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Lettera del ch. sig. ab. Francesco Cancellieri al ch. sig. D. Sebastiano Ciampi

著者
Francesco Cancellieri
初版
1821年
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ESTRATTO VITTORIO " DAL VI. FASCICOLO DELL' EFFEMERIDI NAPOLI LETTERARIE DI ROMA MARZO 1821. BIBLIO NAZIONALE TECA 5 1 3

 Lettera del ch.Sig. Ab. Francesco Cancellieri al ch. Sig. D. Sebastiano,Ciampi, Canonico Sandomiriense Cavaliere degli Ordini delio Speron d'Oro (1) , e di S. Stanislao (2) , Professore di Filologia nella Regia Università di Varsavia ec. Sopra le sue Feriae Varsavienses , ele Spadede' più celebri Sovrani , e Generali.

  (1) Pietro Franc. Bergamaschi Notizie Istoriche de' Cavalieri Aureati dello Speron d' Oro, Torino 1695. 4.
 (2) Synopsis vitae S. Stanislai Episc. Cracov. cum Commentario praevio Dan. Papebrochii. T. II. Maii Bolland. p. 198. 201. Vita ejusdem, auctore Io. Longino , seu Dlugosso apud Surium die 8 Maii p. 107, et T. II. Maii 1. c. p. 202. 280.

 BENCHE' dall'Arno essendo passato alla Vistola, tanto più vi siate da me allontanato, assai mi consolo , che nondimeno mi dimostriate con la frequenza delle vostre Lettere , che mi restiate sempre vicino col vostro cuore. Tutte mi sono state sommamente grate, giacchè è verissimo , che epistolis nihil potest esse jucundius ; ma sopra di ogni altra, quella, di cuimiavete onoratocon le stampe nell' anno scorso (3) .

  (3) Lettre adressée a M. François Cancellieri , Homme de Lettres , Proscelleur de la S. Penitencerie, Suritendant de l'Imprimerie de la S. C. de Propaganda à Rome 1820 12.

Con essa vi è piaciuto di manifestarmi il vostro compatimento della mia Dissertazione sopra due Iscrizioni delle SS. Martiri Simplicia , ed Orsa , ed intorno ai nomi delle Fiere, e der Bruti , usati dagli antichi Romani , non meno che dagli antichi Cristiani , ed ai segni , che distinguono le Tombe de' Martiri da quelle de semplici Fedeli. Roma 1819. Ivi avete gradito di trovarla confermadella interpetrazione davoi data alla parola Reposio , in una Iscrizione trovata nel Tevere l'anno 1819, davoi spiegata 4 CANCELLIERI per Repositio , nell'illustrazionedatane nelle Notiziedel Giorno num. 2. 13. Gennajo 1820. Manoncontento di avermiricolmato di ⚫logj , avete voluto ancora favorirmi co' vostri doni, avendomi par tecipata l' Isorizione. EVMACHIAE . I. F. SACERDO . PVBL. FVLLONES 1. 1 scoperta negli scavi di Pompeja , unitamente ad unabel lissima Statua di questa Sacerdotessa, e pubblicata nel T. VII. num. XIX. p. 27. della Revue Encyclopedique. Laspiegazione da voi fittane non può essere più eru dita , e le dotte vostre osservazioni sul Collegio de'Ful loni , o de Lavatori , eRipulitoridelle Statuedegli Dei , massime diquelle d'oro , e di argento, daloro custodite conmolto maggior cura di quelle di legno , o di Mar mo , ederisa daS. Giustino M. in Epist. ad Diognit.,-possono servire di supplemento alla Dissertazione , con la quale da Christiano Schoettgenio sono state illustrate Antiquitates Tinctoriae,et Fulloniae. Trajecti adRhenum apudGuill.Kroon 1727.8.,nondovendosirestringereil si gnificato di questo vocabolo aisoli Tintori , e Lavapanni. L'elenco , posto infine diquesta vostra lettera, delle Opere da voi date inluce,dopo il vostro stabilimento in Polonia nel 1817, mi ha veramente sorpreso per la Joro moltiplicità, prodotta in si breve tempo , non me no che per la loro importanza. Mi erano note le Feriae Juveniles Petri Servii, inserite nelle Miscellaneae Anti quitatum Romanarump. 1881; le Feriae Aestivales Pe tri Friderici Arpii , sive suorum scriptorum historia , li ber singularis. Hamburgi impensis Jos. Cph. Kisneri 1726,8. le FeriaeAutumnales Jos.Ant. de Januario post reditum a Republica Jurisconsultorum. Neapoli 1752 , et LETTERA EC. 5 1767, con altre opere di titoloconsimile. Ma quantopin interessanti , e piacevoli mi sono sembrate le Feriae Varsavienses da voi divulgate ne'tre anni consecutivi al vostro arrivo ! Lo stesso Titolo non potea esser piùadattato , per indicare il tempo , ed il luogo , in cui le avete scritte. L'Apostolo Zeno nel T. I. delle Dissertazioni Vossiane p. 268 riferisce , che da Matteo BossoVeronese furono le sue prime Epistole , intitolate , Recuperationes Fesu lanae , dalla Città di Fiesole , dove parte ne scrisse parte ne raccolse; avendo soggiunto alla p. 313, che , c Antonio Panormita avea dato alle sue Lettere il titolo di Gallicae , e di Campanae , per averle scritte in Fran cia , mentre eraalservigiodel Ducadi Milano , equan do trattennesi in Napoli, presso il ReAlfonso. Cosìda Niccolò Perotti , Arcivescovo Sipontino , di cui cihan dato lepiù squisite notizie ilGiornale d'Italia nel T.XIII. p. 439. 468, e l'eruditissimo Sig. Cortallo Gianneili , edito re del Codice Perottino.Napoli 1809, furonodivise indue parti le sue Epistole , l'una col titolo Romanarum, l'al tra con quello Perusinarum ; perchè le prime furon da lui dettate nel soggiorno di Roma , e le altre , mentre eraGovernatore di Perugia , comeha notato il ch. Sig. Cav. Giambattista Vermiglioli , benemerito illustratore delle cose patrie , nelle Memorie di Jacopo Antiquario p. 192; per tralasciarne molti altri esempi , fra i quali oltre l'Accademia delle Notti Vaticane , instituita da S. Carlo Borromeo , ed illustratanelmioMercato p.226. potrebbero specialmente annoverarsi le Vigiliae Noctium Sarmaticarum , stampate in Polonianel 1751 dalloSco lopio P. Ubaldo Mignoni , sopra le qualidiede il suo giudizio il celebre P. Girolamo Lagomarsini al Faccio lati , con un'edizione post Polonicamet Germanicam CANCELLIERI 6 tertia. Bononiae 1783, e nel T. V. degli Opuscoli Calo ger . 435, e nel T. VIII. P. II. della Storia Lettera ria d'Italia. Nelle seconde Feriae Varsavienses davoi pubbli cate nel 1819 , di cui laBiblioteca Italiana ha dato un' onorevole estratto al N. 53 Maggio 1820 p. 248 , oltre la dotta Dissertazione sul cap. X. del Lib.V. della de scrizione della Grecia di Pausania , di cui già da un novennio avete intrapresa l'intiera traduzione , illustrata con note , avantaggio non solo degli eruditi, che de Pittori , e degli Scultori; ho ammirata la vostra eru ditissima illustrazione diun' antica Spada, posseduta dal nobilissimo Sig. Conte Vincenzo Krasinski , di cui avete dato la stampa litografica , e che fu trovata dal Princi pe Labanovo , Generale Russo, inun Castello fraBel grado , e Ruszezuk nella Servia. Benchè le iscrizioni ivi incise sieno intralciate , e scorrette , pure siete giunto a felicemente diciferarle. Poichè , dopo di aver corretto nella parte anteriore i mal espressi nomi de' due Evan gelisti S. Matteo , e S. Giovanni, con i loro Emblemi ivi effigiati , di un Volto umano , e dell'Aquila , ne avete ricavata l'interpetrazione con laleggenda , Christi Rectoris figura trahet ad amorem Regum. Iudicat me, et Principum iras. Nella faccia posteriore , in cui veggonsi scolpite le insegne caratteristiche di S. Marco , e di S. Luca , del , 1 Leone e del Bue (1) , oltre l'Agnello col Nimbo,con ja Croce con Vessillo sventolante, inalberata frale sue gambe, e colvase di sangue a'piedi,ad essi sottoposto, : (1) lust. Wessel Rumpai , Isagoge ad Lectionem Novi Testamenti p. 21. sac. Thomasius de Insignibus quatuor Evan gelistarum. Lipsiae 1667 , et 1672. Dan. Guill. Mollerus de In signibus 4 Evangelistarum. Altdorni 1699 , et 1700. Io. Ihrmann. de Insignibus IV. Evangelistarum. Vpsaliae 1728. Io. de Ayala Pictor Christianus eruditus. Matriti 1730. f. p. 390. LETTERA EC. 7 come agli altridue , avete spiegata l'altra iscrizione con le parole : quicumque haec Christi nomina Dei secum tulit , eiomnino non dabit victoria ullum periculum in Christi nomine. Da queste Iscrizioni , e dal Segno della Croce vi vifica (1), prefisso all' Alpha , e all'Omega (2)nel Pomo , avete giustamente conghietturato , che questa Spada , probabilmentelavorata nel Sec. XII , o XIII , abbiaser vito aqualche Polacco, e sia stata forse usata anche daun Re, odaessopiuttosto donata aqualche guerriero, in pre mio di fedeltà , e di valore, il quale poi se ne siapre valuto in qualche Crociata (3) ; o che sia appartenuta a qualche fratello dell' ordine di Alto pascio (4) , esi stente findal Secolo XI , o de' Templarj (5), Geroso-- (1) L'eruditissimo Mons. Gaetano Marini ne' Papiri Diplo matici p. 281. 307. prova con molti esempi l'uso di premetterlo intutti gli atti e sottoscrizioni. (2) Su questo primo ed ultimo Elemento dell' Alfabeto Greco negli antichi Monumenti , veggansi gli Scrittori da me citati ne' SS. Medici, e Medichesse p. 20. , e nelle Iscrizioni delle SS. MM. Simplicia ed Orsa p. 19. (3) Bened. Accolti de Bello a Christianiscontra Barbaros ge sto pro Christi Sepulchro ,et Judaea recuperandis. Groningae 1531. 8. Storia delle Crociate per la liberazione di Terra Santa del P. Luigi Maimburg , trasportata dal Francese all'Italiano dal P. Ga briele d' Emiliane. Piazzola 1684. T. IV. 12. Gio. Alberto Fa bricio nella Salutaris Lux Evangelii p. 522. 546 , ed il P. Ma macchi Orig.et ant. Christ. T. II. p. 6o. han tessuto il Catalogo degli Scrittori delle Crociate , su le quali può vedersi anche Franc. Gusta , Saggio su le Crociate , e se adattabili alle presenti circo stanze? Ferrara 1794. La loro origine viene da Urbano II. nel Con , cilio di Clermont nel 1095. V. la sua vita. T. II. Novaes p. 298. Eusebii AmortHistoria Indulgentiarum.Venet. 1738. fol. p. 46.67. ela Bibl. Canonica Ferrari in Bulla Cruciatae , ove sono in dicate le Indulgenze accordate , e le tasse per acquistarle. (4) Lami Odaepor. T. I. p. 58. 609, et in T. XVI. De lic. Erudit, Richa T. I. Monum. Eccl. Flor. Hist. Ord. Monast. T. II. p. 290. Hist. Eccles. Lucensis. Diss. Lucae 1817. p. 51. М. Gregoire Recherches Historiques sur les Congregations Hospitalieres des Freres Pontifes. A Paris 1818.8. (5) Pierre Messie des Templiers. dans ses leçons par Cl. Cruzet. Lyon1592.p.185.191. Instituta, etRegulae Ord, Militum 8 CANCELLIERI limitani (1) , Teutonici (2) , Gaudenti (3), del S. Sepol cr (4) , o di altri consimili. Siccome poi in unaparte dellastessa Spada è scol pita un' Aquila coronata, ed alata, avete eruditamente ragionato di quest'insegna degl' Imperadori di Occiden te , e di Germania fino al Secolo XIV ; e della Bici pite , introdotta da' Greci Imperadori perdistinguersi da gli Occidentali , ed adottatanel 1284daAmadeo V. Con te di Savoja, e poi, secondo il Ludevvig nel 1447 , dall Templariorum in Prosp. StellartiiRegulis Ordin. Monastic. Duaca 1625. p. 469. 489. Pierre du Puy Hist. de la condemnation desi Templiers. dans l'Hist. de France. Paris 1700. p. 11. 226 ; a Bru selles Pierre Foppens 1751,et in Iac. Aug. Thuani Opp. T. VII. p. 83. Lond. 1733. f. Ægid. Strauchii Disputatio Historica de Ordine Militum Templi. Witteb. 1669. Io. Chr. Wichmanshausen Disputatio de extinctione Ordinis Templariorum. Lips. 1687. 8. Christ. Thomasii Diss. de Templariorum Equitum Ordine subla to. Halae 1702. Nic. Gurtleri Hist. Templariorum. Amst. Franc. Vander Plants 1703. 8. Godefr. Guil. Leibnitii Mantissa Codicis Iuris Gentium. Hannov. 1708. f. T. II p. 79. Bercastel. Hist. de ' Eglise T. XIII. 262. (1) lac. Bosio Ist. della S. ReligionediS. Gio. Gerosolimita no. Roma Gugl. Facciotto 1594. T. II. f. Rene Aubert de Ver tot. Hist. des Chevaliers Hospitaliers de S. Iean de Ierusalem. Pa ris Rolin 1726 T. IV. Sebast. Pauli Codice Diplomatico del S. Militare Ordine Gerosolimitano. Lucca Marescandoli 1737. Τ. II. fol. (2) Incerti Auctoris Chronicon Equestris Ord. Theutonici ex Ms. Trajectensi, iu T. V. Analect. Veteris aevi Ant. Matthaei Hagaecom. 1738. 4. p. 617. 854. Ray. Duellii Hist. Ord. Equitum Theutonicorum. Vien. Austr. 1725. . Hist. de l'Ordre Teutonique parunchevalier de l'Ordre. Paris le Veuve Valad. 1789. T. VII. Io. Christ. Lunig Spicileg. Eccles. Contin. I. p. 356. Cont. II. p. 318. (3) Dom.M.Federici Storiade' Cavalieri Gaudenti. Ven. 1787. T. II. 4. (4) ! (4) Anciens Statuts de ' Ordre Hospitalier , et Militaire du S. Sepulchre de Jerusalem. Paris 1776. Puoli Cod. Diplom. de' Cavalieri del S. Sepolero p. 252. Giacinto Vincioli Lettera con cernente tre curiosi fatti , il Volo di Gio: Battista Danti , il Bastonedi Moise , e la Residenza de' Cavalieri del Sepolcro in Perugia. Nelle Miscellance del Lazaroni T. III. 451. Il mio Colombo. p. 10. d 1 LETTERA EC. 9 Imperador Wenceslao , oltre variebelle notizie aggiunte sull' Aquila nera degl' Imperadori di Germania , e de' Marchesi di Brandeburgo ; e della Bianca, illustre Ves sillo ed insegna della Repubblica Polacca (1) . Alcuni credono , che l'Aquila con due Teste siasi incominciata ad usare fino da' tempi di Costantino , per dimostrare riunito nella sua persona l'Impero Orientale, ed Occidentale. E perciò Blosio Palladio cantò Picta biceps Aquila hinc Occasum,hinc dum adspicit Ortum Alter, ait , nostri est Caesaris , alter erit. Maniunone ha trattato piùdottamente delDucange nella Dissertazione de Impp. Cp. seu de inferioris aevi , vel Imperii , uti vocant , Numismatibus dal num. XIV al XVIII , ove sidescrive Aquila Imperii symbolum Ro manorum Biceps in nummis Byzantinis , et Occiden talis Imperii. Sono abbastanza notiiversi di LuigiAla manni nell' Ecloga del T. I. delle sue Opere Toscane p. 173 illustrati dal Mazzucchelli ne'Scrittori Italiani T. I. p. 143 , e da Francesco Vettori nel Fiorino d'orop. 80. 81. Questi dimostra p. 114,che le Armi delle Famiglie non possono esser le medesime , ed uguali. Il Cartari nel Lib. V. del Prodromo Gentilizio cap. 2. riporta lo scherzo dell' Ariosto Cant. XXVI. st. 98. dell' Orlando , e la disfida seguita tra Ugone Hardingh Inglese , eGu glielmo Seintlouve Scozzese, i quali per la somiglianza degli stemmi si batterono nella Scozia , avendo il Re Roberto deciso dopo il Duello a favore dell ' Hardingh ; ed accennaanche la guerra accesa tra il Re di Svezia, 1 (1) Jo. Frider. Comitis de Sapieha , Annotationes Histori caede Ordine Equitum Aquilae Albae. Colon. 1730. 4. p. 221. 346. 10 CANCELLIERİ eCristiano III Re di Danimarca , a cagione delle tre Corone , che la Svezia , e la Danimarca ancorausava no per armi. Molte sono le Spade, illustrate dagli Scrittori ;ma non so, se verun' altra meglio di questa. Tralasciando diparlare diquella delgigante Golia , descritta nella Dis sertazione Georg. Alb. Stubneri de Monomachia Davi dis cum Gigante Philistaeo,Altdorfii 1702, 4., e di quella di De Nicastro su laSpada diSalomone.Benev. 1710;gli antichiessendo molto più forti, e robustide' moderni , ne usavano , conmirabile facilità , e destrezza , delle smi surate , e pesanti. Giovanni Bartolini nella Dissertazio ne Historica de Holgero Dano , qui Caroli M. tempore floruit. Hafniae typis Petri Hamboldi 1677 , ed il Du cange T. VI. p.335. attestano ,che Spatham cum fer reo ejus Capulo , absque mucrone , ex Monasterio S.Fa ronis Meldensis , ubi adservatur , ipsimet contrectavi mus ; qua visa , et expenso illius immenso pondere , haud incredibile omnino videri , quod de Godefrido Bul lionensi refert inhunc modum Petrus Tudebertus lib. 3. p. 789,facile persuaderi passus sum. Tunc DuxGode. fridus Christi milespotentissimus , irruens in eos , eva ginato Ense , percussit quemdam gentilem ferocissimum tam viriliter , ut in duas partes ipsum divideret , a ver tice videlicet , usque in sella equi. Post hunc aggressus alium ex obliquo , secuit eum per medium. Ripetono le stesse prodezze Orderico Vitale p. 735 ,Guglielmo Gu jaro Hist. Francor. sub Carolo M., ed AlbertoAquense : lib. 3. c.65, il quale specifica, Lorica indutumdivişit in duas partes. : 11. Conte Bernardino Bernardini nella Descrizione del nuovo Kipartimento de' Rioni diRoma. 1744. p. 74, eM. de la Lande nelVoyage d'Italiep. 639 , riferi LETTERA EC. 11 scono , che il Vicolo presso la Chiesa degli Orfanelli si chiama il Vicolo della Spada di Orlando ,detta dall' Ariosto Durindana; ilquale Orlando ,o Rolando , Conte d'Angers , e Parente di Carlo Magno , fu ucciso nell' an no 1008, tornando di Spagna dalla Battagliadi Ronce vaux. Nelle mie Notizie Danesi p. 56, ho citato Tycho nis Rothe deGladiis veterum , in primis Danorum Sche diasma. Rothen 1752. La Spada deiRe di Danimarca è stata indicata con varj nomi. Racconta Sassone Gram matico lib. 2. Biarco utebatur praestantis acuminis inu sitataeque longitudinis Gladio, quem Lovi vocabat ; e nel lib. 4. Erat Regi inusitati acuminis Gladius Skrep dictus, qui quodlibet obstaculigenus , uno ferientis ictu , per me dium penetrando diffinderet ; e nel lib. 7. Haldenus avi tos a matre gladios recepit , quorumalterLiusingus , al ter Huyntingus , ob collimati acuminis nitorem vocabulum habuit. La Spadadi S. Eduardo Confessore , Re d'Inghil terra (1) chiamavasi Curtana (2). Quella di Arturo Re de' Brettoni , Caliburna, secondo Rogero Hovvedeno in (1) Vita ejus , auctore S. Ealredo in Surii Vitis SS. 5. Ian. p.72. et cum Comm. praevio et not. Bollandi T. I. Ian. 290. 304, e tradotta da Gio. Pietro Maffei, nelle vite di 13. Confessori di Christo. Roma 1601. p. 257. 275. (2) Cosi detta , perchè senza punta , in segno della cle menza da prestarsi dal Re co' suoi Popoli. Matth. Paris de ap paratu Nuptiarum Henrici III. an. 1236. Comite Cestriae Gla dium S. Eduardi, qui Curtem dicitur , ante Regem bajulante. Il Processo per ' Incoronazione del Re dice, che era destinato in quella funzione Dux Lancastriae ad gerendumprincipalem gla dium D. Regis vocatum Curtana. Il Rymero T. III. p. 63. c. 2. de Coronatione Eduardi II. an. 1308. dice. Gladium, qui vocatur Curtens, portavit comes Lancastriae. V. Io. Iac. Nicolai de Ensiferis. Ienae 1783. Conr. Sam. Schurtzfleisch de erdine , quidicitur Ensiferorum. Vit. 1785, 12 CANCELLIERI Riccardo J. Egli la regalò a Tancredi, Re di Sicilia, come attesta Benedetto Abate Petroburgense , in Vita Henrici II. Regis Anglorum T. II.p. 642. Dedit eiGla dium optimum Arturi, nobilis quondamRegis Britonum, quem Britones vocaverunt Caliburnam. Quanteportentosemaraviglie contiene la Triga Dis sertationum Georgii Wallin de, Gladio Magico Gustavi Adolphi Svecorum Regis ( cum figuris).Lipsiae 1726.8. L'Autore Hist.Episcopor.et Comitum Engolism. c.19. racconta , Guillelmum Comitem Sectoremferrihoc nomen sortitum , quia cum Normannis confligens quum veniret solito conflictu deluctans , ense corto , vel scorto duris ismo , quem Walandus Faber condiderat, per medium corpus Loricatum secavit una percussione; comeconfer ma Ademano in Chronico. Con lo stesso vocabolo di durissimo , le Spade , chiamate Durandals, o Duran darts , furono attribuite ne' Romanzi di Garin , e di Ron cevaux , aCarlo Magno. Lo storico di Filippo II. Re de' Franchi, descriven do la sua Coronazione nel 1271 racconta. Et quoniam atempore Caroli M. Regis Franciae , locosamSpatham, } praedicti Caroli Regis , et Imp. indie Coronationis suae, dumcelebratur praedictae Coronationis officium , in me moriam tam victoriosissimi Principis a quodam de no bilioribus ante se facere teneri , et deferri ; illam Ro berto Comiti Atrebatensi consanguineo suo probissimo tradidit illa die deferendam. Aggiunge poi, chequesta Spada, chiamataGiocosa ,conservavasi conle altre Re gie Insegne nella Chiesa di S. Dionisio. Questa stessa Spada presso Turpino c. 18, e Ludovico Moscardo lib.4. Hist. Veron. p. 77. dicesi Spatha invincibilis Caroli M. come notasi dal Ducange in Curtana ,e Durissimus. Benchè si racconti dal Continuatore di Beda lib. 2. 1 : 13 LETTERA EC. c. VIII. , che Enrico l'Uccellatore ebbe da Ugo Re di Francia la Spada , di cui servivasi Costantino il gran de , il quale nell' impagnatura vi aveva inseritouno de' chiodi , onde venne trafitto sulla Croce il nostro Re dentore ; nondimeno nelle Notizie del Chracas de' 9 Lu glio 1808num. 55p. 24 fu riferito , che ilGran Signore avea fatto dono al General Sebastiqni di una Sciabla , che si pretendeva , esser quella stessa di Costantino , e che conservavasi nell' Arsenale Ottomano. La lama era un Damarchino , quasi nulla ricurvo , sul quale vedeasi dauna parte inerostata la figura in oro della B. V. , ę dall' altra quella di S. Michele , con varj eleganti lavori all' Agemina (1) , e con un' Iscrizione Greca, incisa lungo la lama. Ma l'impugnatura era moderna, e tutta guarnita di grossi brillanti. Nella Gazzetta Romana al num. 68 26 Luglio 1808 fu inoltre riportato , che Asker-kan Ambasciadore del Re di Persia , fra i ricchissimi doni tributati all' Im peradore , gli presentò le Sciable di Tamerlano (2), e 1 (1) Vita di Benvenuto Cellini Orefica e Scultore Fiorentino, da lui medesimo scritta. Colonia p. 37. Mauro Boni Notizia di una Cassottina Geografica , opera di commesso d'oro, e di argen to all' Agemina. Ven. 1800. fra le Mem. per servire alla Storia Lett. per ' A. 1799. Sem. 11. P. I. Art. XVII. Daniele Fran cesconi Illustrazione di un' Urna lavorata d'oro , e di vari altri metalli all' Agemina , coll' Iscrizione Paulus Ageminius faciebat. Ven. Stamp. Palese 1800. (2) Petri Perondini , Magui Tamerlanis Scytharum Imp. Vita 1597. Amburgi 1600. 12. Ican duBec Hist. des grand Ta merlan tirèe des monumens antiques des Arabes. A' Lyon , et a Bruxelles 1603. 8. Hist. du grand Tamerlan par Sicur de Pin ctyon. Paris 1629. 1677. Amst. 1678 12. Io. Henr. Boecleri Ti mur, vulgo Tamerlanes, ejusque Historia ex monumentis incor ruptis excerpta. Argent. 1657. 4. et in ejus Diss, Acad. Argent. 1658. Thomas Hyde Specimen Historiae Timeri , in ejusden Syntagmate Diss. edita a Greg. Skarpe. Oxon. 1767. T. II. 4. Histoire de Timur Beg , connu sous le nom du Grand Ta merlan Empereur des Mogolsetdes Tartares , ecrite enPersanpar f 14 CANCELLIERI di Thamas-Koulican (1) . Laprima era ricoperta di per le, gemme , e pietre preziose. Laseconda era sempli cissima. Ambedue però avevano le lame Indiane di una grana finissima, con arabeschi in oro. Enrico IVincontrassegno della sua amicizia , man dò indono alla Repubblica Veneta la sua Spada , di cui egli si era servito , come attestò nellalettera , con cui l'accompagnò, alla battaglia d' Ivry (2). La medesimafu richiesta dal Regnante Luigi XI, mentre si tratte neva in Verona sotto il nome di Conte di Lilla, con quella magnanima risposta, data all' intimazione propo stagli da quel Senato , ai 13 Aprile 1796. Je partirai ; ` mais j' exige , qu'on me presente le livre d'or , pour que c'en efface le nom de ma famille, et qu'on me rende l'armure , dont l'amitié de mon aieul Henri IV avait fait don à la Republique. Monsig. Onorato Gaetani , celebrato nel mio Co lombo p. 376, nell' Elogio Storico di Carlo III. Napoli nella Stamperia Reale 1789. 4. con due Dediche, una aCarlo IV in carattere tondo , e l'altra in corsivo , nella facciata incontro , al Re Ferdinando , fa rilevare alla pag. 70, che il Re Carlo , prima di partir per le Spagne, consegnò nelle mani di questo , quella stessa Spada, che Luigi XIV avea data al Duca d'Angid suo Nipote , allorchè lo fecepassare al Trono di Spagna , Chereffedelin All, traduite par Paris de la Croix. A Delfet. 1723. T. IV. Paris 1724. T. IV. Histoire de Tamerlan Empe reur de Mogols, conquerant de ' Asie. AParis 1739 T. II. 8. Dizion. Istor. de' Monarchi Ottomani . Ven. 1788. T. II. (1) Williams- Iones,Histoire de Thomas Kouli-Kan. Ox ford 1770. Dubtsson Tragedie de Nadir. 1780. (2) Biographie universelle. A Paris Michaud 1817. T. XX. Henri4. An. 1590. p. 100. P. Darù, Histoire de la Republique de Venise. AParis FirminDidot 1819. T. IV. p. 142. Ibid. T. V. p. 196. LETTERA EC. il quale assunse il nome di Filippo V, e ladiede poi al Re Carlo suo figliuolo, allorchè s'inviò al Regnodi Napoli. Egli dunque avverte ,che vierano allora inNa 15 poli , tre Ferri illustri. Questo di LuigiXIV,da lui veduto nella Guardaroba del Re. Quello di Scanderbegh , regalato a Carlo III dal General Korafa Albanese , e conservato nell'Armeria Reale. Il terzo del Duca Valentino, posseduto dal Duca di Montallegro . Aquesti però potea aggiugnersi anche il quarto , Ferdinando Francesco di Avalos , Marchese diPescara, 1 alla testa dell' Esercito di Carlo V, avendo superato 'Esercito Francese nella famosa Battaglia de' 24 Feb brajo 1525 , sotto Pavia, si presentò a Francesco I. , gli annunzio, ch'era suo prigioniero. Il Re allora si stacco dal fianco la Spada , e glie la consegno. Fer dinando la portò (1) subito all' Imperadore , che glie la dono. E però questa spada , consimile ad uno de' sei spadoni , che si portano sguainati sulle spalle dagli Svizzeri , per rappresentare isei Cantoni Cattolici (V. imiei Pontificali p. 34) si è conservata , con un Ci miero , ed un Vsbergo di ferro , dello stesso France sco I., presso quella nobilissima casa, fino all' ingres so de' Francesi , in Napoli nel 1806, dopo di cui tut to fu trasferito al palazzo del Sig. Principe della Rot (1) Gir. Catena. Vita di S. PioV. p. 4. Pio Ghisleri. Elo gio di S. Pio V. p. 22. Gli Arazzi della illustre Famigliad'Ava los, de' Marchesi del Vasto , di Pescara, Sonetti IX. del Con F. T. 8. Questi sono sette , disegnati da Tiziano , con tornati sul disegno e di Giulio Romano , ο secondo altri , del Tintoretto ; tessuti a fila di Lana colorata , in oro , ed argento. Carlo V. li fece costruire a bella posta in Fiandra ; e vi fu espressamirabilmente tutta laStoria di quella memorabile Battaglia. Egli , in attestato di gratitudine , ne fece dono al sopraddettoMar chese di Pescara , col magnifico Padiglione di Francesco I. con servandosi tuttora nella Guardaroba di quella Casa gli uni , e l'altro. CANCELLIERI 16 vella , uno degli Eredi di Cristoforo Saliceti; come ne sono stato assicurato dal mio eruditissimo Amico Sig. Marchese D. Carlo di Villarosu , che amiarichiestane hapresaesatta informazione dal Sig. Giuseppe Menicuc ci, addetto a quella Famiglia. Del resto narrano i numerosi Scrittori della vita di Scanderbegh (1) , che attribuivasi unavirtù soprannatura

  (1) Benedetto di Cola dello Marte dello Rione de Ponte nel Cod. 3255. , narra che nel 1466 de Decembre venne in Ro ma Scanderbech Albanese, e del mese di Febbraro 1467 se parti da Roma. Vi ha tradizione , che abitasse in una Casa, nella di cui Facciata si vede tuttora il suo Ritratto nella Piaz zetta , che porta il suo nome , dietro la Datería Apostolica , come nota il Bernardini ne' Rioni di Roma p. 60. Vitae et res gestae Scanderbergii , Principis Epirotarum. Romae sineanno , et Typographo fol. Il Vossio de Historicis Latinis p. 574. la crede stampata nel 1506 , e che ne sia stato autore Marino Becichemo , su la fede di Paolo Giovio , che a lui ' at tribuisce ne'suoi Elogi. Ma lo Zono nel T. II. Diss. Vossiane p. 407. ne dimostra autore Mariano Barlezio , soggiungendo , che Filippo Leoniceno aggiunse quest' opra al T. III. della sna rac colta Chronicorum Turcicorum , in quibus vita , indoles, et adversus Turcas res gestae Georgii Castrioti Epirotarum Prin cipis, quipropter egregia,et proeclarą facinora Scanderbeghus, hoc est AlexanderMagnus cognominatus fuit. ( Lib. XIII. ) de scribuntur a Marino Barlezio Scodrensi Sacerdote Т. II.ас cesserunt ejusdem Auct. Lib. III. da Scotra Urbe Epiri nobi lissima a Turcis expugnata. Frf. ad Moenum 1577fol.; cum fig. Questa Istoria fu volgarizata da Pietro Rocca , e stampata . ni Venezia per Fabio, e Agostino Zoppino 1660 8. Ma prima venne alla luce con questo titolo , riferito da Clement Bibl. Cu rieuse T. II. p. 435. De vita, moribus , ac rebus praecipue adver , sus Turcas gestis Geor. Castrioti Cl. Epirotarum principis ,qui propter celeberrima facinora Scanderbegus h. e. Alexander Ma gnus cognominatus fuit. Lib. XIII. per Marinum Berletium Sco drensem conscripti , ac nunc primum in Germania castigatissimo editi. Argentorati apud Cratonem Mylium , mense Octobri , Anno 1537. fol. Gli illustri , e gloriosi gesti ,e vittoriose imprese fatte contro Turchida Giorgio Castriota Scanderdegh Principed'Epiro. Ven. pressoAltobello Salicato 584. 8. Gio Maria Monarda, Vita di Giorg. Cast. detto Scandere bezh. Ven. per il Salicato 1591. La Scanderbeide di Margherita Rcrocchi. Roma 1606. Geor. Bertholdi Pontani a Braintenberg Scnderbeghus, h. e vita, et res strenue feliciterque gestae Geor. Castriotae Epiri Re gis , ob magna facta Scanderbegh dicti , contra Turcarum imma nitatem, et perfidiam : quae omnia e suis orationibus, et brevi hi storia contexta cognoscentur , omnibusque Christianis ad intelligen १ dam detestandam , et debellandam Turcicam rabiem impiis १ simam , praesertim hoc tempore valde inserviunt.Hansviae 1609. 8. Freytag Adparatus Litter. T. I. p. 465. Io. de Bussieres Scanderbeghus, Poema. Lugd, per Guil. Duu hint 1662. Lucas de Meneses Vidade George Castrioto ,clamado Scan derbeg. En Lisboa par M. des Landes 1688. 4. Du Poncet Vita di Gior. Castr. Scanderbegh. 1709. Gio. Mario Biemmi. Istoria di Gior. Castr. detto Scan derbegh. Brescia per Gio. Bat. Bosino 1742. V. Nov. Letter. di Venezia 1742. p. 371. Mazzucchelli T. II. P. II. p. 1211. Richer Pensèes ingenieuses sur les Avantures de Scanderbegh. A. Roven 1750. 8. Dizionario Storico di tutte le Vite de' Monarchi Ottomani. Ven. 1788. T. II. p. 233. Lor. Ignazio Thuelen. Dialoghi nel Regno de' Morti. Dialogo I. fra Gio. Castriota ,detto Scanderbegh , Re d'Albania , e di Epiro , e l'Imp. Carlo M. nel quale si contengono la vita e le geste di questi celebri Personaggi. Brescia 1816. Scanderbergh Principe di Albania. Azione Accademica pel giorno Natalizio di Francesco III. Duca di Modena nel Collegio de'Nobili. Modena 1770 4. Aquesti si può aggiugnere quest' altro rarissimo Libro , rife to dal Clement Bibl. Curieuse T. V. p. 30. Histoire Negroponti que , contenant la vie ,etles amours d' Alexandre Castriota , ar riere Neveu de Scanderbegh , et d' Olimpe , la belle Grecque, de la Maison des Paleologues , tirée des Manuscrits d' Ottavio Finelli , et traduite par Iean Baudovin. A Paris 1631. 8.

le alla sua Sciabla, per la forza straordinaria, che dimostrava con essa in ogni pugna. Perciò Maometto II. glie a richiese, e l'ottenne. Ma essendosi accorto , che nulla avea di particolare, glie la rimandò con disprezzo , facendogli dire, che ne avea delle migliori , con le quali però niuno era capace di far le sue prodezze. Egli subito rispose , che non dovea maravigliarsene ; perchè avendogli mandata la sua Scimitarra , non gli avea con essa mandato anche il suo braccio.
 Riguardo poi alla Spada del Duca Valentino , Ant. M. Graziani nell'opera intitolata , Theatrum Historicum de virtutibus , et vitiis illustrium Virorum et Foeminarum , eorumdemque casibus , maximam partem funestis , opera , et studio Spir. Flechierii Abatis S. Severini. Frf. 1681. 8. trattando de Roderico , et Caesare Borgiis dice. Nominis sui omen secutus , superbum vexillis Titulum , aut Caesar , aut Nihil , inscribi jussit; quod Sannazarus versiculis haud tamen satis salsis redarguit ,

Aut nihil , aut Caesar vult dici Borgia. quidni?
Quum simul et Caesar possit , et esse nihil.

Alii item , quum post mortem Patris in vinculis haberetur , suppliciumque ejus cupide a Populo flagitaretur in contumeliam ejus ferebant.

Borgia Caesar erat, factis , et nomine Caesar,
Aut nihil , aut Caesar dixit ; utrumque fuit.

 Questo stesso motto, allusivo alle parole della sua Impresa , è inciso da ambe le parti della lama della sua Spada, tutta arabescata , che fu acquistata dal celebre Abate Ferdinando Galiani , Regio consigliere , di cui pubblicò la vita il mio pregiatissimo Amico Sig. Avvocato D. Luigi Diodati in Napoli 1788, presso Vincenzo Orsino. Egli lasciolla in legato per 300 ducati al suddetto Mons. Gaetani , il quale avendo ideato di collocarla nella Rocca di Sermoneta , incaricò il P. Massimiliano Gaetani d' Aragona , de' Duchi di Laurenzana, della Compagnia di Gesù, il quale nel 1790 mi fece l'onore d'indirizzarmi, sotto il finto nome di Emmanuele Alvisiano , una Lettera sopra la Famiglia di Papa Gelasio II. (1) , di formarne l'Iscrizione , ch' egli sottopose alla mia revisione , con questo gentilissimo viglietto , in data de' 14 Ottobre 1787.

  (1) Vita Gelasii II. a Pandulpho de Alatro Pisano, in Propilaeo ad Acta SS. Maii Bolland. P. III. p. 93 , et cum notis Costantini Cajetani . Romae 1638 , et in T. III. Rer. Ital. Murator. p. 367. 417. Alia, ex Ms. Nicolai de Rosellis Card. Aragon p. 418. Vita delPontefice Gelasio Il recata dalla Latina favella nella volgare ,da Pietro Pasqualoni. Roma nella Stamp. Gaetani 1802. 4. Adolphi Hartmanni Vita Gelasii II, cum Vita Victoris III. Urbani II. etc, Marburgi 1729. 8.

L'esser dotto , è buona cosa. Ma non è cosa buona tra noi quaggiù , se non con qualche peso , ed incomodo. Così chi è ricco , è anche soggetto al soccorrere i poveri. Non altrimenti chi è fornito di sapere , ha la pena di essere interpellato dagl' ignoranti. Mi son visto in necessità di fare l'Iscrizione sopra la Spada del Valentino , troppo interessante per noi Gaetani, contro de' quali, come contro degli Orsini , e Colonnesi, quel mal Uomo impugnò le armi , assediò Sermoneta, fece morire varj della Famiglia. Questo monumento fu già dal Sig. Consiglier Galiani pattuito a prezzo di ducati 300 con Mons. Gaetani, e in morte confermato il contratto; nè Monsignore volendola per tanto prezzo, si destinava dal detto Galiani alla Sovrana delle Russie. Monsignore amante delle antichità risolutamente la vuole. Prego dunque V. S. Illma a degnarsi di dare un'occhiata a questa iscrizione, e notare il difettoso , con distribuire anche le linee , a tenore de' sensi. Io mi protesterò molto obbligato alla di lei bontà, e sempre più mi farò un piacere di essere ec.
 Ecco l'iscrizione, che poi non fu messa in opera, essendo la Spada rimasta presso l' egregio Sig. Duca D. Enrico Gaetani, erede non meno delle virtù dell'ottimo suo Genitore , Duca D. Francesco, che del suo dottissimo Zio.

GLADIVS. QUEM. HEIC. APPENSVM. HOSPES. ADSPICIS
CAESARIS. BORGIAE. VALENTINI. DVCIS. OLIM. FVIT
SERMONETANORVM. SANGVINE. CRUENTATVS
NE. AMPLIVS. DESAEVIRET
MVLIERVM. CAMMILLAE. QUONDAM. SVAE. VIRTUTEM
AEMVLANTIVM
INGENTES. PRAESTITERE. ANIMI
CVRANTE. AVTEM. HONORATO. CAIETANO
EX. SERMONETAE. DVCIBVS
IN. HVIVS. ARCIS. ARMAMENTARIO. EST. CONLOCATVS
NVLLIBI. MELIVS
VBI. ENIM. SAEVIERAT
IBI. INDECORA. RVBIGINE. CONSUMENDVS
AD. PERENNE. INIQVAE. AGGRESSIONIS. CAESARIANAE
ET. EGREGIAE. SERMONETANORVM
IN. SVOS. CAIETANOS. PRINCIPES. VOLUNTATIS
NONVMENTVM

 L' invitto Giovanni III. Subieski , Re di Polonia , di cui ho recato le più copiose notizie nel Mercato p. 260, dopo aver liberata la Capitale di Vienna dall' assedio de' Turchi , tributò alla B. V. Lauretana la sua Sciabla , unitamente alla conquistata Bandiera di Maometto , come si dichiara nelle Notizie del regio Stendardo Turco mandato dal Re di Polonia alla S. Casa di Loreto. Ancona 1684. 4 , e si conferma nella Pastorale di Monsig. Felice Paoli pel ritorno della Statua di S. M. di Loreto ne 1802 p. 6., ove si accennaila lapide sotto la gran bandiera Turca dedicata a Maria SS. per la vittoria riportata a di Lei intercessio ne nel Pontificato d' Innocenzo XI. da Giovanni III. Sappiamo dal Monitore di Roma de'6Giugno 1798. P. 289, che lasuddetta Sciabla , spogliata però delle pietre preziose , di cui era guarnita nella sua impugnatura nella general dispersione di tutte le cose , era venuta inpotere del Console Liborio Angelucci , il quale la consegnò nelle mani del Generale Dombrovvski , unitamente allo Stendardo , chefu condotto inRoma , con la scorta di mille Polacchi.
 Ma la Spada , che rimarrà piùcelebre di tutte le altre , sarà quella di Federico II. Re di Prussia , che ha avuta la sorte di essere immortalata dalle nobilissime ottave del Sig. Cav. Vincenzo Monti , Principe supremo de' moderni Poeti. ( Milano 1806,8.)
 Il P. Abate D. Anselmo Costadoni, inuna Dissertazione sopra un'antica Statuetta d'avorio , rappresen tante un Re assiso in trono , circondato dalle Guardie, con un Falconesulla mano, nel T. 45. degli Opuscoli Calogeriani p. 288. dimostra , che negli antichi monumenti rappresentavansi i Sovrani con la Spada sguainatain mano, per segno della loro autorità e diritto sulla vita de' sudditi; onde canto Godofredo Viterbese car. XIX. Pistor. Rer. Germanicar. T. II. p. 531.

Praecipitur Gladius vibratus semper haberi ,
Puniat ut subito, potuit quae culpa mereri .
Namsi tardus erit , Pax vacuata perit.

Nelle monete degli Abbati di Ersfeld, incui scorgonsi le immagini di Carto M. col Volatile sulla sinistra, si osserva , che la destra stringe la Spada alzata. Christiano Schlegelio de Numis Abbatum Horsfelders. Gothae 1724. p. 52. produce quelle consimili di Pipino suo Genitore , e di altri Monarchi dopo i medesimi.E perciò ho dimostrato nella Diss. delle SS. Simplicia ed Orsap. 80, che avendo G. C.ammesso sopra di sè , ancor vivo , l'effetto de' Chiodi , con i quali fu conficcatoin Croce, e dopo la sua morte , ancor dellaLancia , che gli aprì il Costato ,volle lasciare al Ferro , che è l'ordinario , ed ultimo mezzo, di cui la pubblica Potestàsi prevale, per eseguirelemeritate condannedimorte, la sua naturale efficacia ; affinchè le Membra, cioè i Martiri , che spesso liberòdal fuoco , dalleacque , dalle Bestie , e da tanti altri tormenti, non fossero superiori, e distinti dal loro Capo ; spiegando così più congruentemente , il quesito proposto dal P. Menochio, e da Girolamo Baruffaldi , perchè il colpo di Spada, e di qualunque ferro tagliente non sia stato mai vano , e fallace nel decapitare ,e dar la morte ai Martiri di G. C. in vigore della Poena Gladii ex Legibus Romanis , spiegata daAgost. Flor. Rivino. Lips. 1727. e da Gio. Pietro Schedessero de usu Gladii in suppliviis apud Romanos. Frf. 1769.
 Il Doederlingio de Nummis Germaniae mediae quos vulgo Bracteatos seu Cavos adpellant. Norimbergae 1729. p. 69. ne'Sigilli , e nelle Monete de'Vescovi , ede'Principi d' Erbipoli ; il Bruschio de Germaniae episcopatibus Epit. T. I. p. 153 161. Ludgero Frigio in Lect. memorab. Centenar. VIII. T. 1. p. 204. in quelle di Munster, e dell' Abate di Campidona , ne fanno vedere le immagini ,non solo assise in segno dellagiurisdizione spirituale , ma eziandio con la Spada nella destra, per indicare l'unione del Dominio temporale. Perciò ne derivò il Proverbio.

Herbipolis sola puniat. Ense , stola.

 Quindi il Vescovo di Cahors nella Provincia del Quercy, essendo anche Conte di quella Città, quando celebrava , teneva accanto la Mensa dell' Altare una Spada , un Cimiero , la Miccia, e la Manopola, por tando gli stivali, e gli sproni , come ho dimostrato ne' Possessi p. 339 , e nel Mercato p. 124. Il Vescovo di Teramo seguita tuttora a chiamarsi Episcopus Apruti nus , in memoriadel Dominio, che avea di tutta la Provincia di Abruzzo ,di cui Teramo eracapo ,essendo gli però rimasta la facoltàdieleggere nella stessa Città in70sue Ville ilGiudicedelle seconde Cause, il Vice Conte, o ilViceBaronenellasua Contea , eBaronia,dove possiede utrumque Gladium , avendo anche il privilegio, quando fa Pontificale, di tener su laMensa le armi, che sipone anco indosso;come fece Giacomo Saverio , Piccolomini diCelano, nel Sacro Concilio Tridentino.E perciò s' intitola Princeps Terami, Baro Roccae S. Ma riae , ComesBisemnii , ac S. Sedi immediate subjectus. Il Sommo Pontefice , prima d'incominciare il Ma tutino nella notte di Natale, ha il costume , da me illustrato ne' Pontificali p. 12 , con le citazioni di tutti gli Scrittori , che ne han trattato , di benedire uno stocco , guarnito di pomo dorato , ed un cap pello di vellato cremisi , foderato di armellini , fre giato di perle , e cinto di un cordone d'oro, conuna colomba in cima,in simbolo dello Spirito S. Questo Cappello messo su la punta della Spada, vien retto da un Mazziere la notte , in tempo del matutino , da unlato dell' Altare della Cappella , e la mattina a cornu Epistolae della Confessionedi S. Pietro,neltem po del Pontificale, come può osservarsi nel ramedelle 1 CANCELLIERI 24 relazioni antico-moderne del 1726 p. 702 835, e in quellodame aggiunto p. 48. Ogni qualvolta poi vi si è incontrato l' Imperadore , vibrando prima tre volte la Spada , in segno di mostrarsi pronto alla difesa del Vangelo , ha cantato il principio della VII. Lezione Exiit Edictum a Caesare Augusto ; e se vi si è tro vato qualche Re , il principio della] V. Alcuni d' opinione , che l'antico Rito di questa Benedizione sia stato introdotto per indícare ciò ,che si legge nel son Lib. I. de' Maccabei al C. XV. di Giuda (1) , che es sendo pronto a battersi con Nicanore Generale dell' Armata di Antioco , Re della Siria , ebbe la visione del gran Profeta Onia già defunto, che stava pregan do l'Altissimo a favore del Popolo Ebraico, e del Profeta Geremia , che presentava al medesimo Giuda una Spada d'oro , dicendogli, ricevi questa santa Spa da, che Dio ti manda, colla quale distruggerai i ne mici del mio Popolo d' Israello. Nel T. II. de Secretariis p. 832, ove ho trattato della solenne Incoronazione degl' Imperadori , e dell' ultima , eseguita in Bologna , nella Chiesa di S. Pe tronio a' 24. di Febbrajo nel 1530 da Clemente VII. per Carlo V. p. 841 , parlando de Insignium Imperialium • traditione , Manto Collobio , Anulo , Sceptro , Pomo Crucigero , Mitra , ho mostrato che si finiva col Gla dio. Il Ceremoniale del Patrizio cosi descrive questo ri to. Dum cantatur Graduale, Caesar descendens e sug gestu , venit ad pedes SS. D. N. deducentibus eum duobus Diaconibus Card. paratis ; et unus ex Clericis Camera ex altari accipit Gladium cum suavagina , et illum ad Priorem Diaconorum stantem ante Pontificem (1) Conradi Ikenii Observatio de Iuda Maccabeo. In ejusdem Symbolis Likter. T. 1, Patt. 1. p. 170. 194. Bremae 1744. 1 LETTERAEC. 25 addexteram portat , quem Pontifex e vagina extractum de manu ipsius Diaconi accipiens , Imperatori ante se genuflexo , in dextera manu tradit , ipse cum Mitra se dens , et dicens., Accipe Gladium etc. I Codici riporta ti dal Gattico Act. Coerem. p. 131 esibiscono questo stesso rito , usato con gl' Imperadori Carlo IV. Sigi smondo, e Federico III. E' vero però , che in alcuni atti Religiosi dee de porsi la Spada , come provano G. F. Wideburgii , et Dan. Otton. Kegelii Macherologia, seu Disputatio de Gladio in Sacramentorum reverentiam deponendo. Helmst. 1709. 4. Siegeri Coesonis ab Aeminga de Iure circa Gla dii depositionem , praesertim in actu Baptismali a Patri nis , et in Benedictione Sacerdotali a Sponso , Disser tationes tres. Griphys. 1753. 1754. Pompeo Sarnelli , se il Laico che vuol servire la Messa, dee lasciar la Spa da ? T. IX. Lett. Eccl. p. 22. Salvatore di Blasi , Co stume di deporre le Armi , prima di entrare in Chiesa. Nelle Mem. Letter. di Sicilia. Palermo 1756 Т. I. p. 7. : enelle Diss. Eccl. di F. A. Zaccaria T. XIV. p. 316. Ma è tempo , che ancor io le deponga, e che finisca di parlarvene più a lungo, temendo pur trop po di avervi soverchiamente annojato . Gradite non dimeno queste mie osservazioni sopra le Spade an tiche , e rugginose, che non sono già le moderne , da temersi , affilate e taglienti ; come prodotte dall' ecci tamento, che mi handato le vostre , e che vi faranno comprendere , quanto io valuti ' egregie vostre produ zioni. Perciò mi sono anche approfittato delle ultime Feriae Varsavienses , stampate in Milano nel 1820, e meritamente dirette al nostro virtuosissimo Amico Sig. Dottor Giovanni Labus. In esse ho ammirata l'aurea La tinità , con la quale avete trattato de incerta Gram CANCELLIERI 26 maticorum auctoritate , ac de varietate Ortographiae apud Latinos , praesertim in scribenda Praepositione Ab, quando excipitur ab Littera consonanti. Ivi avete fatto conoscere , che non solo vi sono ben notele regole pre scritte dagli antichi Grammatici Latini , Mario Vittori , , , no M. Aurelio Cassiodoro Beda, Agretio Flavio Capro , e Velio Longo ; ma anche daimoderni Giodoco Badio Ascensio ,nell'eleganze di Agostino Dati , Gior gio Valla , Guarino Veronese , Aldo Manuzio , Gir. Cardono , Gio. Passeratio , Claudio Dausquio , Cristoforo Cellario, Corr. Sam. Schurtofleischio , e Gottlieb. Korte nelle due Diss. de usu Ortographiae Latinae. Lips. 4. Del pari mi sono piaciute l'aggiunta Dilucidazione di un passo di Cicerone nell' Epist. XII. ad Familiares del L. V. ad L. Luccaejum ; e dell' Esame Critico del la Lettera di Servio Sulpizio a M. T. Cicerone , in Morte di Tullia ,tra le Famigliari la V. del Libro IV. Le vostre riflessioni mi sono sembrate più giuste delle Adnotationes Casp. Sagittarii in Servit Sulpicii Epi stolam consolatoriam, inter Ciceronianas Familiar. IV.5 da lui unite all' Historia Vitae , et Mortis Tulliae M. Tullii Ciceronis Filiae. lenae Litteris Wertheri 1679 ; benchè questa però siamolto più interessante dell' Hi stoire de Tullie Fille de Ciceron, par une Dame illustre AParis chez Pierre Prault 1720 8; ed anche delle Re marques de Nicolas Hongault sur le Fanum de Tullie. Fille de Ciceron ; dans les Memoires de l' Academie des Inscriptions Amst. T. II. p. 473. Ora che già vi siete addomesticato alla rigidezza di cotesto Clima , ed avete ricuperato l'uso libero della destra , slogata per la caduta fatta su cotesti ghiacci , nella Vigilia dello scorso Natale , vi auguro di cuore 27 , LETTERA EC. la più florida , e prospera salute affinchè possiate ogni anno continuare a farci godere i preziosi frutti delle vostre Ferie , ed a sempre più arricchirci co' vo stri lumi ; assicurandovi , che fra tanti vostri ammirato rì niuno potrà goderne piùdi me che mi pregierd sem pre di non cedere averuno nell' altissima stima , pieno di cui midichiaro vostro , VITTORIO " NAPOLIE Umo Obblmo Servitore ed Amico FRANCESCO CANCELLIERI Roma a' 24 di Febbrajo del 1821. BIBLIOTECA 1410321 IMPRIMATUR Si videbitur Rev. P. Mag. Sac. P. A. Mag. Candidus Maria Frattini Archiep. Philipp. Vicesg. Nihil obstat. Fr. Joseph Faraldi Ord. Praed. IMPRIMATUR Fr. Philippus Anfossi Ord. Praed. Sacri Palatii Apost. Mag. :

La famiglia e l'eredità dell'abate Galiani

著者
アレッサンドロ・アデモッロ
収録
Nuova antologia LIII, f. XX
初版
1880年
引用サイト
Google Books

I.

 Ho trattato altrove¹ dell'abate Galiani studiato e da studiarsi, nei carteggi e negli scritti dei suoi contemporanei; dirò qui degli scritti e dei carteggi da esso lasciati, materiale importantissimo disgraziatamente disperso, distrutto o sottratto alle ricerche degli studiosi.

  1 Vedi Opinione, n. 97 del 1879 ; Rivista europea, 16 novembre 1879, e Raccolta di scritti varii per nozze Beltrani-Jatta. Trani, 1880.

 I manoscritti trovati nella casa che l'abate Galiani abitava presso la chiesa di S. Anna di Palazzo a Napoli dopo la morte di lui avvenuta nei 30 ottobre 1787 a 58 anni della sua età, ² erano tanti da empirne dieci cassoni, secondo fa sapere il Diodati nella lettera al Bandini, da noi messa in luce.

  2 La cappella della famiglia Galiani era nella chiesa dei Celestini a Chiaia, ove voll'esser sepolto l'abate Ferdinando; oggi si chiama la chiesa dell'Asceusione. Nell'antica Guida de forestieri per la città di Napoli. 1788 (a spese del libraio Nunzio Rosa, sotto il palazzo del sig Ducadi Monteleone) apag. 263 si legge che nella parte superiore della spiaggia di Chiaia havvi la chiesa dell'Ascensione, edificata, o piuttosto ampliata nel 1360 da Nicolò D'Alife. Vicino, alla suddetta chiesa, vi è l'altra di S. Michele nel Borgo di Chiaia dei Padri Celestini che per errore, o voce popolare si chiama l'Ascensione, per essere contigua all'antica piccola chiesa dell'Ascensione, ove anticamente abitavano detti Padri. Oggi nulla più esiste del convento dei Padri Celestini, abolito nel 1799, e quindi nella detta chiesa non vi è lapide, iscrizione, o memoria alcuna delle antiche sepolture che vi esistevanoE però nella Guida di Napoli, e de' suoi luoghi celebri stampata nel 1845, al tempo del Congresso degli Scienziati, a pag. 377, si legge : « L'Ascensione a Chiaia. In questa Chiesa fondata in origine al 1300, venne allora servita da' Padri Celestini. Vi sono molti dipinti di Luca Giordano, che dipinse altresì i tondi, ove sono i Beati della Congregazione Celestina » Vedi Descrizione dei Luoghi Sacri della città di Napoli, con li fundatori di essi, Reliquie, Sepulture, epitafii di PIETRO DE STEFANO, napolitano.- In Napoli, appresso Raimondo Amato, nell'anno 1560, pag. 93 tergo.

Vi era di più un' ordinatissima raccolta dei suoi carteggi contenuti in 22 volumi, senza contare molte lettere trovate disciolte. Quali fossero le opere inedite l'hanno detto tutti i biografi del Galiani copiando su per giù la lista data dal Diodati che primo ne scrisse la Vita, e che ebbe in mano i carteggi ed i manoscritti. Fra le opere inedite delle quali il baron Mattei nel suo recente libretto sul Galiani ha recato i titoli in numero di venticinque, quella intorno alla vita ed alle poesie di Orazio è da credersi la più importante. Molto maggiore l'importanza generale dei carteggi, che apparisce evidente quando si sa il Galiani essere stato in corrispondenza regolare con tutti i personaggi cospicui o singolari del singolarissimo tempo in cui visse, si francesi che italiani. Vanno specialmente ricordati fra gli italiani il Lami, il Cocchi, l'Argelati, lo Zannotti, il Facciolati, il Maffei, il Boscovich, il Gori, il Winhelmann, tedesco italianizzato, i monsignori Stay, Assemani e Bottari, il marchese Luigi Pindemonti, l'abate Niccolini, il dottor Giovanni Bianchi, il Valisnieri, i Venuti. Le lettere degli italiani formavano otto volumi. Altri quattordici volumi contenevano quelle dei forestieri. Il Diodati nella Vita del Galicni(Napoli 1788) scrive : « Fra questi nomino solamente D'Alembert, Diderot, Raynal, Le Beau, Batteaux, Arnaud, Voltaire, Necker, Buffon, Mirabeau, Bergier, Saurin, Barthelmy, Tronchin, Linguet, Marmontel, Helvetius, le lettere dei quali sono legate in nove tomi ben voluminosi. » Nei rimanenti cinque volumi è da supporsi fossero le lettere delle amiche francesi, M.me D'Epinay, M.me Geoffrin, M.me de Belsunce, ecc. Or bene, dove si trova al di d'oggi il tesoro di scritti e di documenti lasciati dal Galiani ? La risposta è dolorosa. Le opere inedite sono andate disperse o distrutte, almeno in gran parte; i volumi dei carteggi sono posseduti dalla famiglia Niccolini di Napoli che non permette ad alcuno neppur di vederli, non che di studiarvi dentro e di prenderne estratti.
 Bisogna spiegare come la parte migliore dell'eredità di Ferdinando Galiani sia andata in mano di gente non legata a lui da alcun vincolo di parentela e quindi poco o punto curante di ciò che riguarda la sua memoria, onde la necessità di qualche parola circa la famiglia Galiani.
 Il barone Mattei affermache lafamiglia Galiani, Galeanio Galien, venne di Francia. Sarà, ma è permesso dubitare di tale provenienza. A buon conto, Uberto Foglietta nel libro 1 della sua Repubblica di Genova mette con la data del 1193 una famiglia Galliani fra le cinquanta le quali avanzano in Genova di quello prisco governo prima che si cominciasse a fare distinzioni fra nobili e popolani. ¹

  1 Sono riuscite infruttuose le ricerche per aver notizia dello stato della famiglia Galiani nel giorno della morte dell'abate Ferdinando e dell'origine de' vari rami della detta famiglia. Non abbiamo alcuna opera che particolarmente discorra della famiglia Galiani, nè di essaparlano ilcav. ErasmoRicca nei quattro volumi sino ad ora pubblicati dell'opera intitolata: La nobiltà del regno delle Due Sicilie (Napoli 1859 e segg. in 8°), nè il conte Berardo Candido Gonzaga nei cinque volumi sino ad ora pubblicati delle Memorie storiche delle famiglie nobili delle provincie meridionali d'Italia (Napoli, 1874 е segg. in 4°).

 È vero che nel 1857 viveva a Parigi, alto uffiziale nelministero della marina, un Galiani dela Serre, ma egli stesso dicevasi d'origine italiana, ed anzi nipote di un Pasquale Galiani, sposato in Fasano (Bari) il 2 febbraio 1754 a Palma Buongiorno. Costui sarebbe stato cugino germano di Ferdinando e di Bernardo Galiani ed avrebbe avuto per figliuolo il padre del detto Galiani de la Serre. Che che sia ciò, è certo trovarsi a Foggia sul principio del secolo decimottavo la famiglia Galiani, un ramo della quale si trasloca più tardi a Montoro. ²

  2 La Rivista nuova di Napoli (Anno II, Fasc. 13) ha pubblicato unalettera di Ferdinando Galiani al sig. D. Giovanni Lorenzo Galiani di Montoro nella quale l'Abate scrive : desidero anche di veder codesti luoghi di nostra antica e comunepatria. Da ciò non si può dedurre che l'Abate Galiani sia nato a Montoro invece che a Chieti, ma le sue parole fanno nascere il dubbio che i Galiani di Foggia, ai quali egli appartiene, fossero un ramo dei Galiani di Montoro, piuttosto che questi un ramo di quelli.

Questo ramo dura tuttora, ma già nel 1787 parenon avesse più parentela riconosciuta in grado diretto e determinato col ramo cui appartenevaFerdinando, il quale nel suo testamento autografo, legando un ricordo al barone Don Lorenzo Galiani di Montoro, si limita a dirlo della stessa sua famiglia. Il Galiani parigino erasi messo in testa, forse per farsi del nome celebre piedistallo a piccole ambizioni, di imprendere una pubblicazione di cose del Galiani, ma poi non fece altro, quantunque avesse raggranellato qualche materiale e qualche scrittarello inedito, grazie alla cooperazione del cav. Merlo ex-ufficiale di marina napoletano. Crediamo anzi che il materiale cosi raccolto servisse più tardi per la pubblicazione del Ristelhauber sul Galiani (Parigi, 1866), a proposito della quale scrive il Sainte-Beuve (Causeries, T. 8°): « Un jeune écrivain a eu l'idée de faire un choix dans Galiani, de découper un certain nombre de passages dans sa correspondance et aillieurs et il a publié ce petit travail qui ne lui a pas donné grand'peine, qui ne lui a coûté que quelques coups de ciseaux sous ce titre un peu prétensieux: Un napolitain du dernier siècle, Contes, Lettres et Pensées de l'abbé Galiani, ecc. Il eût été plus exact et plus vrai d'annocer d'abord qu'on ne donnait que des échantillons de tout cela. »
 Il lungo carteggio corso sul proposito della progettata pubblicazione fra il parigino Galiani ed il napoletano Merlo, che finirono alle rotte, oggi posseduto dal nostro chiarissimo amico Domenico Bianchini, è oltremodo curioso e non privo d'importanza.
 In una delle sue molte lettere il Galiani parigino racconta di aver trovato nella bottega di un rigattiere un quadro dipinto a olio con la figura di un guerriero, nel cui angolo sinistro si legge: Charles Félix Galliani 1 Duc de Gadagne en 1669 Cap. gal des Armées de France Gissime des Vénitiens mort sans postérité de Jeanne de Launai Gravay. E dice pure che il grido di guerra degli antichi Galiani era semper magis.- Si potrebbe osservare che l'Abate Ferdinando applicò questo grido alla conquista degli emolumenti e dei benefizii! Nelle sue lettere al Tanucci non finisce mai di chiedere, e pare che fin d'allora avesse grandi bisogni cresciuti con l'andare del tempo. Difatti il Dupatay (Lettres sur l'Italie en 1785) che conobbe il Galiani a Napoli negli ultimi tempi della sua vita, cioè quand'era nelle alte cariche amministrative, gli attribuisce le seguenti parole : « J'ai tous les vices ; il faut que chacun d'eux soit payé; il me faut donc beaucoup d'or » Il Gorani dice di lui: Ses émolumens équivaloient à 27,000 liv. de France, sans y comprendre les revenant-bons ; malgré cette faveur de la fortune, il éprouvait quelquefois de la pénurie, parce que l'entretien de sa maison, celui de sa bibliothèque et les dépenses de fantaisies absorboient ses revenus. Aveva inoltre avuto dal Re l'Abbazia di Surcoli che rendeva 1200 ducati l'anno, senza contare altri benefizi ecclesiastici di non piccola rendita. Che faceva di tanto denaro? Alla domanda risponde da sè con le prime parole del suo testamento: « Chiunque sa il tenore della mia vita non si meraviglierà che io moja con sì poca ricchezza. »
 Ma torniamo all'argomento della famiglia. Un punto soltanto appare sicuro, cioè che delle famiglie Galiani ve ne fossero diverse. E quanto al particolare della nobiltà, non sembra fosse molto solidamente basato, nè di origine antica, stando a ciò che in proposito dice il Galiani stesso nella seguente sua lettera inedita al Tanucci :

« Parigi, 22 marzo 1759. ¹
  1 Questa lettera non è fra quelle pubblicate nell'Archivio storico italiano a cura del signor Bazzoni.  » A me rincresce che V. E. pensi a noi. Il pensare è una molestia, un pizzicore, un bruciore, un'enfiagione, un tincone. Il fare è quel taglio' cruciale che da scolo alla materia e guarisce. Ah se V. E. volesse pur guarirsi dalla molestia del pensare ! Io collo orchiasto delle mie lettere ammollo ma non suppuro; ci vuol taglio. Sia chirurgo Pascale. ²

  2 Il ben noto Pasquale Carcani. Ed a proposito d' incisione cruciale, se V. E. volesse, mi potrebbe un poco fare la maggior grazia e la più da me desiderata e la sola che le domanderò per me. Giacchè Ella è fatto compagno e camerata del Gran Maestro dello stuol guerriero, mi faccia avere... lo dico o non lo dico?.. una croce di Malta di devozione. Oh che ho fatto! Già veggo imbrunire il viso, curvato il ciglio di V. E. e sento la voce severa che mi sgrida : oh Ferdinando, oh Ferdinando! Oh quanto da te diverso e dai principii tuoi! Piano, sentitemi prima. Non è fatuità di nobiltà, non è invidia di Magallon e di Beliardi, am bidue crociati, che mi muovono; è una volontà santa, giusta, ap provata e voluta da V. E.; è la voglia dimutar abito e conservar la badia. La necessità di questa metamorfosi in me ben la conosce V. E.; io la sento tanto che ho risoluto non tornar mai più in Napoli con collarino. Non mi rivedranno i tribunali in quel ve stiario vescovile, Due anni fa io fui colto alle strette e piegai e fu fatta la volontà di Dio e di Centolone. ³

  3 Chi sia questo Centolone non sappiamo. Il Galiani fu a Napoli dal principio del 1765 per quasi due anni. Ritornò a Parigi nel novembre 1766. Ma mi è men duro l'esilio che quella brutta figura. Io ho pensato mille vie a trasmu tarmi. Niuna è migliore delle vie di Malta. San Lazzaro qui, San Stefano a Firenze sarebbero cose più strane e meno viste dagli oc chi partenopei. Dunque si tratta per me di vivereesule dallapatria e quel che è assai più dalla presenza di V. E. Nonmi stia a doman dare gran pruova di nobiltà. Io neho poca ma bella, perchè è tutta opera di Carlo e di V. E. Da Tanucci è firmato il diploma di Mar chese a mio padre: ⁴ mi.dirà che la cosa non è tanto vecchia, ma è disgrazia comune di tutta Italia e non mia sola che 200 anni fa non ci sia stato un Carlo ed un Tanucci in Napoli.

  4 Dice veramente padre, ma allora a che il brevetto di marchesato fatto nel 1754 in favore di Bernardo Galiani fratello di Ferdinando ? Quando ci sono stati, io gli ho serviti. Se poi a V. E. rincresce far tutto lo sforzo e la fatica di questo negozio, mi accordi il suo permesso ed io m'ingegnerò se conFuentes, con Fleury o con altri posso far qualche cosa. »

 Veniamo ora ai parenti del Galiani e spigoliamo ciò che egli stesso ne dice nelle sue lettere a M.me D'Epinay :

« Naples, le 5 mars 1774.  » Que voulez-vous que je vous mande, ina belle dame? Mon frère est à l'agonie: j'attends la nouvelle de sa mortdemain. N'ai-je pas tout dit? Qu'il est affreux d'avoir une famille! Un homme ici déclamait l'autre jour contre le mariage, et disait : voyez ce que c'est que le mariage: songez que le bon Dieu a été obligé d'en ôter le péché mortel. Il a donc mis en équilibre dans la balance l'enfer et le mariage; encore l'enfer a paru plus léger. »

« Naples, le 12 mars 1774.  » Ma belle dame, hier au matin, avant midi, mon frère est mort: n'en ai-je pas assez dit pour ce soir? Si vous trouvez que c'est peu, j'ajouterai qu'il y a trois jours que j'ai appris la nouvelle de la mortde mon oncle. Il était vieux; mais comme il laisse une famille nombreuse et pauvre, sa mort a été facheuse. »

« Naples, le 12 mars 1774.  » La mort de mon frère m'approche de Paris; voici comment: il laisse trois filles ; je les marierai, et, pourles mieux marier, je vais faire croire à leurs époux que je serai un jour un grand personnage. Lorsque la chose sera faite, et les mariages consommés, ils seront bien attrapés. Je quitterait tout; et, comme rien ne m'attache plus ici, je m'en retournerai à Paris. Il se donneront à tous les diables; mais il n'y aura plus de remède. »

« Naples, le 13 août 1774.  » Vous me demandez si je travaille encore à mon livre de la monnaie. J'arrange des mariages; voilà tout ce que je fais à présent. J'espère en conclure une paire pour octobre prochain : cela fait, il ne me restera qu'une bossue à placer. Elle a de l'esprit, quoique laide et bossue; ainsi elle s'aidera elle-même à se marier, et m'en ôtera la peine.»

« 7 avril 1775.  » Pour moi, quoique l'année de la mort de mon frère soit révolue, que j'aie marié deux de mes trois nièces, et, qui plus est, remarié en secret ma belle-soeur, je ne suis pas au bout de mes ennuis. Les intérêts de mon frère ne sont pas à beaucoup près débrouillés, et il me reste une nièce à écorcher. »

« Naples, le 16 septembre 1775.  » Je me réjouis infiniment du succès de vos mariages; les miens n'ont pas été aussi heureux:.l'aînée de mes nièces ¹ est tombée dans les mains de certains dévots, d'ailleurs bonnes gens: ils ne sont d'aucune ressource; mais du moins ils ne me tracassent pas : mais la cadette a développé un caractère infâme et est tombée dans les mains d'un homme encore plus infâme; ² mais, lorsqu'elles auront reçu leurs dots, je serai tranquille.»

  1 Maria che sposò il marchese Natale, patrizio tranense. Questa aggiungeva al suo cognome quello di Galiani ed inquartavane con le sue le armi. Così il Baron Mattei.
 2 Era un Marchese di Sarno patrizio beneventano.

« Naples, le 24 mai 1777.  » Mais le moyen de vous écrire ? Savez-vous que dans le moment je viens de régler le contrat de mariage de ma troisième et dernière nièce ? ³

  3 Rosa maritata al Marchese di Sassinoro Mondella. Savez-vous qu'on le signera demain et qu'on célèbrera les fiançailles ? Savez-vous qu'il m'a fallu emprunter de l'argent pour cela, signer d'autres contrats, ecc. ? »

 Oltre queste tre nipoti per le quali, a dir vero, stando a quanto traluce dai riferiti squarci di confidenze, non pare che il Galiani nutrisse un grand'affetto, egli aveva la bellezza di quattro sorelle, cioè Settimia, Maria Giacinta, Maria Francesca e Teresa Margherita. La prima era vedova, senza figliuoli, di un Alfani, l'ultima par che fosse maritata a un Baldelli ed avesse una figliuola di nome Margherita.
 Difatti il Galiani nel Testamento chiama sua pronipote questa Margherita sposata al Barone Don Lorenzo Ripa; dal qual matrimonio erano nate al giorno della morte del Galiani due femmine, Gaetana e Maria Giuseppa, che il Galiani chiama sue abnipoti. La lista dei parenți non finisce qui, chè vi sono anche duecugini, Don Niccola Nocelli e Don Saverio Ciaburro di Lucera.
 Inutile entrare nei particolari del Testamento che pubblicheremo integralmente più innanzi, ma diciamo subito che per la parte più bella dell'eredità, cioè i manoscritti ed i carteggi, fu gravissimo danno la mancanza di un Galiani fra gli eredi diretti del celebre Abate. Il vero tesoro da esso lasciato andò perciò in mano di un estraneo, o quasi estraneo, alla famiglia, l'avvocato Francesco Paolo Azzariti, che il Galiani dice suo dilettissimo amico e congiunto, legando e donando a lui tutti i manoscritti di qualsivoglia spezie che si troveranno nell'eredità, e tutte le carte, fogli, libri cominciati e non finiti o non pubblicati ed ogni altra scrittura parimente spettante all'eredità. Stando al Diodati, l'Azzariti sarebbe nipote cugino del Galiani, ma questo grado di parentela ci sembra da escludersi per le parole del testamento, non conosciuto dal Diodati che aggiunge:- « Ora (marzo 1788) per esser grato alla memoria del zio raccoglie ed ordina tutte le opere inedite del Galiani e pensa di stamparle a fin d'appagare i desiderii del pubblico estremamente voglioso di tutto ciò che è rimasto di lui. » Ma poi l'Azzariti non ne fece nulla; di qui la sequela di guai dei quali dobbiamo parlare.

II.

 Dall' avvocato Azzariti, erede del Galiani che almeno aveva col defunto Abate qualche vincolo di lontana parentela, imanoscritti ed i carteggi compresi nell'eredità passarono poi, non sappiamo per qual via,nè quando, nella famiglia Niccolini estranea affatto a quella Galiani. Questa famiglia Niccolini, d'altronde rispettabilissima, possiede ancora i volumi dei carteggi, tenendoli per altro sotto chiave, secondo abbiamo già detto.
 Quanto ai manoscritti, pare che alla morte di un vecchio Presidente Niccolini avvenuta nel 5 marzo 1857 andassero divisi in possesso di un avvocato Ferrari, e di un avvocato Raffaelli, mariti, crediamo, di figliuole del defunto. Forse alla divisione ebbero parte anche altri, lo che poco importa.
 Di qui la dispersione. Ma già dieci anni prima il disastro aveva colpito la più importante delle opere lasciate inedite dal Galiani, quella sopra tutte a lui prediletta, l'opera sulla vita e le poesie di Orazio. Nel 1848, il manoscritto era in mano di un tale che abitava il palazzo Gravina. Alcuni ci dicono fosse il già nominato sig. Ferrari, altri l'avvocato Galanti. Fra i terribili danni dell'incendio di quel palazzo, sul quale si butto di preferenza la rabbia della reazione perchè sede del Circolo liberale, vi fu anche la perdita del manoscritto distrutto miseramente nelle fiamme accese per ordine di un nipote di quel Ferdinando e di quella Carolina che il Galiani servi ed adulò. Povero Galiani ! A chi conosce il tristissimo fato della sua opera oraziana, la lettera del 13 giugno 1778 a M.me D'Epinay, stringe il cuore: « Je vous dirai donc que, pour me distraire, je n'ai trouvé d'autre moyen que celui de m'occuper trés-profondément d'Horace, et que j'ai enfin commencé à écrire la vie e le sujet des pièces de cet auteur; ce qui est, comme vous savez, l'ouvrage que Grimm souhaitait si fort. Assurément j'en achèverai l'ébauche ; mais il est bien difficile que je le mette en état de paraître. Sije meurs, je lèguerai cet écrit à Grimm, qui le fera achever et publier. Pour le coup, dans peu de jours, toutes mes découvertes et mes idées seront sauvées de l'oubli.»
 Povero Galiani! Egli sperava che nulla delle idee e delle discoperte letterarie e scentifiche consegnate nei suoi manoscritti sarebbe perduto- invece è perduto tutto!- Dopo ladatadella riferita lettera visse quasi dieci anni e si può credere che riducesse le sue pazzie oraziane ad opera compiuta. Il Cesarotti gli scriveva in proposito nel 20 agosto 1787 : « Ricordatevi che io non vi perdonerò mai se non vi risolvete di rivelare al pubblico i segreti d'Orazio dei quali voi solo avete la chiave; ho propriamente voglia che il mondo sappia che Orazio non simpatizzava punto con quell'ipocrita d'Augusto e che costui, che hen sapeva di esserne conosciuto, non lo amava di cuore e lo proteggeva per vanità.»
 Distrutti o dispersi gli scritti inediti del Galiani, tenuti sotto chiave e nascosti a tutti i volumi del suo carteggio, restano soltauto come materiale di studio su questo italiano il quale, volere o non volere, appartiene a quella schiera di pensatori che fu prima e splendida manifestazione dello spirito nuovo destinato a conquistare il mondo, le lettere da esso scritte agli amici. Ma dove sono? Ripetiamo ciò che abbiamo già detto altrove ; hisogna cercarle nei carteggi d'illustri Italiani contemporanei del Galiani, che si conservano nelle biblioteche ed archivi pubblici o nelle raccolte private. Non saranno molte, specialmente per gli ultimi anni della sua vita, nei quali il Galiani fu preso da grand'antipatia pel commercio epistolare, secondo afferma l'Abate Cesarotti dichiarandosi montato in superbia per la dolce e lusinghiera distinzione di una lettera scrittagli dal confidente d'Orazio. Questa grand'antipatia deve esser nata nel Galiani dopo la morte di M.me D' Epinay, suo corrispondente ordinario, avvenuta nel 17 aprile 1783. M.me Du Boccage si offri al Galiani per surrogarla nella corrispondenza; ma l'Abate rifiutò dicendosi oramai morto, poichè on ne survit pas à ses amis. Visse altri quattro anni; e mori anch'esso a 58 a'età, precisamente come la sua amica parigina. Le lettere del Galiani degli ultimi tempi di sua vita son dunque preziose. Perciò i nostri lettori ci sapranno grado di trovar qui riprodotta quella diretta al Cesarotti nel cui epistolario giace sepolta, cosicchè, poco o punto nota com'è, può dirsi quasi nuova. Eccola:

« S. Jorio, 31 luglio 1787.  « AMICO INCOMPARABILE,  » Ho finalmente un momento di tempo per effetto delle ferie Augustali, ed eccomi a voi. Il nostro Residente poichè arrivai qui di ritorno dal mio viaggio mi fece capitare i due volumi della vostra antesignana traduzione dell'Iliade, ben legati e da voi destinatami per effetto di somma gentilezza e generosità. Mi fece con ciò un grandissimo servizio giacché l'esemplare da voi datomi in Padova non potè venir meco nel baule per mancanza di luogo. Dovetti mandarlo a Venezia donde ho riscontro, che già scorre il negro mare ma non è ancor giunto. Quando sarà arrivato io verrò ad averne due esemplari, uno de' quali è a vostra disposizione se volete mal consigliatamente farne dono a taluno, o se volete ch'io vi trovi chi se lo compri associandovisi, il che anche in questa Niso-bibla città non dovrebbe essermi difficile. Ma finchè non arriva la nave non disponete dell' esemplare che io posseggo perchè mi serve assai. Egli è l'unico compagno di questa mia villa, che in ciò divien emula della Prenestina ove stava Orazio. L'ho letto almeno per due terzi. Mi piace assaissimo; è libro juxta cor meum. Si vede che non è libro d'un antiquario che siasi voluto far filosofo (che in sostanza non è altro cheun pezzente arricchito), ma è un libro d'un filosofo divenuto antiquario, vale a dire d'un gentiluomo caduto in bassa fortuna, in cui anche nell'angustie del suo presente stato traspare la distinta condizione in cui nacque.
 » Io nelle mie pazzie Oraziane parlo assai d'Omero. Fo vedere che Omero presso tutti i Geniali joua le rôle della Bibbia, e dell'Alcorano. Deriderlo era filosofia incredula: attaccarlo era irreligione, ateismo. I Principi, i Filosofi, gliAlessandri, gli Aristoteli, i Platoni ne affettarono il rispetto propter metum Judeorum. Non volevano scandalezzar il popolo: ma in corpo loro sentivano altrimenti. Bel libro sarebbe quello delle ricerche del Sant'uffizio dei Gentili. Mostrar che vi fu, che era bastantemente terribile perchè i Preti eran ricchi allora come oggidi, e non volevano che veruno facesse vacillar la loro minestra ed il bollito. Se io facessi un tal libro, correrei pericolo di aver che fare col Sant'uffizio Cristiano. Sicchè lo lasciò far ad altri, e mi contento di dire che Omero se non è veduto come libro sacro, non si capisce perchè abbia fatto pro et contra tanto rumore in tanti secoli. Ma la carta va a finire, e appena resta luogo per pregarvi ad abbracciar l'amico Toaldo, e tanti degni Signori ed Amici che ho lasciati nelle Venete Lagune : Cromer, Galini animae quales neque candidiores etc : oh diavolo! La carta è finita. In punto sparano i castelli per il parto della Sovrana: e debbo spedir a Napoli ad impostare questa, se arriverà a tempo. Vale amicissimum caput Galiani. »

 Siano anche poche le lettere del Galiani che ai ricercatori sarà dato scoprire, saranno sempre un granbene per lui e per noi se tutte somiglino questa al Cesarotti, scritta quando l'Abate già sapevasi dominato dal male che doveva trarlo alla tomba poche settimane dopo, e ciò nonostante tutta piena di serenità e di sapore, di brio e di originalità. E ad ogni modo per uno studio importantissimo sul Galiani basta anche il solo carteggio di lui col Tanucci intorno al quale il Barone Saverio Mattei nel suo libro sul Galiani ed i suoi tempi ha stampato le seguenti graviparole :

 « Il prezioso carteggio passato al grande Archivio di Napoli a tempo del Trinchera ne fu tolto (?) per favoreggiare chi serbavalo a proprio utile per pubblicarlo in altra parte d'Italia, togliendone quant'eravi intorno alla spedizione voluta dal Tanucci di un grosso nerbo di truppe a prevenire gli intrighi dei Ministri di Francia e di Sardegna che minacciavano occupare Piacenza. »

 Questa tirata del Baron Mattei, rimasta per ora senz'alcuna risposta, ha riportato l'attenzione degli studiosi sul carteggio del Galiani col Tanucci e sulla pubblicazione fattane nell'Archivio storico italiano.
 Di tale pubblicazione, cominciata nel 1869 e di recente finita, sarebbe superfluo dichiarare la grande importanza. Ci duole peraltro dover dire che il metodo adottato nel prepararla non risponde compiutamente alle esigenze della critica. Non sappiamo qual base possa avere l'accusa formulata dal Barone Mattei, ma è fuori di dubbio che nontutte le lettere del Galiani al Tanucci sono entrate nella pubblicazione dell' Archivio storico italiano. A riprova di ciò diremo che noi ne possediamo parecchie, oltremodo curiose, lasciate indietro e quindi rimaste inedite, non si sa perchè.
 Dopo la sfuriata del Barone Mattei contro coloro i quali tolsero, secondo egli dice, il prezioso carteggio al Grand Archivio di Napoli, non saranno superflue alcune notizie ed alcune considerazioni circa queste lettere del Galiani al Tanucci e circa il modo più utile per la loro pubblicazione.
 Il primo a trascriverle tutte, per mandarle a stampa, fu Eugenio Cipolletta, valente giovane, figliuolo di un Usciere del Ministero degli Affari Esteri delle due Sicilie, il quale trascrisse pure e pubblicò le lettere di Maria Carolina al Cardinal Ruffo.¹

  1 Memorie politiche sur Conclavi da Pio VII a Pio IX compilate su documenti segreti rinvenuti negli Archivi degli Esteri dell'ex-Regno delle due Sicilie.- Milano, 1863.

Fu questa la prima pubblicazione di lettere della nefasta Regina ed è generalmente ignorata con danno non piccolo degli studi intorno a costei.
 Per le lettere del Galiani il Cipolletta non potè mandare ad effetto il suo disegno, prima per la solita difficoltà di trovare un editore, poi per la malattia che lo incolse e lo spense giovanissimo. Le fece trascrivere di nuovo il Trinchera per incarico del prof. Villari che voleva metterle in luce, e se l'avesse fatto, la pubblicazione da lui procurata avrebbe indubbiamente corrisposto alle regole della critica ed alle necessità degli studi in tutto e per tutto. Ma disgraziatamente il proposito del Villari non ebbe seguito- nè sappiamo il perchè. Intanto altra copia delle lettere veniva fatta per il prof. Pierantoni; ed alcune ne trascriveva, non senza dover prima vincere qualche difficoltà, anche il compianto prof. R. Palumbo, benemerito discopritore e rivelatore del vero storico sull'opera nefanda di Maria Carolina nei fatti del 1799. Al prof. Palumbo dobbiamo le lettere da noi possedute.
 Nonostante tutte le trascrizioni fattene, le lettere del Galiani restarono inedite e sconosciute fino a che il proposito di pubblicarle non fu attuato nell' Archivo storico italiano dal sig. Augusto Bazzoni, il quale pregò a tale oggetto il Sig. Domenico Bianchini di fare una scelta fra le lettere medesime, non volendosi metterle tutte indistintamente nella combinata pubblicazione. Il Bianchini fece la scelta senza parsimonia e fece fare la trascrizione dagli autografi delle lettere scelte, ma sebbene portasse nell'esame l'acume e la cura che gli sono abituali, pure egli stesso ci diceva non poter garantire di non averlasciato da parte qualche lettera importante, avendo adempiuto l'incarico in fretta ed incalzato dal tempo.
 Non sappiamo se le lettere rimaste inedite siano state omesse dal Bianchini o dall'editore, ma quelle che noi possediamo ci sembrano importanti assai.
 Ma su ciò è inutile fermarsi. Vuolsi piuttosto prendere occasione da questo fatto che comprova incompleta e più o meno manchevole la pubblicazione dell' Archivio storico italiano per dichiarare la convenienza che del carteggio fra il Galiani e il Tanucci si faccia una comoda edizione che comprenda tutte le lettere indistintamente dell'uno e dell'altrc. Di quelle del Tanucci gli originali debbono essere nei volumi del carteggio lasciati dal Galiani. Se a questi volumi tenuti sotto chiave, secondo già fu detto, con barbaro scrupolo del loro possessore attuale, non si può attingere, vi è modo di supplire alla mancanza degli originali con le minute. Il Tanucci teneva un copia-lettere e si deve sapere dov'è, poichè il Calà Ulloa lo ebbe in manoper stendere il suo libro Di Bernardo Tanucci e dei suoi tempi¹ fatto col materiale attinto nel voluminoso carteggio di Tanucci medesimo composto niente meno che di trentuno volumi in quarto !

  1 Napoli, 1875, 2ª edizione.

In quel libro, quasi ad ogni pagina, si citano lettere del Tanucci al Galiani.
 Superfluo avvertire che nell'edizione desiderata le lettere dovrebbero essere corredate di note storiche ed anche filologiche mancanti quasi del tutto nella pubblicazione dell' Archivio storico italiano, poichè senza tali note molti passi riescono oscuri e gli studiosi non possono ritrarre da quel materiale tutto il vantaggio possibile.
 Con siffatto materiale si potrebbe fare un lavoro compiuto nel suo intento da significarsi col titolo : L'Abate Galiani nel carteggio col Tanucci, dandogliene per paralello un altro: L'Abate Galiani nel suo carteggio con M.me D'Epinay. Certo avere anche le lettere a lui della D'Epinay gioverebbe dimolto, masecoloro che le possiedono si ostinano a tenerle nascoste, bisogna rassegnarsi a farne di meno. Che dire peraltro di tale ostinazione ? Vi è da rimpiangere che nel 1787 l'arbitrio tirannico del governo borbonico non fosse ancora giunto al segno cui si spinse poco, dopo, e che le carte dell'Abate Galiani sfuggissero al sequestro fiscale, più tardi praticato come cosa di regola alla morte degli ufficiali politici sulle carte da essi lasciate. Il sequestro le avrebbe salvate per i posteri e le carte del Galiani sarebbero oggi al grand'Archivio visibili per tutti come quelle di tant'altri. In verità vi sono dei casi nei quali la legge di espropriazione per causa pubblicadovrebbe applicarsi anche pei documenti di palese importanza riposti nei nascondigli di privati possessori.

III.

 Ma non indugiamodi più a recare undocumento importante che ci è stato possibile conseguire non senza difficoltà nella ricerca, ¹ cioè il testamento autografo del Galiani, che fu l'ultima scrittura di lui.

  1 Venne a capo dellaricerca l'egregio Bianchini,alquale qui rinnoviamo i nostri ringraziamenti.

Vi è subito da osservare una cosa. L'abate cessò di vivere il 30 ottobre sulle venti ore d'Italia; e l'apertura pubplica del testamento ebbe luogo nel giorno medesimo della sua morte. ²

  2 Archivio Notarile del Distretto di Napoli Volume 26, Lettera D. Istrumento del 30 ottobre 1787 stipulato dal notaro Angiolo Scala col quale ad istanza della signora Settimia Galiani fu Matteo, vedova del fu Andrea Alfani, fu provveduto all'apertura dell'ultimo testamento del fu di lei fratello Ferdinando Galiani.

Gli eredi avevano fretta davvero!
 S'ingannerebbe chi credesse questo testamento un atto rispondente alla singolare personalità del Galiani; poco più poco meno è un testamento come tutti gli altri, ma appunto perchè tale, cioè senza nessun' apparato filosofico o letterario, può essere di grande utilità per lo studio del personaggio. Di tratti caratteristici, che abbiano un po' di quell'originalità alla quale il Galiani teneva tanto, nel suo testamento se ne trova uno solo che è questo: « Al Real Albergo de' Poveri di questa Città non lascio niente. »
 Oltre alla famiglia, ai congiunti, agli amici del Galiani, il testamento ci fa conoscere alcuni particolari efficaci a dimostrare in quale signoril condizione fosse la sua casa. Per esempio, l'abate aveva otto persone di servizio, cioè due serve, due servitori, un volante, un cuoco, un cocchiere ed un cavalcante. Delle sue predilezioni erotiche nulla traluce dal testamento; vediamo soltanto una donna Maria Banchieri antica amica che gli ha prestato continua e cordiale assistenza per trent'anni e più (l'abate mori a 58) chiamata per un legato del quale non si può precisare il valore, ed una Veneranda vedova Porta alla quale lascia un assegno mensile di sedici carlini, ma per puro atto di carità.
 Per quasi tutti gli oggetti d'arte e d'antichità, cominciando dalla famosa spada del duca Valentino della quale parleremo in modo speciale, il Galiani si tenne all'espediente dei legati onerosi. Il suo Museo di Medaglie antiche e dei bassi tempi e del Regno si offra al Re per il prezzo di ducati seimila quantunque ne vaglia molto più. Se al Re non piace l'acquisto, questa scelta e copiosa raccolta si venda o intera o a scegliere. Anche il suo bel Cesare in carnolina (sic) si offra prima al Re, poi al cavalier Hamilton ma per il prezzo di cento zecchini, e non gradendo per tal prezzo se ne faccia la miglior vendita possibile. Altrettanto dice della famosa Agrippina, cammeo.
 Nel giorno prima di morire, cioè il 29 ottobre, il Galiani fece un codicillo dedicato più che altro alla Regina che nel testamento non è neppur nominata. Vuole adunque che si offra a Maria Carolina sua amabilissima sovrana, per quel prezzo che piaccia alla medesima, una scatola d'oro gemmata avuta indono da Sua Maestà Imperiale delle Russie, lusingandosi che gradisca di farne acquisto siccome volle fare anni indietro di due altre. Eguale offerta si faccia del Quadretto di basso rilievo d'avorio in cui è scolpita la calata di Cristo Nostro Signore dalla Croce in segno della buona volontà del testatore in voler corrispondere alli tanti segnalati favori ricevuti. Il Quadretto peraltro, a differenza della scatola, pare debba lasciarsi alla Regina anche se non vuole pagarlo, ma il Galiani non dissimula la speranza che la Sua Maestà in real generosità vorrà pagarne il prezzo.
 Molto più vi sarebbe da spigolare ma il lettore saprà farlo da sè nei due Documenti de' quali rechiamo il testo :

 « J. M. J.- Innome di Dio,Padre, Figliolo, e Spirito Santo,
 » Questo è il mio testamento.
 » Chiunque sà il tenore della mia vita, non si maraviglierà, che muoja con così poca ricchezza. Mai nonmi ha dato pensiero, nè molestia dal mio, dico tal mio poco avere,se non che in questo punto, che mi toglie il modo di dar quelle pruove, che io vorrei di gratitudine, e di affetto ai miei parenti, ed amici. Se avessi avuto di più, avrei fatto meglio.
 » Primieramente adunque raccomando la mia anima a Dio, ed ai Santi miei protettori, ed imploro dalla loro intercessione il perdono da Dio delle mie colpe.
 » Desidero, quando non sia possibile esser sepolto nella mia Congregazione di San Luigi di Palazzo, di esser sepolto nella Chiesa de' Padri Celestini dell'Ascensione a Chiaja lateralmente al sepolcro del mio, dico fu mio Zio monsignor Galiani, e prego que' Padri a concedermene il luogo,col pagamento di soli ducati trenta, anche in considerazione, che io sono stato educato tra essi.
 » Destino, e nomino per miei Esecutori Testamentarj il mio dilettissimo Pronipote signor Barone Don Lorenzo Ripa, ed il mio carissimo amico, e congiunto signor Don Francescopaolo Azzariti.
 » Ed essendo principio e fondamento di ogni testamento l'istituzione dell'erede, quindi dichiaro, e fò mia erede universale, e particolare, usufruttuaria però tantum, la mia dilettissima Signcra Sorella, la Signora Donna Settimia Galiani vedova Alfani, coll'infrascritti pesi, legati, sostituzioni, e condizioni ut infra.
 » Che venendo a morte (che sia lontanissima) la suddettamia dilettissima Sorella, succeda in tutta la mia eredità la mia dilettissima Pronipote Signora Donna Margherita Baldelli ne' Ripa; ma parimente usufruttuaria tantum, e sua vitanaturale durante ; mancando poi la medesima di vita (che sia lontanissimo) chiamo che succedano alla mia eredità le di lei figlie, e mie dilettissime Abnepoti Signora Donna Gaetana Ripa, e Signora Donna Maria Giuseppa Ripa, che s'intendano chiamate ex propria persona, ed acciocchè questa ben tenue eredità, che io lascio alle medesime vada in aumento delle loro doti rispettive; Perciò, se taluna di esse intendesse farsi Religiosa, s'intenda accresciuta da detta mia eredità, e la porzione, dico s'intenda decaduta da detta mia eredità, e la porzione s'intenda accresciuta all'altra sorella. E se ambidue le suddette signore venissero a mancare in pupillare età, aut quandocumque, senz'aver disposto, in tal casovoglio, che tutta la suddetta mia eredità vada, e passi al suddetto mio dilettissimo amico e congiunto Don Francescopaolo Azzariti, libera, e senza altra sostituzione, o vincolo.
 » Gravo poi lamia, e i chiamati in appresso de' seguenti pesi, e legati.
 » Primieramente voglio che alle mie dilettissime sorelle Maria Giacinta, Maria Francesca, e Teresa Margherita Galiani si corrispondano da' miei eredi dodici ducati annui per ciascheduna annui vitalizj, in aumento di quelli lasciati alle medesime dal fu Monsignor nostro zio.
 » Lascio alla sopranominata Signora Baronessa Donna Mar gherita Ripa un prelegato di quattrocento ducati pro una vice tantum.
 » Lascio al signor Don Gennaro Aversa, per il grande accudimento fattomi per tanti anni, ed affetto dimostratomi, ducati trentasei annui, durante la di lui vita.
 » Lascio a Don Giacomo Catalano annui ducati dodici sua vita durante.
 » Voglio, che di tutta la mia guardaroba, biancherie nuove, o vecchie, ed in pezza, cosi di tavola, di letto, e della persona, abiti, ecc.; come anche di provviste di stalla, biada ed altro, si faccia vendita da' miei esecutori testamentarj, ed il prodotto si sparta per porzioni tutte eguali tralle genti di mio servizio, che si troveranno al momento della miamorte, e che vi siano entrate almeno sei mesi prima; beninteso però, che alla Signora Veneranda Volpe si darà una mezza porzione.
 » Voglio, ed ordino, che di tutta la mia roba mobile di qualunque genere, libri, argenti, medaglie, medaglioni, scattole, bijoux, ecc , si faccia vendita, ed il prodotto si impieghi in capitali per accrescere la mia eredità, e cautele de' legati da me ordinati.
 » Lascio il mio orologio d'oro con diamanti di Ferdinando Bertoud al signor Avvocato Don Raffaele Petrucci, in memoria mia; e la ripetizione di Prinvésbech al Signor Don Sebastiano Napoli, che mi hanno favorito in ogni occorrenza.
 » Dono e rilascio alle mie due dilettissime Nipoti Signora Donna Gaetana, e Signora Donna Rosa Galiani, ed agli eredi dell'altra dilettissima fu mia Nipote Donn'Anna Maria Galiani Natale, non solamente i ducati cinquecento da me mutuati, come costa da istromenti, a ciascuna di esse, in occasione de' loro matrimonj : ma rilascio parimente ogni altra pretenzione, o ragione, che dalla mia erede si potesse formare sulle bonificazioni, e migliorazioni sulla casa palaziata da me goduta, e tutt'altro; con patto, ed espressa legge però, che le suddette mie Nipoti debbano accettare, ed omologare liberamente, e senza riserva il presente testamento, altrimente si abbia per nulla, e non fatta tal mia generosità verso le medesime o taluna di esse.
 » Prego il mio Esecutore testamentario Don Francescopaolo Azzariti, di accettare uno, o più corpi di libri della mia libreria, a sua scelta, del valore di ducati cento, in mia memoria; ed oltracció lego, e dono al medesimo tutti imanoscritti di qualunque spezie, che si troveranno nella mia eredità, e tutte le mie carte, fogli, libri cominciati, e non finiti, e non pubblicati, ed ogni altra scrittura parimente spettante alla mia eredità, acciocchè possa proteggere la mia erede, in qualunque controversia, o esigenza.
 » Prego parimente il mio Esecutore testamentario Signor Barone Don Lorenzo Ripa, ad accettare la mia scattola d'oro giornaliera ovale in mia memoria.
 » Sappiano i suddetti miei Esecutori, che io promisi di vendere per il prezzo di ducati trecento Napolitani a Monsignor Gaetani d'Aragona, che sta in Roma, la mia famosa spada del Duca Valentino colle memorie da me raccolte su questo importante monumento onde gli prego di offerirla al medesimo per il sopracitato prezzo. Ma se gli fosse passata la voglia di farne l'acquisto, in tal caso voglio che si mandi la suddetta spada ad umiliare, ed offerire in mio nome a Sua Maestà Imperiale l'Imperatrice delle Russie, in memoria della mia infinita riconoscenza verso i benefizi suoi.
 » Desidero che i miei Eredi, ed Esecutori testamentarj, offeriscano alla Maestà del Re mio signore il mio Museo di medaglie antiche, e de' bassi tempi, e del Regno, per il prezzo di ducati sei mila (quantunque ne vaglia molto più). Ma goderei, che non uscisse dalla patria questa mia scelta, e copiosa raccolta. Se però a Sua Maestà non piacesse far tale acquisto, raccomando ai miei Esecutori testamentarj di farne una vendita la migliore che si potrà, e con tutta oculatezza, e non badino a farla vendere o intiera, o a scegliere, perchè facendo scegliere, la venderanno più presto.
 » Parimente desidero, che si offerisca prima a sua Maestà, indi al degnissimo mio amico Cavalier Amilton, il mio bel Cesare in carnolina, per il prezzo di cento zecchini, e non gradendo per tal prezzo, ne faccino quella miglior vendita che potranno. Lo stesso dico della famosa Agrippina, Cammeo,che potrà vendersi almeno cento onze, e che pure vorrei offerto a Sua Maestà, prima di ogni altro.
 » Lascio, che dopo la mia morte si celebrino intutte le Badie di mio titolo una messa da ciascun prete delle medesime, alla ragione di cinque carlini l'una.
 » Al real Albergo de Poveri di questa Città, non lascio niente.
 » Lascio al Barone Don Lorenzo Galiani di Montuori che è della stessa mia famiglia, il Gesso, ed il Cavo della testa del fu Monsignor mio Zio, alcune lestine de Castelli, dove è l'arma di casa nostra, e tutte le scritture, che sono tralle mie, e che appartengono alla Famiglia Galiani, e di altre famiglie imparentate con essa ; e finalmente tutti i quadri di nostra famiglia.
 » Ai miei dilettissimi Cugini Don Nicola Nocelli, e Don Francesco Saverio Ciaburro di Lucera, lascio una memoria del valore di ducati sessanta almeno, da comprarsi da suddetti miei Esecutori ; ma di loro soddisfazione, e mandarsi ai medesimi. Dico sessanta ducati per ciascuno.
 » Questa è la mia volontà.
 » Oggi, quattordici ottobre millesettecentottantasette.
 » lo Ferdinando Galiani ho disposto come sopra.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
 » Avendo avuta sua Maestà Imperiale delle Russie la.degnazione di mandarmi in dono una scattola d'oro gemmata, mi veggo nello stato di poter vieppiù contestare la mia gratitudine verso altri parenti, ed amici, che hanno avuto del pari per me affetto, e bontà.
 » Quindi, fermo rimanendo il mio Testamento scritto di proprio mio pugno, e chiuso sotto li quattordici del mese cadente per mano di Notar Scala, col presente Codicillo ordino, e comando che da' miei Esecutori Testamentari si offri la suddetta scattola a sua Maestà la Regina mia amabilissima sovrana, per quel prezzo, che piaccia alla medesima, lusingandomi che gradisca di farne acquisto, siccome volle farne anni addietro da me di due altre. Nel caso, che la Maestà Sua non voglia acquistarla, allora si venda da' detti miei Esecutori testamentarj per quel prezzo, che se ne troverà, e dal ritratto si prelevino cento venti ducati de' quali si diano ducati ottanta ad Annarella mia sorella, dico serva, in rimunerazione dell'indefessa, ed amorosa assistenza, che mi presta; e gli altri ducati quaranta si diano al resto della mia servitù, cioè ducati otto per ciascuno ai due servitori, e volante, ed i rimanenti ducati sedici si ripartiscano ugualmente tra il cuoco, il cocchiero, e l cavalcante. Questo legato alla mia servitù s'intenda oltre quell'altro, che col testamento l'ho lasciato.
 » Del dippiù del prezzo di detta scattola, sia di quello che si degnerà pagarne sua Maestà la Regina, sia di quello che se ne troverà vendendosi, dedotti li suddetti ducati centoventi, li miei Esecutori testamentarj l'impieghino in compra sicura di annue entrade, il frutto della qual compra se lo percepisca vita sua durante tantum la signora Donna Maria Banchieri mia antica amica, in contrassegno della mia gratitudine, per la continua, e cordiale assistenza fattami per trenta anni, e più, chiedendole scusa, se non ho di lei maggior contemplazione secondo le promesse, perchè muoio più povero di quel che mi credevo. Dopo la morte della qual signora la detta compra, o sia capi tale, ceda in usufrutto, e proprietà al figlio primogenito, che allora sarà, del Signor Marchese Don Marcello Natale, e della fu Marchesa Donn'Anna Maria Galiani di lui Consorte, e mia amabilissima nipote.
 » Dippiù lego la mia scattola di Lapislazoli al Signor Don Pasquale Mondelli de' Marchesi di Sassinoro, cognato della Signora Donna Rosa Galiani Marchesa di Sassinoro, altra mia amatissima nipote.
 » Lascio inoltre carlini sedici al mese da pagarsi dalli miei eredi scritti nel Testamento a Veneranda Vedova del fu Ciro Porta, vita durante della medesima; e ciò per puro atto di carità; Bensì quante volte io nel testamento avessi fatto un tal legato mensuale alla detta Veneranda, che non ben me'l ricordo, il presente non abbia effetto, e se l'intenda per una volta tantum legata la detta somma mensuale; ma se l'ho fatto minore, voglio che sia effettivo di carlini sedici al mese.
 » Voglio similmente che si offri a Sua Maestà la Regina dalli miei Esecutori testamentarj il quadretto di Basso rilievo d'avolio, in cui è scolpita la calata diCristo Nostro Signore dalla Croce del celebre Daniele d'Avvolterre (sic), lusingandomi, che non solo la Maestà Sua sarà per gradirlo, come cosa della Principessa di Parma, che lo aveva a capo del suo letto; maella sarà ancora per riconoscere da ciò la mia buona volontà involer corrispondere alli tanti segnalati favori, che si è degnata compartire verso di me suo umilissimo vassallo; volontà, che può compiacersi clementissimamente di accogliere, qualora mancano le forze. Se la Sua Maestà in Real Generositàvorràpagare ai miei eredi veruna somma per prezzo del detto quadretto, li miei Esecutori testamentarj l'impiegheranno in compra di annue entrade da accrescersi alla mia eredità; e lo stesso si faccia nel caso che la sovrana rifiuti un tal quadretto, nel qual caso voglio che si venda da' miei Esecutori testamentarj per quel prezzo,che meglio si potrà avere.
 » Napoli, ventinove Ottobre millesettecentottantasette.
 » Ferdinando Galiani Codicillo come sopra. »

 Tali le ultime volontà del Galiani. Una delle sue nipoti imprese lite di nullità del Testamento avanti il Sagro Regio Consiglio. Donna Anna Marchesa Natale, la prima delle tre, erapremorta al Galiani ; delle due rimaste, insorse contro il defunto zio, non la Marchesa di Sarno, donna Gaetana, quella che, secondo il Galiani, aveva développé un caractère infâme, ma l'altra, donna Rosa Mondelli Marchesa di Sassinoro, cioè quella ben fornita d'esprit quoique laide et bossue.

IV.

 Ci resta a parlare della spada del Duca Valentino, l'oggetto di maggior curiosità del Museo Galiani, oggi posseduta, come è ben noto, dalla Casa Caetani, alla quale passò per la relativa disposizione che si legge nel Testamento. Alle notizie che qui potremo dare in proposito ¹ crediamo necessario far precedere la descrizione della spada.

  1 Altre ne abbiamo date nel Fanfulla della Domenica, N. 23-24 del 1879.

 La lama, lunga 1,025, è larga 0,083 all'elsa, e 0,065 all'alto ove comincia la damascatura. Vi sono da ambe le parti quattro scompartimenti o quadretti con ogni sorta di arabeschi, di cifre, d'emblemi, di motti, e di figurine pressochè tutte nude.
 1. Quadretto. ― Pare una festa. Nel centro un globo con sopra un grand' uccello e sotto un cavallo steso a terra sul ventre e la testa ritta. Da un lato un suonatore con strumento a corda. Il campo è pieno di figurine di donne.
 In un foglio informe trovato frale carte del Galiani si legge scritto di sua mano che questo quadretto rappresenta l'Immortalità.
 2. Quadretto. ― Nel centro un tabernacolo con una statua, ai lati le solite figurine nude. Motto : Fides prevalet armis. Rappresenta la Fede; cosi almeno il Galiani nel foglio predetto.
 3. Quadretto. ― Un ovale in mezzo ad arabeschi nei quali campeggia da un latounbove. Nell'ovale due angiolini che hanno in mezzo un'asta con due serpenti attorcigliatile attorno. L'abate spiega: Il Caduceo.
 4. Quadretto. ― Un trionfo.Nel sodo del carro le lettere D ―
CES
Leggenda: Benemerent (i ?) Il Galiani dice che rappresenta la Gloria.
 Dall'altra parte :
 1. Quadretto. — Nel centro una statua sopra una base nella quale si vedono lettere così disposte: TQI
SA
G
 Da un lato un piedistallo con le lettere A
MO
R
 Nel campo figure nude, una delle quali porta una insegna composta di una tabellina quadra in cima ad un'asta. Secondo il Galiani rappresenta l'Amore. Alle altre cinque lettere, un'interpretazione contenuta in detto foglio, ma non autografa del Galiani, fa dire : Tibi quem ille Sextus Alexander genuit. Ed aggiunge : « quasi una dedicatoria di chi fece il dono della spada che si reputa essere stato....... » Peccato che non finisca.
 2. Quadretto. ― Cavalli e gente d'arme che traversano un fiume. Leggenda : Jacta est alea. Il Galiani assicura : Passaggio del Rubicone.
 3. Quadretto. ― Ovale in campo rabescato. Nell'ovale un monogramma. Pare un' R intrecciata con altre lettere o segni, ogni cosa chiuso in un granC. Forse la lettera dubbia è un B. Il Galiani ci vede il monogramma di Cesare.
 4. Quadretto. ― Nel centro : un bove sopra una gran base nella quale si legge : DOM
Hostia
 Nei lati le solite figure; alcune pare alimentino una fiamma, altre danzino. Leggenda: Cum numine Cæsaris omen. Interpretazione del Galiani : La Religione.
 Da ambe le parti nel punto ove la lama è ficcata nell'elsa un rigo di lettere. Le prime dicono Opus; le altre son coperte dall'elsa o indecifrabili perchè consunte e quasi sparite.
 Da una parte dell'elsa in una tabellina quinquangolare che finisce a punta : Ces. Borg.
Car. va
le
n
in lettere d'argento sottilissime su smalto bleu.
 Dall'altra parte nella simile tabellina uno stemma, sparito per metà. La metà che resta ha nel quarto superiore un bove in argento ; nell'inferiore non si vede che lo smalto, larga striscia di verde che circonda un campo bleu. ¹

  1 Cesare portava uno scudo inquartato con il bove dei Borgiae lebande dei Lenzol e con i gigli di Francia. Ma questo più tardi come Duca Valentino, mentre la spada è del tempo in cui era Cardinale. Il Papa aveva solo i due primi mezzi scudi l'uno sopra l'altro cosi descritti da un cronista: « Unoscudo mezo d'oro con bove rosso che pasceva l'herba e l'altra parte tre bande nere che traversano il campo aureato. » ― Vedi ALVISI, Cesare Borgia, a 256.

 Da ambe le parti della lama nel punto dovecominciala damascatura si vede un piccolissimo marchio,senza dubbio quello della fabbrica. Vuolsi rappresenti un castello e se ne deduce che lalama venne dalla Castiglia. Quanto alla damascatura, è opinione apprezzabile sia lavoro italiano, forse fatto a Roma, perchè si scorge nei quadretti la maniera della pitturadi quel tempo rappresentata specialmente dal Pinturicchio, che fu il pittore della corte borgiana ed in particolare ben affetto al Valentino, il quale in una sua lettera del 14 ottobre 1500 scriveva di lui: « sempre l'havemo amato per le virtù sue e l'havemo nuovamente riducto ai servizi nostri.»
 Il Galiani non andava a rilento nelle congetture, anzi nelle affermazioni, favorevoli alla spada. Egli pretendeva che i disegni fossero di Michelangelo, forse anche di Raffaele giovanetto, e mescolava all'opera, non si sa come, il nome del poeta Ercole Strozzi indicato, secondo lui, dalle parole Opus Herculis. In un foglio del Diario di Mons. Onorato Caetani si leggono i curiosi particolari di una sua visita al Galiani che gli fece vedere questa famosa spada, la quale feri subito il cuore d'antiquario del Prelato romano che scrive in proposito :

« Addı 23 maggio 1781.  » Essendo venuto a Roma il Marchese Abate Galliani nipote del celebre Monsignor Galliani, mi portai a fargli visita nel palazzo dell'Ambasciatore di Spagna Grimaldi ove dimorava. Gli presentai la mia Orazione funebre in lode dell'Imperatrice M. Teresa, e parlandogli di varie cose gli chiesi di quella spada del Duca Valentino ch'egli possedeva a tenor di ciò che avevo inteso dire da Monsignor Borgia che l'aveva veduta a Napoli. Con mia somma meraviglia fui sorpeso nel sapere da lui che egli se l'era portata in Roma, e richieduto di vederla mi fu da lui mostrata. Essa era custodita in un fodero di zigrino nero. Saràstata lunga da quattro palmi in cinque. La guardia era lavorata, e smaltata all'uso di quei tempi, vi si leggeva sul principio della lama le parole Cesar Borgia Card. Valentianus ove era da notarsi che nella parola Cesar non v'era dittongo, effetto dell'ignorante scrivere di que' tempi, che la spada fu fatta, forse nel 1498, е 99, quando non aveva peranco dimesso l'Abito Cardinalizio. Dopo la guardia sulla lama dall'una e dall'altra parte per quasi la metà della stessa lama vi erano dei rabeschi in oro figurati. Le figure sembravano di buona scuola, e il sig. Galliani pretendeva che fossero di Michel'Angelo. Da una parte vi si vedeva l'adorazione del vitello d'oro colla strage degli Israeliti, indi un Emblema figurato indicante l'immortalità del nome col motto Cum numine Cesaris omen, ed era notabile che l'artefice aveva messo numine, e non nomine, che ha più forza del nome e del detto applicato dal Sannazzaro al Duca Valentino Aut Cesar aut nichil. Era bellissima la spiegazione che dava il sig. Ab. Galliani a quelli sei Emblemi figurati cioè tre, stando a lui, denotavano gli onori della Spada, e tre i disonori, tra questi v'era l'amore disegnato cieco, come lo fa il Trionfo del Petrarca. V'era in unaltro luogo di questa spada, la leggenda: Opus Herculis, che il Galliani credeva Herculis Strozzi, cioè quello stesso Strozzi celebre sotto Leone X, ecc., oppure opus Herculis, di Ercole, cioè di fortezza. Questa spada fu donata in Spagna alla casa di Montallegro, e il Duca di Montallegro in Napoli la donò a un particolare e da questi la comprò il Galliani. Era leggiera amaneggiarsi ed era fatta a guisa di una Dudiadana (sic) Turca e vi erada unaparte dei Rabeschi della ....tura di sangue. Burchardo dice del Duca Valentino que primus incessit more Gallico, cioè che il primo abbia vestito di corto abito. »

 Chi fosse il particolare dal quale comprò la spada il Galiani non si riesce a congetturare. Il Cesaretti nella Storia di Piombino nomina come possessore della spada un Duca di Montalbano, ma sbaglia senza forse col Duca di Montallegro. ¹

  1 Nel Regno di Napoli vi è una sola terra denominataMontalbano nella provincia di Basilicata. Fu sempre posseduta, dal secolo decimosesto fino all'abolizione della feudalità, dalla famiglia spagnuola Toledo, dapprima col titolo di Duca, poi con quello di Principe. I Toledo erano già Principi di Montalbano nel 1671, e nel 1750 continuavano ad avere questo titolo. Dobbiamo queste notizie, come pure alcune altre sul Duca di Montallegro, alla cortesia del chiarissimo signor Luigi Volpicella.

Fu dunque D. Giuseppe Gioacchino di Montallegro Marchese di Salas, Consigliere e Segretario di Stato e di Guerra dell'Infante Carlo di Borbone, virtuoso, oltremodo avvenente, non che nobile signore, in cui anche spicca in modo particolare una consumata prudenza ed avvedutezza, ² che portò dalla Spagna a Napoli la spada del Duca Valentino nel 1734.

  2 Così scrive di lui, parlando della rassegna dell'esercito spagnuolo fatta in Perugia dall'Infante D. Carlo circondato dai varii Grandi della sua Corte quando si mosse per la conquistadel Regno di Napoli, Giuseppe Senatore nel suo Giornale istorico di quanto avvenne ne' due Reamidi Napoli e di Sicilia nella conquista che nefecero le invitte armi di Spagna sotto la condotta del glorioso Re nostro Carlo II (Napoli, 1742, pag. 37). ― Salvatore Spiriti nella sua storia De Borbonico in regno neapolitano principatu, che presto verrà in luce con la traduzione italiana per opera del signor cav. Filippo Volpicella, dice che il Monteallegre era stato messo a Madrid dal Patignos tra gli scrivani del Dispaccio, ed avendo dato prova d'ingegno non comune e di molta solerzia fu a propostadelmedesimo Patiguos dato per secretario al Duca di Parma, quando questi venne in Italia. Quando il Ducadi Parma diventò Re di Napoli e di Sicilia, il Monteallegre continuò a tenere lo stesso ufficio, ch'era di grandissima importanza. Egli ebbe la suprema direzione di tutte le cosedel Reame, ele regolò con saggezza e con prudenza, sicchè si attirò l'amore dell'univer sale. I nobili napoletani per dargli un singolare attestato di stima l'aggregarono al loro patriziato, ed in quella occasione si verificò lo strano caso che nella ballottazione secreta tra 105 votanti si rinvennero tre soli voti contrarii alla proposta aggregazione. Acquistò grandi ricchezze, e fu uomo splendido, magnifico, ed ambizioso La sua straordinaria potenza gli procacciò l'invidia di parecchie persone della Corte, e particolarmente della Regina, che lo chiamava il Re di Napolı. Alla fine cadde in disgrazia, e per allontanarlo daNapoli si procurò che fosse mandato Ambasciadore di Spagna a Venezia La causa della disgrazia del Duca è gloriosa per lui; la sappiamo da Pietro D'Onofri che nelle Annotazioni (pag. 103) al suo Elogio estemporaneo per la gloriosa memoria di Carlo III, Monarca delle Spagne e delle Indie (s. d.ma. Napoli. 1790) parla del permesso conceduto nel 1741 da Re Carlo agli ebrei di venire in Napoli, ed aggiunge : « Questo fu il motivo per cui la Regina Maria Amalia si disgustò col Marchese di Montallegre, il quale era ben protetto dal Re Filippo V e dalla Regina Elisabetta. » Il Montallegre, che ebbe titolo di Duca tra il luglio 1737 ed il luglio 1741, parti da Napoli nel giugno 1746; il dì 18 era di passaggio a Roma,secondo annunzia il Cracas dicendo che andd a smontare al Palazzo Farnese dove si trattenne splendidamente trattato per poi tornare in Spagna, essendogli succeduto il Marchese Foglianipiacentino. Andato Ambasciatore a Venezia vi rimase fino al termine della sua vita che fu nel 1771. Il Casanova parla di lui nelle Memorie negli anni 1752 e 53. Possedeva molti capitali in Napoli, i quali per la oscurità delle sue disposizioni testamentarie furono sottoposti per ordine del Re ad una specie di sequestro con dispaccio del 24 settembre 1771, firmato Tanuci. Parlandosi in esso solamente di capitali, si dee giudicare ch'egli non fosse possessore di beni stabili nel regno di Napoli e molto meno di feudi. Quindi si esclude l'ipotesi che potesse essere Duca di Montalbano.

Ed è singolare che anche l'Infante Don Carlos portava seco una spada storica, quella cioè che Luigi XIV aveva dato al Duca D'Angiò quando lo fece partire per la Spagna. ¹

  1 Ecco la storia diquesta spadache si legge nell'Elogio storico di Carlo III di Mons. Caetani (Napoli, 1789): < La spada che consegnò il Re Carlo allora (nel momento della partenza per la Spagna, 1759) nella mano di suo figlio, fu quella stessa che Luigi XIV aveva dato al Duca d'Angiò suo nipote allorchè lo fece passare al trono di Spagna, il quale, assunto il nome di Filippo V, la diede poi al Re Carlo suo figlio allorchè passò al Regno di Napoli. Si può avvertire che vi erano tre ferri illustri allora in Napoli, laspada di Luigi XIV, quella di Scanderberg che il generale Korafà albanese aveva regalato a Carlo III, e quella del Duca Valentino possedutadal Duca di Monte Allegro. » Il Cancellieri avverte nell' opuscolo sulle Spade celebri che si deve aggiungere la spada diFrancesco Idonatada Carlo V al Marchese di Pescara, nella cui famiglia rimase, insieme ad un cimiero e ad un usbergo di ferro dello stesso Francesco I, fino all'ingresso dei Francesi in Napoli nel 1806. Allora questi oggetti furono portati in casadel Principe dellaTorella,uno degli eredi di Cristoforo Saliceti.

 Appena avuta notizia del legato, Mons. Onorato Caetani si affrettò a ricercare la consegna della spada e delle Memorie che il testatore diceva aver raccolto in proposito, e scrisse all'Avvocato Azzariti la seguente lettera:

« Roma, 17 Novembre 1787.  « I.LLMO SIG. SIG. P.RE C.OLMO.
 » Sono io stato molto sensibile alla perdita che si è fatta di un ingegno non comune qual'è stato il Consigliere Abbate Galiani suo Zio, ma sempre più la suamemoriami saràcara, perchè dopo 7 anni si è ricordato di una promessa a me fatta o per meglio dire fatta alla mia famiglia indotta da me ad acquistare il monumento di questa spada e collocarla nella fortezza di Sermoneta assediata, e malmenata dal Duca Valentino nemico capitale della mia Casa. Ringraziando dunque si la sua degnissima Persona che si è data il pensiero di registrarmi l'articolo del Testamento che mi concerne, quanto il sig. Barone D. Lorenzo Ripa, le partecipo che saranno rimessi nelle loro mani i trecento ducati Napolitani dal latore di questa istessa lettera e supplico di trasmettere nelle mani stesse in un pacchetto ben chiuso e sigillato tutte le memorie manoscritte raccolte dal sig. Abbate Galiani su questo importante monumento, memorie che mi ricordo bene di averne letto qualche cosa, allorchè da Amico il Sig. Abate Galiani mi fece la confidenza di mostrarmele nel suo ultimo viaggio che fece in Roma dimorando nel Palazzo del Marchese Grimaldi allora Ambasciatore di Spagna. Questo monumento acquistato sarà una memoria eterna nella miafamiglia dell'amicizia che vi è stata tra il Galiani e me ; io l'ho conosciuto la prima volta nel 1769 nel Conclave di Clemente XIV, allorchè ritornava da Parigi, e da quel tempo in poi ci siamo sempre riguardati come due Amici che avevano qualche rapporto d'idee sopra Medaglie, Antichità ecc. »

 Intanto dal Ministro di Russia a Napoli si facevano premure perchè la spada toccasse all'Imperatrice, ma gli esecutori testamentari rispondevano che ciò dipendeva da Mons. Caetani il quale, pur volendo per sè l'oggetto, cercava barcamenarsi in modo da non dispiacere alla Czarra. Annunziando ad un amico all'estero il lascito fattogli dal Galiani, egli scrive in cattivo francese esser bien drôle qu'un Abbé laisse a un Prélat une épée e che toute Naples a ris et Rome encore. In conseguenza di questa che chiama aventure tout à fait romanesque, Mons. Caetani prega il suo amico di pubblicare en quelque Gazette d'Europe Publique l'annunzio del fatto, conchiudendo con la dichiarazione que le Prélat se faira un devoir de faire presenter à Petersbourg cette épée lorsque la Majesté Imperial la veut. Finisce la lettera dicendo che gli sta a cuore la cosa e che gli sarà molto obbligato di far palesi dans l'Europe mes sentiments de respect que j'ai dans cette occasion pour l'Imperatrice dc Russie.
 Queste lettere di monsignor Caetani,come pure lapagina del suo Diario riferita di sopra, si trovano in un fascicolo di carte riguardanti l'affare della spada che ci è stato gentilmente comunicato dal signor Duca di Sermoneta. Ma invano abbiamo cercato sia in quel fascicolo, sia nei volumi delle Miscellanee manoscritte lasciate dal Prelato, le memorie storiche della spada annunziate nel testamento. Probabilmente memorie vere e proprie non ve ne furono mai. Lo stesso Azzariti scrive a monsignor Caetani nel 24 novembre 1787: « Riguardo poi alle memorie, quantunque da niun di noi si sapesse quali e dove fossero, tuttavia avendo praticate le debite diligenze, tra le molte carte del consigliere mi è riuscito rinvenirne un mazzetto di alcuni fogli e pezzi di carta in cui sono notate diverse cose ed anche autorità di scrittori rispetto alla famiglia ed alla persona del Duca Valentino con alcune sue poche riflessioni sulla saputa spada. »
 Le poche riflessioni devono essere quelle autografe del Galiani da noi menzionate nella descrizione della spada: gli altri fogli e pezzi di carta, nel fascicolo di casa Caetani vi sono, ma riguardano il Duca Valentino e nonlaspada,contenendo squarci del Brantome e di altri storici francesi e spagnuoli del secolo decimosesto. Se il Galiani credeva di comporre la storia di Cesare Borgia con questi materiali,s'ingannava a partito.
 L'Imperatrice di Russia nonostante le offerte complimentose di monsignor Caetani, delle quali era troppo facile scorgere la poca sincerità, non volle privarlo dell'acquistato tesoro. La famosa spada, consegnata sulla fine del 1787, insieme col pacchetto delle memorie in mano della Principessa della Riccia sorella del Prelato, rimase alla casa Caetani, ed è oggi, fra gli oggetti artistici dell'eredità Galiani, forse l'unico non affatto dimenticato. È lecito sperare che la pubblicazione del testamento danoi procurata possa contribuire a farne rintracciare qualcun altro. Il Cesare in corniola, il cammeo d'Agrippina, il quadretto in avorio della Deposizione si sa dove siano ? In caso che no, valgono la pena della ricerca ; l'avere appartenuto ad un fino conoscitore quale fu l'abate Galiani è attestato sicuro della loro importanza. A. ADEMOLLO.

Alcuni ricordi di Michelangelo Caetani, duca di Sermoneta

著者
ミケランジェロ・カエターニGiuseppe Monsagrati
初版
1904年
引用サイト
Google Books

XI La spada del Duca Valentino

 A proposito di un ricevimento dato nel '56 o nel '57 - Alessandro Ademollo , geniale studioso di cose romane , pubblicò il seguente articolo che credo bene riportare qui , perché ci dà la storia della celebre spada di Cesare Borgia , il maggior tesoro di Casa Caetani .

 « Una sera di ricevimento in Casa Caetani si facevano i quadri plastici , allora di moda nel bel mondo come cosa nuova .
 Ebbe grande incontro fra gli altri un quadro raffigurante la Giustizia con la spada e con le bilancie . In quella figura di donna , che era la signorina di casa , quell'Ersilia Caetani che già si preparava a divenire una delle più colte gentildonne italiane , gli spettatori eruditi avrebbero potuto vedere ben altro che la giustizia , imperocché la spada che la fanciulla teneva nella mano era nientemeno che quella del Duca Valentino . Che dura vendetta faceva il caso delle stragi e delle confische che ai Caetani i Borgia fecero patire sul principio del secolo decimo sesto !
 Da quella sera in poi la spada del figlio di Papa Alessandro , per diverse ragioni curiose , fu nota in Italia e fuori , anche più che se l'avessero esposta in pubblico museo . Molti vollero vederla , alcuni s'invogliarono a scriverne e a rinracciarne la storia , ma alle prime ricerche in proposito , i sopracciò della erudizione romana rispondevano sempre con una notizia da far cascare le braccia . Il dottissimo Cancellieri poi ( affermava , duce agli altri , il Marchese Villarosa ) il dottissimo Cancellieri ha già detto tutto , illustrando la spada con somma erudizione nella sua lettera a Sebastiano Ciampi sulle spade celebri .
 Ansioso di dissetarmi con una buona dose di somma erudizione circa la spada del Valentino , cercai fra gli opuscoli del Cancellieri quello in discorso . Oh delusione ! La somma erudizione del dottissimo abate si restringe alle seguenti parole testuali : “ Il motto Aut Caesar – aut nihil – allusivo alle parole della sua impresa è inciso da ambe le parti della lama della sua spada , tutta arabescata ”.

 Ciò ricorda il famigerato capitolo del Horrebow sui Gufi in Islanda ... In Islanda non vi sono gufi !

 Questo è tutto , e siccome è pochino davvero , mi diedi a cercare qualcosa di più altrove .
 Chi cerca trova . Ed ecco le parole del Padre Agostino Cesaretti , che vide sicuro la spada famosa , e ne discorse nel 1788 in una sua storia del Principato di Piombino :
 La spada è singolare ; dopo il corso di più di tre secoli si vede tutt'ora una lama come se fosse uscita di fresco dalla sua tempra; damascata in oro , e vi è scolpita la strage degli Israeliti col motto : Cum nomine Caesaris – Amen. Nell'armatura leggesi : – Caesar Borgia , Cardinalis Valentinus. – Non contento di questa testimonianza , relativamente antica , ricorro ad uno scrittore d'oggidi , allo storico di Roma Gregorovius . Egli tratta la spada , a dir vero , con poco riguardo , e dal Cesaretti differisce anche in questo che la dice decorata d'incisioni relative a Cesare l'antico , e nel motto invece di Amen , legge Omen .
 Insomma , tre scrittori e tre lezioni diverse circa le figure e le parole incise sulla spada del Valentino . C'era tanto da prendere il cappello e lo presi difatti , ma per andare difilato a vederla cogli occhi miei . Il Gregorovius e il Cesaretti videro la spada ma non bene : il Cancellieri , che si scrocca la fama di averla illustrata con somma erudizione , non la vide mai né bene né male .
 L'unico che l'abbia veduta e seguiti a vederla compiutamente e benissimo è il Duca di Sermoneta , che malgrado la cecità sua , mi descrisse con le più minute indicazioni la spada , e mi aiutò a scoprire in diversi punti ciò che non mi era apparso dapprima .
 Je possède une pièce fort curieuse ; c'est l'épée de César Borgia Duc de Valentinois , qu'il fit travailler exprès avec des emblêmes faisant allusion à sa grandeur future et à son ambition .
 Il est superflu de vous conter comment , par quels détours , cette épée est tombée entre mes mains . – Je voulais en faire un présent lucratif au Pape , et selon mon usage , l'accompagner d'une dissertation erudite pour en illustrer les emblêmes » Così scriveva l'Abate Galiani dal quale ebbero la spada i Caetani , a Mad.me d'Epinay il 2 d'ottobre 1773. Ed è un vero peccato ch'egli non desse neanche principio alla dissertazione erudita ch'ei si proponeva di farne , e non fece , quando salito al pontificato Giovan Angelo Braschi ( Pio VI ) , dal Galiani chiamato in una sua lettera senza complimenti lacché , egli perdé la speranza di offrire a lui il dono , che doveva esser per curiosa antitesi un dono lucroso . Non pare che ne dimettesse mai intieramente il pensiero , imperocché il Ceseretti gli scrive da Padova il 20 ottobre 1787 : Mi sta sul cuore quella spada di Cesare Borgia . Voi fareste pure una bella cosa se voleste dettare a qualcuno le vostre curiose scoperte sulla storia di costui poco nota , quanto sugli emblemi della spada , che possano eccitare la curiosità degli eruditi più di qualche basso rilievo greco o romano . Se dopo questa dettatura vi compiaceste di spedirmela a Padova , mi fareste pure un prezioso regalo . Ma il Galiani morì due mesi dopo e il voto del Cesaretti rimase inesaudito .
 E anche il nostro lettore avrebbe ugual sorte se egli aspettasse di sapere con certezza da noi , d'onde venisse in mano dell'abate la spada del Valentino . Il Cesaretti che fu il primo a scriverne , dopo averne senza dubbio parlato col Galiani stesso , dice che pervenne in sua mano dal Duca di Monte Albano , al quale fu donata in Spagna , Monsignor Onorato Caetani nell'Elogio di Carlo III stampato a Napoli nel 1789 , nomina come possessore della spada nel 1759 il Duca di Montallegro , cioè quel consigliere Spagnuolo venuto a Napoli nel 1734 con Carlo III , del quale fu per lungo tempo primo Ministro .
 Forse il Cesaretti sbaglia nel nome , ed il suo Montalbano non è altro che il Montallegro.
 Il Gregorovius scrive che l'Abate Galiani portò quella spada di Spagna a Roma , ove la comprarono i Caetani .
 Queste tre cose affermando , sbaglia tre volte ; l'Abate non fu mai in Spagna ; quando la spada fu portata a Roma egli era morto da un pezzo , ed i Caetani non la comprarono ma l'ebbero per legato , oneroso , ma legato.

 Questo passo ricorda una citazione favorita del Duca : L'Academie française a défini l'écrevisse « un petit poisson rouge qui marche à reculons » - on demanda a Buffon son opinion de cette définition : – il répond que c'était très bien sauf trois erreurs : - L'ecrevisse n'était pas un poisson , n'était pas rouge , et ne marchait pas à reculons .

 E prima di venire a Roma , è probabile che la spada fosse a Napoli da tre secoli . Ivi difatti deve esser rimasta nel 1504 , quando il Duca Valentino fu preso a tradimento dal Gran Capitano ( 20 maggio ) , che lo tenne in prigione nonostante il salvacondotto del Re Ferdinando e della Regina Isabella , con grande infamia delle loro corone , per usare le parole di Luigi da Porto .
 E così la pensa il Duca di Sermoneta , vero e solo illustratore della spada , la quale è di per sé stessa una riprova della ragionevolezza di quest'opinione . Immaginatevi non già una spada di battaglia , ma uno spadone di cerimonia simile a quelle che portavano sulla spalla gli Svizzeri del Papa per rappresentare i sei Cantoni Cattolici .
 Cesare Borgia , che riconosceva la sua fortuna troppo seco adirata , stimò impossibile , e non cercò ricuperare dalle mani di Consalvo questo spadone di cui egli erasi servito , forse una volta sola da Cardinale , nell'incoronazione di Re Federigo . Anzi , chi sa che lo spadone non fosse fatto apposta per quella circostanza ?
 Ma adagio a ma ' passi ; narriamo e non tiriamo ad indovinare .
 Monsignor Onorato Caetani , fratello di Don Francesco , avo dell'attuale Duca Michelangelo di Sermoneta , era grande amatore di anticaglie . Sùbito che la spada del Duca Valentino , posseduta dall'Abate Galiani , venne , costui morto , in sua mano ; Monsignor Caetani pensò di collocarla nella Rocca di Sermoneta con analoga iscrizione illustrativa composta dal P. Massimiliano Gaetani d'Aragona de ' Duchi di Laurenzana , che scrisse in proposito al Cancellieri : ' Mi son visto in necessità di fare l'iscrizione sopra la spada del Valentino , troppo interessante per voi Caetani , contro de ' quali , come contro gli Orsini e i Colonnesi , quel mal uomo impugnò le armi , assediò Sermoneta , fece morire vari della famiglia . Questo monumento fu già dal signor Consiglier Galiani pattuito a prezzo di ducati 300 con Monsignor Caetani , ed in morte confermato il contratto , né Monsignore volendola per tanto prezzo , si destinava dal detto Galiani alla Sovrana delle Russie . Monsignore , amante delle antichità , risolutamente la vuole . Prego dunque V.S. a degnarsi di dare un'occhiata a questa iscrizione ' .
 L'iscrizione non fu fatta , perché la spada non fu altrimenti portata nella Rocca di Sermoneta , ma a Roma , nel palazzo del Duca Don Enrico Caetani . E fu bene . Così almeno essa , grazie alla cortesia dei possessori , può essere veduta ed esaminata da chi lo desideri , e , prima o poi , verrà qualche artista o qualche erudito che si accingerà a descriverla , a cui riesca di dichiarare gli emblemi e le figure , cose che non posso fare io , né alla meglio né alla peggio . Quel che posso tentare è una descrizione secca , secca ; una vera pagina d'inventario . Eccola :
 1. Nel tratto istoriato della lama lunga 1.25 e larga 0.083 all'elsa e 0.065 all'alto , nel punto ove comincia la damascatura vi sono da ambo le parti quattro scompartimenti con ogni sorta di arabeschi , di cifre , di emblemi , di leggende , di animali e di figure pressoché tutte nude . Nel primo scompartimento pare rappresentata una festa . Nel centro un globo con sopra un grand'uccello , e sotto un cavallo ventre à lerre e testa ritta . Da un lato un uomo che suona uno strumento a corda . Il campo è pieno di figure di donne , nude , s'intende .
 2. Nel centro un tabernacolo con una statua , ai lati le solite figurine , nude sempre più . Leggenda : – Fides prevalet armis .
 3. Un ovale in mezzo ad arabeschi nei quali campeggia da un lato un bove . Nell'ovale , due angiolini che hanno in mezzo una specie di caduceo , un'asta con due serpenti attorcigliativi attorno .
 4. Un trionfo . Nel sodo del carro le lettere :

D
C E S

 Leggenda : Bene merent [i?] .
 Dall'altra parte :
 1.Nel centro una statua sopra una base , nella quale si vedono lettere così disposte :

T Q I
S A
G

da un lato un piedistallo , con lettere :

A
M O
R

 Nel campo figure nude , una delle quali porta un'insegna composta di una tabellina quadra in cima ad un'asta .
 2. Cavalli e gente d'arme che traversavano un fiume . Leggenda : Jacta est alea.
 3. Ovale in campo rabescato . Nell'ovale un Monogramma . Pare una R intrecciata con altre lettere o segni ; ogni cosa chiuso in un gran C.
 4. Nel centro : un bove sopra una gran base nella quale si legge :

DOM
HOSTIA

 Nei lati , le solite figure ; alcune pare alimentino una fiamma , altre danzino . Leggenda : Cum numine Caesaris , omen.
 Da ambe le parti , nel punto ove la lama è ficcata nell'elsa , un rigo di lettere . Le prime dicono : Opus ; le altre son coperte dall'elsa , o indecifrabili , perché consunte o quasi sparite .Il Duca'di Sermoneta assicura averci letto : Herculeum.
 Da una parte dell'elsa , in una tabellina quinquangolare che finisce a punta :

CES. BORG
CAR VA
LE
N

in lettere d'argento, sottilissime, su smalto bleu . Dall'altra parte , nella simile tabellina , uno stemma sparito per metà. La metà che resta ha nel quarto superiore un bove in argento ; nell'inferiore non si vede che lo smalto ; larga striscia di verde che circonda un campo bleu .
 « Da ambe le parti della lama, nel punto dove comincia la damascatura , si vede un piccolissimo marchio, senza dubbio quello della fabbrica . Il Duca di Sermoneta dice che rappresenta un castello , e ne deduce che la lama venne di Spagna e precisamente dalla Castiglia . Quanto alla damascatura , l'opinione del Duca è che sia lavoro italiano, forse fatto a Roma, perché egli scorge nei quadrati la maniera della pittura di quel tempo rappresentata specialmente dal Pinturicchio , che fu il pittore della Corte borgiana.
 « Dire che cosa rappresentino i quadretti, spiegare i simboli e gli emblemi, mi par difficile assai . Credo che lo stesso Galiani ci avrebbe perso il suo tempo ed il suo latino . Il Cesaretti vi vide una strage degli Israeliti , ma stragi non ce ne sono . Le incisioni relative a Cesare l'antico, affermate dal Gregorvius, certamente non mancano, e l'ultima parola del motto recato è omen e non amen. · Dei motti ve ne sono diversi , da una parte e dall'altra, come abbiamo veduto ; ce ne manca uno bensí : quello che il Cancellieri assevera inciso da ambe le parti : Aut Caesar, aut nihil. - E poi fidatevi delle illustrazioni fatte con somma erudizione !
 « Prima di finire , a sgravio di coscienza , bisogna toccare leggermente anche la grave questione circa l'autenticità della spada . - Non mancano alcuni , e fra questi il Gregorovius, crediamo, i quali la stimano lavoro moderno e la giudicano una falsificazione per trappolar questo o quello . « L'Abate , è vero , dètte argomento a ' sospettosi quando scrivendo a Mad.me d'Epinay non disse verbo circa alla provenienza ; ma a dileguare questa accusa dovrebbe bastare , ci sembra, la prova che la spada fu posseduta da altri prima dell'Abate Galiani, prova fornita dal Cesaretti , da Monsignor Onorato Caetani , ed ora qui messa in luce . - La questione si restringe adunque ad un apprezzamento artistico . E chi ha avuto il piacere di sentire illustrare la spada dal Duca di Sermoneta non può non dare ragione a lui quando con giovanile ardore sostiene come , piuttosto che opera moderna, sarebbe facile dimostrare essere la spada anche piú antica del tempo in cui devesi ritenere che fosse stata pel Cardinale Cesare Borgia - Vescovo di Valenza , poi scardinalato Duca Valentino . »

 Un articolo molto interessante fu scritto sulla spada di Cesare Borgia da Yriarte, che mi disse anni dopo ch'essa gli aveva suggerito di fare delle ricerche sulla storia del Borgia .
 La fodera della spada in cuoio lavorato , è bellissima, e si trova fra i tesori del Museo di South Kensington . Mi è stato assicurato che è stata valutata a 4000 sterline, ossia centomila lire italiane .

Elogio storico di Carlo III re delle Spagne

著者
オノラート・カエターニ
初版
1789年
引用サイト
Google Books

 Preſa dal Re di Napoli queſta riſoluzione, ordinò che ſi trasferiſſe la Real Famiglia a Gaeta inſieme con la Regina , ed egli parti per Chieti in compagnia del Duca di Monteallegro Segretario di Stato Marcheſe d' Hopital , Ambaſciatore di Francia , e del quivi offervando i movimenti del Principe di Lobckovictz , fi accorſe , ch'egli aveva ordine di entrare nel Regno, e che tentava di farlo per la Valle di San Germano ; onde fu ſtabilito in un Consiglio tenuto col Duca di Modena , e con i Generali Spagnuoli , e Napolitani di far andare le truppe Napolitane a San Germano e le Spagnuole all'Aquila e Celano, onde poteſſero tutti unirſi a Monte Cafino . Il Principe di Lobcovictz intanto dopo aver meſſo il ſuo campo a Fermo , dovette preſto dare addietro col groſſo dell' eſercito per tornare a Macerata , a motivo della più facile ſuſſiſtenza, e ſtendendolo fino ad Ascoli, quivi ricevè poſitivi ordini di avanzarſi nel Regno di Napoli ; e veduta la difficoltà che avrebbe avuto di paſſare l' Appennino , entrandovi per la parte dell' Abruzzo , principiò a voltarſi verſo la Campagna di Roma nella quale mentre ſi avvicinava , l'eſercito Auſtriaco ,eravi già entrato il Napolitano . Il primo ad entrare nella medefima fu il Duca di Modena con una porzione delle truppe Spagnuole, e ſi avanzò fino a Valmontone ; entrovvi pure il rimanente de' Spagnuoli , ed il Re con i ſuoi Napolitani, ed accampatiſi a Frosinone ful Garigliano , l'antico Liri , atteſe fubito a trincerare l' eſercito , e a farlo avvanzare in parte fra Anagni e Segni , di maniera che ſi eſtendeva da Frosinone fino al Teverone , l'antico Aniene numeroſo più di trenta mila uomini ; ſtette poco ancora l' Auſtriaco a comparire tutto nella Campagna di Roma, , dove inoltrandoſi fino a Paleſtrina , pareva riſoluto di preſentare battaglia ai Napolitani; queſta non convenendo loro in tali circoſtanze , ripiegarono con tutto l'esercito alla ſiniſtra dalla parte di Velletri , e ſcegliendo quella Città ſituata ſopra un poggio , per quartier generale , diſpoſero le truppe nelle vigne alle falde delle ſue mura , e la maggior parte delle Spagnuole ſul Monte de' Cappuccini , che la cuopre : ſituazione sì vantaggioſa , che il Principe di Lobcovitz non ebbe ardire di aſſalirli , ma biſognò che ſi contentaſſe di andarli ſtringendo da vicino , poſtandoſi finalmente nel boſco della Fajola , che domina Velletri , Città Lavinia , Genzano, e Nemi , e formò in queſto luogo il quartiere generale, ed i magazini delle provviſioni . Con tutta queſta difpoſizione , reſtò ancora ai Napoliſpani libera la comunicazione co' luoghi appartenenti ad effi ,che non potè, ſe non eſſere moleftata dalle ſquadriglie di truppe irregolari , alle quali il Principe di Lobcovitz faceva battere continuamente la ſtrada .

 Mentre ſeguivano queſte coſe in Napoli , una flotta di navi da guerra , il fiore delle forze marittime Spagnuole , ſciolſe le vele verſo l'Italia , ſotto il comando dell'Ammiraglio Navarro. Approdò la flotta alle ſpiagge Napolitane nel dì 29. Settembre del 1759. , dove fra le pubbliche dimostrazioni di riverenza e di affetto del numeroſo popolo di Napoli , il Re , e la Regina con la Real Famiglia ſi diſpoſero alla partenza . Avea poco prima il Re Carlo, già divenuto Re delle Spagne, nominati principali Miniſtri, i quali uniti ad un Consiglio di Reggenza , aveſſero a presiedere al governo del Regno di Napoli nella minorità di ſuo figlio, e fra queſti furono il Principe di S. Nicandro deſtinato Ajo del giovane Re , ed il Marcheſe Tanucci Segretario di Stato (1) .

  (1) Mi fi permetta qui che io ſia memore di queſti due ſavj uomini . Il primo era cugino di mio Padre , ed il ſecondo è ſtato singolare , per avere unito in lui la ſcienza della Politica colla letteratura. Negli Opuſcoli del Calogerà trovaſi una ſua Diſſertazione ſull'Epoca del Criſtianefimo nella Città di Ferrara , ed io ho preſſo di me un manoſcritto di ſuo pugno , ove provaſi che i Piſani ſuoi concittadini han poſſeduta la Corſica , forſe da lui eſteſo nel tempo delle vertenze di quell' Iſola. Io mi glorio di aver avuto corrispondenza con queſto grand' uomo, e di avergli delle obbligazioni .

Il Re Carlo prima della ſua partenza da Napoli aſſiſo ſul Trono alla preſenza de' Miniſtri e principali Baroni del Regno , e del Corpo della Città di Napoli , rinunziò i ſuoi Dominj d' Italia al ſuo terzogenito , e dichiarò , ch' egli trasferiva in Spagna il Principe D. Carlo ſuo ſecondogenito , già da lui dichiarato Principe d' Asturies . In queſta Sala fu letto l'atto di ſopra mentovato dal Marcheſe Tanucci , dopo la di cui lettura , il Re impugnata la ſpada (2) e ponendola nelle mani del Re suo figlio , gli diſſe: Queſta ti deve ſervire per la difesa della tua Religione , e de' tuoi Sudditi ; ed allora giurarono omaggio e fedeltà al nuovo Re, il Corpo della Città di Napoli , e quello del Regno di Sicilia, indi il Protonotario del Regno ne rogò l'atto (1) .

  (2) La Spada che conſegnò il Re Carlo allora nella mano di ſuo figlio fu quella ſteſſa , che Luigi XIV. avea data al Duca d'Angiò ſuo nipote , allorchè lo fece paſſare al Trono di Spagna , il quale aſſunto il nome di Filippo V. , la diede poi al Re Carlo ſuo figlio , allorchè paſsò al Regno di Napoli Si può avvertire , che vi erano tre ferri illuſtri allora in Napoli , la Spada di Luigi XIV. , quella di Scanderberg , che il Generale Korafa Albaneſe avea regalata a Carlo III. , e quella del Duca Valentino, poſſeduta dal Duca di Monte Allegro. La prima io l'ho veduta nella guardaroba del Re, la ſeconda ſta nellaſua armeria , e la terza è ſtata a me laſciata in legato ſono ormai due anni , da un erudito amico , l'Abate Galiani .
 (1) Era allora Protonotario del Regno D. Lelio Carafa de' Duchi di Maddaloni , dopo la morte del quale il Re memore de' benefizj preſtati alla Corona dall'antico Bartolomeo di Capua, fatto già da Carlo II. Gran Protonotario del Regno , conferì queſta dignità al di lui diſcendente D. Bartolomeo Principe della Riccia mio cognato .

記載日

更新日

 2025年8月7日