolta di fatica e di noia per chi descrive o per chi legge ; tale in complesso lo scopo nobilissimo, nobilmente raggiunto, che il prof. Giulio Urbini s'è prefisso con la pubblicazione del suo lavoro . Riassunta brevemente, dall' origine , la storia di Spello ch'egli crede fosse veramente Colonia Giulia come « n'assicurano Plinio il vecchio e Igino il Gromatico ; ricordata la sua importanza al tempo di Roma pagana ; accennato alla decadenza della città per le invasioni barbariche ; alle vicende del medioevo ; al diretto dominio della chiesa ( 1583) per la morte dell' ultimo de' Baglioni RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 413 che la tennero con qualche intervallo sin dal secolo XIV ; l'Urbini giunge a ' giorni nostri osservando, con ragione, come la piccola città umbra benchè più non sia « neppur capoluogo di mandamento, occupa sempre un posto molto distinto tra le città minori dell' Umbria per le sue tante e importantissime opere d'arte, visitate spesso da italiani e da stranieri ; ma richiedono da parte de' cittadini più vigili cure che pel passato, più amore ch' al presente ; giacchè il bello non dovrebbe andar disgiunto dal bene » . Cominciando dal più antico, descrive gli avanzi della mirabile Cerchia romana, dei quali un sol tratto rettilineo, conservatissimo , misura circa 110 metri ; le Porte romane a massi squadrati enormi, altri tratti di mura, le due belle Torri di pianta dodecagonale, ecc . Sopra la Porta Consolare, che in origine doveva essere fiancheggiata da due torri, sono state collocate tre statue di marmo del basso impero. Pare provengano da due basamenti scavati presso l'Anfiteatro, sulla fine del secolo XVI, e rappresentino « una casta, come dice il Nostro, nonchè chiarissima e munificente Licinia Vittorina e un Caio Matrinio Aurelio Antonino, uomo perfettissimo, insignito di molte dignità , tra cui quella di pontefice della gente flavia, e benemerito della Colonia »> . Fatto cenno del Tempio di Diana che da secoli più non esiste e d'una Fontana medioevale, demolita , l' A. si ferma dinanzi ad una Casa del Rinascimento ch' egli crede appartenesse alla nobile famiglia Venanzi . Più innanzi è la chiesetta di s . Bernardino la cui facciata gli offre occasione di pensare a uno de' migliori allievi del Pinturicchio (ma non ne dice il nome) quale autore degli affreschi che la decorano ; e per altri affreschi ancora si ferma un momento nella piazzetta e nella chiesuola di sant'Angelo . Rintesse quindi la storia dell' antichissima chiesa di s . Maria Maggiore. Della facciata nuova si pose la prima pietra il 17 giugno del 1644, anno nel quale il bel tempio fu allungato. Costruttori della facciata furono : un maestro Belardino e un suo nipote , del quale non si conosce il nome ; ma non l'opera di costoro ci mostra la parte più bella del tempio, nè di quelli che presero parte ai lavori del prolungamento della chiesa . Per le preziose opere d'arte, invece, che vi si conservano, si deve ripetere col Gautier che " se non si ammira lo scrigno, bisogna pure ammirare le gioie ». Dalla pila dell' acqua santa (un'Ara funeraria romana ri- 414 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE dotta a pila ) alle pitture degli altari , dal pulpito alla Tribuna, tutto qui dentro ferma l'attenzione del visitatore intelligente , e l'Urbini ne trae il maggior profitto, con acume di critico , con la pazienza dell' investigatore dotto e diligente ; si che questo tempio costituisce la parte più importante del suo studio . La maggiore attrattiva sta nelle pitture ; ma io non mi so dar ragione del perchè il bravo prof. Urbini continua a ritenere per incerta la prima tavola , di cui egli parla quando accenna al primo altare , mentre dice che critici competenti come il Morelli, il Cavalcaselle e il Frizzoni la giudicano del Pinturicchio. Ma il semplice raffronto con altre opere di questo maestro non doveva essere sufficiente per togliere quell' « attribuita » sotto la I tavola presentataci a pag. 13 ?
 Ben a ragione di questa chiesa continuansi a giudicare , quale ornamento suo più ragguardevole, le pitture di Bernardino di Betto, nella cappella de' principi di Spello, i Baglioni ; infatti i tre grandi affreschi rappresentanti l'Annunciazione, l'Epifania ẹ la Disputa coi dottori, e la volta con le Sibille Tiburtina, Eritrea, Europa e Samia formano un ciclo di pitture murali di prim'ordine, benchè vi prendessero parte, come giustamente osserva anche l'Urbini, diversi aiuti del genialissimo maestro . Tali lavori danno occasione al N. di tessere alcune pagine descrittive e fanno ricordare e tener nel debito conto giudizi già espressi intorno ad essi da critici eminenti ; ma il lettore sempre desideroso d'apprendere qualche cosa di nuovo, e lo storico che da cotesti studi parziali di opere d'arte vuol attingere nuovi fatti per intessere con sicurezza e larghezza maggiore la sua storia, attendevano che l'egregio professore affacciasse almeno, con verosimiglianza , alcun nome di coloro che, secondo lui, avrebbero prestata l'opera propria negli affreschi della cappella Baglioni. Ben è vero che per voler tentare qualcosa di simile, in proposito dello scoprimento delle sale Borgia, su per alcuni periodici romani è avvenuto appunto qualche cosa di strano. Anche i meravigliosi freschi di quelle sale, com'è noto, furono diretti ed eseguiti in gran parte dall' amabile Pinturicchio . Alcuni scrittori del principio di questo secolo e altri de' nostri giorni hanno fatto nomi di artisti contemporanei del maestro che l'avrebbero aiutato nelle pitture del Vaticano . Or bene, non è mancato chi , alzando un po' la voce, ha scritto che tutti , o quasi, i lavori delle sale Borgia apparlengono a Bernardino di Betto e che non c'è ragione di far nuovi nomi, « essendochè dette pitture debbono essere state fatte dal maestro con i proprii scolari » . Oh benedetta cocciutaggine ! Chi sono dunque cotesti scolari di Pinturicchio che con lui lavorarono in Vaticano ? Ma sì , è proprio da questo lato che certi sapientelli non sanno capire . D'altra parte è anche vero che non simili esempi possono far deviare uno studioso modesto, ma altrettanto serio e coscienzioso quale l'Urbini, o farlo tacere quand' egli avesse buone ragioni per indicarci , secondo il suo giudizio, l'artista o gli artisti che nelle pitture della cappella Baglioni aiutarono il Pinturicchio.
 Continuasi nella descrizione delle opere d'arte conservate nella chiesa di S. M. Maggiore toccando delle altre pitture d'altare ; del bel pulpito di Simone da Campione e della magnifica. Tribuna, tutta di marmo, di Rocco da Vicenza, posta davanti all'abside e ricoprente l'altar maggiore. Della quale opera l'U. può offrire una splendida fotografia degli Alinari . Essa devesi porre, secondo i documenti da lui veduti, nella seconda decade del secolo XVI. A p. 25 segue anche il disegno di una parte del bel pavimento di maiolica della fabbrica di Deruta che adorna la Tribuna. Le mattonelle quadrate in terra cotta invetriata misurano centim. 18 , per lato. Dietro l'altare è segnato l'anno 1566, la data del pavimento magnifico con rabeschi di smaglianti colori, su fondo azzurro, fregi bianchi e intrecci di fogliami, oppure su fondo bianco con mascheroni, grifi, grottesche, foglie e fiori , il tutto armoniosamente combinato con svariatissime tinte .
 De' due affreschi del Perugino sulla fronte dell'abside, ai lati della Tribuna, è riprodotto in questo studio, quello a sinistra con la Pietà : la Vergine seduta , sostenente il Cristo morto, s. Giovanni e la Maddalena ginocchioni, a mani giunte. Nell'altro affresco è figurata la Madonna col Bambino in trono, corteggiata dai santi Caterina e Biagio. La prima di queste pitture è firmata e l'Urbini ha trovato documenti che attestano della paternità vera de'due affreschi , i quali appartengono senza dubbio al maestro di Raffaello, ma all'ammiratore delle soavi figure di Pietro producono una grande disillusione ; non par vero che nello scorcio di sua vita potesse egli operare come uno dei suoi mediocri imitatori .
 L'abside, che è ancora l'antica, conserva tutt' in giro affreschi di maniera grottesca, che andrebbero scoperti dall' intonaco fermatovisi per le diverse mani di bianco passatovi sopra . Accennato al poco o nessun valore artistico del coro a doppio ordine di stalli , del secolo XVI, a una Madonna col B. e s . Antonio, dipinti sul muro, di Scuola umbra, a una finestra colorata , ad alcune tele del Cinquecento, l'A . ci conduce ad ammirare l'opere d'arte nella cappella del Sacramento : un'altra finestra a colori, un tabernacolo ricchissimo di marmo, uno scanno con intarsii del 1503 e 1505 , un altro affresco (con un angelo) del Pinturicchio, una Croce capitolare, splendidamente cesellata (riprodotta a tav . XI) e smaltata, da Paolo Vanni perugino. A tav. XII riproduce una dolcissima figura di Madonna col B. benedicente, del Pinturicchio ; e anche qui l'A . , certo innavvertitamente , lascia scritto ch'essa è solamente attribuita al geniale maestro . Si notano ancora in questo tempio 11 tavolette uguali formanti un tempo una cantoria, un bel Lavabo intagliato del secolo XVI, due armadi antichi intarsiati , ecc.
 Passando poi in Via Cavour l'A. ci conduce ancora dinnanzi ad un affresco di Bernardino di Betto o di tale che ne imitava la maniera ; quindi nella chiesa di s . Andrea apostolo che il N. studia e illustra con la solita diligenza . Anche questa chiesa e l'annesso convento meritano tutta la nostra attenzione per la quantità considerevole di oggetti d'arte e di pitture che qua e là l'adornano ; ma il capo principale, e che più interessa il visitatore , consiste nella grande sala d'altare che lo stesso Pinturicchio vi dipinse, servendosi degli aiuti di Eusebio da S. Giorgio e di altri per gli ornamenti della pittura . Benchè a tav. XIII ne sia data una buona fotografia, essa è dall'A. minutamente descritta . Rappresenta la Vergine col Putto in trono (a cui fanno corona due angioli e quattro cherubini) corteggiata da quattro santi . Sul primo gradino del trono sta il piccolo s . Giovanni seduto e in atto di scrivere sur una cartella svolta sopra le ginocchia : ecce agnus dei.
 Nulla è dimenticato in questo studio sulle opere di Spello, ed è perciò che l'Urbini ci parla dell'orfanotrofio maschile che racchiude pur qualche oggetto o memoria d'arte ; della piazza V. Emanuele con la Rocca un tempo abitata dai Baglioni ; del palazzo RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 417 comunale, dove tra altro è una raccolta di lapidi romane, l'archivio notarile e la biblioteca ; della piccola chiesa detta della Misericordia con affreschi di pennello umbro ; dell'ospedale della Nuova Unione con altre pitture ; del Collegio Rossi ; della storica chiesa di S. Lorenzo con dipinti, marmi, intarsii pregevoli , una croce capitolare attribuita al mentovato Vanni di Perugia e un grandioso pulpito di noce riccamente istoriato, ecc. Nel quarto capitolo sono studiate le opere del Rione S. Martino : la Fortezza antichissima, il Monastero di Vallegloria, la chiesuola di Santa Barbara, la Posterula, il teatro e piccole chiese ancora con lavori di minor importanza ; nel capitolo seguente cominciasi il giro nei dintorni di Spello, e la prima tappa del visitatore vien segnata dalla visita alla chiesa e convento di S. Girolamo eretti nel 1474 a spese di Braccio Baglioni. Qui, oltre il resto, sono altri affreschi dell'operosissimo Bernardino di Betto e d'altri pittori della sua scuola. Di tre di tali affreschi sono date le fototipie. Vengono poi le chiese di Paterno dove s'ammirano ancora buoni dipinti sulle pareti ; così in Santa Maria e in Sant'Anna, di Scuola umbra ; e giotteschi, nella massima rovina, in quella della Trinità, e altri nella chiesa di S. Ventura, ecc . Compiuto il giro lungo la via perugina e tornando sulla provinciale, l'A. ci indica l'antical chiesa di San Claudio, tutta in pietra a tre navi, interessantissima. Continuando ancora ci pone sott'occhio e avanzi di costruzioni romane e cimeli d'antiche pitture . Chiude infine lo studio ragguardevole, la descrizione della Rotonda eretta a circa due. chilometri dal paese, antica tanto che non mancano prove per crederla un mausoleo romano, e una ricca appendice bibliografica . Certo, se tutti i piccoli paesi della penisola, che guida non hanno o non avranno forse mai, trovassero illustratori intelligenti come l'Urbini, non soltanto il famoso catalogo dei monumenti d'arte chi sa per quanti anni ancora di là da venire sarebbe facilmente compilato ; ma un reale vantaggio ne trarrebbe la storia dell'arte in Italia , e l'idea di una bibliografia artistica italiana più non si presenterebbe fra noi con la parvenza d'un sogno . - E. CALZINI. 26 418 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE MORELLI GIOVANNI (IVAN LERMOLIEFF). - Della pittura italiana. Milano, Treves, 1897 ; in 4º, pp. XXVIII- 337, con 81 incisioni. - Dell' uomo, come studioso, critico e patriota, ha detto molto bene il Frizzoni nei Cenni biografici che precedono lo splendido libro : il critico, sopra tutto, vi è tratteggiato e giudicato con autorità e dottrina singolari . Tra gli scritti suoi, nuovi ed originali per acutezza di osservazioni e di giudizi , di quelli che riguardano Le opere dei maestri italiani nelle Gallerie di Monaco, Dresda, Berlino fu nell'86 pubblicata la traduzione in italiano dall'editore Zanichelli alcuni di questi studi che illustrano la Galleria Borghese (illustrano gli altri la Galleria Doria Pamphili di Roma) apparvero tra il 74 e il 76 nel periodico Zeitschrifte für bildende Kunst del prof. Carlo von Lützow. Qui non del libro , che ha dato e darà frutti di ammaestramenti magistrali, sia opportuno dir brevemente : giovi piuttosto spigolar quei giudizi che si riferiscono ai monumenti dell'arte nostra pittorica . A proposito del ritratto virile, segnato col num. 397, della Galleria Borghese, il Venturi ( Il Museo e la Galleria Borghese, Roma, 1893, pag. 191 e seg. ) credette di non ravvisarvi quello del Pinturicchio, il quale ben altro ritratto di sè dipinse in S. Maria di Spello ; ma si mostrò proclive ad aggiudicare quella opera bellissima al Pinturicchio. Questi, si sa , fece il ritratto di Serafino Aquilano, di cui riman solo il ricordo e la lode in tre suoi sonetti perchè non supporre che appunto sia il ritratto, sconosciuto finora, del poeta cortigiano ? Opportuna dimanda, ma, secondo il Frizzoni (Archivio storico dell'arte, a. III, fasc. 2º), non accettabile congettura . All' Holbein prima, e poi al Perugino ed al Sanzio (al secondo dal Mündler) fu attribuito quel ritratto : all'ultimo lo dà , invece , il Morelli . « Sin dal primo momento che lo vidi (egli scrive, a pag . 135 ) mi fece l'impressione d'un lavoro dell'età giovanile di Raffaello, circa l'anno 1502. Non posso quindi accordarmi col defunto Mündler nel ritenerlo l'autoritratto di Pietro Perugino. La capigliatura è ordinata con sentimento affatto raffaellesco e colla grazia a lui propria, gli occhi hanno una vivacità, uno splendore che difetta per lo più nelle teste del Perugino : il naso e la bocca sono più poderosa- RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 419 >> . mente modellati di quello che sogliono essere nei ritratti del Perugino. Infine la lucentezza delle carni è tutta propria dell'Urbinate. In proposito vorrei esortare i miei amici a confrontare questo ritratto coll'una o coll'altra delle teste degli apostoli nell' Incoronazione della Madonna di Raffaello , della Pinacoteca Vaticana » . Ma non credasi definitivo il suo giudizio : Carlo di Lützow e il Minghetti gli dierono ragione ; torto i critici di Berlino ed Eugenio Müntz. D'un altro ritratto, quello di un ragazzo ( num. 399 della stessa Galleria) , fu dette ch'era di Raffaello ; altri lo giudicarono di Timoteo Viti e di Pandolfo Ghirlandaio : l'opera , dice il Morelli, è di bottega e affatto insignificante ; tanto rifatto, notò il Venturi, esso appare da non essere agevole i fissarne l'autore e da giudicarlo soltanto di scuola peruginesca. Pel Morelli, se fosse il caso di mettere innanzi un nome d'artista, potrebbe esserne l'autore Domenico Alfani : « si confronti, egli aggiunge, questo ritratto col Presepio dello stesso , num. 24 nella Galleria comunale di Perugia Al Perugino giovine egli restituisce un altro ritratto, al num. 4 della Galleria Borghese di città , ch'è copia dell'originale esistente in quella degli Uffizi in Firenze (num . 1217) e rappresenta , credesi, Alessandro Braccesi. Sebbene il Cavalcaselle ed il Crowe l'abbiano attribuito a Lorenzo di Credi, pure il Morelli ha le sue buone ragioni per giudicarlo del Vannucci : a parer suo « è composto con troppa vivezza per Lorenzo di Credi, ed anche il colore è troppo caldo » ; e non esita « a tenerlo per un buon lavoro giovanile di Pietro Perugino del 1485-90 circa, a un dipresso dell'epoca stessa della così detta. Monaca di Leonardo nel Palazzo Pitti » . Codesta Monaca (num. 40 della Galleria Pitti ) fu data al Franciabigio ; ma basti, secondo il Morelli, osservarne la forma della mano, e « chi ha familiarità colle mani di Pietro non esiterà a riconoscere che quel ritratto è opera sua » . Delle relazioni tra gli Ubertini e il Perugino è largamente trattato nel cap. sul Bachiacca (Francesco Ubertini), di cui a rappresentare il periodo peruginesco, cioè dell'influenza di Pietro, stanno due quadri, il Noli me tangere e la Risurrezione di Lazzaro nel Museo di Oxford (Christ Churh College) . Codesto periodo, egli pensa, dura fin verso il 1518, della qual'epoca è l'interessante quadretto di Adamo ed Eva nella collezione del dottor G. Frizzoni a Milano. Questo piccolo dipinto passava tempo ་ " 420 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE - fa per opera di Giulio Romano. Venduto a Roma, fu battezzato col nome di B. Peruzzi . In questo quadro degno di nota , nel quale la correzione del disegno tuttavia lascia alquanto da desiderare, il Bachiacca evidentemente si valse del piccolo cartone del suo maestro Pietro Perugino, che aveva servito a quest'ultimo pel suo famoso quadro Apollo e Marsia, presentemente esposto nel Salon carrè del Louvre sotto il nome di Raffaello, largitogli dal suo primo possessore . Il cartone del Perugino, trattato precisamente nella stessa maniera del disegno di Oxford ( collezione dell'Università) rappresentante l'arcangelo Raffaele e il piccolo Tobia (Robinson Catal . , num . 16) si trova nell'Accademia veneziana, anche là, come si capisce , indicato come opera di Raffaello . Il Bachiacca non fece che convertire l'Apollo in un' Eva e il Marsia in un Adamo . Del quadro il Crocifisso, s . Girolamo e s. Cristoforo (num. 377 della Gall. Borghese) , che il Morelli dà al Pinturicchio ed il Venturi a Fiorenzo di Lorenzo, fu fatto cenno in questo Bollettino , I, 434 e segg. Il Morelli vi riconobbe «< lo spirito e la mano dell'artista , senza sapere ch'esso era già stato citato dal Vermiglioli come opera di Bernardino Betti » (Memorie di Bern. Pint. , pag. 109 e segg. ) ; ed aggiunse in nota che il quadro allora apparteneva ad un dottore di Monaco » . Ma il Venturi risponde ( Museo cit . , pag. 184) che il Vermiglioli « parla di un quadro di altre maggiori proporzioni » . Di quale ? : il dissenso tra i due critici dotti è così grave che varrebbe la pena d'indagare e narrare le vicende della tavola e stabilire qual'è la pittura di cui tratta il Vermiglioli . Delle altre due tavole, num. 49 e 57 , il Morelli asserisce che l'una, datane « l'esecuzione troppo dura e meschina pel maestro medesimo » , è da attribuirsi a un allievo suo ; e che l'altra , aggiudicata allo Spagna, rivela lo spirito e la tecnica del Pinturicchio, tanto più che « le ombre sono tratteggiate nella stessa maniera de'suoi disegni a penna » . « -- G. MAZZATINTI. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 421 DOTT. ANGELO FANI . La Deportazione, studio di diritto punitivo per dissertazione di laurea in giurisprudenza . — Ermanno Loescher, Roma. Unione Tipog . Cooperativa, Perugia, 1896 . Diamo un cenno di questa interessante pubblicazione, ancorchè essa a prima vista possa apparire estranea all'ordine di studî cui specialmente si consacra questo Bollettino, poichè l'egregio autore dott. Angelo Fani, prima di esaminare la pena della deportazione dal punto di vista scientifico, l'ha considerata dal lato storico, dimostrando per tal modo di volere nello studio della gravissima questione far tesoro degli insegnamenti dell'esperienza. Il Fani comincia dal discorrere della deportazione presso i Romani, osservando che a Roma risale l'origine di detta pena ; fa menzione del modo assai limitato nel quale essa fu applicata durante l'epoca carolingica, e poi brevemente, ma con chiarezza e dando prova che il poco che dice è frutto di coscienziose ed accurate indagini, si occupa dei vari Stati d'Europa e d'America, presso i quali, dopo la scoperta di quest'ultima, la deportazione apparve di nuovo non come pena di per sè stante, ma come aggravante di altre pene. E poichè la deportazione fu ed è anche adesso largamente praticata in Russia, in Inghilterra, in Francia , il dott. Fani prende accuratamente a studiare questa pena, dimostrandone per ognuno dei tre accennati Stati lo svolgimento dalle origini sino ai nostri giorni. In questi primi quattro capitoli del suo lavoro il Fani dimostra singolari attitudini agli studi storici , ed offre saggio di quanta utilità questi riescano a procedere con passo fermo e sicuro nelle indagini scientifiche . Ed invero nella seconda parte del suo libro, nell'esame della quale a noi non è dato addentrarci, il giovane e valente autore, si dichiara favorevole a tal pena che, secondo lui, si racchiude « il segreto della scienza penitenziaria », ma giunge a questa conclusione dopo avere scrupolosamente osservato come la deportazione medesima sia stata e sia praticata presso i vari popoli civili . Nè è a tacersi che il dott. Fani sostiene la deportazione, siccome quella che, mentre tutela i diritti della società, ha per fine anche la emenda dei colpevoli ; egli pone come principio fondamentale del diritto penale la tutela giuridica e come fine l'emenda di questo criterio eclettico noi lo lodiamo, essendo 422 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE convinti che il seguire rigidamente un solo indirizzo è prova che da chi lo segue non si rammenta essere la storia maestra della vita. Ma il rimprovero di siffatta dimenticanza non può certo muoversi al dott. Fani, che anche nella parte riguardante l'Italia risale ai precedenti storici per giungere ad affermare che anche nel nostro paese sarebbe opportuna ed utile la deportazione . L'esame dei mezzi migliori , coi quali questa pena potrebbe introdursi fra noi , ha dato occasione al Fani di consacrare un capitolo del suo libro, capitolo che è interessantissimo, alla Colonia Eritrea e all'odierno problema coloniale. È proprio dei giovani, che hanno ingegno e che studiano e che perciò veggono, senza però lasciarsene scoraggire, tutta la difficoltà dei problemi alla cui soluzione si consacrano, il confidare si nelle proprie forze, ma il domandare anche con lodevole modestia lume e consiglio ai più sapienti ed esperti : questa buona via ha tenuto il dott. Fani, che alla eletta schiera di quei giovani appartiene ; egli, non contento di avere studiato profondamente per conto suo l'istituto della deportazione ed esaminato da sè la questione coloniale in genere e in particolare rapporto coll' Italia , ( e di ciò fanno pur fede la diligente rivista bibliografica, la rassegna dei congressi penitenziari e il copiosissimo elenco bibliografico delle opere consultate, citate e richiamate) , ha altresì rivolto a persone autorevoli e competenti non poche domande ; le risposte da lui avute figurano fra gli allegati al volume, e della importanza di tali risposte sarà persuaso ognuno che sappia che talune di esse furon date dal compianto Antonio Cecchi , dall'onor. Leopoldo Franchetti, dal comm. Luigi Bodio . Le lettere indirizzate al Fani dai nominati e da altri egregi of frono nuova testimonianza del pregio del lavoro che abbiamo brevemente preso in esame, e noi non possiamo che congratularci col dott. Angelo Fani, il quale con questa dissertazione di laurea non solo ha molto bene coronato il corso dei suoi studî, ma dà completo affidamento che di questi studi sarà sempre un valoroso ed appassionato cultore. V. A. 423 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI - R. Istituto Storico Italiano. Bullettino, n. 18. - Le più antiche carte diplomatiche del Monastero di S. Giusto di Susa ( 1029-1212 ) , con una tavola. Un trattato inedito del secolo XV sulla tecnica dell'arte . Archivio Storico Italiano . ( Dispensa 1ª del 1897) . Memorie e documenti. Il carteggio di Bettino Ricasoli (Dall'anno 1829 all'anno 1860) , DOMENICO ZANICHELLI. Aneddoti e varietà. Corrispondenze. Notizie. ---- Rassegna bibliografica. - Archivio Storico per le provincie Napoletane ( Anno XXII , fasciscolo I) . CERASOLI F. , Clemente VI e Giovanna I di Napoli. ( Documenti inediti dell'Archivio Vaticano, 1343-1352) ( continua) . NUNZIANTE E., I primi anni di Ferdinando d'Aragona e l'invasione di Giovanni d'Angiò (continua). CAPASSO B., Masaniello ed alcuni di sua famiglia effigiati nei quadri, nelle figure e nelle stampe del tempo. Note storiche . MERCALLI, Ragguaglio del terremoto successo in Puglia a' 30 luglio 1627. Rassegna bibliografica . Notizie ed -- indicazioni bibliografiche . Idem. Indice generale dei volumi I a XX (1876-1895) compilato da - BENEDETTO MARESCA. Archivio Storico Lombardo ( Serie III , Fascicolo 13º) . – Memorie. -- Notizie storiche topografiche della città di Mantova nei secoli XIII e XIV, S. DAVARI. Contributi alla Storia della ricostituzione del Ducato milanese sotto Filippo Maria Visconti ( 1412-1421) , C. ROMANO. Per un libello contro Galeazzo Maria Sforza, A. CAPPELLI. Bibliografia Bollettino di bibliografia Storica Lombarda ( dicembre 1896, marzo 1897) . - R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria per le antiche provincie e la Lombardia. Miscellanea di Storia Italiana (Terza serie , tomo III). CALLIGARIS G. , Due pretese dominazioni straniere in Sardegna nel secolo VIII. TURLETTI C. , La rivoluzione del 1797 in Fossano e Racconigi e la sollevazione della truppa francese in -- 424 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI Torino, narrate da contemporanei. SAVIO F. , Il monastero di - S. Teofredo di Cervere ed il culto di S. Teofredo in Piemonte. MAIOCCHI R., Un diploma inedito di Re Lotario, riguardante la città di Como. PERRIN A. , Le trésor de la Chapelle du châtean des Échelles , commanderie de S. ' Jean de Jerusalem. Inventaires inėdits du XVI siècle . Documents sur la prise du château par Lesdiguières. GABOTTO F. , Documenti inediti sulla storia del Piemonte al tempo degli ultimi Principi di Acaia ( 1383-1418). CAIS DE PIERLAS E., Obituaire de l'ancienne cathédrale de Nice. CARUTTI D. , In memoria del senatore Carlo Negroni. Società Storica per la provincia e antica diocesi di Como. (Vol. XI) . D. 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Schiumberger Gustave, L'epopée byzantine à la fin du dixième siècle, N. BAROZZI. Henri Cordier, Cen- ― - tenaire de Marco Polo, G. B. La lirica del mare, G. B. Atti e memorie della Società Siciliana per la Storia Patria (Anno XXI, GARUFI C. A. , Ricerche sugli usi nuziali nel Me- Fascicoli III- IV) . dio Evo in Sicilia. - - ROMANO S. , La costruzione della torre di Ligné - --- ― DI GIOVANNI V. , Il tranG. GIORCELLI, Documenti storici ed i tumulti popolari a Trapani nel 1673. sunto dei diplomi del monastero del presbitero Scholaro di Messina. Rivista di Storia, Arte, Archeologia della provincia di Alessandria (Anno VI, Fascicolo 17º) . Studi del Monferrato : VIII. Cronaca del Monferrato in ottava rima del march. Galeotto del Carretto del Terziere di Millesimo, 1493. — F. GABOTTO, Asti e il Piemonte ai tempi di Carlo d ' Orleans (1407-1422) . - Memorie e notizie. PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 425 Monumenta Alexandrina. - Archivio di S. Maria di Castello edito a spese -- ― del municipio di Alessandria da FRANCESCO GASPAROLO. Studi e documenti di Storia e Diritto. Pubblicazione periodica dell'Accademia di conferenze storico- giuridiche (Anno XVIII, Fascicolo 1º- 2º) , - Sui contratti agrarii medioevali , S. D'AMELIO. — Dalla Geografia di Strabone. Nuovi frammenti scoperti in membrane palinfeste della Biblioteca Vaticana, G. Cozza-Luzi. Di un frammento di una vita di Costantino, nel cod. greco 22 della biblioteca Angelica, P. FRANCHI DE' CAVALIERI. Usi e regolamenti per gli scavi di antichità in Roma nei secoli XV e XVI, F. CERASoli. Note bibliografiche. Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie Modenesi (Serie IV, Vol . VIII) . Il matrimonio di Giacomo Stuart Duca di York ( poi Giacomo II Re d'Inghilterra) con Maria d'Este, 1673, U. DALLARI. Lettere inedite di Francesco Guicciardini, L. STAFFETTI. Felice Alessandri maestro di cappella di Federico Guglielmo II Re di Prussia, L. F. VALDRIGHI. Bonafini Caterina. La signora Chiara ed altri musicisti , L. F. VALDRIGHI. Trattato seguito nel 1665 fra il Duca Carlo Emanuele II di Savoia ed il Duca della Mirandola Alessandro II Pico per la coltivazione di miniere con preambolo e note del Barone G. Claretta , F. CERETTI. - Di un trattato seguito nel 1665 fra il duca Carlo Emanuele II di Savoia e il duca Alessandro II della Mirandola per coltivazione di miniere, G. CLARETTA. Diploma di Luigi XII Re di Francia a Francesca Trivulzio Pico contessa della Mirandola, F. CERETTI. Soste in Modena di Giovanni d'Angiò e di Carlo V, A. G. SPINELLI. del Modenese, A. CRESPELLANI. R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere . - - - - — - Scavi Memorie. Classe di let- (Vol. XX- XI della serie III , Fasci- - rotere , scienze storiche e morali colo V) , C. SALVIONI. Postille italiane al Vocabolario latino manzo. Rendiconti (Serie II , Vol. XXX, Fascicoli 3° a 11.° École française de Rome. Mélanges d'Archéologie et d'histoire (a. XVII, Fasc. 1' ) . S. Maria antiqua. Notes sur la topographie de Rome au moyen-âge, VIII , L. DUCHESNE. Le vie d'Athanase patriarche de Constantinople ( 1289-1293, 1304-1310) , H. DELEHAYE . Trésors d'Églises. Ascoli Piceno et l'orfèvre Pietro Vanini, E. BERTAUX. Les rapports financiers de Grégoire XI et du duc d'Anjou, L. MIROT. - -- I R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Degli studi storici relativi al Friuli nel decennio 1886-1895 , G. OCCIONI BONAFFONS. primi settarj contro il mistero dell ' incarnazione del Verbo e la religione or professata dagli Abissini, G. BELTRAME. Circa l'epi- 426 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI tafio di Jacopo Doudi , F. CIPOLLA. Virgilio guida di Dante, F. CIPOLLA. Dante e Petrarca, F. CIPOLLA. Su talune glosse agli statuti civili di Venezia composte nei secoli XIII e XIV, E. BESTA. — Gli spogliatori di Venezia artistica e della necessità di una legge sulla conservazione degli oggetti d'arte , P. MOLMENTI. Il prestito dei codici manoscritti della Biblioteca di S. Marco in Venezia ne' suoi primi tempi e le conseguenti perdite dei codici stessi , C. CASTELLANI. L'America del Nord vista a volo d'uccello nel gennaio 1897 , A. Rossi. Frammenti Vianiani, II . Una frase allusiva a Stefano Ghisi, G. B. DE TONI. R. Società Romana di Storia Patria. Atti del sesto congresso storico italiano (Roma, 19-26 settembre 1895) . - - R. Accademia dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Rendiconti (Serie V, Vol . V, Fascicoli 11° , 12° e Indice del Volume, Vol. VI, Fascicoli 1º e 2º) . R. Accademia delle Scienze di Torino. Atti (Vol. XXXII, Disp. 1ª a 4ª , 1896-97). R. Osservatorio astronomico di Torino. Osservazioni meterologiche fatte nell'anno 1896 all'Osservatorio della R. Università di Torino calcolate dal dott. G. B. Rizzo . Bollettino della Società dantesca Italiana, Vol. IV, fasc. 4º e 5º) . Miscellanea storica senese ( Anno IV, numeri 11 a 12) . Bollettino storico-bibliografico subalpino diretto da FERDINANDO GABOTTO (Anno I , num. 6, Anno II , num . 1°-2º ). Erudizione e Belle Arti, miscellanea diretta dal prof. F. RAVAGLI (Anno III, Fascicoli 5º a 7°) . Nuova Rivista Misena, diretta dal cav. A. ANSELMI (Anno IX, num . 7-8). Bollettino della Società Africana d'Italia (Anno XVI, Fascicoli 1º e 2º) . Rivista di Storia antica e scienze affini diretta dal dott. GIACOMO TROPEA (Anno II , Fascicolo 2º) . Analecta Bollandiana (Tom. XVI, Fascicoli 1º e 2º) . Miscellanea storica della Valdelsa (Anno V, Fascicolo 1º) . Accademia Dafnica di Scienze, Lettere ed Arti in Acireale. -- Atti e rendiconti (Vol. IV, Anno 1896) . Rassegna Abruzzese di Storia ed Arte diretta da G. PANSA e P. PICCIRILLI ( Anno I, num. 1). Rivista delle Biblioteche e degli Archivi, periodico diretto dal dott. G. BIAGI (Vol. VII, num. 9-10-11-12) . Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno 1896. La Civiltà cattolica (dal quad. 1117 al quad. 1126 ) . Rivista di Artiglieria e Genio ( Vol . II , aprile e maggio) . La Cultura moderna, rassegna quindicinale di Scienze, Lettere ed Arti e miscellanea ( Serie I, Anno I , Vol . I, Fascicolo 5, quad. 6-17) . PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 427 ― -- CECI G. e PENSI G. Statuto di Todi del 1275 con lettera del prof. Francesco Schupfer, Todi , A. Trombetti tip . - edit. , 1897. Della inaugurazione di una lapide all ' avv. EUSTACHIO CABASSI Storiografo Carpigiano . Ricordi, Carpi , 1897. CLARETTA G. , Di alcuni aguati di Antonio Rosmini a Torino sul principio del secolo XVIII, Torino, Clausen, 1897 . CECI G. - Documenti sui diritti del Comune nel Brefotrofio di Todi , Todi, tip. Foglietti , 1896. PRATESI P. Sul vero luogo della battaglia detta di Gubbio o di Tagina (Anno 552) . Nota storica, Torino, tip . G. B. Paravia e C. , 1897. MORINI A. La regola spirituale di Fra Simone da Cascia, Perugia, Unione tipografica cooperativa, 1897. ― 429 ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA dal 1320 al 1330 studiati su documenti inediti dell'Archivio segreto Vaticano (V. fasc. prec. n. 7, pag. 257) . II. Federico di Guido da Montefeltro, che avversò la Chiesa e combattè gagliardamente contro la parte guelfa, ebbe taccia di eretico e di praticare il culto di una idolatria, le cui strane forme rivelano un curioso movimento di reazione dello spirito umano ; anzi un pervertimento degli spiriti, che pare appena credibile avesse potuto far presa sopra un certo numero di persone, e persone anche di qualità. Egli, educato alla scuola del padre, che fu uomo non meno forte in guerra che di mente sagace, era cresciuto sotto il vessillo ghibellino. Ai suoi tempi Filippo il Bello impugnò acremente il principio della supremazia papale. Al dominio temporale, nelle terre della Chiesa, i partigiani dell' impero opposero l'autorità dei capitani di popolo, i quali venivano annunziando, qua e là, gli abusi dei tiranni. In quel vacillare del reggimento civile ecclesiastico, contro Bonifacio VIII che se ne fece strenuo difensore, il re di Francia era andato lusingando le ambizioni dei signori, e, chiesto appoggio ai baroni romani, aveva loro detto : << Fate me senatore di Roma; io lascerò libera la Chiesa terrò il Patrimonio di San Pietro, incaricandomi di esigerne le imposte e pagarne i pesi, e darò al papa un lauto 27 430 L. FUMI assegno, qual basti al rappresentante di Cristo » (1). Questo, in breve, l'ambiente politico di fuori, nei migliori anni di Federico. Quali fossero gli esempi in casa, ce lo dice Dante. La Romagna che non fu mai senza guerra ne' cuor de' suoi tiranni » (Inf. XXVII, 37-38) nutricò quel bellicoso Guido, a cui il poeta fece dir di sè in tal modo : << l'opere mie non furon leonine, ma di volpe : gli accorgimenti e le coperte vie io seppi tutte ; e si menai lor arte ch ' al fine della terra il suono uscie » . (Ivi , 71-78). Poi se si fè frate minore ( 1296) , ottenne assoluzione a patto ingiusto, sebbene poco verisimilmente la storia ammetta il detto dell' Alighieri, che s' inspirò, più che alla verità, al suo apprezzamento verso Bonifacio. Ad ogni modo, quel disprezzo dal poeta accentuato in Guido contro il papa, è il disprezzo dei regi, per i quali non fu che intruso, falso, ladrone, nemico di Dio e degli uomini, affogato nelle eresie. La memoria di quel papa stesso offesa da Clemente V, il quale la lasciò sottoporre all' infamia di un processo, alla pari con l'ordine. de' Templari, inaspriva la lotta fra Chiesa e Stato ; e la lontananza della Sede cresceva le tendenze a ridurre l'Italia al principio d'unità fra popolazioni più affini fra loro, e specialmente fra i popoli soggetti alla S. Sede. In questo, Federico vedeva la via a soddisfare la sua passione politica. Il dominio che tenne di Pisa, il vicariato imperiale di Arezzo, la signoria di Urbino e di Gubbio gli fecero sentire la fidu- (1) CANTÙ, Gli eretici d'Italia, I, 149. ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 431 cia nel suo spirito di conquista ; e sognò uno stato sulle rovine del dominio temporale, arrisagli la speranza dallo sgoverno delle provincie, rette da francesi inabili e corrotti, dal parteggiare violento dei numerosi tiranni e dalle debolezze dei tralignati Comuni. Dante, amico quale egli fu di Bonconte, fratello di Federico, avrebbe facilmente scoperto nell' animo del prode capitano quella passione conquistatrice ; e se il veltro potesse essere mai un soggetto non indeterminato, Federico da Montefeltro, che mirava ad abbattere in ogni città i rettori pontificî, sarebbe il più vicino, fra tutti i capi di parte ghibellina, a raccogliere e rappresentare in sè l'allusione, intorno alla quale i chiosatori esercitarono le fantasie, come sopra una divinazione. Si fecero tanti sogni per ricercare l'uomo che ai popoli appartenenti alla parte inferiore d'Italia, ossia, secondo il poeta, dal Po in giù, apporterebbe salvezza ( « di quell'umile Italia fia salute » ), che immaginarne un altro pensando a Federico I da Montefeltro, vale assai meglio che fantasticare con i contemporanei di Federico II della stessa casa, i quali vollero in questi concretare il fatidico salvatore d' Italia (1) . Non è egli chiamato nel Convito nobilissimo latino » il padre di Federico I ? E nella Divina Commedia non è detto « di quella dolce terra latina» il Montefeltro, quasi a spiegazione dell' « umile Italia » ? (2) . Federico, i cui successi in Romagna, quando corse in aiuto del ghibellino card. Napoleone Orsini, scacciato da Bologna e da Firenze, e i fatti d'arme in Toscana, quando cavalco fin sotto le mura fiorentine aveangli cresciuto bal- (1) Federico duca di Urbino e il « veltro dantesco di LUDOVICO FRATI in Arch. St. per le Marche e per l'Umbria, vol. II , fasc. IV, an. 1885. A Federico II Giovanni Cioi fiorentino (1431 ?) dedica versi , dove svolge l'allusione del « veltro ». (2) « Tutti coloro, i quali da Dante son detti latini appartengono alla parte inferiore d'Italia, cioè dal Po in giù ; mentre quelli che da esso son detti lombardi, appartengono alla parte superiore, cioè dal Po in su. Di qui s'avrebbe il significato dell'umile Italia, cioè, l'Italia inferiore, per cui morìo la vergine Cammilla, Inf. I , v. 106, 107 » (FRATICELLI, La Divina Commedia. Firenze, 1860 , p . 192, n. 26-27) . 432 L. FUMI danza, ebbe il torto di scoprirsi troppo presto tiranno ( 1 ) . Nel capitanato di Cesena, fu, per questo, scacciato, dopo un anno, a furia di popolo. La guerra che portò, per vendetta, su quel territorio ( 2) gli aumentò la fama di uomo crudele, non avendo ribrezzo di macchiarsi perfino del sangue de' poveri bambini. Dopo la rotta da lui data sotto Jesi agli anconitani, che vi rimasero, fra morti e feriti, più di cinque mila, una notte, con Guido Tigna suo figlio, a capo di grossa masnada sorprese Cagli ; e abbattute le porte e rotti gli steccati, invase la pacifica città, ne scacciò Muzio de' Gabrielli e la mise a ferro e a fuoco. Narrano che qui violasse monache e pie vergini. Cavalcando a bandiere spiegate la Marca, a Fabriano, a Fermo, a Macerata, da per tutto, sono ricordati atti di fiera conquista compiuti da lui, dai suoi figli o dai suoi consorti, come il guasto e l' incendio dati al castello e al borgo di Pira, a S. Fumia, a Monte Rubiano, a S. Donato e ai territori di Osimo e di Recanati. Nel conflitto intorno a questa ultima città rimasero morti un cugino e un nepote del marchese della Marca, 300 suoi aderenti furono trucidati, donne e fanciulli massacrati, il vescovo costretto a fuggire, quello di Osimo rinchiuso in duro carcere. Dice il Reposati che in quel furore si fecero tali enormità « che non permette la modestia il descriverle » (3) . Una volta che il marchese mandò a Federico una lettera per mezzo di un suo balio, (1) COLUCCI, Antichità picene, t. XX, Fermo, 1793, riporta un discorso dell'ab. d. ANDREA LAZZARI, De' conti Feltreschi di Urbino ecc. , dove a pag. 41 si fa la vita di Federico . « La prima impresa che fece fu che nel 1300, vivendo suo zio Galasso, insieme con Ubertino Malatesti ed Ugone della Faggiola, allora Potestà di Gubbio, cacciarono da questa città la parte guelfa ; ma gli Eugubini avendo ricorso a Bonifacio VIII, venne ordine al card . Napoleone Orsini Governatore di Spoleti, di assediar Gubbio : fu il tutto eseguito, e li 23 giugno se ne impadronirono i guelfi scacciando Federico (pag. 41 , 42, nota d. ). (2) Narra GIOV. GALLO GALLI nella Vita di Federico che vinse i Cesenati oppostisi con quei di Rimini quando egli ( 1395) con Urbinati e Forlivesi si fece a soccor rere il card. Napoleone. (3) REPOSATI, Della zecca di Urbino e delle geste de'conti e duchi di Urbino, I, Bologna, 1772, pag. 94. V. ivi un commentario della vita di Federico. ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC . 433 persona di qualità , quando questi fu alle porte di Urbino, egli lo fece prendere e carcerare, e lo avrebbe mandato anche a morte, se non fosse riuscito al prigione di fuggire ( 1 ) . Dopo avere conquistata quasi tutta la Marca, fuori di Ancona, capitano di Osimo, di Recanati, degli estrinseci di Iesi, ecc. , Federico si avvicinava nell' Umbria, preceduto dal terrore. Alleato con Guido Tarlati di Pietramala, che non mancava mai di favorire un movimento di ribellione appena se ne presentava il destro, dovette confidare in lui, facilmente, per tenere in scacco i perugini, i quali avrebbero avuto alle spalle i ghibellini di Arezzo, mentre egli con i rinforzi spediti a Muzio di Francesco teneva un passo avanzato in Assisi e a Nocera, occupava Norcia e Spoleto, assumendo il titolo. di duca. « Era podestà di Spoleto (dice il barone Sansi) messer Ruggero da Fabriano ghibellino ; erano nell'ufficio del Comune Manente Grimaldori, Domenico Paganucci e Giacomo Borsini della stessa fazione. Fu quindi ai ghibellini cosa facile mutare lo stato, quando l'autorità era già in gran parte in mano dei loro. Convenuto il modo, fu dato segreto avviso alle genti del Montefeltro che stavano in Assisi, le quali, come quelle che tal cosa aspettavano, subito si mossero. Quando queste erano sul giungere, il Podestà e i tre sunnominati fecero improvvisamente, al suono delle trombe e della campana, convocare nel palazzo uno straordinario Consiglio : v'accorse la moltitudine de' ghibellini armati, escludendone a forza chi non fosse dei loro . Quivi fu subito decretata la riforma della città a parte ghibellina e l'espulsione de' guelfi. Erano capi di quella violenta adunanza e insieme della parte, Enrico di messer Abrunamonte di Chiavano, Vanni, Pietro, Andrea, Tommaso e Ranotto signori d' Ancaiano, Rinaldo di Lapparino, Ghino e Rinaldo di Simone Fidanza, Petruccio Castelli, Matteo e Paolo Transarici, Alleuro Petroni, Bartolello (1) Secret. Joan. XXII, an. V, p. I, c. 5 t. 434 L. FUMI Bancaroni, Matteo Galli, Matteo e Ottaviano signori di Arrone, Niccolò di Rocca Accarini, i quali tratta a sè tutta l'autorità e tolto il gonfalone del Comune, uscivano, seguiti da settecento ghibellini armati, nobili i più , o principali cittadini, e percorrendo le vie, levavano la città a rumore contro i guelfi, i quali visto ciò che si faceva, aveano mandato a Perugia per soccorso. Molti di quelli che essendo venuti al Consiglio vi erano stati respinti andarono a raccogliersi nella cattedrale, dove, mentre il rumore cresceva, e le uccisioni incominciavano, tutti coloro che non poterono trovare altro scampo trassero con le loro famiglie, e furono intorno a seicento guelfi quelli che ivi ricoveratisi si afforzarono come poterono, confidando dovesse essere loro sicuro schermo, almeno fino che desse giù quella prima furia, la fortezza e la santità del loco . Miseri ! I ghibellini avendo seco le milizie venute da Assisi, menata strage di quanti guelfi trovarono per la città, vennero a bandiera spiegata al duomo, e cir condandolo, ne cominciarono l'assalto come d'un castello avrebbero fatto. Lo tennero assediato tutta la notte, e la seguente mattina, espugnata ogni difesa e gettatene a terra le porte, vi si versarono dentro, e attendendo essi a sfogarsi con opere di sangue, lasciarono tutto in balia delle genti del Montefeltro e della rapace plebaglia. Furono spogliati gli altari ; fu rotta la porta della sacrestia e rubati i vasi sacri e ogni altro ornamento ed arredo prezioso, il tabernacolo ricchissimo dell' Icone e un altro d'oro delle reliquie della croce di Cristo . De' guelfi molti furono morti ; gli altri ritenuti prigioni : tra' morti si contarono lo stesso priore della chiesa e messer Simone priore di S. Erasmo. Tra i presi, Simone Riccardi e Pietro Blasi canonici, e undici fra frati e chierici con altri cento cittadini riscattatisi con molt' oro furono cacciati in bando. Gli altri, uomini, donne, fanciulli, tratti, a forza, di chiesa furono racchiusi parte in una gran torre degli Anselmi nelle vicinanze della chiesa di S. Benedetto, parte in certe basse e oscure vôlte, avanzi ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 435 di terme antiche, presso S. Agata, che ancora si conservano sotterra. Quivi, la più parte in ceppi, furono con scarso cibo e durissimi trattamenti tenuti due anni e cinque mesi, dopo de' quali ebbero quella sorte che si dirà a suo tempo. Furono costoro sopra 400, molti de' quali gentiluomini e capi di parte, che o per isdegno non vollero pagare le grosse taglie che erano state loro imposte, o non poterono, per le rapine e per gli incendi, in cui perdettero ogni loro avere. Chè, proseguendo i ghibellini il corso dei loro eccessi, dopo avere inferocito sugli esseri umani, rivolsero la loro rabbia contro le pareti, e dato il sacco a sessanta delle principali case, fra le quali quella de' Manenti sotto il duomo, e degli Agurri, antichi e possenti cittadini, vi misero il fuoco, nè più perdonarono a' tuguri, chè oltre quelle sessanta, disfecero dugento case di popolani guelfi » ( 1) . Che a preparare questa ribellione si adoperassero anco gli eretici, ce lo fa sapere il papa, Giovanni XXII, quando narrando i casi di Spoleto, dice che « gli spoletini non contenti di avere accolto in città il conte di Montefeltro, scomunicato, eretico e perfido idolatra, pubblico nemico di Dio e rabbioso persecutore della Chiesa sua sposa ; non contenti di averlo acclamato loro duca, a provocare maggiormente l'ira del cielo contro la loro superbia e trascendere vieppiù contro la verità della fede cattolica, disserrarono il carcere a Pietro de' signori di Ancaiano che era stato condannato a vita dall' inquisitore per eresia, e lo portarono agli uffici del Comune » (2) . Fecero ugualmente con altri condannati per la stessa colpa, cioè con Massiolo Abbadangoni e con C) SANSI, Storia del Comune di Spoleto , ecc. Foligno , p. I, 1879. - L'illustre storico spoletino ( ivi , pag. 192 , n. 2 ) seguendo il Pellini, op. cit. , e il Muratori, pone la ribellione al novembre 1320, anziché al 1319, come fanno il Villani, il Graziani e il Parraccio. Ma i documenti offertici dall'Archivio Vaticano e dall'Archivio di Perugia ristabiliscono la data primitiva del 1319. Erra però il Villani ponendo la ribellione di Spoleto avanti a quella di Assisi (VILLANI, lib. IX, § 103, 138) . (2) Secret. Joan. XXII, t . III, c. 123 b. 436 L. FUMI Bonagura Odoli ( 1 ) . Tutti costoro avevano fraternizzato coi vicini marchegiani, fra i quali s'erano diffuse le eresie per impulso del conte di Montefeltro. Che alcuni maestri di superstizione fossero venuti da Recanati e da Osimo a Spoleto (2) , non pare fuori di probabilità. La Marca pullulava d' eretici, e abbiamo ricordo di un Carlo da Recanati, consorte di Federico, che per sfuggire alle indagini degli inquisitori, riparò nel dominio veneto. Il doge lo fece carcerare, e l' inquisitore, Bonagiunta da Padova, lo condannò (3) . Il papa lo richiese per consegnarlo alla curia del marchese, a cui apparteneva (4). Osimo ricettava eretici idolatri, che prestarono aiuto a Federico ; e messer Lippaccio, il più notevole dei suoi compagni, fu scomunicato (5) . L'inqui- (1) V. ivi sopra. - (2) Così nelle storie inedite del Campello da me vedute in Spoleto, mss. Campello, an. 1321. - Ivi si cita il Regesto vaticano di Giovanni XXII inesattamente. La notizia che il papa togliesse a Spoleto la giurisdizione sulla terra Arnolfa per punir la città di avere accolto gli eretici della Marca non è stato a me possibile fin qui rinvenirla negli atti di quel pontefice. Il Sansi, ripetendola, riprodusse dal ms. Campello anche la sbagliata citazione così come si trova. (3) Secret. Joan. XXII, t. II , c. 1051 . (4) Ivi. (5) Principali ribelli di Recanati e di Osimo, processati da fra Lorenzo de Mondayn, furono tutti trovati « pravitatis heretice et abominabilis ydolatrie labe respersi », e il dichiarò « hereticos et ydolatras ». Il papa ordinava poi al rettore della Marca e a quello del ducato di Spoleto di arrestarli e imprigionarli : « Cum igitur heretici et ydolatre supradicti vinculis diaboli, cuius tenebrosa prosecuntur opera, laqueati, mentibus obstinatis, in sui erroris dampnabili cecitate persistant, nec ad gremium matris Ecclesie redire procurent, nos.... fraternitati tue per apostolica scripta mandamus quatinus hereticos et ydolatras antedictos, ubicumque in provincia et terris tuo commissis regimini poterunt reperiri, capi et in tuto ac debito carcere cum omni diligentia custodiri facias, quousque a nobis super hoc aliud receperis in mandatis. . . . Dat. Avinion . Kal. Augusti an. sexto » . ( Secret. Joan. XXII, t. III , 134 b. ) . Da un altro atto risulta che gli stessi Lippaccio e Andrea suddetti avendo occupato Osimo e commessi molti eccessi, non perdonarono al vescovo medesimo, e messegli sopra le mani, lo strapparono dalla cattedrale, « ipsumque compedibus ferreis irretitum duris carceribus manciparunt et detinuerant, sicut adhuc detinent captivatum » (Secret. Joan. XXII, t . V, 185 b. ) . Ribelli ed eretici principali della Marca, autori della rivolta di Fabriano, Fermo e Macerata, furono pure i seguenti : Bartolomeo abate di S. Benedetto, Carino secolare della chiesa di S. Venanzo di Fabriano, i priori dell'Ospedale di Albacina, pievani, e canonici e oltre a sessanta laici (Ivi) . - ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 437 sitore, frate Lorenzo de Mondayn, dichiarò ostinati eretici ed idolatri, fra molti altri seguaci del Montefeltro, Lippaccio e Andrea Guzzolini di Osimo, Jacomo e Berardo Percivalle, Aioletto Cruciani, Cetolo Corradi, Piercivalle di Gabriele da Recanati e Tarabotto di Rinalduccio de' Tarabotti di Ancona ( 1). Complice di Guido, un amico di questi, Malatesta, deferito da Cante Gabrielli al papa come sospetto d'eresia, era stato preso con Guido stesso e imprigionato da Cante e poi restituito al marchese (2) . I difensori di Fano, tutti della stessa tinta, Bononino e Upizzino, patirono la scomunica insieme. ai Montefeltro. E, in generale, il papa contro tutti quelli rimproverati di favorire o di ricettare i ribelli aggravava la colpa, onde si erano fatti rei verso la fede il conte Federico e i figli. Ringraziando i comuni e le città che gli prestarono le milizie per sconfiggerli, si vale, a rimunerazione di premio, delle grazie spirituali : e quando ai Malatesta di Rimini, nemici acerrimi dei Montefeltro, ebbe condonato il maltolto, impose loro per condizione di far viva guerra a Federico, eretico e idolatra (3). Il che avendo essi eseguito bravamente a capo dei popoli di Città di Castello, di Gubbio, di Perugia e di altri, primi a riportarne lodi furono Branca dei Brancaleoni di Città di Castello (4), Pandolfo e Ferrantino di quella casa ; su loro contava, eccitandone nuovamente gli animi, « poichè ( diceva il papa) l' ostinata empietà di quei ribelli esigeva che contro di essi con tutta la costanza si spingesse la guerra » (5). Sarebbe mai credibile la colpa di Federico ? La sentenza onde egli è accusato di idolatria, dà nel vago e nell' indeterminato. Le profane superstizioni rimproverategli accennano ad un culto nefandissimo da lui praticato, senza che ne sia (1) Secret. Joan. XXII, t . III, c. 134 b. (2) Ivi, t. II, c. 106 t. (3) Ivi, t. III, c. 147 a. (4) Ivi, t. II, c. 102 b. (5) Ivi, t . III, c . 136 a. 438 L. FUMI punto dichiarata la forma. « Nemico della Chiesa cattolica, bestemmiatore di Cristo, sovvertitore dell' ortodossia , demolitore dei diritti della S. Sede » , sono tutte espressioni generiche, onde si riassume tutto l'operato di un ghibellino accanito, ma nessun particolare è aggiunto che dia credibilità all' eresia. Eppure Lorenzo di Mondayn, prima di condannarlo, si era fondato su documenti veridici : il consiglio degli uomini periti aveva riconosciuto « empio >> Federico. Il papa lo afferma ( 1) . Forse, la nota d'idolatria, appostagli con tanta asseveranza, dispensava i suoi giudici da una indagine minuta, che a noi ci permetta di scorgere un sistema metafisico da lui seguito. Egli era sopratutto un arme, datosi per morto alla causa dell' impero e al ghibellinismo : gli si farebbe troppo onore a considerarlo o un averroista ritardatario, o un precursore del peripatismo platonico, o un adoratore di Aristotele, siccome molti fra i pensatori suoi contemporanei. Sarà più facile pensare che egli famigliarizzasse con i demoni, a modo di Pietro d' Abano, il quale se li teneva chiusi dentro un' ampolla, di quello che (1) Non solo è ciò espresso nella sentenza contro Federico , ma in tutti gli atti posteriori. Ne cito uno del 1325 contro Fabriano e Fermo, dove il papa dice : ... « Ex eo quod tam ipsi, quam dampnate memorie q . Fredericus olim comes de Monteferetro , quem, infelix, de hac luce subtraxit occasus in illam mentis dementiam, quin immo cecitatem et ignorantiam corruerant fidei ortodoxe , quod documentis veritatis adiectis, et per obscenas operationes et sordidas inquinati in gravem dei omnipotentis iniuriam et offensam ydolatrie nephandissimo cultui per prophanas superstitiones et horridas se occulta et ceca ingesserant insania labe respersi pestifera ydolatrie ac heretice pravitatis hostesque facti prophani E. S. catholice adversus redemptorem nostrum dei unigenitum sponsum eius insurrexerunt blasfemiis eiusdem fidei catholice murum detractionum ictibus impotentes structuram eius dirruere moliendo ; nec non contra quondam Speranciam de Monteferetro, fratrem dicti Frederici tanquam hereticorum et ydolatrarum ipsorum fautorem, receptatorem et etiam defensorem eiusdem E. rebelles et hostes publicos ac etiam manifestos ... Dat. Avinion. VII Id . maij a. IX » . ( Secre ' . Joan. XXII, t . V, c. 185 b. ) . Anche nella lettera al vicario vescovile di Ancona e a fra Lorenzo de'minori contro i Recanatesi e gli Osimani , dicendo di loro , « qui heresum diversarum erroribus et orribilis ydolatrie .... abhominatione fedabantur .... » , aggiunge che per inquis zione fatta si era trovato dagli inquisitori « Federicum de Monteferetro in diversis articulis heresum labe et ydolatrie feditate suspectum >> (Ivi , an. V, p. I , c. 1-2) . ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 439 credere potesse partecipare all' ambiente delle astruserie semi-scientifiche dei gnostici del suo tempo. Non rimane, quindi, se non ritenere Federico di Montefeltro praticante di magia e di necromanzia, e fautore, in tutta la Marca e nell' Umbria, di queste pratiche occulte. Abbiamo già accennato alle tendenze della gente di grande affare in Francia, e come la magia si facesse servire a fini biechi e reconditi, e come si giocasse di necromanzia perfino in corte di Avignone per spegnere la vita del papa e dei cardinali, i due più cari a papa Giovanni, Gancelino di Giovanni e Bertrando del Poggetto nepoti del pontefice. Ugo Geraldi, vescovo Caturcense, per vendetta di un processo intentatogli dal papa, con partecipazione del vescovo di Tolosa e di alcuni suoi familiari, si propose, come già accennammo, di affatturare e avvelenare le sue vittime. Ora ci giova notare alcuni particolari desunti dal suo processo per chiarire meglio i tempi di Federico: Fecero fare ad un giudeo battezzato tre statue di cera vergine alte poco più di un palmo, una delle quali rappresentava il papa vestito come celebrante e le altre due rappresentavano i cardinali. Presero anco tre pissidi o vasi . In uno fu messa una scheda in pergamena con le parole: Papa Johannes moriatur et non alius . Nell'altro si leggeva: Bertrandus cardinalis de Puieto moriatur et non alius, e nel terzo : D. Cancellinus Johannis moriatur et non alius. Presero poi tre pani di pasta lavata, e trattavi la midolla, vi misero dentro le dette immagini e ve le chiusero con pasta. Nel pane era impressa l'immagine del papa avvolta in un panno rosso. I vasi contenevano polveri velenose miste a realgar, atte a spacciare all' altro mondo in tre giorni, un liquore mescolato con fiele di porco, con carne di gatti, con piedi e code di sorci, coscie abbruciate di lucerta, carne, piedi, ossa, unghie e corda d'impiccati, argento vivo, sale e cera. Bernardo dell' ordine di S. Agostino , vescovo Gavense, portando la stola, benedisse la figura, nella cappella del vescovo di To- 440 L. FUMI losa, con l'acqua benedetta, dicendo le orazioni solite a dirsi quando si benedicono le immagini. Il vescovo Caturcense le battezzò, le lavò con vino sacrato, le unse col crisma. e le scongiurò, dicendo certe parole misteriose in misteriosa favella. Punse poi con uno stile d'argento i ritratti nelle anche, e Pietro di Folcherio, arciprete, li trapassò nelle spalle con un ago dicendo : Pungo imaginem istam cere , sic cardinalis Avinionensis affligatur, donec nobis paraverit statum pacificum et tranquillum, cum domino papa, et confundantur qui me persequuntur, et fiant dies eius pauci. Il vescovo Geraldi doveva ogni settimana tornare a pungerli una volta sin tanto che sortisse l'effetto : non seguendo l'effetto, doveva, nella settimana della nuova luna, rifarsi a pungere tre volte al giorno, di lunedì, di mercoledì e di venerdì, come diceva l' ebreo, dandosi a credere che la persona, di cui si faceva strazio nel ritratto, dovesse al medesimo tempo provare in sè dolore. Ma in quella che le statuette venivano recate in Avignone, certamente perchè i familiari del papa, cappellani, commensali, cerusici, si prestassero a propinare il veleno a lui e ai cardinali, come già toccammo, sorpresi dalla corte, furono imprigionati con gli altri complici (1 ). Quel fatto fu gravissimo ; ma non era il primo caso che si presentasse nell'alto clero. Lo stesso papa Bonifacio VIII che fu dagli odî implacabili de' suoi detrattori accusato di sortilegi, certamente non poteva andare incontro a questa calunnia, se le pratiche di necromanzia non fossero state assai diffuse ai tempi suoi. Bernardo Saisset, vescovo di Pamiers, Guiscardo, vescovo di Troyes, l'ordine de' Tem- (1 ) Vedi in Arch. Secr. Vaticano il processo contro il vescovo Geraldi, in Collettorie, N. 493, Processus contra Episcopum Caturcensem, e Miscellanea Divers., Arm. 36 f. 38. La pubblicazione integrale del Processus sarebbe certamente una delle più interessanti del genere. ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 441 plari tutto intiero, il prelato che procurò i filtri a Filippo e a Gautier d'Aunai per farsi amare dalle nuore del re, il confessore di Enrico VII, Bernardo Delizioso, l'Artois, il vescovo di Cahors e molti altri furono incolpati o convinti di atti di questo genere. Pietro di Latilli, vescovo di Châlons, accusato di avere avvelenato Filippo il Bello e la Marigni, la quale, aiutata dalla Chanteloup e da più basse maliarde, aveva consacrato al demonio le immagini in cera del re, del conte di Valois e del conte di Saint Pol, sostenne il processo a tempo di Luigi X. Alla presenza di questo re e dei suoi principali consiglieri, un chierico, di nome Evrart di Bar- sur- Aube, aveva denunciato Francesco Caetani, cardinale diacono di S. M. in Cosmedin, nepote che fu di Bonifacio VIII, come istigatore di malefizi diretti contro il detto re, contro Filippo conte di Poitiers suo fratello e contro i cardinali Pietro e Jacomo Colonna, nemici de' Caetani. Taciuto dagli storici, ma pubblicato dal Bertrandes e dal Langlois, è curioso, nel caso nostro, per quel che concerne le immagini di cera, il rito, col quale Pietro, prete di Besanzone, con l'aiuto di un altro prete, Giovanni, necromante, di un Andreau, cappellano del cardinale Caetani e del fratello stesso del cardinale, le consacrò al diavolo per ottenere la morte de' cardinali suddetti. (Bast?) ... Adonc il alerent en la chambre dessuz dite la ou sont les fourniaux, et , pour la alumer le feu , le principal chambellene, le frere au cardinal, de Bast, aporta le charbon et les souflez pour alumer le feu et l'iane. Et adonc mestre Jehan et Evrart touz seuz alumerent le feu, et chauferent l'iane et mistrent la cire dedens. Et quant la cire fut bien amoliee, a grant difficulté , il firent deuz ymages, un petit et un greigneur, et premierement firent le grant. Et si comme il fu fait, le cardinal entra en la chambre, et avec li misire Pierres et misire Andrieu, et distrent au Cardinal : « Sire, nous faison besoigne. Nous avon fait une ymage » . Et le monstrerent au cardinal, et li commencha a rire et ut trop grant joie , el leur dist : « Il a mont grant menbre! Parfeites bien et tost, mes nungiez avant et leur fist aporter a mengier bien et largement, et menja mesire Pierres avec culz , qui mont lovoit son seigneur 442 L. FUMI de loialte et de largesce et comment il les entendoit a guerredonner. Et quant le cardinal ut mengié, il les vint veoir et leur fist aporter du vin et des especes et leur dist : « Parfaites bien, et je vous querredonnerai tout a vostre volonté. Et je voiz dormir ' » . Adonc s'en ala , et misire Pierres demoura, et en sa presence il firent le petit ymage et, si comme il le faisoient , m'sire Pierres leur dist : « Gardez que vous ne faillez . Il couvient meitre dedenz aucun escrit » . « Bien le sai, dit mestre Jehan . Il y seront maintenant mis » . Adonc prist Evrart du papier, et mestre Jehan en l'oreille faisoit semblant de dire li ce que il escrivoit . Et le dit Evrart fist semblant d'escrie ce que il avoit dit et firent semblant, si comme il dient, de meitre cel escrit dedenz cel ymage. Mes il n'y mistrent riens, et parfirent l'ymage. Adonc dist mesire Pierres : 6 Vous avez fait ce qui apartient a vous, or apartient a moi: je les baptiserai › . E qui si stabilisce tutto per il battesimo in casa di un orafo, Baudon, « et est un jane homne assez avenant » ; la moglie, Aales, << bele jane fame » . Si manda per il sacro crisma, per il libro e per la stola ; ma cercati in tre chiese diverse non si possono avere. Si manda al cardinale che stava in concistoro nella chiesa grande ; ma nemmeno il suo segretario è buono ad ottenerlo : allora il cardinale manda il suo fratello ad un'altra chiesa per richiedere il necessario per un infermo, e così fu tutto avuto : « Et alerent chiez le cardinal et pristrent les ymages et deux chandeles beneoites , que bailla le grant chambrier a Evrart du commandement du frere du cardinal ; et mesire Pierres prist de l'iane beneoite et un pot dossouz son mantel, et s'en alerent chiez l'orfevre dessuz dit. Et quant il vindrent la , mesire Pierres opela Baudon et sa fame et leur dist : Vous savez bien que nous avon a faire » . Et le lieu estoit appareillé ; et baptizerent premierement le grant ymage, et pour baptiser, en lien da fouz, il pristrent un bacin a barbier. En cel ostel demouroit un barbier. Et tindrent l'ymage pour baptisier Baudon l'orfevre et Aales sa fame devant diz et mestre Jehan, que il venist estre compere. Il s'en leva et il vint et acola la fame. Mes la main il ne mist point a l'ymage, si comme il dit. Et mesire Pierres le baptiza tout en cele maniere que on baptize un enfant, et ut non Pierres, si comme quant misire Pierres disit : « Nomez l'ai », la jane fame respondrit : < Petro . Et, quant il fu baptisié de l'iane , et miz du cresme la ou doit estre miz, et miz le ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 443 cresme suz la teste en disant les oroisons qui y doivent estre dites , il prist une des chandeles toute alumée et li apona suz la poiterine en disant determinées oroisonz . Ce fait, il mistrent cel ymage an chevaiz du lit , et alerent mengier. Apres mengier, il revindrent et baptizerent le petit ymage tout en la fourme que il avvient baptizié le grant, et ut non Jaques. Ces choses ainsi acomplies, le dit mesire Pierres bailla les ymages a mestre Jehan et li dist : « Je ai fait ce qui apartient à mon office , or faites ce qui apertient a vous » (1). Ora, quello che in Francia si praticava non era sconosciuto di certo in Italia. Un uomo della natura di Federico di Montefeltro non poteva farsi scrupolo di seguitare quel costume che era penetrato perfino in corte d' Avignone. Nella Marca, dove egli si comportava tirannicamente, mirando dovunque a cacciare i rettori ecclesiastici, doveva, presso a poco, fare quello che facevano a Milano i Visconti. Matteo era accusato, tra altro, di avere esercitato necromanzia e di avere attentato, per mezzo di quest'arte diabolica, alla vita di papa Giovanni XXII. Il cardinale Bertrando del Poggetto cercò le prove nel fatto dell' invio al papa di una statuetta di cera, la quale doveva avere per effetto , appena vista la immagine, di procurare la morte del papa, purchè, peraltro, questi fosse affatto ignaro della cosa. Spedita l'immagine e fallito il colpo , il Visconti ne incolpò, naturalmente, un qualsiasi traditore che avesse svelato al papa l'importante segreto. E fatte indagini, si seppe che un tal (1) L'importante documento è tratto dalla Biblioteca Nazionale di Parigi dal vol. 487 della collezione Clairambault (antic. « Melanges, n. 16 ) da un ms. intitolato : « Ci est la deposition quant a aucunes choses qui touchent me sire François le cardinal ». Lo pubblicò il Bertrandes in un opuscolo molto raro intitolato : « Recherches historiques sur l'origine, l'élection et le courennement du pape Jean XXII (Paris, 1854 , in 80) , pp. 58-70. Il Langlois nella Revue historique, di gennaio- febbraio 1897, vol. LXIII, pp. 56-94, nell'articolo intitolato : Notices et documents relatifs a l'histoire de France a la fin du XIII, et au commencement du XIVe siecle. - L'affaire du cardinal Francesco Caetani ( Avril 1316) . L'autore tenta di scagionare il cardinale dall'accusa di sortilegio per avidità di trovare oro e argento e per complicità nelle cose macchinate contro i personaggi suddetti. 444 L. FUMI Bartolomeo, mercante milanese, si era recato, appunto in quei giorni, ad Avignone ; il quale fu preso, al suo ritorno, sottoposto a processo e torturato perchè confessasse. Ostinandosi costui nella negativa, Galeazzo, figlio di Matteo che allora dimorava a Pavia, chiese ed ottenne che gli fosse consegnato l'accusato, sperando d' indurlo a confessare con promessa di premio, dichiarandogli che la sua reticenza non gli avrebbe giovato a nulla, perchè potevasi ricorrere, per la soluzione del problema necromantico e per sapere tutto il vero, a Dante Alighieri, il quale avrebbe parlato da par suo e volentieri, non solo per il premio di mille fiorini, ma per il piacere di sapere che si era attentato alla vita del papa e pel gusto di scoprire e punire coloro che l'avevano impedito ( 1) . Galeazzo, seguitando Leonardo da Salceto, che dottoreggiava in magia, aveva dalle sue lezioni necromantiche appreso l'arte di fabbricare quelle famose statuette del vescovo Geraldi ; e metteva i ritratti dentro anelli e cerchi che trapassava coi coltelli. Adorava anche le sue statuette incantate, e per esse andava interrogando gli spiriti (1) V. l'interessante processo Visconti nell' Archivio Segreto Vaticano, Miscel · lanea, cassetta N. 20. Il passo allusivo a Dante è noto per recenti pubblicazioni. Lo pubblicò nella Rivista Abbruzzese (X, 7-8, n. d'ord. 575) il signor Giuseppe Jorio sotto il titolo : Una nuova notizia sulla vita di Dante. Il Giornale dantesco diretto da L. Passerini (Roma-Venezia, Leo S. Olschki ed . ) ne riferi nel quad. XI-XII, 1896, pag. 564. Ripubblico qui il passo suddetto emendato dopo la collazione fattane dall'illustre mons. Wenzel. La copia e le notizie sopra riassunte mi furono gentilmente comunicate dall'egregio mons. Enrico Salvadori , che ringrazio con affetto : .... « Cui Galas dixit: deus det tibi bene cogitare. Et tunc ibidem dicitur Galas dixit eidem Bartholomeo Scias quod ego feci venire ad me magistrum Dante Aleguiro de Florencia pro isto eodem negotio, de quo rogo te . Cui Bartolomeo (sic) dixit : Sciatis quod multum placet michi quod ille faciat ea, que petitis. Cui Bartholomeo dictus Galas dixit : Scias, Bartholomee, quod pro aliqua re de mundo ego non sustinerem quod dictus Dante Aleguiro in predictis poneret manum suam, vel aliquid faceret, ymmo nec revelarem sibi istud negocium, qui daret michi mille fiorenos auri, quia volo quod tu facias, quia de te multum confido.... » etc. Cotesta allusione confermerebbe l'opinione di qualche inquisitore , avvalorata dal nostro famoso Bartolo (Lege I de requir, rei) sulla partecipazione di Dante allo spirito ereticale del tempo , e aggiungerebbe una prova ad Eugenio Aroux che vide nel Poeta aspirazioni ereticali, rivoluzionarie e socialiste (Dante hérétique, rivolutionnaire et socialiste. Paris, 1854) . ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 445 in attesa dei responsi. E gente curiosa si faceva intorno a lui a sbalordire di queste sue balordaggini. Tutto poi finiva in un gran falò : accostate al fuoco le immagini, dalla loro liquefazione traevansi bravamente i malefizi ( 1 ) . La Chiesa si era sempre opposta con energia a queste superstiziose pratiche , e per ufficio dell' Inquisizione le condannava come un' idolatria. Idolatria e maleficio erano tutt'uno nel linguaggio ecclesiastico. E a questo proposito, anzi, e a chiarire l'oscuro argomento, giova riprodurre le formule dell' interrogatorio che soleva farsi sulle pratiche suddette, in vigore già fin dal secolo precedente. La curiosa serie delle domande prescritte all'ufficio dell'Inquisizione in Francia ci mette in grado di conoscere le diverse specie di sperimenti che la magia continuava tuttora, e che un abile inquisitore aveva raccolte insieme, forse per far cadere più facilmente in trappola chiunque fosse indiziato appena in quelle arti ; tante sono le domande su casi più o meno gravi, alle quali l' inquisito era chiamato a rispondere. Le formule dell' interrogatorio sono tratte da un ms. della Nazionale di Parigi (Lat. n. 4224) che contiene un lungo trattato inedito di eresiologia intitolato : Tractatus contra errores catholice fidei obviantes. V. De ydolatris et idolatriis. 1. Super y dolatris sive maleficiis inquiratur si fecit aliquid , quod ad cultum demonum pertinet, vel si fecit fieri , vel si scit quis fecerit. 2. Si fecit experimentum s peculi velensis , vel unguis , spere , vel manubri eburnei , vel de invocandis de monum auxiliis super aliquibus herbis, vel avibus, vel aliis creaturis . 3. Si fecit aliquod experimentum pro amore mulierum vel hominum , vel pro odio, ira et discordia aliquorum, vel pro inve- (1) Bzovio, an. XIV, 390. 23 446 L. FUMI niendis furtis , vel thesauris, vel pro habendis honoribus, vel diviciis , vel favoribus. 4. Si fecit experimentum circuli et infantis , vel si fecit aliquid sacrificium ad habendum responsum de monum . 5. Si fecit experimentum in aqua vel igne , vel ere , vel cum plumbo . 6. Si de capite vel alia parte hominis mortui vel vivi, vel de illorum vestibus , vel capillis fecit aliquod propter odium vel amorem. 7. Si de sanguine hominis vel mulieris scripsit aliquid vel hostia vel alibi. 8. Si in intestinis animalium, vel spatulis , vel in manibus hominum quesivit futura. 9. Si observavit dies egyptiacos , credens eos esse infaustos ad aliquid incipiendum vel ad minuendum et huiusmodi. 10. Si in kalendis januarii propter annum novum fecit aliquid augurio boni fati , dando ad invicem aliqua pro strenis. 11. Si observavit menses aut tempora, aut horas diei , aut annos, aut lune, aut solis cursum vel etatem , credens dies vel horas vel puncta vel tempora aliqua fortunata vel infortunata ad aliquid faciendum vel incipiendum vel obmittendum, ut pro viagio, vel pro coniugio copulando, vel pro hedificio inchoando. 12. Si numerum litterarum , vel punctorum vel figurarum sive quorumcumque signorum vel verborum vel caracterum inquisivit de morte vel vita alicuius , vel de aliquibus futuris prosperis vel adversis. 13. Si observavit som pniol a scripta falso intitulata nomine Danielis , vel sortes qui dicuntur Apostolorum , vel si dixit carmina in collectionibus herbarum, ut de provenca , vel si portavit vel posint super homines vel animalia pictaciola scripta sive brevia pro infirmitate vel pro alia causa. 14. Item si fatavit vel futuri fecit in fantem , vel si aliquam personam ad hoc consuluit, vel si fecit parari mensam cum epulis vel luminaribus ipsis fatis sive fadis. 15. Si observavit auguria a vium in voluta vel voce, vol sternutatione, vel alia inicialia , credens illa esse causas vel signa infortunarum illa die, mense, vel anno. 16. Si observavit inventicia , ut de ave incubante ovis , credens de hoc habere feconditatem, vel habundantiam, vel inventionem ferri , vel acus, vel oboli , vel lupi , vel serpentis et huiusmodi , credens illa esse causas fortunii vel infortunii. ERETICI E RIBELLI NELL ' UMBRIA, ECC . 447 17. Si observaverit constellationes , credens quod secundum cursus siderum nascentium mores, actus vel eventus noscantur. 18. Si fecit experimentum de transsliendis ignibus vel accipiendis de aliquo numero focorum, vel ossibus comburendis. 19. Si credidit talibus, si ivit ad domum operantium talia , vel si introduxit ad domum ad interrogandum. 20. Si fecit experimentum alicuius y maginis , et expresse si fecit aliquam ymaginem vel nummum, vel obolum, vel breve, vel aliud baptizari. 21. Si de corpore Christi vel de crismate vel aqua baptismi vel aliquo alio sacro fecit aliquod experimentum. 22. Si fecit experimentum karacterum scriptorum in quecumque pelle, vel pomo, vel alio fructu. 23. Si fecit experimentum figurarum vel stigmatum, vel incisionum , vel impressionum, vel anulorum. 24. Si fecit experimentum de incantandis serpentibus , vel aliis animalibus. 25. Si fecit tortellum vel placentam , vel aliquod aliud edulium , vel poculum [ pro amore alicuius vel hodio , vel pro faciendo abortiri , vel pro habendo vel non habendo infante] . 26. Si de zona vel cambalia fecit aliquam divinationem . 27. Si fuit riconciliatus , et a quo et quando, et qualiter, et si habet inde litteras vel testes. 28. Si fecit penitentiam sibi pro hiis iniunctam, et que et si perfecit eam, et si celavit aliqua. 29. Si fecit lapsus postea in aliquo de predictis. 30. Si scit aliquem alium peccasse in aliquo de predictis ( 1). Tutte queste forme che si possono riferire all'antico manicheismo, mai estirpato completamente, le quali continuavano fra noi le volgari superstizioni pagane, sembrano e sono appena credibili ; ma pure erano tanto credute universalmente, che le morti improvvise o procurate per ve- (1 ) A Benedetto d'Alignan abbate della Grosce (Aude) ( 1224-1229) , poi vescovo di Marsiglia (1229-1266) , in fine frate minore ( 1265-1268) , è attribuito il trattato di cui sopra, e di seguito ad esso e a tre opuscoli, si trovano cinque documenti, l'ultimo dei quali è quello qui riprodotto De ydolatris et ydolatriis. ( Vedi Les heretiques du Midi au troixième siècle, cinq pièces inédites par C. DOUAIS. Toulouse, 1891 ) . 448 L. FUMI leno, si ritenevano effetto de' maliardi. Si disse già che Giovanni XXII, per timore di essi, come quello che si piccava anche di medicina ( 1 ) , se ne premuni, a guisa del suo predecessore Clemente V, accettando per antidoto il corno di liocorno offerto con tante cautele dalla contessa di Fox (2) . Il vescovo Geraldi, ormai più volte nominato, non fu condotto al supplizio estremo attaccato alla coda di un cavallo, se non dopo creduto autore della morte del nepote del papa, Jacopo de Voye, vescovo di Avignone, morto sei mesi dopo essere assunto alla porpora ( 1317) . Il principe Leopoldo, fratello di Federico duca d' Austria, si credette morto vittima della necromanzia (1327) . Come contro Giovanni XXII, così contro Carlo re di Francia si tesero mortali insidie, a cagione delle quali il papa aggravò le sentenze, scomunicando chi ritenesse libri di magia che dovevano essere tutti bruciati ; e Firenze, poco dopo, mandò al rogo Cecco d' Ascoli (1327) . Ora, senza dubbio, le massime rappresentate da Federico e dagli altri della Marca avevano il loro fondamento nelle dottrine de' paterini e di Manfredi, degli Apostolici e di (1 ) Gli si attribuisce generalmente la composizione di diversi trattati di medicina (V. Histoire litteraire de la France, XXIV, 15) . Accettò da Nicola « Dominici phisico professori › di Perugia un opuscolo de regimine sanitatis > mandatogli per mezzo di Francesco arciprete di Perugia, lodando « periti artificis ingenium » , V. Arch. Vat. Secret. Joan. XXII, vol. III , c. 328 , t. a. « - (2) Per la storia di questo corno v. FLOURAC, Histoire d'un petit couteau in Bulletin de la Société des sciences, lettres et arte de Pau, t. XIX. Era già stato prestato a Clemente V da Gastone I di Foix-Béarn e fu reclamato dopo la sua morte dalla madre Margherita all'erede di Clemente V, Bertrando di Got. visconte di Lomagne fu restituito a Bazas ai rappresentanti della contessa nel mese di decembre 1316. V. Histoire de Languedoc, t. X, Preuves, pag. 559. Archives des Basses Pyrénées, E. 10 , 403. Per Margherita di Béarn figlia e principale ereditiera del visconte Gastone VIII, maritata nel 1257 a Roger- Bernard III conte di Foix vedi : Histoire cit. , VI, 1889, t. IX e X, e MARCO, Histoire de Béarn, I , VIII, c . 26. V. Archives historiques de la Guascogne, XII an. , fasc . II : Documents pontificaux sur la Guascogne d'aprés les archives du Vatican, Pontificat de Jean XXII ( 1316-1334) textes publiés et annotés pour la Société historique de Guascogne par l'ab. Louis Guerard, I , Paris, anno 1896. V. in Arch. Vat. i molti atti relativi ad essa, Secret. Joan. XXII, vol. II. - ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC . 449 fra Dolcino. Le aveva propalate fra Bentivegna da Gubbio, dei minori di San Francesco. Risulta dal processo instituito dal pontefice Giovanni XXII nel 1318 per la canonizzazione della b. Chiara da Montefalco (m. 1308), ora santa, che costui, atteso il suo zelo e il suo contegno, era chiamato dal popolo l'apostolo. Un suo compagno, frate Jacomo, andava in gran fama di santità per tutta la provincia, ed ambedue, valenti predicatori, occultamente nutrivano errori ereticali, attinti alla teoria che nega, in sostanza, il libero arbitrio e mena al fatalismo e al materialismo. Nella antica vita di santa Chiara scritta da Berengario di S. Africano e pubblicata dal ch. mons. Faloci- Pulignani ( 1), si legge, che un giorno si presentò al monastero, ove risiedeva la pia vergine, un frate minore. Egli si fece a proporle tre quesiti, quasi per trarne consigli intorno a quanto aveva sentito dire da frate Bentivegna. Turbato dal dubbio, le disse, dunque, quanto lo angustiassero coteste tre cose : quod homo potest facere quid vult, - et quod infernus (sic) non est, et quod anima potest perdere desiderium in hac vita ... Qualche tempo dopo, fra Bentivegna e fra Jacomo, una sera, capitati al monastero di Chiara, entrarono a disputare con lei, e vennero, in effetto, a concludere, che l'uomo, senza perdersi in un vano timore di offendere Iddio, può bene soddisfare ai desiderî carnali, essendogli lecito di fare quel che gli talenta ... « Che forse colui che abbia giaciuto con donna non può la mattina accostarsi a ricevere il corpo di Cristo ? (! ) . Non era Dio che lo permetteva ? ( ! ) ... E se Dio, che è bontà per essenza, lo permette, dunque quell'atto è anco cosa buona .. La Maddalena si sa che avanza di merito Agnese : che cosa dunque gradi più al Signore, la verginità di Agnese o la corruzione di Maddalena ? .... Bene che io potessi predicare in pubblico quello che io sento intimamente ; vedresti tu come in breve spazio di tempo tutto il mondo si ricrederebbe, .. (1) Archivio Storico per le Marche e per l'Umbria, vol. II , fasc. VI, pag. 204 e seguenti . Foligno, 1895. 450 L. FUMI <<< volgendosi alla virtù del mio spirito ! ..... » I sofismi di fra Bentivegna tiravano perfino a concludere essere il diavolo. Iddio stesso : Dominus mihi modo dixit, quod non est demon alius nisi ipse. Demon est enim sapientia, et Deus est sapientia. Unde, Deus est demon .... Chiara ebbe una visione di Cristo, per cui fu confermata nei suoi puri e casti propositi, e comprese come Iddio discacci da sè cotesti insani. Questi sono de secta spiritus libertatis, i quali tengono : opera inhonesta et turpia non esse peccatum (1) . E, d'allora in poi, soggiunge l'antica cronaca, la vergine Chiara, zelatrice della fede cattolica, adoperò per modo contro siffatti eretici, che quelli, e loro credenti assai, denunziò ai superiori dell'ordine di S. Domenico e del ducato, nonchè ai cardinali che si trovavano in queste parti . Sopra il predetto crimine fu istituito il processo, per opera del card. Napoleone Orsini, dall' inquisitore frate Andrea da Perugia, e loro, trovati rei, furono condannati e puniti in carcere » . Di un frate Giovannuccio da Bevagna, pur esso de' minori, che udi la confessione dalla beata inferma, sospettò, per alcuni discorsi che le teneva, non fosse anch'egli di quella setta ( de heresi secte spiritus libertatis). Diceva, in sostanza, che il peccato non turba la coscienza e non toglie la grazia : « Chiara (le diceva) , senti : io mi stetti per tre anni di seguito in si grande pace e quiete di spirito, che per fatto alcuno non provai turbazione o mutamento di sorta e quindi arrivai a tale stato di perfezione, che io vedeva e conosceva bene Iddio in tutto e molto mi dilettava in lui …. » . Essa poi aveva avuta una visione. « Di mezzo al rovesciarsi di un grande e oscuro temporale si partiva un torrente rapidissimo che attraversava la provincia del ducato di Spoleto, con tanta graudine dal cielo, che abbattendo impetuosamente (1) Negli Excerpta ex JORDANI Chronico ( MURATORI, Antiq. It. , t . IV. Mediolani 1741, p. 1031 , cosi si legge all'anno 1308 : « Captus est Dulcinus haeresiarcha de Novaria et Margharita tridentina et alii circa CL.. Mortui autem fuerunt in mo tibus, et sectatoribus eius frigore, fame et gladio ultra cccc, qui LIBERTATIS SPIRITUM PRE- DICABANT. ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 451 gli alberi, dai rami schiantati se ne menava tutti i frutti ; i quali come prima erano bellissimi a vedere, cosi dappoi, travolti dalla tempesta, divenivano corrotti e fradici, pieni di insopportabile fetore » . Era, dunque, tale nella fantasia di Chiara la setta, propalata nell' Umbria fra la fine del secolo XIII e i primi del XIV, chiamata dello spirito di libertà, di cui riporteremo più oltre i documenti autentici, perchè accusati di favorirla furono in gran numero, nell' Umbria, frati, preti e laici , di Todi e di Amelia specialmente, come vedremo più avanti. Federico di Montefeltro non faceva che seguitare le opinioni degli uomini dallo spirito di libertà del suo tempo. Dove trovava mezzi creduti atti a conseguire gli ideali del suo pensiero e delle sue ambizioni li accettava. Come i Visconti, come Muzio di Assisi, come il duca di Calabria, si provava anch' egli nella necromanzia, e a tal uopo si raccoglieva ad idoleggiare in una certa casa, della quale fu poi ordinata la demolizione. Dai suoi fatti si vede quanto egli sprezzasse la Chiesa : dileggiare la giustizia nel papa, come sdegnarne la misericordia : non rispettare alcun diritto ne' guelfi e massacrarli senza pietà : niun freno alle passioni , e più libero lo sfogo dove più rigoroso il divieto, non stimandosi peccato la fornicazione, specialmente con monache : niun rispetto a chiese e a clero ; il furto alle cose sacre e ai beni ecclesiastici portato a sistema. Infatti, i suoi amici, come già fecero sul tesoro della S. Sede in Assisi, saccheggiarono le ricchezze accumulate nella chiesa della Madonna di Loreto ( 1) ; bastonarono, spogliarono, uccisero i pellegrini teutonici che venivano, per la via del mare, a quel santua- (1 ) « Jaco ( Jacob) et Bernardus d. Percevalli cum XVIII sociis de Recaneto , contra quos processum fuit ad denuntationem Philipputii de Montegranario, procuratoris d. Philippi de S. Justo, in eo quod accesserunt ad Ecclesiam S. M. de Laureto et derobati fuere et acceperant omnes oblationes seu offertas venientes ad detam Ecclesiam pertinentes ad d. d . Philippum, ideo condemnati in D lib. pro quolibet » ( THEINER, Op. cit. , t. I, 488) . 452 L. FUMI rio ( 1 ) : e distruggevano, ardevano dovunque a nome della Chiesa si frapponesse un ostacolo alle loro conquiste . Perseguitavano il clero, toglievano i vescovi dalla loro sede e li chiudevano in carcere, appropriandosene i beni. Studiando tutto questo sopra i documenti originali del tempo e sugli atti pontifici, improntati di un calore di grande efficacia e di una forza di linguaggio altamente sdegnoso e forte , si vede come la reazione ghibellina avesse veramente preso le forme della maggiore violenza, non ripugnando, in fine, di ricorrere per aiuto al genio del male, pur di averne associate le forze arcane alla ribellione contro la Chiesa. Il papa, prima di adoperare i rigori, secondo lo stile della Chiesa, usando mitezza, aveva fatto appello alla conciliazione. Esortò alla pace, prescrisse il termine di un mese per la restituzione delle città, ammoni paternamente, invito Federico, i figliuoli e gli altri principali ribelli a recarsi alla curia di Avignone. Spedi lettere di sicurtà in tutti i luoghi, alle comunità religiose e alle autorità pontificie, le quali dovessero accordare loro il salvacondotto. Offri le guarentigie maggiori a proteggere la loro permanenza in Curia e metterli al sicuro (2) . Ma l'invito non fu accettato. Allora l'Inquisizione s'incaricò di compiere il suo ufficio, e , instituiti i processi, aggravò i ribelli con la severità delle sue sentenze ; e il braccio secolare, di cui la Chiesa poteva disporre per i diritti temporali che esercitava nelle sue terre, arrivandoli, pesò con tutta la sua gravità sopra il conte di Montefeltro. Il quale, colpito d'interdetto e d'infamia perpetua, si trovò bandita contro una vera e propria crociata santa per ordine del papa da Rinaldo arcivescovo di Ravenna. Dalla Toscana, dalla Romagna, dalla Marca e dal- (1 ) « Vannes d. Rainaldi .... gerentis se pro Potestate Racaneti, Jaco et Bernardus d. Percevalli cum multis sociis de Racaneto insidias in strata maris posuerunt contra peregrinos theotonicos et quamplures occiderunt et quam plures percusserunt , ideo condempnati quilibet ipsorum in M M. libr. Raven. ». ( Ivi , t . 88) . (2 ) THEINER, op. cit., I , 496. ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 453 l'Umbria mossero ai suoi danni i buoni guelfi e gli inflissero una grave sconfitta ( 1 ) . Onde, egli, vedendosi spacciato, lasciava Spoleto e correva ad Urbino per apprestarsi con tutto lo sforzo dei ghibellini capitanati dal vescovo di Arezzo e da Castruccio alla difesa di Recanati. Bisognoso di denaro per sostenere l'impresa, ricorse all' unico mezzo che rimane ai principi in tali frangenti, e che, abusato, è cagione di disgusto e di sdegno ai popoli immiseriti. Impose nuovi ed esorbitanti balzelli sopra Urbino. La città, stata dichiarata franca da tasse che non fossero imposte dal marchese (2), non volle sottostarvi e si oppose con la ribellione aperta. Guido e Malatesta con tutti i loro consorti erano già caduti in mano di Cante Gabrielli e poi del rettore. Federico, con gli altri figli , fu obbligato a rifugiarsi nella fortezza della torre, dove, in breve, la fame li mise tutti a durissima torIn si terribile condizione, egli fu costretto non di ( 1 ) Il papa si rallegrò grandemente di questa vittoria e ne scrisse al vescovo e al Comune di Rimini , nonchè ai Malatesti per lodarli e ringraziarli « Ven. fr. Francisco Eps. Ariminensi, etc. Felicis triumphum victorie per vestros et E. R. fideles contra tyramnum crudelem et perfidum Fredericum de Monteferetro Dei et E. persecutorem impium et de pestifera heretice pravitatis labe respersum et nonnullos sequaces eiusdem dudum obtente divinitus, ac alia nonnulla gesta in illis et Marchie Anconitane partibus per tue fraternitatis litteras nobis missas, quas leta manu recepimus, et que continebantur in eis pleno collegimus intellectu , nobis innotescere curavisti. Super quibus tue circumspectionis providentiam plurimum commendantes, fraternitatem tuam rogamus .... circa prosecutionem negotiorum per nos tue prudentie commissorum, ut votivum exitum sortiantur diligentibus studiis, sicut expedire videris elaborans, nos de illis .. sepius per tuas litteras reddere studeas certiores. Dat. Avinion, Kal. octobris, an. VII ». << Nob. viris Pandulpho et Ferrantino de Malatestis et Comuni Ariminensi .... Quam prudenter, quamque potenter et constanter circa expugnationem crudelis tyranni q. Frederici de Monteferetro Dei et E. ac nostri persecutoris sevissimi et de pestifera heretice pravitatis labe respersi, obtentamque felicem victoriam contra ipsum et quosdam alios sue nequitie sectatores vos gesseritis, tam vestrarum, quam Rectoris Marchie Anchonitane et multorum aliorum nobis litterarum series nunciavit. Super quibus Deo gratias referentes vestramque devotionem plurimum in domino commendantes, nostram et Apostolice sedis uberiorem gratiam vos recognoscemus meruisse, quam exibitio operis oportuno tempore evidentius, annuente Domino, comprobabit. Datum Avinion . XIIII Kal. novembris, an . VII » . (Arch. Vatic. Secret. Joan. XXII, an. VI, VII, t. III , c. 342). (2) THEINER, op. cit., I, 478. 451 L. FUMI venire a patti, si di chiedere mercè. Ma il popolo infuriato stava duro. E fu veduto, un giorno, aprirsi la porta della torre e farsi innanzi Federico, squallido nell' aspetto, e con un suo figlio giovanetto e consegnarlo, veggente il popolo, ad uno della nobile stirpe de' Staffolini, a lui raccomandando l'innocente fanciullo con parole che solo un padre può profferire in caso cosi miserabile ; e Staffolino, quantunque avesse patito grave ingiuria dal padre, accolse onorevolmente (non contradicendo il popolo) il figlio, e nella propria casa in sicurtà lo ridusse. Sperava l' infelice padre di avere con uno spettacolo cosi pietoso ammollito in parte il furore dei suoi nemici, a cui chiedeva istantemente misericordia. E questi era quel Federico avvezzo ad affrontare la morte in tante battaglie, che or tremava all' avvicinarsi di lei . Forse, non gli bastarono le forze all'idea di una morte infame ; forse, il pericolo, più de' figli che di sè, lo angustiava : ed ecco aprirsi di nuovo la porta della torre, e uscire, a' di 22 aprile 1322, il canuto guerriero con tutta la sua famiglia e con un capestro al collo, e darsi a discrezione. Ma la vista di lui e del maggior suo figlio, che, essendo potestà di Urbino, aveva partecipato alla sua mala signoria, riaccese il furore nelle turbe circostanti ; e popolo in furia e senza freno è peggio di una belva ; perchè avventatisi contro i due miseri supplicanti, ambedue barbaramente uccisero, trascinando i cadaveri per le vie. La sua sepoltura fu l'esser gettato in una fossa, in cui era il carcame di un cavallo .... Dicono il Villani e lo storico di Gubbio che questo fu giusto giudizio di Dio, perchè il conte (conclude l'Ugolini) era ribelle della Chiesa, eretico ed anche idolatra. ... » ( 1) . La memoria di Federico, che pesò come una maledizione per conto dei guelfi, fu poi ricordata con rimpianto e con onore dai ghibellini . Il Baldi non ne fa parola, per non funestare le compiacenze del duca Francesco Maria II al (1) UGOLINI, Storia de'conti e duchi di Urbino. Firenze, 1859. ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 455 « racconto che gli tesseva delle glorie avite. L' Ugolini, che non è stato ricercatore delle fonti, inclina a parzialità, parlando di lui. Ma chi ne lodò i fatti fu, dapprima, il Bavaro, che, << riandando sulle buone e fedeli opere di lui, si compiaceva che egli si fosse costantemente affaticato per la difesa dell' impero (1) ; e poi, Giovanni re di Boemia, che, davanti a Nolfo, figlio di Federico, magnificò i famosi titoli « di strenuità e di prudenza, derivati, come da sorgente nativa, dalla probità paterna » (2) . E così lo giudicarono anche gli amici dell' impero in Italia, per i quali chiunque con costanza lottasse contro la salda compagine teocratica , come ogni villan che parteggiando venisse, diventò un Marcello. Daltronde, << nello sminuzzamento dell' Italia d'allora, la sola istituzione che potesse parere atta a ricettare in sè lo spirito dello stato laico, a sintetizzare l'autorità civile di fronte alla religiosa, cosi fortemente accentrata, a dare all' Italia una specie di unità nazionale, era appunto l'impero » (3) . La fine di Federico scosse tutti i suoi amici e aderenti imperiali, che fecero centro su Castruccio ; e, più da vicino, nel vescovo di Arezzo sperarono i ghibellini dell' Umbria. Ritorniamo intanto a Spoleto. Il papa, reso consapevole dei fatti che avvenivano giorno per giorno, si era rivolto agli spoletini con esortazioni, con minaccie, con sentenze. Aveva spedito ai 23 marzo 1320 una bolla che se entro dieci giorni dalla sua pubblicazione non avessero reso liberi i prigionieri e rimessi in città gli ( 1 ) ..... Nos considerantes bona et fidelia opera patris vestri, qui pro deffensione Imperii cotidie laboravit, et vestre fidei puritatem, quam ad nos et R. I. geritis , dicti vestri progenitoris vestigiis inherentes » . V. privilegio di Lodovico il Bavaro ai conti di Montefeltro ( 1328) in THEINER, op. cit. , I, 553. (2) Giovanni re di Boemia nominò consigliere imperiale Nolfo conte di Montefeltro (1333) esprimendosi così : . . . . < Attendentes singularem tue devotionis affectum, nec non famosa strenuitatis et prudentie aliarumque tuarum virtutum merita, que ornia in te progenitalis fontis nativa probitas derivavit. ... . V. THEINER, ivi. (3) F. D' OVIDIO, Nuova Antologia Italiana, 16 maggio 1887, p. 212. 456 L. FUMI esuli a volontà del rettore, questi avrebbe ordine di procedere contro chiunque tenesse testa, di scomunicare i particolari, interdire la città e condannarla a pagare in pena duemila marchi d'argento ( 1 ) . A Foligno, per maggior sicurezza, furono affisse le bolle, e a Foligno per primo, il papa si rivolse per aiuti, ordinando al rettore di trasferire la sede della Curia nella rocca di Montefalco e di procedere alle sentenze, in caso di resistenza ( 2) . Ammonito severamente il vescovo aretino, si indirizzava a Carlo duca di Calabria e figlio di Roberto re di Napoli, mettendogli sotto gli occhi i pericoli per il regno, se ai suoi confini non si fermasse un moto che minacciava dilatarsi (3) . La rivolta durava, l'irritazione del papa cresceva, le sentenze si succedevano sempre più gravi. Il rettore e gli inquisitori della provincia romana annunziarono che, per avere ricettato Federico di Montefeltro, gli spoletini erano incorsi nelle pene ecclesiastiche e dovevano essere puniti a forma dei canoni (4) : durando a rifiutarsi di rimettere in città gli usciti, di liberare gli altri chiusi nelle prigioni e di restituire loro la roba tolta, sarebbero proclamati infami, incapaci di testare e , oltre alla privazione dei diritti civili, soggettati ad altre pene (5) . Al tempo stesso avevano avuto ordine di armarsi e muovere tutti insieme ai danni loro i comuni di Foligno, (1) Arch. perug. , pergam. ad an. Il papa riassumendo i fatti di Spoleto osservava: ... « Nam, sicut veri lica refert assertio, propter intestina odia et domesticas simultates , nonnullos ex concivibus vestris de habitationibus propriis expulistis, et multos alios de dictis concivibus vestris detinetis carceribus mancipatos, ex quo id infallibiliter provenit quod, dum iniustum patientes exilium quibuscumque modis domicilia propria reintrare conantur, dum ex adverso eorum conatibus, diurnis nocturnisque vigiliis obviatur, perdita vivendi quiete, tanto hinc inde gravioribus periculis subiacetur, quanto facti hostes ex civibus, ut experientia sepe probat, isticationes sunt ceteris pestibus ad nocendum ... Dat . Avin. X Kal. aprilis , an. IV ». (2) Arch. perug. , perg. 23 marzo 1320 . (3) Ivi, perg. 5 aprile 1320 (1) Ivi, perg. 21 ottobre 1321 . (5) Ivi, perg. 25 ottobre 1321 . ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 457 Spello, Bevagna, Montefalco, Trevi, Cerreto, Norcia, Cascia, Visso, Bettona, Cannara, Nocera, Gualdo e Sassoferrato, seguendo il vessillo della Chiesa sotto il comando di Rinaldo di Sant' Artemia rettore del ducato ( 1 ) . Ma ad un papa, e ad un papa collocato a si grande distanza dal luogo della rivolta, sarebbe stato più facile confidare nelle armi spirituali, se avesse avuto che fare contro tempi meno fieri e meno alienatisi dallo spirito della Chiesa. Impose al rettore di non attendere più oltre a mandare ad effetto le commissioni ricevute, e così scrisse anche agli inquisitori, perchè potestà, consiglieri e officiali della città avevano ricettato Federico eretico, idolatra, scomunicato, corruttore della Chiesa cattolica, e se lo avevano assunto a duca loro, incorrendo nella confusione di una perpetua morte insieme con lui. Non si trattenessero, ancorchè Federico avesse abbandonato la città (2). Ma l'interdetto fulminato fu a vuoto. I cittadini non lo curarono affatto ; il Comune ne impedi l'osservanza. I domenicani, i mendicanti, i chierici regolari e religiosi continuarono come prima ad uffiziare le chiese, a porte aperte e a suon di campane, e seguitarono a seppellire i morti nel sacrato (3) . Intanto la crociata bandita contro Federico e suoi predicavasi anche contro Spoleto e contro le altre città ribellate; (1) « Viribus conflatis in unum contra hereticum et Spoletanos eosdem pro nostra et apostolice sedis reverentia, sic potenter, sicque strenue et viriliter assistatis , E. R. sequendo vexillum , quod hereticus et Spoletani , predicta in eorum confusi perfidia, debitam effugere nequeant ultionem, quin potius eorum humiliata superbia, ab ipsorum execrandis ausibus resilire cogantur, et per hoc vestrorum et fidelium predictorum occurratur periculis, ac vobis et eis provideatur de pacis commodis et quietis nosque promptitudinem vestre devotionis et fidei merito commendare possimus , et vos proinde nostram et apostolice Sedis apertam in oportunitatibus vestris mereamini reperiri januam gratiarum » . Così chiude la lettera ai comuni del ducato il papa Giovanni XXII , in data 25 ottobre 1321 (Arch. Vatic . Secret. Joan. XXII, an. VI, c . 122) . (2) Secret. Joan. XXII, an. VI, c. 123 ( 23 dicembre 1321 ) . (3) Secret Joan. XXII, an. VI. c. 123, 123 t .; an. VII , c . 321. et exitus Duc. Spolet. , n. 90, c . 231 . - Liber introitus 458 L. FUMI e il rettore, d'accordo coi perugini, veniva disponendo le cose per la guerra (28 gennaio 1322) ( 1) . Narra i Sansi che dopo la caduta di Assisi , Spoleto mandò oratori in Avignone che si studiassero di placare il papa e riprendessero le pratiche fatte altre volte presso papa Clemente, mostrando aver essi cacciati i guelfi, non in odio della Chiesa, ma per amore della pubblica quiete che quelli turbavano, aspirando alla tirannide, immischiandosi in ciò i perugini col disegno di tôrre Spoleto al pontefice e assoggettarselo ( 2). In questo frattempo avvenivano i casi che abbiamo narrati del conte di Montefeltro, e l'esercito, adunato nella valle spoletina, stringeva d'assedio la città inutilmente ; tanto che gli assedianti vedendo di non vantaggiarsi punto, al sopraggiungere dell' inverno ( 1322), si ritirarono, rimasti sul campo soltanto i fuorusciti guelfi, ridottisi, per altro, sulle alture di Collerisciano, dove avevano costruita una bastia chiamata Terranova. Gli assediati cosi poterono a loro bell' agio munirsi di viveri. Si provarono anche a far qualche sortita, recando molestie ai nemici. Un giorno corsero e predarono il territorio di Trevi, dove si trovavano a guardia i cavalieri della cavallata di Perugia, malcontenti e mal pagati (3) . La fortuna fu loro favorevole, e, preso animo, ripeterono le scorrerie. Ma, questa volta, il tentativo non riusci loro propizio, perchè furono assaliti e morti in gran numero, rimandati tutti gli altri feriti. Al ritorno de' quali in città, gli animi inaspriti e inferociti, uscirono nella più deplorevole insania. « Corsero alle prigioni, ove da due anni e cinque mesi i guelfi stavano rinchiusi, e messa a furore gran quantità di stipa e di legna nel fondo. della torre, ve li arsero tutti vivi. Rotte a un tempo le porte delle cave, ove erano i più di quelli infelici, si gitta- (1) Secret. Joan. XXII, an. VI, c. 124. (2) SANSI, op. cit. , p . I , pag. 194. (3) Arch. perug. Annali ad an. , c. 26 t. ( 28 gennaio 1322) . ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 459 rono sopra di loro con scuri e pugnali. I più validi di quei rinchiusi disperatamente lottando con gli assalitori, e strappando loro le armi di mano, di mezzo alla confusione e alle grida di quello spaventevole trambusto, poterono, stretti insieme, aprirsi una strada e salvarsi nel campo di Terranova. Le donne, i fanciulli e gli altri, cui mancò il disperato ardimento furono tutti sgozzati in quella caverna » (1) . Quelli che si salvarono furono in numero di 106 in tutti. Fra i casi più lacrimevoli si racconta di quella gentildonna che con due bambini lattanti era vicina ad essere investita dalle fiamme, e dall' alto della torre avendo scorti sulla via due dei suoi fratelli, a loro mostrò i figliuoli, pregandoli a liberarli. Non avevano essi medesimi menata lei sposa alle case di un guelfo ? Eppure essi risposero : salverebbero lei, purchè lasciasse i figliuoli del guelfo alle fiamme. E nelle fiamme. perirono, con la madre, le innocenti creature. Secondo gli storici, a tanta immanità si sarebbero lasciati trascinare i ghibellini dopo il ritorno dei loro oratori dalla corte di Avignone : poichè il papa li avrebbe male accolti, rimandandoli con la scomunica per i cittadini e con l'ordine della crociata contro di essi. Ma i documenti lo smentiscono. Il papa accogliendo gli inviati volle, innanzi tutto, rendersi certo della resipiscenza di coloro che li inviavano. La crociata era stata bandita fin dall' anno innanzi (8 dicembre 1321), la guerra già si combatteva, e la città sopportava le angustie dell'assedio. Il papa, dunque, rispose ai legati : voler vedere se l'atto non fosse una finzione ; e a scoprire se quello che avevano in bocca portassero nel cuore, deputò messer Ademaro Farga arciprete di S. Africano e Falcone da Siscarico de' predicatori ; ordinò loro di recarsi col rettore del ducato presso gli spoletini di dentro : cercassero di investigarne gli animi, se, cioè, veramente posto giù ( 1) SANSI, op. cit. , p. I , pag. 195. 460 L. FUMI ogni sentimento di passione, volessero soggettarsi puramente e liberamente con le cose, coi beni, con la città e col territorio a beneplacito e mandato della Chiesa. I nunzi pontificî ebbero anche in commissione, quante volte alle parole corrispondessero i fatti, di prendere in consegna la città e il distretto, revocandone il pristino dominio alla Chiesa, ridotti tutti gli usciti dentro Spoleto, per modo che essi e quelli di dentro tutti insieme si rimanessero uniti e concordi nella fede e nella devozione del pontefice e della Chiesa, senza più offendersi fra di loro. I legati pontifici dovevano intendersi coi perugini e mettere ogni studio per impedire le of fese fra le parti, e ad evitare il caso che la S. Sede rimanesse delusa dalle astuzie degli uni come dagli abusi degli altri, dovevano richiedere da ambe le parti il giuramento di fedeltà. Queste istruzioni hanno la data del 31 ottobre 1322 (1) . (1) Le istruzioni contenute nella lettera Semper illo, etc. » hanno i seguenti capitoli: << videlicet, quod rebellionis atque perfidie spreto contagio, et fermento malicie veteri expurgato, se et res et bona eorum, dictamque terram, territorium et districtum ipsius restituendo pure submittant et libere nostris et predicte R. E. solitis beneplacitis et mandatis ; et si verba sic rebus convenient, quod illis facta equaliter recompensent, statim predictam terram cum eius territorio et districtu nomine nostro et eiusdem R. E. in vestris recipere manibus et ad nostrum ac R. ipsius E. pristinum revocare dominium studeat, regendum et gubernandum de cetero simul cum aliis locis predicti ducatus per ipsius Rectoris officium , nomine nostro et R. E. memorate, reducentes ad terram ipsam omnes prefatos extrinsecos , dummodo ipsi et iidem intrinseci in fide ac devotione nostra et eiusdem R. E. unanimiter permansuri, se alterutrum aliquatenus non offendant. Circa quod cum dilectis filiis Civibus perusinis , quibus inde alia scripta nostra dirigimus deliberatione prehabita diligenti formidandas altrinsecus spirituales et temporales ante reductionem ipsam interponetis penas, et talia insuper adhibeatis congrua cautele remedia, prout imminenti fortassis expedire offensionis eiusdem casui viderint, quod ex intrinsecis predictis eisdem extrinsecis offendi nequeant ab aliis alii et inde contingat nos et eandem R. E. non eludi. Nichilominus ut utrique tam intrinseci , quam extrinseci memorati per astrictionis innovande suffragium perfidie notam vel rebellionis abhorreant; et tam ipsi , quam eorum posteri se nobis et jam dicte R. E. debito fidelitatis astringi certius recognoscant, subiungimus et jubemus attente, ut a dictis intrinsecis et ipsis extrinsecis sic reductis in recognitionem vestri et R. E. prelibate non novi, set ab antiquo dominii recipiatis, nostro et ipsius R. E. nomine fidelitatis debite juramentum; de quibus omnibus duo faciatis confici consimilia pubblica documenta, quorum altero penes vos et eundem Rectorem retento , reliquum ad nostram Cameram quantocius transmictatis. Ceterum si dicte terre intrinseci reperiantur per vos in eorum quidem ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 461 Il rettore, i perugini ( 1 ) e gli stessi spoletini di dentro ne furono fatti consapevoli ( 2). animarum et corporum grave periculum non continuatis suis effectibus oblationis enarrate sermones et concepte obstinationis existere pertinaces, extunc predicto Rectori sub pena indignationis nostre et alia que imponi sibi poterit graviori, harum tenore litterarum mandamus, ut spiritualibus et temporalibus penis et sententiis, prout negotii qualitas exegerit, et eidem expedire videbitur agravandis , procedat contra dictos intrinsecos, ac per dilectos filios inquisitores heretice pravitatis procedi spiritualiter faciat, sicut eis damus et alias dedisse recolimus per alias nostras litteras in mandatis, ita quod qui alios putabant illudere, se ipsos amarius doleant elusisse. Demum rescribatur vobis fideliter, etc. Dat. Avinioni, Kal. Novembris an. septimo >> (Arch. Vatic. Secret. Joan. XXII, an. VI, VII , t . III , c . 319) . (1 ) < Dil. fil. Potestati, Capitaneo, Consilio et Comuni Perusinis. - Intrinseci spoletani de gravissimis et infandis, etc. tam nunciis, quam litteris a nobis et eadem R. E. misericordie gratiam, ut asserunt, humiliter implorantes, se ipsamque terram Spoleti, personas, res et bona eorum omnia, nostris et eiusdem R. E. solitis beneplacitis et mandatis, submittere per nuncios et huiusmodi litteras noviter obtulerunt. Nos vero primitus experiri volentes quantum ipsi ex eorum offensione multeplici possunt pro immensitate peccati venie gratiam promereri, eorum in hac parte vota dilectos filios, etc. per alias commictimus litteras et mandamus, etc. ut supra ... [ vos] requivimus et rogamus attente quatenus ad requisitionem commissariorum ipsorum vel alterius eorumdem, pro reverentia et honore nostro ac ipsius R. E. in quantum permiserit vobis Altissimus informetis et dirigatis in premissis, prout exigit negotii qualitas, sibique in illis alios, sicut expediens fuerit, efficaciter assistatis prudentes, ne prefati extrinseci circumveniri valeant ab intrinsecis memoratis, ut hiis, actore Deo, informatione ac directione vestra proinde reformatis, fidem et obedientiam vestram, quam nos et predicta R. E. gratam semper invenimus, tam laude, quam premio commendemus ». (Ivi , c. 322) . (2) « Spoletanis intrisecis spiritum consilii sanioris. Licet multiplicium offen- sionum et gravium iniuriarum enormitatibus ac execrabilibus et abhominandis sceleribus per vos in divine magestatis oprobrium, dampnandis ausibus , perpetratis, vestrosque proximos crudeliter inmaniter affecerit ex hiis dignam Dei et E. ultionem contra vos procurantes, propter que nec non ex delata vestre cervicis superbia, qua vos constituistis adversarios veritatis et hostes , processus graves contra vos iuris dictante censura fecimus, et subsequenter exagerata iustitia fieri jussimus graviores infestas , tamen consideratione mittentium missos ad nostram presentiam a vobis nuncios recepimus et audivimus patienter. Et utinam sic illa geratis in intimis et veraciter operibus comprobetur, que nunciorum et litterarum ipsorum affatibus explicastis, ut resilientes penitus ab erroris devio, quo claudicatis in tenebris abstersaque peccatorum caligine, lucem veritatis agnoscere et umiliati redire curetis spiritu ad nostra et eiusdem E. gremium et mandata, et reducta denique, ut offeretis , terra Spoleti ad debitum nostrum et E. prefate dominium, vos in personis, rebus et bonis vestris studeatis vestrorum et ipsius E. per viam in antea currere mandatorum ! Nos autem volentes primitus experiri quantum potestis pro immensitate peccati venie gratiam promereri, dil . fil . , etc. ut supra Apostolice Sedis nunciis per alios commictimus litteras et mandamus, etc. ut supra. Dat. Avinion . Kal novembris, an. VI », (Ivi, c. 321). 29 462 L. FUMI I fatti che seguirono confermarono i sospetti del papa. Nonostante, egli non lasciò dimenticata la iniziativa degli intrinseci, e se ordinò che non si sospendessero le sentenze, perchè, sotto il pretesto delle lettere papali, non si giuocasse di astuzia, andò a rilento con l'azione . Chiamò segretamente a sè il rettore e gli sostitui con la carica di vice- rettore il tesoriere del ducato messer Giovanni di Amelio ( 1) . Provvide alle milizie e mise a disposizione dei perugini, per pagare gli stipendiarî, il denaro della decima triennale si del ducato, come della diocesi di Perugia e delle altre parti, << ad hoc ipsorum Spoletanorum astutiam inde credimus non eludi » ( 2). Diè ordini per recuperare e munire la rocca di S. Giuliano, Castel Litaldo, la terra Arnolfa, le Rocche de' Cesari, e dalla giurisdizione del ducato tolse molti luoghi, costituendo il rettore del Patrimonio governatore del contado di Sabina, della terra degli Arnolfi, di Terni, di Narni, di Stroncone, di Rieti, di Miranda e di Castel di Rustico in Sabina, di Todi e di Otricoli. Così si sovrapponeva, a poco a poco, all'antico ducato il Patrimonio, e al duca si sostituiva quasi per intiero il rettore di questo, senza che, per altro, la sicurezza delle provincie vi facesse guadagno, e l'una rettoria fosse migliore dell'altra. Difatti, nel frattempo, trovo avvenimenti e cose che non tornarono ad onore del rettore del Patrimonio e indisposero l'animo del papa. Era rettore del Patrimonio Guittone vescovo di Orvieto. Questi aveva locato la terra degli Arnolfi insieme alla Rocca de' Cesari a due consanguinei suoi, fratelli fra loro, per 400 fiorini d'oro all'anno. Jacomo dei signori di Baschi, uno dei due, profittando della ribellione di Spoleto, tolse l'altro violentemente dal consorzio, e negata la corrisposta, occupata per tradimento la Rocca, imprigionate le guardie della Chiesa, la tenne per sè, esigendone il prezzo per redimerla, defraudando del giusto e (1) Secret. Joan. XXII, an. VII, c. 322. (2) Ivi, c. 320. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC . 463 dell'onesto gli abitanti, i passeggeri e i forestieri, come un tiranno. Accusato di aderire agli eretici e di aver favorito l'idolatra Federico da Montefeltro, il papa aveva ordinato al rettore e agli inquisitori di fargli il processo. Ma il vescovo Guittone non esegui gli ordini, e n'ebbe rimprovero ( 1322) ( 1). Neri di Baschi, canonico, si macchiava egli stesso di sangue, si rendeva infame per altri enormi delitti e davasi a fuggiasco, provocando contro di sè i rigori di un giudizio sommario (2). Qualche mese appresso a questo fatto, erano stati presi due ricchi spoletini, de' maggiori cittadini, accusati di eresia, insieme al figlio di Bartoletto e al figlio di Corrado da Spoleto. Il papa ordinò che si racchiudessero i due eretici entro la prigione della rocca di Montefiascone, vi si tenessero custoditi e guardati. Ma appena due mesi dopo gli giungeva notizia che erano riusciti ad evadere dalle carceri, non senza frode e inganno degli ufficiali della curia del rettore. Trattandosi di eretici, fu commessa una inchiesta sul fatto (1323) (3) . Di li a poco si trova, in luogo di Guittone, Rettore del Patrimonio Roberto d'Albarupe (4) . Ma, per chiudere ormai il discorso sulle cose di Spoleto , a spingere quei di dentro ad accettare le proposte del papa (tenute lungamente in sospeso e alternate abilmente da minaccie e preparativi di guerra), stretti di fortissimo assedio dai perugini e dagli alleati di Firenze, di Siena, di Montepulciano, di Orvieto e di Camerino, nonchè dai ducali, sotto il comando di Ugolino Trinci e di Poncello Orsini, dopo due anni e più, si arresero, tirati a forza, non già rassegnati, a cadere distrettuali di Perugia (9 aprile 1324) (5) . (1) Secret. Joan. XXII, an. VII, c. 334 a, 334 b. (2) Ivi, c. 334 a. (3) Ivi, c. 336, 337. (4) Ivi, c. 31. (5) V. nell' Arch. Stor. Ital. Firenze , 1891 , V. S. , vol. 13, p . 98--104, l'importante documento di sottomissione di Spoleto a Perugia pubblicato sopra un atto dell'Arch. di Stato in Roma da E. Loevinson con assennate riflessioni. 464 L. FUMI Ma ora come avvenne ( si domanda il barone Sansi) che la conclusione di questa guerra fu che Spoleto venisse compreso nel distretto di Perugia? « Comechè i perugini v’avessero forse condotto il maggiore sforzo di gente, quella guerra non era di perugini contro spoletini, ma di guelfi e della Chiesa contro i ghibellini. Che se i guelfi di Spoleto avevano invocato l'aiuto de' perugini, ciò era stato in virtù della lega, e gli stessi spoletini combattevano con essi contro la sedizione ghibellina ; nè furono i soli perugini che riacquistarono la città alla Chiesa, ma perugini, spoletini, folignati, orvietani, camerinesi, fiorentini, senesi e altri popoli, e gente di altri paesi venuta non ad aiutare i perugini in una loro guerra, ma a combattere uniti col rettore del ducato sotto la bandiera guelfa, e intorno ad Ugolino Trinci, capitano generale per la Chiesa. Come avvenne, dico, che gli sforzi di tanti popoli diversi combattenti per le ragioni della Chiesa e per la parte guelfa, ebbero per effetto che Perugia distendesse il suo dominio sopra un'antica alleata ? Fu il papa che, avvinto il mastino che così spesso inferociva e postogli la musoliera, ne diede la catena in mano e ne confidò la custodia al suo più valido bracchiere ? ... » ( 1 ) . Non fu il papa, rispondono i nuovi documenti, di cui ci danno la serie i regesti di Giovanni XXII e i registri della rettoria del ducato. Il papa fu accortamente prevenuto dalla abilità dei perugini ; nè il rettore che fece ogni sforzo per richiamarsene e per impedirlo con l'autorità di Poncello Orsini, nè il papa, sdegnatissimo, poterono fare altro che mitigare, modificare e correggere le pretese degli antichi emuli di Spoleto. Troppo grave era il momento politico, perchè Giovanni XXII l'avesse a rompere con una città di si grande importanza per la causa guelfa, come era Perugia; e confidando che il tempo avrebbe sbollito le passioni e rimesse le cose a posto, si attenne ad (1) SANSI, op. cit. , I , pag. 197. ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 465 un temperamento di conciliazione, secondo la tradizionale politica pontificia, senza crescere gravezze reali e personali al vinto, e senza derogare ai diritti del vincitore principale. Se l'umiliazione di Spoleto appagava l'animo dei guelfi, vi avrebbe guadagnato un tanto di quiete il ducato, dopo il fiero sconvolgimento che minacció travolgerlo a ruina. Giovanni XXII non aveva sottoposto Spoleto alla dittatura perugina, ma ne aveva dato il governo al rettore del ducato, Giovanni de Amelio, e aveva del pari nominato questi rettore della città di Perugia ( 1322) ( 1) . L' abbate di S. Pietro gli sottopose la forma del giuramento da darsi, secondo il solito, per la fedeltà al papato Romano e per l'osservanza delle regalie di S. Pietro ( 2) . Istruzioni speciali egli ebbe quando si trattò della resa di Spoleto, perchè i primi ad entrare in città fossero i cavalieri di Firenze e di Siena, a fin di impedire << vendette cittadine, ruberie o altre soldatesche insolenze » . Ma il 14 aprile ( 1324) si affrettava a scrivere al papa e alla curia d'Avignone che Spoleto era venuta a mano dei perugini, e Poncello Orsini, loro capitano, col vessillo della Chiesa era entrato con cinquanta stipendiarî e molti fanti del contado (3) . Successivamente avvisava (20 aprile) avere eletto il Podestà, di proprio arbitrio, non richiestine gli officiali ecclesiastici, secondo aveva ordinato il papa, e come egli li avesse per lettera richiamati a dovere. Spedi un suo notaro in Roma, all' Orsini, rammaricandosi di trovarsi deluso da loro nel negozio della pace con Spoleto, non stando punto ai patti : richiederlo di consigli per apportarvi il rimedio opportuno. Trattò pure col Vencioli, Podestà messo in Spoleto ; ma senza effetto, poichè dovette informare il papa dell'oppressione cui soggiaceva ormai il ducato e delle gravezze imposte (1) Secret. Joan. XXII, III, c. 324 e seguenti . (2) Ivi , c. 326. (3) Arch. seg. Vat. Introitus et exitus duc. Spolet. , Registro n. 99, c. 70 t. 466 L. FUMI · da Perugia ad Assisi e a Spoleto. Il 1 ° gennaio 1325 il pontefice annunziava che il comune di Perugia si era sottomesso alla libera volontà di lui. Varii mesi dopo dichiarava, che avuto riguardo agli atti d'ossequio esibiti da quello e che non ristava dal dare, accordava che persona devota e fedele alla Chiesa, nativa di detta città o dei borghi, presentata dalla S. Sede, potesse essere eletta a Podestà di Spoleto, da installarsi in ufficio dal rettore o dal suo vicario ( 1 ) . E veramente a questo si attenne ; e quando nel maggio ricercò il rettore di provvedere al governo di Spoleto, questi rispose, essersi di tal negozio riserbato il papa stesso la cura. Ciò non impedi, del resto, che nel 1326 gli spoletini ricusassero di ricevere il podestà e il giudice delle appellazioni, eletti a norma delle costituzioni pontificie (2) ; e che nella festa di Sant' Ercolano dell'anno successivo dal canto loro i perugini, non contenti di sentirsi presentare il pallio con la formula. legale, pretendendo un'espressione di vero vassallaggio, ritenessero il sindaco e il notaio in prigione, rimandassero il pallio a Spoleto e intimassero nuovamente la guerra. Gravi cose, che accrebbero i pensieri a Giovanni XXII già con essi indignato ( « didignatus » ) per le novità poco avanti (nel settembre 1326) tentate contro Montefalco, Bevagna e Trevi, cavalcandone le terre, perchè si erano rifiutate a pagare la taglia arbitrariamente a loro imposta dei soldati e fomentando la ribellione del ducato (3). Da tutto questo si vede che l'ambizione di dilatare i confini non era rattenuta dai riguardi che si dovevano al capo di parte guelfa da coloro stessi che di questa parte erano i più forti e valorosi campioni ; e come fosse più possibile andare contro ai desiderî di lui, di quello che rimettere qualche poco delle antiche rivalità municipali. Mi passo (1) Secret. Joan. XXII, V, c. 80. (2) Arch. seg. Vat. Introitus et exit duc. Spolet. , Registro cit . , c . 99 t. (3) Ivi, c. 109 t. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC . 467 dal dire le molte cose, che, non per anco note per le cronache, si collegano a questo importante fatto della storia di Spoleto, anzi sono la conseguenza immediata della sua celebre ribellione, come quelle che mi allontanerebbero dal soggetto propostomi, e delle quali mi accadrà di dare il commentario in altro lavoro, per seguitare a dire di altri contemporanei ribelli ed eretici dell' Umbria. (Continua). L. FUMI. 468 L. FUMI I. - [ 1320] , aprile 5. DOCUMENTI APPENDICE II. Arch. com. Perug. perg. ad an. Giovanni pp. XXII invita il principe Carlo duca di Calabria a reprimere la ribellione di Spoleto. Johannes etc. Dilecto filio N. V. Carolo primogenito carissimi in Xpo filii nostri Roberti Regis Sicilie Illustris eiusque in Regno Sicilie Vicario Generali Duci Calabrie sal. etc. Nelle attuali condizioni d'Ita- lia, si rende ne- cessaria la sicu- rezza dei confini nelle provincie. Quantum, fili , considerata Provinciarum quamplurium Italie dissidentium invicem gravi fluctuatione guerrarum, expediat pro pacifico statu Regni paterni, cuius tu adpresens in Illustris tui genitoris absentia Vicariam 5 curam geris, quod civitates et loca extra eius confinia constituta sibi contigua non discrepent a votis paternis et tuis, sed sint utriusque votis consentanea et amica securitates profectus et comoda, que ex amicorum vicinitate proveniunt , ac suspitiones insidie et dispendia, que ex del ducato di Spo- 10 odiorum machinationibus oriuntur evidentius manifestant. La provincia leto agitata dal- le civili discor- die può causare gravi pericoli al Regno, cui è at- tigua, se non vi si ponga pronto riparo. Licet igitur non credamus tue solicitudinis diligentiam preterire, quin accurate considerans, quod Provincia Ducatus Spoletani prefato Regno est immediata contiguitate vicina, cum consilio suo discutiat quantum securitati ex15 pediat dicti Regni et profectibus paternis et tuis in eadem provincia per indevotorum nequiciam, nullas seditiones et civiles discordias suscitari , quantumve perutile et necessarium existere dinoscatur, priusquam mala convalescere possint per moras eorum principiis obviare, quia tamen 20 geruntur cautius que diligentius attenduntur super novitate Civitatis Spoletane in eo vid . quod Gebellini Civit. eiusdem conceptam jamdudum nequiciam nequam pro- ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 469 I ghibellini di di Spoleto hanno scacciato dalla 25 città i fedeli del- la Chiesa, altri chiusi in carcere . Le stesse cose in Assisi. Lo prega a dare sollecito aiuto al Rettore del ducato per reprimere la ri- bellione sui con- fini del Regno. ducentes in partum, nonnullos Cives Spoletanos fideles et devotos R. E. tuique genitoris amicos et obsequiis preparatos extra Civitatem eandem per violentiam expulerunt, et multos alios de fidelibus et devotis Civit. eiusdem carceribus manciparunt, ac nonnulli Gebellini de Civitate Assisinat. presumpserunt facere illud idem. Nobilitatem tuam non solicitantes, sed in premissis potius excitantes, 30 eam affectuose rogamus, quatinus prudenter attendens, quod malorum geminata societas periculosa dissidia consuevit latius dilatare, et quod nonnulla, que suo faciliter presciduntur in ortu, si per longas moras postmodum convalescant, difficile succiduntur, pro bono et pacifico 35 statu Regni, et ut in Civitatibus et locis sibi contiguis deprimatur indevotorum audacia et devotorum status in favore debito conservetur, ad preces et instantiam dilecti filii .. Rectoris ducatus eiusdem, si tui favoris auxilium duxerit requirendum, in quantum comode poteris 40 oportunum suffragium gentis armigere de terris Regni predicti ducatui predicto vicinis sibi studeas impertiri, illud precipue in hac parte considerans, quod expedit celeriter spinas malorum evellere , ne, quod absit, extense vicina quieta plantaria solicitudinis bellice aculeis inquie45 tent. Dat. Avinion. Nonas Aprilis Pontific. n. an . quarto. II. [1320] , aprile 5 . Arch. com. Perug. perg. ad an. Giovanni XXII ammonisce il vescovo di Arezzo, che si era adoperato anche per la ribellione di Assisi e di Spoleto. Johannes etc. Ven. fratri. Epo Aretino sal . etc. Gli viene ri- ferito che egli abbia mano in tutte le novità che accadono in Romagna, nella Marca e nel DuNon possumus nec debemus de te ulterius silentio preterire, quin tibi , que veritas habet, et nobis de actibus tuis detexit relatio fide digna nostris litteris exprimamus. Habet enim frequens multorum ex processibus tuis nata cato di Spoleto, 5 et pro ipsorum continuatione successive continuata rela 470 L. FUMI per modo che nessuna discor- dia ha luogo, della cui trama 10 egli non sia con- Scio, ministro attore. e tio , quod in quibuslibet novitatibus, quas in Romaniole , Marchie Anconitan. et Ducatus Spoletan. Provinciis frequenter pariunt et faciunt Gebellini, ponendo seditiones in terris et dissidiosa scandala in dictis Provinciis suscitando , manum tenes ita, quod nulla suscitatur ibi dissensio, cuius ordimenti tu non extiteris conscius, minister et actor, vel ex post facto non fueris fultor solicitus et diligens prosecutor, gentem tuam in favorem eorum et devotorum E. dispendium destinando . Super quo quanta 15 status tuus respergatur infamia , quanta labe detestabilium excessuum involvatur per temetipsum, tu ipse dispicies si hec consideres diligenter. Refert etiam fidedigna relatio, quod licet prudentiam tuam non lateat Civitatem Assisinat. terram fore peculiarem R. E. , utpote in eiu20 sdem ducatus Provincia constitutam et mutationem pacifici status ipsius toti dicte Provincie divisionem et scandalum comminari et dampna gravia iuribus R. E. irrogare, ad cuius fidelitatem et obedientiam et jurium defensionem eis astrictus per proprium juramentum, tu ta ad aiutare 25 tamen Mutio q. Francisci militis de Assisio eiusque com- Aiutò e seguiMuzio di Assisi nella ribellione della città. plicibus in pervertendo Civitatem eandem, suos expellendo et etiam trucidando concives dictamque Civitatem in perversione huiusmodi, contra nos et R. E. detinendo prestitisti et prestas consilium, auxilium et favorem in 30 tantum ut nulla fuisset in eadem Civitate mutatio, nulla expulsio Civium, nulla etiam alia novitas attemptata, nisi tui favoris precessisset auxilium , sive in ipsius factionis principio prestitum, sive postmodum subsecutum , illud idem refertur de facto novitatis que subsefa nella novità 35 quenter in Civitate contigit Spoletana. Sunt ne hii di Spoleto. n medesimo 40 fructus quos debet oliva fructifera fructificare in domo domini et proferre ? Sunt ne hij fructus boni, quos tu tanquam arbor bona sperabaris in Aretina E. productura? Est ne ex tuis actibus commendabilis talis odor in cuius fragrantia possit mater E. delectari ? Sunt profecto hiis omnino contrarii , ex quibus suscitantur odia, germinantur dissidia, vastitates provinciis ingeruntur et eidem E. dampna gravia irrogantur. Licet igitur ex pre- ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 471 missis contra te iuste deberet et posset pro tanta ingra45 titudine sedes apostolica commoveri, volentes tamen adhuc paterne lenitatis cophinum arboris tue radicibus adhibere, si forte deinceps proferat bonos fructus , fraternitatem tuam monemus rogamus et hortamur attente, tibi districte precipiendo mandantes ac sano consilio sua50 dentes quatinus beneficiorum, que a predicta E. recepisti non immemor, nec ingratitudinis reus, sed gratus potius retributor exhibeas te virum omnimodis votis eiusdem E. uniformem, et dimissa vetustate vite prioris , in melioris vite transeas novitatem, et ad requisitionem dil . vore del Rettore 55 fil.. Rectoris eiusdem ducatus predictis intrisecis AssisiLo esorta a cambiare tenore di vita, volgendo l'opera sua a fadel ducato . Altrimenti , procederà contro di lui. nat. non solum omnem favorem et auxilium subtrahas, sed adversus eos quamdiu incepte inobedientie rebellione perstiterint, eidem Rectori assistas auxiliis oportunis, ut culpas preteritas ex laudabilibus sequentibus actibus valeas 60 expiare. Alioquin aperte tibi predicimus, quod nec possumus, nec intendimus ulterius similia de tuis actibus conniventibus oculis pertransire , quin contra te debite procedamus, prout justitia suadebit. Dat. Avinion. Nonis aprilis an. quarto. III. [ 1321 ] , dicembre 8. Arch. com. Perug. ad an. Giovanni XXII al Rettore del Ducato di Spoleto ordina di pubblicare la crociata contro Federico di Montefeltro e suoi, nonchè contro le città di Spoleto, Urbino, Osimo e Recanati. Johannes episcopus servus servorum Dei dilecto filio magistro Raynaldo de sancta Arthemia thesaurario ecclesie Novioniensis cappellano nostro ducatus spoletani rectori salutem et apostolicam benedictionem. Richiama le divine vendette contro i nemici della Chiesa. Exurgat Deus et iudicet causam suam, improperiorum non immemor, que fiunt inclite sponse sue ab insipientibus tota die . Ipsi quidem in ea ultionum offendere Dominum 472 L. FUMI Federico, Gui- do e Speranza fratelli , già conti di Montefeltro, si lahiesa, occu- parono Urbino e insieme con quel Comune, associa- tisi diversi com- plici , si ritengo- no vari castelli di quel contado, con strage e dan- no di molti, con 20 esilii , spoglia- zioni, imposizio- ni di tasse e taglie. non verentes illam crebris hostilitatis turbinibus persecun5 tur, dyris lacessunt iniuriis , contumeliis innumeris provocant et obprobriis gravibus inhonorant et de presumpta contra nos et Romanam Ecclesiam dampnande rebellionis audatia gloriantes per frequentes commotiones guerrarum in quibus fidelium animas perditioni lugemus expositas et pe10 riclitari corpora deploramus eiusdem ecclesie fidelibus et devotis multimodas inferunt lesiones periculosis scandalis suscitatis. Horum autem insipientium nephando consortio Fredericus, Guido et Sperantia fratres olim comites de Monte Feretro, ut in profundum malorum cum eisdem si ribellarono al 15 corruant, adunati perfidie tossica, que cum lacte matris de radice sumpserunt pestifera, de qua produxerunt horiginem colubri venenosi , servantes in pectore illa frequenter execrandis evomunt flatibus ut perimant innocentes. Hii sunt etenim filii pestilentes partusque viperei , quos domus asperans educavit, qui quanto illis eadem ecclesia in multarum relaxatione culparum se amplius liberalem exbibuit et benignam magisque misericordem pietatem exercuit erga eos , tanto adversus illam conati sunt congregare plurium congeriem offensarum, et dete25 riora prioribus continue commictendo, diebus preteritis , post inordinate libitum voluntatis , postposito rationis iudicio, currendo precipites, et tergum non faciem eidem vertentes ecclesie, contra eam cervicem rebellionis erigere ac civitatem nostram Urbini, et deinde , una cum comu30 nitate civitatis ipsius, nonnulla castra comitatus quondam civitatis eiusdem , ad nos et ecclesiam ipsam spectantia, sibi, diversis assotiatis complicibus, non absque multorum strage fidelium animarumque dispendiis, per violentiam occuparunt et detinent, in ipsius ecclesie con35 tumeliam et contemptum, per sevam tyrannidem occupata, et nonnullos de civitate et castris eisdem ecclesie predicte fideles, bouis omnibus violente predationis nequitia spoliatos , per violentiam eiecerunt, alios importabilibus collectis et talliis aggravando ; nec contenti quod 40 omnes in simul contra predictos ecclesiam et fideles armata impietate crudeliter ardentes perfidie sue conatus ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC . 473 Federico Recanati e di altri luoghi della Marca di Anco- na. Pira. Saccheggiò exponerent, sed singulariter singulis belluinam feritatem et iram satagentibus in eosdem scelestibus actibus exeras- cere. Idem Fredericus elationis sue currum ascendit et sunse la capita- nia di Osimo, di 45 capitaniam auximanam racanatensem et aliorum de provincia nostra Marchie Anconitane nostrorum et ipsius ecclesie romane rebellium imprudenter assumens, castrum Pire cum eisdem rebellibus, exercitu congregato, depopulavit hostiliter, et per aliquod temporis spatium dure 50 ac violente obsidionis instantia coartavit , ex quibus multorum strages fidelium , rapine bonorum locorum, incendia et alia innumera nephanda facinora provenerunt, dictusque Guido castrum sancti Donati, constitutum infra comitatum eumdem, ad nos et ecclesiam pertinens su55 pradictam, cum multitudine armatorum adgrediens, illud violenter invasit, bonis omnibus spoliando, et nihilominus Fredericus ipse quemdam Marchese nomine dilecti filii Amelij abbatis monasterii sancti Saturnini tolesani tunc prepositi Belimontis Cappellani nostri provincie memo60 rate Rectoris Bajulum, ipsius Rectoris licteras deferentem , prope portam dicte civitatis Urbini per quosdam suos latrunculos capi fecit et dyro carcere mancipari , et nisi eum miseratio divina per fuge subsidium ab ipso carcere liberasset , illum seve mortis suppliciis tradidisset. Nec adhuc Guido occupò San Donato. Federico fece prendere e chiu- dere in carcere Marchese balio dei Rettore.pres- so la porta di Urbino. ca. I detti fratelli 65 iidem fratres , tantorum scelerum enormitate contenti, di- impedirono al Rettore di eser- ctum rectorem et offitiales suos, quominus in eos et civita- citare la sua au- torità nella Mar- tem ac castra predicta, que infra provinciam sibi decretam consistere dinoscuntur, iurisdictionem suam per se vel officiales ipsos posset libere, prout ad eum pertinet, exer70 cere themerariis presumpserunt ausibus impedire. Et quod in eis acerbiori turbatione doluimus et dolemus, ipsi propriam salutem, tamquam in sensum dati reprobum contempnentes, omnino multorum saluti detrahere conabantur, dum eos , qui persistebant in ipsius ecclesie 75 fidelitate constanter ab illius obedientia quantum in eis erat, fellitis labiis et lingua venenosa subducere molientes, apud ecclesie predicte rebelles, ne ad nostram et ipsius fidelitatem redirent perversis suggestionibus insistebant , et alios diversos et enormes excessus et scelera detestanda cha Cercarono di ribellare quelli durarono nella obbedienza della Chiesa. 474 L. FUMI Perciò ordinò di citarli e di ammonirli, 80 que seriem longe narrationis exigerent, si ea contingeret recitari, per singula commisserunt, et adhuc commictere, nefandis ausibus, non verentur, per que manifeste colligitur, quod in eis ecclesia prefata , tamquam in proterve ingratitudinis filiis, beneficia multe lenitatis ammisit. Disprezzarono 85 Et licet rector prefatus contra eos, propter dictos exces- gli atti fatti con- tro di loro dal sus, varios processus excommunicationis et interdicti et Rettore. alias diversas penas et sententias continentes habuerit, ipsi, tamen, fratres eosdem processus penas et sententias , quos in sue robore firmitatis permanere voluimus con90 tempnentes , illos induratis animis sustinuerunt diutius , sicud adhuc sustinent, in salutis proprie detrimentum. Nos vero, licet subditorum frequenter juxta paterne mansuetudinis gratiam , que durius provocata benignius miseretur, dissimulemus offensas, quia tamen tam orrendorum 95 immanitas scelerum, adeo in maternam contumeliam redundabat, quod illam non poteramus nec etiam debe bamus transire , per dissimulationem vel negligentiam impunitem, eosdem fratres per licteras nostras requirendos duximus actentius et monendos, districte precipien100 tes eisdem, quod infra terminum competentem , per dictas licteras prefixum eisdem, ad nostra et ipsius ecclesie mandata ac veram et plenam obedientiam redire curarent , dictisque civitate et castris prefato rectori libere restitutis, a quovis impedimento, quominus ipse per se et offi 105 tiales suos plenam in ipsos et eamdem civitatem ac castra prout ad ipsum spectabat rectorem jurisdictionem, posset omnimodam exercere penitus abstinerent, et nihilominus nobis et eisdem ecclesie ac rectori super premissis debitam satisfactionem impenderent, nostroque se conspectui 110 personaliter presentarent, mandatis nostris plenarie parituri ac facturi et recepturi, quod justitia suaderet. Quod si forsan ipsi , monitis et mandatis ac citationi nostris huiusmodi parere contempnerent, ipsos et eorum complices ac sequaces, valitores, adjutores, fautores vel eis 115 quomodolibet adherentes, aut super hiis prestantes eisdem auxilium , consilium vel favorem, directe vel indirecte publice vel occulte, cuiuscumque conditionis, status vel dato un termine perentorio a ri- tornare all ' ob- bedienza е re- stituire la città e i castelli , e presentarsi alla Curia, per eseguirne i man- dati ; e in caso di re- sistenza sotto- porli alla munica, SCO- ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC . 475 e per i Comuni dignitatis existerent, excommunicationis sententiam incurrere voluimus ipso facto. Comunitates vero in hiis culpalati alla priva- 120 biles dictamque civitatem Urbini ac terras castra villas et zione di privilegi e libertà, e castelli ribelloca eisdem subiecta interdicto ecclesiastico subiacere et nihilominus eos et quosvis alios tam clericos , quam laicos huiusmodi excessuum patratores nec non et complices, adjutores, valitores , sequaces, fautores et adherentes pre125 dictos, qui per triginta dies dictum terminum immediate sequentes memoratas sententias sustinerent, omnibus privilegiis, indulgentiis, gratiis , libertatibus et immunitatibus realibus et personalibus eis communiter vel divisim sub quacumque forma verborum a dicta sede concessis , 130 dictosque clericos omnibus beneficiis ecclesiasticis dignitatibus personatibus et officiis, cum cura vel sine cura, ex tunc, apostolica duximus auctoritate privandos , ipsorum vassallos et homines, a juramento , fidelitate et quavis obligatione, quibus tenerentur, eisdem penitus abprosciogliendo 135 solventes, feuda quoque, jura, honores et officia et alia per i chierici al- la perdita di di- dignità ed uffici , loro Vassalli dal giuramento di fe- deltà, e dalle ob- bligazioni, confiscando feu- di, diritti, onori, bona immobilia quecumque, infra provincias seu terras eiusdem ecclesie romane et alibi ubicumque ab eadem romana tenerent ecclesia de fratrum nostrorum consilio , duximus confiscanda. Volentes quod aliis feudis, juribus et offici , beni immo- 140 bonis immobilibus, que, a quibusvis aliis tenerent eccle- bili, tenuti per siis, essent, ipso jure, privati , que sic libere ad easdem reverterentur ecclesias , que de illis earum rectores pro sua disponerent voluntate. Quod si forte fratres et alii supradicti, per alios triginta dies, huiusmodi nostros pro145 cessus substinerent animis induratis, ex tunc communionem, commercium et participationem fidelium adeo illis interdicenda duximus et etiam proybenda, quod nullus bladum, vinum, carnes, pannos , ligna, seu res quascumque vel merces ad eos deferre, aut ipsis vendere, seu que di avere 150 quovis alio modo in ipsos transferre, vel ab eis emere essi da parte della Chiesa, ri- tornandoli libe- ramente a que- sta e alle chie- se cui spettasse- ro, con libera collazione dei rettori. Trascorsi inu- tilmente trenta giorni da questa ammonizione , do- vessero essere scomunicati, con divieto a chiuncommercio con essi, sotto pena di scomunica per i privati, o sotto pena di interdetto per città, castelli , luoghi, ville e università ! quovis presumeret colore quesito in omnes contra proybitionem nostram huiusmodi venientes, si persona existeret singularis, quantacumque dignitate fulgeret, excommunicationis ; si vero civitas, castrum, locus villa seu 155 universitas foret interdicti sententiis subiaceret ; auctoritate 476 L. FUMI con la condanna dei suddetti fra- telli all'infamia; con la proibizio- ne a chiunque di patrocinarne le done le sentenze e gli atti, e con- dannandone giudici coll'atto- re insieme ai fi- gli e nepoti fino alla quinta ge- nerazione alla interdizione daed ecclesiastici. i apostolica, nichilominus statuentes et etiam ordinantes, quod ex nunc predicti fratres note infamie perpetue subiacerent, nec eorum aliquis vel quivis aliorum predictorum ad testimonium aliquod vel alios legitimos actus - cause, annullan- 160 posset admicti, sic intestabiles reddentes eosdem, qui nec possent condere testamentum, nec ex testamento vel ab intestato ad cuiusque successionem ammicti . Nullus insuper eis vel ipsorum alicui respondere super quocumque negotio tenerentur, set ipsi tenerentur aliis respondere gli offici civili 165 nec ad ipsorum audientiam cause quelibet perferrentur, nec ipsorum valerent sententie vel processus. Nec aliquis eis vel ipsorum alicui in quacumque causa vel negotio presumeret patrocinum impartiri, nec ipsi vel ipsorum aliquis admicteretur ad patrocinium aliis impendendum. 170 Sententie vero ac processus illorum, qui iudicatus officium exercerent ac instrumenta confecta per illos ex eis , qui tabellionatus obtinerent officium nullam haberent protinus firmitatem, set cum actore dampnato potius dampnarentur filii quoque ac nepotes ipsorum, usque in quartam 175generationem, ad nullos admicterentur honores ecclesiasticos vel mundanos, ad nullas dignitates vel beneficia ecclesiastica aut officia publica quomodolibet optinenda. Et insuper et singuli, qui cum dictis fratribus vel eorum aliquo, ipsorum contumacia durante, confederationem, sotietatem , colligationem seu ligam facerent vel inirent, aut eis darent auxilium consilium vel favorem in rebellione predicta, si persone singulares exsisterent, etiam si patriarchali vel maiori , seu reali , vel quavis dignitate alia preminerent, anatematis ; si vero civitas, castrum , 185 locus aut villa, universitas vel communitas seu collegium esset, interdicti sententias incurrerent ipso facto , easdem nichilominus et quasvis alias confederationes sotietates colligationes et ligas super premissis vel ea contingentibus , nec non et actiones, convenctiones et obbligationes qua190 scumque inter eos et quasvis alias singulares personas aut civitates, castra seu loca, communitates vel universitates sub quavis forma verborum factas, vel quas in posterum fieri contingeret, etiam si essent juramentis, promissionibus, Annullate le leghe e le socie- tà contratte da 180 essi con la pena dell'anatema per le persone parti- colari e dell' in- terdetto per i luoghi ; ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC . 477 dichiarati, se contumaci anche dopo altri trenta giorni, decaduti da offici pubblici 200 e da ogni diritto di proprietà. In tutte que- ste pene furono dichiarati incor- 210 si per la loro contumacia. Federico poi presto culto di idolatria. obbligationibus penarum adiectionibus , vel alia quacumque 195 firmitate vallate, annullandas, cassandas, irritandas, vacuandas et cassas irritas et vacuas numptiandas duximus et nullam habere decrevimus roboris firmitatem, eosdem fratres et ipsorum quemlibet in dignitatibus seu publicis of ficis constitutos, qui per alios triginta dies predictos ultimos triginta dies immediate sequentes in contumacia persisterent antedicta ex tunc sententialiter ab eisdem dignitatibus et officiis duximus deponendos, ipsosque reddidimus inhabiles et indignos ad ea et quelibet alia imposterum obtinenda, ipsorumque bona mobilia concessimus occu205 panda fidelibus et personas eorum, ut redigerentur in capientium servitutem eisdem exposuimus fidelibus capiendas. Et demum, quia fratres ipsi eisdem processibus , in locis, de quibus non est dubium, eos ad ipsorum pervenisse notitiam publicatis, eosdem processus penas et sententias obstinatis mentibus contempnentes et substinentes animis induratis ad nostra et eiusdem ecclesie redire mandata infra dictos terminos et post ipsos etiam diutius expectati, inconsultis ducti motibus non curaverint, cos dictosque valitores , adiutores, fautores, sequaces, 215 adherentes et prestantes eisdem auxilium , consilium , vel favorem dictas penas et sententias incurrisse mandavimus solempniter numptiari. Postmodum autem, Fredericus ipse, documentis veritatis adiectis , et ad obscenas operationes et sordidas inquinatus, non advertens quod illa 22 ) virtus illaque sapientia et illa est vere colenda majestas, que universitatem mundi creavit ex nichilo et in quas formas voluit et mensuras terrenam celestemque substantiam omnipotenti ratione produxit, ydolatrie nephandissimo cultui per prophanas superstitiones et horridas, ceca 225 et stulta dementia, se ingessit, pestifera labe respersus heretice pravitatis. Ecce quidem prophanus hostis et impius catholice matris [ E. ] adversus Christum sponsum eius insurgit blasphemiis fidei catholice murum detrationum ictibus impetit, eiusque diruere nititur matris orthodose 230 structuram, et illam suorum invasione jurium agredi non formidat. Hiis vero processu temporis ad dilecti filii Lau30 478 L. FUMI Lorenzo Mon- dayn inquisitore, istituito il pro- cesso contro di lui, lo dichiarò e condanno ere- tico ed idolatra, scomunicandolo , e come eretico abbandonandolo i beni alla Camera Apostolica, rentii de Mondayno, ordinis minorum inquisitoris pravitatis eiusdem, auctoritate apostolica deputati , fidedigna relatione perductis auditum, idem inquisitor super illis 235 contra dictum Fredericum , legitime huiusmodi auctoritate, procedens per inquisitionem habitam per eundem, reperta super eisdem criminibus veritate , dictum Fredericum , super hiis plurium, tam prelatorum et religiosorum, quam aliorum peritorum consilio et deliberatione preal braccio seco- 210 habitis , declaravit et declarando decrevit et pronum- lare, nè confiscò ptiavit dictis criminibus irretitum , ipsumque, tanquam hereticum et ydolatram condempnavit et esse velut talem excommunicationis vinculo inuodatum, mandaus eum ab omnibus artius evitari et tamquam hereti245 cum curie seculari relinquens , animadversione debita puniendum, eius bona ipsius ecclesie romane camere confiscavit, iudicans et declarans eundem ad quelibet officia, honores et beneficia, omnesque actus legitimos inhabilem et indignum, et ut in eum omnium concurreret 250 penarum effectus , illum nedum inventis et excogitatis a jure, sed etiam novis et excogitandis penis dignissimum reputavit, ipsum cum suis posteritatibus et descendentibus ab eodem usque ad gradus diffinitos a jure omnes penas privationes et sententias incurrisse , tam a jure canonico , 255 quam civili statutas et impositas declarando . Et ut edificiorum [ ruine?] nunc monstrarent quanta per eum illata nostro esset iniuria et contumelia creatori , pronuntiavit domum, in qua obscenum, quod colebat, ydolum servabatur, dari funditus in ruinam nullo umquam tempore re260 parandam, contra fautores nichilominus, valitores, creincorsa tutta la sua posterità nel- le pene stabilite dal diritto civile e canonico. Ordinò che si distruggesse la casa dove egli adorava l'idolo, e di procedere contro i suoi fau- tori. dentes, receptatores, defensores, complices et sequaces ipsius, eique adherentes ac prestantes auxilium , consilium vel favorem quocumque pallio vel colore quesito, publice vel occulte, mediante justitia processurus, prout 265 nobis constat per publica et sufficientia documenta. Et quamvis nos Fredericum hereticum supradictum , de mansuetudine sedis apostolice consueta, que libentius emendat in subditos peccata, quam puniat, nec ferrum precisionis adigit libenter in morbos, qui possint ex levi ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 479 Non ostante, mente a grazia, fece sempre peg- gio. Ora poi la co- munità e il popolo di Spoleto , 285 270 fomento recipere sanitatem, duximus diutius expectandum , ut culpas eius modesta correctione sanante non traheret eum ad desperationis laqueum mangnitudo peccati, set pie porrecta manus apostolice discipline reduceret ad salutem , idem tamen hereticus per huiusmodi expectaaspettato lunga- 275 tionis clementiam, que ipsum ad penitentiam reduxisse debuerat, correptionis medelam non sentiens , sed abutens illa cum suarum ulcera sint indurata culparum nephande temeritatis ausibus in derisum , ad ecclesie predicte salubre gremium redire contempsit, nec a solita malignitate 280 quievit, quin potius in diversoria mortis corruens et desperans, penitus et contempnens incessanter, prioribus deteriora committit. Nuper autem, sicut mirantes et dolentes accepimus, communitas et populus Spoletanus in eam feruntur insaniam prorupisse, quod dicto Frederico heretico , prodigo filio in regionem abeunti longinquam adherentes, improvide, ut eos a domo paterna, videlicet ecclesia catholica, omni bono celestis gratie denudatos, funditus inmergat, voluptabris ne facile adiciat, ut resurgant, eum recepisse et sibi , quasi novum balaam ydolum , in ducem 290 assumpsisse dicuntur, ut ipse devorator illorum effectus, devorentur, tandem, ipsi , virtute altissimi cum eodem . Dolet igitur mater ecclesia , quod sacro regenerati fonte baptismatis et nature divine consortes effecti conversatione degeneri in vilitatem veterem, per mortis illece295 bras et preruptam herroris execrabilis semitam , relicta gloria catholice fidei , relabuntur ; nosque non immerito tristamur ab intimis, quod perditionis filii decorem catholice matris, quam nostra interest uni viro virginem castam exibere Christo, heretice pravitatis conantur obscenità della fede con 300 tatibus maculare. Non enim expedit ut tam horrendorum fatta adesione con lui per sepa- rarsi dalla Chie- sa, lo hanno ri- cettato, e, quasi nuovo Balaam, lo hanno eletto Duca loro. La Chiesa si duole che coloro che ricevettero il battesimo ri- cadano nell' an- tica bassezza. Il papa si rat- tristaassai chefi- gliuoli perdutiof- fendano la castioscenità. Non può ri- manere impunito tanto delitto. scelerum in succedentia temporum secula sine recordatione vindicte memoria differatur, ne illorum infamis inpunitas in generationes futuras similium audaciam proroget presumptorum , sed potius est eo fortius ipsius re305 sistentie obice intentio elidenda, eoque potentius repugnantie obstaculo sui prosecutio reprimenda propositi , eiusque pravis affectibus contrariis effectibus obviandum , 480 L. FUMI Invocato il braccio delle di- vine vendette, trattandosi della causa di Dio, decreta accorda- re grazie spiri- tuali a chi ne as- sumerà la difesa. quo magis humane salutis emulus infidelis infidelium intendit pectoribus cultum catholice fidei , sine qua nemo 310 unquam deum videre poterit, depravare. Exurgat, itaque, deus et eum preveniat celeris prevenctione vindicte obitus et subvertat, erigat bracchium suum sicud ab initio , allidat in virtute sua virtutem illius obumbret, in die belli caput zelantium bellum eius. Quia vero in hiis dei 315 et eiusdem fidei catholice causam agi conspicimus, decrevimus devote prosequentibus illam etiam spiritualibus auxiliis adsistendum, ut causam ipsam eo ferventius prosequantur quo tutius huiusmodi prosecutionis eventum poterunt expediri. Ideoque nos de omnipotentis dei mi320 sericordia et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius au- Quindi la stes- sa indulgenza so- ctoritate confisi , omnibus vere penitentibus et confessis , qui lita darsi dalla Chiesa ai pelle- dictum Fredericum rebellem hereticum ydolatram excomgrini che vanno in terra santa, municatum et fidei catholice corruptorem , dei adversarium accorda per un anno a quanti et ostem apertum, dicte persecutorem et inimicum ecclesie seguendo il ves- manifestum, et fidelium ipsorum tyrampnum sevissimum, dictasque Spoletanam et Urbinatem Auximanam et Racanatensem communitates et populos, ac prefatos Guidonem et Sperantiam eiusdem heretici fratres et alios omnes et singulos fautores et receptatores ipsius, nec non et civitates 330 castra terras et loca , que iidem hereticus et fratres detinere sillo della Chiesa 325 muoveranno con- tro Federigo, contro le città di Spoleto, di Urbi- no, di Osimo, di Recanati e con- tro Guido e Spe- ranza fratelli e contro tutti i loro fautori. presumunt, queve ipsos recipiunt et receptant, seu parent eis , et illos , qui eos imposterum dum extra Sedis fuerint apostolice gratiam receptabunt, aut favebunt eisdem, in personis propriis , nec non et hiis qui in propriis personis, 335 alienis tamen sumptibus, expuguabunt, et super hoc per annum incipiendum a die de quo prefatus abbas, dicte provincie marchie rector, duxerit ordinandum, continuum vel interpolatim infra biennium ex tunc complendum proxime laborabunt, ecclesie predicte sequendo vexillum , 340 tam clericis quam layeis, et insuper eis, qui suis dumtaxat expensis iuxta facultatem et quantitatem suam destinabunt ydoneos bellatores per dictum tempus moraturos et laboraturos ibidem, illam concedimus veniam peccatorum, que proficiscentibus in Terre sancte subsidium 345 concedi per dictam Sedem apostolicam consuevit. Eos ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC . 481 autem, qui non per annum integrum, set pro ipsius anni parte in huiusmodi servitio Dei forsitan laborabunt, iuxta quantitatem laboris et devotionis affectum participes esse volumus indulgentie supradicte. Quod si forsan morissero dopo 350 ipsorum aliquos post iter arreptum in prosecutione dicti A coloro che militassero per un tempo minore di un anno, e partiti perla spe- dizione, avendo la stessa indul- genza. E così a tutti coloro che som- ministreranno il denaro per la 355 detta spedizione. negotii ex hac luce migrare contigerit vel interim negotium ipsum congrua terminatione compleri, eos integre participes esse volumus indulgentie memorate. Huius etiam remissionis volumus et concedimus esse participes , iuxta quantitatem subsidii et devotionis affectum , omnes, qui ad impugnationem heretici ac ydolatre et aliorum predictorum de bonis suis congrue ministrabunt. Quare discretioni tue per apostolica scripta commictimus et mandamus quatenus per te vel alium seu alios huiusmodi Ordina di pub- 360 concessionem nostram in ecclesiis et locis tibi decrete blicare la detta provincie quotiens et quando expedire videris studeas solemniter publicare. Rescripturus nobis per tuas patentes licteras vel instrumentum publicum principium et finem continens presentium licterarum quicquid supradicte con365 cessionis publicatione duxeris faciendum. Datum Avinioni vi ydus decembris pontificatus nostri anno sexto. concessione nei luoghi consueti. ― IV. [ 1322] , ottobre 18 . Arch. com. Perug. perg. ad. an. Giovanni XXII al Rettore del Ducato di Spoleto ordina di pubblicare il divieto di commercio con detta città. Johannes episcopus servus servorum dei dilecto filio magistro Raynaldo de sancta Arthemia thesaurario ecclesie Novioniensis capellano nostro ducatus spoletani Rectori salutem et apostolicam benedictionem . Aveva invita- to i ribelli di Spoleto a rien- trare nel grem- bo della Chiesa Dudum gravibus et detestandis sceleribus per Potestatem, Consilium et comune spoletanum contra deum , nos et ecclesiam romanam ac suos concives extrinsecos dampnandis ausibus perpetratis ad nostri apostolatus auditum infau5 ste relationis assertione perductis, nos cupientes ipsos 482 L. FUMI Tuttochè a- spettati lunga- mente, non si curarono dell'in- Vito, ma invece ricet . tarono il fu Fe- derico di Monte- feltro ribelle, e- retico, idolatra, scomunicato e corruttore della fede. ab huiusmodi erroris invio revocare, paternis eos monitis duximus exhortandos, quod ad nostra et ecclesie romane redire curarent gremium et mandata : sed ipsi benignitatem sedis apostolice consuetam , que libentius emendat 10 peccata in subditos quam puniat, nec ferrum prescisionis adigit libenter in morbos, qui possunt ex levi fomento recipere sanitatem, deducentes dampnabiliter in contemptum et durius solito in sua pertinatia obstinatis animis persistentes, ad gremium et mandata ecclesie 15 redire , velut in sensum dati reprobum, quamvis de benignitate huiusmodi expectati diutius non curarunt ; quin potius, per diversoria mortis currendo precipites ac cum insensatis galatis fascinati, in eam feruntur insaniam prorupisse, quod nequaquam veritati credentes quon20 dam Fredericum de Monteferetro nobis et ecclesie predicte rebellem, hereticum et ydolatram excommunicatum ac fidei catholice corruptorem receperunt nequiter et eum in ducem sibi , ut confusionem mortis perpetue cum eodem incurrerent, assumpserunt : nec adhuc spoletani 25 predicti tantorum excessuum enormitate contenti, sed hii , qui pro potestate consiliariis et officialibus civitatis spoletane tunc temporis se gerebant, per semitam erroris execrabilis gradientes, licet ipsi una cum Universitate civitatis eiusdem dictum Fredericum, iam de heresis et ydolatrie pestibus condempuatum, tanquam insani mente recipere et in eorum ducem assumere dampnabili temeritate presumpserant, ut prefertur, tamen, ut graviora dei odia contra se provocarent seque exorbitare monstrareut a catholice fidei veritate, Petrum Raynal35 dum dictum Ancayano et Masiolum Abbedengomi ac Bonaventuram Odoli, cives spoletanos de heretica pravitate dampnatos, ad officia civitatis ipsius, eodem Petro de carcere, ad quem per Inquisitorem pravitatis eiusdem perpetuo deputatus extiterat, liberato , tanquam mani40 festi hereticorum fautores et impugnatores officii inquisitionis pravitatis eiusdem, dampnabiliter admiserunt. Interdictum vero, cui subiacere dinoscitur civitas spoletana, transgrediendo sanctiones canonicas, observare conDi più ammi- sero agli uffici del Comune cit- 30 tadini condan- nati per eresia, uno de' quali li- berarono dal car- cere a cui era stato condanna- to a vita. Violarono l'in- terdetto e forza- no le chiese ; ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 483 facendo e pub- blicando atticon- tro la fede. tempuunt, illudque per alios faciendo divina celebrari 45 officia, seu potius prophanari , ac defunctorum corpora laicorum in cimiteriis civitatis eiusdem, pulsatis campanis, ministris tamen ecclesiarum renitentibus, sepeliri fecerunt et faciunt in contemptum clavium violari , gravantes et opprimentes ecclesias et personas ecclesia50 sticas diversis exactionibus, talliis et collectis , illis , qui eorum perversis actibus renuunt consentire, auferendo ecclesias et eos cogendo penas exilii miserabiliter experiri. Et insuper, contra predictas claves ecclesie , pollutis labiis , obiurgando, nonnulla contra fidem catholicam 55 dicunt et publicant, et in detrimentum fidei catholice ac dei et ecclesie sacrosancte contemptum et contumeliam per alios faciunt publicari, devotosque romane ecclesie suis perversis conatibus a devotione retrahere et indevotos, ne omisso erroris invio, ad devotionem ipsius 6) ecclesie redeant, impedire satagunt, alia horrenda facinora, que in divine maiestatis offensam redundare noscuntur, queve longe narrationis seriem exigerent, si exprimerentur per singula, horribiliter committere non verentes. Verum, cum ex hiis dicti spoletani receptatores, 65 fautores et defensores hereticorum manifestos, preter alias penas et sententias, quas ipsos propter premissa non est dubium incurrisse , se reddiderint, ac velut tales sint iusto ecclesie iudicio puniendi, nos per te et dilectos filios Inquisitores eiusdem heretice pravitatis in Provincia re e agli inqui- 70 beati Francisci sub certis modo et forma inquiri mandaPerqueste cose ordinò al Rettositori della pro- vincia di S. Fran- cesco di proce- dere contro essi. di vimus contra eos sicut in aliis nostris litteris confectis super hoc plenius et seriosius continetur. Ne autem Spoletanorum ipsorum, qui velut generatio prava et exasperans ac perennis maledictionis alumpni, de tenebris et 75 umbra mortis, quibus indesinenter ambulant, ad lucem veritatis et semitam rettitudinis redire non curant, deteriora prioribus committendo, contagione mortifere pestis inficiantur fideles , volentes quantum cum deo possumus paterne vigilantie studiis curam sedulam adhibere, uni80 versis et singulis Christi fidelibus tam clericis quam laicis cujuscumque status, ordinis , conditionis vel digni- 484 L. FUMI Quindi per- chè i fedeli non contraggano il contagio dai det- ti spoletini, or- dina a tutti di non avere com- mercio e comu- nicazione essi, sotto pena scomunica con di con- tro i contravven- tori . 90 tatis existant, comitibus quoque, vicecomitibus, baronibus, nobilibus, potestatibus, capitaneis, nec non et comunitatibus, universitatibus et populis civitatum , terrarum, 85 castrorum et aliorum quorumcumque locorum, autoritate presentium , districtius inhibemus et mandamus expresse, ne ipsorum aliquis cum dictis spoletanis participationem , communionem vel commercium, comedendo, bibendo, loquendo, tractando , emendo, vendendo bladum , vinum, carnes, pisces, pannos, vestes, equos, arma aut alia quecumque victualia seu necessaria, quocumque nomine censeantur, titulo venditionis, donationis, permutationis , emptionis vel quovis modo alio, per se vel per alium seu alios ministrando sub quocumque quesito colore , 95 publice vel occulte habere vel inire, aut ipsos admittere quoquo modo presumat. Nos enim in omnes et singulos predictos tam clericos, quam laicos , contra inhibitionem et mandatum huiusmodi, postquam ad eorum notitiam pervenerint vel per eos steterit , quominus potuerint per100 venisse quomodolibet facientes, nisi in casibus a jure permissis, sententiam excommunicationis et insuper eosdem clericos suspensionis penas incurrere ac predictorum terras castra et loca ac communitates et universitates, nec non dictorum clericorum ecclesias, qui 105 contra inhibitionem et mandatum huiusmodi post publicationem ipsorum facere forsitan attemptarint, interdicto ecclesiastico subiacere volumus ipso facto ad penas graviores, prout inobedientium exegerit malitia et expedire videbimus, processuri. 110 Quocirca discretioni tue per apostolica scripta committimus et mandamus, quatinus per te vel per alium seu alios inhibitionem et mandatum nostra huiusmodi et omnia supradicta in ecclesiis civitatibus castris et locis decrete tibi provincie et aliis de quibus videris 115 expedire studeas solemniter publicare, ut nullus pretextu ignorantie super hiis velamen excusationis assumere valeat in hac parte, rescripturus nobis per tuas litteras vel instrumentum publicum harum seriem continens quicquid super predictis duxeris faciendum. ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 485 120 Datum Avinioni XV Kalendas Novembris Pontificatus nostri anno septimo. V. [ 1322] , ottobre 8. Arch. Segr. Vatic. Secret. Joann. XXII, III , 301 . Giovanni XXII a Cante de' Gabrielli di Gubbio scrive intorno alla restituzione di Guido Tigna figlio del conte di Montefeltro e di Malatesta suo complice, eretici. Nobili viro Canti de Gabrielibus de Eugubio. Ha ricevuto le sue lettere. Literas tuas devotionem fidei quam ad Romanam geris E. recensentes leta manu recepimus et que continebantur in eis intelleximus diligenter, devotionem eandem, quam velut filius benedictionis exuberare non ces5 sas, sicut etiam illam in restitutionem de Guidone Tigne heretico dil. f. Amelio Abbati Mon. S. Saturnini Tholosan. Capellano nostro Marchie Anconitane Rectori per te facta noviter laudabilis operis exhibitione monstrasti , cum gratiarum actionibus quamplurimum commendantes. Lo loda per 10 Verum quia Malatestam dicti heretici complicem una cum eodem heretico Rectori prefato te in ipsis licteris asseris reddidisse, cum, sicut accepimus, verius noscatur, idem complex a tuis manibus nescimus qualiter evasisse, quod aliud quam subsistat nobis confinxeris, causam prebet ne di Malatesta 15 rationabiliter admirandi ; nichilominus autem nepotem suo complice. la restituzione fatta al Rettore della persona di Guido Tigna ere- tico. Si meraviglia della restituzioPenserà al nepote. tuum, quem nobis per plures licteras commendasti, gratiose prosequi tui consideratione proponimus, quotiens oportunitas se obtulerit domino concedente. Dat. Avin. VIII idus Octobris, an. septimo . VI. [ 1322] , dicembre 1 . Arch. Segr. Vatic. Secret. Joann. XXII, III , 334 . Giovanni XXII ordina di procedere contro i signori di Baschi fautori di eretici. Ven . fr. Guittoni Episcopo Urbevetano Patrimonii B. P. in Tuscia Rectori. Nuper infeste relationis assertione percepimus, quod 486 L. FUMI Jacomo de'Ba- schi favori l'ere- tico Federico e aiutò questi e gli Spoletini. Sia citato da- vanti all ' inquiJacobus de Baschio in profundum malorum corruens, et dapnationis precipicium, non coactus, sed voluntarius, se demergens, processus nostros contra perfidos Spoletanos, dei ac nostros et E. R. hostes crudeles et impios et de 5 heretica pravitate vehementer suspectos, ac quondam dapnatum hereticum et ydolatram Fridericum de Monteferetro dudum habitos, diversas spirituales et temporales penas et sententias continentes in sue salutis anime dispendium et multorum scandalum non verendo , sed 10 veniendo potius temere contra eos, prefatis Spoletanis et Frederico heretico suisque sequacibus et fautoribus adhesit dampuabiliter, ac prestitit, et adhuc Spoletanis ipsis prestare non desistit auxilium et favorem tam publice, quam occulte. Cumque premissa ex quibus divina ma15 gestas offenditur et puritati detrahitur fidei orthodoxe non debeamus absque correctione debita conniventibus oculis pertransire, fraterninati tue per apostolica scripta mandamus tam virtute processuum predictorum, quam alias ratione fautorie huiusmodi, contra dictum. J. suosque in hac 20 parte sequaces procedere per te vel per alium seu alios prout rationabile fuerit non ommittas, et per dilectos filios inquisitores pravitatis eiusdem procedi facias diligenter, rescripturus nobis nichilominus quicquid in predictis duxeris faciendum, per hoc autem processibus per vos contra sizione con i suoi 25 fautores seu adherentes habitos rebellium predictorum non fautori. intendimus aliquatenus derogare [ Dat. Avinion. Kal . decembris, an. VIJ] . Occupò la Rocca de'Cesari. Eidem. Fidedigna relatione percepimus quod Jacobus de Boichio (sic) multorum patratione scelerum 30 contra nos et R. E. per ipsum alias sicut dicitur commissorum temere non contentus, nuper in nostram et eiusdem E. prorumpere contumeliam non formidans, Roccham Cesarum E. predicte peculiarem invasit hostiliter et prodicionaliter occupavit, gentibus nostris et eiusdem 35 E. ad ipsius Roche custodiam deputatis captivatis et oppressis per eum multipliciter et afflictis. Cum autem premissa in nostrum et eiusdem E. manifestum preiudicium redundare noscantur, fraterninati tue per apostolica ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 487 Sia chiamato in giudizio. Neri de' Ba- schi canonico o- micida. S'istruisca il processo contro di lui. - scripta mandamus, quatinus, si est ita tam auctoritate 40 constitutionum per processum contra occupatorum jurium et bonorum nostrorum et prefate E. per nos dudum habitorum et alias ad recuperationem dicte Roche et punitionem debitam excessuum predictorum contra dictum J. suosque sequaces, valitores et adiutores spiritualiter 45 et temporaliter procedere, sicut expedire videris non omitas etc. Dat. Avinion. Kal. Decembris , an. VII . Rectori et thesaurario Patrimonii. Ex vestrarum percepimus serie litterarum quod Nerius de Boichio (sic) Canonicus Antisiodorensis dudum instigante diabolo in 50 quondam Paulinum de Baschio inmaniter irruens , ipsum, timore Dei postposito, nequiter interfecit ; cuius occasione homicidii ac propter alia enormia crimina per ipsum, ut fertur, in partibus illis commissa, de quibus ibidem esse asseritur multipliciter infamatus, se duxit ad 55 partes alias transferendum. Nos autem scire volentes ex officio super hiis veritatem , discretioni vestre per apostolica scripta committimus et mandamus, quatenus cum et vos vel alter vestrum per vos vel per alium seu alios simpliciter etc. super predictis et ea tangentibus plenius in60 formetis, et informationem, quam inde feceritis , sub sigillis vestris clausam fideliter nobis quantotius transmictatis . . . . Dat. ut supra. Eisdem. Admirandi nobis prebuerunt materiam littere per vos misse cum pretextu commissorum exces65 suum per Jacobum de Boichio (sic) nostrum et E. R. rebellem, ut scribitur , et adversarium manifestum per nos ad captionem fratrum ipsius Jacobi, qui de predictis excessibus esse possent forcitan innocentes, petieritis absque alia informatione procedi. Quibus enim juribus Redarguisce 70 aut rationibus efficacibus fulciri valeat sic indiscreta petitio non videmus, sed quod contra dictum J. qui Rocham Cesarum hostiliter et prodicionaliter dicitur occupasse, ac Spoletanis intrinsecis et q. Frederico de Monteferetro de heretica pravitate dapnato adhesit, sicut vestre continebant 75 littere, et prestitit consilium auxilium et favorem virtute processuum contra dictos Spoletanos et hereticum ac ocil tesoriere o il Rettore del pa- trimonio che han- no trascurato il Processo contro Jacomo de' Ba- schi. 488 L. FUMI cupatores iurium et bonorum E. memorate et alios prout ratio pudebit non processeritis, et presertim tu, frater, 80 Epe. , cui hoc specialiter incumbebat, vestram reputamus negligentiam non modicum arguendam. Et ut illam aboleatis per diligentiam subsequentem , ecce quod tibi , Epe. , destinamus super hoc litteras speciales , circa quarum executionem , sicut spectat ad vos et vestrum quemlibet 85 et expedire videbitis curetis sedulam adhibere diligentiam etc. Dat. c . s. VIII [ 1323] , febbraio 12, maggio 1 . Arch. Segr. Vatic. Ivi, 336, 338. P. Giovanni XXII ordina di ben guardare alcuni eretici SpoRimprovera di poi per averli lasciati fuggire dal letini. carcere. ▬▬ Vuol sapere se è vero che il figlio di Barto- leto e il figlio di Corrado da Spo- leto con altri due de' maggiori di detta città siano carceri di Mon- tefiascone: chie- de i nomi degli altri. Ordina di ben guardarli. Sollecita il processo contro Rectori et thesaurario Patrimonii etc. -Si verum est quod nuper audivimus quod filium Bartholeti et filium Corradi Civium Spoletanorum et duos alios de maioribus Civ. ipsius cum nonnullis aliis captos noviter detineatis ritenuti nelle 5 apud M. Flasconem carceri mancipatos, volumus vobisque inhibemus attente quatenus tam de detentione huiusmodi et captivorum nominibus, quam de ipsius captionis eventu certos quantotius per vestras litteras nos reddatis. Circa quod ex causa subiungimus inhibentes expresse Muzio di Assisi . 10 ne ipsos aut eorum aliquem sine speciali vestra licentia liberetis , sed potius ne per excogitate malignitatis ingenium manus effugere valeant detentorum, ad ipsorum captivorum custodiam exactionem diligentiamimpendatis. Ceterum quia vobis per litteras speciales commisimus 15 executionem diversorum processuum per vos contra Mutium de Assisio eiusque sequaces et complices et rebelles utique nostros et R. E. habitorum, discretioni vestre presentibus exitamus, ut contra rebelles eosdem solicite ac efficaciter procedatis iuxta ipsarum continentiam litterarum etc. Dat. 20 Avin. II Id. febbraio, an. VII. ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC . 489 Rimprovera ii Rettore per essersi lasciato sfuggire dalle carceri due ere- tici Spoletini, or- dinando un ' in- chiesta . Eidem Rectori. - Nuper infeste relationis assertione percepimus, quod duo nequam Spoletani hostes dei et E. ac de labe pestifera heretice pravitatis respersi de castro nostro Montiflaconis . . . , in quo suis demeritis exigentibus 25 detinebantur carcerali custodia mancipati, fraude vel dolo, culpa seu negligentia quorumdam officialium nostrorum, aut ipsorum vel aliorum consilio, adiutorio seu favore, se fugitivos, fractis carceribus , reddiderunt, quamvis per nonnullos se fautores hereticorum ipsorum ex hoc 30 probabiliter pretendentes fuisse dicantur, post effractionem et fugam huiusmodi receptati. Nolentes igitur tam graves et enormes excessus occulis conniventibus pertransire, discretioni tue per apostolica scripta commictimus et mandamus, quatenus super premissis et ea tan35 gentibus simpliciter etc. et de plano etc. , veritatem inquirens omnes et singulos etc. quos de predictis dolo fraude culpa vel negligentia culpabiles et suspectos vel in effractione carceris et fuga predictis prestitisse directe vel indirecte pubblice vel occulte auxilium, consilium et 40 favorem aut postmodum hereticos receptasse predictis . . . deliquisse repereris, sic punire et alias tam contra ipsos quam contra dictos hereticos spiritualiter et temporaliter procedere, sicut iustitia exegerit . . . . procures etc. Dat. ut supra, Kal. Maii, an. septimo. 491 DOCUMENTI I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO (Archivio Segreto Vaticano - Camera Apostolica) Tradizione riportata da PAOLO DIACONO (II, 1) faceva del Ducato di Spoleto una provincia della Tuscia. Nell'anno 1133 Enrico il superbo duca di Baviera era stato creato da suo suocero, l'imperatore Lotario, conte di Toscana e duca di Spoleto ; e nel 1153 Guelfo VI, fratello di Enrico, aveva ricevuto a sua volta da Federigo Barbarossa con i beni della contessa Matilde la marca di Toscana e il ducato suddetto. Guelfo mori nel 1195 dopo avere impegnato o ceduto i suoi beni all' imperatore ; ma la tradizione continua, e sotto Enrico VI si trova, per un documento della badia di Passignano (FICHER, Forschungen, etc., II, pag. 240), un Corrado che è detto marchese di Toscana (marchio Tusciae), il quale è probabilmente il medesimo Corrado d' Urselingen ben conosciuto come duca di Spoleto. Ma egli non rimase a lungo marchese della Tuscia e perdè presto anche il ducato. Nel 1198, Innocenzo III appena divenuto papa rivendicò i diritti della Santa Sede sul medesimo, forzò Corrado a capitolare a Narni e prese possesso di tutte le sue città (FABRE, Le liber censuum, I. Paris, 1889). « Innocentius III ... in ducatum spoletanum accessit, quem ad fidelitatem Ecclesie nuperrime revocaverat ... statumque Rectorem in ducatu Spoleti et comitatu Asisii terrisque vicinis, vid. Gregorium S. M. in Aquiro diaconum cardinalem, per Ameliam ... remeavit ad Urbem (MURATORI, Rer. it. scr., ex Baluzio, pag. 488). 492 L. FUMI Dopo che Innocenzo III ebbe cosi recuperato le città e i luoghi del ducato, questa provincia entrò a far parte integrale dello stato della Chiesa distintamente dal Patrimonio di S. Pietro, dalla Marca d' Ancona, dalla Campagna e Marittima, e dalla Romagna. Conservato il vecchio appellativo, ducatus Spoletanus, al suo governo prepose un officiale talvolta col titolo di Dux, più spesso di Rector, e a tale ufficio deputò per la prima volta, come si è accennato, un cardinale. Gregorio Crescenzi di S. M. in Aquiro governo con autorità di Legato della Sede Apostolica anche per le terre vicine. « Aveva istruzione di provvedere ai diritti della Chiesa senza offendere le altrui ragioni ; cioè le consuetudini, i privilegi e le franchigie delle terre e degli uomini novellamente acquistati, studiandosi di conservare a ciascuno ciò che gli fosse appartenuto. Ma quello che fosse da fare in effetto era lasciato al suo giudizio e discrezione, e il pontefice dichiarava che avrebbe fatto strettamente osservare quanto il legato avesse stimato di dover decretare. Questa pienezza di potere era per avventura necessario concedere al primo che doveva recarsi in mano il nuovo dominio, e si vede per verità essere già stata ristretta nel rettore nominato per l'anno seguente, che fu Gregorio de Albertis cardinale di S. Gregorio ad velum aureum, cui fu dato a cooperatore Pietro prefetto di Roma. Nelle lettere che ne scrisse alle città , il papa determinava quali ne fossero le attribuzioni ordinarie tener sicure le strade, mantenere la pace, far giustizia e difendere la terra ... : quibus dedimus in mandatis ut stratam custodiant, pacem procurent, justitiam faciant et terram defendant ; alia quoque nihilominus operentur, quae ad honorem Dei, profectum Ecclesiae, utilitatem vestram et aliorum nostrorum fidelium noverint pertinere ... nullum sine causa ledentes, vel contra justitiam aggravantes, etc. Epist. Innoc. III, lib. II, 1 , 2 e 3 » (SANSI, Storia del comune di Spoleto, p. I. Foligno, 1879, pag. 28). Nella contesa fra Filippo di Svevia, fratello di Enrico VI I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 493 imperatore, e Ottone figlio di Enrico il Leone, già duca di Sassonia e di Baviera, il ducato, per opera di Leopoldo, eletto arcivescovo di Magonza, ricadde all' impero e sotto l'autorità di Filippo, come dalla notizia di un Enrico duca di Spoleto sottoscritto in un diploma di quello svevo dell'anno 1205. Ma dopo il trattato di Neuss, ricomposte le cose a favore di Innocenzo III, questi recuperò il ducato, e nel parlamento di Viterbo del 1207 determinò in modo più pratico quale dovesse essere l'autorità sovrana della Chiesa nelle novelle provincie. << Venne allora attribuita ai rettori pontificî la giurisdizione suprema d'appello, che fu poi in queste contrade amministrata da quel tribunale che nelle antiche scritture e nelle cronache vediamo chiamato la Corte grande del Ducato (SANSI, pag. 34) . >> Nelle successive invasioni di Ottone IV e di Federico II ritornati gli antichi duchi, la Chiesa vi tenne solamente di nome e per mantenervi le sue ragioni Stefano di Fossanova cardinale de' SS. Apostoli col titolo di rettore ( 1210) . Non prima del 1221 si trova, per gli effetti del parlamento di Orvieto, presente Onorio III, rimesso l'ufficio del rettore nella persona del cardinale Ranieri Capozzi, che, per altro, non fu in condizione di esercitarlo. L'assetto della provincia non ebbe luogo che sotto Gregorio IX dopo la pace di S. Germano (9 luglio 1230) . Primo rettore da questi nominato fu Milone vescovo di Beauvais, il quale per l'opposizione armata degli Spoletini, non potè entrare in città prima del 1232. Nella guerra di Federico II contro Spoleto, Bertoldo d' Urselingen fin dal 1234 si chiamava duca di questa provincia, al cui governo si succedettero effettivamente Giacomo di Morra, Diepoldo di Dragona e Marino d' Eboli. Il ducato ripassò alla Chiesa in modo stabile nel 1247, stabiliti i rapporti con la città mediante capitoli confermati da Innocenzo IV a Lione (20 maggio 1248). Al fine di determinare chiaramente l'ufficio del rettore gioverebbe assai uno studio sulle Constitutiones du31 494 L. FUMI come per le Constitutiones Egidianæ fu fatto recentemente con perizia singolare dal prof. Filippo Ermini. Il barone Sansi ricorda le costituzioni di Pietro de Castagneto arcidiacono di Beauvais rettore del ducato nel 1333, e riporta un brano del cap. XXVIII di esse, che egli dice aver vedute, sono molti anni, « in un libro ms. in pergamena ». Vi trascrisse le rubriche dei capitoli e il contenuto di quelli che gli sembrarono di maggior rilievo. Di chi si fosse quel codice non gli fu detto, nè, quando egli scriveva, (1879) sapeva dove fosse possibile rinvenirlo. Si voleva vendere (aggiunge) e a gran prezzo ; e forse fu venduto (op. cit. , pagina 209, n. 1 ) . I Registri del ducato, conservati nell' Archivio Segreto Vaticano fra le carte della Camera apostolica, sono molto utili a chi tentasse di riempire quel vuoto lasciato per il difetto delle Constitutiones. Sarebbe stato interessante poterne conoscere i più antichi ; ma di essi possiamo appena averne il ricordo da una menzione che ne fa il pontefice Giovanni XXII. Si conservavano nell' Archivio del Capitolo Vaticano, donde quel papa faceva estrarne copia pubblica per servizio del Rettore o del Tesoriere (THEINER, Cod. dipl. dom. temp., etc. I, pag. 489). Sotto il pontificato dello stesso papa la Curia Romana ricostitui tutte le sue amministrazioni, e l' Archivio Camerale di Avignone comincia da quel tempo a formare una serie ordinata di registri. Gli archivi della Camera apostolica si compongono, per il medio evo, di circa 600 codici che ci danno un tutto ben distinto, e rimontando, per la maggior parte, all'epoca dei papi in Francia, formano l'Archivio camerale d'Avignone. Costituiscono tre classi (secondo il cenno dato da L. GUERARD in Archives historiques de la Guasco gne, deuxième série, fasc. 2. , Paris, 1896) ; e ogni classe porta una serie speciale : 1. ° Introitus et exitus , 2.° Servitia , 3.º Collectoriæ, inventaria et processus . Dallo studio di questi volumi si può avere una cognizione I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 495 completa delle finanze pontificie nel corso del secolo XIV, specialmente se si consulti la serie di alcuni nuovi registri che si sono trovati insieme coi registri delle bolle di Avignone, in tutto 347 registri . La serie degli Introitus et exitus comprende due categorie speciali : i Manualia, nei quali ogni funzionario nota l'entrata e la spesa, e gli Introitus et exitus Cameræ propriamente detti, nei quali sono sommariamente scritti, sotto diverse rubriche, il ricevuto e lo speso di ogni anno del pontificato. Questo secondo gruppo non è senza interesse per la storia provinciale, trovandovisi nelle entrate la indicazione di ciascuna provenienza. La serie contiene conti speciali di ciascuna provincia che fosse in relazione diretta col papato. Il volume più antico della collezione (anno 1278) fu già pubblicato dal ch . PALMIERI ; il più recente è dell' anno 1436. Il ch. KIRSCH prepara per la Società Alemanna di Georres un inventario generale degli Introitus et exitus. La serie intitolata Servitia communia contiene le quote pagate dai vescovi e abbati, in occasione di loro promozione, per una parte alla S. Sede rappresentata dal camerlengo del Papa, e per un'altra parte al sacro Collegio che aveva il suo tesoro distinto ed era rappresentato dal suo proprio camerlengo. I volumi si dividono in obligationes , quietationes e divisiones . Egli è appunto al tempo di Giovanni XXII che comincia la serie regolare di questi documenti importanti. Finalmente le Collectoriæ contengono i conti delle somme raccolte nei diversi paesi della cristianità dagli agenti della S. Sede, e rappresentano la terza parte dell'Archivio Camerale. Vi si trovano l'indicazione di tutte le imposizioni riscosse dalla Curia, le decime ecclesiastiche imposte nelle diverse circostanze particolari, i sussidi volontari, le annate definitivamente regolate a partire da Clemente VI, e le rimesse di certe categorie de' benefizi vacanti, le successioni de' prelati riservatesi dal papa, i doni e i legati fatti alla S. Sede dal clero e dai fedeli, in fine i 496 L. FUMI diritti riscossi dai prelati in occasione della loro visita ad limina. Quanta ricchezza di notizie per ogni ramo della storia si ricavi da queste fonti apprendesi in modo particolare da varie opere recentemente venute alla luce, e specialmente dai volumi e dagli scritti dei chiarissimi TANGL, EHRLE, DENIFLE, DE DICKAMP, MUNTZ, e specialmente del KIRSCH, Die papstlichen Kollectorien in Deutschsland warend des XIV Jahrhunderts (Paderbon, 1894), e Die Finanzerwaltung des Kardinalkollegiums in XIII und XIV Jahrhundert (Münster, 1895). Dai pochi Registri rimasti degli Introitus et exitus del ducato Spoletino si desumono, dal 1318 al 1350, e anche fino al periodo della restaurazione del cardinale Albornoz, le notizie più necessarie per conoscere come fosse costituito l'ufficio del Rettore e quali ne fossero le attribuzioni. I limiti territoriali, entro i quali egli esercitava la sua giurisdizione, erano ormai abbastanza ristretti . I luoghi principali erano Assisi, Bettona, Bevagna, Cannara, Cascia, Collemancio, Foligno, Giano, Gualdo Cattaneo, Gualdo Nucerino, Gubbio, Montefalco, Nocera, Pomonte, Sassoferrato, Spello, Spoleto, Trevi, Visso con vari castelli e ville. Le città più popolate, Spoleto e Gubbio, potevano contare non più di 20,000 abitanti ciascuna. Il rettore esercitava il diritto di mero e misto impero e riassumeva in sè i poteri legislativo, amministrativo ed economico. Percepiva uno stipendio di 1440 fiorini all'anno. Talvolta si poneva in suo luogo un vice rettore. Aveva a servizio e a difesa personale un certo numero di berrovieri vestiti di panno verde. Lo aiutavano ad esercitare la parte giudiziaria un giudice per gli spirituali, un giudice per i malefizi e un altro per il civile . Reggevano la parte amministrativa l'avvocato della Camera e del fisco e il tesoriere e il vice-tesoriere. L'esecuzione penale affidavasi al maresciallo della Curia e al custode delle carceri. La milizia ordinaria si componeva di un conestabile a cavallo con una bandiera I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 497 di 17 poste o paghe che aveva la guardia personale del Rettore, e un conestabile a piedi con 24 poste. I castellani delle rocche e dei palazzi, come quelli di Montefalco, di Spello e di Rocca Pece comandavano ciascuno 15 o 12 paghe. Nei casi straordinarî conducevansi compagnie di sergenti sotto il conestabile e bandiere oltramontane, cui si univano anche a soldo fanti e cavalieri italiani retribuiti variamente, sotto il comando di un Capitano generale di guerra. Il bilancio ordinario della spesa e dell' entrata si può calcolare a fiorini 6626 all' anno ; e i cespiti dell'entrata possono distinguersi e riassumersi nel modo seguente : 1. Censi ecclesiastici. Si corrispondevano, per lo più, in tante libbre di cera. Il castello di Piscina pagava nell' ottava di Natale, oltre a 24 libbre di cera, anche mezza libbra di zafferano. 2. Affitti. Dei varî possedimenti di terreni, proprietà della S. Sede, si faceva locazione a' Comuni o a privati, e questi ne pagavano il fitto così in denaro, come in generi. 3. Aiuti delle feste. Erano così chiamate quelle regalie che si mandavano al Rettore per la sua mensa particolare nelle solennità della Pasqua e del Natale. Consistevano nella presentazione di lepri, di spalle di porco, di capponi, di fiasche o some di vino di Spello e di denaro. L'abate di S. Angelo presso il lago di Chiusi dava per Pasqua cento tinche. 4. Fuocatico. Aveva la sua origine dalla tassa pagata da ciascuna casa, in qua fiebat fumus vel ignis. Calcolata sulla base di 26 denari per ogni casa era addebitata ai Comuni, che se la ripartivano in proporzione. 5. Bandi e salarî. Di tutti i bandi e salarî pagati ai comuni nelle rispettive curie era dovuta alla Camera ducale la terza parte. 6. Composizioni. Delle multe e pene pecuniarie inflitte per delitti ed eccessi facevasi bene spesso transazione che si chiamava composizione, riducendosi a minor somma 498 L. FUMI avuto ragione della gravità della colpa e della possibilità di chi l'aveva commessa. La terza parte della somma fissata a titolo di composizione era devoluta alla curia del Rettore. 7. Emolumenti. Di tutti gli incassi della banca della curia si facevano quattro parti : tre parti si distribuivano fra i notari della Curia ; la quarta parte andava alla Camera. 8. Sportule. Si chiamavano sportule i salarî dovuti dalle parti litiganti alla banca del giudice delle cause civili. 9. Sigilli. I sigilli della Curia custodivansi dal Tesoriere, e per l'uso del sigillo tanto in affari spirituali, quanto in affari temporali si pagava un diritto alla Curia, e si chiamava tassa dei sigilli. 10. Carceri. Ogni carcerato doveva alla Curia per ogni giorno di sua prigionia un bolognino. 11. Abolizioni. Querelanti che volessero recedere dagli atti iniziati contro qualcuno l'ottenevano pagando per ogni causa rinunziata un diritto di soldi 6 e denari 3 cor tonesi. ― 12. Condanne. Questi sono i proventi percepiti per effetto delle sentenze emanate dalla curia del Rettore sopra le cause di sua competenza e non di competenza di altre curie. 13. Straordinarie. - Qui ricadevano tutte le multe di natura loro arbitrarie et contingentes . 14. Pedaggi. - Alcune terre e certi luoghi erano gravati di servitù di pedaggio, dette anche laude, sulle quali la Curia percepiva la terza parte della tassa. 15. Sbanditi. Era il reddito dei possessi confiscati ai ribelli e condannati e il ricavato dalla vendita che facevano gli esecutori di giustizia sopra i beni degli sbanditi. 16. Viscontado di Valtopino. I visconti di Valtopino dovevano un emolumento speciale sulle sentenze da essi emanate. -- 17. Villa di Bolciano. Questa villa trovavasi nel I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLELO 499 viscontado di Valtopino. Ogni famiglia che ivi avesse un ospizio di per sè (locanda) doveva pagare alla Camera ducale uno staio di grano ed uno di spelta. 18. Avvento. Nell'avvento, ossia nell'avvenimento di ogni nuovo Rettore, usava offrirgli un banchetto di onore (di gioia). Fu poi convertito in una corrisposta equivalente in denaro. Il cespite maggiore di rendita era rappresentato dalle composizioni. Esse in media davano, sulla totalità dei bandi, delle condanne e dei salarî, circa fiorini 4,600 e lire 648 . Specialmente dalle composizioni si ha una fonte di storia civile. Gran parte di esse si riferisce a fatti e a persone che rivelano il movimento politico di un luogo o di un altro del ducato. La storia provinciale se ne avvantaggia assai ; perchè vi si rispecchiano il movimento delle popolazioni , i loro usi, il grado dei costumi delle varie classi sociali, e in genere il loro atteggiamento di fronte al parteggiare delle fazioni. Una pubblicazione de' suddetti Registri fatta con questo intendimento, di trarvi, cioè, il più necessario per la rappresentazione della vita pubblica in un periodo di anni pieno di agitazione e di turbolenze, quale fu specialmente nell'Umbria il secondo quarto di secolo del 1300, è quanto di meglio può farsi a sussidio della storia regionale sui materiali dell'archivio della Camera Apostolica. Comincio dal cod. di antica segnatura n. 90, per ragione cronologica, bel membranaceo che contiene notizie assai notevoli, moltissime nuove affatto, come, fra quelle estranee alla storia civile, la memoria del celebre Lorenzo Maitani architetto della facciata del Duomo di Orvieto, il quale, chiamato dovunque fossero grandi opere da costruire, si fece venire per la fabbrica della rocca e del palazzo di Montefalco. Si può presentare come un campione e modello dei Registri di entrata e di uscita della Camera Apostolica. Tenuto da Giovanni de Amelio tesoriere del Ducato, dal 500 L. FUMI 1318 al 1330, vi si registrano le spese e le entrate con tale precisione, con tanta chiarezza, nella ragione che vi si dà di ciascun titolo, che potrebbe dirsi insieme un bel registro di amministrazione e un ottimo diario politico . << A chiarezza delle cose ivi accennate giova la memoria da me svolta intorno agli Eretici e ribelli dell' Umbria dal 1320 al 1330 » , e a dichiarazione ed illustrazione più particolare, poche note e alquanti documenti che ci vado raccogliendo intorno, serviranno a ricollegare in uno i due lavori, ambedue d'indole e di estensione regionale, molto confacenti allo scopo di questo « Bollettino » . L. FUMI. N. I. (Est. ) Ioan. XXII. Ducatus Spolet. introitus et exitus. N. 90. [c. 3, 1318, marzo 1 - 1330, febbraio 17 , C. 1 --140. Pergam. ] . 1. (Int. ) In nom . d . a. Hic est liber factus et compositus tempore Rectorie d. Raynaldi de Sancta Arthemia canon . Petragoricen , duc . Spolet . in spiritualibus et temporalibus Rectoris per S. R. E. generalis per me Johan. de Amelio canon . Licthefelden . eiusdem ducatus thesaurarium per eandam R. E. constitutum, continens in se omnes et singulos exitus et expensas et solutiones per me factas tam in stipendiis dicti Rectoris , quam in pecuniis destinatis Camere d. n. Pa pe quam etiam in multis aliis variis et diversis expensis per me factis datis et solutis hominibus et personis pro causis et occasionibus, que inferius per ordinem denotantur sub. an . d. a nat. Millo . ccc. XVIII indict. prima etc. 2. [c. 3 t. ] 1318, marzo 1. - Dedi et solvi in nuntiis qui iverunt ad Gualdum Nucerii cum licteris pro agravando eos de inobedentia, quam inceperant facere 15 sol. cort. --- 3. [c. 4] giugno 1. Uni baiulo qui ivit Cerretum ad actandum I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 501 Cerretanos et Comune Cerreti pro ructura ipsorum ptem sol. cort. - - se4. [c. 4 t. ] Id. Nunciis et baiulis , qui iverunt Saxum ferratum et Vissum pro interdictis ponendis, quia nolebant solvere deveria Ecclesie 40 sol. - 5. [ c. 7 ]. Sett. 2. In expensis baiulorum, quia multe ambasiate fuerunt fiende que spectabant ad curiam ducalem, cum propter Vissa nos , qui erant omnino rebelles , tam propter cerretanos tunc rebelles et propter multas rupturas, de quibus erat orta suspitio universaliter in contrata 2 fl. 6. Item die mercurii ultima septembris dedi et solvi pro expensis , quas fecimus in ambasiata, quam fecit dominus Manens Iudex Generalis ducatus et marescallus et Ego et Magister O freducius notarius Camere cum quatuor scutiferis quando ivimus ad C. Perusii , quia cum dominus Rector fuisset Fulgin . et precepisset sub magna pena quod L. milites qui erant ibi et credebatur quod irent ad rumpendum contratam et specialiter Cerretum non dimicterent recedere , sed eos ipsi Fulginat . caperent et adducerent ad curiam nostram, ipsi Fulginat . eos dimiserunt, et iverunt ad C. Perusii , et nos superius memorati ivimus tamquam ambasiatores Rectoris predicti ad intimandum dictis perusinis ne dictis Fulginat . darent auxilium contra E. R. , set eos reprehenderent de offensa quam fecerant Ecclesie sept. fl. a. 7. Item quia propter rebellionem Fulginat . et milites supernominatos multum timuimus de contrata et de suspitione, et vacavit per aliqua tempora ducalis curia , ut possit apponere remedia, propter quod misimus ad urbevetanos bis et ad Capitan . Patrimonii , ad Marchionem , ad Cammerenenses et ad multa alia loca, et nichilominus propter parlamentum, quod dicta de causa fuit congregatum in prescripto tempore, licteras quamplurimas fieri fecimus, quarum scripturas solvi de pecunia Camere duos fl. a. 8. [c. 5 t . ] ott. 11. Cuidam baiulo , qui iverat Saxumferratum quando fecit ambaxiatam primam de interdicto ponendo in Saxo - ferrato , quos expendiderat - 20 s. cort. 9. Item - baiulis et nunctiis, quos, quando Fulgina t . erant inobedientes, misimus per ducatum cum licteris , que dirigebantur plebanis, ut denunciarentur excomunicati dicti Fulginat . per dictos plebanos, et pro quibusdam spiis, quibus indigebamus ad sciendum que et qualia dicti Fulginat . contra ducalem curiam conspirabant trigintaquatuor sol. cort. 502 L. FUMI 10. [ c. 6] 10 ott. ― - Cuidam nuntio quem d. Manens et ego misimus in montanis ad explorandum de facto rebellium Fulginat . unum fl. a. 11. Cuidam baiulo qui iverat ad Epum Nucerin . quod interdictum in Saxoferrato faceret observari 5 sol. cort. 12 [ c . 6. t. ] nov. 16. -- Mag. Boncagno pro expensis per eum factis pro eundo Perusium ad d . Iacobum de Belviso pro consilio ab eo habendo in causa universitatis La n doline , in qua ne dum d. Du x dubitabat, immo omnes quotquot eramus et omnes iurisperiti de contrata, propter quod consilium predicti d. Ja cobi , qui famosus erat, habere voluimus ante quam per nos decideretur 25 s. cort. 13. [6 t . ] nov. 16. ― Lucio baiulo quando ivit Fulgin . ad explorandum qui erant de contrata euntes Fulgin . contra mandatum rectoris 12 sol. cort. 14. nov. 23. Massio baiulo nostro, qui ivit ad perscrutandum de mag. Jacobo mag. Jacobi de Fulgin . , qui iverat contra ducalem curiam et officium ducatus 5 sol. cor. - 10 sol. - 15. [c. 7] dic. 10. Baiulo qui ivit Perusium pro insidiando quibusdam exbannitis curie ducalis et pro faciendo eos capi - 10 sol. Quibusdam famulis. qui insidiabantur dictis exbannitis in ytinere causa ipsos capi facere Pro expensis quas fecerant illi qui adduxerunt capud et quemdam alium , qui fuerunt una vice .xxj . et alia vice duodecim et qualibet vice de nocte 1 f. a. 16. [ c. 8] 1319 febbr. 5. — Luccio baiulo nostre Curie , quia fureat captus per fulginates cum portasset licteras interdicti et vulneratus et mortis periculo traditus et per familiares potestatis sua tu̟- nica spoliatus, propter quod oportuit me sibi facere raubam integram, et ultra hoc cum ibat hinc et inde expensas aliquas ministrare. 2 fl. a. et 30 s. cort. - - - 17. [c. 8 t. ] febbr. 8. - Cuidam baiulo, qui portavit Eugubii licteras interdicti . 11 sol. et 8 den. cort. febbr. 15. Mag. Caro notario curie pro remuneratione sui laboris , quia de nocte iverat ad capiendum unum exbannitum de districtu Trevii , de quo cum collegis suis Curia habuit centum quadraginta florenos , ut patet in libro introituum , et nullus alius de notariis , nec de familia ducis voluit ire propter periculum persone. 18. Item. - quia cepit capitaneum de Fulgineo qui erat multum nobilis , et propter eius captionem fulginates , qui diu rebelles extiterant, ad mandata S. R. E. pervenerunt, et propter I REGISLRI DEL DUCATO DI SPOLETO 503 --- multa alia utilia servitia que ducali curie inter officiales ipse singulariter impenderat et continuo impendebat. - 8 lib . et 10 sol. cort. 19. febbr. 17. - Cuidam baiulo, qui portavit Eugubino Episcopo licteras ut interdictum in civitate Eugubii faceret observari 14 sol. cort. 20. [ c. 9] marz. 4. Cuidam baiulo qui ivit Eu gubium ad sciendum si servabatur interdictum ibidem positum et stetit ibi duobus diebus --- 30 sol. cort. 21. [ c. 9 t. ] apr. 2. in Nursia -- ― Duobus baiulis qui portaverunt licteras interdicti 4 sol. cort. - Jacobucio notario de Spoleto , qui multa utilia camere dum stetit mecum per tres menses extitit operatus, specialiter processus fratrum minorum inquisitorum heretice pravitatis ipse publicabat et ponebat in quaternis, quia mag. Ofreducius non poterat, licet ipse faceret primam scripturam , et multa alia utilia faciebat ca mere pro expensis quas sibi ministravi dictis tribus mensibus ad rat . unius flor. per mensem 3 fl. a. 22. [c. 10] apr. 16. Cuidam baiulo qui portavit licteras interdicti Episcopo Spoletano contra Nursin. et quibusdam aliis baiulis euntibus pro factis curie tempore quo mictebantur lictere parlamenti pro publicauda jurisdictione spirituali, quia multis baiulis euntibus ad loca alpestra me oportebat aliquam pecuniam ministrare, licet in eorum licteris poneretur quod eis solveretur 20 sol. cort. 23. [c. 10 t. ] apr. 24. Pro expensis quas fecit Jacobus (famil. thesaur. ) cum mag. Caro cum iverunt Spoletum ad presentandum licteras citationis Epi. Fulgin . Epo. Spoletano pro parte d. n. Pape trasmissas 38 sol. cort. - 24. Misi eod. tempore d. n. Pa pe quos deposui et solvi penes mercatores de Scalis in Perusio per mag. Ofreducium et Jacobum familiarem meum, qui iverunt ad depositum faciendum ipsorum Mille f. de Florentia. Item . ead. die dictis mercatoribus dicte societatis de Scalis pro cambio mille ducentorum flor. auri in florenos de Florentia et pro portatione dictorum florenorum , et ipsis in Curia R. reddendis camere d. n. Pa pe eorum periculo et fortuna 45 flor. a. - Item. ead. die pro expensis quas fecerunt dicti mag. Ofreducius et Jacobus quando iverunt Perusium ad actandam cautionem, quam receperant de dictis flor. , quos dederunt societati de Scalis - Tres lib . et 5 sol. cort. 25. [c. 11] apr. 24. -- Guillelmo de Podio Cervi qui ivit ad Curiam vid, ad assignandum predictos mille flor. d. n . Pape et 504 L. FUMI ad faciendum renovari conmissionem factam de iurisdictione spiritualitatis d. Rectori per d . n. Pape et ad multas licteras impetrandas, de quibus indigebamus pro ducatus officio , spetialiter de registro deveriorum ducatus et quamplurimas licteras impetrandas , quarum consimiles habuerat, ut asserebatur nobis, Rector Marchie Anconitane et thesaurarius 18 fl. a. 26. mar. 22. Pro expensis, quas fecit dictus mag. Ofreducius et Jacobus in cautionibus factis de dictis mille flor. reddendis camere d. n. Pape .; et in faciendo procuratorium copiari quod principales de Scalis fecerant, qualiter illi quos tenebant in Pe rusio erant procuratores ipsorum 4 lib. et 15 sol. cort. 27. [c. 11 t. ] giu. 8. - -- Saracino et aliis familiaribus et officialibus curie , quia fuerant in exercitu nucerino , et nulla stipendia habuerant et debebant ire in proximo et hoc mense ad exercitum contra Vissum , et quia alii stipendiarii non erant pro Ecclesia , et ob hanc causam eis multe sollecitudines incumbebant, ideo me eis usq. ad quantitatem hanc oportuit provvidere de expressa ordinatione Rectoris 16 fl. a. 28. 12 detto. - Quibusdam famulis quos Rector et ego misimus in magna quantitate ad sanctum Stefanum de Manzano pro expensis factis per eos, quia cum adhuc non esset revocata abbatia sancti Stephani de Manciano ad manum Curie , iuxta mandatum d . n . Pape, misimus pro abbate s a ncti Stephani , ut veniret ad nos, et hoc ideo, ut nos, qui eramus multipliciter occupati, non recederemus de Curia , et ut illi , quos misimus pro recuperanda possessione, securius possent ire 4 fl. a. 29. [ c. 12] giu. 26. D. ° Francisco de Perusio legum doctori recipienti pro se et d Gratia advocato et jurisperito de Perusio , quos eis promiseram de expressa ordinatione rectoris, quia per suffragium istorum habuimus illam pecuniam, de compositione , quam fecimus cum comuni Gualdi Nuc . , et de illo patrocinio, quod prestiterunt , quietaverunt me nomine R. E. , prout patet manu mag. Ofreducii 12 fl. a. - --- 30. [ c . 12 t. ] lugl. 2. Johann octo , ratione laboris , quem sustinuit in explorando et stando ad pedem Spelli si transiebant C erretani R. E. exbanniti - 24 sol. cort. 31. Duobus baiulis quos misi ad explorandum de aliquibus clericis delinquentibus in Montanis , et ipsa causa habuimus unum presbiteterum ad informandum nos, qui dedit nobis multos processus 20 sol. cort. 32. lug. 7. - Quibusdam spiis, quas misi ad Gualdum Nuc . ad I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 505 explorandum quantum poterat esse de grano et aliis fructibus in possessionibus, quas ibi habet R. E., et ad explorandum de quibusdam hominibus, qui tenebant occupatas aliquas terras E. et de quibusdam excessibus, ad hoc ut curia Ducatus ipsos excessus congnosceret et puniret -- 37 sol. et sex den. cort. 33. [c. 13] lug. 31. Pro expensis aliquibus baiulis qui portaverunt licteras contra inquisitores , ut denumptiarentur excomunicati ; et pro expensis, quas fecimus pro mictendo Perusium ad d. Jacobum de Belviso , quia oportuit nuuctium bis ire et reddire 36 sol. cort. 34. [c . 14 ] ott. 15. Gentili , qui ivit ad Curiam ad notificandum nova contrate et specialiter factum Asisii , quia erat terra rupta et subrecta erat aliqualis pecunia de decima, et nichilominus ibat ad solvendum mille flor . quos ego Joh . Thesaurarius congregaveram et mictebam Camere d . n . Pape 20 fl. a. 35. ott. 17. -- Jacobo pro expensis quas fecit ultima vice qua ivit ipse et magister Ofreducius cum quibusdam famulis, qui iverunt Perusium ac fuerunt multi propter magnam et periculosam rupturam strate, et licet Jacobus ivisset satis ante semel pro faciendo deposito vel pro adducendo mercatorem ad recipiendum monetam , tamen nondum ordinatum erat cui redderetur in Curia , nec erant facta instrumenta, que oportebat fieri in Perusio per mercatores, qui ibi assidue morabantur , nec volebant venire Spellum propter periculum ytineris duos fl. a. - ― 36. ott. 31. - Duobus baiulis , quos misi ad explorandum ad Gualdum Nucerii si in subsidium Asisinatum , contra quos fiebat exercitus, veniebant aliqui forenses, propter quos exercitus R. E. posset offendi 23 sol. cort. 37. c. 14 t. ] ott. 31. Cuidam baiulo, qui iverat ad Epum . Asisi in territorio tudertino ad presentandum sibi licteras pro parte Curie ducatus , ut in Bictonio interdictum faceret observari 5 sol. 9 den . 38. nov. 8. -- -- - Censulo baiulo, qui portavit licteras Epo Asisi in Civitate Tuderti , in quibus conminabatur sibi , quia non faciebat servari interdictum in Bictonio 5 sol. cort. 39. Perocto de Spoleto , qui iverat cum XXV famulis ad executionem contra Bictonienses tunc rebelles S. M. E. faciendam — 1 fl. a. 40. Bonanno baiulo , qui ivit cum dictis famulis ad explorandum facta contrate dictorum Bictoniensium 5 sol. et 9 den. 41. nov. 29. - Cuidam baiulo, qui ivit ad Gualdum Capt . ad ex- - 506 L. FUMI - plorandum de ruptura contrate, specialiter de Spoleto 5 sol. et 9 den. 42. [ c. 15] dic. 24. Fratribus Minoribus de Spello , amore Dei, pro elemosina nativitatis domini , quia consueverunt habere a R. E. in ducatu 30 sol. cort. 43. [c . 15 t . ] d. Fr. min . de Fulgineo -- 15 - Fr. Predicat . de Fulg . 15 Fr. Augustinen . de Fulg . – 15 Fr. Servorum S. Marie de Fulg . — 15. 44. Jacobo familiari meo, cum ivit Perusium pro infrascriptis negotiis R. E. pro expensis, quas fecit ipse et multi familiares , qui iverunt cum eo pedites et equites, computatis expensis, quas fecerunt in Perusio et in ytinere ipsi et equi, et computatis illis datis pro salario famulis, qui iverunt, quia contrata erat multum rupta et valde periculosa , et ipse portabat pecuniam permutandam in florenos, et ideo multos famulos secum dictus et tres equos, et ivit per Comitatum tudertinum , et ideo maximam moram traxit 4 fl. a. - 45. Cuidam baiulo, qui portavit multas licteras pro adiutorio festorum , quia sibi propter rupturam satisfacere neglesserunt et multi sibi minas intulerunt -- 11 sol. et 6 den. cort. -- [c. 17 t. ] In domine dom. Amen Anno d. a nativitate mille cccxx indict. tertia tempore d. Johann. pp . xxII. 46. 1320, gen. 26. Gentili Nicole , quem ad Curiam destinavi pro intimando et significando d . n. Pa pe quomodo du catus Spoleti propter guerras et rupturas contrate erat in mala dispositione, et impetrandum ab eodem d . n . Papa quod super hiis provideret de remediis oportunis 20 fl. a. 11 47. [c . 17 t. ] mar. 18. Merullo et cuidam alii baiulo , quia citaverunt quosdam testes de quibus nichil habuerunt ab eis sol. et sex den . cort. 48. apr. 24. - Pro victura equi, quem Gentilis ( Nicole de Macerata ) duxit de Perusio , quando venit cum licteris d. n. super thesauro Epi Spoletani 10 sol. cort. 49. [c. 18j mag. 12. Johannocto qui ivit ad citandum quatuor perusinos pro facto thesauri Epi. Spoletani — 20 sol. - 50. It. ead. die feci rationem cum mag. Jacobo Bartholi de Spoleto olim Vicario Normandie quod habuerat pro expensis factis in Normandia pro se et duobus famulis , qui stetit in dicta contrata per xj menses 83 lib. et 9 sol. cort. I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 507 ---- 51. [c. 181 ] mag. 29. Pro victura equi , quem duxerat magister Jacobus Bartholi quando ivit Spoletum ad notificandum de adventu ducis qui volebat ire Spoletum et conferre cum Comuni, propter multas licteras, quas receperat a d. n . Papa 25 sol. cort. - -- 52. [ c . 19] giu. 13. — Gentili Nicole de Macerata pro expensis in eundo et reddeundo Neapolim ad ducem filium regis Roberti ad presentandum sibi licteras , quas eidem per d. n . Pa pam destinabantur super facto et statu ducalis provincie et pro labore suo - quatuor flor. a. 53. [c. 19] giu. 20. - Pro victura et expensis unius equi, quem Jacobucius duxerat in Spoleto quando ivimus dnus Rector et ego pro pace terre fienda, quia tenuit eum septem diebus in eundo stando et reddeundo 47 sol. cort. 54. [c. 19] lug. 21. ---- Johannoc to familiari ducis quando ivit cum licteris denumptiatoriis A si sinat . et Comunis Asisii - 30 sol. cort. 55. Item . eidem quando ivit in consimilem ambaxiatam cum licteris Spoletanorum 35 sol. 56. [c. 20] ag. 4. — Johann octo quem misi per totam diocesim Spoletanam cum licteris denumctiatioriis Spoletanorum 20 sol. cort. 57. [c. 20] sett. 15 --- Duobus baiulis, qui portaverunt licteras, quod Epus Spoletanus denunctiaretur excomunicatus per ducatum et Civitatem et diocesim Perusinam Episcopis et ceteris prelatis et clericis 30 sol . cort. 58. [c . 21 ] sett. 15. Jacobo , quem ad Curiam destinavi , pro asignandis [ mille] florenos d . n. Pape vel eius camere , et pro intimando statu contrate et denumptiando de thesauro quondam Epi. Spoletani quomodo nichil actum erat, ac etiam quomodo officium ca mere erat multum depressum 50 fl. de Florentia. 59. [ c . 21 t. ] ott. 25. Gentili Nicole de Macerata pro eundo Pisas et stando ibi ad esplorandum de Jacobo ubi erat et tradendo dicto Jacobo processus factos contra Asisinates et Spoletanos , ut eos d. Jacobus portaret d. n. Pape - 4 lib. et 5 sol. et 6 den. 60. dic. 1. Eidem etc. , quia diu steterat ad portum pisanum pro explorando de Jacobo , causa dandi sibi dictos processus sol. et 6 den. cort. ― 39 61. [c. 22] dic. 4. Eidem, pro expensis in eundo ad Curiam, stando et reddeundo ; et istam ambasiatam habui facere, propter 508 L. FUMI processus factos contra Asisinates et Spoletanos , qui nondum pervenerant ad manus d. n. Pape, quos petierat cum festinantia singulari 62. dic. 11. 11 fl. a. Dompno Ay merico de Rogesio pro expensis, quas fecit in veniendo de curia et reddeundo illuc et stando secundum beneplacitum d. n. Pape et suorum officialium facere oportebat, et ideo ibat, quia d. n. Papa multum festinanter petebat dictos processus continue, et expresse mandavit Jacobo postquam Gentilis recessit, quod cum dictis processibus deberet mictere nunctium specialem, licet etiam si non venisset dictus d. Aymericus ego disposueram mictere quemdam alium, ut si propter viarum discrimina Gentilis fuisset impeditus saltim alter domino nostro dictos processus infallabiliter presentaret 11 fl. a. ― 63. dic. 21. — Fr. Angelo Monacho Sancti Stephani de Manciano pro vestibus anni presentis, quia ita erat consuetum, scilicet cuilibet monacho dare decem libras pro vestibus sibi necessariis in annis singulis 10 lib. cort. 64. [ c. 22 t . ] dic. 24. -- · Cuidam baiulo, qui portavit licteras Epo. Spoletano , ut interdictum positum in Mevania per d . Rectorem faceret observari - 3 sol. cort. - - 65. [c. 24] 1321 [c. 26 t. ] ag. 25. Jacobo quem expendiderat quando de mandato ducis ivimus Fulginium ego et marescallus una cum d. Masseo de Montefalco pro ambasiatoribus domini ducis ad dominum Canti Capitaneum guerre, cum quo habebamus conferre multa tangentia statum provincie in Fulgineo , quia eramus duodecim in equis 1 fl. a. 66. sett. 15. Jacobo recipienti pro se et pro Rub e o berroario , quem duxit in socium , cum ivit ad Curiam pro portando et asignando duodecim centenaria floren. d. n. Pa pe depositorum et solutorum penes Johannem predictum et socios [Johannem de Galassio de Perusio] , et sibi intimando pace facta inter Asisinates et Perusinos et pro multis aliis ambasiatis, etc. 44 fl. a. -- - 67. [c. 28] 1322 – gen. 3. Gentili Nicole de Macerata pro expensis fiendis in eundo ad R. E. ad denunctiandum d . n. Pape quomodo pax civitatis Asisii erat fracta noviter, et ad denunctiandum quomodo jurisdictio spiritualis et jurisdictio causarum appellationum expiraverat, propter quod nisi renovaretur de novo ducali curie magnum poterat periculum imminere 11 flor. de Florentia et 4 lib . cort. - I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 509 ----- 68. [c. 32] 1323, gen. 4. Raymundo de Garriga pro expensis. quas fecit in eundo Ariminum ad notificandum Epo. Ariminensi facta ducatus , ut ipse postea intimaret quomodo erat in malo statu d. n. Pape , et supplicaret sibi de oportuno remedio 11 lib. cort. 69. genn. 12. -Jacobo pro expensis quam feceram in eundo Asisium ad faciendum inventarium de thesauro R. E. reposito in sacristia b. Francisci et in quibusdam domibus de mandato d. n. Pape , et ivi cum .xj . equitibus et cum .xx . peditibus et steti , eundo stando et reddeundo , quinque diebus. Hec autem expense fuerunt facte tam in victu, quam in ferraturis et clavibus et in funibus ad ligandum cophynos et in stipendiis hominum ad transferendum et reponendum dictos cophinos 49 lib. 3 sol. et 3 den. 70. apr. 25. — Jacobo , quos expendiderat, quando ivit Florentiam ad loquendum cum Epo. florentino electo , et conferendum super statu ducalis offitii et ad asignandum sibi licteras , quas mictebam d. n. pape 5 fl. et medium auri. 71. magg. 2. - - - -- Magistro Laurentio de Senis pro expensis factis per eum, quem feceram venire ad consulendum super constructione operis fiendi in plebe et de loco novi bactifollis , ubi erat, nec non et pro duobus familiaribus suis et pro duobus equis, et per duos fratres de Asisio , scilicet per fratrem Egidium et socium suum, et per quasdam alias personas, qui eos ad dandum consilium , de quo supra fit mentio, sociabant, pro duabus noctibus tres fl . et med. a. Eadem die d. magistro Laurentio pro salario sui laboris, quem sustinuit in veniendo, stando pro dicto opere plebis et reddeundo, nam reputabatur multum peritus in arte sua et multa bona consilia dedit 16 lib. cort. 72. [ c. 35] giug. 3. Raymundo de Garriga pro expensis per eum factis in parlamento per me per facto pro pubblicanda jurisdictione vicerectorie , nam consuetum est quod venientes ad parlamentum novi rectoris vel vicerectoris conmedant cum eo et quod eos rector invitet ad convivium 98 lib. cort. 73. [c. 35 t. ] giug. 4. - - --- Jacobo , quas expendiderat in eundo et stando Perusium , quando ivit ad conducendum milites, nam tunc cum quatuor equis et octo personis steterat in eundo et stando per octo dies -- 26 lib. cort. 74. giug. 16. Pagnocto cursori , qui ivit ad C. R. ad intimandum per licteras, quas portabat d. n. Pape multos articulos super tractatu pacis Spoletanorum et ducalis officii et contrate , et ibat cum licteris meis et commissarii fratris Falconis - 8 fl . a. 32 510 L. FUMI - - 75. [ c. 36 t. ] agos. 18. Aymerico expensis per eum factis , cum d. Petrus de Interam pne et ipse iverunt Perusium una cum d. legato , quando duxerat obsides datos pro pace per intrinsecos spoletanos , nam ibi steteruut tribus diebus 5 fl. a. 76. [ c . 37] sett. 9. Aymerico pro expensis per eum factis in duobus diebus cum ivit Perusium una cum d. Petro de Interampne Judice ducalis Curie et magistro Petro notario domini Legati , cum quibusdam peditibus, ad faciendum prioribus perusinis quandam ambaxiatam super tractatu pacis Spoletanorum 3 fl. a. et 2. Dicto pro xj pavensibus per eum nomine R. E. emptis pro munimine et defensione plebis si necesse esset possint cum dictis pavensibus officiales et berroarii R. E. se defendi 7 fl. a. (1) . 1 77. [c. 37 t. ] ott. 7. Raymundo de Garriga pro expensis per eum factis una cum d. Petro iudice, dum iverunt Perusium pro quadam ambaxiata facta prioribus super negotio Spoletanorum - 2 fl . a. 78. ott. 18. Pagnocto Silvestri de Gualdo quando ivit Perusium cum quibusdam licteris per me et legatum prioribus Perusinis destinatis super facto pacis Spoletanorum 12 sol. cort. - - 79. Raymundo de Garriga pro expensis fiendis per eum in civ . Spoleti , quando ivit cum d. Legato pro dicto facto Spoletanorum , nam oportebat eum ibi stare pluribus diebus - 3 fl. a. 80. [ c . 38] ott. 29. Ser Andree Petroni de Gualdo Capt , Capitaneo.xx. sergentium seu famulorum, quos misi ad custodiendum nomine R. E. Castrum Montis michi et d. legato pro ipsa R. E. asignatum , pro stipendiis suis et dictorum sergentium 30 fl. a. 81. A die quinta mensis aprilis usque in diem primam mensis novembris, qua fuit festum omnium sanctorum pro expensis factis Joli Magistri Massei et fratris Massei Michaelis de Fulgineo superstitum in opere plebis sancti Fortunati de Montefalco , silicet unum flor. pro quolibet singulis mensibus 14 fl. a. 82. nov. 1. Ruffino de Castro bono capitaneo triginta famulorum conductorum nomine R. E. dum eramus Spoleti , qui - (1 ) Il Tesoriere dal 22 maggio in che cominciò ad esercitare l'ufficio della Vicerettoria fino al 27 settembre in che cominciò ad esercitare la Rettoria, spese in più oltre il salario di sei turnesi al di - 324 fior. d'oro. I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 511 ibant cum ibat marescallo cum ibat per Civ . Spoleti , pro stipendiis, etc. 25 lib. cort. 83. nov. 2. - Aymerico pro expensis per eum factis cum ivit P erusium cum d. Covato de Narnia judice in quadam am basciata pro pace Spoletanorum. 3 fl. a. - 18 fl. a. - 84. [c . 38 t . ] nov. 2. .xxij . famulis qui steterunt ad custodiendum plebem , a die prima mensis novembris usque ad diem .xvij . eiusdem mensis pro expensis ipsorum, nam dictis diebus et multis diebus ante ego steteram in Spoleto. 85. nov. 18. Cerretano de Castro bono , quem ad curiam destinavi cum licteris meis et d. legati d. n . pape et quibusdam aliis directis super dicto facto Spoletanorum. 13. fl. a. 86. Expendi a die .xxij . mensis octubris p. p. , qua ivi Spoletum usque in diem .xvij . presentis mensis nov. qua fui reversus de dicta civ . Spoleti ad plebem ultra meum salarium, quod est quatuor fl . in die , nam ibi oportebat me retinere multos equos et judices et notarios et multas alias gentes, et res erant ibi multum care, quia non poterant apportari de aliis terris . 67 fl. a. 87. [c. 39] nov. 18. Ruffino de Castrobono quando ivit ad Castrum Montis cum Nucio de Interapne , Magnava ccha de Castrobono , Puccillo et Pasquali de Gualdo Capt. , ad custodiam dicti castri . - 19 lib . cort. 88. nov. 22. Raymundo de Garriga et Galhardo de Tribus bonis , quando iverunt ad foderandum Castrum Montis de grano, farina, pane, vino, carnibus et aliis necessariis, cuius castri castellanus ipsos dictum castrum intrare non permixit. 9 lib. cort. 89. nov. 24. - Perticono, Petro Herrici, Lippuro de Montefalco et Iucio de Collepino nunctiis missis in diversis partibus pro negotio Spoletano, vid : quindecim sol . pro quolibet. 3 lib. cort. 90. [c . 39 t. ] dic. 3. Raynucio de Trevio pro expensis per eum factis quando ivit Perusium ad explorandum de negotio Spoletanorum. 24 sol. cort. 91. dic. 7. Calcagno Benvenuti et Vanni Ciccoli de Gualdo Capt . pro stipendiis castellani et decem sergentium, qui stant ad custodiendum castrum Pirocchii pro R. E. - 30 lib . cort. 92. dic. 8. Hugolino et Malitie de Mevania , quos misi Spoletum pro quadam ambasciata facta intrinsecis Spoletanis, pro expensis ipsorum, nam duxerunt sindicum Spoletanum , 512 L. FUMI qui venit ad loquendum cum d . legato ambasiatoribus perusinis et mecum. 30 sol. cort. 93. dic. 12. Risio Brunelli de Gualdo Capt . castellano et capitaneo decem famulorum sive sergentium, qui stat ad custodiendum castrum Pirocchii pro R. E. pro stipendis suis et dictorum famulorum. 23 lib . cort. 94. Malitie de Mevania , qui reddiit Spoletum eum sindico qui venerat ad plebem ad loquendum d. legato ac ambasiatoribus perusinis et mecum. 23 sol. cort. 95. [c. 40] dic. 12. — Ruffino de Castro bono capita ne o .xvij . famulorum stipendiariorum R. E. stantium apud plebem, tam ad custodiam dicte plebis, quam etiam ad executionem faciendum et ad capiendum malefactores et delinquentes, quia contrata est magis plena malis hominibus, tempore retroacto, pro suo soldo et suorum sociorum trium mensium, vid : decembris, januari et februarii inceptorum die .j. presentis mensis, vid : pro ipso Ruffino duos fl . et pro quolibet dictorum berruariorum unum fl . pro singulis mensibus. 57 fl. a. 96. dic. 16. Malitie de Mevania pro expensis ipsius et unius rigatii et equi fiendis in eundo Spoletum cum ambasiatoribus civ: Spoleti. 20 sol. cort. - - 97. [c . 41 ] 1324, gen. 8. Raymundo de Garriga pro expensis factis per eum in parlamento Generali Civitatum, comunantiarum et castrorum dicti ducatus et episcoporum prelatorum abbatum priorum nobilium et baronum dicti ducatus per me dicta die facto in civ : Fulgin . pro publicanda iurisdictione mee rectorie et pro multis aliis in statum pacificum totius provincie ordinandis etc. 163 fl. a. 59 sol. et 5 den. cort. 98. [ c. 41 t. ] gen. 23. -- Aymerico , qui ivit Perusium una cum d. Covato de Narnia judice nostre curie generalis, pro expensis ipsorum et quatuor famulorum et sex equorum, quos secum duxerunt, qui iverunt Perusium ad loquendum cum capitaneo Guerre super facto pacis Spoletanorum intrinsecorum, qui omnes steterunt quatuor diebus. 4 fl. a. - 99. Silvestro de Gualdo Capt . qui ivit ad fortillitium Pirocchii una cum mag. Thoma de Gualdo ad ducendum ibi sergentes sive famulos de Cannario ad dicti castri Pirocchi custodiam R. E. nomine salubriter faciendum . 1 fl . a. 100. Cuidam cursori de Perusio , qui venerat de curia et apporta- I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 513 - verat michi quasdam licteras in servitium curie ex parte d . Epi Florentini , pro remuneratione sui laboris . 50 sol. cort. 101. [c. 42] gen. 23. Filio Aydamoni de Fulgin . cursori , qui venerat de curia , et michi quasdam licteras apportavit in servitium ducalis curie de R. C. -- 20 sol. cort. 102. Lippo cursori , quem misi ad d. Marchionem Marchie Anconitan . cum quibusdam licteris in servitium ducalis curie et Perusiu m cum quibusdam licteris in sero etc. 40 sol . cort. 103. [c. 42 t . ] febr. 28. Dom . Aymerico et Raymundo de Garriga , quos ad Curiam destinavi pro multis negotiis ducalis Camere, et specialiter super negotiis Spoletanorum , ac etiam pro reddendis et assignandis in C. R. tribus milibus flor . de Flor. d. n. pp . etc. - 80 fl . a. 104. Udicto pro expensis fiendis per eum pro se et pluribus aliis equitibus et peditibus et ipsorum equis, quos pro scorta et comitiva dictorum Aymerici et Raymundi ut securius possent ire , propter suspitionem et guerram contrate transmisi cum eis. 10 fl. a. 105. febr. 29. Gentili de Macerata, qui venit noviter de R. C. ― - et aportavit michi processum factum per d. n. pp . contra ducem Bavarie. - 10 fl. a. - 106. Andruzzarello Vannis , quos dederat et solverat Raymundo familiari meo, pro expensis per eum factis cum d. Covato judice curie ducatus , dum iverunt die .xxij . febr. cum tribus equitibus et tribus peditibus ad loquendum cum capitaneo guerre perusinorum super negotiis Spoletanorum etc. 13 lib. et 4 sol. cort. 107. [ c . 43] febr. 29. Guillelmo familiari meo, pro expensis per eum fiendis pro se et d. Covato jud . ducalis Curie et illis , quos secum duxerunt, qui dicta die iverunt Perusiu m de mandato meo super quadam ambaxiata super negotiis spoletanorum. 4 lib. et 18 sol. et 6 den. cort. 108. mar. 4. D. Covato jud. curie ducatus pro expensis per eum factis pro se et Ugolino de Mevania et quibusdam aliis , quos secum duxerunt, quos miseram ad capit. guerre perusinorum super negotiis spoletanorum. 3 lib. 3 sol. et 6 den. cort. 109. It. quia pro fulcimento et munimine fortillitii plebis sancti Fortunati de Montefalcone , et pro ipso bene et sollicite custodiendo , eo quod homines de Montefalcone et quamplures alii de ducatu , ut aserebatur, dicebant velle capere dictam plebem et ipsam invadere toto posse, dedi et solvi in infrascriptis armis, ad hoc, ut ipsa ad dictum opus custodie dicte plebis perpetuo 514 L. FUMI - - -- conserventur, que arma sunt ista : In primis duodecim paria coracçinarum. It . octo barbute et unus elmus. It. sex paria gamberalium et quatuor parie cossalium. It. octo gorçerie foderate panno admodum ultramontanorum. It. octo paria manicarum . It. septem paria faldarum. It. octo paria guantorum de plastis . It. duo coricti et due corçerie cum corio. Nonaginta octo flor. auri. 110. [c . 43 t . ] mar. 16. Ruffino Simonis de Castrobono Capitaneo .xvij . famulorum seu berroariorum R. E. stautium apud plebem S. Fortunati ad custodiam dicte plebis et faciendum executiones, et ad capiendum malefactores et delinquentes, quia contrata est magis plena malis hominibus, quam sit solitum ; et quia multi dicebant velle capere et occupare dictam plebem , pro eorum soldo et stipendiis mensium martii presentis, aprilis et maii proxime subsequentium ad rationem duorum flor. pro ipso Ruffino , et unius fil . pro quolibet aliorum decemocto famulorum, pro mense quolibet. 60 fl . a. 111. mar. 22. - - Magistro Laurentio de Senis , quem venire feci de Urbe veteri ad consilia exhibenda in opere plebis fiendo et multa bona cousilia exhibuit atque dedit, et multum reputatur expertus et sufficiens et singularis in arte sua, pro remuneratione sui laboris et pro expensis per eum factis pro se et tribus suis sociis, quos secum duxit et tribus equis qui steterunt apud dictam plebem pluribus diebus, vid : decem, pro remuneratione sui laboris et tres pro expensis. - 13 fl. a. - - 112. mar. 29. Pro expensis factis pro fratre Jolo magistri Massei et fratre Masseo Michaelis superstitibus in opere plebis sancti Fortunati de Montefalcone , a prima die mensis novembris p . p. , usque in finem presentis mensis martii, ad rationem unius fl . pro quolibet ipsorum et quolibet mense. — 10 fl. a. 113. [ c. 44] mar. 29. It. dedi et solvi , auctoritate licterarum apostolicarum michi super hoc per d. Summum pontificem directarum fratri Falconi de Sistarico ord. pred. sedis apost. nunctio , pro expensis per eum factis et fiendis usque ad finem presentis mensis pro prosecutione negotii Spoletan . quos michi dedit et solvit d. Petrus Mainade , Rector Ecclesie sancti Viviani de Verzerolio xanctonen . dioc . ducatus spoletani the saurarius ipsi nunctio , per me occasione dictarum expensatum dandos et solvendos. 300 fl. a. -- 114. Udicto familiari meo, pro expensis factis per eum pro se et d . Petro de Interampne et duobus equitibus, qui iverunt cum eis, quos misi Perusium ad faciendum quandam ambasciatam prioribus I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 515 - --- - et Comuni Perusii super pace et reformatione civitatis Spoleti fienda, qui steterunt pluribus diebus. - 4 lib . et 15 sol. cort. 115. [ c. 44 t. ] apr. 1. Gentili Nicole de Macerata , quem ad Curiam destinavi cum publicatione facta per Epos prelatos et clericos, civitates et comunantias et terras du ca tus processus facti per d. n. Papam contra ducem Bavarie electum , ut dicitur, in regem Romanorum et cum multis aliis lieteris et scripturis, quas mictebam ad R. C. super dicta publicatione, ac super statu ducatus et reformatione civitatis Spoleti . 11 fl. a. 116. [c. 46] . Jo- In nom. etc. Intrascripte sunt expense per me hannem de Amelio foroiulien. Archidiaconum ducatus Spoletaniin spiritualibus et temporalibus Vicerectorem et thesaurarium per S. R. E. generalem facte vigore quarumdam licterarum apostolicarum michi pro parte ss . patris et d. n. d. Johannis p p . xxij directarum in soldatis et stipendiariis per me conductis et retentis nomine R. E. contra intrinsecos Spoletanos cum consilio Comunis et populi perusini , sub anno dom. millesimo cccxx11j . indict. vj , et sub anno dom . millesimo .ccc Xx111j . indict. vij tempore pontificatus predicti dom. Johannis pp . xX1j , secundum tenorem et formam ipsarum licterarum, prout inferius per ordinem denotatur, quarum licterarum tenor talis est. 117. - Johannes Epus servus servorum Dei Dilecto filio magistro Johanni de Amelio Canon . lichefelden . ducatus Spoletani thesaurario salutem et apostolicam benedictionem . Cum ad extirpandam Spoletanorum intrinsecorum perfidiam, qui contra de um nos et R. E. suosque concives E. R. fideles varia scelera detestanda et orrenda facinora preter dampuande rebellionis audaciam coutra nos et E. eandem presumptam commisse, seque per actus suos execrabiles et dampnatos , qui longe narrationis seriem exigerent, si recitarentur singulariter, exorbitare a catholice fidei veritate monstrasse noscuntur, vim armorum cum in suis sint indurati malitiis et nequitiis hostinati, fore adhibendam [ c . 46 t . ] verisimiliter arbitremur et ad hoc dilecti filii populus et Comune Perusin. nostri et E. predicte fideles se iam exhibuerint et exhibeant de i et E. strenuos et pugiles et athletas, Nos intendentes quod stipendia necessaria possis pro huiusmodi dei opere militantibus , sicut expediens fuerit, ministrare, petendi, exigendi et recipiendi per te vel per alium seu alios pecuniam illius decime, quam per triennium in ducatu spoletano ac civitate et dioc . perusina , si- 516 L. FUMI cut in diversis aliis partibus, pro nostris et E. prelibate necessitatibus dudum de fratrum nostrorum consilio duximus imponendum a prelatis ac subcollectoribus deputatis ab eis et quibusvis aliis , ad quos huiusmodi pecunia pervenisset et in posterum eam contingerit pervenire, ipsosque ad solvendum et tradendum eam tibi in singulis terminis solutionis eiusdem, non obstante si eis etc. et una cum dilecto filio magistro Raynaldo de S. Arthemia thesaurario Ecclesie novionionensis cappellano nostro dicti Ducatus Rectore , in solutione stipendiariorum ad hoc eligendorum , cum consilio dictorum populi et comunis convertendi, plenam tibi concedimus, tenore presentium, potestatem . Volumus autem, et tibi, sub debito fidelitatis et iuramenti virtute, quibus nobis et E. predicte teneris et ammissionis nostre gratie pena districte precipiendo, mandamus, quatinus, nullis nisi aptis ad hoc et sufficientibus viris armis et equis decenter munitis, et qui servire et equitare possint, cum expedit huiusmodi stipendia dare vel ministrare presumas , sub eisdem penis attentius provisurus, ne aliquis loco stipendiarii , qui stipendia recipiat nec serviat, ut fieri sepius consuevit, ad huiusmodi recipienda stipendia, quavis causa vel occasione quesita, per aliquem submictatur. Ceterum dictis prelatis eorumque subcollectoribus et aliis quibuscumque ad quos dicta pecunia pervenisset, damus presentibus in mandatis, ut illam tibi in predictis solutionum terminis solvant integraliter et assignent, ac volumus quod tu ipsos quietes plenius et absolvas de hiis , que ab ipsis recipere te continget nobisque rescribas clare et distincte quicquid super predictis duxeris faciendum. Dat. Avinion . III . Kal . novembris pontif. nostri an. septimo. - 118. [ c. 47] 1323, mag. 24. Infrascripti sunt soldati sive stipendiarii equites R. E. stantes sub banderia Guillelmi Capitanei vigintiquinque militum seu equitum per me conductorum pro quatuor mensibus p. v. etc. cum consilio Comunis et populi Perusin. 119. In primis quidem etc. Guillelmo Aramandicapit . predicto vigintiquinque militum pro suo soldo unius equi et unius palafreni et trombecte, quem tenet, et banderie, pro suo soldo duorum mensium p. v. ad rat . viginti octo fl . pro q. mense. 56 fl. 120. It . etc. etc. soldatis etc. [ N. 21 ] pro ipsorum et cuiuslibet eorum soldo et stipendiis et unius equi et medii ronzini , quos ipsi et quilibet ipsorum retinent et debent retinere etc. pro quolibet equo et medio ronzino septem fl . pro quolibet mense. 294 t. - 121. It. etc. soldatis [ N. 4] etc. pro quolibet equo. sex fl . et medium pro quolibet mense. 52 fl. a. I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 517 - 122. [c. 50 t. ] . lugl. 16. — Pro extimatione quorumdum equorum qui mortui vel percussi sunt in quodam babaluccho facto supra Spoletum contra intrinsecos spoletanos vel supra Castrum Litaldi , sicut fuerunt extimati, in totum. 56 fl. a. 123. [ c . 51 t. ] sett. 30. Sub banderia Jacobi capitanei stip . [ 25] . 124. [ c. 55] nov. 22. Guillonecto de Burgles sold . et stip . R. E. stante sub capitania et banderia dicti Jacobi Capitanei pro peioramento cuiusdam equi ... macagnati et destracchati in servitium R. E. cum esset in exercitu supra Spoletum et cum iret mecum ad apprehendendum Civitatem Spoletanam , et die noctuque iret per dictam Civitatem pro custodia terre in servitium R. E. et reddiret Perusium una cum d. Covato jud . curie ducatus pro quadam ambasiata facta prioribus perusinis super pace et reformatione dicte Civ . Spoleti . 20 fl. a. 125. [ c. 56] 1324, mar. 16. - Infrascripti sunt soldati et stipendiarii R. E. quos ego Johannes de Amelio Rector Spolet . duc . per S. R. E. generalis cum consilio Comunis et populi Perusini noviter conduxi nomine R. E. contra intrinsecos Spoletanos pro duobus mensibus et duobus diebus inceptis die decima mensis martii et finiendis die .x . mensis maii p. v. stantes sub banderia et conestabilia Mignocti de la Lana conestabilis omnium infrascriptorum soldatorum et equitum. Item . dicto Mignocto con est . pro suo soldo et stipendiis unius equi, unius palafreni, trombecte et banderie pro dictis duobus mens. et duob. dieb. etc. ad rat. 30 fl . per mens. queml . — 62 fl. a. 126. [ c . 56 t . ] Sold . etc. [ N. 9] . ad rat. 8 fl . pro quol . cum uno equo et uno ronzino pro quol . mense etc. 148 fl. a. lib. 3 et 4. sol . cort. 127. [c. 57] mar. 16. Soldatis [ N. 41 ] sub band. dicti Mignocti etc. 593 fi. a. sol . 10, den. 8 arg. [ c. 57 t. ] . Summa omnium summarum omnium denariorum per me solutorum et expensorum in presenti libro seu cartulario contentorum est. Triginta miliaria septingenti undecim fl. auri - ― ---- - -- - tresdecim lib. tresdecim sol . et septem den. cort. 128. [c. 59] 1324. In nomine etc. . • • Lib. seu cartular. in quo continentur, primo omnes denarii per d. Jo h a nnem [ de Amelio] et suo mandato dati et soluti magistris lapidum et lignaminis coptimariis et aliis personis pro mactonibus emptis pro opere infrascripto, et secundario omnes denarii dati et soluti per eundem d. Johannem et suo mandato d. Johannid . Johannis Macçono Munalducti de Spello , fratri Jolo mag . Massei fr . Masseo 518 L. FUMI Michaelis superstitibus infrascriptis infrascripti operis pro expensis fiendis per eos in dicto opere plebis [ S. Fortunati ] etc. 129. [ c . 60] . — In nom . etc. Infrascripti sunt denarii etc. –- 1323-1324. Johannes epus etc. dilectis filiis mag. Raynaldo de S. A rthemia thesaur . E. novionien . Cappellano nostro Rectori et Johanni de Amelio canonico licchefeldensi Thesaurario ducatus Spoleti salut. etc. Cum nuper Sedis apostolice camere plebem Sancti Fortunati Spoletan. dioc . ad Ven. fratrem nostrum Epum Spoletan . pertinentem per te filii Rectorem et successores tuos in regimine ducatus eiusdem E. R. nomine habendum tenendum ac perpetuo possidendum ipsius E. R. camere ex certis causis annectendum per licteras nostras perpetuo ac etiam applicandum, prout in eisdem licteris apostolicis poteritis intueri, nec in plebe ipsa, ut accepimus, habitatores sufficientes pro vobis et eiusdem camere officialibus habeantur, et discretioni vestre per apostolica scripta commictimus et mandamus, quatenus habitationes pro vobis et eisdem officialibus oportunas nec non et fortillitium pro vestra et officialium ipsorum defensione in eadem plebe costrui faciatis, tuque, filii , Johannes , pro eisdem habitationibus et fortellitio de proventibus ducatus eiusdem spensas studeas necessarias ministrare. Dat. Avinion . .x. Kal. Januarii pontif. nostri an. sexto. 130. Johannes epus etc. Eisdem . Licet vobis dudum per alias nostras dederamus licteras in mandatis, quod in plebe de Montefalco faceritis edificari fortilitia et alia edificia pro regimine duc . Spolet . plurimum oportuna, VOS tamen, ut mirantes audivimus, efficere non curastis. Quare vobis districtius iniungendo mandamus, quatinus predicta fortalitia et edificia , prout melius et comodius de consilio peritorum in talibus vobis videbitur fieri , absque ulterioris more dispendio, faciatis, ita quod nequeatis amplius de negligentia reprehendi ; volumus autem quod si , filii Rector , nolis aut non possis intendere ad premissa, tu, fili Thesaurarie , fieri facias et compleri . Dat. Avinion . vi Kal. augusti pontif. nostri anno sexto. - 131. [ c . 61 ] apr. 13. Venture Schiacti de Montefalcone muratori de summa 225 lib . den. cort. . . . pro pretio quinque perticarum muri quas ipse Ventura promixit facere et murare in ediflcio fiendo in plebe de Montefalcone. 25 fl. a. Ulivulo Phylippoli de Montef. pro pretio lapidum duarum perticarum de filo quas promixit portare ad E. dicte plebis ad rat. 17 lib . et x sol . pro qualibet pertica. - 30 lib. cort. I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 519 132. apr. 15. Andrion i mercatori de Monte f . de summa 160 lib . d. c. pro pretio 36,000 mactonum, quos ad rat. 5 lib . et 10 sol . c. pro quol. miliari etc. 30 fl. a. 133. apr. 17. - ―― —— -- Johannuctio Angilelli merc . de Mont ... de s . 247 1. et x sol ... pro pretio 45,000 mactonum ad rat . ut. supra, 50 fl . a. 134. [ c. 61 t. ] mag. 12. Mag. Johanni Puccoli abbatis et Vignoccaro mag. Massei de Fulgineo magistris seu coptimariis palatii fiendi in plebem de Montefalcone recipientibus pro se et Nuturo de Fulgineo pro parte solutionis dicti operis 500 lib . cort. et dicte quingente libre ceperunt insolutam pro pecunia quam debebant dicti artifices recipere de palatio quod promiserunt construere ad rat. 64 lib . pro qual . perticha. 135. mag. 30. Dom. Aymericus de Amelio can. Spolet. nom. predicti d. Johannis thes. mag. Nicholao Lelli de Asisio recip. nom. Ciccoli Coronci Phylippi magistrorum lapidum de Asisio de summa 188 lib. den. c ... pro pretio quatuor perticarum muri, quas omnibus eorum expensis in cassaro plebis de M. F. facere promiserunt ad rat. 47 lib . pro qual . perticha. 94 lib. et 12 den. cort. - - -- 136. giu. 1. Eisdem mag. seu coptimariis palatii fiendi in plebe de M. F ... ad rat. 74 lib . pro qual . pertica muri dicti palatii . 100 fl. a. 137. [ c . 62] mag. 15. D. Johanni d . Joannis de Spoleto , d. Macçono Munalducij de Spello , fratri Jolo mag. Massei et fratri Masseo Michaelis de Fulgineo superstitibus operis quod fit apud plebem de Montefalcone pro servitio per eos prestito in dicto officio superstitarie per eos geste et gerende a kal. mensis maii p . p . usque ad kal. augusti p. v. vid. 25 lib. pro quol. 100 lib. 138. lug. 11 - - - -- 100 fl. a. -- mag. Paci Macthei de Fulgin , et Janni mag. Andree de M. F. magistris lignaminis coptimariis operis lignaminis palatiorum que fiunt et murantur apud plebem de M. F. de summa mille lib. 139. [ c . 62 t. ] lug. 23. Mag. Nicolao Lelli de Asisio recip. nomine Ciccoli Cervoli e Ciccoli Phylippi de Asisio magistrorum lapidum coptimariorum in opere plebis de M. F de summa 188 lib... datione quatuor perticarum muri , quas murare promiserunt in cassaro plebis predicte ad rat . 47 pro qualibet perticha. - 54 lib. 140. ag 8. M. Joh . Puccoli , Vagnozzo M. Massei et Nuturo Corradutii de Fulgineo magistris seu coptumariis palatii magni quod fit apud plebem S. Fortunati de M. F. etc. ut supra. -- 47 fl. a. - 520 L. FUMI [c. 63] ott. 1 -- Eisd. etc. 100 fl. a. 141. 1324, genn. 20. Severo Batholi pro pretio extimationis domorum et terreni ipsius Se verii apprehensi pro fossis et via iuxta ipsos fossos dicte plebis venditi per ipsum Severium dicto d.º Joh . R. E. et ipsius plebis nomine recipienti et stipulanti . 50 lib. et 8 sol. cort. 142. [ c. 63 t. ] · - - Pro pretio quinque pugillorum et duarum uncirarum cum dimidia terre per eum dicto d. Johanni vendito pro ipsa E. R. et plebe empte et apprehense pro fossis et strata circa fossos dicte plebis ad rat. .xxv. lib . per starium quodlibet extimat. per estimatores positos ad dictum opus. 13 lib . 2 sol. et 6 den. Thome Fincerii de M. F. recip. pro se et Massiolo Lilli de Fulgineo , sc. pro se pro terra et pro terreno domus et pro dicto Massiolo pro parte dicte domus apprehense ac destructe pro fosso dicte plebis et pro strata seu via, que est iuxta dictum fossum eidem do Joh. per ipsum Thomam pro se et dicto Massiolo vendit. - 30 lib. et 7 sol. 143. Massiolo Bartholi de M. F. pro pretio domorum murorum ipsius et dectructione dictarum domorum ac pro dampno casaleni sui devastati pro fosso et via, que est iuxta fossum dicte plebis de Montefalco. 30 lib. cort. Apr. 10 144. [c. 64] —— Pro pretio 45,000 mact. - 47 lib. et 10 sol. In nom. etc. Infrascripti sunt denarii dati etc. per suprad. di Joh. de A. etc. superstibus operis seu fortallitii dicte plebis etc. expendendi per eos etc. in rebus ad dictum opus necessariis etc. 145. 1323, mag. 9. - Macçon o priori E. S. M. de Spello superstiti operis fiendi in plebe etc. et in diversis ferramentis etc. 25 fl. a. 146. mag. 23. Fr. Joh. de Fulg . superstit. etc. coptimariis, manualibus et magistris, qui laborant in dicto opere et in diversis rebus necessariis etc. 82 lib. Item 60 lib. ---- 147. Macço no it . it. --- 100 lib. Fr. Jolo m. Massei de Fulg . oblato Mon. s . Claudii de Fulgineo. --- 24 fl. 125 lib. 50 fl. 50 fl. - ---- 100 lib. 4 fl. 148. [c. 66 t. ] — 1324, mar. 23. 100 lib. 50fl. — 16 fl. -- 25 fl. 66 fl. -- 25 fl. - 25 fl. 1000 lib. 25 fl. 100 fl. - 25 fl. - Solvit Françulus Pucçuli Mercator de M. F. qui inter alios legalior reputatur mandato dicti d. Joh ... Fr. Jolo mag. Massei superst... per sindicum seu comune Jnsule Albricar um pro quadam compositione facta cum I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 521 dicto C. super eo quod ad mandatum ducalis Curie non ceperant quemdam exbannitum nec ipsum dicte Curie presentaverant, convertendos dandos et solvendos in dicto opere plebis 96 fl. a. - -- It. per Pacçarellum Simonis de Mevania ... nomine Andreucci et Venture de Cannario pro compositione facta cum eis super omnibus processibus factis contra eos etc. — 8 fl. a. Summa summarum omnium dict. expens . in pres. quat. content. facta reductione pecunie ad fl . est in fl . a. 1809 f. a. 28 fl. s. 6 den. 149. [c. 70] . In nom. etc. Infrascripti sunt denarii soluti et expensi per me Joh . de Amelio etc. ducatus Spoletani in spir. et temp. Rectorem per S. R. E. gen . post redditam et asignatam rationem et cartularia per me d. Petro May nada Rectori Ecclesie de Vergorolio Xanctonen . dioc. du ca tus predicti Thesaurario solidatis hominibus et personis et pro causis inferius denotatis sub an. d. a nat. millesimo ccc° xxшj° ind. VII etc. 150. 1324, aprile 3. Soldatis et stipendiariis R. E. manentibus sub constabilia et banderia Mignati de la Lana conestabilis militum sive equitum per me conductorum die 10 martii nomine R. E. pro duobus mensibus et duobus diebus . . . . pro complemento solutionis 18 fl . a. et 48 sol . cort. [ N. 9 nomi] . 151. [ c . 70 t. ] apr. 14. Mag. Bernardo familiari meo, quem dicta die ad C. destinavi cum multis licteris, in quibus intimabam d . n . pp . et quibusdam aliis de C. quomodo civitas Spoletana venerat ad manus perusinorum et qualiter Poncellus Capitaneus Perusinorum cum vexillo S. R. E. una cum dictis perusinis , cum quinquaginta stipendiariis . R. E. et aliis pedi- . tibus de ducatu intraverant dictam Civit. etc. 11 f. a. 152. apr. 20. Fr. Guillelmo de ordine heremitarum S. Augustini, qui portavit multas lieteras d. n. pp . et cammerario et thesaurario ipsius d. n . pp . cardinalibus et aliis prelatisin R. C. , in quibus notificabam quomodo Perusini elegerant Potestatem eorum arbitrio in Spoleto , non requisitis officialibus R. E. , secundum declarationem factam per d . n . Et dictos peru sinos requiri feceram pro licteris sigillatis quod predictam decla rationem observare deberent. 15 lib. cort. 153. [c. 71 ] apr. 24. Mag. Johanni de Castrorinardi , quem misi Perusium super quadam ambaxiata fienda prioribus perusinis super negotio Spoletanorum ex parte mea. 5 lib . cort. 522 L. FUMI -- ww 154. apr. 25. Mag. Bianti Johagnoli olim superstiti operis facti in Monteflascone (sic) etc. [ N. 9] muratoribus et magistris (de Spello, de Asisio, de Spoleto et de Fulgin. ) peritis in arte murandi, quos venire feci ad videndum et consulendum qualiter sit procedendum in opere plebis S. Fortunati et utrum muri constructi sint boni et constantes ad edificandum supra eos. 12 lib. cort. 155. It. etc. Mag. Johanni de Castrorinardi notario, quem misi Romam ad nob. virum Poncellum d . Macthei Rubei de filiis Ursi ad dicendum et narrandum cum eo qualiter E. R. invenit se delusam a Perusinis de negotio et pace Spoletanorum , et quod perusini pacta habita pro dicta pace non observaverunt nec observent, et ad narrandum et dicendum cum eo de remediis circa hec oportunis adhibendis et apponendis, et ad conferendum cum eo de statu dicte Civit . Spoleti ac totius ducalis provincie. 15 lib. cort. 156. [c. 711 ] mag. 5. Udicto familiari meo pro expensis quas feci dum ivi Asisium vigore mandati apostolici michi a ss . d . n . Joh . div. prov. pp . XXII trasmissi ad inquirendum et perscrutandum de registro et processu dudum facto I mandato felicis recordationis dd . Clementis pp.1j ac etiam Urbani pp.1j super conservatione et caudalicatione corporis bona memoria Phylippi olim archiepiscopi Bicturicensis , ultra meum salarium, quod est 4 fl . per diem , quia multos equites et familiares mecum duxi et expensas magnas me oportuit facere. 6 fl . a. 157. [ c. 72] mag. 12. — Triginta famulis de Collemancio , qui steterunt ad custodiendum Castrumlitaldi , dum pervenit ad manus meas pro R. E. pro complemento solutionis ipsorum de stipendiis ipsorum temporis quo in dicto castro steterunt. 10 fl. a. 158. mag. 14. Bastardo de Spello , quem misi Perusium prioribus perusinis cum quibusdam licteris super statu ducalis provincie. 11 sol. cort. - ― 159. mag. Johanni de Castrorinaldi , quem misi Spoletum ad loquendum cum d. ° Vençolo potestate Civ . Spoleti , ad conferendum cum eo de multis statum ducalis provincie tangentibus. - 29. sol. cort. -- 160. mag. 16. Puccillo de Gualdo Captaniorum , quem destinavi et misi ad d. Rectorem Romandiole cum licteris apostolicis processus facti contra ducem Bavaric electum, ut dicitur, in regem romanorum michi de R. C. missis etc. 1. fl. a. 161. Macço no Monalducii de Spello olim superst. operis et fortillitii constructi et construendi in loco plebis S. F. Spo- - I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 523 let . dioc . pro parte solutionis sui salarii temporis quo servivit in dicto superstitarie officio ad rat . 100 lib . cor. pro quolibet anno. 5 lib . 5 sol. et 7 den. 162. - [c. 72 t. ] mag. 17. Fr. Francisco de M. F. ord. fr . min. , quem misi ad C. R. cum multis licteris, quas destinabam in R. C. d. n . pp. et dd. Cam . et Thesaurario dicti d . n . pp . et multis cardd . , in quibus intimabam et notificabam statum ducalis provincie et negotia Spoletanorum , in quo statu erant et qualitur R. E. de negotio prelibato delusa videbatur a Perusinis , et ad procurandum una cum dd . Cardd . quod in hiis apponentur remedia oportuna per predictum d . n . pp . 42 fl. a. 163. A y merico Germano meo, Apollonio de Jano et Raymundo de Garriga in R. C. morantibus in servitium R. E. ad intimandum et notificandum d. n. pp . statum ducalis provincie et ad procurandum cum dd . Cardd . quod d . n . pp . in reconciliatione provincie memorate adhibeat remedia oportuna, et ad promovendum de alacri provisione fienda circa pacem et statum ducalis provincie , specialiter Civitatis Spoleti , et assignandum C. d. n pp . mille ducentos septem fl . a. , triginta octo sol. et quatuor den. que restabant de introitibus et proventibus et decima per me receptis ad assignandum C. suprad. registra, libros et cartularia per me destinata in R. C. omnium introituum et expensarum per me perceptarum et factarum a temporo quo in dicta provincia incepi thesaurarie officium R. E. nomine exercere etc. 40 fl. a. de Fl. 164. [ c . 73 t . ] mag. 19. 165. De fructibus beneficiorum clericorum suspensorum de Asisio et Spoleto vid : cc. VIII lib. XVIj sol. et 4 den. non conputavi pro expensis, nec ipsos destinavi C. d. n . pp ... sed ipsos retinui pro expensis que fiende occurrent pro repressione rebellium E. [c.75] . - [Sommano tutte le spese del 1° marzo 1323 al 19 maggio 1324, cioè 34,013 fior . d'oro, più in argento xvj libr. , XVI sol , 2 den . cort.] . 166. [ c. 77] 1325, mag. 29. · · -In nom. etc. Johannes Epis ... - dilectis filiis Joanni de Amelio archid. for. Rectoriet Petro Maynade. thesaurario ducat . Spoletan.sal. - Jura nostra et E. R. in ducatu Spol . etc. . . bis annis singulis semel , vid. inter festa om. SS. et Nativ. dom.ce ac suseguenter inter sollempnitates pasce ac pentecosten invicem conferre ac computare curetis tres libros de hujusmodi computis et rationibus facientes 524 L. FUMI uno presso di loro , l'altro da trasmettersi alla C. prima della nat. di S. Giov. Batt. ] Dat. Avinion. quinto Kal. febr. pontifi . n. an. nono. 167. [ c. 78] giug. 28. Guillelmo de Podio Cervi ... pro notificatione et pubblicatione processus facti per ipsum d. Rectorem de mandato d. n. pp . contra Mediolanum et filios d. Macthei de Vicecomitibus ac contra ambaxiatores ducis Bavarie ac etiam Epum Aretinum et contra Firmanos et Fabrianenses factis per civitates terras et castra ac epos et prelatos ducatus. - 30 fl. a. 168. [ c . 78 t. ] agosto 14. - - Raymundo de Garrigia , quem misit ad C. cum multis licteris per eum destinatis C. d . n . pp . et cum instrumentis secunde publicationis et agravationis licterarum et processunm factorum per eundem d. n. pp . contra filios Mac thei de Vice comitibus de Mediolano et contra Mediolanum et contra ambasiatores ducis Baverie et contra Epum Aretinum et contra Fabrianen. et firmanos , nec non et pro liberatione Civitatis Spoleti procuranda penes d. n ; quia Perusini submicterant eam in magnum preiudicium E. 20 fl. a., 10 fl. de Flor. et x duc. auri. 169. [ c . 79] , sett. 24. M. Hermanno de Fulgineo not. quos expenderat de mandato ipsius d . Rectoris hoc anno de mense aprilis dum de mandato ipsius ivit cum tribus equitibus et octo peditibus ad inquirendum et procedendum contra euntes Fabrianum, qui steterunt .XII. diebus inter Eugubium , Nocerium et castrum Gualdi , et inquisitio fiebat de mandato d. n. pp . 32 lib. d. cort. 170. ott. 6. M. Johanni de Tuderto , qui ibat cum uno equite, tribus famulis et uno regatio, et cum baiulo cum duobus equis Nursiam ad apprehendendum possessionem et tenutam Rocche Pese (?) pro R. E. , que fuit filiorum domini Abrunamontis de Spoleto ducalis curie condempnat. 11 lib. - 171. [c. 79 t. ] ott. 11. Apellonio , in quibusdam ambasiatis . . . factis in Perusio ... et presertim pro mon . s . Juliani , ut restitueretur per C. Perusii R. E. - 172. [c . 80] ott. 14. Fr. Jolo m. Massei de Fulg . superstiti op eris fortellitii plebis de M. F ... a Kal. mensis aprilis usque ad finem pres. mensis in officio dicte superstitarie ad faciendum reactari et reparari dictum fortillitium . 7 fl. a. 173. ott. 24. Udecto ... ad C ... ac etiam (Rector) mictebat processus suspensionis factos contra clericos Civit . Asisii et Spoletane et requisitionem et protestationem per eum factam Perusinis I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 525 ne potestatem eligerent in Civit. Spoleti , sed facerent secundum declarationem factam super predictis per d . n. pp . - 25 fl. a. 174. [ c . 80 t . ] d . Udecto pro expensis per eum fiendis usque Pisas pro se et duobus famulis cum duobus equis , quos duxit in suam societatem ne posset ab aliquibus offendi ratione multorum processuum, quos portabat, de quibus verisimiliter dubitabatur. - 1 fl. a. 175. M. Bernardo eius familiari , quos expenderat hoc anno de mense aprelis ultra denarios sibi datos cum misit eum J a n u am cum quibusdam licteris pro rehabendis certis licteris apostolicis acceptis et abreptis in portu dicte civitatis Raymundo eius familiari . et 2 den. cort. 176. ott. 26. Johanni Gaytano de Montepesulano, per quem misit quasdam licteras ad R. C. super inquisitione, que per eum fiebat de bonis Spoletanorum intrinsecorum rebellium R. E. et super quibusdam aliis negotiis, que erant intimanda d. n. pp . pro statu Civ. Spoleti . - 100 sol. -- 52 fl. 177. [ c. 81] nov. 9. Biccuto de Cannario , quem misit Perusium cum quibusdam licteris super facto Somaregie quod provideretur quid esset faciendum. 10 s. cort. - ----- 178. nov . 15. — M. Joh . de Tuderto not . cum ivit ad apprehendendum tenutam de Rocha Battiferie que fuit filiorum d . Petri de Spoleto , qui secum ducebat unum equitem, duos famulos , unum bailum et duos equos. - - 8 fl. a. 179. dic. 6. Guillelmo de Podio Cervi eius familiari , quem ad C. destinavit .... etc. ad exponendum multa super negotio Spoletan . et factis ducalis provincie et oppressioni, cui suppositus erat ducatus , ac etiam pro multis aliis exponendis, que non poterant exprimi licteris utiliter nec etiam viva voce per cursores simplices. 31 fl. de Flor. - 180. [ c . 81 t . ] dic. 11. Johanni de Sibilia cursori d. Marchionis , qui ibat ad C. , per quem ipse d . quasdam licteras destinaverat ... , in quibus intimabatur de facto exercitus Civ . Nucerii , quomodo eum mandaverat congregari . - 40 sol. 181. dic. 15. - D. Covato Jud . gen . et illis equitibus , qui venerunt cum eo , tempore quo ducalis curia debuit se trasferre ad Civ . Fulgin . ad disponendum de Curia et ubi tenetur auditorium. - 9 lib . 2. sol. et 4 den. 182. dic 18. M. Joh . qui stabat in Spoleto ad apprehendendum tenutam et possessionem bonorum rebellium de Spoleto. — 3 fl. a. 183. dic. 20. - Cerretano de Castro Bono , quem misit usque Pisas, ubi inveniret Guillelmum de Podio Cervi , quem nuper 33 526 L. FUMI ad C. destinavit super facto Civit . Nucerii quomodo venerat ad mandata et miserat sindicum cum recoltis . 4 lib. et 9 sol. 184. [ c . 82 t . ] 1325, gen. 5. Aymerico de Rogesio , quos pro eodem solverat de mense sectembris dum ipse d. Rector se debuit cum ducali C. trasferre ad Civ . Fulgin .... ad ordinandum et distribuendum de stallo C. tam de loco ubi tenetur auditorium, quam etiam de domibus et hospitiis officialium advocatorum et procuratorum et aliorum de C. 8 fl. 185. Morico de Aszellis b. a[ iulo ? ] duc . C. , quem misit ad Epum tudertin . cum licteris, in quibus continebatur, quod faceret denunctiari excomunicatos quosdam mercatores de Tuderto pro pecunia quam habebaut C. R. e E. confiscata que fuerat filiorum d. Petri de Spoleto. - 19 sol. 186. [ c . 83 ] gen. 13. Raymundo de Garrigia et Appellonio de Jano , quos misit Perusium , licet Appellonius fuisse alias pluries ad procurandum cum prioribus perusinis ac multis aliis, quod Ninus de Baglonibus de Perusio restitueret R. E. Mon. S. Juliani. 2 fl. a. 187. gen. 15. --- --- M. Joh . de Tuderto , quem misit Spoletum pro recipendis fideiussoribus a C. Spoleti pro Roccba Bactiferii C. R. E. confiscata, que fuit filiorum d . Petri de Spoleto rebellium de custodiendo dictam Roccham et tenendo pro R. E. ac restituendo ad mandatum d. n. pp . 2 fl. a. 188. gen. 16. - - Massio de Fulgineo et Massiolo de M. F. , per quos misit Spoletum et Tudertum licteras primo denunctiationis et postea aggravationis quorumdam tudertinorum , qui fuerant citati, quod venirent ad solvendum C. R. E. pecuniam quam habebant filiorum d . Petri de Spoleto rebellium C. R. E. confiscatam et non venerant. 22 sol. cort. - 189. [ c . 83 t . ] gen. 21. Apollonio .. qui ivit Perusium ... cum procuratorio et pleno mandato, quod posset absolvere et quietare C. et populum Perus . de promissione quam fecerant fr. Falconi de Sistarico Ap . Sedis nuntio de reddendo monast . S. Juliani de Spoleto E. R. , quod Perus . nisi viderent procuratorem cum pleno mandato reddere denegabant, sive recusabant. 190. gen. 28. Udecto ... pro se et quatuor equitibus et duobus regatiis et equis qui iverunt usque ad pontem S. Jannis pro associando Cecchum de Baglonibus de Perusio , qui erat venturus pro asignando Mon. S. Juliani C. R. E. , nec aliter venire poterat cum haberet inimicitias corporales. - 3 lib . et 16 sol. --- I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 527 191. febr. 3. -- Jacobono baiulo, quem misit Esculum ad procurandum quod d. Sanctorus de Esculo , vir utique mague fame et oppinionis, veniret ad exercendum officium judiciarie in ducali Curia. -- 6 lib. et quinque sol. -- 192. [ c. 84] febr. 12 Raymundo ... in eundo ad R. C. cum multis licteris et actis factis de negotio Spoletan . , vid . cum apprehensionibus et tenutis possessionum et tenutarum istrumentis publicis bonorum rebellium de Spoleto , ac etiam cum apprehensione Rocche de Bactiferio , que noviter ad manus R. E. pervenerat, et ad indicandum d . n . quomodo noviter apprehenderat Mon. S. Juliani , ac etiam ad indicandum dict. d. n. ut in negotiis Spoletanorum non possit eludi , et quomodo Perusini gravabant enormiter Asisium et Spoletum. 25 fl. a. 193. [ c. 84 t . ] feb. 18. Vagnuzo de Castrobono , quem misit cum fr. Jacobo de M. F. , qui ibat usque Fractam ad loquendum Bicello de Baglonibus de Perusio , super quibusdam negotiis statum ducalis provincie tangentibus, vid. super eo quod, cum propter divisionem et malivolentiam sive guerram, que erat et fuerat inter Bernardinum comitem de Marsciano et d. Jacobum de Spello ex una parte, et filiosd . Gualfreducci de Baglonibus ac d. Ugulinum de Fulgineo ex altera, suspitio esset maxima, quod inter dictas partes, nec non inter Fulginates et Spellanos guerra nasceretur, de qua scandalum in toto ducatu virisimiliter timebatur, quam dictus d. Rector volebat pacificare et super hoc mictebat dictum fr. Ja cobum. · 4 lib . et 4 sol. 194. mar. 10. - D. Covatus de Narnia jud. duc . Curie steterat in Perusio ( ut supra ) , quia frater Jacobus de M. F. non potuerat expedivisse negotium. 23 lib . 14 sol . et 8 den. --- 195. mar. 5. - Jano currerio, qui ibat ad R. C , ... quomodo fortillitium Soma regie breviter ad manus fidelium reduci debebat, et quomodo ipse iam miserat magnam peditum quantitatem ; ac de pallio recepto per Perusinos a C. Spoleti . 40 sol. 196. [ c. 85 t . ] mar. 12. Puccacto de Fulg . qui ibat ad R. C. et portavit ... multas licteras, in quibus intimabat d . n . multa ad declarationem quarundam licterarum impetratarum , tacita veritate et expressa falsitate, quas nuper Guillelmus de Podio Cervi a R. C. apportavit ac intimabat, quomodo castrum Somaregie fuerat ad manus fidelium reductum. 50 sol. 197.mar. 15. Venantio de plebe Turini , qui ibat ad R. C.... intimabat d . n . quod placeret sue sanctitati ordi- 528 L. FUMI nare fecerat eum poni in carceribus plebis S. Fortunati. 30 sol. - - 198. [ c. 86] mar. 23. Cicchulo Vitalis de Gual . Capt.cum fr . Jacobo de M. F. qui ibat iterato usque ad Fractam ad loquendum Bicello de Baglonibus etc. (ut s.). 5 lib. et 4 sol. 199. [ c. 86 t. ] apr. Johanni de Tuderto not. , pro victuris unius ronzeni , quem duxit in exercitum factum contra Somaregium , ubi stetit tribus diebus , et quem duxit et tenuit duobus diebus , dum ivit Marsianum locutus cum Bernardino super facto pacis fiende (ut s.). 25 sol. 200. [ c . 87 t. ] mag. 2. Blaxio cursori d . n . pp . , qui ibat ad C .... intimabat statum Spoleti et inobedientiam Vissa norum qui inceperant recalcitrari contra Curiam iam est diu. 4 lib . cort. 201. mag. 3. Appellonio de Jano , quem miserat una cum Guillelmo de Podio Cervi Perusium ad Johannem de Arimino domicellum d . Card . S. Theodori , ad informandum ipsum super negotiis Spoletan . et maxime ut exponeret d . n . pp . ac dicto d . card . quomodo sumerat officium nob. militis d. Oddonis olim Potestatis Spoleti , et quomodo Perusini requisiverant ipsum d . Rectorem , quod providere deberet Civ . Spoleti de Rectore , et quomodo responderet dictus d. Rector , quod se non intromitteret, quia d . pp . revocaverat ad se negotium prelibatum . 3 lib. et 3 sol. 202. [ c . 87 t. ] mag. 9. Cicculo Vitalis de Gual . Capt , quem misit Perusium ad Abbatem S. Petri super facto questionis, quam habebat coram eo pro E. R. cum Epo Spoletano super facto Plebis de M. F. 10 sol. cort. - - --- - 203. mag. 13. Bonifatio de Servallo die .x. mens. Martii , qui una cum mag. Johanne de Tuderto iverunt in exercitum factum contra castrum Soma regie , et rebelles E. detiuentes ipsum Castrum, et tunc dictum castrum fuit rehabitum. 1 fl. a. 201. [ c. 88] mag. 23. - Hugolino de Mevania , qui ivit ad C. R .. quomodo vissa ni venerunt ad mandata S. R. E. atque sua, et quomodo presentaverunt eidem domino Jacobum Cini Malagallie per inquisitores heretice pravitatis de Marchia de fautoria heresis condampnatum, et quod placeret sue S a nctitati declarare quid esset faciendum de ipso . 44 sol. cort. 205. [c. 88 t. ] 1325, genn. 9. - - (1324. In nom. etc. Infrascripti sunt denarii . . . . soluti super exactione fructuum beneficiorum clericorum I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 529 suspensorum de Asisio et Spoleto ac bonor. omu. mobil . et stab. omn. condempnat. de Spoleto C. R. E. confiscatorum . . ) . 206. [c. 89] giu. 26. Mag. Petro de Interam pne , qui ivit Nucerium et Gualdum Nucerii et Saxumferratum ad faciendum sequestrationem fructuum Epatus Epi Nucerini , ad petitionem d. Marchionis , occasione decime sexannalis collecte per eum sublate de sacristia b. Francisci , et ad inquiren dum coutra euntes Fabrianum , ut habuerat in mandatis a d . 1 . pp. - 30 lib. 207. [c . 91] 1325, mar. 7. In nom. etc. Fulg . in palatio Canonice Fulg. Rev. vir d. Joh . de A ... Rector volens de 50 fl . quos habuerat et perceperat ... a sindico C. Bictonii , occasione quia dicebatur ipsum C. Bictonii certos fructus terrarum et posses. Mon. S. Quirici in territorio ipsius C. situati asportari permisisse contra maudata dicti d . Rectoris discreto viro dompno Petro de Cannario sindico capituli et conventus Mon. prelibati , integram .... reddere rationem, asignavit dicto sindico ipsos 50 fl. expendisse ac solvisse pro utilitate Mon. predicti in hunc modum: Et primo, quos dederat et solverat michi Andre e not. pro expensis per me de mandato ipsius factis in exercitu facto per eum de mense Augusti p. p. contra Monasterium prelibatum ac detinentes eundem, vid. in victualibus et in aliis necessariis ad dictum exercitum et etiam oportunis, ultra expensas, quas faciebat fieri pro illis , qui remanseant in suo hospitio de suis stipendiis - 30 fl. a. 3 sol. et 8 den. cort. Habebat enim in dicto exercitu .xxx . equos vel ultra et multos nobiles ac etiam populares forenses, cum quibus habebat consilium auxilium et favorem ad bellicosa opera exercenda. It. quos dederat et solverat monachis ipsius Mon. quos solverat pro 25¹ debita per ipsum Mon. d. card . S. Marcelli Ap . Sedis Legato . 20 lib. cort. etc. 208. [c. 92 t. ] 1325, giugno 5. Raymundecto ultramontano, qui ibat ad Curiam , et sibi tradidit multas licteras continentes quomodo in subsidium Rectoris Ancon. Marchie pro honore E. miserat in Marchiam Marescallum suum cum .c. equitibus ad requisitionem dicti Rectoris , quas lieteras d . n . pp . et multis aliis de Curia destinabat ... 50 sol. 209. [ c. 93] giu. 17. - Mag. Corrado ser Johannis de Fulgineo not., pro quibusdam expensis per eum factis in servitium C a m mere , nam iverat per terras du catus pro subsidio militari misso d. 530 L. FUMI Marchioni , quas expensas thesaurarius nolebat sibi admictere. - 12 lib. 9 sol . et 8 den. 210. [ c . 93] giu. 28. ritum] olim S. 211. [ c . 93 t . ] lug. 4. Sententia privationis lata contra abbatem [ M argaEutitii de Nursia [al Papa]. Nicolaode Senis cursori d . n . pp . pro se et socio suo, per quem misit licteras ad Curiam , in quibus intimabat d . n . pp . quomodo fuerat requisitus per Rect . Patrimonii de prestando eidem subsidium militare contra Civ . Narnie - et quomodo subsidium procuravit. 3 lib. cort. 212. lug. 7. Johanni de Esculo cursori d . n Pp . , qui ibat ad R. C. , per quem ipse d. misit plures licteras, in quibus intimabat, quomodo fuerat requisitus per Rectorem Patrimonii , ut sibi de aliqua gente provvideretur pro exercitu per eum fiendo contra Narnienses rebelles S. M. E. 45 sol. - 213. lugl. 9. Viviano de Mevania , quem misit usque Pis as pro explorando de galeris si erant in portu vel quando erant venture, et que et quando debebant secedere, ac pro habendis licteris a C. Pisano de securo conducto pro quibusdam ambasiatoribus ituris ad C. pro statu provincie . 1 fl. a. 214. Angelo Bartholi cursori Cam merarii d . n . pp . quem ipse Cam . miserat cum quibusdam licteris eidem d . Rectori et thesaurario ducatus super remictendis d . n . licteris ordinationis et decisionis facte per eum de civ . Spoleti . 40 sol. 215. ag. 8. Vegnati de Perusio cursori d . n . pp . qui apportavit dicto d . Rectori licteras continentes quoddam processum factum contra Castructium Gerii de Interminellis de Luca . -- 1 fl. a. Luchicto de Spoleto , qui ibat ad C. R. per quem ipse d. missit plures licteras , in quibus intimabat de obedientia d u catus , aac de quibusdam executionibus factis in quosdam malefactores . - 40 sol. 216.ag. 17. Cuidam cursori vocato Raymundo ad Curiam accedenti, per quem multas licteras ad C. destinavit ... , in quibus intimabat, quod placeret Sanctitati d . n . pp . declarare de licteris transmissis eidem et Epo Spoletan . super absolutione Spolet . rebellium et excomunicatorum quid esset fiendum, nam licet fecerit dictos Spoletan. moneri per religiosos de Spoleto , quod venirent ad recipiendum absolutionem, tamen nullus venit, et quomodo miserat marescallum ducalis curie in subsidium Capitanei Patrimonii . - 1 fl. a. 217. [ c . 91 t . ] sett. 18. Mag. Stephano not. ultramontano, qui ad R. C. accedebat, cui tradidit plures licteras . . . in quibus intimabat I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 531 quomodo d. Guillelmus de Cansaco , Anconitan . Marchie Marescallus , venit ad exercitum Florentin. contra Castructium , et quomodo intendebat secum in recessu reducere magnam gentem militum in Marchiam contra rebelles de Marchia , et quomodo C. Eugubii cum certis hominibus Eugubinis ediderant multa dura Statuta gravantia libertatem Ecclesiarum et clericorum ac personarum ecclesiasticarum Civitatis Eugubii et districtus, et quomodo fecerat ipse d. Rector poni interdictum in Civit . predicta , dicta de causa. 4 lib. cort. 218. [c. 95] sett. 27. -- - Capucio de Spello cursori , qui ibat ad C. R. et sibi multas licteras tradidit in Curia asignandas, in quibus intimabat..... specialiter de Jacobutio mag. Francisci de Spello , quomodo fuit captus in Civ . Aquile , et postea ad requisitionem dicti d. Rectoris Capitaneus Aquile eum eidem d. destinaverit. Qui Jacobutius fuerat causa occisionis captivorum de Spoleto. 50 sol. cort. 219. ott. 10. - - Vagnolo de Fulgineo , qui ibat ad Curiam , per quem misit multas licteras , in quibus intimabat de conflictu florentinorum. - 40 sol. 220. [c. 95 t . ] ott. 16. - Mag. Bernardo ultramontano, quem ad Curiam destinavit cum multis licteris, in quibus intimabat, quomodo inquisitionem fecerat contra Epum Spoletan . , et quomodo de symoniis conmissis per eum d . n . s . pontifici intimabat publica instrumenta, ac etiam intimabat quomodo requisiverat Florentinos super facto Muccii et responsionem factam per ipsos florentinos. 16 fl. a. 221. [c . 96] ott. 17. -- - Jacovello de Marchia cursori d . n . pp . , qui ibat ad Curiam , per quem ipse d. intimavit per licteras d . n . , quod Civitas Eugubina , citata super iniuriis illatis clericis , gravavit consanguineos clericorum ad comparendum et ad faciendum quicquid ipsa Civitas facere tenebatur , et quomodo rebelles E. fecerant aliquas congregationes. 3 lib. cort. 222.ott. 20. Andriolo Anatrini de Fulg . , qui ibat ad Curiam , per quem intimavit d . n . ac d . Covato de pace fienda inter B. de Marsciano , d. Jacobum de Spello ac filios d. Gualfreducii de Perusio et d . Ugolinum de Fulgineo , ac etiam intimavit, quomodo contrata erat in maxima suspitione. -40 sol. cort. 223. dic. 7. -Andree de Ancona cursori , qui ibat ad C. R. , per quem ipse d. misit pluras licteras , in quibus intimabat d . n . pp . , qualiter in die beati Andree apostoli fuit facta pax inter B. comi- 532 L. FUMI tem de Marsiano , filios d . Gualfreducii de Perusio et d . Ugolinum de Fulgineo et d . Jacobum de Spello , ac etiam intimabat, quomodo erant suspitiones maxime in ducatu , et quomodo C. Eugubii requisiverat et induxerat multas terras ducatus quod ponerent se in rebellione. - 40 sol. 224. [c . 96 t. ] dic. 14. Vanni de Perusio , qui ibat ad Curiam , per quem misit plures licteras, in quibus intimabat statum provincie, et quomodo castrum Pirocchii fuerat per Gebellinos proditionaliter occupatum . 10 sol. cort. 225. dic. 18. -- Eid. etc. quomodo fecerat exercitum ducatus congregari contra detinentes Roccham Pirocchii , et q. Asisinates fecerent justitiam de quodam, qui fuerat conscius de prodictione Civ . Asisii . — 12 sol. 226. [c — . 97 t. ] In nom. etc. 1326, dic. 27. Folli de Perusio et Blaxio cursoribus d . n . pp . , qui ibant ad Curiam , per quos ipse d. multas licteras ad Curiam destinabat et scribebat d . n . pp . qualiter marescallus ducalis Curie cum gente ducatus recesserat de exercitu facto contra Roccham Pirocchii propter asperitatem temporis et loci, et qualiter intendebat iterato convocare exercitum duc a tu s contra detinentes ipsam Roccham ante Kal. martii. - 7 lib. cort. 227. [ c. 98] 1326, genn. 8. • Arnaldo de Palaraco de Belvedere , quem ad Curiam destinavit cum multis licteris , in quibus intimabat d . n pp . quomodo Spoletan. non permiserant ingredi Beccellum de Baglonibus Potestatem et d. Franciscum Batatii judicem appellationum civit . Spoleti electos, institutos et confirmatos, secundum decisionem factam negotiis Spoletan . per d . n . pp .. ; et quod actabantur trabucchi pro obsidione Rocche Pirocchii pridie proditionaliter occupate, ad quam Rocc ham expugnandam et ad manus E. reducendam intendebat ducatanum exercitum breviter convocare. 25 fl. a. de Flor. 228. genn. 11. - Appollonio de Fano , quem una cum Galhardo de Tribus bonis misit Spoletum ad procurandum quod Spoletani admicterent Beccellum de Perusio electum in Potestatem et d . Franciscum Batatii de Fano in jud. app . etc. 229.genn. 19. - -- 1 fl. a. Tristano de Firmo cursori ad Curiam accedenti, per quem ... . . . intimabat qualiter Castrum Paterni fuerat per I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 533 - - - proditores E. occupatum , et quomodo fuit rescriptum per Spoletanos , et fuerant capti et mortui dicti rebelles. 25 sol. cort. 230. genn. 24. Venancio de Plebe Tarini , qui ibat ad Curiam ... intimabat, quomodo miserat d. Ugolinum de Fulgineo Spoletum ad procurandum quod Spoletani obedirent licteris apostolicis , et quod admicterent Potestatem et Jud . appellationum , licet non admisissent. 30 sol. cort. 231. febb. 8. - Rubeo de Precibus , quem misit Florentiam ad abbatem S. Stephani de Parrano , qui ibat ad Curiam R. cum multis licteris, in quibus intimabat d . n . pp . ac d . Covato de Narnia , quomodo, propter duros processus factos per eum ac per inquisitores heretice pravitatis contra Bernardum de Arrono credebat, quod restitueret, pecunia mediante, Roecham Arronis . It. quomodo multos processus et scripturas factas contra Eugubinos quos parum tenetur (?) et quod provideretur de remedio oportuno. Tres. lib . cort. 232. [c. 99] febb. 18. ---- - - Puccarello Macthioli de Fulgineo , qui ibat ad Curiam , per quem misit multas licteras , in quibus intimabat d . n . , quomodo castrum Paterni fuerat proditorie occupatum per exititios spoletanos et postea reacceptum, et quomodo quosdam de proditoribus , qui a gladiis evaserant, detinebat in carceribus. ―― 30 sol. cort. 233. Appollonio , quos solverat Vannillo de Fulgineo pro vectura ronzini , quem ipse dominus miserat ed fratrem Franciscum inquisitorem heretice pravitatis , qui venit Fulgin.cum Ugolinucio de Alviano et Arroncello de Arrono ad tractandum quomodo Berardus de Arrono restitueret eidem d. Rectori pro R. E. rocchas Arronis . 38 fl. cort. · 234. febb. 23. Ciccholo Vitalis de Gualdo Capt . , quem misit ad sanctum Clericum cum quibusdam licteris dompno Benvenuto monacho dicti Monasterii ad Curiam deferendis, in quibus intimabat d . n pp . tractatum habitum per ipsum d. cum Fratre Francisco inquisitore , Ugolino de Alviano et Arroncello fratre dicti Berardi de Arrono , quod dictus Berardus restitueret Rocchas Arronis . - 8 sol. cort. 235.feb. 25. Dicto Ciccholo , quem misit ad Tudertum ad dictum domp. Benvenutum monachum cum quibusdam aliis licteris per eum ad Curiam deferendis. - 10 sol. cort. 236. Pellulo Guidarelli de Perusio , quem Johannes Ga- 534 L. FUMI - lassi miserat ad eum cum quibusdam licteris continentibus quod ipse d. micteret Perusium acta facta contra Abbatem et monachos sancti Petri de Asisio , ut posset produci coram d. abbate S. Petride Perusio judice delegato. 15 sol. cort. 237. [ c. 99 t. ] . Cicchulo de Cammerino baiulo ducalis Curie , quem misit Cerretum ad mag. Hermannum pro actatione dictorum actorum, que deficiebant in uno puncto . . . . 238. mar. 1. - - Bonifatio de Servallo , quem misit Perusium cum quadam ambasiata ad Saracenum de Podio Murandi tangente statum provincie et honorem Curie vid : pro tractando cavalcatum contra Gualdenses pro expensis suis et rigatii et vectura ronzini. 33 sol. cort. 239. mar. 3. Mag. Corrado de Fulgineo , quem ipse d. una cum Bonifacio misit Perusium ad priores perusinos ad impetrandum ab eisdem subsidium in executione fienda per eum contra Spoletanos , quia non receperant potestatem et judicem causarum appellationum, electos secundum decisionem factam per d. n. pp . super negotiis spoletanorum , nec in aliis paruerant licteris apostolicis , pro expensis ipsorum equorum et famulorum. -- 3 lib. et 10 sol. cort. — ― 240. mar. 4. Petrucio de Bononia cursori , qui ibat ad Curiam , per quem ipse dom. scribebat d. n . p p . quomodo castrum Pirocchii per proditores E. occupatum, fuerat, mortuis proditoribus qui inventi fuerant, reacceptum. 50 sol. cort. 241. mar. 11. Piccho de Spello , qui ibat ad Curiam R. , per quem ipse dom. misit multas licteras d. n. pp . , in quibus intimabat seriatim, quomodo fuerat reacceptum Pirocchium , nam non intimaverat seriose per alium nuncium . . . . . 50 sol. cort. 242. [c. 100] mar. 13. Perocto de Sala cursori , qui veniebat de Curia et ipsi d . plures licteras apostolicas apportaverat tangentes Eugubinos rebelles E. et quomodo ipse d. Rector cum thesaurario possint ad stipendia R. E. , xxv stipendiarios equites retinere. 4 lib. et 5 sol. cort. --- - [Segue dal 5 aprile al 10 maggio come susseguente al cod. n. 228 fino alla carta 197]. 243. [c. 101] apr. 5. Raymundo cursori d . n . pp . , per quem misit multas d . n . pp . continentes quomodo faciebat procedere contra Landum Bicchi olim bariscellum in Florentia, qui nunc officium resumpserat in Eugubio per inquisitores heretice pravitatis. 4 lib. 244. apr. 7. — Ruffino Simonis de Castro bono Capitaneo I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 535 et procuratori .xvij . berruariorum sive servientium R. E. in ducau pro salario et stipendiis ipsorum, mensium martii pp. et aprilis pres. vid : pro ipso Ruffino duorum floren. et unius floren. pro quolibet dictorum xvij berruariorum . 40 flor. auri. - 245. D. Santoro de Esculo pro peioramento facto per Lolum Francuzi de Montefalcone marescalcum equorum de quodam equo .. , quem ipse d. Santorus miserat in servitium S. M. E, de mense martii pp . in exercitu et cavalchatis factis per ducalis Curie marescalum cum vexillo E. contra ribelles dicte E. , rocchas Arroni et Accharani detinentes, qui equos per dictos rebelles fuit percussus prope dictam roccham Accharani de uno quatrello in pede dextro posteriori, iuxta juncturam prope coronam. 9 fl. a. 246. apr. 15. Guillelmo cursori , qui stabat ad Curiam R. per quem ipse d. multas licteras destinavit, in quibus intimabat statum ducalis provincie , ac qualiter contra Spoletanos procedere intendebat, quia parere mandatis apostolicis nolebant, ac se posuerant in rebellione E. , et qualiter fecerat detineri Petracium d. Cellis , ac etiam qualiter requisiverat perusinos , ut eidem ad premissa assisterent favoribus oportunis . 3 lib. cort. 247. apr. 24. Raymundo de Carnis , quem ad Curiam cum multis licteris destinavit, in quibus intimabat quomodo E u g u bini venerant ad mandata, et qualiter requisiverat totam provinciam pro exercitu fiendo contra Spoletanos , super eo quod non obediverant mandatis apostolicis , secundum tenorem rescripti .... , et petebat etiam a d . n . remedia oportuna contra rebelles detinentes roccas Arronis . 10. fl. a. et 40 s. 248. apr. 27. Bertrando de S. Antonino cursori d . n. pp. , qui ibat ad Curiam , per quem ipse d. multas licteras misit , in quibus inter alia intimabat, qualiter Spoletani miserant ambasciatores, et qualiter dicebant se velle obedire et parere licteris apostolicis super decisione negotiorum . 5 lib. cort. 249. mag. 10. Narducio de Mevania , qui ibat ad Curiam R., per quem ipse d. misit multa instrumenta publica et multas licteras, quibus intimabat d. n. pp. , quomodo Spoletani incipiebant obedire, et quomodo siudicus comparuerat et juraverat mandata sue sanctitatis et E. ac dederat fideiussores , qui sindicus cum fideiussoribus per eum detinebantur constricti . 5 lib. cort. -- 250. Item , anno, tempore etc. et die decimo mensis maii, fecit solvi dictus d. Johannes Rector et Comissarius per manum Hu- 536 L. FUMI golini de Visso floren . infrascriptos , qui fecerunt destinari mag. Nicolao Celluli de Mevania priori in Curia R. , ut contra fratrem Mitum , olim abbatem et nunc monachum Monasterii sancti Eutichii de Nursia defenderet questionem , quam idem fr. Mitus moverat super Abbatia , qua fuerat privatus per ducalem Curiam , verumtamen, licet R. E. non modicum interesset defendere questionem, ne ille propter cuius presentiam verisimiliter tinebatur, ne monasterium predictum per eum orribiliter dissipatum totaliter destrueret, ac contratam illam circumquoque situatam, propter sua scelera deduceret in ruinam si optineret in questione, fuit provisum , ad parcendum expensis R. E. , ut infrascripti floreni solverentur per dictum Ugolinum, qui tenebatur pro dicto fratre Mito in duobus milibus libris per du calem Curiam exbannito prepter alias accusationes dudum factas coutra eum, que non tangunt questionem, quam dictus fr. Mitus habet in Curia , supradicti denarii non debent computari in introitibus , neque in expensis, ut patet occasionibus supradictis . 251. [c. 103] 1326, (mag. 17) mag. 22. Guillelmo de Podio Cervi , quem ad Curiam destinavit cum multis licteris et scripturis ac istrumentis publicis continentibus de obedientia facta per Com. Spoletan . super licteris apostolicis de decisione negotiorum Spoletano rum ac de electione duorum castrorum Comitatus Spoleti ac electione potestatuum in dictis castris pro E. R. , secundum formam dictarum licterarum, ac ad exponendum d. n. pp . et multis aliis d . d . Cardd . et prelatis viva voce supra premissis. 20 fl. a. 252. [c. 104] mag. 25. Mactheo de Perusio dicto Folli cursori d. n. pp . ad Curiam accedenti , per quem ipse d. misit multas licteras , in quibus intimabat d. n. pp . qualiter esset multum utile quod d . n . quicquid faceret seu disponeret de civitate Spoleti , castra Montis leonis et Montissancti et Sellani electa per ipsum d. Rectorem , secundum decisionem apostolicam factam in negotiis Spoletam , Camere R. E. et ducali Curie reservaret. 50 sol. cort. [N. 18 berrovieri capitano Ruffino Simonis de C. Bono » nel ducato a rag. di 1 flor. per essi e due per il Cap.]. 253. [ - c. 104 t. ] giug. 8. Fratri Francisco de Montefalcone, quos ipse fr. Franciscus, ultra denarios subi datos, assignavit se expendisse pro expensis utilibus et necessariis ipsius fr. Fr. et fr . Johannucii eius socii factis, dum steterunt in R. C. in servi- I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 537 tium S. R. E. et ducalis Curie , in eundo, stando, morando et reddeundo , ubi pro procurandis et promovendis Spoletanis negotiis ac multis et multis negotiis aliis ducalis Curie diu stetit, vid: a die XVII mensis maii an . d. m. j .xxj . usque in diem .xj. mens. junii an. dom. m. .j . xxv, qua rediit. 39 fl. a. 254. Udecto de Pugiolo , quem sub an. d. millesimo пj . xxшj . et die xxij mensis octubris ad Curiam destinavit cum processu sospensionis facte de clericis , qui violaverunt interdictum in Civit . Asisii et Spoleti promulgatum per d. n . pp . in publicis instrumentis requisitionis et protestationis per eum facte perusinis , ne eligerent Potestatem in Spoleto . 4 fl. a. 255. [ c. 105] lug. 13. Puczarello de Monticulo familiari d. Rectoris Marchie , qui apportavit quosdam licteras continentes, qualiter fideles E. fecerant conflictum de rebellibus, in quo fuerat captus Johannes Chelle de Nucerio ducalis Curie exbannitus et rebellis, pro quo Johanne exbannito habendo in fortiam Curie idem Rector in Marchia in ambasiatores et licteras destinavit. --- 25 sol. 256. [c 105 t. ] lug. 23. Mag. Bernardo de Tholosa , quem ad Curiam destinavit cum multis licteris, in quibus int'mabat d. n . pp . qualiter marescallus ducalis Curi e ceperat Castrum Spine cum grandi fortillitio , quod multo tempore fuerat rebelle et exbannitum, occasione receptationis exbannitorum et malorum hominum, et qualiter in ipso , dimissa custodia, una cum sindico speciale mandatum habente de submictendo castrum et personas R. E. ad totale dominium, quod reputatur singulariter ex causis multiciplibus fructuo sum . Item intimabat qualiter Johannes Chelle de Nucerio exbannitus R. E. erat captus per Tanum de Esio . Et qualiter ipse dominus miserat ambasiatam ad dictum Ta num et ad dom. Marchionem pro habendo ipsum, qui multa contra S. M. E. honorem in ducatu fuerat operatus. Item quomodo tenebat quatuor proditores de castro Sellani , quod castrum vigore ordinationis d . n . acceptaverat, qui voluerant ipsum castrum quibusdam tirampnis contra honorem E. submictere. 12 fl. a. 257. [c . 106] lugl. 30. In et pro questione, quam habet R. E. coram d. Ugolino abbate S. Petri de Perusio super fructibus Mon. S. Petri de Asisio , quem solverat dictus Johannes (Rector) d. Monacçato judici de Perusio , qui providit et consuluit in dicta questione etc. etc..... 258. [ c. 106 t . ] sett. 22. - Domino Guillelmo de Podio Cervi , 538 L. FUMI quem ad Curia m destinavit cum multis licteris ad d . n · P P in quibus intimabat, qualiter perusini pridie miserunt gentem equestrem in ducatu , ut offenderent et equitarent contra castra Montisfalconis , Trevii et Mevanie , quia in talia imposita per Com. Perusii hominibus de ducatu voluerant contribuire ; qualiter fecissent discursus et cavalcatas, nisi quod ad eos ambasiatam et licteras destinavit ; ec qualiter, propter metum .XXV. stipendiariorum, quos conduxerat ville Dignani et Sestri , districtus Cammereni , venerant ad mandata et compositionem solverant ; quare dicti stipendiarii fuerunt multum utiles et necessarii . 31 fl. a. - 259. [c. 107] B .. de Senis et . G ... de Perusio cursoribus d . n . pp .. per quos misit licteras d . n . in quibus intimabat qualiter Cola Herricuctii de Monteleone fuerat, suis exigentibus demeritis, suspensus, non obstante quod consanguinei ipsius, divites et nobiles, maximas voluerint solvere quantitates. — Item intimabat, qualiter fecerat exercitum congregari contra castrum Campelli , quod detinetur per Argentum de Spoleto rebellem S. M. E., et qualiter Massarii dicti castri venerant cum sindico et recoltis ad obediendum. 4 lib. d. cort. ----- 260. [c. 107] t . ] nov . 3. Appollonio de Jano ac Jacobucio de Spoleto .. in eundo stando et reddeundo Cammerin ad d. Epum Florentinum a p. Sedis nunctium super reformatione provincie Marchiane , ad quem eos misit super multis ac multis negotiis exponendis statum ducalis provincie etc. 8 lib. 15 sol . - - 45 sol. 261. nov. 4. Jacobello da Montecosulo cursori d . n. p p . eunti ad Curiam , cui tradidit plures licteras ... in quibus intimabat, et precipue, quomodo ad requisitionem Capitanei Patrimonii contra Narnen . rebelles E. destinaverat Bonifatium de Servallo cum .xxv. stipendiariis equitibus, quos ad stipendia R. E. retinebat. 262. [c . 108] nov. 9. Restituit predictus d . Rector michi Andree notario , quos solveram viro nobili Bonifatio de Servallo , quem misit in Patrimonio ad requisitionem d . Capitanei contra Narnien . rebelles S. M. E. et dicti Capitanei cum .XXV. stipendiariis militibus stantibus ad stipendia R. E. in ducatu , quorum ipse, qui vigesimus sextus erat, capud dicte gentis , ad tenendum eos sub vexillo S. R. E. pro soldo et stipendiis ipsius Bonifatii et trombecte .xxvj . dierum, quibus steterunt sibi et dicto trombecte constitutis et ordinatis, vid : pro persona sua cum uno I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 539 -- equo et uno famulo .xx. sol . , et pro persona trombecte cum uno ronzino decem sol . per diem. 39 lib . cort. 263. Appollonio de Jano , quos solverat et expenderat pro se et ronzino et pro vectura ronzini in quadam ambasiata per eum facta in Perusio prioribus perusinis et mulis aliis nobilibus et popularibus, super eo quod perusini miserant in ducatum certam gentem militum et eisdem mandaverant, expresse, quod facerent noxias cavalcatas contra Comunia Montis falconis , Mevanee et Trevii , quia nolebant ad talliam per eos impositam terris de ducatu contribuere ; et ad procurandum quod dicta gens revocaretur, et ad procurandum quod d . Petrus d. Venzoli de Perusio super facto Antignani contra Me vanates nullam faceret novitatem ; ubi stetit quinque diebus. 3 lib. 264. [ c . 108 t . ] - Russiolano de Mevania , quem misit Maceratam cum quibusdam licteris ad d . Marchionem , in quibus intimabat, quod si Argentus de Campello rebellis ducalis Curie , qui procurabat fratrem Simonem de Spoleto de ordine fratrum minorum ad Curiam destinare contra ducalem Curiam micteret ambasiatores ad dictum d. Marchionem pro licteris impetrandis ad Ministrum pro licentia optinenda ipsi fratri eundi ad Curiam quod placeret sue paternitati ipsas licteras non prebere, nec favores alios sibi dare tanquam rebelli . 31 sol. 2 den. 265. [ 109] nov. 24. Magistro Bernardo de Tholosa , quem ad Cur . destinavit cum quibusdam licteris presentandis d . n . pp . , in quibus intimabat, qualiter Roccha Acchanni fuerat assignata Com. Spoleti , nec non et qualiter requisiverat Co m . P erusii , ut sibi Johannem Chelle de Nucerio exbampnitum et rebellem R. E. , qui in fortiam ipsius Curie erat, deberet ducali Curie remictere puniendum, de quibus apparet pubblicum instrumentum , quod eidem d. destinavit. Item misit per eum d . n . pp . processus et sententiam habitos coutra Mutium de Asisio per Inquisitores heretice pravitatis. Item misit quasdam licteras , in quibus intimabat ac petebat sanctitati d . n . - quod providere dignaretur super negotiis Spoletan . suum beneplacitum, nam tot sunt honera debitorum, que in bonis rebellium petuntur per publica instrumenta, quod ipsa bona modicum valent ultra. 16 fl. a. -- - - 266. [ c. 109 t . ] dic. 9. Fr. Masseo de Fulgineo pro expensis per eum factis Perusium , quo iverat de mandato ipsius d. Rectoris , ad explorandum et sciendum a quibusdam fidelibus S. R. E. de licteris, quas receperant perusini de Curia continentes, qua- 540 L. FUMI . liter d . n . fuerat contra eos multum didignatus, super eo quod ipse d . n . senserat ipsos perusinos misisse hoc anno de mense sectembris Spoletum certam gentem equitum, et eisdem mandaverant expresse, quod facerent noxias novitates contra terras M o ntisfalconis et Mevanie et Trevii , occasione contributionis per eos non facte nec promisse in taliis soldatorum, quos retinent, et ad procurandum cum quibusdam singularibus E. fidelibus , ut ipsi perusini non possent scandalum generare in ducatu , nec ipsam provinciam ad rebellionem aliquam provocare, prout minati fuerunt in latenti , ex eo quod fuerant provocati contra officium ducatus et dicti d . Rectoris , quem asserebant predicta intimasse d . n . et sciendum veritatem de premissis . 24 sol. 267. [c . 110] Pro victura .v . dierum unius rouzini , quem duxit reverendus vir frater Franciscus inquisitor heretice pravitatis , quem misit Interampnem ad faciendum certas inquisitiones contra virun nephandum Berardum de Arrono , rebellem et exbannitum S. R. E. , de fautoria hereticorum et de multis aliis articulis ; et ad procurandum recuperationem Roccharum Arronis , quas dictus Berradus modo proditorio occupavit et occupatas detinet, rebelles E. in ibi receptando in turbationem status provincie. - 25 sol. cort. - 268. dic. 16. Johanni de Macerata cursori ad Curiam accedenti, per quem misit licteras d . n . pp . , in quibus intimabat, qualiter de castro Moutis Sancti Martini fuerunt hiis diebus fideles E. expulsi. - It . qualiter fideiussores Spoletanorum, quos dederant pro restituendis fructibus eisdem depositis recollectis et habitis ex possessionibus rebellium de Spoleto de anno dom. millesimo j . XXV coegit ac carceratos detinet non relassandos quo usque fatisfacerent. 4 lib. den. 269. --- [ c. 112 t . ] 1327, gen. 2. In nom. etc. Hic est liber ... expensarum in servitium et pro utilitate camere ducalis Curie per rev. virum d. Johannem de Amelio foroiulien. archidiaconum ducatus Spoletani in spiritualibus et temporalibus Rectorem pro S. R. E. generalem. 270. [ c. 113 t. ] gen. 12. Cole de Roccha , qui ibat. ad C. R. , per quem ipse d. misit plures licteras, in quibus intimabat d . n . pp., qualiter fuerat requisitus per Epum florentinum et per ambasiatores Rectoris Marchie de subsidio per eum prestando contra rebelles de Marchia , et qualiter ipse promiserat exibere subsidium centum militum et si contingat procedere I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 541 - - contra Fabrianenses mille peditum ad minus, et qualiter requisiverat terras ducatus pro dicto subsidio. 25 sol. cort. 271. feb. 13. Petro fabri cursori , qui ibat ad Curiam, per quem ipse d. misit plures licteras d . n . pp . , in quibus inter cetera intimabat de subsidio militum et peditum trasmissorum per eum in Marchiam contra rebelles de Marchi a ad requisitionem Epi . florentini et ambasiatorum d. Marchionis , et de fidelitate, quam ostendit populus ducatanus in trasmictendo extra ducatum dictam gentem. 272. Item. Qualiter superbia Nursinorum , suscepta beneficia non repensans, post compositionem per eos factam, rediit ad facinora consueta. - -- 1 fl . a. 273.feb. 23. Matheo de Perusio dicto Folli cursori d n . . pp . ituro ad Curiam cui tradidit multas licteras, quas ad Curiam destinabat, in quibus intimabat d . n . , qualiter sindicus et ambasiatores C. Nursie venerant ad eum et erant Fulgin . ad tractandum de venire ad mandata, et qualiter inceperant iam parere in aliquibus , que habeant facere cum aliquibus specialibus de ducatu et specialiter cum d. Francisco de Eugubio , qui tempore rebellionis alterius portans potestarie officium dicte terre cum omnibus suis officialibus ad mandatum ipsius d . Rectoris dictum officium dereliquid. 1. fl. a. 274. [c. 114. ] mar. 10. Petro de la Crosecta cursori , qui ibat ad Curiam , per quem misit licteras d . n . pp., in -- -- quibus intimabat quomodo Nursini eorum errorem nondum correserant, et quomodo eos faciebat assidue molestari, ut posset eos cum honore E. reducere ad mandata. 275. Item . Quomodo Perusini pridie in festo sancti Herculani ceperunt sindicum C. Spoleti et notarium, qui iverat cum eo ad presentandum palium, et hoc fecerunt propter protestationem per ipsum sindicum factam secundum formam licterarum apostolicarum , quos adhuc detinebant in carceribus mancipatos. 1 fl. a. 276. [c. 114 t . ] apr. 16. Mag. Bernardo de Tholosa , quem spetialiter ad Curiam intimabat qualiter, propter vulgarizatum adventum scismatici Bavari , fecerat die .xj . et .xij . huius mensis parlamentum, et induxit homines ducatus ad retinendum stipendiarios pro defensione provincie et terrarum. 277. Item , intimabat, qualiter Roccham Antignani districtus M evanie , que tenebatur per quosdam malandrinos positos per d. Petrum d. Venzoli de Perusio , occasione cuiusdam ho34 542 L. FUMI micidii conmissi per dictos malandrinos, fecit funditus devastari , eo quod in ibi fiebant multa mala. 12 fl. a. - 278. [c. 115] apr. 23. Frati Paulo de Fulgin eo , ordinis fratrum minorum, per quem misit plures licteras d . n . pp. in quibus intimabat, qualiter iuxta mandatum apostolicum fecerat parlamentum super conducendis stipendiariis militibus per homines de ducatu , ac ipsos homines sollicitaverat de custodia adhibenda ; et qualiter Spoletani promiserant .I . stipendiarios conducere, et Eugubini .c. , et Fulginates .1 . stipendiarios et .c. equites de cavallata, et Spellani , secundum quod eis iniunctum fuerit. 6 lib. 15 sol. 279. [ c . 116] an. 1327, giu. 6. - Jacomello de Cingulo et Mareucio de Esculo cursoribus d . n . pp . , accedentibus ad Curiam, per quos ipse d. Rector misit licteras d . n . pp . , in quibus intimabat, qualiter ad requisitionem d. Regis Roberti accesserat die .xxvj . maii ad Civitatem Aquile ad loquendum d. Johanni principi Acchay e super nonnullis negotiis tangentibus statum E. et honorem. 4 lib. den. 280. [c. 117] giu. 16. Fr. Guarducio de Fulgineo , de ordine fratrum heremitarum Sancti Augustini, qui ibat ad R. C. , per quem d . n . summo pontifici licteras destinavit continentes de statu ducalis provincie pacifico et de novitatibus, de quibus dubitatur -- presertim de quibus dubitabatur in circumvicinis partibus Rocche Arronis . 8 lib. 9 den. -- __ 281. [ c . 117 t. ] lugl . 15. Salvuro Andrioli de Gualdo Captanorum , quem misit usque Pisas cum multis literis per ipsum Salvurum per aliquem nunctium trasmictendis d . n . summo pontifici presentandis, continentibus inter alia de exercitu facto contra nursinos , hostes et rebelles E. S. M. , et de guasto facto per ipsum exercitum . lib . 3 et 10 sol. 282. lugl. 16. - Udecto de Puiolo , quas expenderat cum ivit in Marchiam Anconitanam ad d . Epum florentinum apost . Sedis legatum , ad exponendum eidem certa capitula contra relationes factas per ambasiatores per usinos super cavalcatis cominatis contra nonnullas conmunantias ducatus , nec non et multa etc. 7 lib. 8 sol. 283. [c. 118] agosto 10. ---- Russiolino de Mevania , quos expendiderat dum ivit cum duobus equis cum Epo Florentino quando ivit de Marchia in Tusciam et Lombardiam . 25 sol. cort. I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 543 284. sett. 20. D. Johanni socio d . comitis de Campania , qui ibat ad Curiam , per quem misit plures licteras et instrumenta d . n . pp . de publicatione et divulgatione processuum factorum contra Ludovicum de Bavaria , nec non in dictis licteris intimabat, qualiter fecerat exercitus contra terram Nursie et acceperat castrum Montis sancte Marie , ubi fuerant capti .xij . captivi, quos detinet in carceribus mancipatos, et qualiter provincie ducatana , per Dei gratiam, stat in pace, licet propter adventum Bavari in ea suspitio presentialiter maxima sit exorta. - 22 lib. sol. 10. 285. [ c . 118 t. ] dic. 1. Cum supradictus d. Johannes Rector haberet multa ac multa exponere d . n . pp . tam licteratore, quam oraculo vive vocis tangentia statum ducalis provincie et ducalis Curie , presertim quedam gesta, in Spoleto contra honorem et statum R. E. et decisionem d . n . pp . etc. , ideo volens ea intimare per personam ydoneam et fidelem, misit ad ipsum d . n . pp. cum ipsis licteris et ambaxiata Raymundum germanum Marescalli fidelem E. et devotum . 23 fl. 286. [ c. 119] dic. 18.. Udecto de Puiolo , quos expenderat in eundo ad d. Ducem Calabrie cum quadam ambaxiata pro parte ipsius d. Rectoris , vid : ad exponendum dicto d. Duci de intentione et voluntate ipsius d. Rectoris et hominum de du ca tu super multis licteris et ambasiatis ipsid Rectori per dictum d. Ducem trasmissis pro sussidio gentium armatorum equestrium et pedestrium in Tusciam mictendorum per ipsum d. Rectorem ad ipsum d. Ducem contra Bavarum , Dei et E. inimicum , in qua ambaxiata stetit etc. cum uno socio et duobus equis et tribus familis XV diebus 7 fl. a. [Somma delle spese di cinque quinterni di 44 carte (dalla 77 alla 120) 2737 flor . 19 lib . 4 sol . 2 den .] 287. [c . 122 ] an. 1328, dic. 28. In nom. etc. Hic est liber sive registrum expensarum factarum in servitium et pro utilitate camere ducalis Curie etc. 288. [ c. 123 t. ] gen. 10. - Petro de Cannario , quem ad Curiam destinavit cum multis licteris , in quibus intimabat d . n . pp . obedientiam factam per Curiam et homines terre Nursie. 40 sol. 12 fl. 289. [c . 124] mar. 11. - Jacobucio Bartholi de Spoleto cum ivit ad d. E p um Florentinum in Marchiam ad exponendum 544 L. FUMI sibi certa capitula super facto Nursie et ad habendum consilium in servitium E. 3. lib . 3 sol . et 4 den. 290. mar --- . 26. Fratri Nicolao de Monte Sancti Martini expensas per eum in quibusdam nunciis per ipsum fr . Nicolaum de regno Apulee missis ad ipsum d. Rectorem super quibusdam ambasiatis factis regi tangentibus negotium nursiuorum tunc rebellium et exbampnitorum ducalis Curie. — 6 lib . et 4 sol. 291. mar. 31. Manno de Tuderto ad Curiam accedenti, per quem misit licteras et instrumenta pubblica d . n . pp . super responsione facta d. Thesaurario de licteris continentibus ordinationem habitam super facto nursinorum , nec non et super quibusdam licteris aliis continentibus factum Petrutii Benadacti pro labore suo et ut citius redderet eas. 4 lib . et 30 den. - - 292. [c . 124 t . ] apr. 9. Ser Conte de Nursia ad R. C. accedenti , per quem misit plures licteras d . n . pp . , continentes qualiter Nursini contra Cassianos fideles E. multas fecerant novitates et qualiter inceperant recalcitrare. 4 lib. 2 sol. 6 den. 293. apr. 19. - - Petro de Cannario , quem ad Curiam destinavit cum multis licteris , quos mictebat d . n . pp . , in quibus inter cetera intimabat, qualiter nursini reinceperant calcitrare et qualiter multa pericula suscitabant contra honorem E. fecerintque plures novitates. 12 fl. 40 sol. 294. [c. 125] mag. 21. Salvuro Andrioli de Gualdo , quem misit ad terram Saxiferrati ad Ponzonum de Legio ad R. C. accessurum, cui misit per ipsum Salvurum plures licteras d . n . summo pontifici assignandos continentes novitates monstruosas factas in Urbe per Bavarum Dei et E. inimicum. 25 sol. [c. 126 t . ] 1328, mag. 22. -In nom. Hic est etc. 295. [ c. 127] mag. 27. D. Raymundo de Garrigia , quos expenderat in eundo stando et reddeundo Perusium ad d . Petrum Marini thesaurarium d . n. pp . super solvendo stipendia equitibus trasmissis per d. Legatum de Lombardia in regnum Apulee ; et ad conferendum cum eo super multis negotiis statum provincie tangentibus, et ad sciendum quando dicti equites erant de Perusio recessuri , ut deliberari possit si contra rebelles tunc in Nursia haberi possent pro aliquibus diebus. 48 sol. 296. giug. 13. - Caprano de Pomonte , quem misit Bononiam cum multis licteris , quos mictebat d . n . pp . , in quibus intima- I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 545 bat, qualiter rebelles Nursini hostiliter ad castrum Esigni districtus Cascie venientes , ipsum castrum devastarunt, et homines ibi inventos partem gladio iugulantes, reliquos carceribus manciparunt, nec non et intimabat de quadam novitate, que pridie accidit in Mevania, qualiter per Dei gratiam est sedata. 7 lib. cort. 297. [ c . 127 t . ] giug. 27. D. Buclerio ad Curia m accedenti , per quem misit quasdam licteras d . n . pp . , in quibus multa intimabat statum provincie tangentia, presertim novitates quasdam, quas habuerat de Urbe . 4 lib. 2 sol. 298. [c. 128] lug. 8. Nicolao de Senis et Bonfiglolo cursoribus d . n . pp . ad Curi a m accedentibus , per quos misit licteras d . n . pp . continentes qualiter frater Petrus de Causceda Cature. dioc. , qui multa verba heretica protulerat ac plura dicebat contra ipsum d . n . pp . erat ducalis Curie carceribus mancipatus . - 7 lib . et 10 sol. - 299.lug. 13. Narducio de Mevania ad Curi a m accedenti , per quem misit plures licteras, in quibus intimabat d . n . pp . qualiter Ugolinucius de Baschis Capitaneus Jj.c equitum stantium in Viterbio venerat cum .XXV. equitibus apud Meccanellum in comitatu Tuderti , ubi cum potestate Tuderti , vicario Bavari et multis nobilibus de Tuderto fecerat secretum parlamentum. 3 lib . et 15 sol. 300. [ c . 528 t . ] agos. 5. - Arnaldo de Monserrato , quem ad Curiam cum multis licteris ad d . n . summum pontificem destinavit, in quibus intimabat qualiter receperat quasdam apostolicas lieteras de captione fratris Jacobi de Campis , ordinis fratrum mm. , nec non et quasdam licteras alias super facto tallie , sive unionis fiende per homines de ducatu , ac de auxilio per eum prestando d. capitaneo et aliis officialibus Patrimonii . 10 fl. a. --- 301. agos. 14. Felli et Uguicçono de Perusio cursoribus d . n . pp . euntibus ad Curiam , per quos misit plures licteras, in quibus intimabat, inter alia, quomodo, ex eo quod dampnatus Bavarus , cum tota gente eius, reliquid Urbem , que modo per fideles E. dominatur, du calis provincia erat solito securior , ut credebam. 3 lib. et 15 sol. 302. [c. 129] ag. 29. Petro de Cannario , quem cum multis licteris ad Curiam destinavit, in quibus intimabat d . n . pp . de cavalcata facta in ducatu per gentem Bavari de Tuderto , et de parlamento per eum facto in civitate Fulginei . 12 fl. a. et 41 sol. 546 L. FUMI - 303. sett. 15. Angeluctio magistri Pauli de Spoleto ad Curiam accedenti, per quem misit plures licteras d . n . s . p . presentandas, in quibus intimabat statum ducalis provincie et specialiter de suspitionibus exortis in ipsa provincia de adventu Bavari in Tuderto , quem Angelictum fecerat pluribus. diebus expectare. 3 lib. et 15 sol. 304. ott. 10. — D. Raymundo de Garrigia , quem ad Curiam destinavit cum multis licteris et instrumentis publicis factis super publicatione processuum factorum contra fratrem Michaelem de Cesena , nec non et cum aliis licteris, in quibus intimabat d . n . pp . qualiter Nursini rebelles venerant ad mandata , et etiam Cerretani rebelles . 25 fl. a. - 305. [ c. 130 ] ott. 30. Petro de Cannario , quem ad Curiam destinavit cum multis licteris et scripturis, in quibus intimabat d . n . pp . de novitate, que fuerat ordinata fieri in Spoleto per Argentum de Campello et Angelellum de Perusio et alios eorum complices et sequaces. 12 fl. a. et 41 sol. 306. nov. 9. - Bonifatio de Servallo , quem misit ad d. A bbatem Sancti Petri de Perusio , ad conferendum cum eo de traslatione fienda de thesauro R. E. existenti in Asisio , secundum tenorem licterarum d . n . pp . ipsis dd . Rectori et d. Abbati trasmissarum. -40 sol. 307. nov. 17 Dompno Bartholo , quem misit Perusium ad dictum d. Abbatem una cum Jacobucio de Spoleto dicta de causa. 40 sold. 308. dic 3. -- Aymerico de Savignaco , quem miserat ad priores Spoletanos , ut costringere deberent Argentum de Campello , qui erat in rebellione du calis Curie ad faciendum obdientiam E. et mandata. 25 sol. 309. dic. 14. Cerretano , quem ad Curiam destinavit cum multis licteris , in quibus intimavit novitatem factam per terremotum in terra Nursie et terris nonnullis aliis de Montanea 12 fl. a. 41 sol . 310. - [ c. 133] 1329. dic. 26. In nom. etc. Dic. 26. - Jacobuccio de Spoleto , quem misit in M a rchiam ad d. Rectorem et d. Thesaurarium Marchie ac d. Epum Florentinum super nonnullis negotiis exponendis statum provincie ducatus et officii tangentibus, et ad habendum consilium cum eis et petendum subsidium ab eis contra Nursinos tunc rebelles. 10 lib. et 17 sol. I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 547 - . 311. [c. 133 t. ] gen. 4. - Petro de Cannario , quem ad Curiam destinavit cum multis licteris assignandis d . n pp ., in quibus intimabat de executione facta per ducalem Curiam de fratre Petro Gladi de Causada heretico, nec non et quomodo constituerat Capitaneum de Montanead Bonafontium de Biron , et intimabat de novitate facta contra c'astrum Sancti Gemini. 12 fl. a. et 41 sol. -- -- 312. gen. 18. Tremuto de Spoleto ad Curiam accedenti, per quem misit licteras d . n . pp . , in quibus intimabat novitatem nuper factam et tractatam per Narniens. cum nonnullis perusinis et Fulginatis contra Castrum SanctiGemini. - 46 sol. 313. [c . 134] feb. 9. - Dompno Paulo de Cammereno ad Curiam accedenti , per quem scripsit d . n . pp . qualiter fuerat requisitas per d. Rectorem Marchie quod eidem provideret de subsidio militari . ―― 41 sol. 314. apr. 28. — Johannect o ultramontano, per quem misit licteras d. n. pp. que sibi dirigebantur pro parte ipsius et d. Abbatis Sancti Petri de Perusio super traslatione fieuda de thesauro E. existente in Asisio Perusium quomodo non poterat fieri . --- 3 lib. 16 sol. 8 den. 315. [ c . 136] 1329, lug 10. [c . 136 t. ] lug. 20 - Lello Musioli de Spello ad Curiam accedendi , per quem misit plures licteras d . n pp . , in quibus intimabat qualiter miserat in Marchiam unam banderiam stipendiariorum contra rebelles de Marchia ad requisitionem d. Rectoris Marchie. 3 lib. 4 sol. • 316. ag. 17. Augustino de Spoleto ad Curiam accedenti, per quem misit lieteras d . n . assignandas, in quibus intimabat, quomodo recessit assignationem factam per sindicum Com . Nursie de Podio Vallis . - 25 den. 317.ag. 22. Caprario de Pomonte pro expensis per eum factis vigintiocto famulis de Monte Sancti Martini , qui steterant ad custodiam turris Collisiri R. E. de Vayta Abbatie Sancti Eutitii tribus diebus. - 12 lib . 18 sol. 318. [c . 137] Eodem die ... xx famulis de Monte Sancti Martini , qui venerant in servitium R. E. cum ipso domino a Castro Montis Sancti Martini usque ad Monasterium Sancti Eutitii . 39 sol. 2 den. 319. ott. 5. Casaleto , quem misit Pisas cum quibusdam licteris assignandis D. Aymerico et Udecto de Piuolo ad Curiam 548 L. FUMI accedentibus, quas mictebat d . n . pp. , in quibus intimabat de Bactifolle facto per Spoletanos contra rebelles E. Rocchas Arronis tenentes et certas alias novitates. - 4 lib. 320. [ c. 137 t . ] nov. 9. — Provenzano , quem usque Se n as ad Jacobucium de Castrolitaldi , qui ibat ad Curiam , cum quibusdam licteris destinavit deferendis d . n . pp . et aliis de Curia , in quibus intimabat conflictum factum de rebellibus E. transeuntibus per ducatum in territorio Me va natum . - 3 lib. 321. dic. 2. Petrucio de Marchia cursori ad Curiam accedenti, per quem misit plures licteras d . n . pp . continentes suspitionem nuper exortam in Tuder to et quomodo fuerat sedata - 57 sol. 322. [c . 138] dic. 22. Petro de Cannario , quem ad Curiam destinavit cum multis processibus et instrumentis publicis factis contra Com. Nursie , nec non et licteris, in quibus intimabat, qualiter Nursini detinent carceribus mancipatum Aymericum de Savignaco cum .vij . sociis , qui iverant ad Castrum Campelli ( ? ) pro aliquibus executionibus faciendis . 12 fl. et 42 sol . - 323. [c. 139 t . ] 1330, gen. 4. - - 3 lib. - - Jacobucio de Roccha , quem destinavit Pisa s cum quibusdam licteris ad Curiam deferendis, in quibus intimabat d . n . pp . de novitate nuper exorta in terra Spelli et qualiter erat sedata. 324. [c. 140] gen 8. - Jacobello de Monte cosulo cursori d . n . pp. ad Curiam accedenti , per quem misit plures licteras d . n . , in quibus intimabat compositionem factam per Asisinates , et nonnulla alia tangentia factum rebellium Nursinorum. 4 lib. 325. gen . 22. Surdo de Fulgineo ad Curiam accedenti , per quem misit licteras assignandas d . n pp . , continentes quomodo adhuc Nursini erant in rebellione, et multa alia super dicto negotio, nec non et quomodo habitis quibusdam licteris a d. Epo Florentino et fratre Guillino Dulani Apostolice Sedis nunctiis , quod Civitas Asisii erat per infideles et rebelles E. occupanda adhibuit circa custodiam terre remedia oportuna. 50 sol. - 549 SU ALCUNI RAPPORTI FRA PERUGIA E SPOLETO NEL SECOLO XIV I documenti che qui sotto pubblichiamo si riferiscono ai primi venticinque anni del secolo XIV, durante i quali Spoleto fu contristata da fiere lotte civili, e i rapporti fra questa città dove i ghibellini erano più che potenti, e Perugia nella quale la parte guelfa quasi sempre ebbe il predominio, furono pur troppo ispirati a quelle ire partigiane tanto funeste alla nostra patria. Qualora si rifletta che nel 1155 la ricca e popolosa Spoleto fu da Federico Barbarossa senza pietà saccheggiata e che solo trent' anni dopo, il 27 settembre 1185, lo stesso Federico accoglieva nella sua grazia gli Spoletini a ciò indotto dalla loro manifesta devozione ( 1 ) , vien fatto di considerare da quante e quanto varie cagioni gli uomini sieno con grandissima facilità indotti a cangiare, specialmente nelle cose della politica, consiglio, e di pensare come la parte ghibellina avesse fin dal secolo XII cominciato ad acquistare nella città di Spoleto la potenza, di cui nei primordî del XIV ebbe a dare non dubbia testimonianza. Vero è che quando nel 1305 per il trasferimento della sede pontificia in Avignone quella potenza rifiori, i guelfi e i ghibellini, come giustamente osserva l'illustre storico di (1 ) A. SANSI, Storia di Spoleto, Documenti inediti. Foligno, P. Sgariglia, 1879. Doc. V, pag. 205. 550 V. ANSIDEI Spoleto Achille Sansi, non eran più << due parti pugnanti per la Chiesa e per l'Impero, ancorchè ne facessero vista » ma bensi << due fazioni disputantisi rabbiosamente il comando e il soddisfacimento di basse cupidigie » ( 1) . E le due fazioni acerbamente lottarono fra loro dal 1305, quando i ghibellini di Spoleto capitanati da Abrunamonte da Chiavano cacciarono dalla città i guelfi, che si rifugiarono a Trevi e mandarono per soccorsi ad Orvieto, a Perugia e a Siena ( 2) , sino al 1314, allorchè in Perugia si stipulò un accordo fra i guelfi e i ghibellini di Spoleto (3) : alle lotte non fu estraneo il Comune di Perugia e nella cronaca del Graziani (4) si legge che « adi 20 de aprile, in questo mil lesimo [ 1314] se fece la pace fra el comuno de Peroscia et el comuno de Spolete in questo modo, cioè : che in Peroscia venne lo scienteco de quilli dentro de Spolete con 16 imbasciatori insieme con lo scienteco de gli usciti ; et fecese la dicta pace a piei del campanile de San Lorenzo, con grande solemnitade et amore : et li scientichi de l'una e l'altra parte se basciarono in bocca et li fuoro fatti tutti li patti, li quali appareno scripte nella camera del nostro Comuno per contracto facto per mano de ser Cellolo de P. S. Susanna della parrocchia de Sancto Gregorio » . Lo schema di questo accordo (5) è il primo dei documenti che pubblichiamo, vuoi perchè esso ha una singolare importanza, vuoi perchè a chiunque imprenda a considerare un periodo storico funestato da tanti contrasti fraterni, è di ( 1 ) A. SANSI, Storia del Comune di Spoleto. Foligno, P. Sgariglia , 1879. Parte prima, pag. 174. (2) A. SANSI, id. pag. 174. ( 3) A. SANSI, id. pag. 187. (4) Archivio Storico Italiano ; tomo XVI, parte prima, pag. 83. (5) A noi non è riuscito di trovare il trattato , che ai tempi del cronista doveva esistere nell' Archivio del Comune : esso non è fra le pergamene che in questo si conservano, e malauguratamente nelle riformanze del 1314 hanno a lamentarsi parecchie lacune ; così dal 3 aprile si passa al 3 luglio di detto anno, ed è appunto il 20 aprile la data della pace. SU ALCUNI RAPPORTI FRA PERUGIA E SPOLETO 531 conforto il soffermarsi di preferenza su avvenimenti, dai quali spiri un po' di pace e d'amore. Perugia molto si adoperò perchè il trattato si stipulasse, e sembra possa affermarsi che la sua azione, se in parte fu ispirata dall' intendimento di acquistare una certa influenza sulle cose spoletine e dal desiderio di menar vanto anche con ostentazione dell'officio di arbitra, non fu mossa dal proposito di affermare il suo dominio su Spoleto, e più che da altro fu guidata dall' amore di quiete e di concordia. In fatti negli Annali Decemvirali del 1314 sotto il giorno 3 di febbraio si legge che all' adunanza dei Priori e dei Camerlenghi delle arti della città di Perugia furono presentate le risposte fatte « per sapientes Civitatis Perusij super articulis delatis per ambaxiatores intrinsecorum de Spoleto » . Una di tali risposte è del seguente tenore : « Super articulo dominationis et custodie civitatis Spoleti videtur Perusinis fratribus et amicis Spoletanorum quod non sit honestum nec congruum quod petatur et videtur inegualitas et via dominij erga vicinos et fratres suos petere et videretur congruum quando placeret eisdem dominis de Spoleto si fidam et tutam pacem volunt habere per Comune Perusij quod de ipso Comuni tamquam de antiquo sotio et amico vero et non ficto et qui ipsos diligit in Comuni non in singulari nec per viam partialitatis intrinseci et extrinseci confidant et quod cum sit discordia circa electionem Rectoris ipsius terre ad evitan dum circuitum Comune Perusij tanquam amicus possit ipsi Comuni providere de rectore uno vel pluribus sicut placuerit Comuni Spoleti de numero et custodiam habeat ipse Re ctor civitatis et comitatus » . Alla fine di queste risposte, che nella ricordata adunanza furono unanimemente approvate, si legge : « Ceterum sciant domini Spoletani quod Perusini dederunt et dare intendunt omne studium ad reintegrationem et pacem solidam et firmam et comunem civitatis Spoleti et ab hiis non desistere quousque fiant cum Dei 552 V. ANSIDEI et Romane Ecclesie auxilio et turbantibus pro posse resistere » . Ma pur troppo la concordia, ancorché i due partiti vi fossero devenuti con tanta solennità e tanto apparente entusiasmo, durò solo pochi anni : nel 1319 i ghibellini di Spoleto, a ciò incoraggiati da Federico di Montefeltro, cominciarono a rialzare la testa, e sostenuti dai soccorsi inviati loro dal Montefeltro medesimo decretarono, dice il Sansi, « la riforma della città a parte ghibellina e l'espulsione dei guelfi ( 1 ). Per molti di questi e per le loro donne e i loro figliuoli cominciò allora quella durissima prigionia nella torre degli Anselmi che soltanto ebbe termine dopo più di due anni, quando, data la torre stessa alle fiamme dai ghibellini inferociti, quasi tutti quelli che vi eran racchiusi miseramente perirono e solo un centinaio di prigionieri riuscì, con audacia frutto della disperazione, a porsi in salvo. I guelfi ricorsero al Comune di Perugia, e questo che, come abbiamo veduto, aveva fatto il fermo proponimento di resistere « pro posse » ai turbatori della pace, subito scese in campo ad aiutare i guelfi e iniziò contro Spoleto la guerra che continuò per circa quattro anni ed ebbe termine coi patti, a Spoleto assai duri, del 22 aprile 1324 (2). Il secondo documento, che diamo alle stampe, porta una data di poco anteriore a questa, essendo del 23 settembre 1323. Esso si riferisce alle trattative fra il Comune di Perugia, il vicerettore del Ducato di Spoleto e il nunzio del Papa circa la pacificazione di questa città, ed è notevole perchè su quelle trattative non poterono non influire l'incendio della torre e le altre scelleratezze commesse dai ghibellini, le quali « in tempi poco umani parvero crudeli » (63) , ed (1) A. SANSI, St. del Comune di Spoleto, parte prima, pag. 190. (2) Archivio Storico Italiano, serie V, tomo XIII, dispensa 1ª del 1894, pagi- ne 98 e seg. (3) A. SANSI, St. del C. di Spoleto, pag. 193. SU ALCUNI RAPPORTI FRA PERUGIA E SPOLETO 553 anche perchè alle trattative stesse tenne dietro, come si è detto, dopo breve tempo la pace. Certo i capitoli di questa non hanno con quelli proposti il 23 settembre 1323 relazione alcuna, e tutto fa credere che gli accordi iniziati fra il Comune di Perugia da una parte e il vicerettore del Ducato e il nunzio pontificio dall' altra non abbiano sortito alcun effetto. Ed in vero l'8 ottobre 1323 i Priori di Perugia elessero Sciarra di Ciardolo di Benvenuto e Micheluccio di Giovannello de' Michelotti, perchè andassero a Montefalco come ambasciatori « ad supplicandum ... supradictos dominos vicerecthorem et legatum quod eis placeat Perusium venire ad conferendum simul cum prioribus artium de facto ..... articulorum pacis » . • I Priori pregavano il vicerettore ed il legato a recarsi in Perugia, perchè questi, i quali prima eran concordi in ordine agli articoli e ai capitoli della pace da stipularsi fra il Comune di Perugia e gl' intrinseci di Spoleto, avevano in seguito mutato avviso. « Modo ( così è scritto nel vol. degli Annali Decemvirali segnato D a c. 262 t. ) predicti domini vicerecthor et legatus super dictis capitulis et articulis tractatus pacis multa varia et diversa replicant et in scriptis dictis dominis prioribus per ambaxiatores ipsorum dominorum vicerecthoris et legati exibuerunt » . La prova più sicura che le convenzioni fra il vicerettore e il nunzio papale da un canto e il Comune di Perugia dall'altro a nulla approdarono si trae dalla Bolla che Giovanni XXII diresse da Avignone al Potestà, al Capitano, ai Priori, al Consiglio e al Comune di Perugia il 17 giugno 1324. In questa Bolla il Papa, dopo avere rammentato la promessa di aiuti fatta dal Comune di Perugia a Giovanni « de Amelio » rettore del Ducato Spoletano e a Falcone « de Sistarico » dell' ordine de' Predicatori nunzio della Sede Apostolica, e dopo avere ricordato che il 9 aprile 1324 « Spoletani intrinseci in manibus nobilis viri quondam Poncelli de filiis Ursi ...... civitatem spoletanam reddiderunt et per suum sindicum solemniter ordi- ___ 554 V. ANSIDEI natum observare mandata Ecclesie ac dicti Poncelli ipsius Ecclesie nomine recipientis sub vexillo eiusdem Ecclesie pure et simpliciter juraverunt dictamque civitatem in eiusdem Poncelli nomine Ecclesie recipientis predicte manibus posuerunt » , accenna all'invio fatto dai Perugini (dopo la partenza di Poncello infermo da Spoleto) del loro concittadino Vinciolo a potestà di questa città e si lamenta che i Perugini stessi abbiano di loro arbitrio e con offesa dei diritti della Sede Apostolica sottomessa Spoleto ( 1 ) . La pubblicazione quindi di questo documento pone in evidenza quali erano gl' intendimenti della Chiesa sui modi migliori coi quali pacificare ed assoggettarsi nel tempo stesso Spoleto e, dando modo di raffrontare questi intendimenti con quelli che Perugia in chiara maniera manifestò nei patti del 22 aprile 1324, facilmente prova che Perugia, con tutto il suo guelfismo, tutelava ognora ed anche contro le pretese del Papato i propri interessi. Inoltre la pubblicazione in parola ci offre modo di rettificare un errore, nel quale è incorso lo storico perugino Pompeo Pellini ; egli del resto è quasi sempre ammirevole per la scrupolosa esattezza, e la sua opera (uno di quei grandi lavori nei quali è inevitabile qualche lieve menda) sarà sempre la fonte copiosa e pura, a cui dovrà attingere chiunque imprenda a studiare la storia di Perugia. L'errore che sulla fede del Pellini hanno ripetuto il Sansi ed il Bonazzi (2 ) , consiste nell' avere attribuito alle convenzioni proposte dal vicerettore del Ducato e dal nunzio pontificio ai Perugini la data del 1306 anzichè la vera del 1323. Le molte lacune, che si lamentano nei più antichi volumi degli Annali Decemvirali e il poco ordine, col quale questi volumi medesimi furono rilegati, trassero in inganno il diligente storico (1) Bolle e Brevi in Arch. Xvir. del Comune di Perugia B. 53. (2) PELLINI, Historia di Perugia, parte prima, libro quinto , pag. 346 ; SANSI, Storia di Spoleto, parte prima, pag. 176 ; BONAZZI, Storia di Perugia, vol. I , cap. VII, pag. 383. SU ALCUNI RAPPORTI FRA PERUGIA E SPOLETO 555 » perugino : egli credette che dell' anno 1323 si conservassero solo le riformanze che dal 1 ° gennaio vanno al 13 gennaio e dal 18 maggio (salvo la mancanza di pochi giorni) alla fine di giugno ; così che, dopo aver registrato i pochi avvenimenti di questo breve lasso di tempo, ebbe a manifestare il suo « grandissimo dispiacere per la mancanza delle scritture pubbliche non solo dell' anno 1323, ma anche di molti altri ( 1 ) . Il dispiacere del Pellini sarebbe stato meno grande, se egli si fosse accorto che non pochi atti del ricordato anno 1323 sono nel volume miscellaneo degli Annali segnato D, e precisamente da c. 246 r. a c. 294 t. , e comprendono le deliberazioni dei vari consigli del Comune dal 28 marzo al 30 aprile, dal 23 al 30 settembre e dal 1 ' al 26 ottobre 1323. Coordinando le riformanze raccolte nel vol. degli Annali 1322-23 e quelle sopra rammentate, che contengonsi nel cod. frammentario D, si giunge ad acquistare la convinzione che esatte sono le riferite date ; inoltre a c. 246 r. del vol. D, nel primo atto di questo codice che vada attribuito all'anno 1323, si legge il nome di Razante de' Foraboschi da Firenze Potestà e Capitano della città di Perugia, e da altri documenti dell' Archivio Decemvirale risulta che il Foraboschi ricopriva tali uffici in Perugia appunto in detto anno (2). A farci acquistare maggiore certezza sulla data delle riformanze che leggonsi da c. 246 r. a c. 294 t. del vol. D è opportuno un mandato di pagamento del 5 ottobre, che si ha a c. 289 t. del codice stesso e col quale si ordinava al massaro del Comune di pagare a titolo di salario cento soldi di denari ad un Pietro « Deodati » che nel novembre 1322 era stato per un anno eletto custode « ad portam Scalelle >> e che, quando fu emesso il mandato, era sul punto di terminare l'officio suo . L'esame stesso del documento che pubblichiamo porta (1 ) PELLINI, Historia di Perugia, parte prima, libro sesto , pag. 466. (2) Annali Xvir. nell' Archivio del Comune di Perugia, vol. 1322-23, c . 216 r. 556 V. ANSIDEI a concludere che esso è veramente del 23 settembre 1323 e non del 1306. Abbiamo veduto nella Bolla di Giovanni XXII del 17 giugno 1324 che il Pontefice si lamenta, come di non lontano avvenimento, della mancata fede dei Perugini agli impegni assunti col rettore del Ducato Spoletano e col nunzio della Sede Apostolica ; di questi impegni è memoria nell' atto che ora si stampa, come del pericolante accordo è traccia nella missione affidata dai Priori di Perugia l'8 ottobre 1323 a Sciarra di Ciardolo di Benvenuto e a Micheluccio di Giovannello de' Michelotti, missione di cui sopra abbiamo fatto ricordo . Fra le proposte presentate dal vicerettore del Ducato e dal nunzio vi è quella che siano confinati fuori della città e del distretto di Perugia venticinque cittadini di Spoleto, ai quali si dà il nome di tiranni, e Giovanni XXII nella menzionata Bolla muove rimprovero ai Perugini perchè Vinciolo, mandato da loro Potestà a Spoleto «< in manu valida reduxit extrinsecos Spoletanos et multos de intrinsecis non tirannos vel potentes extra misit » . Chiara e palese è l'analogia fra i due documenti e non deve recare meraviglia che coll' appellativo di tiranni sien definiti i fieri capi de' ghibellini, che per lungo tempo avean tenuto i guelfi prigionieri nella torre degli Anselmi e che alla fine ve li avean fatti crudelmente morire. Da ultimo la prova irrefutabile che l'atto che pubblichiamo non è del 1306 si ha nelle parole che vi si leggono in principio: « in honorem sanctissimi Patris domini Johannis divina providentia sancte romane Ecclesie summi Pontifficis » nel 1306 era Papa Clemente V, e Giovanni XXII fu eletto Pontefice il 7 agosto 1316. Il Pellini fu tratto forse in inganno dall' essere gli atti del 1323 nel cod. D degli Annali posti subito dopo alcuni altri del 1306, dalla circostanza che come questi col marzo finiscono così i primi col marzo incominciano e dal fatto che nelle intestazioni delle riformanze del 1323 questo anno non è mai SU ALCUNI RAPPORTI FRA PERUGIA E SPOLETO 557 esplicitamente indicato. La conseguenza dell' equivoco è stata che molti avvenimenti sono nella storia del Pellini notati sotto l'anno 1306, i quali invece devono riferirsi a dieciassette anni dopo : segnaleremo tutte le deliberazioni adottate dal Comune di Perugia per la guerra, fra le quali merita speciale menzione la nomina di Ferrantino de' Malatesta da Rimini e di Guido di Petrella a capitani generali de' Perugini ( 1 ) ; e degni di ricordo son pure l'invio di Vinciolo Novello, Filippo di Guido e Michele di Simone ambasciatori a Città di Castello « propter concordiam intrinsecorum et extrinsecorum Castelli procurandam (2), la elezione di Oddo di Braccio da Montone a potestà del castello di Monte Migiano da breve tempo soggetto al Comune di Perugia (3), la sommissione a questo dei castelli di Primano (4) e di Cerreto (5), e i provvedimenti adottati « propter novitates Castelli nuper occupate (sic) per Aretinos et alios gebellinos » . » Il 21 ottobre 1323 in Perugia la generale adunanza dei consoli della Mercanzia, degli uditori del Cambio, dei camerlenghi e dei rettori dell' arte dei calzolari e delle altre arti, in seguito a viva preghiera dei capitani di parte guelfa e di tutta questa parte, deliberò che a motivo degli avvenimenti di Città di Castello e della guerra di Spoleto per i due mesi di novembre e decembre fossero eletti a priori « boni fideles et legales homines atque gelfi amatoresque Comunis pag. 341. (1 ) Ann. Xvir. D, cc . 232 t . e 263 r. , ottobre 9 ; e PELLINI, parte prima, libro quinto , (2) Ann. Xvir. D, c . 259 t. , aprile 26 ; e PELLINI, parte prima, libro quinto , pag. 344. (3) Ann. Xvir. D, c . 262 r. , ottobre 8 ; e PELLINI, parte prima, libro quinto , pag. 344. L'atto di sommissione del castello di Monte Migiano porta la data dell'8 ottobre 1323. V. Ann. Xvir. D, c. 293 t. (4) Ann. Xvir. D, c. 269 r. , ottobre 12 ; e PELLINI, parte prima, libro quinto, pag. 345. (5) Ann. Xvir. D, c . 285 r. , settembre 29 ; PELLINI, parte prima, libro quinto, pagg. 345 e 346 ; e SANSI, Storia di Spoleto, parte prima, pagg. 175 e 193. Il Sansi afferma che i ghibellini di Spoleto perdettero Cerreto così nella prima come nella seconda guerra da loro sostenuta contro Perugia, ed in ciò si ha nuova testimonianza dell'equivoco del Pellini. 35 558 V. ANSIDEI et populi perusini et paciffici status dicti Comunis » , che non fossero nominati secondo il solito dai rettori, ma bensì lo fossero dagli stessi priori, che gli eletti potessero esser costretti dal potestà e dal capitano all'accettazione dell' officio e che, nel caso essi rifiutassero, tutti i beni loro passassero per confisca al Comune. La stessa adunanza decise che Perugia a mezzo di suoi rappresentanti prendesse parte al convegno, che doveva in breve tenersi a Firenze, degli ambasciatori di Firenze stessa, di Siena, di Gubbio e di altri Comuni e signori guelfi, e nel quale doveva trattarsi « de recuperatione Civitatis Castelli et de hiis que pertineant ad honorem et exaltationem partis gelfe et destructionem et periculum emulorum » (1) . Le medesime circostanze accennate sopra (poichè alcune riformagioni del 1326 seguono immediatamente quelle del 1323 senza indicazione di data) hanno tratto il Pellini ad attribuire all'anno 1306 avvenimenti verificatisi invece nel 1326, e fra questi è notevole tutto quanto si riferisce alla guerra con Città di Castello . Vero è che al nostro storico non è sfuggita la irregolarità cronologica del vol. D degli Annali ; egli ha notato il fatto che a questo libro publico Diversorum annorum » mancano molti quinterni e, dolendosi « della negligenza usata da quei notari delle riformationi, che hanno mancato in molte cose et particolarmente in lasciare la notizia de gli anni et de' tempi, cosa importantissima a chi scrive » , si è scusato presso i let- « ( 1 ) Ann. Xvir. D, c. 275 t. e 276 r.; e PELLINI, parte prima, libro quinto, pag. 345. I guelfi « amici et amatores Comunis et populi Perusij » erano stati espulsi da Città di Castello per opera dei ghibellini poco prima del 3 ottobre 1323. Vedi negli Annali Decemvirali D, c. 288 t . i provvedimenti adottati in detto giorno dai priori per la difesa di Perugia. Il CAPPONI nella Storia della Repubblica di Firenze (libro terzo, capitolo primo, pag. 165) così scrive : « Castruccio ogni di più raccoglieva intorno a se le maggiori forze ghibelline ; mentre Firenze dall'altro lato si muniva d'amistà collegandosi e soccorrendo, qualora i casi ciò richiedessero, le città guelfe della Toscana, e Orvieto e Perugia etrusche e guelfe, ed in ogni tempo consorti e amiche a ' Fiorentini ; e quelle pure della Romagna »>. SU ALCUNI RAPPORTI FRA PERUGIA E SPOLETO 559 tori della poca chiarezza a cui è stato costretto ( 1 ) : però, anzichè i poveri notari, potrebbero forse accusarsi i poco diligenti ed intelligenti custodi dell' archivio del Comune, qualora, ad esser giusti, la causa delle deplorevoli lacune non voglia ricercarsi più opportunamente nelle inevitabili ingiurie del tempo e nei vari e spesso tumultuosi eventi che nel lungo volger degli anni si succedettero. Anche i due documenti che pubblichiamo richiamano il nostro pensiero ad epoche di fieri contrasti fra città e città e fra uomini nati e cresciuti entro le stesse mura ; però tali dolorosi ricordi, mentre ci dimostrano quanto amari sieno i frutti delle civili dissensioni, c' inducono a compiacerci che a queste sieno ora succeduti vivi sentimenti di affetto fraterno e che Perugia e Spoleto sieno oggi strettamente e perennemente legate fra loro e alle altre città italiane da quei vincoli di amicizia e di fratellanza invocati a proposito della solenne si, ma poco durevole pace del 1314. V. ANSIDEI. (1) V. Ann. Xvir. D, cc. 295 e seg. , dove si hanno le riformanze dall' 11 decembre 1326 ; e PELLINI, parte prima, libro quinto, pagg. 347 e seg. 560 V. ANSIDEI I. Capitoli della pace fra i Ghibellini e i Guelfi di Spoleto proposti ed approvati il 22 febbraio 1314 nell'adunanza dei Priori e dei Sapienti della Città di Perugia. — Arch. Com. di Perugia, Annali Decemvirali, ad an. c. 280 t. In nomine Domini amen. In primis quod intrinseci de Spoleto ob reverentiam Sancte Romane Ecclesie et ob amorem gratiam et reverentiam domini Ducis et Comunis et populi Perusij recipient et remictent in Civitate Spoleti omnes extrinsecos cives comitatenses et districtuales rebelles et quod eos eximent et extrahent de omnibus bannis et condempnationibus quas et que incurrissent Comuni Spoleti quacumque de causa et excessu a tempore quo ipsi extrinseci exiverunt de Civitate Spoleti . Et eis restituent omnia eorum bona et etiam que habebant tenebant et possidebant stabilia nunc existentia prout nunc sunt que occasione guerre vel banni perdidissent vel ab alio detinerentur vel occupata essent, per hoc creditoribus eorum nullum prejudicium generando sed eorum jura sint salva et integra et in eo statu in quo erant tempore dejectionis et expulsionis exititiorum . Et eis dicti creditores uti possint sicut poterant quando ipsi exititij exiverunt de dicta civitate sive antea. Et simili modo sit salvum jus ipsis exititiis adversus debitores eorum sicut erat tempore dejectionis predicte dummodo dicti exititij et rebelles non possint convenire nec conveni usque ad unum anuum computandum a die reversionis dictorum exititiorum. Item quod omnia offitia benefitia et honores consiliorum et aliorum offitiorum Comunis Spoleti pro dimidia sint et esse debeant partis intrinsecorum et eorum qui sunt eorum voluntatis et alia medietas sit partis extrinsecorum et eorum qui sunt eiusdem voluntatis etiam permanentium in dicta civitate Spoleti in perpetuum . SU ALCUNI RAPPORTI FRA PERUGIA E SPOLETO 561 Item quod Comune Perusij sine aliquo prejudicio artatione vel subtractione libertatum vel jurisdictionum Civitatis vel Comitatus Spoleti usque ad tempus dumtaxat quo exititij Spoletani habebunt licentiam ab intrinsecis Spoletanis vel offitialibus eorum reintrandi et revertendi ad Civitatem Spoleti sit pacificator et reformator Civitatis Comitatus et districtus Spoleti occasione discordie habite et que nunc est inter intrinsecos et extrinsecos Spoletanos. Ita tamen quod per hoc non possit per Comune Perusij imponi pena vel multa Comuni vel hominibus de Spoleto vel eius districtu nec gentem suspectam . . (1) equitum vel peditum mictere ad Civitatem Spoleti nec gravare ipsos intrinsecos et Comitatum ipsius laboris vel expensarum et quod per predicta Comune Perusij jurisdictionem vel notionem aliquam non habeat vel acquirat in Civitate et hominibus de Spoleto et eius Comitatu et districtu nec etiam inter eos. Item quod in ista pace fiant syndici et procuratores tam per intrinsecos et Comune Spoleti quam etiam per extrinsecos Spoletanos ad predictam pacem inter se faciendam et firmandam. Et ponatur in syndicatu et in contractibus pacis ad dicendum confitendum et recognoscendum pacem Spoletanam esse factam a Comuni et populo Perusij et ipsum Comune et populum Perusij procurasse tractasse ordinasse et perfecisse ipsam pacem et reconciliationem et reformationem Civitatis predicte tanquam patrem amicum et benefactorem multimodo Comunis Spoleti. Et de hiis fiant publica documenta et legantur publice Perusij et Spoleti prout placebit offitialibus dictarum terrarum . Item quod fiat remissio et quietatio hinc inde dampnorum datorum iniuriarum et offensarum factarum et illatarum et specialiter fiat quietatio per extrinsecos Comuni et intrinsecis spoletauis et omnibus de districtu et eorum sequacibus et districtualibus et etiam ipsi Comuni Spoleti de omni processu et sententia factis et habitis seu latis per dominos Rectores vel aliquem Rectorem ducatus vel per aliquem offitialem ipsorum vel alterius eorum vel per quemcumque alium offitialem Comunis Spoleti vel alterius terre occasione cuiuscumque excessus vel malleficij commissi actenus per aliquem intrinsecorum vel extrinsecorum contra aliquem ipsorum vel sequaces eorum etiam per annum antequam exititij exivissent de dicta civitate quacumque de causa . Et si qua restitutio vel provisio esset facta alicuius condempnationis facte infra dictum tempus alicui intrinsecorum vel fieret similis restitutio et provisio fiat extrinsecis. (1) La pergamena è lacera. 562 V. ANSIDEI Item quod Comune Perusij se interponat et roget Rectores et offitiales ducatus quod per ipsos Rectores ducatus fiat gratis remissio quietatio et absolutio de omnibus processibus et sententiis factis et latis per eos vel alterum eorum vel aliquos vel aliquem offitialem eorum vel alterius eorum contra Comune Spoleti et singulares personas intrinsecorum et extrinsecorum dicte Civitatis et eius districtus et Comitatus et eorum offitiales et sequaces et specialiter contra Castrum Litaldi, Castrum Jani, Castrum Collis Marchionis. Et etiam de omnibus excessibus culpis et delictis actenus commissis et que commissa dicerentur per Comune vel homines de Spoleto vel eius districtu et eorum offitiales et sequaces et specialiter per castra prefata et homines dictorum locorum et eorum offitialium a tempore orte discordie inter intrinsecos et extrinsecos Spoletanos. Et predicta fiant ob amorem et gratiam Comunis et populi Perusij ita quod Comune Spoleti predictum et alia Comunia supradicta reducantur ad obedientiam et in gratiam et amorem dicti domini ducis et suorum offitialium Item quod intrinseci Spoletani eligant unum bonum nobilem et magnificum virum de Civitate Perusij vel Comitatu fidum ipsi Comuni Perusij et intrinsecis et extrinsecis de Spoleto qui una cum Francisco de Alviano et Franciscus una cum eo sint potestates dicte Civitatis Spoleti pro uno anno et habeant comune offitium ita quod non possit unus sine reliquo aliquam jurisdictionem exercere cum numero offitialium sotiorum familiarium equorum et salario equalibus statuendo et ordinando per intrinsecos Spoletanos . Et habeant plenum offitium et universalem jurisdictionem et totam curam et custodiam Civitatis Comitatus et districtus dicte terre . Qui potestates offitiales et familiares omnes remaneant finitis primis sex mensibus pro sequentibus sex mensibus pro anno vero sequenti eligant unum perusinum bonum et fidum ut supra dictum est et quemdam alium minus partiarium quam possint quorum offitium duret sex mensibus et alios duos pro aliis sequentibus quorum unus sit perusinus et alter aliunde qui eligendi habeant comunem jurisdictionem et offitium offitiales familiares equos et salarium et totam curam et custodiam Civitatis et Comitatus dicte terre prout superius de primis potestatibus dictum est . Post finitum vero tempus predictum duorum annorum electio potestatis vel potestatum et cura et custodia Civitatis Comitatus et districtus Spoleti sit et pertineat pariter comuniter et equaliter ad intrinsecos et extrinsecos prout fuerint concordes consilium et consiliarij ipsius civitatis. Item quod ambaxiatores Comunis Perusij et Comunis Spoleti simul procurent quod reintegrata Civitate Spoleti et reducta ad pacem et unitatem celerius quam fieri poterit toto posse et studium dent et operam SU ALCUNI RAPPORTI FRA PERUGIA E SPOLETO 563 efficacem cum rectore provincie et comunitatibus terre Fulginei Trevij et Montis Falchi quod amicitia reformatio et pacificatio ipsarum terrarum fiat. Et ad predicta intendunt pro salute et statu patrie et Spoletanorum precibus inclinati et pro honore et statu ipsius Comunis et popoli Perusij . Item videtur et placet dominis Perusinis quod fiat syndicus per Comune Perusij Comune Spoleti Comunia Fulginei Trevij Montis Falconis et Mevanie et per extrinsecos dictarum terrarum et etiam procurator et per singulares personas dictorum Comunium ad faciendam remissionem et quietationem iniuriarum et offensarum et dampnorum datorum et illatarum hinc inde recipiendo pro ipsis et eorum sequacibus et offitialibus et omnium processuum et sententiarum latarum per Rectorem vel Rectores ducatus vel per aliquem offitialem ipsorum vel alterius eorum vel per alium offitialem occasionibus supradictis . Item fiat pax et Syndicus Comunis Perusij et Syndicus Comunis Spoleti Syndici Comunis Fulginei Castri Trevij Montis Falchi et Mevanie promictant et jurent de servando dictam pacem Spoleti . Item quod nullus forensis possit nec debeat incredi vel intrare dictam civitatem Spoleti sine voluntate potestatis et capitanei qui pro tempore fuerint. Item quod per intrinsecos et extrinsecos Castri Jani et Castri Litaldi fiat remissio et quietatio hinc inde generaliter et specialiter comuniter et particulariter de omnibus iniurijs et offensis et dampnis datis factis et illatis hinc inde a tempore mote guerre citra. Et remictantur eorum exititij et reducantur ad pacem et faciant obedientiam offitialium Romane Ecclesie sicut debent. Et Comune Perusij intercedat apud offitiales Sancte Romane Ecclesie quod habeant bonam comunem et securam pacem. Item quod procurent tam Perusini quam Spoletani et alij de provincia ducatus quod fiat remissio ab Ecclesiis et Rectoribus Ecclesiarum omnium dampnorum et iniuriarum illatorum et illatarum Ecclesiis et eccles asticis personis hinc inde a personis dictorum Comuuium et eorum sequacibus et offitialibus Item quod fiat pax inter omnes discordantes et hodia habentes tam de Civitate quam de Comitatu Spoleti cum curis cautionibus fidejussoribus et etiam juramentis et fiant parentele multe et decentes et cogantur ad predicta per potestates et offitiales dicte terre . Item quod per Comune Perusij et per Comune Spoleti et per alia Comunia de contrata procuretur per solempnes ambaxiatores et omni modo et via qua poterit quod filiis domini Abrunamontis per Serenissimum et Illustrem Principem dominum Regem Robertum restituatur eastrum Radeti. Et quod donec dicti filij domini Abrunamontis rehabe- 564 V. ANSIDEI bunt dictum castrum provisio olim facta domino Abrunamonti seu filiis de fructibus et proventibus Perocchij sit firma et quod per extrinsecos approbetur. Per Perusinos conceditur et admictitur prima pars supradicti proximi articuli libere de secundo vero membro presentis articuli deliberationem et provisionem relinquunt intrinsecis et extrinsecis Spoletanis . II. Capitoli per la pace e riconciliazione di Spoleto proposti dal Legato del Pontefice e dal Vice-rettore del Ducato d'intesa coi Priori delle arti di Perugia ed approvati il 23 settembre 1323 dai Priori medesimi insieme a molti sapienti, i nomi de' quali sono nell'atto ricordati, ai consoli della Mercanzia, agli uditori del Cambio e ai camerlenghi e rettori delle altre arti. Arch. Com. di Perugia, Annali Decemvirali D, c. 279 r. Forma capitulorum super reconciliatione civitatis Spoleti data et tradita dictis dominis prioribus artium civitatis Perusij et sapientibus per reverendos viros dominos Vicerecthorem de ducatu Spoleti et Legatum sive nunctium domini Pape in partibus ducatus hec est. Ad honorem omnipotentis Dei et Sancte matris ecclesie hec sunt capitula que videntur utilia pro reformatione reconciliatione et pacificatione civitatis Spoleti. In primis quod expellantur de civitate Spoleti omnes forenses et quod potestas qui nunc est cum tota sua familia similiter de ipsa civitate recedat antequam ipsa civitas capiatur. Item quod confinientur illi vigintiquinque tiranni vel ibi circa, qui tiranni sunt in cedula data dominis Perusinis ante ingressum ipsius civitatis extra civitatem et districtum Perusij . Item quod in ingressum ipsius civitatis una cum vexillo ecclesie introducatur vesillum comunis Perusij sotiatum cum prioribus et aliquibus nobilibus et prudentibus prout dominis Vicerecthori et Legato videbitur expedire una cum priorihus antedictis usque in numerum xxx.¹ª Item quod dicti domini priores dare debeant in scriptis eisdem do- SU ALCUNI RAPPORTI FRA PERUGIA E SPOLETO 565 minis Vicerecthori et Legato VIII . vel ibi circa perusinos fideles et guelfos de quibus domini Vicerecthor et Legatus eligant unum in potestatem sive vicarium in offitio potestarie dicte civitatis et comitatus pro sancta ecclesia romana et ipso domino Vicerecthore et Legato cum offitialibus familia et salario consuetis pro sex mensibus incipiendis ea die qua intraverint civitatem quibus mensibus finitis eodem modo alius et alij eligantur gelfi perusini per ipsos vel alterum eorum qui presens esset in provincia ducatus donec dominus Papa circa predicta interim aliter vel aliud duxerit ordinandum atque etiam providendum . Item quod dictus potestas sive vicarius habeat exercitium ponendi custodes in portis et in aliis fortelitijs Civitatis Comitatus et districtus et ipsos requirendi et requiri faciendi ac omnem solicitudinem ad dictam custodiam pertinentem . Item quod predictus dominus Vicerecthor et dominus Legatus ponunt et relinquunt in arbitrio providentia dictorum dominorum priorum et populi perusini de clavibus retinendis per potestatem sive vicarium antedictum . Et si contingat per eos provideri quod omnes claves portarum retineat potestas sive vicarius in predictis dicti domini contentantur propter confidentiam singularem quam habent in populo perusino. Item quod dictus potestas sive vicarius jurabit et promictet dictis dominis Vicerecthori et Legato recipientibus nomine domini Pape et romane ecclesie per stipulationem solempnem sub certa pena et sub obligatione omnium bonorum ipsius et obedientiam et offitium suum exercere bene et fideliter ad reverentiam et honorem Sancte Matris Ecclesie domini Pape et dictorum dominorum Vicerecthoris et Legati et quod manutenebit jura et jurisdictiones universas Sancte Ecclesie Romane que et quas habet et habere debet in civitate predicta ac eius territorio et districtu et quod tam claves offitium prelibatum et fortelitios quam etiam Civitatem libere reasingnabit et dimictet dicto domino Pape et Ecclesie Romane quando ab ipso domino Papa vel alio nuntio ipsius super hec destinando fuerit requisitus omni exceptione excusatione et causa remotis . Item quod predicti domini Vicerecthor et Legatus ad hoc ut Ecclesia non eludatur nec possit eludi intendunt introducere dictam civitatem ultra gentem Ecclesie armigeram quam habent ad stipendium Ecclesie memorate CC milites armigeros perusinos . Item quod introducent in dictam civitatem Spoleti pedites bonos et fideles Sancte Matris Ecclesie atque gelfos de provincia ducatus in bona et sufficienti quantitate. Item quod omnes offitiales ipsius civitatis cedant offitiis detentis per eos et reformabitur ipsa civitas offitialibus fidelibus atque gelfis. 566 V. ANSIDEI Item quod ipsa civitas capta et habita, strate omnes sint et esse debeant aperte et secure undique ita quod quilibet cum victualibus et sine possint intrare et exire in ipsa civitate et ire ac reddire ad ipsam civitatem exceptis confinatis predictis et quod omnes offensiones undique cessent. Item quod predicti domini priores potestas et alij perusini non introducent nec permictent aliquam aliam gentem nisi ut superius est expressum et nisi de ipsorum dominorum Vicerecthoris et Legati processerit beneplacito volumptatis. Item quod in omnibus et singulis capitulis supradictis intelligatur esse reservata et sit volumptas et dispositio ac mandatum domini nostri summi pontifficis addendi supplendi corigendi detrahendi vel aliter disponendi aut ordinandi de premissis et quolibet premissorum ac aliis ab eisdem dependentibus prout sue placuerit Santitati . 567 COMUNICATI VERTENZA INTORNO ALLA SERIE DEI VESCOVI DI SPOLETO DIPINTA NELL'AULA MASSIMA DELL'EPISCOPIO Non v' ha dispregio che non sia stato versato sulla memoria dei nostri progenitori viventi nella prima metà del secolo XVIII, e per certo una buona misura delle loro colpe son vere, dovute in parte allo strascico delle ampollosità del seicento, in parte alla reazione da esse prodotta nell' arte, nelle lettere, in ogni cosa . Ma credere che sotto quelle teste incipriate l'ingegno italiano si fosse assopito ; che entro quei serici vestiti a ricami i cuori non battessero per amore del proprio paese, è un errore . E a me piace trarre dai documenti di quel tempo la relazione di un episodio della storia di Spoleto, il quale fa fede del forte interesse della cittadinanza per le patrie memorie, e mostra con quanto vigore, con quanta dottrina gli spoletini reclamassero i propri diritti e difendessero la verità storica manomessa da quegli eruditi soliti a far altrove a fidanza della cecità dei fedeli . Si noti che trattavasi di far contrasto al vescovo Lascaris, uomo di grande zelo , di sincera pietà e di non comune coltura ; e facevano tal contrasto durante i ponteficati d' Innocenzo XIII, Benedetto XIII, Clemente XII , nel regno dei quali i capi delle diocesi erano spalleggiati oltre il consueto dall' autorità ponteficia . Tuttavia il Comune non esitò a muovere lite e tenere più anni in giudizio monsignor Lascaris innanzi alla sacra congregazione de' vescovi e regolari. Ma narriamo gli avvenimenti. Monsignor Castrucci venuto a governare la diocesi lasciata vacante da Maffeo Barberini, asceso poi al supremo ponteficato, 568 P. CAMPELLO DELLA SPINA bramoso di collocare con grande onore un ritratto al vero del suo antecessore, e anche per imitare il lodevole esempio di altre residenze episcopali, aveva collocato l'effige di Urbano VIII nel mezzo dell'aula più vasta del palazzo, e vi aveva fatto dipingere intorno nelle pareti i ritratti di tutti i suoi antecessori con le date del loro vescovato, i nomi, i titoli, e gli stemmi, ove eransi potuti rintracciare. Il compito gli era stato reso facile dal dotto lavoro di G. F. Leoncilli, valoroso storico appunto della serie dei vescovi, il quale aveva condotto quello studio con paziente erudizione e con quella maggiore critica che allora fosse possibile, giovandosi sopratutto dei materiali raccolti dal domenicano Bracceschi. Giacomo Filippo nato nel 1572 e morto nella fresca età di quarantun anni, non aveva potuto non dico stampare, ma nemmen rivedere ed emendare un lavoro, massime per quanto si riferiva ai primi secoli della Chiesa, assai arduo . Corrotti, infatti , mal classificati, presciolosamente interrogati dal Bracceschi erano gli antichi documenti, e due scuole avverse, dei codici allora facevano di sovente strapazzo . I seguaci di Pomponio Leto, del Valla e di altri umanisti gli interrogavano nella speranza di trovar qualcosa da togliere autorità alla tradizione ; la parte contraria aiutata e sospinta dal clero e dal papato, massime dopo il regno di Paolo III , Paolo IV e Sisto V, cadeva nell'altro opposto, e non contenta di prestar fede alle antiche leggende, altre ne escogitava di sana pianta . Il Leoncilli cercò battere la via retta tra quelli e questi, ma nel principio del suo lavoro si mostrò ardito contro la universale tradizione non ammettendo che la fede cristiana fosse stata portata a Spoleto da S. Brizio, consacrato dallo stesso principe degli apostoli . Ho fede che se avesse egli limato e riveduto l'opera sua , si sarebbe fatto eco dell'opinione dei nostri più antichi progenitori, ponendo S. Brizio primo della serie, senza trovarsi in bisogno di appoggiare la sua esistenza nel terzo secolo ad un documento (come sostenne l'autore delle Istorie di Spoleti che scrisse pochi anni dopo di lui) non poco fallace, dal quale unicamente aveva allinto notizie l'Adò . Come sia, monsignor Castrucci accettò quell'opinione, contro la quale ribellaronsi gli studiosi con crescente impeto sino a quasi un secolo appresso, nel quale giunse al vescovato spoletino il domenicano Lascaris, già stato bibliotecario della Casanatense. Egli fattosi persuadere dagli appunti ma- VERTENZA INTORNO ALLA SERIE DI VESCOVI DI SPOLETO 569 noscritti del Serafini e dall'opera che il Iacobilli aveva stampato l'anno 1661 , fece proposito di dar di bianco ai ritratti esistenti, rimpicciolire la tela in cui era effigiato Urbano VIII , ridipingere la serie de' vescovi senza gli stemmi, ponendovi secondo l'opinione degli eruditi nominati, due invece di un solo S. Brizio . La notizia uditasi in città suonò come di una devastazione e gli animi ne furono per modo turbati che i priori del Comune pregarono monsignore a non tradurre in atto l'avventato proponimento. Tra gli altri , Solone, figlio del Campello autore delle istorie accennate, lodando il pensiero di far dipingere primo della serie. S. Brizio, supplicò non cancellasse gli altri, e non duplicasse santi vescovi di quel nome, ciò che avrebbe anche offeso la memoria di colui che aveva speso tante fatiche a raccogliere notizie per dettare un'opera storica senza contrasto assai superiore e più lodata non solo in paese ma in tutta l'Italia di tutte le altre ( 1) . Mostrò egli le lettere intorno a siffatta questione scritte da Bernardino al Papebrochio, e di questi e dell' Heuschenus, a nome anche del Bollando di cui erano compagni, a lui . Ma tutto fu vano ; per risposta il vescovo fece affrettare la distruzione. I priori allera mandarono alla sacra congregazione il seguente ricorso : « « « Em.mi e Rev.mi S. S. « Si come ogni luogo, non che le Città di qualche riguardo « hanno le loro premure per la conservazione delle memorie che risguardano o i loro Benefattori o i loro super. , o li loro Uomini di qualche grado, così la Città di Spoleto U.ma Ora.ce dell' EE. VV. « coll'istesso motivo si vede obbligata di rappresentare all' EE. VV. « come mons. Vescovo ad intuito di fare nella sala del Palazzo « vescovile una serie più ordinata degli antichi Vescovi, ha fatto cancellare tutti i Ritratti de Predecessori, molti de quali si me- « ritarono ed hanno la venerazione di Santo, l'effigie della S. M. « d'Urbano VIII, che in tempo regeva questa Sede Vescovale fu « assunto al Ponteficato, ed altri stemmi de Predecessori Vescovi, (1 ) Il nostro storico aveva studiato la questione anche per ufficio dappoichè dal vescovo cardinale Facchinetti erane stato incaricato. Esiste questo decreto : Eligimus D. Bernardinum Campellum, et D. Baptistam Piergilium tanquam viros idoneos et peritiores pro reformatione Kalendarij Sanctorum Spoletinae Ecclesie, ut tam illud reducat ad proescriptum, et mente Sac. Rituum Congregationis. ecc. ecc. 570 P. CAMPELLO DELLA SPINA « contro la formola delle Risoluzioni di cod . S. Cong.ne e par- «< ticolarmente di quella sotto il 9 marzo 1593 . . . . . La serie che prima vi era ordinata secondo si trova « descritta dal Bollando nel trattato delle fonte de Santi tanto ab- <« bracciato dalla S. Cong.ne de Riti, e se bene in ordine a d.ª Se- «< rie potesse impingersi qualche equivoco questo è stato dichia- « rato e dilucidato da chi proseguisce l'Opere di de. Pa . Bol- <« lando ; Su questa considerazione dunque e su l'altra che << tanti E.mi Cardinali e Prelati vescovi, che sono preceduti « hanno stimato di non togliere nè l'ordine, nè quel poco d'antico, « che ne pure potesse Monsignor Vescovo lasciare di farlo, tanto più che intende levare da taluni ritratti le divise Archiepiscopali, il che quando non producesse altro effetto cagional << un'alterazione a quello si è comunemente creduto e sin ad hora « si crede e per tradizione passata da secolo in secolo, e per l'oggetto delle medesime Imagini colle suddette divise in più luoghi osservato ; e supplica perciò l'Ora.ce unitamente con i dep. " del Capitolo di questa Cattedrale, a degnarsi ordinare « che Mons. Vescovo sospenda da tal innovazione lasciando le « cose meglio vengano esaminate » . « « « «< Mons. Lascaris dal canto suo vedendo la malparata fu sollecito di nominare una commissione la quale difendesse il suo operato, ma non potè comporla che quasi per intero di ecclesiastici regolari. Dei laici v'era un solo, dei paesani sacerdoti due, e non avevano autorità e dottrina da prevalere sopra i domenicani e gli agostiniani e gli altri religiosi, i quali con ardore avevano intrapreso a difendere il vescovo. La tempesta si annunciava sin dal principio assai minacciosa , perchè questi anzichè sospendere il lavoro, avuta cognizione del ricorso cercò di farlo celeramente condurre a fine. Il Comune e il rev.do Capitolo , che non aveva perduta quell'occasione per osteggiare il proprio vescovo, cercarono nondimeno di comporre la vertenza amichevolmente, e si rivolsero al dotto segretario dei Brevi, mons. Battelli arcivescovo di Amasia. Solone Campello, figlio dello storico Bernardino, ne scrisse per il primo a questo prelato, da cui si ebbe la seguente risposta : VERTENZA INTORNO ALLA SERIE DI VESCOVI DI SPOLETO 571 « Ill.mi sig. P.ne mio Oss.mo, « Nell'umanissimo foglio di V. S. Ill.ma si è compiaciuta « scrivermi intorno al consaputo affare delle Pitture principiate << nella sala di cotesto Palazzo Vescovale ho riconosciuta con « sommo mio piacere la continuazione dell'antica bontà e genti- « lezza sua verso di me, e le ne rendo le dovute grazie. « Starò attendendo con desiderio il foglio, che mi accenna di « volere inviarmi, concernente tutti li motivi, à quali si appoggiano le difficoltà da Lei opposte al sud. lavoro, per esami- « narli con la necessaria maturità et attenzione, e l'assicuro che · procurerò di confermarla nel buon concetto che tiene della mia " « « rettitudine . Intanto vorrei che V. S. Ill.ma andasse coltivando <« la pratica intrapresa di tirare tutti gli altri nel di Lei senti- « mento, perchè appagato l'animo di uno, si quetino tutti gli altri, « e non abbiano a sentirsi altri richiami, ecc . ecc . « Roma, 5 aprile 1720 » . Dopo dieci giorni il medesimo personaggio, scriveva : « Prima « d'inoltrarmi nell'impegno desidero di essere meglio certificato, « se V. S. Ill.ma e li suoi aderenti voglino appagarsi della mia determinazione, conforme si è benignamente dichiarato di voler « appagarsene mons. Vescovo. In questo caso assumerò volen- « tieri la fatica » . « Nel primo maggio richiedeva « che nel pubblico Consiglio si parlasse di questa specie di compromesso » . Bensì dopo altre lettere inutili a riferire, il 26 giugno si duole « non aver ricevuta la consaputa lettera facoltativa di detto Prelato, sino al di cui arrivo non intendeva metter mano al lavoro » . Sicchè tutto fa ritenere, il vescovo annuente sulle prime venisse con più maturo consiglio nel pensiero di preferire il giudizio della S. Congregazione de' vescovi, ove l'alta dignità sua ecclesiastica avrebbe favorevolmente influito sui cardinali . In effetto non si rinvengono altre lettere del Battelli anteriori a più di un anno appresso, cioè a dire il 10 settembre 1721 ; ma pur da quella si apprende la questione non aver fatto nessun passo innanzi nella procedura. Grandi al contrario ne aveva fatti sotto il rispetto dell' importanza. Non si discuteva più intorno al ritratto più o meno in- 572 P. CAMPELLO DELLA SPINA tero di Urbano VIII , nè sui danni prodotti dal pennello dell'imbianchino, sibbene la controversia assorgeva sino ai punti più alti della storia ecclesiastica e paesana. Nello scorcio del 1720 la prima risposta del vescovo al ragionato reclamo presentato dal comune alla S. Congregazione, provocava una contro risposta , o meglio un libro di Solone Campello, in cui l'autore delle annotazioni alle costituzioni del ducato di Urbino (1 ) mostrava tutte intere le sue doti e le sue pecche . Quelle , esistenti in un serrato ragionamento, in una erudizione meravigliosa donde sapeva rintracciare autorità di scrittori e di esempi schiaccianti l'avversario ; queste, nell'inutile e ozioso soccorso richiesto alla dottrina giuridica , nello sfoggio di una scienza legale fuor di posto e massimamente dannosa per le lungaggini a cui dava origine . Il libro conta centotrenta pagine in foglio, oltre molti mezzi fogli intercalati con aggiunte e correzioni, e può giudicarsi uno studio di seria importanza . Incominciato nella serena calma di chi discute la verità , in fine , allorchè risponde a un opuscolo anonimo stampato alla macchia, non sa difendersi dal frizzo mordace del polemista. Ma non credo ch'egli mal si apponesse sostenendo opinioni manifestate dal suo genitore nel libro IV delle istorie di Spoleto , come non credo cadere in errore affermando più di un secolo e mezzo dopo, che la ragione stesse dalla loro parte, benchè i potenti di allora questa ragione non volessero loro darla . Non ebbero nullameno il coraggio di negarla, e presero il ripiego di andar per le lunghe, aspettare la morte dei più autorevoli avversari ; la quale avvenne quasi ad un tempo l'anno 1727. Mns. Lascaris lasciò la diocesi al de Benedetti stato già suo coadiutore, uomo di spiriti conciliativi ; Solone Campello lasciò ai due figli , Bernardino e Francesco Maria, il proseguire la disputa, ed essi la sostennero si con vigore e sapere, ma restringendola nel solo campo storico ; anzi limitandola a questi soli punti : I. Aveva detto il vero G. F. Leoncilli che sulla autorità del Bracceschi metteva per primo vescovo di Spoleto S. Antimo as- (1 ) Costitutiones ducatus Urbini. A Solene ex Comt : Campello collectae et adnotationibus illustratae. Romae, MDCCIX . VERTENZA INTORNO ALLA SERIE DI VESCOVI DI SPOLETO 573 segnandogli la data del 150 e collocava S. Brizio nel 300 ? Ovvero Bernardino Campello che attribuiva a S. Brizio l'aver portato la fede tra noi l'anno 67 dell'èra cristiana ? II . Dei vescovi per nome Brizi ve n'erano stati due, come avevano escogitato i correttori del Leoncilli ; uno vissuto nel tempo degli apostoli e per intercessione di S. Pietro mandato. a liberare dal carcere da un angiolo, e un altro liberato dal carcere da un altro angiolo due secoli e mezzo dopo ? Ovvero ve n'era stato uno solo come lo storico spoletino nel libro IV dell'opera sua raccontava ? III. La città Martana frequentemente nelle sue vite dei santi umbri citata dal Iacobilli, della quale questi e altri facevano una comoda diocesi per il secondo S. Brizio prima di reggere quella di Spoleto, ha veramente esistito ? Rispetto al primo punto i Campello ripetevano le osservazioni del loro maggiore, il quale nel paziente e accuratissimo studio fatto sulla questione nessun serio appoggio aveva trovato alla sentenza del Bracceschi, accolta dal Leoncilli , contraria all'antica e tenace tradizione che faceva primo apportatore della sede in Spoleto S. Brizio . Senza esitanza egli scriveva : « La S. Chiesa Spoletina per immemorabile traditione ha sempre riconosciuto S. Britio fra i suoi vescovi . . . . che poi fosse ordinato vescovo con autorità di Metropolitano dallo stesso Principe de gli Apostoli S. Pietro si ha manifestamente da gli atti di lui . . . E che ciò seguisse essendo ancor vivo al mondo lo stesso S. Pietro, vien dimostrato apertamente da Felice Ciat, ecc . ecc . » . E qui siegue la citazione di quanti toccarono questo argomento, comechè per conciliare quel passo dell'antico codice nel quale si legge aver vissuto al tempo di Diocleziano, quegli stessi ammettessero poi la esistenza di un altro vescovo dello stesso nome. Bernardino invece così spiega l'equivoco : « Restando oggi certo che S. Britio fu ordinato da S. Pietro, si rende anco manifesto che i principii di lui al tempo di Nerone, l'esito in quelli di Domiziano si deve assegnare. E quel che si ha dalli suoi atti , cioè che fiorisse sotto Diocletiano, è forza sia stato errore et ignoranza dei Copisti ò Librari, che trascrivendo gli atti più emendati e più antichi in luogo di Domitiano con molto facile errore posero Diocletiano, del quale errore sono poi stati ingan36 574 P. CAMPELLO DELLA SPINA nati tutti gli Autori, che ripongono questo Santo sotto Diocletiano, e fra questi il Bracceschi, il quale perciò asserisce che l'ordinatione di S. Britio fosse fatta da S. Pietro per privilegio speciale (1 ) . Facendolo cioè prendersi l'incomodo di scendere di cielo per consacrarlo . »> Veniamo alla seconda domanda : Vedemmo come il buon vescovo Castrucci, a cui questo ritorno in terra del principe degli apostoli due secoli dopo la morte non andava a sangue, si rivolgesse al Serafini , per escogitare una migliore soluzione. E così nella difesa della città più volte citata, si narra : « Un prete della villa di Beroite, Paroco della villa di S. Gia- « como per nome Serafino di Pietro Sarafini, per haver qualche talento nello scriver latino, crede haver esso il modo di sopire « la questione con dividere la vita dell'uno S. Britio che è negli aatti in due, dando una metà delle attioni ad uno, una melà << all'altro, e ponendone uno nel secolo primo sotto Domitiano con « le facoltà d'arcivescovo, et uno altro da lui ideato facendone « semplice Vescovo sotto Diocletiano nel 300 » . Accennammo pure avere il Iacobilli accettato di gran cuore la trovata per avere un santo di più da indicare alla devozione dei fedeli nella sua opera sui Santi e Beati dell' Umbria. Il pio sacerdote infaticabile ma disordinato nelle sue ricerche, adottò il proposito di dare metà a ciascuno le gesta dagli atti attribuite ad un solo. Senonchè le azioni ch'egli attribuisce al primo, il Serafini le aveva attribuite al secondo. Quello fa al vescovo batter la bocca co' sassi , questi la fa battere all'arcivescovo . L'uno pone S. Giovanni compagno di lui, l'altro lo fa compagno di quello del III secolo . Ambidue poi si fanno liberare da un angelo e ad ambidue si danno i medesimi compagni. «< A questo proposito ecco che cosa si legge nel libro manoscritto citato : Si commette l'assurdo moralmente impossibile di raddoppiare ancora tutti gli altri compagni di S. Britio, come bene <« osservano i continuatori del Bolando, quali compagni essendo « sino al numero di undici con l'istessi nomi e l'istessi gradi di «< parentela, e dovendosi con essi raddoppiare tutti i tiranni con << l'istessi nomi, tutti quelli che loro succedono nelle dignità con (1) Delle istorie di Spoleti. Libro IV. Riporto, pag. 124. VERTENZA INTORNO ALLA SERIE DI VESCOVI DI SPOLETO 575 « l'istessi nomi, tutti quelli che con essi trattano con l'istessi « nomi, è cosa quanto mai inverosimile, che in jure ha faccia di « falsità e però da non ammettersi secondo la regola ab as- « surdo » (1 ). Ma ciò che sembrerebbe impossibile, se non fosse attestato dai documenti e scritti e stampati, è questo, che il Iacobilli tra le prove dell'esistenza dei due santi Brizi, scrive quella di aver entrambi il ritratto nella serie dipinta da mons. Castrucci, mentre nessuno ha mai dubitato che ve ne fosse stato dipinto uno solo . A guardarsi da questa singolarissima asserzione, i priori fecero anche per man di notaro attestare prima della distruzione esservi l'effigie di un solo, e infatti la principale base della controversia poggiava su quel fatto da nessuno contrastato. Eppure nella vita del primo egli stampa : « L'imagine di questo Santo fra gli altri « Vescovi è nella sala episcopale et a piede di essa si legge : « Sanctus Britius Syrus Primus Archiepiscopus Spoleti ». E parlando del secondo stampa : « Nella sala Episcopale di Spoleto, ove sono dipinte le Imagini di tutti li Vescovi Spoletini, è ancora di questo con queste parole S. Britius Segrus Epis. an. 300 » ( 2) . L'ordine con cui erano dipinti gli antichi ritratti era invece così : S. Antimus Pus Episcopus Civitatis Spoleti . Florui anno 156. S. Britius Pus Archiepus anno 300. S. Ioannes Sirus Epus et Martii anno 304. S. Sabinus Epus anno 325 . ecc. ecc . ecc . Senza perciò togliere all'erudito Iacobilli , d'altronde per tante efficaci ricerche benemerito, quelle lodi che gli prodiga il suo concittadino mons . Faloci - Pulignani, nelle dotte sue Memorie dei SS. Pietro e Paolo nel villaggio di Cancelli ( 3) , non può negarsi siasi ben meritato quanto nelle Ragioni della Città di Spoleti veniva detto di lui . Così vi si legge : « Il lacobilli raccogliendo le Vite dei SS . dell'Umbria per (1) Ragioni della Città di Spoleti , pagg. 673 e 678. (2) Vite dei Santi e Beati dell' Umbria, descritte dal S. Ludovico Iacobilli protonotario Apostolico . Foligno, tomo III , pagg. 675-678. (3) Foligno, 1891 , pag. 6. 576 P. CAMPELLO DELLA SPINA <«< istillare la Devotione de medemi ne suoi Comprovinciali, come glie ne fa un Esortatione nel fine del III tomo al foglio 53 ( 1 ) « per accrescergli esempi di Pietà, non solo scrisse tutto ciò « che trovò registrato, ò gli fu riferito senza fare scelta d'Autori , « ma fu anco facilissimo a duplicarli , come osservano i continua- « tori del Bollando. Così fu del B. Faroaldo duca di Spoleto , di <« S. Giovenale e S. Fausta di Narni, di S. Valentino di Terni , di « S. Crispoldo di Bettona, di S. Ercolano di Perugia che ne fa tre. « Onde per la fatica che fece per raccogliere tante vite e per il « modo di slenderle è stimato il Metafraste dell'Umbria » ( 2) . Rimane la terza questione intorno alla città Martana, della quale la non esistenza in nessun tempo, sarebbe facile a provare, ma bastino su di essa le preziose lettere del gran Muratori e del dottissimo Domenico Giorgi rinvenute nel mio archivio, inedite et autografe . Così scrive il primo allo spoletino Vincenzo Leonio. che lo aveva interrogato per desiderio dell'avvocato Francesco Maria Campello : «< Ill.mo Sig. Mio e Pron . Colm Capitato in Città ho cercato conto di Martana o sia Martula, e prego V. S. I.ma di portare i miei rispetti al si- « gnor avv. di Campello con dirgli, che veram.e niuno de gli <« antichi ha riconosciuto questa Città o luogo di Martula. Solam. « ne parlano nel secolo IX. gli autori dè Martirologi notando. Martule, la Festa di S. Britio, ma senza che si conosca , dove « tal Città o luogo fosse situato . Però sono i moderni fondati « solam. in conghietture e fondam. lubrici, allorchè si figu- <« rano Martula vicina a Spoleto, non sapendosi nè meno, se il « S. Brizio annunziato da que' Martirologisti sia il S. Brizio « vesc . Spoletano . Martula divero altra non pare, che Marta « Città della Toscana posta vicina al fiume Marta, la quale nelle « donazioni e conferme fatte da gl'Imperii alla Chiesa Romana « si trova annunziata . Sopra questo punto spezialm.e sono da « vedere i P. P. Bollandisti nelle disserz.¹ preliminari al Tomo I (1) Foligno, 1894. (2) Ragioni della città di Spoleti , foglio 9. VERTENZA INTORNO ALLA SERIE DI VESCOVI DI SPOLETO 577 « Act. Sanct . Iulii alla pag. 22. Perciò resta campo al sig. " av- « voc. di sostenere la sua opinione, e di confutare la contraria . « Con che riverendola mi confermo « Di V. S. Ill.ma « Mod. 4. 8bre 1730 « Div.mo ed Obbe.mo Sec.re « Lod. A. Muratori » . Domenico Giorgi antiquario e bibliografo, insigne appunto per le ricerche di antichità ecclesiastiche fatte per ordine dei papi Innocenzo XIII, Benedetto XIII e XIIII, un mese innanzi sullo stesso argomento scriveva a Francesco Maria le seguenti lettere : Ill.mo Sig. Sig. Prond. Col.mo « Non poteva darmi V. S. Ill.ma argomento di maggior mio « piacere, e degno della sua curiosità erudita , che colla richiesta « fattami della esistenza della città Martana, creduta dagli abi- « tanti in quei contorni per una famosa città dell' Umbria, quando « infatti appresso agli antichi non è stato che un borgo, ov'era a un tempietto di Marte. L'itinerario che le hanno citato è appunto quello di Anto- « nino, nel quale descrivendosi il viaggio per la via Flaminia da Roma per il Piceno sino ad Ancona, e di li a Brindisi si «< comincia da Roma e si giunge « Ocricolo M. P. XLVII « Narniae M. P. XII « Ad Martis M. P. XVIII « Meuaniae M. P. XVI. Ecco dunque la celebre Città di Marta mentovata nello itinerario di Antonino, perchè era nella via Flaminia, altrimenti « il suo nome sarebbe pace sepolto, come fu ignoto ai nostri « antichi geografi , vale dire a Pomponio Mela, a Strabone , a « Plinio, a Tolomeo, e a cent'altri, perchè in que' tempi non era « certamente Città dell'Umbria, ma come ho detto , un piccolo 578 P. CAMPELLO DELLA SPINA «< tempio dedicato a Marte, abitato da quattro villani . V. Clonerio « al lib . II , cap . VIII dell'Italia antica , pag. 698, mi fa giustizia « di quanto io dico, perch'egli narra, che nel mentovato borgo, ora «< chiamato S. Maria in Pantano, sono state ritrovate alcune «< iscrizioni, in una delle quali leggesi « Vicani. vici Martis « Tudertium. « Siccome questo borgo è vicino a Todi, cioè sei miglia lon- « tano, così gli abitanti si vogliono annoverare fra i cittadini , o <« almeno esser considerati come per vicini ai Todini . Dalla men- « zionata Iscrizione raccoglie il Clonerio, che o in quel borgo, o << ivi appresso fu il famoso Martis riferito nell'itinerario di Antonino. « « Egli è poi cosa vista, che quando negli antichi si dice .ad « Martis vi si sottintenda sacrum, o templum. Nel detto itinerario parlandosi del viaggio da Milano sino ad Arles per le Alpi « Corie dopo Susa viene ad Martis che altro non è, se non un « tempio di Marte posto sulla strada consolare . Questi tempi di « Marte erano frequentissimi nelle vie pubbliche, e di alcuno ne fa menzione Abramo Onelio nel suo tesoro Geografico alla <<< parola Martis. « « Non è però poca fortuna del nostro borgo l'esser nominato << ne' sassi, e ne libri antichi, e forse V. S. Ill.ma con sua ma- « raviglia udirà , che questi abitanti furono ammessi alle cariche de Magistrati di Todi, sicchè se allora in Todi , si fossero « usati dai magistrati i rubboni, come ora a Viterbo, anche que' « villani , quando fossero stati di magistrato, l'avrebbero vestiti . a Senta quanto, sopra l'essere ammessi gli abitanti di Marte << agli onori della Colonia di Todi, scrive Azzeno Vebino : de limi- « tibus agrorum. Ut Tudertini qui apud Principes egerunt in « Fanestres incolae ( così si chiamano coloro a fano Martis) si essent alionigenae qui intra territorium incolerent, honoribus fungi in colonia non deberent. Sed Fanestres hoc postea impe- « traverunt, ut eis liceret fungi honoribus. « Non hanno ragione dunque gli odierni villani della nostra « Martana di voler pretendere, che il sito benchè ridotto in pol- VERTENZA INTORNO ALLA SERIE DI VESCOVI DI SPOLETO 579 << vere, de' loro abituri sia stato una celebre, ed anche insigne << Città e Vescovile ; così vogliono almeno gli Atti di S. Brizio, <<< a lei notissimi, così Adone, ed Usuardo e Hotkeer, i quali nei « loro martirologii cavati dai detti Atti di S. Brizio, per quanto << mi avviso, ai 9 di Luglio notano Civitate Martula , Sancti α « Brictii Episcopi et confessoris -. « « - « 11 martirologio Romano chiamato parno per la sua brevità, « ed è in fatto il più antico che abbiamo, perchè scritto alla metà dell'ottavo secolo, agli 8 di Luglio parla di S. Brizio, e della << nostra città in tal guisa : Marulana civitate , Brictii Episcopo. « È cosa naturale, che il copista di questo martirologio abbia sbagliato nello scrivere, onde debba leggersi Martalana, in luogo di Marulana . Ma in questi benedetti Atti de' santi s'in- << contrano nomi geografici così astrusi, e così ignoti agli antichi scrittori che fanno alle volte dar la testa ne' muri. Di questo << genere è il nostro . Se facciamo giudice il Iacobilli, ed anche il Donnola sarà più certo che Martana sia stata una volta Vesco- « valo, di quello sia che S. Pietro fosse in Roma. Se a caso si dicesse, che s'incontrano de' Vescovi, chiamati Marturanauces, rispondasi che sono di Barberano nella Provincia del patrimonio, detto latinamente Marturarum. « « a « Ecco quanto abbiamo ne' libri stampati della nostra celebre « Città . Ma che ne sarà stato delle iscrizioni del Vico di Marte, mentovate dal Clonerio ? Intanto ella si conservi , e mi dia fre- « quentemente occasione d'imparare qualche cosa delle antichità « di coteste parti, e benchè adesso abbia la testa rovinata dai <<< sirocchi , tuttavia rispondo alla buona di Dio, e stans pede in « uno. « Si conservi e riverendola divotamente per parte del sig. Nu- « dicoro, e dei signori Barbari mi rassegno « Rome 13 7mbre 1730. « Div. S. Ill.ma « P. S. Le tavole Pensingeriane faran menzione della nostra <<< Città ; ma chiamandola però ad Martis. 580 P. CAMPELLO DELLA SPINA « Il Clonerio dice, che quattro miglia lontano dalla Martana « vi è un altro luogo, che si nomina Casigliano et ipse compta- « ribus inscriptionibus, alysque antiquitatis monumentis illustris. « Egli crede che sia l'antico Carsoli , ma lo ripiglia di errore l'Ol- « fenio . «< Vegga se si ritrovassero mai queste iscrizioni . « Div.mo et Obbl.mo Serv.re « Dom.co Giorgi » . « Ill.mo Sig. Sig. Prond Col.mo « Roma 20 7mbre 1830 « Adesso comincio a credere che la nostra questione intorno « alla supposta Città Martana non finirà mai, quando vorremo « dar fede alle tradizioni popolari, e ad una certa qual opinione, « che in cose simili suol radicarsi nelle menti delle persone non << illuminate . « « Gratissima dunque mi è stata la relazione che mi ha fatta , e l'iscrizione trasmessa, dalla quale vogliono argomentare la << Città . Prima però che possa rispondere è necessario di osservar « bene, se l'iscrizione fatta a L. Tulio nella seconda riga alla « prima parola abbia chiaramente CIVI, perchè io sospetto che si « legga CLV, onde bisogna assicurarsi di questo fatto, e poi lasci fare a me, mentre dimostrerò evidentemente che il sito « dell'Ad Martis nell'itinerario di Antonino non è mai stato Città. Il detto itinerario fu nelle prime edizioni difettoso e manche- «< vole ; Girolamo Surita, dotto Gesuita, ci ha dato l'anno 1600 « una edizione compiuta e confrontata con varii codici. Nel- « l'edizione dunque del Surita l'ad Martis nella via Flaminia è « alla pag. 71 e l'ad Martis delle Alpi Carie alla pag. 77 e 81 . « La tavola Pentigeriana non ha pagine, perchè è fatta in- « cidere in rame in forma di lenzuolo, in quella guisa appunto <« che fu trovata nelle membrane nelle quali era scritta ; e il primo a pubblicarla fu Marco Velsen ; ed è poi stata ristam- << pata da Pier Bedrio, dall' Ornio, ed ultimamente nella edizione «< VERTENZA INTORNO ALLA SERIE DI VESCOVI DI SPOLETO 581 fatta in Olanda dal Bergier delle vie dell'impero Romano. L' Iti- « nerario d'Antonino fu ristampato da Pier Bedrio nel 1619 e « non male, lungi dall'età nostra, da Emanuele Schelytrace col- « l'aiuto de'codici Vaticani ; e presso l'uno e l'altro si legge ad « Martis, come nell'edizione del Surito . « Faccia grazia di una copia dell'iscrizione ritrovata ad « Acquasparta ; e di ogni altro che ritrovasse . « Tutti la riveriscono ed io mi rassegno « Devmo. et Obbtimo. Serv. « Dom. Giorgi ». « Ilmo. Sig. Sig. Prond. Colin . « Mi rallegro infinitamente che tntti noi due abbiamo nel tempo istesso convenuto che nella iscrizione trasmessami debba « leggersi alla seconda linea in luogo di CIVI , CLV, ch'è il « nome della tribù Cluentia. E lo dimostra l'iscrizione stampata « dal Medula , e dagli altri , ed io lo farò vedere con altre ra- « gioni. Ma avrei un gran piacere che anche questa iscrizione « fosse adesso in certa natura, e visibile , perchè nella penultima << linea presso il Manuzio si ha L. Tulio privato patrono, e « presso il Grutero e il Merula in luogo di Patrono si legge « Patre. Vegga quanto importa, che si conservino le iscrizioni. « Del resto in questi giorni ho scritto molti scartafacci sopra « l'iscrizione trasmessami, ed avrò gran piacere di riceverla fe- « delmente copiata dal suo originale, perchè non mi piacciono << alla seconda linea del marmo le parole Hoestate che sono « nell' epigrafe fatta a Pullicia moglie di L.. Julio Marciano . Quando ella ritornerà in Roma, ed anche sarò ritornato da fuori, leggeremo alcune cose carine intorno alle predette iscri- « zioni. « « « Intanto raccolga tutto quello che può, mentre mi farà un gran favore, ed estinguerà la mia sete ; e riverendola per parte. « de' miei, mi rassegno « S. S. et A° . « Dom. Giorgi »> 582 P. CAMPELLO DELLA SPINA Parmi dunque posto in sodo come mancassero di solido fondamento le ragioni svolte dai sostenitori del Lascaris, tra i quali ve ne fu uno che non rifuggi dallo stampare alla macchia, cosa singolare in quei tempi, un opuscolo in cui principalmente vengono presi di mira lo storico spoletino e suo figlio Solone . Il libercolo ha per il titolo Apologia per li due Santi Brizii vescovi della Città di Spoleti, conta 58 pagine in dodicesimo. Non porta nessuna indicazione di luogo o di anno, ma la data ce la indica la seguente lettera del Battelli ultima tra quelle da me rinvenute : « a « « Ilmo. Sig. e Pne. mio Ossmo . « L'Opuscolo, che V. S. Illma . mi accenna, capitò molti giorni sono alle mie mani, et io ebbi ancora la curiosità di « leggerlo, mentre un pezzo fa ebbi qualche ingerenza nella materia, com' Ella sa . Non si può negare che sia scritto con qual- <« che acrimonia ; ma questa riflessione appunto mi muove à credere, << che non sia stato composto da Mons. Ilmo. Vescovo, la di « cui moderazione mi è ben nota . Nel resto la Controversia richiederebbe di essere una volta ò finita per amichevole com- << promesso, o decisa per decreto della Sac. Congreg. , in cui fu da principio introdotta, e questa forse sarebbe la strada più spedita, e sicura . E confermandole la mia vera osservanza , «< « « bacio a V. S. Illma . divotamente le mani. « D. V. S. Illma . « Roma 10 Settemb. 1721 « Divotmo. e Obligatmo. Servre. El Battelli Arciv. di Amasia ». Tale apologia era già alla luce quando Solone Campello dettò il volume di cui ho tante volte parlato, sicchè più volte vi risponde e vivacemente quando difende la memoria del padre accusato di aver denigrato nella sua istoria la memoria di G. F. Leoncilli . Mostra che al contrario il Campello in più luoghi con lode lo e VERTENZA INTORNO ALLA SERIE DI VESCOVI DI SPOLETO 583 cita , e quando da lui dissente, lo fa con riguardo portando le « ragioni in contrario » (1) . Nelle tre questioni rimase dunque accertata storicamente la vittoria ai difensori dello autore delle istorie di Spoleto, oggi più che mai confermata dal meraviglioso progresso degli studî intorno ai primi secoli del cristianesimo condotti dal grande de Rossi, dal Duchesne, dal benedettino Morin, dal Le Blant e altri, da i quali studi si è sicuri che nessun documento si trova riferibile ai vescovi spoletini anteriori a Ceciliano, il corrispondente di papa Liberio, governante la sede nostra dal 352 al 380. Nessuna autorità trovandosi, dunque, per contradire alla tradizione , essa può essere mantenuta per S. Brizio apportatore a noi della buona Novella. Ma non possono contarsi due vescovi di questo nome, poichè sempre di un solo si trova ricordo sino alla fine del secolo XVI. Ciò detto sia perdonato a me aver disotterrato una questione storicamente vinta dai difensori di Bernardino Campello, ma materialmente giudicata a favore de i suoi contradittori, dappoichè la sala episcopale mostra anche oggi i ritratti di due santi Brizii, e ciò che anche più monta, il volume : Officia propria Sanctorum pro Archidiocesi Spoletana, edita nel 1884 preceduto dalla Serie chronologica omnium Spoletanae Ecclesiae Sacrorum Antistitum ex authenticis documentis deprompta porta : >>> - « I. — S. Brictius I Hierosolymit. C. a B. Petrum Aplorum Princ. A. R. S. 53 totius Umbriae Metropolita consecr. « IX. -S. Brictius II Arch. C. Antioch. an. 304 ab eod. el. ad beatam immortalit. transit an. 350 » . Mi sia inoltre permessa la speranza che dalla pubblicazione di queste carte dimenticate, ne segua un pratico risultato. Voglio dir questo, di persuadere il dotto prelato che oggi regge la spoletina diocesi , della cui benevolenza tanto mi onoro, ch'egli farà opera meritevole a far cancellare l'effigie di un santo che non ha mai esistito, facendo ad un tempo restaurare gli altri ritratti assai danneggiati dal tempo nella grande sua aula. Aggiungendovi anche i due suoi ultimi antecessori, uno dei quali vi è adesso appeso (1) Ragioni della Città di Spoleti pag. 50 . 584 P. CAMPELLO DELLA SPINA in cornice, l'altro, monsignor Domenico de' conti Cavallini, manca del tutto comechè la sua memoria viva in quanti ne conobbero le rare doti della mente e del cuore. PAOLO CAMPELLO DELLA SPINA. 585 DI ALCUNE ANTICHE PITTURE DI SPOLETO L'abate Broussolle, di cui abbiamo già annunciato un ricco. e simpatico volume (anno II , fasc . II - III , pag. 593 e segg. ) di cose umbre, ha pubblicato recentemente, sotto il titolo « À PROPOS DE QUELQUES VIEILLES PEINTURES DE SPOLÈTE » , nel periodico francese L'Université catholique (nouvelle serie, Tome XXIII, pag. 389-426) , uno studio sulle più antiche pitture di Spoleto . Diciamo subito che è un lavoro fatto con molta dottrina, con sani criteri e con ottimo metodo, come raramente vediamo uscirne dalle penne degli stranieri, i quali, troppo spesso, si impancano a parlare di cose nostre con maggiore prosunzione che fondamento di studi. Il Broussolle, invece, con forma brillante , la quale non esclude l'acutezza dell' osservazione, e con rigore scientifico, pur protestando tutto il suo abborrimento, un po' ameno invero, per le ricerche delle date e dei nomi, forma un esatto catalogo delle più antiche pitture di Spoleto, la vecchia città umbra, anche sotto questo aspetto tanto interessante ; al quale catalogo dovrà ricorrere, omai, chiunque voglia trattare delle più antiche opere del pennello, non solo di Spoleto, ma d'Italia . E diciamo d'Italia, poichè il metodo dei confronti, sussidiato oggi validamente dalla fotografia isocromatica e speriamo in breve da quella a colori , confronti scrupolosi e frequenti, è l'unico che possa efficacemente condurre a risultati storici positivi , là dove difetta il lume dei documenti. E il lume dei documenti manca, quasi sempre, in quel buio pesto che è, troppo spesso, la storia artistica dell' alto Medioevo. Le più antiche pitture di Spoleto erano state descritte, prin- 586 G. SORDINI cipalmente, dal Sansi e dal Guardabassi. Il Broussolle le descrive. e le studia da artista e da archeologo, cioè , con amore e con discernimento. Benchè, come ho accennato, non trascuri alcuna delle più antiche pitture di Spoleto, pure egli prende di mira in modo particolare, le pitture murali della cripta dei Santi Giovanni e Paolo, della cripta di S. Ansano e della chiesa di S. Paolo. Tutti e tre questi cicli di pitture, per il Broussolle, sono molto antichi ; ma è evidente l'impaccio dell ' A , per la mancanza di elementi positivi , nell' assegnare a ciascuno il suo carattere tecnico- storico, anche approssimativo . Lasciando le pitture di S. Paolo, sulle quali non possono le contestazioni essere gravi , conoscendosi la data della consacrazione della chiesa ed essendo il carattere loro abbastanza determinato, dove non si può assolutamente convenire è nel giudizio che l ' A. dà di quelle dei Santi Giovanni e Paolo, che vorrebbe anteriori all' XI secolo ( pag. 417, 419 e 426) . Invece, deve ritenersi per certo, oggi, che la esecuzione di questi dipinti non è anteriore alla fine del XII secolo . La forma dei caratteri di tre brevi iscrizioni , sfuggite alla diligenza dell' A. , esistenti nel dipinto, non possono lasciar luogo a dubbi di sorta . Anzi, quelle lettere sono tali che potrebbero condurci benissimo anche ai primi anni del XIII secolo, se ragioni storiche assai gravi non imponessero di seguire, piuttosto, la prima sentenza. Una di queste iscrizioni leggesi nel libro aperto del Redentore, e dice : ego SUM PASTOR BONUS. Le altre due ci danno, abbreviati, i nomi dei due Santi titolari e si leggono ai piedi delle figure centrali : a sinistra S. IOнS ; a destra s . PAULus. Per i dipinti della cripta di S. Ansano, difettano ancora seri elementi a chi voglia assegnare loro una data certa o , almeno, verosimile poichè ad invecchiare le pitture, non vale il solo carattere della rozzezza che le impronta, come non valeva , lo abbiamo visto, la ricchezza archeologica dei vestimenti con cui sono abbigliati i personaggi dipinti nella cripta dei Santi Giovanni e Paolo, e nella quale ricercatezza il Broussolle trovava, pag. 417, un argument des plus sérieux en faveur de l'antiquité de notre peinture. La maggiore o minore perizia dell'artista, la differenza di paese e di scuola, sono elementi di fatto che, al tirar dei conti, possono revesciare qualsiasi più dotta e ingegnosa ipotesi . DI ALCUNE ANTICHE PITTURE DI SPOLETO 587 Certamente però, le pitture di S. Ansano sono di molto anteriori a quelle dei Santi Giovanni e Paolo, e potrà averne non poco vantaggio la storia dell' arte, il giorno in cui sarà permesso assegnare con sicurezza una data anche ad esse ; potendosi così stabilire, almeno, un terminus a quo per il tanto contestato edifizio che le contiene. Un termine di confronto, anche per le pitture di S. Ansano, oggi può trovarsi nell' ipogeo cristiano recentemente scoperto sotto il Duomo di Spoleto, dove sono traccie di antiche pitture, che sembrano nate a un tempo con alcune di quelle . E maggiori e più efficaci potrebbero aversene, se si desse mano allo sgombro di antichi ipogei barbaramente, ma forse provvidenzialmente, fatti murare nella seconda metà del XVI secolo, in questa stessa città, da un Vescovo di Gaeta, mandatovi dal Papa come Visitatore Apostolico. E noi ci auguriamo che ciò avvenga presto, prima cioè, che il Broussolle torni in Italia e nell'Umbria per continuare, come egli stesso ci avverte, i suoi studi sulle cose nostre. E in questa, anche per noi grata occasione, gli raccomandiamo non solo un accurato confronto delle pitture di S. Ansano con quelle dell' ipogeo del Duomo, dal quale confronto potrà scaturire nuova luce per le une e per le altre ; ma vorremmo altresì che riprendesse in esame alcuni dei fatti da cui ha tolta materia al suo studio e da lui esposti con qualche inesattezza . Così vedrà , ad esempio, non esser vero che della pittura esistente in Via della Salara vecchia (non Via salaria vecchia), pag. 393, e recante la data 1375, n'en reste plus maintenant que le vague contour des vêtements et le dessin des membres inférieurs . Essa, invece, è ottimamente conservata e vorrebbe solo essere nettata dalla polvere. Così , pag. 397, les marques assez visibles d'un terrible incendie nella chiesa di S. Concordio o del Crocifisso, sono in alcune colonne mezzo calcinate, non nelle cimaises toutes noircies des portes e nell' entablement du presbyterium. La trabeazione del presbiterio è bianca e intatta ; e quanto alle cornici superiori delle porte esterne, esse sono annerite da vecchi licheni nativi sopra. L'Artista che dipinse il Crocifisso del 1187 non è Soti, pag. 399 e 402, ma Sotii. La trasformazione di S. Paolo non è avvenuta nella Renaissance, pag. 400 , ma, purtroppo, nel secolo scorso. Le sculture di Ferentillo segnate - - - 588 G. SORDINI - Ursus Magester, pag. 405) non si possono attribuire al X secolo, perchè o si ammette l'identità dello scultore che esegui quelle di Valpolicella , ugualmente segnate Ursus Magester, e allora bisogna farle risalire alla prima metà dell' VIII secolo : o non si ammette, e allora quelle sculture possono scendere anche al secolo XII, in cui, nello spoletino, trovansi esempi somiglianti, datati . Che a S. Ansano, pag. 408 , autrefois s'elevait un temple païen, non solo si è detto, ma si può constatare da chiunque ne abbia volontà, essendone ancora visibile parte del basamento e gran parte della trabeazione . Il che, naturalmente, ci obbliga a ritenere l'esistenza delle colonne o dei muri esterni, nascosti entro il muro moderno . Come si chiamasse, in origine, la chiesa di S. Ansano, pag. 410, non si sa. Certo le sue memorie più antiche hanno rapporto con S. Isacco, al quale preesisteva ; e fu, poscia , alla dipendenza dell' Abbazia di S. Giuliano ; ma le ossa di S. Isacco non vi furono trasportate che nel XVI secolo, quando i Canonici Lateranensi vi si trasferirono da quell'antica Abbazia. - E il Monastero di S. Giuliano, non fu costruito nel 528 con le liberalità di S. Gregorio Magno, ma con quelle di una Gregoria Vergine spoletina, che la tradizione vorrebbe esser la stessa di cui S. Gregorio Magno fa menzione nei suoi Dialoghi. E altre piccole emende potremmo notare, ma ce ne asteniamo per non sembrare troppo pedanti e perchè servirebbero soltanto. a dimostrare le infinite difficoltà che incontrano anche i meglio preparati e i più coscienziosi , come è appunto l'Abate Broussolle, a scrivere di cose straniere e lontane . - G. SORDINI. 589 ANALECTA UMBRA Nel Bollettino precedente si è ricordato lo studio del prof. Pratesi su la battaglia fra Totila e Narsete nel 552. Una nuova opinione ora manifesta su tal fatto storico , o meglio , un nuovo quesito propone il Tenente- colonnello Augusto Giacosa in Le comunicazioni d'un Collega ( a. IV, num. 3-4 ; marzo- aprile 1897) : anzichè di Tagina o d'altrove, dovrà dirsi La battaglia di Sentino? Con savie ragioni egli inclina a credere che il combattimento avvenne nel territorio sentinate , tanto più che in agrum Sentinatem lo pone Tito Livio, e iuxta Sentinatum regionem Polibio. Qui limitiamoci a riferire la sua conclusione : << Io ho preso parte a diverse fazioni incruente durante le manovre di campagna tra Fabriano e Gualdo Tadino , e dall'alto del Colle di Fossato si può avere un'idea della topografia della dorsale verso Monte Cielo ; e mi sembra che colassù grosse masse con cavalleria debbono manovrare molto a disagio. Narsete che muove alla conquista d'Italia occupata da guerrieri , com'erano Totila e Teia e tutti quanti i Goti, non doveva avere un esercito tanto piccolo, benchè nessuno ne indichi la forza. Narsete era accampato nella pianura sentinate : Totila gli si avvicinò a due tiri d'arco ; un piccolo colle li separava ; il campo della lotta era cosparso di tombe di antichi Galli . Quindi il fatto d'armi dovette svolgersi nella piana forse verso Bastia ( in loco quidem plano, dice Procopio) , al piede dei monti, ove veramente Narsete poteva prendere formazione regolare di combattimento, cogli arcieri alle ali e gli onagri e le baliste intramezzati fra le coorti , secondo i precetti di Vegezio ; e la numerosa cavalleria dei Goti avanzarsi in linea alla carica, seguita dalla fanteria in ordinanza. Dunque la battaglia dovette aver luogo ad est, non ad ovest degli Apennini ; sul territorio dei Sentinati, non su quello dei Taginati : e siccome Sentino trovavasi più presso al luogo del fatto che non Ta37 590 ANALECTA UMBRA gina, distante circa 100 stadi ( chilom. 19) e Sentino era città antica e storica e famosa ed importante, che non fosse il borgo di Tagina, così sembrerebbe che si dovesse dire Battaglia di Sentino. Nell'atlante del Kausler è detta di Lentogio ; nel testo dello stesso è detta invece di Tagina . L'a. si propone di recarsi sui luoghi a Sassoferrato ed a Gualdo Tadino, << perchè sul luogo dei fatti le cose si vedono talora diversamente e può darsi che siano come le ha esposte il ch. prof. Pratesi » . Ma a Gualdo non trascuri la leggenda che narrano i contadini del piano ampio che si distende innanzi alla piccola città ; è la leggenda di un esercito vinto e fugato , del duce ferito e poi morto, della sepoltura che al suo corpo dierono i soldati suoi nel letto di un fiume , del quale deviarono per un momento le acque. E altri particolari molti e curiosi gli narreranno i contadini della Capraia, quei particolari medesimi che raccontarono a chi ne diè notizia nell'Archivio storico per le Marche e l'Umbria, vol. I , fasc. 4, pag. 770 e seg. Questa breve comunicazione, ch'è in forma di lettera al prof. Bryce dell' Università di Oxford , qui ricordiamo, perchè della leggenda, ci sembra, non s'è tenuto finora il debito conto. Null'ultimo fascicolo della Rassegna bibliografica della letteratura italiana, 1896 , pag. 318 e sgg. , il prof. F. Novati ha inserita una nota Sul riordinamento dello studio Fiorentino nel 1385. È stato detto e ripetuto finora che in Firenze si pensò nel 1383 a riaprire lo Studio e che dalla Signoria fu inviata ai reggitori di Perugia una lettera cou preghiera di permettere a Baldo, il famoso giurista , il ritorno a Firenze per darvi lezioni di diritto . L'errore dell'anno si propagò, ed ora vien corretto dal Novati che di sul cod . Magliab. , II , III , 342 , ristampa la epistola ai Perugini, purgatala dagli errori onde ne fu deturpato il testo nelle edizioni anteriori , con la giusta data di « Florentie, die XIX Julii , VIII Ind. MCCCLXXXV » . Ma Baldo non si recò a Firenze ; ed allora fu chiamato al suo posto il fratello Angelo, « il quale, sprezzando i decreti del Comune di Perugia, che l'aveva relegato per cinque anni a Padova, ha rotto i confini , s'è recato a Siena a macchinarvi cogli altri fautori de ' Michelotti contro il governo della patria, ed è passato poi ad Arezzo a fungervi da vicario di quel vescovo ». La Signoria gl'ingiunse nel gennaio dell'86 di recarsi a insegnar nello Studio ; e qui, infatti, lo troviamo fin dall' 87 Lettore di diritto civile , con lo Zabarella, con Jacopo Folchi e con Cristoforo degli Onesti. Nella stessa Rassegna di quest'anno ( vol. V, fasc . 2-3 , pag. 58 e sgg. ) il professore A, D' Ancona ha preso in esame lo studio del prof. C. Trabalza Della vita e delle opere di Franc. Torti di Beragna, favorevolmente (ma con qualche appunto) giudicandolo. Nel fasc. 4-5 , pag. 117, sono - ANALECTA UMBRA 591 rivendicate al loro vero autore, Cesare Ragnotti, prof. di filosofia nel Liceo di Perugia, alcune epigrafi storiche, le quali il Biadego ha stampate nella memoria Un decennio di vita letteraria veronese (Verona, Franchini , 1897) , e il Fabretti avea pubblicate fra i Documenti alle Vite dei Capitani Venturieri. Ragnotti, dunque, e non Ragnoll o Ragnolli, come il Biadego stampa a pag. 77 e 80, e molto meno Ragnolti , come il Fabretti stampò. È uscito l'ultimo fascicolo del vol . II degli Annali di Gabriel Giolito (Indici e Cataloghi, XI, a cura del Ministero della pubblica istruzione) che Salvatore Bongi ha descritti con tanto esemplare diligenza e dot. trina. Di Giulio Gabrielli da Gubbio vè registrata (I, 266 ) la Orazione funebre di don Ferrando Gonzaga che dalla famosa tipografia uscì nel 1568 e da Giovanni Giolito fu dedicata a Gian Vincenzo Gonzaga priore di Barletta. Sette anni prima vide pei stessi tipi la luce un « Methodo di confessione » tradotto dal latino da Lodovico Gabrielli, pure di Gubbio ( II , 140) . E nell'anno medesimo 1461 Gabriele Giolito pubblicò le Historie di Ciprian Manente da Orvieto » ( II , 138) : il Bongi, dato il titolo dell'opera e citati i prezzi di varie vendite o stime, dichiara in una ottima nota il valor di quella Historia, della quale il Fumi avea largamente trattato nella prefazione al Codice diplomatico di Orvieto. Il vol. II apparve nel 1566 : è quello che comprende le Historie dal 1400 al 1563 e che il Fumi dichiarò meritevole di « qualche fede » . Questa seconda parte ( la prima il Manente dedicò ad Ottavio Farnese) reca la dedica ad Alessandro Farnese con la data del 1 ° settembre 1566 ( II , 239 : dov'è da correggere Ranghiaschi in Ranghiasci, nome che tutti i bibliografi hanno in vario modo e sempre orribilmente storpiato) . Una lunga nota su Cherubino da Spoleto è nel vol. II , pag. 191 e sg.: è bene che i nostri studiosi la conoscano ( ed anche ricordino , giacchè il Bongi l'ha dimenticata , l'eruditissima nota di mons. M. Faloci- Pulignani su codesto frate e su la Regola ecc. nella Miscell. francescana, vol. IV , pag. 142) . Scrive, dunque , il Bongi che se bene appaia nel catalogo delle stampe Giolitiane, possedute dal Gradenigo di Venezia, la « Compendiosa regola » di fr. Cherubino nella traduzione di Remigio Fiorentino (Venezia, Giolito , 1563 , in 4° ) , pure non ha creduto opportuno di ricordarla in questi Annali, perchè non è « riuscito di trovare nessun altro iudizio di tale edizione » e poi perchè non è possibile comprendere la traduzione volgare d'un'opera che dall'autore fu << scritta originalmente in volgare » . Erronea, dunque , è la indicazione del catalogo del Gradenigo, « di cui non sapremmo (continua il B. ) dare la spiegazione. Del resto , è moltissimo confusa la bibliografia di questo frate Cherubino' 592 ANALECTA UMBRA autore di due Regole, una detta Spirituale, l'altra Matrimoniale, moltissime volte stampate in più luoghi, ora divise ora insieme, a cominciare dal 1477 al 1878, nel quale ultimo anno il buon Zambrini ristampava la Regola Spirituale a consolazione della sua afflitta sorella ( Imola, 1878) . Delle quali edizioni una parte ha il nome dell'autore senza indicazione della patria ; in altre, forse più numerose, l'autore è chiamato da Spoleto. Gli Accademici della Crusca avendo riconosciuta la buona lingua dello scrittore, l'hanno ammesso come testo , ma hanno taciuto la sua patria, benchè i moderni pare che siensi accordati a dirlo da Siena. Lasciando che altri vogliano internarsi in questa ricerca, sulla quale non ci pare che siano chiari nemmeno gl'illustratori dell'ordine francescano, vogliamo aggiungere la notizia di una edizione sconosciuta, che veramente, nou che sviluppare, varrà ad imbrogliare sempre più questa arruffata matassa. Il cantimbanco Ippolito Ferrarese nel 1538 faceva stampare l'Opera santissima di fra Cherubino da Spoleto, affermando d'averla avuta in dono dal suo autore. Cosi almeno parrebbe da intendere il seguente titolo del rarissimo libretto , la cui notizia c'è venuto fatto di pescare in un catalogo ordinario di vendita : << Cherubino da Spoleto. All ' Illustre S. Vittoria Marchesa di Pescara, Opera santissima et utile a qualunque fidel christiano Donata per il detto a Ippolito detto il Ferrarese et stampata novamente a instantia sua » (Bressa, Domenico Turlino, 1538, in 8º) . È questo il solito fra Cherubino del sec. XV, che nella sua estrema vecchiezza potè comunicare col cerretano ferrarese ? O è un altro frate dello stesso nome e patria, egualmente scrittore di cose spirituali ? O è tutta una fandonia che Ippolito credette di far bere ai gonzi ed alla stessa Vittoria Colonna cui dirigeva il libretto ? Nissuno saprebbe dirlo . Certo è cosa singolarissima che una divota scrittura , dedicata alla più rispettata signora che allora fosse in Italia, si vendesse in banco per le piazze accanto alla Puttana errante > del Veniero che, precisamente in quello stesso anno 1538, il girovago cerretano aveva fatto stampare per conto proprio. Son tutti indizii della grandissima confusione dei costumi e delle opinioni che allora correvano in Italia » . Il prof. Crivellucci nei suoi Studi storici (vol . VI, fasc . I ) prosegue a trattare de Le Chiese Cattoliche e i Longobardi Ariani in Italia. Dall'Italia settentrionale passa a studiare l'Italia centrale e la meridionale e comincia con Narni, Terni, Bevagna, Spoleto, Norcia , Rieti , ecc . Si studia di accertare il tempo , in cui ciascuna città venne sotto i Longobardi a fronte di altre mantenutesi o credutesi romane ; rileva lo stato delle chiese, la forma di elezione dei vescovi, la estensione della loro giurisdizione territoriale, i possessi patrimoniali della Chiesa romana, e ANALECTA UMBRA 593 in genere le condizioni dei cattolici sotto la dominazione longobarda. Il ch. autore, valendosi di una erudizione vasta, chiarisce molte questioni difficili mal risolute dal Troya o trascurate da lui e da altri . -. Nel fasc. II della detta Rivista si legge un importante studio di F. Filippini La riconquista dello Stato della Chiesa per opera di Egidio Albornoz ( 1353-137) Nel primo cap. si discorre delle condizioni generali dello Stato pontificio nella prima metà del secolo XIV, della legazione di Bertrando del Poggetto, della rivoluzione di Cola di Rienzo e de' suoi effetti per il dominio pontificio , delle conquiste di Giovanni Visconti fino alla pace di Sarzana. Nel secondo cap. , date le notizie biografiche dell ' Albornoz fino all'assunzione al cardinalato , si espongono gli intendimenti di Innocenzo VI per l'impresa d'Italia e la nomina dell ' Albornoz a legato e vicario apostolico. Descritte le particolarità del viaggio in Milano , si arresta a Montefiascone, accenna alla venuta di Cola di Rienzo. Lo studio, molto interessante, sussidiato da documenti su' Regesti Vaticani , continua. È da notare il francese Giovanni d'Amelio scambiato con Giovanni d'Amelia frequentemente. Dall' infaticabile prof. G. Mazzatinti abbiamo la promessa mantenuta di darci l'inventario degli Archivi Italiani ( Gli Archivi della Storia d'Italia, Cappelli, Rocca S. Casciano) . Quest ' opera colossale dovrà incontrare il plauso generale, perchè diretta dall ' abile erudito non potrà riuscire se non degna della sua reputazione ; ma perchè giovasse allo scopo di illustrare la storia d'Italia, e non riesca di troppo grande mole e difficile ad andare per le mani di tutti , e perchè si avesse la certezza di vederla compiuta in pochi auni, non sarebbe stato miglior partito , tralasciare , almeno in una prima parte, gli archivi dei piccoli luoghi ? Nel 1° fascicolo notiamo con compiacenza gli archivi di Bettona, Spello e Gubbio benissimo indicati. L. F. Intorno all ' Esposizione Eucaristica di Orvieto è uscito testè un bel libro in 8° , coi tipi Tosini, di pag. 168. Chi visitò quell' Esposizione, leggendo questo libro crede di trovarsi ancora in mezzo alla grau sala Bonifaziana e vede le vetrine come erano distribuite , intorno e in mezzo e per lungo e per largo di essa, e si rappresenta davanti tutta la serie dei ricchi oggetti, divisi per gruppi a seconda del punto di collocazione. I primi tre gruppi sono oggetti d'arte : il 4° contiene glittica- numismatica-sfragistica ; il 5º codici e pergamene originali, distinte in corali e in membranacei, e pergamene originali. Le città e i luoghi dell'Umbria rappresentati in questa mostra furono i seguenti : Amelia, Assisi, Bar- 594 ANALECTA UMBRA dano, Bevagna, Case Mascie, Città di Castello, Città della Pieve, Civita Castellana, Collescipoli , Corbara, Foligno, Fratta Todina, Gualdo Tadino, Gubbio, Mongiovino, Montegabbione, Narni, Nocera, Orvieto, Perugia, Poggio Mirteto, Pornello, Rieti , Spello , Spoleto, Stroncone, Terni, Todi, Torre S. Severo. Il libro non consiste già in un semplice elenco di oggetti, ma ne fa la descrizione tecnica, ne riporta le leggende, ne fa spesso la storia, e per via di opportuni raffronti e ravvicinamenti ne fa, in certi casi , la critica, indicando opere e scritti che ne parlano e fotografie e disegni che li riproducono. Il cav. architetto Paolo Zampi che con tanto amore curò la ricerca , la collocazione e la custodia degli oggetti per questa Esposizione, non poteva da alcun altro essere uguagliato nell'arte di illustrarli . Questo suo libro si rende assai interessante alla storia ed all'arte italiana non solo , ma anche a quella straniera. E giustamente, appena uscito , ha incontrato buona accoglienza. Certo tale opera avrebbe un pregio infinitamente maggiore se dei principali oggetti recasse la riproduzione ; ma a ciò , in parte, sopperisce il lavoro dell ' Erculei nell'Arte decorativa ed industriale, periodico milanese diretto dal Boito, dove le riproduzioni di stoffe e oreficerie sono quasi sempre riuscitissime buone anche quelle in colori . Le fotografie fatte eseguire dal Ministero della pubblica istruzione, nonchè quelle del Moscioni e di altri, potranno fornire agli amatori il mezzo di studiare a fronte del catalogo Zampi gli oggetti più meritevoli. Avremmo tuttavia desiderato che almeno fosse riprodotta la pianta dell'Esposizione, che sarebbe riuscita vantaggiosa a chi studia il catalogo sulla guida topografica della gran sala papale di Orvieto, e un bel ricordo . Notiamo qui un opuscolo uscito dopo la pubblicazione suddetta ; è di M. Barbier de Montault, ed è intitolato : Les Émaux de Limoges a l' Exsposition d'Orvieto (extrait du Bulletin de la Société Scientifique, Historique et Archéologique de la Corrèze, vol. XIX). Il prof. Andrea Moschetti, studiando Due cronache veneziane rimate del principio del sec. XV ( Padova, Draghi, 1897) ha occasione e ragione di avvicinarle ad altre cronache rimate italiane e , particolarmente, a quelle di Giovanni Santi e di Lorenzo Spirito . Dell ' Altro Marte è dato a pag. 30 il titolo qual'è nella rara stampa Vicentina del 1489, ed è pur notato che ne esiste un ms. contemporaneo nella Comunale di Verona. Il dott. G. Biadego aveva già descritto questo cod. nei Catalogo dei mss. della stessa biblioteca (Verona, Civelli , 1892, pag. 122 e seg. ) , e n'avea riferiti il principio e la fine : Incomincia il libro chiamato Altro Marte composto e facto per mano de me Lorenzo Spirito da Perosa. A lo illustrissimo conte Jacobo Piccino. A. D. MCCCCLXIII. Felix ANALECTA UMBRA 595 Fenix > : « Qui feniscie l'ultima parte del libro chiamato altro marte composto per me lorenzo spirito da Peroscia e scripto per mia propria mano finito a di quattro di septembre nel mille quattrocento sexanta tre . Deo gratias. Amen. LAURENTIUS SPIRITUS » . È il caso di pensare che questo (pensa così il M. ) sia il ms. autografo ?: o piuttosto che dell'autografo sia copia fedele ? « Gli accresce importanza ( aggiunge il M.) il fatto che esso presenta parecchie varianti di fronte al testo stampato, e specialmente che buona parte di que' versi , non pochi veramente, i quali nella stampa sono errati , nel ms. invece rispondono alle regole della metrica » . Notisi che della cronaca del Perugino è qua e là fatto cenno soltanto per la forma, e che ben poco se e dice del valore intrinseco nelle ultime pagine del libro . La « leggenda del Feliciano di Pierangelo Bucciolini, così citata dal M., è la leggenda di san Feliciano , martire e protettore di Foligno, che nell'82 fu pubblicata dal prof. A. Mancinelli nel Propugnatore, vol. XV, parte I. E pure il Moschetti ricorda in nota lo studio di M. Faloci- Pulignani nell' Arch. stor. per le Marche e ' Umbria, IV, 1888 ( non 1880) , pag. 198 e sgg. -- Nel vol. V delle Poesie di mille autori intorno a Dante Alighieri (Roma, Forzani , 1897) , Carlo del Balzo ristampa alcuni passi dal Viaggio di Parnaso, dall ' Esequie di Mecenate e dagli Avvisi di Parnaso di Cesare Caporali, ne ' quali passi è citato il divino poeta . Più ch'altro a noi interessano le notizie biografiche del Caporali ( pag. 351 e sg. ) , sulle sue opere e di queste la diligente bibliografia ( pag. 358 e sg. ) . A pag. 539 e sg. sono riprodotte due stanze de La Franceide di Giambattista Lalli di Norcia, di cui e della Moscheide e dell' Eneide travestita son date brevi, ma buone, notizie . Della Franceide, poema non didattico , « ma interamente epico » , è riferita succintamente la tela : cosi della Moscheide , che è giudicata superiore all'altro poema. Modesta, ma utilissima e garbata la breve monografia del prof. A. Pinetti l'ita e Opere di Cesare Caporali, (nella Favilla, fasc . del gennaioluglio 1897, pag. 347-372) . Qui la Vita è più ampia di quella che narrò il Cavallucci e fu preposta alla edizione perugina delle Rime (pei tipi di Cesare Orlandi , 1770) : delle opere sono bene esposti il contenuto e le fonti , ed è felicemente dichiarato il carattere delle Rime. Sappiamo che l'Accademia Spoletina degli Ottusi, per facilitare la consultazione delle opere del barone Achille Sansi, ha dato incarico al dott. Pasquale Laureti di compilarne l'Indice analitico . Il pensiero fu ottimo e ce ne rallegriamo molto con quell'Accademia, la quale ha vo- 596 ANALECTA UMBRA luto così provvedere a un sentitissimo bisogno. Il lavoro è già molto innanzi e verrà pubblicato nell'anno prossimo. Del Sotterraneo della Chiesa Ugoniana del 1028 esistente sotto la cattedrale di s. Rufino vescovo e martire di Assisi, dà una importante relazione il can. G. Elisei nel num. 8 degli Atti dell'Accademia Properziana del Subasio. La chiesa d' Ugone fu costrutta non più tardi del 1028 sopra un'altra chiesa del IV o V secolo, detta di Basilio , che, secondo il Di Costanzo e il Cappelletti , fu vescovo nel 412 : su questa d'Ugone fu innalzata la presente Cattedrale nel sec . XII su disegno di Giovanni da Gubbio. I simboli scolpiti nella pietra del sec . VIII o IX < posta nel muro della primitiva basilica >> son qui descritti e interpretati. Della scoperta preziosa ha il merito l'a . che operò gli scavi e rimise alla luce un monumento di altissimo valore, sul quale gli storici di Assisi avevano detto imperfettamente ed errando. Di Giovanni Muzi , vescovo di Città di Castello, ha scritta la biografia il can. Giacinto Faeti ( Città di C. , tipogr. cattolica , 1897, in 4º, pp. 11 ) e l'ha dedicata a mons. Aristide Golfieri pel suo ingresso alla stessa sede vescovile. Il Muzi fu eletto vescovo di C. nel 1825 : era nato in Roma nel 1772 e mori a Spoleto nel 49. Dotto nelle scienze sacre, laureato in filosofia e teologia, professore a Magliano in Sabina e nel Collegio Romano, Consultore della Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari : poi nel 17 Uditore di mons. Paolo Leardi Nunzio a Vienna, e quindi Internunzio presso la stessa corte : Arcivescovo titolare di Filippi nel 23 e Vicario apostolico nel Chili (ebbe allora a segretario il Mastai, poi Pio IX) ; quindi , come s'è detto, Vescovo di Tiferno nel 25. Dal 42 al 44 pubblicò le Memorie stor . , eccles . e civili di C. di C. , eruditissima foute di storia cittadina. Delle virtù e delle opere che esercitò e compiè in quelli anni di episcopato, il Faeti dice con ampiezza e con lode giusta ; e a perpetuarne la memoria sta la inscrizione presso la porta della Cattedrale della stessa città. Alla pubblicazione splendida di Marcello Reymond su La sculpture Florentine: Les prédécesseurs de l'Ecole Florentine et la sculpture Flor. au XIV siécle (Firenze, Alinari , 1897 , in fol . ) succede l'altra non meno ammirevole su Les Della Robbia (ivi , 1897) . Qui s'addita per la illustrazione delle opere robbiesche che conservansi nella nostra regione e nel Museo di Città di Castello. Una di queste è molto ben riprodotta nell' Emporium, vol. V, num. 38 , pag. 478 : è appunto a Castello e rappresenta la Vergine col bambino circondata da angeli entro ad un tondo di foglie, frutta e fiori.
 Nel num. 7 ( 24 luglio) della Rivista urbinate Il Raffaello, il prof. E. Calzini ha dato un largo resoconto della conferenza letta dal prof. G. Mazzatinti in Urbino nel maggio scorso : Gubbio sotto i Duchi di Urbino. Del periodo storico , ricchissimo di fatti e di produzioni artistiche, che va dal 1384 al 1624, cioè a quando Gubbio fu sottoposta alla signoria della Chiesa , avea fuggevolmente toccato il Reposati nella storia Della Zecca : poche notizie n'avean date i cronisti eugubini. Particolarmente per la storia dell'arte , il M. ha diviso questo periodo in due età distintissime : illustrarono la prima Ottaviano di Martino, il pittore che fu a'servigi di Caterina Colonna ed operò anche in Urbino, Luciano di Dalmazia ( comunemente, ma erroneamente, detto Luciano di Laurana o di Lovrana) che costrusse a Gubbio il palazzo ducale, Guerriero de ' Campioni cronista, Guido Pecci, Ludovico Lazzarini e Cleofe Borromei letterati e poeti : illustrarono l'altra pittori come i Merlini , i Nucci, i Damiani ; scultori come i Maffei, i due Casali ed il Brizio ; molti zecchieri e moltissimi costruttori che lasciarono esempi durevoli di quell'architettura ducale, con fregi ed ornati in pietra serena , che si sovrappose alla severa architettura medioevale. E tutti questi artisti , fra i quali primeggiano Maestro Giorgio ed il Prestino, s'accoglievano attorno alla Colonna e alla Sforza, a Federico , a Guidubaldo ed a Francesco Maria, che protezione e favori larghissimi concessero all'arte e alla cultura locale . Per ciò intimi e tenaci furono i vincoli di affetto e d'obbedienza che strinsero Gubbio ad Urbino ; e ne diè prova la forte città , specialmente quando offerse armi e ricchezze al Duca per difendersi contro Cesare Borgia e Lorenzo de ' Medici . La couferenza del M., come il Raffaello la riassume, costituisce l'orditura di un vasto racconto della storia di Gubbio sotto la signoria de ' Montefeltro e dei Della Rovere. (Cf. Il Corriere Metaurense, a. XIII , num. 18, 23 maggio 1897) .

 Nello stesso Periodico, num. 6-7, il conte L Manzoni pubblica due lunghe lettere al can . A Vernarecci Sul ritratto di Cesare Borgia detto il Valentino, attribuito a Raffaello Sanzio, per dimostrare che non deve essere giudicato opera del Pinturicchio o dell ' Urbinate. O non era forse noto, e da un pezzo , che quel ritratto della Galleria Borghese è senza dubbio del Bronzino ?

 Nel Giornale Araldico-geneal, diplomatico di Goffredo Crollalanza (Nuova serie, tomo V, uum. 9-10 ) leggesi una memoria di Francesco Franceschetti intitolata : La famiglia dei conti Fracanzani di Verona, di Vicenza e di Este, con notizie dei loro antenati nobili Tiberti di Città di Castello . I Fracanzani traggono origine dai Tiberti , di cui si hanno notizie certe dal secolo XIII. L'a. si è valso di un ms. della famiglia Tiberti di Città di Cast. compilato da Alessandro Certini nel 1725 ; Genealogia dell'antichissima famiglia Tiberti di C. di C. L'albero genealogico dei Tiberti è dato nelle prime cinque tavole.

 L'abate Alberto Gibelli ha data alla luce un'ottima Monografia dell'antico monastero di s. Croce in Fonte Avellana (Faenza, Conti, in 8º , pp. 421) , della quale Girolamo Rossi diè conto nella disp. I dell'Arch. stor. ital. di quest'anno . Il cenobio , com'è noto, faceva parte della diocesi di Gubbio. Le cronache antiche ne dicono fondatore un eugubino, Ludolfo o Candolfo ; e la notizia ripeterono gli scrittori di storia nostra ed ecclesiastica fino al secolo scorso. Il Jacobilli , anzi, e l ' Armanni asserirono che codesto Ludolfo fu della nobil famiglia Pamfili. La chiesa fu consacrata nel 1197 (ne fu compiuta la costruzione nel 1171 ) con solennità straordinaria, chè v ' intervennero i vescovi Raniero di Città di Castello, Viviano di Perugia, Vido di Assisi, Marco di Gubbio , Ugo di Nocera, ed altri vescovi della Marca d'Ancona. Ma tutta la storia , così ampiamente esposta, del famoso monastero ha stretta attinenza con la storia civile ed ecclesiastica della nostra regione e in particolar modo di Gubbio. La serie dei documenti (sono in tutti 62) comincia dal 1049 e giunge al 1633. Le biografie de ' priori sono 30, dal 982 al 1320 : seguono quelle degli abati claustrali e commendatari , n. 15 , e degli abati benedettini-camaldolesi , n . 38 , dal 1570 al 1863.

 A pag. 240 e segg. degli Atti del sesto Congresso storico italiano, Roma 19-26 settembre 1895 ( Roma, 1896) è pubblicata la relazione dell'opera della nostra Società nel suo primo anno di vita.

 Ancora di s. Francesco d'Assisi torna a discorrere il prof. Ildebrando Della Giovanna nel fasc . 86-87 del Giornale stor. della lett. ital. a proposito della memoria di L. Mariano su Francesco d'Assisi e alcuni dei suoi più recenti biografi (Napoli, 186, pp. 208 : Estr. dagli Atti dell'Accad. di scienze morali e politiche della Società R. di Napoli ; dove trattasi dello studio del Bonghi , della Vita del Sabatier e dell'opera del Thode) , e della risposta che all'articolo suo ( in Giornale cit . , fasc . 73, pag. 43 e sgg.: cfr. questo Bollettino, 1, 434) fece mons. Faloci- Puliguani nella Miscell. francescana, VI, 43 e sgg. Il prof. D. G. conferma con altre osservazioni la conclusione a cui in quell'articolo era perve- ANALECTA UMBRA 599 nuto ; che cioè « non si può dubitare che s . Francesco abbia composto quasdam laudes creaturarum, perchè ciò è ripetutamente confermato da Tommaso da Celano che fu compagno del Santo : ma s'ha da credere che la lauda in volgare, pervenutaci col nome dell'Assisiate , sia, tutt ' al più , un'eco fedele di quella ch'egli compose e che, se doveva far seguito alla Laus Creatoris, forse fu dettata parimenti in latino : il cod. assisano 338 è di più mani, e la parte che contiene le Laudes creaturarum è scrittura del primo trecento ; lo Speculum perfectionis è compilazione sospetta, posteriore forse all'opera di Ubertino da Casale, che è del 1305 » . In fine è dato il testo della lauda in volgare, che lievi differenze presenta confrontato cogli altri testi già editi e collazionato sul codice di Assisi . Garbato l'articolo del prof. G. Lesca Il cavaliere della povertà e dell'amore in La biblioteca delle scuole italiane, a. VII, serie I , num 5-6 ( Alba, giugno-luglio 1897 , a proposito della Vita di s Franc. di Paolo Sabatier. Nel fascicolo precedente di questo Bollettino, pag 400 , fu fatta menzione della stampa di un ms. d'Assisi a cura del dott . R. Truffi . Annunziamo che l'accuratissima edizione è apparsa in un opuscolo di pag. 42 (Urbino, Arduini) col titolo Un trattato del trecento dell'arte di dipingere su retro. Il prof. Getulio Ceci ha pubblicato un gruppo di Documenti sui diritti del Comune nel Brefotrofio di Todi ( Todi , Foglietti , 1896 ; in 4º , pag. 26) . Sono alcune rubriche degli Statuti di Todi del 1275 e 1337 ; il catalogo dei Rettori dell ' Ospedale nominati dal Comune, dal 1247 al 1770 ; un verbale di seduta del Consiglio generale del 26 ottobre 1287 ; un estratto dalle Decretali del 1356 ; e un passo d'una bolla di Gregorio XI del 1374. Esistono questi documenti nell ' Archivio di S. Fortunato. Gli altri (pag. 15 e sgg. ) furono estratti da quello della Congregazione di Carità ; e sono un breve passo di lettera del vescovo Pietro a' suoi diocesani, dell'8 agosto 1259 , e sette rubriche dello Statuto dell'Ospedale del 1541. Due, e sono gli ultimi , furono dedotti dall'Archivio vescovile: cioè un atto di vendita di terre dell'Ospedale , 11 aprile 1419, e un estratto dagli Atti di sacra visita, 3 novembre 1571. Perchè il lettore non sia tratto in inganno dal titolo del libro dell'avvocato G. Fregni : Delle più celebri iscrizioni etrusche ed umbre L'Arringatore di Firenze Le tombe dei Volunni e le Tavole eugubine (Modena, Namias, 1897 ; in 8º, pp. 155 con tavole), crediamo opportuno di farne qui ricordo. Nulla di più strano di tali studî che l'autore dice 600 ANALECTA UMBRA « storici, filologici e letterari » . Per lui << gli Etruschi non parlarono mai una lingua nuova e a noi sconosciuta, non parlarono mai nè l'ebraica, nè la semitica, nè l'egizia, come fin qui sostennero non pochi storici e letterati ; ma parlarono sempre la lingua latina, forse ed in gran parte originaria d'Italia, dagli Aborigeni e dai Pelasgi , e la espressero , per le invasioni avvenute dall'oriente, mista ed unita ad alcune parole e lettere della lingua greca » (pag. 23 e sg. ) . Per lui le Tavole eugubine << sono scritte parte in lingua latina, e parte furono tramutate dalla lingua latina in lingua italiana e mista a dialetto gallico » (pag. 24). Fissata codesta massima, l'a . confuta gl'illustratori delle tombe perugine e delle Tavole di Gubbio , e di tali monumenti dà interpretazioni grottescamente nuove. Ciascuna voce delle Tavole non è semplice , « ma sono due parole in una » , talvolta tre ; per lo più è « importante » , 0 << non nuova » ; spesso moderna e antica » ; qualche altra è « contratta e ristretta » . Due della 3ª linea della T. IV sono delle più utili e delle più importanti a sapersi in questi frammenti etruschi ed umbri » ; altre sono parole tutte francesi » o latine importanti » , o « non nostre, ma degli Umbri, ma celtiche » , 0 << di dialetto volgare e barbaro » , pure incolte e barbare, dal latino volgare e antico rustico , ma d'origine nostra » . Ecco un saggio delle illustrazioni delle voci : « Inuk. Questa non è parola nuova, e neanche barbara, ma è parola latina ed italiana ad un tempo, ristretta e contratta in inuc a cui manca l'V : scrissero anche gli antichi l' V per 0 : si trova pure questa variante nelle iscrizioni romane , ed in queste tavole ne è fatto uno scambio continuo e frequente Tra le altre conclusioni del libro c'è questa : le Tavole di Gubbio, « quelle antiche pergamene, quei neri fogli di rame e di bronzo, volti e rivolti da tante mani, mai letti » ( pag. 152) , < scritte con nostro metodo da sinistra a destra e colla cifra in fine A. ccc. si debbono ritenere dell'anno 300 di Roma ; l'altre invece scritte con metodo antico, da destra a sinistra , sono di tempo anteriore e di molto precedenti alle origini ed alle fondazioni di Roma » (pag. 154) . E l'autore ( pare incredibile ) è convinto che il Conestabile e altri dotti furono « senza buon senso nell'illustrar quei monumenti, e scrissero « volumi e pagine senza mai sapere ciò che si dicessero » !! Il chiarissimo comm. G. F. Gamurrini ha fatto dono alla Biblioteca Comunale di Perugia di una pregevole edizione della Sofonisba del Trissino stampata in Roma per Lodovico Vicentino Scrittore e Lautitio Perugino Intagliatore nel MDXXIIII del mese di Luglio » . Il Comune di Perugia si è dimostrato gratissimo al comm. Gamurrini pel ANALECTA UMBRA 601 - dono cortese, poichè il nome dell'orefice e zecchiere perugino, Lautizio di Bartolomeo de ' Rotelli è giustamente celebre, tanto che Benvenuto Cellini nel Trattato dell'oreficeria ebbe a chiamarlo « unico al mondo nella sua professione » . Notiamo altri due volumi, la cui stampa fu curata da Lodovico Vicentino e dal nostro Lautizio, e cioè : < Cursius Petrus . Poema de Civitate Castellana Faliscorum non Vejentum oppido. Romae apud Ludovicum Vicentinum et Lautitium Perusinum, anno christianae salutis 1525 die 29 Martii » , in 8.° « Franci A. De le lettere nuovamente aggiunte. Intolato Il Polito. Roma per Lodovico Vicentino e Lautitio perugino intagliatore » " in 4º piccolo, senza 1. nè d. Tra i codici descritti dal dott. Salomone Morpurgo nel fasc . 7 del vol. I dei Mss. della R. bibl . Riccardiana giovi segnalare i seguenti. Cod. 1462, sec. XV : Trattato di Iacopone da Todi << chomo l'omo poe tosto pervenire a cognosimento de veritate et perfecta pace posseda (fol . 41-48 ) . Cod. 1489, sec. XIV : il cap. 7 « Ne la leggenda di sancto Francesco » . Cod. 1491 , sec . XV : Regula minorum fratrum . In fine è il testamento di s . Francesco . Cod.. 1494, sec. XV : un trattato delle soccite volgarizzato da Guido di Giovanni da Mucarone d'Orvieto . La materia del trattato è dedotta dagli scritti di Angelo Perigli da Perugia e dai detti di frate Fortunato da Perugia. Cod. 1544, secolo XV : Metamorfosi d'Ovidio con le allegorie di Giovanni Bonsignori da Città di Castello . Cod. 1545, sec. XV : De consolatione philosophiae di Boezio, volgarizzamento di frate Giovanni da Foligno . - Nel fasc. I di questo Bollettino, pag . 165 , fu per mera svista dimenticato il ms. 1126 della stessa Biblioteca (op. cit. , fasc. 2, pag. 154) , che contiene un poemetto in lode di Braccio Fortebraccio, a fol . 2-31 . Il componimento è di 59 stanze di canzone e descrive « la battaglia vinta da Braccio fra san Gilio e il Colle su Carlo Malatesti e sugli altri difensori di Perugia ( 12 luglio 1416) » . Com.: « Cuntipotens, eterno et summo Idio » , e fin.: « E ffo la decta stora Nelli anni mille quattrocento sedici Nel mese quinto, a di un meu di tredici » . Questo poemetto è ricordato ora dal prof. A. Medin della R. Univ . di Padova nella sua dotta e genialissima prelezione : Caratteri e forme della poesia storico politica italiana fino a tutto il sec. XVI (Padova, Gallina, 1897 , pag. 26 e 40) . Il libro d'Augubio, Contributo alla storia degli antichi Canzonieri italiani, è il titolo di una memoria del prof. Tommaso Casini ( in Rivista delle Biblioteche, vol VII , num. 1-4) scritta sopra tre indici di antiche rime copiati dal Colocci nel Cod . Vaticano 4828. Il terzo di cotesti indici ha la didascalia Il libro d'Augubio. Quale la regione di tal nome ? Forse 602 ANALECTA UMBRA il Codice, crede il C. , da Gubbio fu mandato al Colocci . Ma, notisi , non contiene rime di antichi poeti umbri. Nel fasc. gennaio- aprile 1897 della Bibliothèque de l'École des chartes leggesi una recensione di L. Auvray sull'opera di A. Bellucci , Inventario de mss. della Bibl. di Perugia ( Forli , 1895 ) , che è giudicato come uno de' più importanti Inventari pubblicati fin qui nella collezione edita da G. Mazzatinti . Cfr. questo Boll. , II , 256 e sg. L'Auvray segnala all'attenzione degli eruditi i mss. che interessano la letteratura latina e la storia del medio evo. Il nostro socio avv. Vittorio Corbucci, in un bell'opuscolo per le nozze di sua sorella col barone Cocco ( Roma, tip. Agostiniana , 1897 , pp. 72) , stacca, oltre a varî e buoni saggi letterari e biografici , alcune pagine del « Dizionario biografico e bibliografico degli scrittori umbri » che sta compilando, per discorrere del frater Ludovicus Corbutius » (sec . XVI e sg. ) . a I codici di laude di Jacopone che conservansi nella Biblioteca di Lucca sono stati descritti e illustrati da V. Finzi in Zeitschrift für rom. Philologie, XX, 4. A Torino, coi tipi del Loescher, fu nello scorso anno pubblicata la Fonetica del dialetto reatino di Bernardo Campanelli. Nel volume sono anche saggi dell'antico dialetto di Rieti . Nel vol. IV del Rappolsteinscher Urkundenbuch (Colmar, Barth, 1897) e nel vol. V dello Strassburger Urkundenbuch (Strasburgo , Trübuer, 1897) sono raccolti documenti dal 1290 al 1472 , de ' quali alcuni riferisconsi alla storia di Foligno e d'Orvieto ( cfr Riv. stor . ital. , II , 240 ; maggiogiugno 1897) . Un insignificantissimo articolo Nel paese di mastro Giorgio, cioè Gubbio, è apparso nel num. 29 dell'a . V dell' Emporium. Per le scarse e conosciutissime notizie su mastro Giorgio l'autore cita soltanto l' Italia Ceramica del Corona e la breve monografia del Ranghiasci, che forse con amore, ma non con diligenza, scrisse di lui. L'a. ha certamente visitato Gubbio ; tant'è vero che dichiara d'aver veduto nella Pinacoteca Comunale la famosa tazza dell'Andreoli : ma com'è ch'egli descrive la città con le « case ... dominate dal Palazzo dei Consoli, le cui due torri slanciate ed eleganti come fusti di palma danno al quadro un'intona- ANALECTA UMBRA 603 - zione artistica » ? Di torri nel Palazzo superbo non ce n'è che una ; quella della campana. L'altra torre è il campanile del Duomo : ma a quanta distanza e a quanta maggiore altezza da quella del Palazzo ! L'a. visitò anche l'Archivio e produssegli impressione profonda il monogramma di Federico I di Svevia in un diploma : « ё dice una sigla studiatissima, anche complicata, una specie di rebus » : e gli parve tanto strana e nuova cosa che la volle « contemplare lungamente » ! Nell'Archivio stesso diè « una occhiata alle leggi santuarie ; e nell'articolo , come se fossero ancora ignote, ne dà con larghezza il contenuto. E a quale scopo ?; e per chi ? O non le aveva pubblicate l'Arduini nell'Appendice all' Inv . dell' Archivio Com. di Gubbio nell ' Arch. stor. per le Marche e l'Umbria, IV, 453 e sgg. ? Neppur le riproduzioni dei monumenti son belle : brutte, anzi, quelle del chiostro di S. Francesco : bruttissima l'altra del cortile del palazzo ducale. Nel maggio del 1498 Maestro Giorgio, figulo e inventore de' meravigliosi lustri iridescenti , chiese ed ottenne la cittadinanza eugubina : e nel maggio dell'anno venturo Gubbio vuol degnamente commemorare questa ricorrenza e la sua gloria più bella. Il Comitato si propone di inaugurare una esposizione delle opere originali , e delle riproduzioni e fotografie delle ceramiche, le quali trovansi sparse ne ' più cospicui musei dell' Europa. Dovranno corredare la raccolta il Catalogo delle ceramiche di Giorgio e della sua scuola, e un album dei monogrammi coi quali egli soleva contrassegnare le opere sue. Per la storia dell'arte ceramica in Gubbio che dalla seconda metà del secolo XVI alla fine dello scorso fiori senza dipendenza da quella del grande lombardo, e per la storia della continuazione dell'arte sua in questi ultimi anni, saranno disposte in due sale le ceramiche di fabbrica eugubina da circa il 1550 , e le felici riproduzioni del Carocci , del Fabbri, dello Spinaci, del Passalboni e del Magni. Il Comitato per mezzo di questo Bollettino fa preghiera a quanti posseggono ceramiche engubine o documenti per la storia di codest'arte in Gubbio, a darne fotografie e comunicazione al prof. Giuseppe Mazzatinti (R. Liceo, Forli) che ha l'incarico di raccogliere e ordinare gli oggetti da esporsi . Il prof. Emidio Cellini della provincia d'Ascoli Piceno, incaricato dal Ministero di P. I. d'ispezionare l'Archivio musicale di s . Francesco d'Assisi, ne ha scritta un'ampia relazione e l'ha inserita nel fasc. 27 maggio di quest'anno del Bollettino dello stesso Ministero . Per l'antica storia della musica nella Basilica mancano i documenti : vive soltanto il ricordo di armonie di cantori e di suoni d'organi in una leggenda di 604 ANALECTA UMBRA « che s. Chiara, scritta tra il 1253 e il 55 , e , pel sec . XIV, rimane la testimonianza di un pagamento a Francischino de s . Columba provinciae Bononiae magistro organorum pro rebus necessariis emptis ab eo pro organis » . Il Fratini nella Storia della Basilica » afferma che un Innario del sec. XIII o de ' priti del successivo conservavasi nell'Archivio : le sequenze e gl'inni , scrive , vi « sono musicati a concerti di più voći » . Codesto volume oggi è irreperibile ; a ogni modo il Cellini , dalla semplice notizia dell'esistenza sua, deduce che la Cappella di Assisi in tempo assai remoto poteva essere stata anche il primo cielo in Italia ove tentò il suo volo la nascente Polifonia .... E Polifonia vera doveva essere per la Cappella di Assisi » . Un frate Giuliano, tedesco, maestro in corte di Francia e venuto nel primo decennio del sec . XIV in Assisi, qui musicò nel 1317 l'uffizio di s . Francesco e di s. Chiara : ma l'arte polifonica in Francia s'era svolta e fioriva già da un pezzo ; dunque è supponibile che frate Giuliano foss'educato a quell'arte di canto può definirsi l'espressione più alta e più pura dell'arte musicale » , e che, quindi, egli fu forse di quell'antico Innario l'autore e il primo introduttore in Italia della Polifonia. Tra i più antichi mss. musicali il Cellini ha uotato un Cantorino delle messe del sec. XIII, mutilato per derubarne le miniature, e due Breviari con notazione neumatica ch'egli giudica anteriori al secolo XIV ( di questo secolo li credette e tuttavia, se non c'è prova in contrario, li crede il Mazzatinti) . L'Archivio , inoltre , oltre che di autografi, è ricco di edizioni preziose musicali, cominciando da quelle del Petrucci : esse, ha ragione l'a. , < formerebbero il vanto e l'orgoglio di qualunque importante Biblioteca » . Le prime composizioni di Maestri di musica nel convento sono di F. M. Angeli, l'autore dell' Amoenitas collis Paradisi ; di lui particolarmente, e d'altri maestri del sec . XVII il Cellini dà notizie ottime relative alle opere loro, e giudizio savio sul valor loro nella storia dell'arte . Ricordiamo tra costoro, oltre all'Angeli , che nacque in Rivotorto, il p. F. M. Benedetti, che fu di Assisi . Il capitolo sui Maestri in Assisi del sec . XVIII è di pregio singolare per la ricchezza delle indagini del Cellini e per la eccellenza dei tre padri Maestri che vi fiorirono, lo Zuccari, il Paolucci e l'Amone. Ottima, dunque, codesta relazione del cospicuo Archivio musicale di Assisi : ma chi scrive queste linee avrebbe voluto che avesse addirittura prese le mosse dal paragrafo « Secoli XIV e XV perchè quel proemio, per quanto breve, imbastito su I poeti francescani dell'Ozanam, proprio non c'entra. O dopo l'Ozanam non c'è altri che di s. Francesco e di Jacopone abbia detto più esattamente, e di Giacomin da Verona abbia riferito più precisi i titoli del poemetto ? ANALECTA UMBRA 605 Sarà tra breve pubblicato pei tipi del cav. G. Montanari Il Rinascimento delle ceramiche maiolicate in Faenza del prof. Federico Argnani. Centonovanta figure ( in 27 tavole) di stoviglie , disegnate e colorite al vero dall'autore, illustreranno il volume splendido, che pur conterrà un'appendice di documenti inediti su le maioliche, forniti dal comm. Carlo Malagola. L'a. v'inserirà un'ampia relazione delle sue ricerche nei musei pubblici e privati dell'Italia e dell'Umbria, dividendo le antiche ceramiche in quattro gruppi , due de ' quali importano a noi. « Il secondo gruppo (così egli scrive nell ' Annunzio del volume) emanerebbe da Urbino e Pesaro e comprenderebbe parte delle fabbriche delle Marche e dell ' Umbria. E dico parte, poichè in qualche città di queste due regioni, come in Fabriano, in Arcevia, in Gubbio e in Città di Castello , avendo osservato molti oggetti e moltissimi frammenti di ceramiche e di maioliche che risentono, in ispecie nell'ornamentazione, egualmente dei tipi originari faentino, marchigiano ed umbro, ne formerei un terzo gruppo con centro a Gubbio. Il quarto gruppo comprenderebbe parte dell ' Umbria e del Lazio con centro a Deruta. Devo ancora prendere in considerazione le ceramiche graffite , dette dal Piccolpassi alla Castellana e attribuite da taluni a Città di Castello » . Se ne parlerà espressamente appena che il volume sarà pubblicato . Gli affreschi del Pinturicchio nell'appartamento Borgia del Palazzo apostolico Vaticano riprodotti in fototipia e accompagnati da un commentario, di F. Ehrle ed E. Stevenson ( Roma, Danesi , ed . 1897) . In que sta importante e ricca pubblicazione, che riproduce gli affreschi delle cinque sale restaurate dell'appartamento borgiano, è raccolto tutto il materiale storico che si riferisce a cotesta rinomata pittura, riconfrontandolo sugli originali, per correggerne gli errori e darne una critica edizione. Oltre all'usare con maggiore accuratezza i documenti già noti, si danno i resultati delle ulteriori indagini fatte negli archivi della Camera apostolica, della Computisteria e della prefettura dei sacri palazzi , del duomo di Orvieto, e del municipio di Perugia. Diamo il titolo dei capitoli : - I. Storia dell'appartamento Borgia : Cappella Sistina, Sala Regia, Sala Ducale (secunda) - ( tertia) . Camera dei Paramenti, del pappagallo, dell'Udienza, Sala de' Pontefici , le Camere segrete, l'appartamento papale al secondo piano, la cappella piccola, il palazzo della Camera apostolica e le camere nuove, l'appartamento Borgia dopo Alessandro VI insino ai tempi nostri. I lavori di restauro eseguiti dal 1892 al 1897. Ricerche sulle origini e lo stato primitivo dei luoghi. II. Storia degli affreschi dell'appartamento Borgia. III . Sala dei Pontefici, dei misteri, de'santi, delle arti liberali, del Credo, delle Sibille, delle Guardie nobili. - Se38 606 ANALECTA UMBRA guono tre tavole al Commentario con le piante, poi beu CXXXI tavole splendidissime degli affreschi . Di questa grande pubblicazione daremo uno studio già pronto per la stampa e rimandato al fascicolo prossimo, perchè nella puntata presente abbiamo dato la preferenza alle cose spoletine , e lo spazio e il tempo ci hanno fatto difetto . 607 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE DEGLI AZZI VITELLESCHI GIUSTINIANO. --- Comune di Perugia << Saggio storico » . grafica cooperativa, 1897 . I Capitani del Contado nel Perugia, Unione tipoIl lavoro del Degli Azzi preceduto da una lettera - prefazione del prof. O. Scalvanti, contenente delle considerazioni di indole generale sull'importanza della istituzione dei Capitani del Contado , è distribuito in quattro parti : 1. Introduzione. 2. Ragioni per le quali furono istituiti i Capitani del Contado. 3. Natura ed estensione dei poteri ad essi affidati. 4. Come e quando cessò tale Magistratura. L'a. sente anzitutto il bisogno di dichiarare nella sua introduzione come questo studio sui Capitani del Contado possa servire a colmare una lacuna nella storia del nostro diritto pubblico interno, ed egli non è lungi dal vero affermando ciò . Difatti, se si prescinda da quei fugaci e brevissimi cenni che ce ne porge qualche cronista, tutte le notizie che noi avevamo in proposito si riducevano purtroppo , sino a pochi anni fa, a quello che ci vien narrato dallo storico perugino Pompeo Pellini . Fu il compianto A. Fabretti che per primo pubblicò i capitoli relativi a cotesta magistratura, la quale del resto ebbe una vita assai breve appunto perchè creata per sopperire a certi bisogni che poi col modificarsi delle condizioni sociali dovevano naturalmente finire . E noi troviamo giustissimi gli elogi che il Degli Azzi tributa al 608 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE sistema legislativo seguito dai nostri padri , di modificare cioè lentamente ma di continuo la propria costituzione, mano a mano che nuovi rapporti sorgevano, applicaudo così il sapientissimo motto degli antichi Romani, che il diritto dovesse svolgersi usu exigente et humanis necessitatibus. Passando alla seconda parte delle sue ricerche, ossia alle ragioni per le quali furono tra noi istituiti i Capitani del Contado, l'a. premette un profondo e dettagliato studio sulle condizioni generali del nostro Comune in quell'epoca, nello intento di riuscire a dimostrare quali probabilmente potessero essere le ragioni peculiari che indussero i Perugini a rivolgersi al Legato Pontificio , affinchè desse loro il suo beneplacito per la nomina dei nuovi Magistrati. Non in tutto potremmo approvare i motivi qui addotti ; ad es . , ¿ poco probabile che i Perugini pensassero a ristorarsi dei danni sofferti e a preparare le loro forze per l'eventuale ed agognata riscossa, quando appunto fiaccati dalle continue lotte intestine dovevano sacrificare a favore della Chiesa gli ultimi avanzi delle loro libertà ; fra i tanti motivi addotti, quello che sembra a noi come del resto anche all ' a. , degno di maggiore considerazione, si è il fatto delle grandi proporzioni che aveva oramai assunto il territorio perugino . Era difficile che il potere centrale potesse a tutto provvedere direttamente ; di qui il bisogno di istituire una specie di rappresentanza immediata per mezzo di questi Capitani del Contado, i quali per tal modo venivano ad essere come una longa manus del Potestà e del Capitano del popolo . E chi sa che anche la proposta di nominare tale Magistratura non si facesse col previo accordo dello stesso Legato Pontificio , a cui doveva stare molto a cuore , come è naturale , di assicurare al papato la fedeltà non solo di Perugia ma altresi del suo ricco e vasto contado. Che del resto i Capitani del Contado raccogliessero nelle proprie mani, per così dire, tutta la somma del potere, lo si desume dalle molte ed importantissime attribuzioni loro affidate . Questa è appunto la parte più pregevole del lavoro del Degli Azzi. Con indagini accuratissime fatte sulle fonti e sopratutto su quella preziosa miniera che sono gli Statuti e i nostri Annali Decemvirali, egli riesce a ricostruire organicamente tutti i principali offici a quella carica connessi. Finalmente, dopo aver ricordato le modificazioni più o meno essenziali che la nostra Magistratura subi col procedere del tempo, l'a . passa nell'ultima parte a dirci quando e per quali considerazioni, secondo lui , la magistratura stessa dovè scomparire. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 609 La materia è esposta sempre con ordine e con chiarezza, doti veramente desiderabili in un cultore di studi storici : e se anche potesse a taluno apparire esservi esuberanza di richiami e di note, non potrà però dirsi che trattandosi di documenti in gran parte inediti , possa ciò toglier pregio al lavoro, il quale è, a nostro giudizio, ben condotto , tanto da offrire assai liete speranze per l'avvenire del giovane scrittore . L. G. Avv. O. SCALVANTI. Il « Mons Pietatis » di Gubbio. Unione tipografica cooperativa, 1896, pag. 62. Perugia, Spetta senza dubbio all' Umbria il vanto di avere per la prima volta dato vita a quelle pie istituzioni, che col nome di « Monti di pietà ebbero per scopo di sottrarre i bisognosi alle crudeltà degli usurai, facendo prestiti su pegno , a mitissimo interesse , col denaro raccolto dalla pubblica carità, accresciuto e amministrato con savie disposizioni di legge. La utilità di tali istituzioni è dimostrata dal fatto della loro rapida e generale diffusione e dalla forza di resistenza , che le ha mantenute per secoli , e le fa tuttora prosperare : la qual cosa è una nuova prova della sapienza di governo che avevano i nostri antichi , che sapevano scoprire, nella loro realtà, i bisogni del popolo, e vi provvedevano in modo semplice, pratico e del tutto soddisfacente . Perugia diè l'esempio alle altre città dell' Umbria. Un precedente lavoro dello stesso prof. Scalvanti : Il Mons Pietatis » di Perugia, (Perugia, Boncompagni , 1892) ha confermato la verità storica della scritta che si legge sulla porta di quel Monte : « Hic Mons Pietatis primus in orbe fuit » . E infatti, in seguito a nuove ricerche da lui fatte negli archivi , lo Scalvanti , escluse le altre date, che anticiperebbero o ritarderebbero la fondazione del Monte perugino, stabilisce come vera quella dell'aprile del 1462 , innanzi al qual tempo non si ha notizia che altro Monte esistesse . Perchè, egli stesso osserva, il Monte di pietà in Orvieto, creduto l'antichissimo ( Pertile , St. d. dir. ital. , IV, 567) , è di un anno posteriore , essendo stato fondato nell'aprile del 1463. La verità di questa data è dimostrata dai documenti che sono stati pubblicati dal Fumi ( Cod. Diplom . di Orvieto, pag. 723) . Agli 11 del mese di aprile del detto anno 1463 , per esortazione del predicatore quaresimale fra Bartolomeo da Colle, il Consiglio d'Orvieto proibi i contratti ad usura cogli ebrei , e provvide alla istituzione del Monte, che fu chiamato di Cristo , stabilendo una serie di norme opportune sui prestiti , sui pegni e su quanto altro occorreva, perchè ai poveri giungesse veramente il vantaggio della nuova 610 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE beneficenza. Ai 3 di giugno, il papa Pio II, dichiarandosi pienamente informato di quanto il Consiglio aveva fatto , approva le disposizioni che già si erano prese, e dà privilegi e indulgenze a quanti concorreranno a far prosperare l'opera pietosa. Nello stesso anno 1463 sorse il Monte di Pietà in Gubbio, a cui l'a. ha dedicato i suoi studi col lavoro qui sopra menzionato. Egli, coi documenti che ha esaminato e di cui dà ampia notizia, stabilisce la origine del Monte eugubino dal 16 ottobre al 21 novembre del 1463 , cioè dal giorno in cui ne fece deliberazione il Consiglio , fino all'altro in cui il signore di Gubbio, Federigo da Montefeltro, ne sanzionò i capitoli. Esaminando questi, e confrontandoli da un lato col precedente statuto del Monte perugino e dall'altro con la riforma che se ne fece nel 1499 , lo Scalvanti offre un quadro completo della costituzione del monte di Gubbio, parlando del suo ordinamento, sia in quanto ai collegi di amministrazione, sindacato e vigilanza, come agli ufficiali destinati al servizio giornaliero, ed esponendo minutamente le operazioni che vi si facevano , cioè pegni , prestiti , registrazioni , pagamento d'interesse e di stipendi , restituzioni , azioni giudiziarie. Termina col dimostrare la premura che si aveva per l'incremento, oltre che pel regolare andamento , del Monte da parte de' magistrati, i quali provvedevano anche, con norme di legge, ad accrescerne il patrimonio, quando a ciò non bastasse il sentimento della carità . Prove cosi determinate e sicure non permettono che si possa, fino a che nuovi documenti non provino diversamente, dubitare dell'antichità della istituzione del pio Monte in Gubbio e della sua precedenza su molte altre città dell'Umbria, che pure furono sollecite ad imitare l'esempio che veniva da Perugia. Ma queste stesse prove non sono sufficienti per quello che l'a . dice alla pag. 10 del suo lavoro, e cioè che « fra le città che imitarono tosto l'esempio di Perugia, vien prima, secondo le notizie che abbiam noi, la città di Gubbio » . Queste notizie , invece, che stabiliscono l'età del Monte eugubino dal 16 ottobre del 1463 , provano che la precedenza si mantiene ad Orvieto, che ebbe il Monte nell'aprile del detto anno : la qualcosa anche lo Scalvanti conosce, perchè, nell'altro suo lavoro citato , dice, alla pag. 42, che il Monte orvietano è posteriore a quello di Perugia, essendone stata deliberata la erezione un anno dopo, nell'aprile del 1463. Il Monte di Gubbio resta così lontano da quello di Orvieto per mezzo anno, mentre precede quelli di Terni , di Assisi, e molto più gli altri che si fondarono nelle città che ne appresero la istituzione dall' Umbria. C. CALISSE. 611 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI - - Archivio storico Italiano (Dispensa 2ª del 1897). Memorie e documenti. Gli Apostolici e Fra Dolcino , F. Tocco. Nuovi documenti dell'antica costituzione del Comune di Firenze, P. SANTINI. Archivio storico per le provincie napoletane (Anno XXII, fascicolo 2º) . 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ANTONELLI, Una ribellione contro il Vicario del patrimonio di Coney ( 1315-1317). - -- Archivio storico Lombardo ( Serie III , fascicolo XIV) . Memorie. -- Notizie storiche topografiche della città di Mantova nei secoli XIII e XIV, S. DAVARI. Il monastero di S. Benedetto Polirone, G. B. INTRA. Facino Cane e le guerre guelfo- ghibelline nell'Italia settentrionale ( 1360-1400 ) , E. GALLI Storia ed arte. Due monu- - - menti Lombardi per la liberazione di Pavia dall'assedio dei Fran- 612 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI cesi , D. SANT' AMBROGIO. La tomba nella Cattedrale di Basilea dell'Arcivescovo Milanese B. Capra colà morto l'anno 1433 , D. SANT'AMBROGIO. Archeologia. Relazione sulle antichità entrate --- - - nel Museo Patrio d'Archeologia in Milano nel 1896 , G. CAROTTI. Nuovo Archivio veneto ( Tomo XIII , parte 2a) . L'indirizzo dei Veronesi a S. M. Vittorio Emanuele, G. BERCHET. 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L'introduzione della stampa in Aquila, T. DE MARINIS . Relazione inedita della venuta degli Austriaci - PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 613 nell ' Aquila durante l'invasione del 1744, G. PANSA. --- Uno sguardo a Goriano Sicoli , F. FABRIZI. PETERMANN. - Un viaggio per gli Abruzzi , R. E. Bullettino Senese di Storia Patria (Anno IV, fascicolo 1º) . Memorie Originali. A. VERDIANI - BANDI , I Castelli della Val d'Orcia e la Repubblica di Montalcino. L. G. PELISSIER, L'instruction pu- - blique à Sienne vers 1840. A. CANESTRELLI, Ricerche storiche ed artistiche intorno all'Abbazia di S. Antimo. Bollettino storico Volsco, diretto dall'avv. prof. ALESSANDRO MAGLIARI (Anno I , numeri 1 a 6) . R. Accademia dei Lincei. Id. - Atti (Anno CCXCIV, 1897). dell'adunanza solenne del 5 Giugno 1897. - Rendiconto Rendiconti (Classe di scienze morali, storiche e filologiche . Serie quinta, Vol. VI, fascicoli 3º a 6º). Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. 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Di alcune antiche pitture di Spoleto ( G. SORDINI . Analecta Umbra Pag. 325 567 585 Pagine 215, 385, 589 TRABALZA CIRO ― Recensioni Bibliografiche. Della Vita e delle opere di Francesco Torti di Bevagna (V. ANSIDEI). URBINI G. FANI A. --- La Deportazione (V. A.) Pag. 409 Le opere di Spello ( E. CALZINI) 412 421 DEGLI AZZI VITELLESCHI -- I Capitani del Contado nel Co- » 607 609 mune di Perugia (L. G. ) SCALVANTI O. - Il Mons Pietatis » di Gubbio (C. CALISSE) . Giuseppe Terrenzi (G. VALLI) . Necrologio. Pag. 235 Notizie. Atti della Società Adunanza del 29 settembre 1896 . • Pag. 239 Periodici in cambio o in dono Periodici in cambio o in dono Omaggio di pubblicazioni . Tavola de' nomi di persone e di luoghi . Omaggio di pubblicazioni. Pagine 251 , 423, 611 255, 427, 613 Pag. 615 PRINCETON UNIVERSITY LIBRARY 32101 013126246

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